ALIENAZIONE

Scarica in formato docx, pdf o txt
Scarica in formato docx, pdf o txt
Sei sulla pagina 1di 19

oALIENAZIONE

Spesso, parlando dell’uomo moderno, si affaccia l’idea che il progresso della civiltà abbia prodotto
un peggioramento della condizione in cui l’individuo si trova a vivere. L’individuo è divenuto se
stesso, il protagonista della propria vita, ma nello stesso tempo è esposto a una maggiore
solitudine e a una pressione psicologica, sotto la quale è facile scivolare nell’isolamento e nel
malessere, nella degradazione della coscienza e, dunque, nell’alienazione. L’analisi di questo
fenomeno è stata al centro della cultura occidentale almeno negli ultimi due secoli e, ad essa si
sono dedicati sociologi, medici, politici e naturalmente anche scrittori e poeti interessati ad
approfondire il discorso della condizione umana e sulle sue manifestazioni individuali e sociali.
Il termine alienazione, attualmente molto diffuso e persino abusato, con una notevole estensione
dell’arco dei fenomeni a esso riferiti, ha assunto nel pensiero filosofico e sociologico il significato di
“uscita da sé”.
FILOSOFIA
ITALIANO
Si definisce scapigliatura quella tendenza di letterati e artisti italiani pronti a ribellarsi contro le convenzioni
borghesi, a ribellarsi contro una società industrializzata che non soddisfa più gli intellettuali, a ribellarsi
contro gli ideali e valori che erano stati propugnati dalla borghesia, la quale poi diventerà imprenditoriale
creando una società massificata.
La scapigliatura è una tendenza, ma ci sono alcuni critici che la definiscono un movimento perché essa
riguardò tanto la pittura, la scultura, quindi le arti figurative, quanto anche la letteratura. Ebbe anche un
certo seguito all’interno dell’Italia, dove la scapigliatura nacque in due città: a Milano e a Torino, non è un
caso che siano due città industrializzate ed è proprio lì che nasce quest’inquietudine nei confronti dei valori
borghesi che mirano all’arricchimento, all’imprenditoria, alla massificazione, contro cui gli scapigliati stessi
lottano e si pongono.
La scapigliatura nasce in un periodo ben preciso, ovvero tra gli anni 60 e 70 del 1800.
Alcuni critici l’hanno addirittura definita come il primo movimento letterario italiano dell’Italia unita. Molto
probabilmente fu definito movimento anche perché non si tratta mai di una scuola e per il fatto che esso
riguardò un periodo limitatissimo della produzione italiana e un luogo limitatissimo con Milano e Torino;
altri critici la definiscono semplicemente una tendenza.
La caratteristica chiave dei quadri degli scapigliati è l’uso dello sfumato che riguarda in qualche modo anche
l’impressionismo francese. Lo sfumato rende la realtà molto fluida e poco percepibile, vengono quindi fuori
i sentimenti e le sensazioni che una descrizione oggettiva della realtà.
CHI SONO I PRINCIPALI ESPONENTI DELLA SCAPIGLIATURA IN PITTURA?
Furono Tranquillo Cremona, Daniele Ranzoni e Grandi.
SCAPIGLIATURA IN LETTERATURA
Non è una scuola, ma un gruppo di scrittori che sono accomunati:
- da uno stesso periodo, infatti erano tutti tra il 1860 e il 1870,
- dagli stessi ambienti, in primo luogo Milano e poi Torino, tutte e due città industrializzate,
- dalla stessa insofferenza nei confronti delle convenzioni della letteratura contemporanea, ovvero
dal fatto che la letteratura contemporanea stesse diventando una letteratura di massa, la
letteratura cioè che doveva piacere ad un pubblico borghese vasto, e un’insofferenza nei confronti
dei principi e dei costumi borghesi volti all’arricchimento e al profitto,
- da un impulso di rifiuto e di rivolta contro il Romanticismo, che era stato la fucina degli ideali, e
contro il Risorgimento, anch’esso come arricchimento di ideali che poi non avevano però portato
nessun miglioramento effettivo nella condizione dei cittadini
C’è chi lo definisce primo movimento letterario artistico nell’Italia post unitaria, anche se vi sono dei pareri
contrari.
SIGNIFICATO DEL TERMINE
Il termine scapigliatura è stato coniato per la prima volta da Cletto Arrighi (pseudonimo per Carlo
Arrighetti), il quale fu uno di quegli scrittori che rientravano nella cerchia dei letterati scapigliati. Egli nel
1862 pubblica un romanzo intitolato “La scapigliatura e il 6 febbraio”, considerato un manifesto
programmatico della scapigliatura milanese.
Gli scapigliati sono un gruppo di ribelli, ribelli alla loro classe di provenienza, solitamente una classe
aristocratica o una classe borghese, che però non si riconoscono nei valori dell’aristocrazia e della
borghesia, dunque lottano contro questi valori e si ribellano vivendo in maniera eccentrica, disordinata, in
maniera opposta rispetto ai valori del buon senso, opponendosi a quelli che sono i benpensanti, ovvero
coloro che si piegano alle convenzioni. Vivono facendo uso di alcol e di droghe e muoiono dunque in
giovane età.
Questo termine fu impiegato come autodefinizione degli stessi scrittori anticonformisti e (considerando i
benpensanti come conformisti). Solitamente vivono una vita disagiata perché rifiutando i valori borghesi,
spesso rifiutano anche il lavoro che sta dietro i valori borghesi, vivendo così di letteratura, di arte, ma
fondamentalmente fanno una vita decisamente sregolata, disagiata.
Il termine scapigliatura è l’equivalente francese Bohème.

SCAPIGLIATURA E IL 6 FEBBRAIO
Fu l’opera di Cletto Arrighi che diede il nome a questi poeti scapigliati.
Scrive infatti nel prologo del romanzo che gli scapigliati sono una parte della società che non si riconosce
nella sua casta di provenienza, sono coloro i quali nella testa hanno qualcosa di diverso, hanno ideali
diversi, sono tutti coloro che non si riconoscono nelle convenzioni quali la fanciulla dabbene, l’uomo serio
che sceglie la strada maestra, non si riconoscono nei benpensanti, ma sono persone dominate da miserie,
lo spirito di ribellione, da ansia. Tutto questo fa sì che siano fuori dalla società e saranno loro i protagonisti
di questo romanzo, sostiene inoltre lo scrittore che la scapigliatura, in realtà, è composta da individui di
ogni ceto sociale perché gli scapigliati si possono trovare tra l’aristocrazia, come tra il proletariato.

Dice Cletto che la scapigliatura è un termine italiano, l’equivalente di Bohème.


LA BOHÈME PARIGINA
Il termine Bohème (deriva da bohémien, letteralmente “zingaro”, ovvero proveniente dalla Boemia), già
usato nell’ottocento per designare i poeti “maledetti”, ovvero quelli anticonvenzionali, divenne popolare
dopo la pubblicazione nel 1851 di “De Scene de la vie di Bohème”, a cui si sarebbe ispirato il melodramma
di Puccini “Bohème”, il quale tratta dell’amore tra un pittore e una bella Mimì, la quale poi morirà di tisi.
Questo pittore vive in maniera sregolata, vive dalla sua arte, ma non può permettere di condurre una vita
regolare alla donna che ama.

GLI SCAPIGLIATI E LA MODERNITÀ: IL DUALISMO


Una caratteristica cardine di questi poeti è il dualismo, ovvero una continua contraddizione.
Da una parte vivono la repulsione e l’orrore nei confronti della modernità, dunque questi poeti si
aggrappano ai valori passati che il progresso va distruggendo; dall’altra si rassegnano al fatto che gli ideali
passati sono ormai perduti e, paradossalmente, utilizzano un linguaggio scientifico nelle loro opere.
Tuttavia nelle loro opere non è presente il rigore scientifico, dunque le modalità utilizzate non hanno nulla a
che fare con quelle dei naturalisti e dei veristi.
È chiaro che si tratta di un’età di crisi, un’età di trapasso; infatti gli scrittori che non si riconoscono in queste
convenzioni si sentono un po’ smarriti ed il malessere dell’artista si evince dalla sua scelta del
“maledettismo”, ovvero nell’aver sposato una vita sregolata, una vita all’insegna del vizio, dedita all’alcol e
alle droghe.

STORIA
ARTE
Nel Ciclo degli alienati Géricault raffigurò uomini e donne. I protagonisti erano affetti da
alterazioni psichiche di vario tipo che però si collocano nella categoria delle monomanie.
Le monomanie erano considerare delle ossessioni rispetto a un particolare
comportamento. In questi dipinti Géricault prese in esame così il furto, la pedofilia o il
rapimento, la dipendenza dal gioco d’azzardo, l’invidia e la mania del comando militare.

Théodore Géricault era molto interessato al mondo dell’emarginazione e dalla vita dei
bassifondi delle metropoli del suo tempo. L’industrializzazione che iniziava a diffondersi
nelle a metà Ottocento contribuiva infatti a determinare sacche di emarginazione e di
degrado sociale. Théodore Géricault realizzò così la serie degli alienati. Questi dipinti non
rappresentano tanto una denuncia contro l’emarginazione dei malati mentali quanto il
tentativo di comprendere a fondo l’interiorità dei malati.
In accordo con le teorie riformiste degli psichiatri Georget e Esquirol, Géricault era
convinto che i malati mentali avessero bisogno di essere curati, non puniti e rinchiusi.

Il Ciclo degli alienati di Théodore Géricault


I monomaniaci dipinti da Géricault sono caratterizzati da uno sguardo assente e fisso.
Anche l’abbigliamento fuori luogo, trasandato o eccentrico sottolinea il loro
comportamento. La scelta degli abiti quindi sottolinea la loro distanza dalla realtà e dalla
relazione umana. Géricault inoltre nei suoi dipinti sembra di dare una dignità al malato
mentale. Infatti i monomaniaci non sono ritratti in pose scomposte ma sono raffigurati
come degli eleganti nobili o borghesi parigini. Proprio nella loro posa però manifestano i
sintomi della malattia.
I dipinti sono realizzati con colori ad olio stesi a corpo su tela.
Il colore e l’illuminazione del Ciclo degli alienati di Théodore Géricault
I colori tendenzialmente sono molto scuri e acidi e lo sfondo grigio o scuro mette in
evidenza il colore del viso che spesso è pallido ed emaciato. L’artista utilizzò il colore per
sottolineare il carattere degli alienati. Nel caso del monomane del furto il colore tende al
verde e crea un senso di disagio. Lo sfondo nero del monomane del comando militare
sembra isolare il protagonista in una solitudine angosciante.
Lo spazio
I ritratti degli alienati sono tutti realizzati a mezzobusto. Questo particolare taglio
dell’immagine permette di focalizzarsi sul loro volto e sulle espressioni che assumono.
I vari monomaniaci sembrano perdersi nel nulla e sono isolati nei loro pensieri angoscianti.
La composizione e l’inquadratura
Le opere sono di forma rettangolare con sviluppo verticale. L’inquadratura è quella tipica di
un ritratto a mezzo busto e incornicia il personaggio con uno sfondo scuro e
monocromatico.
FISICA
MATEMATICA

INGLESE
In the story of Frankenstein, Victor, a scientific genius, created a monster. He
abandons the monster as soon as he creates it. In this story, Victor and Frankenstein
are both alienated by society for different reasons. The monster is rejected by society
because of his terrifying physical appearance and his reactions towards people. Victor
experienced alienation his entire life, when he was a child and family due to his
scientific obsession. Therefore, in Frankenstein, Mary Shelley used the theme of
alienation by having the two main characters, Victor and Frankenstein, alienated by
society because people judged the monster based on his physical appearance and his
reactions. While, Victor isolated himself from society due to his scientific experiments.
Therefore, people alienated him because they thought of him as a very strange
scientific maniac.

ORIGINS

In the introduction to the novel, Mary Shelley give sher own account of Frankenstein’s origin. It seems that
a number of things, like the reading of ghost stories, speculation about the re-animation of corpses or the
creation of life, her personal anxieties and the memories of her sense of loss at the death of her own
mother came together at that point in her life, creating the waking dream or nightmare that so terrified
her.

THE INFLUENCE OF SCIENCE

Mary Shelley dedicated Frankenstein to Godwin and used many of the ideas held by her parents, including
social justice and education. She clearly sympathizes with the monster but is afraid of the consequences of
his actions. In this, there is tension between fear of revolution and interest in the revolutionary ideas, two
attitudes which were characteristic of English intellectuals in the years between 1789 and 1832. Even the
influence of Percy Bysshe Shelley was important. He and Mary were interested in science, and particularly
chemistry, so that by the time she wrote Frankenstein, she was aware of the latest scientific theories and
experiments in the field sof chemistry, evolutionism and electricity. These sources provided contrasting
scientific attitudes important to Mary Shelley’s conception of science in Frankenstein, whose protagonist is
the first embodiment of the theme of science and its responsibility to mankind. In fact Frankenstein tries to
create a human being through the use of electricity and chemistry without respecting the rules of nature as
far as creation and life are concerned.

LITERARY INFLUENCES

The monster can be considered Rousseau’s natural man, that is, a man in a primitive state, not influenced
by civilization; he, however, rapidly discovers the limitations both of the state of nature and of civilization.
The influence of the philosopher Locke can be seen in the description of the monster’s self-awareness and
his education by experience. The ghost stories read at Villa Diodati provided an immediate stimulus, even if
Frankenstein differs from the Gothic tradition, since it is not set in a dark castle and does not deal with
supernatural events. Another important influence was the work of the Romantic poets in general; the most
meaningful element Mary Shelley derived from Coleridge’s The Rime of the Ancient Mariner (→ 4.12) is the
fact that both Coleridge’s ballad and Shelley’s novel are tales of a crime against nature: Frankenstein’s
creation of the monster and the Mariner’s shooting of the Albatross. The myth of Prometheus is also
important. Prometheus, in Greek mythology, was a giant who stole the fire from the gods in order to give it
to men. In so doing, he challenged the divine authority and freed men from gods’ power. He is a clear
example of an overreacher, just like Dr Frankenstein,

LATINO
Seneca giunge alla conclusione che la vita è abbastanza lunga per chi sa vivere intensamente
ogni istante.
Lo stolto si lamenta perchè invece di dominare le cose che lo circondano, ne è dominato e vive in
una condizione di perenne alienazione che li porta alla noia: come è schiavo delle passioni e
impegnato nell'inseguire beni che non gli appartengono, così non è padrone del suo tempo e
paradossalmente può giungere alla fine della vita senza aver mai davvero vissuto.
A tal proposito è importante il DE TRANQUILLITATE ANIMI, dedicato all’amico Sereno, il quale era afflitto
dalla noia, una vera e propria malattia dell’animo, un’inquietudine esistenziale, che lo fa soffrire molto, e lo
porta a chiedere consiglio a Seneca. Egli risponde che per raggiungere la libertà spirituale, l’equilibrio
interiore bisogna contemperare la vita attiva con quella contemplativa, ovvero negotium e otium; inoltre si
devono stringere amicizie con le persone buone e oneste; si deve condurre una vita all’insegna della
parsimonia; si deve avere una serena accettazione delle avversità e della morte: questi sono i rimedi
proposti da Seneca per l’amico Sereno per superare questo stato di insoddisfazione. Si vede qui un Seneca
precursore dell’esistenzialismo, perché indaga il profondo dell’animo umano. Altro autore latino che
affrotnava il tema della noia, oltre a Leopardi nella letteratura italiana, è Lucrezio, precisamente nel terzo
libro del De Bellum Natura. In questo dialogo troviamo una divisione degli uomini in precise categorie di
“annoiati”, gli uomini afflitto dalla noia si possono distinguere in quattro sottogruppi: gli insoddisfatti, gli
scoraggiati, gli avviliti e gli inerti:
* Insoddisfatti > sono afflitti da una profonda insoddisfazione generata da una instabilità caratteriale, dallo
squilibrio interiore.
* scoraggiati > sono quelli che, dopo una sconfitta, non riescono a rialzarsi e sono afflitti dal tedium vitae
(noia).
* avviliti > sono quelli che, non riuscendo a realizzare un loro obiettivo, cadono in uno stato di prostrazione
e avvilimento.
* inerti > sono quelli afflitti da una grande inerzia che, pur essendo insoddisfatti di se stessi, non riescono a
reagire mutando condizione.
La causa della noia secondo Seneca è il “Sibi displicere”, ovvero il non piacere a se stessi, l’insoddisfazione
di sé stessi. Ciò nasce da una instabilità caratteriale o da desideri mai realizzati. Spesso tale stato di
inquietudine può portare anche al suicidio.
Un altro tema correlato alla noia può essere quello del viaggio. Secondo Seneca, se un uomo è afflitto dalla
noia non troverà riposo e tranquillità in alcun luogo; quindi se il viaggio è concepito come rimedio a questo
male dell’animo, non è utile in quanto ognuno porta sempre se stesso in ogni luogo, come un “odiosissimo
compagno” dice Lucrezio.
Anche nelle epistulae verranno ripresi questi temi, in una in particolare egli affronta il tema del viaggio.
CHIMICA

Potrebbero piacerti anche