Naturalismo, Verismo, Pessimismo Ecc...

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Un nuovo indirizzo di pensiero: il Positivismo

La cultura europea della seconda metà dell'Ottocento fu dominata dal Positivismo, un


indirizzo di pensiero nato in Francia nella prima metà dell'Ottocento. Il termine era stato
coniato nel 1820 dal filosofo utopista Saint-Simon (1760-1825) per indicare un metodo di
conoscenza della realtà, modellato sulle scienze positive e basato sull'osservazione dei
fenomeni reali e sulla verifica della teoria con la prova dei fatti. Più tardi il termine finì con
l'estendersi ai più svariati campi del sapere, in particolare alla filosofia.

L'esigenza di realismo e la fiducia nel progresso Rispetto alla precedente cultura


romantica, che vedeva l'arte come attività creativa stimolata dal sentimento e dalla
fantasia, la cultura positivista considerava l'arte come una rinnovata esigenza di realismo
nella quale l'intellettuale non era più poeta "vate" e neppure portatore di valori.
L'intellettuale positivista nutriva una illimitata fiducia nella scienza e nel progresso.
Nel corso della seconda metà del secolo, e fino agli inizi del Novecento, il Positivismo
ebbe un'influenza grandissima sulla cultura, sulla letteratura e sulle scienze umane,
contribuendo, con le sue posizioni teoriche, alla nascita del Naturalismo.

La filosofia "positiva" di Comte Il Positivismo trovò il suo teorico nel sociologo francese
Auguste Come, che usò il termine "positivo" per designare una fase evolutiva della storia
dell'umanità. Per Come, infatti, l'umanità aveva superato lo stadio teologico e metafisico,
nel quale si attribuivano i fenomeni della natura a cause soprannaturali o a forze occulte,
ed era approdata allo stadio scientifico, "positivo" appunto, per merito di pensatori come,
Galilei e Cartesio. A partire da loro, l'uomo aveva cominciato a interrogarsi non tanto sul
perché delle cose e dei fenomeni, quanto sul come, a studiarne cioè i rapporti di causa-
effetto (la concatenazione dei fatti). Il compito che spettava alla filosofia positivista era:
unificare tutti i risultati delle scienze particolari in una scienza della società, la sociologia.
Compito della sociologia era osservazione e "'analisi dei fenomeni sociali e la
formulazione delle cause e delle leggi che li determinano e li governano.

Taine Dopo Comte, il Positivismo francese si espresse soprattutto nel campo degli studi
storici, con Taine (1828-1893). Considerato il teorico del Naturalismo. Influenzato dal
pensiero filosofico del Determinismo, secondo il quale tutti i fenomeni sono prodotti da
cause precise, Taine affermava che i comportamenti e le scelte individuali sono il frutto di
un insieme di tre fattori fondamentali: il fattore ereditario, l'ambiente, il momento storico;
Queste posizioni dettero, infatti, un fondamentale contributo teorico alle idee dei naturalisti
francesi, specialmente all'oggettività del racconto, legato alle leggi dell'evoluzionismo e del
determinismo.

Il Positivismo, scienza e "questione sociale" Il più importante esponente del pensiero


positivista italiano fu Ardigò (1828- 1920) che, nell'opera La psicologia come scienza
positiva (1870), elaborò una concezione scientifica della percezione e del pensiero; ma
vanno ricordati anche Lombroso, Villari, Sidney Sonnino e Franchetti, autori di importanti
studi sulla "questione meridionale", che portarono per la prima volta all'attenzione
dell'opinione pubblica le condizioni di arretratezza del Meridione.
La nascita dell'evoluzionismo
Darwin e la teoria dell'evoluzione Un posto centrale assunse nell'ambito del pensiero
positivista la teoria dell'evoluzione, per l'influenza che esercitò su tutti i campi del sapere e,
in particolare, sulle nuove scienze sociali (sociologia, psicologia, antropologia). A
formularla fu il biologo e naturalista inglese Charles Robert Darwin (1809-1882) nelle
opere L'origine delle specie (1859) e L'origine dell'uomo (1871).
Studiando le somiglianze e le differenze presenti in alcune specie animali e vegetali,
Darwin giunse ad affermare che le specie tendono a modificarsi per variazioni casuali che
si producono negli individui. Secondo la sua teoria, sopravvivono gli individui «più adatti»,
caratterizzati da variazioni più vantaggiose in quel particolare ambiente. Quelli che
sopravvivono trasmettono le loro caratteristiche ai discendenti, così che la specie nel suo
complesso si modifica.
Anche la specie umana è il risultato di una selezione naturale, determinata da una serie di
variazioni casuali avvenute, originariamente, in una popolazione di antenati comuni alle
attuali scimmie. Ovviamente, questa teoria fece molto scalpore e suscitò scandalo
nell'opinione pubblica, dal momento che metteva in discussione il principio della creazione
divina degli esseri viventi e, soprattutto, dell'uomo.

Il darwinismo sociale e l'evoluzionismo di Spencer Le teorie di Darwin furono utilizzate


anche in prospettive molto diverse: alcuni pensatori estesero le nozioni di lotta per
l'esistenza e di sopravvivenza del più adatto al campo delle relazioni fra le classi sociali e
fra i popoli, giungendo a teorizzare il trionfo dei forti sui deboli, delle aristocrazie sulle
masse, dell'Occidente civilizzato sui "selvaggi".
Fu questo il cosiddetto "darwinismo sociale", che, in alcune elaborazioni politiche e
ideologiche, fu all'origine di movimenti antidemocratici, colonialisti e razzisti. Alla base
delle varie espressioni del "darwinismo sociale" stava la tendenza erronea, a identificare
evoluzione e progresso e a credere, che il progresso fosse possibile solo attraverso la
competizione. Secondo il filosofo inglese Herbert Spencer (1820-1903), anche le società
umane mutano e si evolvono con l'insorgere di nuove esigenze, ma il cambiamento può
essere un progresso solo se si lascia libero gioco alla concorrenza tra gli individui:
qualsiasi forma di intervento statale impedirebbe il progresso, frenando il libero evolversi.

Il Realismo alle origini del Naturalismo Parallelamente alle formulazioni teoriche del
Positivismo, si affermarono nella letteratura europea della seconda metà dell'Ottocento le
poetiche del Naturalismo (in Francia) e del Verismo (in Italia), che possono essere
considerate prosecuzioni e sviluppi del Realismo degli anni Trenta dell'Ottocento, termine
che indica la tendenza della narrativa a rappresentare la realtà in maniera concreta e
oggettiva. I capiscuola della narrativa realista, oltre a Charles Dickens in Inghilterra, furono
Stendhal e Honoré de Balzac in Francia. Le loro opere sono caratterizzate da:
- una tecnica descrittiva che consente di ritrarre ambienti, caratteri e comportamenti
umani con estrema precisione e con una certa oggettività;
- una particolare attenzione alla classe borghese, colta nei suoi gusti e nelle sue
aspirazioni;
- una prosa piana e accessibile, adatta a un pubblico borghese, protagonista della nuova
realtà industriale, non necessariamente dotato di grande cultura;
- un narratore esterno che limita i commenti e i giudizi sui pensieri e sulle azioni dei
personaggi rinunciando all'onniscienza della funzione narrativa dei romanzi del primo
Ottocento.

Flaubert fra Realismo e Naturalismo L'innovatore del Realismo narrativo e il precursore


del Naturalismo, fu il francese Gustave Flaubert. Egli, specialmente nel suo capolavoro
Madame Bovary (1857), romanzo incentrato sulla critica della mentalità e dei
comportamenti della società piccolo-borghese di provincia, introdusse due importanti
novità: la focalizzazione interna ai personaggi e l'impersonalità, che segnarono
l'abbandono del narratore onnisciente. Il narratore non conosce i pensieri dei personaggi,
non sa cosa succederà loro.

Il Naturalismo
Le caratteristiche
Le basi ideologiche Sul piano ideologico il Naturalismo fu un movimento che si oppose
alla grande borghesia francese, accusata di escludere dal potere, dalla politica e dalla
cultura le classi subalterne. Il Naturalismo aveva il proposito di dare dignità, anche
letteraria, alle classi meno agiate, che divennero spesso protagoniste delle opere
narrative. Sul piano dei contenuti, il Naturalismo condivise con il Realismo l'attenzione per
la realtà sociale contemporanea.
Secondo il teorico del Naturalismo francese Hippolyte Taine, le leggi che regolano e
condizionano l'agire umano sono ispirate a un rigoroso materialismo; come egli precisa in
un suo scritto del 1865, il narratore ha la funzione di documentare con oggettività
scientifica. Facendo proprio il metodo scientifico che procede dal semplice al complesso, il
romanzo naturalista si propose di rappresentare la realtà dalle classi più umili per risalire
tutti gli strati e i livelli della società.

Il ruolo dello scrittore Lo scrittore aveva il compito di rivelare la vera natura umana e far
capire a un ampio pubblico come essa fosse determinata da una serie di fattori, quali
l'ereditarietà, il momento storico e l'ambiente in cui un individuo nasce e cresce. Fra questi
fattori un ruolo preminente spettava allo sviluppo industriale, giudicato responsabile di
squilibri sociali, sfruttamento, povertà e abbrutimento del proletariato, costretto a vivere in
una realtà degradata. Compito dello scrittore naturalista diventava, la rappresentazione
fedele della realtà umana e sociale. Derivava da queste premesse la consapevolezza che
lo scrittore potesse contribuire con la sua opera a modificare e migliorare la società.
I fondamenti teorici si tradussero in una narrazione ricca di particolari descrittivi, attenta a
fissare comportamenti, stati d'animo e tratti psicologici dei personaggi secondo la tecnica
dell'oggettività e dell'impersonalità, che escludeva la partecipazione emotiva dello scrittore
alle vicende narrate. La sua portata innovativa riguardò anche l'aspetto formale, con il
ricorso al parlato e al gergo dei ceti popolari.

I fratelli Goncourt In Francia esponenti di spicco del movimento naturalista furono Zola, il
caposcuola, i fratelli Goncourt e Guy de Maupassant. I fratelli Goncourt, scrissero
numerosi romanzi, ambientati nella Parigi del tempo, che descrivono soprattutto la vita
quotidiana delle classi inferiori, principali vittime del processo di industrializzazione. Il loro
interesse era diretto agli aspetti più ripugnanti di questa realtà sociale da descrivere in
modo oggettivo.
La Prefazione al loro romanzo più celebre, Germinie Lacerteux (1865), nel quale si
rappresenta "il caso clinico" di una serva e della sua doppia personalità, è considerata uno
dei primi manifesti del Naturalismo francese. In essa si definiscono le caratteristiche del
nuovo romanzo, che si possono sintetizzare nella ricerca del vero anche se fonte di
turbamento per il lettore.

Zola Divenuto famoso con il crudo romanzo L'Assommoir (1877), Émile Zola (1840-1902)
raccolse intorno a sé un gruppo di giovani scrittori.
Nel 1880, Zola pubblicò Il romanzo sperimentale, una raccolta di scritti teorici nei quali da
forma definitiva ai fondamenti del Naturalismo; nel saggio di apertura è esposto il
programma letterario dello scrittore, secondo il quale il romanziere deve:
● deve osservare la realtà e documentarla come i dati di un'esperienza scientifica;
● osservare i caratteri e i comportamenti degli individui, calandoli in precisi contesti
ambientali e sociali, studiandoli in modo che il romanzo diventi il «verbale di un
esperimento», ripetuto sotto gli occhi del pubblico;
● essere oggettivo e impersonale,evitando di esprimere le proprie opinioni e i propri
sentimenti. Nonostante il distacco che dice di voler mantenere rispetto al mondo
rappresentato, Zola non manca, tuttavia, di intervenire e di giudicare, in quanto convinto di
poter dare il suo contributo al miglioramento della società;
● denunciare le ingiustizie e le sofferenze dei più deboli e lottare per il rinnovamento della
società, identificando nella letteratura, un'importante funzione sociale che conferma la
concezione progressista dello scrittore e la fiducia nel suo ruolo.

L'influenza del Naturalismo in Italia In Italia le idee positiviste e la poetica del


Naturalismo ebbero una grande risonanza. I principali scrittori italiani apprezzarono molto
l'opera di Zola e il fatto che vi fossero rappresentati criticamente i mali e le contraddizioni
della società francese. La letteratura naturalista cominciò a diffondersi negli ambienti della
Scapigliatura, ma fu solo dopo la pubblicazione nel 1877 in Italia dell'Assommoir di Zola
che cominciò a farsi strada una nuova concezione di romanzo che prendesse a modello la
narrativa francese. Dalle suggestioni dei romanzi zoliani sorse così il movimento del
Verismo, attivo a partire dagli anni Settanta dell'Ottocento. Una svolta in tal senso fu
rappresentata dalla pubblicazione nel 1878 di Rosso Malpelo di Verga, che in questa
novella applicò per la prima volta i principi formali e narrativi della nuova corrente
letteraria; nel 1879 uscì il romanzo Giacinta di Luigi Capuana, che può essere considerato
il primo romanzo verista.
Il principale centro di diffusione del Verismo fu Milano, dove il dibattito sulle trasformazioni
economiche e sociali innescate dal processo di unificazione territoriale italiano era più vivo
e sentito. I maggiori esponenti del Verismo, tuttavia, furono meridionali, giacché era nel
Sud che si riscontravano condizioni di arretratezza e di degrado che i veristi intendevano
fare oggetto della loro narrazione; in particolare si distinsero i due autori siciliani, Luigi
Capuana e Giovanni Verga, e il napoletano Federico De Roberto.

Le caratteristiche e i rappresentanti
Capuana, il teorico del Verismo Il teorico del Verismo fu Luigi Capuana (1839-1915).
Come, contribuì a diffondere la conoscenza di Zola e fu un entusiasta divulgatore del
Naturalismo francese, soprattutto nei due volumi di Studi sulla letteratura contemporanea
(1880 e 1882) e nel saggio Per l'arte (1885).
I principi di poetica da lui teorizzati evidenziano però anche le differenze che distinguono il
Verismo italiano dal Naturalismo francese di cui Capuana ridimensionò l'aspetto
scientifico. Lo scrittore deve seguire determinati canoni, in particolare, deve abbandonare
il romanzo storico-politico a favore di un «romanzo di costumi contemporanei» e
soffermarsi sulla realtà italiana ritraendola «dal vero». Tale scelta determina il carattere
regionale dei romanzi veristi, ambientati prevalentemente nella realtà del Sud Italia. Il
canone dell'impersonalità, che esclude qualsiasi intervento e giudizio dell'autore sulle
vicende raccontate, affinché i fatti giungano al lettore privi di qualsiasi mediazione, è
ritenuto l'aspetto tecnico-formale basilare del Verismo italiano. Non devono tuttavia essere
trascurate la fantasia e l'immaginazione secondo cui, la componente creativa dell'atto
artistico deve essere preservata in quanto l'opera letteraria non può essere ridotta a un
esperimento di laboratorio.

Verga: principi e tecniche narrative del Verismo L'autore più rappresentativo del
Verismo fu senza dubbio il siciliano Giovanni Verga (1840-192), le cui opere maggiori sono
ambientate in Sicilia. I cinque romanzi che Verga progettò, il ciclo dei Vinti, avrebbero
dovuto ritrarre la società dal livello più basso a quello più alto (ma Verga si fermò ai primi
due, I Malavoglia e Mastro-don Gesualdo), dimostrando che il progresso segue una legge
naturale che segna la vittoria del più forte sul più debole. Le dichiarazioni di poetica
verghiana sono esposte nella novella Fantasticheria, nell'introduzione alla novella
L'amante di Gramigna e nella "Prefazione" ai Malavoglia. Gli enunciati che si possono
ricavare da tali scritti consentono di fissare le caratteristiche del Verismo italiano:
● gli avvenimenti narrati devono avere le caratteristiche di un fatto realmente accaduto e
l'opera letteraria deve essere a tutti gli effetti un «documento umano»;
● lo scrittore deve sostituire una ricostruzione scientifica dei processi psicologici
all'invenzione romanzesca;
● il carattere dei personaggi deve emergere dal loro gesti e comportamenti;
● l'autore deve scomparire dalla narrazione, secondo il canone dell'oggettività e
dell'impersonalità. Altra tecnica narrativa propria della poetica verista è lo straniamento
che traduce il divario tra la visione del mondo della comunità, cui appartiene il narratore, e
quella dell'autore.
La rappresentazione oggettiva della realtà comporta il ricorso a una pluralità di registri
linguistici, in accordo con il livello culturale dei personaggi, e l'adozione del discorso diretto
e del discorso indiretto libero per riportarne il pensiero e le modalità di espressione.

Gli altri autori veristi Oltre al caposcuola Giovanni Verga, uno dei principali autori veristi
fu lo stesso Luigi Capuana: Giacinta (1879) è la storia di una donna che, per uno stupro
subito da bambina, vive in un continuo stato di profondo malessere e finisce per suicidarsi;
Profumo (1890) narra il dramma di Eugenia, il cui marito, pur innamorato di lei, non riesce
a vincere la dipendenza dalla propria madre. Federico De Roberto (1861-1927) che
scrisse I Viceré (1894), in cui si narrano le vicende degli Uzeda, una nobile famiglia
siciliana, riuscì a raggiungere un buon equilibrio fra queste tendenze. Matilde Serao
(1856-1927), giornalista e autrice di novelle e romanzi.Compose due racconti lunghi che si
ricollegano a esperienze autobiografiche e si possono definire studi di ambiente: Scuola
normale femminile e Telegrafi dello Stato, che narra la vita di un gruppo di giovani
impiegate ai Telegrafi di Stato a Napoli. Scelse di descrivere dettagliatamente le condizioni
del lavoro impiegatizio, come Emilio De Marchi (1851-1901) in Demetrio Pianelli (1890).
Un fondo regionale è presente anche nella narrativa di Grazia Deledda, che muove da
tendenze veriste per descrivere il folclore della sua terra, la Sardegna.

Naturalismo e Verismo:
Il Verismo italiano accoglieva l'insegnamento di Zola (oggettività e impersonalità). Gli
aspetti che definiscono e caratterizzano la narrativa verista, e la differenziano in parte dal
Naturalismo, possono essere identificati nei punti che seguono.
● Al contrario del romanzo naturalista, quello verista non è animato dall'intento di
contribuire alla formazione di una coscienza civile: il suo scopo è quello di rappresentare
la realtà così com'è, senza alcuna concessione sentimentale o progressista.
● Alla convinzione che il romanzo naturalista possa contribuire al miglioramento della
società, si contrappone una visione profondamente pessimistica della vita: non è possibile
cambiare la società; l'arte e la letteratura possono denunciarne i mali, ma non influire su di
essa.
● Il romanzo verista non respinge il determinismo naturalistico, ma lo interpreta in modo
meno rigoroso e lo apre all'influenza di altri fattori, specialmente culturali e psicologici.
● Il romanzo naturalista francese, ambientato nelle aree industriali del Paese, ma
soprattutto nei bassifondi di Parigi, si concentra sulle condizioni di vita del proletariato
urbano; il romanzo verista, invece, intende rappresentare la realtà regionale degli umili
lavoratori, in particolar modo del Sud, in un contesto di povertà e degrado. Da qui il quadro
di un'Italia solo apparentemente unita, in realtà caratterizzata da diverse e particolari
situazioni sociali, che i romanzieri hanno portato alla luce.
● La distanza fra la narrativa naturalista e quella verista non si riduce alla differenza tra
una scrittura politicamente impegnata, come quella zoliana, e una scrittura non
progressista, come quella di Verga, volta a far conoscere la realtà più che a modificarla; il
divario consiste piuttosto nel fatto che l'opera d'arte deve restare tale, non trasformarsi in
scienza. Fu Capuana a spiegare con chiarezza l'importanza di tale indirizzo artistico nella
recensione ai Malavoglia. La letteratura verista, quindi, per essere espressione artistica
non deve trasformarsi in documento scientifico: lo spirito della scienza è presente solo nel
modo di rappresentare la realtà, cioè nella perfetta impersonalità della narrazione.
Il romanzo Germinie Lacerteux (1865) costituisce uno dei primi prodotti della narrativa
naturalista. È la storia vera di una donna di servizio, Germinie, che vive una doppia vita:
sinceramente affezionata alla sua padrona, è però succube dell'uomo di cui è innamorata,
che la porta man mano alla rovina (si abbandona infatti a ogni genere di vizio e
degradazione, fino al furto nella casa della padrona).
Per gli autori, il romanzo è un grande strumento di indagine della società contemporanea
e, in particolare, degli strati più umili. Il prodotto letterario deve appunto costituire un
documento scientifico della realtà, tanto accurato da non trascurare il brutto, il deforme e il
patologico, come i Goncourt affermano nella Prefazione all'opera.

Prefazione - «Questo romanzo è un romanzo vero»


Nella Prefazione a Germinie Lacerteux gli autori, rivolgendosi ai lettori per informarli sul
tipo di operazione culturale che hanno voluto intraprendere, formulano una vera e propria
dichiarazione di poetica: la loro opera è un autentico «documento umano».

Il romanzo sperimentale
Gli orientamenti ideologici e letterari di Zola erano condivisi da un gruppo di intellettuali
che andavano a trovarlo nella sua casa di Médan; con loro l'autore pubblicò una raccolta
di novelle, Le serate di Médan, elaborandovi quello che fu poi definito il manifesto
collettivo della scuola naturalista. Divenuto il caposcuola del Naturalismo, Zola espose la
sua teoria del romanzo nel saggio Il romanzo sperimentale. Elaborò il suo progetto sotto
l'influsso del pensiero deterministico di Hippolyte Taine, il quale riteneva che il
comportamento dell'uomo e le sue opere artistiche fossero determinate da tre elementi
fondamentali a lui esterni: la razza , l'ambiente e il momento storico. Anche gli studi di
fisiologia di Bernard (1813-1878) erano al centro dei suoi interessi. Quest'ultimo affermava
che esiste uno stretto legame tra psicologia e fisiologia e che le reazioni e i comportamenti
dell'individuo dipendono, quindi dalla sua costituzione fisica.

Per Zola scrivere un romanzo sperimentale significa lavorare in due direzioni: quella che
permette allo scrittore di osservare la realtà che intende descrivere, e quella che gli
consente di immaginare lo svolgimento dei fatti e il comportamento umano cercando di
attenersi a una rigorosa logica di causa ed effetto. L'autore di un romanzo sperimentale,
quindi, prima di iniziare a scrivere, deve raccogliere dati e informazioni sulle abitudini e sul
modo di vivere degli uomini e analizzare come può evolversi una determinata situazione,
così da poter rappresentare la vicenda in modo convincente e realistico.
La vitalità dell'intera opera di Zola deriva dal felice intreccio tra il metodo sperimentale e lo
stile che si esprime attraverso un vasto repertorio di immagini, simboli e metafore, che
esasperano i mali del mondo moderno e le forze oscure.

Osservazione e sperimentazione
Testo teorico fondamentale del programma letterario di Zola, Il romanzo sperimentale è
considerato il principale manifesto del Naturalismo. Nel brano seguente l'autore descrive il
processo attraverso il quale il narratore arriva a costruire un romanzo sperimentale.

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