Carlo Levi e Renato Guttuso

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Carlo LEVI e Renato GUTTUSO

Tra Carlo Levi e Renato Guttuso ci sono dei legami sia tra loro che tra loro e l'arte del XIX sec.

Con il realismo abbiamo visto il discorso legato all'uomo e alla sua condizione sociale che ha
condizionato e appassionato gli artisti del tempo come il realismo di Courbet, di Millet e Daumier.
Abbiamo visto come Daumier partecipò attivamente al realismo non solo come pittore ma anche
come giornalista contro il capitalismo dell'alta borghesia.
Partendo proprio da questo il legame viene quasi automatico in relazione alle vicende
drammatiche per l'Italia come la dittatura, la guerra, il dopoguerra e la ricostruzione.

Carlo Levi e Renato Guttuso erano due personalità molto forti che si sono impegnati nel sociale e
hanno prodotto opere che hanno aperto gli occhi alla gente e che comunque sono state criticate.
Qui l'arte non fa riferimento soltanto ad un determinato momento storico ma è un arte in
continua trasformazione.

Carlo Levi nasce a Torino e comincia ad avere amicizie di un certo rilievo orientati da un comune
pensiero ideologico, cioè di un certo modo di intendere la società e l'uomo sia dal punto di vista
assistenziale che dal punto vista della vita.

Le vicissitudini di Carlo Levi sono legate al periodo del ventennio fascista e della guerra mondiale e
le sue prime attività pittoriche, artistiche e letterarie a Torino e sono quindi varie perché varie
sono le sue conoscenze.
Levi partecipa con un articolo sulla pittura per l'ordine nuovo con la conoscenza di Gobetti.
L'introduzione alla Scuola di Casorati in cui gravita l'avanguardia torinese.
Di Carlo Levi possiamo citare le seguenti opere:
- L'autoritratto
- l'Arcadia
Noi vediamo che Carlo Levi affronterà il ritratto e vari generi di ritratto, i paesaggi, il nudo e
naturalmente anche quella rappresentazione della condizione umana.

Carlo Levi è uno straordinario ritrattista, ha eseguito moltissimi ritratti nella sua vita.
Per Carlo il ritratto è un colloquio con se stesso ed è un modo di scoprire se stesso negli altri.
Il ritratto guarda non tanto al carattere ma all'indole profonda e alla qualità del rapporto e della
relazione che ha con il pittore.
Durante i suoi ritratti lui non pretendeva che il modello stesse fermo e immobile ma anzi che si
muovesse e parlasse durante tutto il tempo.

Le sue amicizie sono quelle di Leonardo Venturi, Luigi Einaudi, Cesare Pavese e Antonio Gramsci.

Questa prima fase di Carlo Levi del '900 dagli anni 20 - 27 circa saranno influenzati da artisti ceh
risentono della visione espressionistica soprattutto tedesca.

Carlo Levi andò a Parigi dal 1924 al 1927 dove aprì uno studio e dove conobbe grandi artisti. In
questo periodo viene attratto moltissimo dalle pitture di Modigliani e la Scuola di Parigi e quindi
Chagal. E quindi come possiamo notare Carlo Levi risente di artisti che avevano vissuto alla fine
dell'800 e inizi '900.

Le sue vicissitudini sono legate a questi movimenti giovanili di rinnovamento, a questa voglia di
fare e di andare contro una certa politica italiana che ormai era radicata.
I suo viaggi a Genova, Milano e Roma lo porteranno a conoscere sempre più altri giovani italiani
che appunto avevano l'ardore dell'arte e della giustizia sociale. Viaggiò anche a Londra e a Parigi
dove rimase molto tempo.

Amico dei fratelli Rosselli, Carlo Levi quando nel 1934 venne arrestato per sospetta attività
antifascista molti dei grandissimi artisti presero le sue difese come Paul Signac, André Derain e
Chagal che firmano un appello per la sua liberazione.

Dal 1935-36 Levi sarà portato al confine politico in Basilicata e lì scopre una realtà che è quella
della povertà e delle condizioni di vita nel mezzogiorno (queste condizioni continueranno anche
nel dopoguerra) e da questo scaturisce Lucania '61.

Teniamo sempre presente la personalità di Carlo Levi e cioè del fatto che durante la guerra
partecipò attivamente come "partigiano"
Levi è uno dei fondatori della Costituzione Italiana.
Nel '47 si stabilisce definitivamente a Roma avvicinandosi alla tematica del realismo.

Il realismo dove lo vediamo in Carlo Levi?


Lo vediamo in Lucania 61. Guardando Lucania 61 ci rendiamo conto che è uno spaccato di vita, è
un rappresentare attraverso la figura del lucano Rocco Scotellaro (amico e Sindaco di un paese
della Basilicata) dell'impegno politico e questa gente viene rappresentata da Levi mentre ascolta
parole di rinnovamento e di incoraggiamento.
Qui vediamo una varietà di rappresentazioni: c'è una umanità sofferente colta nella propria
quotidianità e nella speranza di vedere accolte le nuove idee di rinnovamento.
Qui abbiamo un ventaglio di influenze che poi naturalmente saranno personalizzate nel suo stile:
troviamo la deformazione delle figure, i colori terrei del realismo francese, di Daumier soprattutto.
Levi dipingeva direttamente sulla tela e racconta attraverso il contrasto del colore (i gialli , i rossi i
verdi) quelle situazioni di maggiore consapevolezza delle persone e della vita all'aria aperta.

Con LUCANIA'61 Carlo Levi partecipa a questa esposizione (????) e apre una ferita dell'Italia cioè
pone l'Italia di fronte alla realtà che sta vivendo, di fronte ad una condizione umana difficile e
dimenticata.
Quindi il suo impegno sociale e questa sua carica verso una giustizia sociale ha radici profonde
anche nell'arte.

Il realismo ottocentesco era quello di Courbet che con i suoi dipinti denuncia una condizione di vita
del tutto disumana mostrando cosi anche a alla borghesia quella che è la loro colpa, perché
colpevoli di aver trasformato in negativo la condizione di vita delle persone umili.
Come Courbet anche Carlo Levi sceglie come protagonisti gli ultimi, gli umili, cioè la gente
qualunque che nessuno ricorderà mai.

Come Levi anche Guttuso è da collocare nel realismo sociale, esso appartiene infatti alla corrente
neorealista in Italia.
Guttuso muore nell'87, vive tra Roma e Milano trasferendosi poi a Roma ma comunque sempre
legato alla sua terra d'origine, la Sicilia e precisamente Bagheria vicino Palermo.
Lui riporta nelle sue tele anche i colori caldi della Sicilia ma da subito e per tradizioni familiari (il
nonno era un artista-pittore antifascista) lui vive una condizione che lo porta inevitabilmente a
considerare sempre la giustizia e la ricerca della libertà, mete importanti nella vita dell'uomo.
Il realismo di Guttuso viene fuori con il dipinto "La fucilazione in campagna" con cui condanna le
violenze e i soprusi perpetrati dal regime nazista e fascista. Questo dipinto è dedicato al poeta
spagnolo Federico Garcìa Lorca, giustiziato dai franchisti durante la guerra civile in Spagna.
Per la "fucilazione in campagna" Guttuso si ispira a "la fucilazione" del 3 Maggio di Goya perché
ne comprende l'universalità del significato.
Nella sua pittura immediata e con i colori della sua terra Guttuso guarda all'espressionismo dei
Fauves, di Matisse perché i loro quadri trasmettono gioia di vivere.

Il periodo che sta vivendo lo portano a conoscere il cubismo di Pablo Picasso infatti "La
Crocifissione" di Guttuso del 1941, opera fortemente criticata dalla Chiesa e dai Fascisti, diventa
un opera con chiari riferimenti al cubismo di Picasso e alla deposizione dalla croce del Pontormo
nella spigolosità dei contorni e nell'uso dei colori così mutevoli (cangianti appunto).
Qui troviamo una volontaria nudità dei personaggi, addirittura ai piedi del Cristo in croce la
Maddalena è nuda.
Il cavallo grigio quasi in primo piano con la testa completamente voltata all'indietro ricorda la
Guernica di Picasso.
Quest'opera vuole essere un grido di protesta e voglia di giustizia e Cristo qui non è il protagonista
del dipinto perché il sacrificio di Cristo rappresenta il sacrificio di un uomo qualunque cioè il
sacrificio di una intera umanità nei confronti della guerra ma anche la ricerca disperata della
libertà e della giustizia.
Quindi anche la crocifissione di Guttuso del 1941 come la Guernica di Picasso del 1937 diventa un
messaggio universale contro la guerra e per la pace.
Ne "la crocifissione" di Guttuso troviamo dei corpi scolpiti, quasi scultorei, e dei colori portati
all'esasperazione, lo vediamo nei cavalli grigio e blu che ci ricordano i cavalli dell'espressionista
tedesco August Macke.

Quindi i riferimenti pittorici per Levi e Guttuso sono quelli di un'arte di rottura, quindi l'arte di
rottura è il filo conduttore di questi pittori.

Guttuso fonda nel 1946 insieme ad altri artisti come Renato Birolli, Giulio Turcato il "Fronte nuovo
delle arti".
Il comune denominatore del Fronte fu l’adozione di un linguaggio post-cubista.
Il Fronte Nuovo delle Arti fu una realtà artistica frammentata a causa della natura stessa della sua
aggregazione. Gli artisti che vi aderirono infatti non manifestavano un medesimo codice estetico
ma li univa la componente generazionale e l’appartenenza politica. Inoltre erano uniti dalla
necessità di raccontare il reale con un nuovo codice linguistico. Il Fronte Nuovo delle Arti fu quindi
un aggregatore di esperienze difformi ma unite dal contesto storico che è quello del secondo
dopoguerra, cioè gli anni Quaranta del Novecento. Il Fronte Nuovo delle Arti, storicamente, si può
inserire nella cornice del Post-cubismo internazionale.
Il Fronte Nuovo delle Arti sostiene il realismo sociale dove c'è l'impegno politico ed anche uno stile
che è espressionisticamente moderno.

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