Appunti Lezione
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CIVILTA’ MICENEA --> gruppi di genti proto-greche guerriere e bellicose che, conquistata Creta e
Troia intorno al 1600-1100 a.C. ca. Nel XIV sec. a.C. ha avvio sul continente il ciclo di vita dei palazzi
cinti da grandi mura (a differenza di quelli minoici). Si tratta di una cultura palaziale non ancora
propriamente urbana, avente una struttura sociale di tipo feudale-agricolo (lo sappiamo grazie
poemi omerici). La loro scrittura denominata “Lineare B” è stata decifrata nel XX secolo.
Acropoli di Micene: Micene è una città costruita su dei
terrazzamenti. È costituita da un palazzo principale che
domina l’insediamento circostante. Si tratta di una città
fortificata da mura, composte da blocchi di pietra, e
caratterizzata dalla porta dei Leoni (entrata della città).
All’interno delle mura, oltre a piccoli agglomerati cittadini,
si trovarono anche delle necropoli. Tramite degli scavi
eseguiti da Schliemann a fine 1800 sono stati rinvenuti dei
corpi i cui volti erano coperti da delle maschere d’oro.
QUADRO STORICO DEL MONDO GRECO --> A seguito dei fenomeni di instabilità economico-politica,
attorno al XII sec., si assistette a un collasso dei palazzi micenei, che portò a una caduta
demografica e un impoverimento delle attività produttive. Con la fine del mondo miceneo inizia un
periodo denominato Dark age.
Tra VIII-VII sec. nascono le poleis (città con propria specifica identità politica e urbanistica),
caratterizzate da piani urbanistici con progressivo affinamento di alcune componenti razionali, quali
la geometrizzazione e la zonizzazione degli spazi. Si tratta di città «isolate» a livello geografico, in
lotta fra loro, con momenti di alleanza: es. durante guerre persiane.
Queste frammentazioni vennero sfruttate dai macedoni per riunire la Grecia in un unico stato:
l’impero macedone, sotto la guida di Filippo e Alessandro Magno. Questo periodo, denominato
ellenismo, è caratterizzato da una forte koinè a livello linguistico e culturale, anche per quanto
riguarda l’ambito delle arti. Con la morte di Alessandro Magno, l’impero venne diviso in regni (tra i
principali: il regno di Pergamo e di Tolomeo). Dal 146 a.C. i regni iniziano ad essere conquistati dai
romani; l’ultimo regno ad essere sottomesso fu quello in Egitto nel 31 a.C.
La civiltà greca non si sviluppo solo nel Peloponneso, due sono le fasi di migrazione:
1. La prima che avvenne verso le coste dell’Asia Minore e dell’attuale Turchia;
2. La seconda, avvenuta a partire dal VIII secolo, avvenne verso le coste del Mediterraneo e del Mar
Nero (coste africane, coste dell’Italia meridionale e in Sicilia – Magna Grecia, ecc.); si differenzia
dalla prima per una pianificazione urbana.
La civiltà sviluppata nel territorio italico
Spazio geografico → penisola montuosa con poche parti pianeggianti (situate lungo le coste o le foci
dei fiumi), suddivisibile in tre parti: continentale, peninsulare e insulare.
Nascita → la civiltà romana si sviluppa a partire dalla fondazione di Roma, la storia che si sviluppa
riguarda l’egemonia della città di Roma e la progressiva espansione territoriale col fine di costituire
un impero.
Periodizzazione storica → la storia è suddivisibile in tre fasi:
1. Età monarchica o fase regia (753 – 509 a.C.)
2. Età repubblicana (509 – 27 a.C.)
3. Età imperiale (27 a.C. – 476 d.C.-->deposizione dell’ultimo imperatore)
NASCITA DI ROMA --> Tra le diverse ipotesi formulate, prevale la data convenzionale proposta da
Varrone ovvero il 754/753 a.C. Varrone calcola a partire dal 509 a.C. (fondazione della Repubblica),
risalendo indietro in considerazione dei 7 re e calcolando 35 anni di regno per ciascuno (età media
stimata per generazione).
Abbiamo poche fonti sulla fondazione della città e perfino gli antichi mostrano scetticismo a tutte
quelle fonti che vennero falsificate dagli interessi gentilizi.
Livio scriverà Ab urbe candita, storia che racconta dalla fondazione alla conquista dei Galli, dove lui
stesso scrive che molte fonti storiche vennero distrutte a seguito dell’incendio gallico.
Quello che ci racconta Livio dunque è una mito-storia, non vi è una sicurezza.
Intorno al III secolo d.C. viene a delinearsi una leggenda sulla fondazione della città; si pensa che
Roma (VIII sec. a.C.) venne fondata dalla stirpe di Enea, quindi la fondazione della città deriverebbe
dalla distruzione di Troia (XII sec. a.C.). Questa leggenda, nel corso del tempo, subirà molte
rielaborazioni da parte di Livio, Dionigi, Ovidio, Virgilio.
L’archeologo Andrea Carandini ha trovato una conferma archeologica alla tradizione mitostorica: un
muro della città di metà VIII sul Palatino. Questo muro è un segno di una città che si sta fortificando.
Da Romolo si susseguono sei re, inizia la fase regia.
La fase imperiale inizia con l’assassinio di Giulio Cesare, Augusto approfitta della situazione per
accentrare i poteri. Questo periodo è contrassegnato da varie lotte tra famiglie aristocratiche per
mantenere il potere, tanto che possiamo dividere il periodo in:
• Giulio-Claudi, da Augusto a Nerone: criterio di adozione scegliendo le persone migliori della Gens
per nominare il nuovo imperatore.
• Flavi, Vespasiano-Tito-Domiziano: nomina per successione famigliare; si tratta di una famiglia
aristocratica italica. Questo significa che tutti i cittadini possono diventare imperatori.
• Dal II secolo d.C. si ritorna ad una successione per adozione, Traiano fu il primo imperatore a
provenire da una provincia.
• Antonini, da Antonio Pio a Commodo
• Severi, famiglia africana che governa l’impero dal 193 al 235. Importanti saranno le opere
architettoniche nelle province africane finanziate dagli evergeti locali.
• Seguirono secoli di crisi, con continue elezioni di nuovi imperatori, usurpatori, lotte interne.
Momento importante sarà la Tetrarchia dove l’Impero venne diviso in 4 parti, ognuna retta da due
Augusti (Diocleziano e Massimiano) e due Cesari (Galerio e Costanzo Cloro) (293-305 d.C.). Già nel
306 il sistema va in crisi e si tornerà alla riunificazione dell’Impero sotto Costantino, ultimo grande
imperatore di Roma e fautore della sua cristianizzazione tramite l’editto di Milano del 313 d.C.
• Dal IV al V secolo d.C. inizierà l’età tardoantica, che vede la scissione dell’Impero in due parti:
Occidente e Oriente.
MATERIALI e TECNICHE COSTRUTTIVE NEL MONDO GRECO E ROMANO
In età romana la fabbricazione dei laterizi divenne una vera e propria attività
manifatturiera. Gli stabilimenti di produzione (figlinae) erano collocati in
prossimità di depositi di argilla o lungo le vie fluviali, consentendo così un facile
trasporto dei materiali prodotti. Conosciamo i dati sulle officine (di proprietà
privata o imperiale) dall'uso di imprimere un marchio (= bollo laterizio) su alcuni
dei laterizi prodotti, quando erano ancora umidi.
Tale marchio poteva essere di forma diversa e recare diverse indicazioni; probabile è che
identificasse il nome del proprietario dell’officina, l'appaltatore (conductor) o l’officinatore che
aveva prodotto i laterizi. Si presume che tali marchi garantivano la qualità del prodotto e la
conformità delle sue misure alle normative vigenti.
I mattoni prodotti potevano avere vari moduli (quadrati, triangolari, rettangolari).
Nella Cisalpina venne fabbricato un mattone sesquipedale (45x30cm) aventi un
manubrio per sollevarli.
Per la copertura delle abitazioni venivano prodotti gli embrici coperti poi da coppi, nelle ville o case
private importanti i cappi avevano la parte anteriore decorata da un’antefissa.
Il laterizio veniva poi usato per le tubature e per la realizzazione di pavimenti a esagonette o a spina
di pesce (Opus spicatum).
Il laterizio, come materiale costruttivo, permane per molti anni ma già dal VIII-VII secolo a.C. entro
in uso la pietra nel mondo greco (usata già in età micenea e minoica). Solo nel VI secolo a.C. si iniziò
ad utilizzarla anche a Roma grazie ai re Tarquini; tale materiale nel territorio italico era già operato
dagli Etruschi come materiale costruttivo delle abitazioni.
LA FASE COSTRUTTIVA
Le prime forme di montaggio sono quelle delle piramidi. Piani inclinati di terra su cui, tramite un
sistema di corde , i blocchi venivano montati. Nel mondo romano questo metodo viene sostituito
dall’utilizzo di macchinari chiamate capre. Erano azionate manualmente e permettevano di
sollevare i blocchi di pietra. Abbiamo delle rappresentazioni iconografiche riferito a questa azione.
Queste “gru” avevano tre modalità di sollevamento della pietra:
1. Il primo metodo a imbraco, diffuso nel mondo greco, prevedeva di lasciare nel blocco
un’estremità, denominata dado, su cui venivano fatte
passare delle corde che servivano per sollevarlo.
In corso d’opera, questa sporgenza veniva eliminata.
2. Un ulteriore metodo è quello delle tenaglie, usato
principalmente nel mondo romano, consisteva nel
creare due buchi ai lati nei quali delle pinze venivano
incatsrate per sollevare il pezzo.
3. Il terzo metodo, quello più utilizzato, era quello delle
olivelle. Nella sommità superiore venivano inseriti dei
ferri e con questo gancio veniva sollevato il blocco.
L’ALZATO (ci sarà sicuramente una domanda all’esame)
Sia nel mondo greco che nel mondo romano, gli alzati possono essere di due tipologie diverse: i
muri interamente lapidei (es. mura di Gela) o i muri con doppio paramento e con riempimento
interno, si tartta di un metodo di riempimento a sacco meno costoso del primo.
Quando parliamo di questa tematica soo due i fattori da tenere presenti: economia e maestranze.
Nella pratica per la costituzione del muro interamente lapideo servivano delle maestranze.
Murature lapidee:
• Sistema ciclopico o opus siliceum: tecnica usata fino al I secolo a.C. sia in Grecia e a Roma. Usata
per le murazioni della città, di terrazamenti o nei podi dei templi. Si basa sulla realizzazione del muri
montando dei blocchi di pietra a secco, con attenzione da parte delle maestranze di trovare i pezzi
da incastrare e cercando di coprire le fessurazioni mediante i
sassi più piccoli. Pausania narra una visione periegetica della
Grecia, scrivendo: “Le mura di cinta di Tirinto sono state
realizzate dai Ciclopi; sono composte di pietre grezze, così grosse
che una coppia di muli non è sufficiente a trasferire la più piccola
di esse; per meglio consolidare queste grandi pietre essi
riempirono gli interstizi con piccole pietre”.
• Opus Quadratum o sistema a isodomo: si tratta di un’opera
dove i blocchi sono tagliati in maniera regolare di forma
parallelepipeda. Venivano lavorati in dei cantieri. I blocchi
venivano sovrapposti e sollevati dalle olivelle per poi accostarli
mediante delle leve di legno. Non vi è un legante che li unisce.
Per fare aderire al meglio i blocchi (senza l’utilizzo della malta)
esistevano vari sistemi; uno consisteva nel lasciare grezza la
parte centrale del blocco e lisciare con degli attrezzi i bordi
intorno (tecnica chiamata anatirosi).
I blocchi poi venivano uniti lateralmente con le grappe
metalliche, a T o a coda di rondine, che venivano battute
dentro; in caso di blocchi sovrapposti venivano usati al centro
dei perni metallici in cui veniva fatto colare all’interno del
piombo fuso, così che il piombo aderisse e non facesse
staccare le pietre.
Anatirosi
Murature con doppio parametro e riempimento interno (a sacco):
Si tratta di un tipo di muratura più economica e più veloce da realizzare. Si inizia a diffondersi
questa forma in età romana, anche grazie all’invenzione, tra il III e II secolo a.C., dell’opus
cementicium (=cemento).
Vitruvio parla di questo legante nel De Architectura; dice che questo materiale si ottiene dall’unione
di sabbia, calce e caementa (= frammenti di pietra o laterizio).
Questo materiale permise di realizzare anche archi e volte, è un materiale duttile che poteva essere
modellato e una volta indurito diventava solido. Nonostante questa solidità, le intemperie potevano
danneggiarlo; per questo i romani svilupparono dei paraventi esterni. Nel mondo greco queste
murature si svilupparono senza l’utilizzo di cemento.
La calce venne inventata bruciando ad alta temperatura le rocce calcaree.
Vitruvio parla anche di un altro materiale, di un particolare tipo di sabbia: la
pozzolana, che si estrae nell’area di Pozzuoli. Questa sabbia unita con la calce
formava un legante resistente all’acqua. Essendo questo materiale reperibile solo
in un’area specifica, il suo ritrovamento nelle grandi città antiche ci permette di
conoscere un sistema di commercio e di committenze.
• Opus incertum: questa tecnica si è sviluppata tra il III secolo a.C. fino all’età di
Silla e di ottiene dalla formazione di blocchetti di pietra irregolari infissi nel
cemento. Questa messa in opera richiede una maestranza nella realizzazione di
“incastrare” e “formare” i blocchetti. Col tempo avviene una regolarizzazione
della parte a vista, questa fase verrà definita opus quasi reticulatum.
• Opus reticulatum: viene realizzato con piccoli conci a base quadrata in tufo
disposti dalle maestranze in modo diagonale a formare un reticolo così da
rendere più solida la struttura. Questa tecnica viene utilizzata a partire dalla fine del II sec. a.C. in
maniera differente da regione a regione ma non viene
utilizzata nella regione Cisalpina per mancanza di maestranze.
Il ritrovamento di questi muri in una città nell’Italia del nord
indica che un committente è stato inviato a realizzarlo in
questa zona. Spesso gli angoli dei tufelli venivano
sbozzati e, a volte, venivano intervallate con fasce di
pietra o laterizi. In tal caso l’opera prende il nome di
opus mixtum, di questo termine non vi è una
corrispondenza dall’antico.
• Opus vittatum o listatum: realizzato con blocchetti
parallelepipedi di pietra, disposti con il lato lungo in
facciata. Questa tecnica è molto diffusa nell’Italia e nelle
province settentrionale per la diffusione dell’argilla ma
anche poiché vi è un collegamento tramite il Mar
Adriatico dell’area con il mondo orientale (invenzione del mattone cotto); a Roma
sin inizierà ad utilizzarlo dall’età di Tiberio. Molto spesso questa tecnica veniva
usata per la definizione degli spigoli. Quando questa tecnica utilizza esclusivamente
l’uso del mattone, come moduli prefabbricati aventi misure costanti, prenderà il
nome di opus testaceum. Spesso le murature delle città non hanno solo il
paramento in mattoni ma sono realizzate interamente con questo materiale.
LA DATAZIONE DEGLI ELEVATI
Con le tecniche edilizie non si può datare un edificio, ma solo individuarne un termine post quem
(ad es. se un muro è realizzato in cementizio deve essere datato dopo la fine III-inizi II sec. a.C.) o
ante quem (un muro in opus incertum deve essere datato prima della metà del I sec. a.C.).
I metodi di datazione più sicuri di una struttura sono i dati stratigrafici desunti dagli scavi (fosse di
fondazione, pavimentazioni, strati in appoggio ecc.) o i dati che vengono da analisi scientifiche (ad
es. legni datati con le analisi dendrocronologiche o radiocarboniche).
LE FONDAZIONI
Si cerca di trovare il terreno più adatto per costruire.
Una volta capita la capacità portante del terreno, si
scavavano trincee lungo il perimetro delle strutture da
realizzare e per evitare la frana delle pareti si dava una
certa inclinazione al taglio laterale: pareti a scarpa (1), a
gradoni (2), verticali armate con sbadacchiature (3).
All’interno di queste fondazioni possiamo reperire dei
materiali che ci aiutano con la datazione (es.monete).
Seguiva poi la gettata: a secco di pietrame irregolare (4);
a secco di blocchi squadrati (5) ; in calcestruzzo (6) in
cavo libero o armato con travi di legno.
In zone acquitrine veniva fatta una palafitta tramite pali
di legni che imbevevano l’umidità e rendevano solida la
costruzione, a volta venivano inserite anche delle anfore.
Se si fosse costruito su un pendio, gli antichi avrebbero
utilizzato il sistema delle sostruzioni, si ricava un
terrazzamento tramite un muro costruito a valle. Il
piano orizzontale che si otteneva dal riempimento
veniva utilizzato per sostenere una struttura.
Altro sistema utilizzato per creare dei terrazzamenti è quello dei criptoportici, usato anche per
ottenere uno spazio al coperto frequentato o un utilizzo del luogo come magazzino ecc.
ARCHI E VOLTE
Già i micenei hanno realizzato delle tombe con una pseudo-volta per
gravità. Secondo Seneca sono i greci ad utilizzare l’arco voltato per primi.
In una colonia greca, Elea, è presente in una porta l’arco di scarico.
Se però la porta/murazione è databile al 340 a.C., non significa che l’arco
è stato realizzato in quel periodo. Nel mondo ellenistico (regno di
Macedonia, ecc.) vi sono delle tombe ed edifici coperte a volta; dunque,
possiamo considerare che esistette tra il IV-III secolo a.C.
I romani avrebbero potuto apprenderlo: dal mondo greco o dagli
etruschi. I Romani la perfezionarono e a partire dalla seconda metà del II
sec. a.C. la adottarono comunemente fino ad averne una padronanza
assoluta sia nelle forme sia nei materiali. Per crearlo venivano create le
centine a legno, sostegno temporaneo per consentire il consolidamento delle murature (spesso
rimangono delle impronte sulle volte cementizie).
Grazie alle gettate cementizie si poterono costruire volte e cupole anche di grandi dimensioni. Caso
emblematico è il Pantheon, avente una cupola costruita in cassettoni e in calcestruzzo non armato.
LE DECORAZIONI ARCHITETTONICHE
L’ordine architettonico è uno stile codificato che caratterizzano glie elementi di un edificio.
Gli elementi si distinguono in verticali (colonna divisa in base, fusto e capitello) e in orizzontali
(trabeazione composta da architrave, fregio e cornice).
Cornice
Cornice Trabeazione
Architrave
Capitello
Fusto
Colonna
Base
Questi stili vengono codificati da Vitruvio (autore di età augustea ma esegue una sintesi delle
architetture di età precedenti). Se riferendosi agli ordini dorico e ionico Vitruvio ne colloca le origini
tra il VII e VI secolo a.C., per l’ordine corinzio bisognerà aspettare il V secolo a.C. quando fu
realizzato il templio di Apollo a Bassae nel Peloponneso.
A questi tre ordini Vitruvio aggiunse, con una descrizione sommaria, l'ordine tuscanico che riteneva
autoctono dell'Italia, ma che in realtà rappresenta una variante locale italica del dorico.
IL trattato di Vitruvio resterà un actoritas fino alla seconda metà del 1400. Sebastiano Serlio
riconobbe cinque ordini di architettura classica, aggiungendo a quelli citati da Vitruvio, l’ordine
composito.
L’ARCHITRAVE
è il blocco rettilineo orizzontale che si sovrappone alle colonne, secondo il sistema trilitico.
L'architrave può essere liscio oppure suddiviso in fasce, ciascuna leggermente rientrante e di altezza
inferiore rispetto a quella sopra. Le fasce, poi, potevano essere semplici oppure avere delle
decorazioni in piccola scala: le modanature.
Prevalentemente le modanature presentavano motivi vegetali stilizzati o
geometrici. Le tre tipologie più diffuse sono:
• Kyma ionico: decorazione costituita da elementi di forma ad uovo
(ovuli), separati da lancette, e da dentelli parallelepipedi;
• Kyma lesbio continuo: decorazione costituita da archetti che
contengono un elemento interno lanceolato o altri motivi più elaborati;
• Kyma lesbio trilobato: decorazione costituita nella parte superiore da
archetti, più sottili e con parte superiore (lobo) sporgente, occupati
all'interno, come nel kyma lesbio continuo, da elementi interni lanceolati
o più elaborati e nella parte inferiore da astragali e fusarole
FREGIO
Il fregio può essere dorico, con alternanza di metope e triglifi, o ionico
continuo che può essere liscio o con decorazione figurata che
richiama elementi vegetali e animali.
Due tipologie di fregi utilizzate per lo stile ionico/corinzio sono:
- il motivo a girasoli
- il motivo ad anthemion, dove si alternano palme e
calici.
CORNICE
La cornice rappresenta l'elemento superiore della trabeazione, che conclude l'intero ordine. La sua
funzione originaria era quella di tenere il più possibile lontane dagli elementi portanti le acque
piovane. La cornice è suddivisa in una parte superiore più sporgente (sopracornice) e in una parte
inferiore (sottocornice). La superficie orizzontale inferiore del sopracornice si chiama soffitto della
cornice. A seconda in particolare della decorazione del soffitto, è possibile distinguere la cornice in
dorica (se presenta il modulo a gutta), ionica (da dentelli, corinzio (cassettoni o mensole).
La trabeazione può anche assumere un andamento più articolato,
correndo tra una colonna e l'altra a filo del muro retrostante e
sporgendo in corrispondenza dei sostegni liberi.
A questi casi ci si può riferire parlando di trabeazione sporgente.
Quest'uso è presente nell'architettura ellenistica e nell'architettura
romana, dove gli ordini tendono ad assumere un significato
prevalentemente decorativo.
Un esempio può essere il Foro di Nerva a Roma.
Il modo romano, a livello architettonico, non ha subito solo influenze greche ma
anche etrusche. Da questo popolo italico ha appreso l’arte decorativa mediante
lastre di terracotta dipinte che coprivano le strutture lignee dei tetti.
Tutte le architetture antiche erano dipinte, non si presentavano come a noi oggi.
Durante l’età repubblicana si afferma l’influsso della Grecia ellenistica. Gli
ordini architettonici vengono rielaborati nel contesto culturale italico e
sono utilizzati ad esempio nei nuovi edifici della vita cittadina.
Le architetture erano ormai in pietra e non più in terracotta, ma non
ancora in marmo. Talvolta si usavano i laterizi rivestiti di stucco a
imitazione del marmo (come nelle colonne di questa basilica).
Nel corso del tempo il gusto della decorazione cambia.
-Lo stile decorativo tipicamente romano si codifica in età augustea,
riprendendo i modelli greco ellenistici e italici, in forme sobrie e raffinate. Il
tempio del foro di Augusto diventa il modello per l’ordine architettonico che si
afferma a Roma e nelle province.
- In epoca Flavia la decorazione diventa ricca e fortemente chiaroscurata
grazie all’uso massiccio del trapano a volano in grado di incidere la pietra.
A volte si osservano delle parti del “visibile” non finite. In questo si potrebbero nascondere
moltipliche teorie: per mancanza economica, per risparmio di tempo poiché sono parti che si
vedono meno o magari perché era sorto un problema tecnico.
I RIVESTIMENTI PAVIMENTALI
Vitruvio nella sua opera descrive la preparazione del terreno per poter applicare sopra la
pavimentazione, elemento decorativo e con un carattere di solidità.
Il terreno preparatorio veniva composto da tre strati:
- statumen, dove ciottoli di dimensioni più o meno piccoli venivano amalgamati con la calce così da
far drenare l’acqua;
- rudus, strato di sabbia, calce e ghiaia per rendere il terreno solido e stabile;
- mucleus, malta composta da calce e frammenti di laterizi su cui veniva appoggiata la
pavimentazione.
Nel mondo romano esistevano diversi rivestimenti pavimentali (sia interni che per esterno):
• a ciottoli (anche nel mondo ellenistico)
• tessellati o a mosaico
• cocciopesto o cementizi
• opus sectile
• in laterizi
• battuti (terra compressa) battuti (terra compressa)
• lastre di pietra
1) Pavimentazione a ciottoli
Questa tecnica venne utilizzata anche nel mondo
ellenistico presso i grandi palazzi macedoni.
Venivano utilizzati ciottoli di piccole dimensioni per
realizzare delle composizioni elaborate
(esempi: caccia al cervo, imprese di Alessandro).
Questa tecnica venne diffusa anche in area magno-greca fino a fine III sec.
a.C. quando cadde in disuso a favore del mosaico a tessere, che offriva più
vantaggi rispetto al mosaico a ciottoli: maggior compattezza delle superfici, scelta policroma più
ampia, facilità nel calpestio.
5) Pavimentazioni in laterizi
Pavimenti decorati da mattoncini di varie forme geometriche, soprattutto
rettangoli (opus spicatum) ed esagoni (esagonette) fissati su un letto di
malta, talora decorati al centro da tessera musiva.
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APPROCCI DI STUDIO:
• Approccio storico-artistico (in particolare sui mosaici): modalità di formazione e trasmissione del
repertorio, analisi iconografica delle immagini, formarsi e radicarsi di tradizioni locali (= botteghe);
status socioeconomico e livello culturale del committente; rapporto decorazione- funzione vano.
•Approccio tecnico, che riguarda:
1. modalità di preparazione del sottofondo;
2. principi della costruzione degli schemi geometrici e della impaginazione delle immagini figurate;
3. organizzazione della bottega;
4. approvvigionamento dei materiali.
(È importante inquadrare il mosaico nell’originario contesto di appartenenza)
I RIVESTIMENTI PARIETALI
MONDO GRECO:
Della pittura greca abbiamo perso praticamente ogni testimonianza. Abbiamo però notizia dalle
fonti letterarie che essa fu altrettanto importante dell’architettura e della scultura, sia su parete sia
su tavola. Sempre dalla letteratura conosciamo qualche descrizione di opere pittoriche, i nomi di
alcuni pittori, le problematiche da loro affrontate ecc. Un altro supporto conoscitivo importante è
rappresentato dalla ceramografia, in cui sono rispecchiate le conquiste e le forme della grande
pittura monumentale. Restano alcune rare testimonianze, come la Tomba del tuffatore presso
Paestum (480-470 a.C.) e, per il periodo ellenistico, alcuni resti di affreschi, come nella tomba di
Filippo a Verghina.
MONDO ROMANO:
Molto più nota la pittura romana, di cui abbiamo notizie da: fonti letterarie (es. Vitruvio che
imposta la questione degli stili (vedi più avanti) e Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, metà I secolo
d.C., che tratta di pigmenti e storia della pittura); fonti archeologiche: sia decorazioni in situ, sia
pittura frammentaria: giaciture primarie (crolli) e giaciture secondarie (riempimenti, scarichi, butti
ecc.); testimonianze iconografiche di pittori all’opera. Si menziona anche il caso di via
dell’Abbondanza a Pompei dove è stato trovato un ambiente in cui i pittori stavano ridipingendo la
stanza: rinvenimento di gerla, squadra, pennelli ecc.
Vitruvio VII, 6-7 descrive la tecnica dell’affresco:
Steso questo strato di grana grossa e mentre diventa secco, se ne applichi un secondo di medio
spessore, e quando questo sarà stato pressato e ben strofinato se ne stenda uno più sottile. Quanto
ai colori, quando si è avuta l’accortezza di spalmarli sul rivestimento ancora umido, non si staccano
ma restano fissati per sempre.
Nello studio tecnico della pittura parietale romana dobbiamo considerare, oltre alla fase di
regolarizzazione della muratura, due momenti principali:
1. La stesura del supporto preparatorio (tectorium), di cui dobbiamo considerare: la composizione;
i sistemi di aggancio.
2. La realizzazione della decorazione pittorica, di cui dobbiamo considerare: le tracce preparatorie; i
pigmenti; la modalità di stesura; gli elementi stilistici e iconografici.
LO STRATO PREPARATORIO
Il tectorium (supporto preparatorio/preparazione: spessore fino a 10-12 cm) è costituito da una
successione di 3 strati di malta, diversi tra loro per morfologia e composizione, che servono a creare
una superficie atta a ricevere la decorazione finale:
• «arriccio» (termine rinascimentale): strato grossolano composto
da calce, sabbia non vagliata e inclusi organici e inorganici.
• «intonaco»: strato intermedio più fine sempre composto da
calce, sabbia più vagliata e inclusi di dimensioni minori.
• «intonachino»: strato superiore della preparazione, molto sottile
(pochi millimetri). Era solitamente composto da calce a cui
venivano aggiunti come aggregato polvere di marmo o cristalli di
calcite.
SISTEMI DI AGGANCIO DELLO STRATO PREPARATORIO
Per migliorare la coesione sia tra il tectorium e il muro sia tra i vari strati costituenti il tectorium
stesso si usarono vari espedienti tecnici:
1)Incannucciata
• Serviva principalmente a fissare il tectorium alle
coperture: volte e soffitti piani.
• Si realizzava unendo fasci di canne tenuti assieme da
cordame o affiancando canne più spesse e legandole
tra loro.
2)telaio di asticelle
• Funzione analoga all’incannucciata.
• Sistema di assicelle intrecciate su di un telaio di assi di legno
regolarmente distanziate tra loro.
• Usato solo in epoca tarda: non è menzionato da Vitruvio (se ne trova
una descrizione solamente nell’opera di Palladio - V sec. d.C.).
3) incisioni
• asperità/irregolarità in grado di garantire una migliore adesione
tra due strati di intonaco.
• Realizzate quando il primo strato di malta era ancora fresco.
• Realizzate tramite una cazzuola, con le dita o forse anche con
degli stampi.
• Ne sono attestate di varie forme.
4) Frammenti di ceramica
• Altro espediente per migliorare l’adesione tra due strati di intonaco: frammenti di ceramica
inseriti perpendicolarmente alla preparazione del muro.
5) picchiettatura
• Funzionale alla stesura di un nuovo strato di intonaco al di sopra di una
decorazione preesistente.
• Picchiettatura con scalpello sulla vecchia superficie così da consentire alla
nuova stesura di malta di aderire in maniera ottimale.
LA DECORAZIONE PITTORICA
Le tracce preparatorie servivano a creare le «linee guida», i punti di riferimento al pictor nella
realizzazione degli elementi decorativi, specie se complessi, quali ad esempio figure umane e
animali, ma anche se geometrici. La loro realizzazione avveniva tra la stesura dell’ultimo strato
preparatorio, l’«intonachino», e l’applicazione dei pigmenti, quando lo strato era ancora umido. Ne
esistevano tre categorie principali:
1. Incisione con stiletto (strumento appuntito). Poteva essere eseguita a mano libera o tramite
l’utilizzo di righe e squadre (diretta), oppure con l’ausilio di sagome (indiretta), a seconda
dell’elemento decorativo da tracciare. Per gli elementi circolari esistevano compassi.
2. Corda battuta (per linee diritte e soprattutto per tracciare la griglia iniziale): corda che veniva
fissata al muro tramite chiodi e poi tesa e lasciata cadere sul muro stesso, così da lasciare
l’impronta di una linea perfettamente dritta. Poteva essere imbevuta di ocra, così da lasciare
un’impronta rossa.
3. Disegno preparatorio: tracciato a pennello con il pigmento ocra o nero fumo al fine di delineare i
principali elementi di composizioni figurate complesse, singole figure o altri elementi decorativi. È
frequente trovarlo combinato con l’incisione. Spesso indicato con il termine rinascimentale sinopia
ma questa era ricoperta da intonachino.
I PIGMENTI
Sono descritti sia da Vitruvio che da Plinio. Si suddividono in pigmenti di origine:
• Naturali: di origine vegetale, animale o minerale = si trovano in natura e si ottengono con
lavorazioni semplici come l’estrazione o la frantumazione;
• Artificiali: sono ottenuti generalmente estraendo i metalli dai minerali o mischiando più elementi
tra loro (minerale+metallo). Identificabili oggi tramite analisi archeometriche.
Tra i colori più prezioni possiamo includere: azzurro/blu, ricavato dai lapislazzuli; e il rosso cinabro,
ricavato da un minerale proveniente da miniere in Asia Minore.
I colori venivano applicati sull’ultimo strato preparatorio (intonachino) ancora fresco che,
seccandosi, fissa i pigmenti applicati grazie alla carbonatazione dell’idrossido di calcio proveniente
dall’intonaco.
Villa di Oplontis
… una serie di paesaggi ispirati alle varie caratteristiche dei luoghi (visione
naturalistica) …
Rientra nel secondo stile anche la PITTURA DI GIARDINO, sorta in età augustea, che si caratterizza
per rappresentazioni realistiche della natura e degli animali.
Esempio: Sala ipogea al museo Pal. Massimo di Roma
Villa di Agrippa Postumo (fine I sec. a.C.) → cornici decorative che scandiscono
la parete e delimitano la scena di paesaggio che occupa la parte centrale.
4° STILE O STILE GROTTESCO
Vitruvio all’interno del De Architectura non cita questo stile perché sviluppato dopo l’età adrianea.
Ne parla invece Plinio raccontando che fu il pittore Famulo a svilupparlo nella Domus Aurea (casa di
Nerone).
In questo stile si riprendono gli elementi architettonici ma vengono realizzati in un modo fantastico.
La cromaticità è più estesa rispetto al secondo stile.
Tipico di questo stile sono i bordi traforati o di tappeto.
Oltre agli affreschi, tra le opere di pittura dell’antichità romana va citato il migliaio di ritratti funebri
rinvenuti in Egitto nell’oasi libica del Fayum, datati dalla fine del I sec. alla metà del III sec. d.C. e
realizzati su tavolette di legno. Le opere furono eseguite ad encausto, una tecnica che adoperava
colori sciolti nella cera fusa, i quali si riscaldavano al momento in cui dovevano essere usati; talvolta
la cera era usata insieme con l'olio o a tempera con base d’uovo.
CENNI DI URBANISTICA GRECA E ROMANA
CITTÀ = insediamento dimensionale demografico (abitativo), avente spazi destinati alla gestione e
amministrazione di un territorio di sua competenza.
Le prime vere città sono state considerate quegli insediamenti accentrati, nei quali gli abitanti non si
limitavano a coltivare le terre circostanti, ma cominciavano ad avere occupazioni specializzate e
nelle quali il commercio, l'immagazzinamento dei cibi e il potere erano centralizzati.
Dunque, gli elementi costitutivi delle prime città sono stati individuati in:
• diversificazione produttiva,
• presenza di attività specializzate,
• spazio urbano sentito come unitario e dotato delle strutture necessarie alla vita politica e civile.
La città di Atene
L’archeologia ha dimostrato che l’Acropoli della città venne occupata a
partire dal Neolitico. In epoca micenea la parte alta venne fortificata ma
la sua espansione deriva dalla colonizzazione della Ionia.
È solo a partire dal VI secolo a.C. che la città inizia a strutturarsi tramite
anche un sistema di strade che collegava l’agorà (piazza cittadina e luogo
d’incontro) all’acropoli.
Dopo il saccheggio persiano (480 a.C.) fu costruita una nuova cinta di
mura che racchiuse anche il Pireo, divenuto porto principale, in un unico
sistema di difesa con la città.
La massima espansione e splendore della città avvenne nel V secolo a.C.,
quando alla guida di Atene ci fu Pericle.
Nel V secolo a.C, Ippodamo di Mileto codificò e teorizzò un’urbanizzazione regolare. Le prime città
su cui apllicò questa costruzione fu: Mileto, Thurii (Magna Grecia) e il porto del Pireo.
Queste ciità presentano delle caratteristiche ippodamee:
- la pianta è razionale e regolare, così da formare una città democratica;
- le strade sono ortogonali;
- le aree urbane sono diversificate in base alla funzione (carattere della zonizzazione);
- lascia la possibilità di ampliamento urbano e di modifiche interne (carattere della previsionalità).
La città di Mileto
Mileto si estende su una penisola ed è una città circondata da mura.
Al centro si trovava una collina ai cui lati vennero costruiti i due porti principali.
Dai porti si giungeva ad un’ampia zona centrake non quale sorgevano gli edifici
commerciali, amministrativi e religiosi.
La città poi era divisa in tre zone abitate: una sulla collina, una a nord e la più
ampia a sud.
La città di Olinto
ricostruita e ampliata dopo la distruzione persiana del 479.
Si erge su due alture, sopraelevate di pochi metri rispetto
alla pianura circostante, separate da un leggero dislivello, in
cui si sviluppò l’agorà.
La pianificazione che venne eseguita ex novo si basò su
un’ortogonalità stradale e nella formazione democratica
degli spazi residenziali: le insulae vennero divise in cinque
unità abitative separate da un ambitus.
Con le fondazioni promosse da Alessandro e poi con la nascita dei regni ellenistici si ha un’estesa
diffusione dei principi urbanistici e degli stili di vita insediativa ellenici.
Il nuovo assetto statale di tipo monarchico influenzò i principi della sfera pubblica e della politica
rendendoli meno dominanti.
Alessandria d’Egitto (330 a.C. ca.)
Dell'impianto sappiamo poco. Un circuito di mura circondava la
città, caratterizzata da ampie strade e da architetture di grande
enfatizzazione come palazzi, giardini, la biblioteca, i santuari, gli
arsenali, i porti che rendeva questa città quasi una megalopoli.
Venne realizzata sul delta del Nilo tra paludi e mare. Nonostante il
terreno instabile e un approdo non facile, questa città costiera era
aperta sul Mediterraneo.
Caratteristiche della città ellenistica:
• resta l’ordine geometrico nella definizione degli spazi, ma non si ha più una centralizzazione sui
comparti pubblici. Subentrano altri poli di interesse, anche civile, che portano a un policentrismo
interno (l’acropoli non è più centro politico e religioso);
• adattamento alle esigenze dei detentori del potere (architetture palaziali e celebrative dinastiche)
e alla comunità che ormai non è più unitaria, ma composta da diversi gruppi e con diversi interessi.
•all’agorà politica e civile si somma quella commerciale = emporion (= mercato), circondata da stoai
(= portici);
• enfatizzazione del messaggio affidato a spazi e strutture architettoniche. Non c’è più la prevalenza
degli impianti religiosi, ma si afferma una nuova semantica monumentale di tipo politico e
celebrativo tramite: accessi monumentali, vie porticate ed effetti prospettici e scenografici.
In ambito italico la datazione delle prime manifestazioni urbane è discussa poiché differente da
regione a regione. Ciò dipende dallo sviluppo economico e dagli influssi culturali con le aree di
urbanizzazione greche ed etrusche.
Secondo lo studio Torelli la nascta delle città in area etrusco-laziale è frutto di un processo di ungo
periodo che porta all’edificazione definitiva della città intorno al VI secolo a.C.
Si conosce poco la struttura dei centri etruschi per la sovrapposizione di
altri insediamenti successivi. Le realizzazioni più significative si osservano
nelle fondazioni coloniali. Impianto per strigas (= isolati stretti e lunghi).
Le case sono modulari con corte centrale, su zoccolo in ciottoli e alzato in
mattoncini crudi. L’assetto deriverebbe dall’ impostazione geometrica
greca ma con varianti locali: viene costruita tenendo in considerazione le
valenze rituali e l’orientamento astronomico. (vedi città di Marzabotto →)
Coloniae latinae:
• cittadini latini;
• città autonome, alleate di Roma, con sistema di magistrati mutuato da quello romano;
• territorio ampio e numero notevole di coloni (4000 / 6000), ognuno dei quali aveva in sorte una
porzione di suolo fuori città;
• fondate anche a grandi distanze da Roma, secondo la progressione militare;
• presidi strategico-militari con perimetri irregolari condizionati da geomorfologia.
MONDO ROMANO
Le mura in ambito romano avevano un valore simbolico,
rappresentavano l’intera città.
In età romana le cinte venivano adeguate alla morfologia del terreno.
Per esempio, nelle città ubicate vicino al fiume, il fiume fungeva da
barriera naturale; questo caso è possibile vederlo anche a Verona, dove
la città utilizza l’Adige come elemento difensivo.
Le mura delle città romane vennero realizzate con varie tecniche
costruttive nel corso del tempo (dall’opus siliceum, al quadratum, al
cementizio rivestito con paramenti in pietra e mattoni).
E’ stato osservato che il paramento delle cortine murarie presenta in
genere una qualità tecnico-architettonica superiore nella facciata rivolta
verso l’esterno rispetto a quella verso la città, proprio per il peculiare
valore ideologico e simbolico di autorappresentazione che la cinta
assumeva per la città verso il mondo esterno.
ESEMPI DI MURA DETTE MEGALITICHE O POLIGONALI O CICLOPICHE (opus siliceum)
IL CASO DI ROMA
Dopo le mura di Romolo identificate da Andrea
Carandini, nel VI l’area urbana vede una estensione con
una nuova fortificazione voluta da Servio Tullio.
In alcuni tratti il muro presentava un agger, cioè un
terrapieno sul lato interno, formato con il materiale
tratto dallo scavo di un ampio fossato sul versante
esterno, che agiva come protezione aggiuntiva.
Non si costruiscono nuove mura fino al III sec. d.C.: Aureliano realizza
una cinta in mattoni e con torri a pianta quadrata.
Le porte principali sono a due fornici e con due torri semicircolari poste
ai lati. Esse vennero rinforzate a seguito degli attacchi goti.
LE PORTE
Le porte erano dotata di aperture (fornici) che potevano andare a una a quattro. Quando le fornici
erano superiori a due, si aveva un’apertura dedicata al passaggio dei carri, solitamente ain lati vi
erano delle aperture più piccole dedicate al passaggio dei civili.
Le porte erano dotate ai lati di torri che potevano essere circolari o a più lati così essere più
resistenti contro le macchine d’assedio (detto da Vitruvio).
LA PORTA A CAVEDIO
Era una posta dotata da due ingressi: uno verso l’esterno, dotato
di porte a scatto, e uno verso l’interno, dotato di porte a battenti.
Tra le due entrate v’era uno spazio centrale quadrangolare
(cavedio) con torri difensive porte verso il lato esterno. Né è
esempio la Porta del Leoni a Verona.
LE POSTIERE
Solitamente a finaco delle porte della città vi erano degli accessi
posti al servizio della viabilità minore, denominate postiere
(consentivano la coomunicazione tra la città e l’agro.
• Città di Augusto (Torino e Aosta): le mura hanno ancora uno scopo difensivo ma assumo (in età
augustea) un valore simbolico. La porta palatina a Torino mostra una versione di porta a cavedio ed
evidenzia l’ampio uso del laterizio.
• Mura di Aquileia (IV secolo a.C.): viene usato materiale divrso materiale della
città per costruire le murature, come iscrizioni onorarie. Sono murature che serve
per ingrandire lo spazio del territorio cittadino.
MONDO ROMANO
Il teatro romano è frutto di diverse influenze: greche,
ellenistiche e italiche.
La sua diffusione avviene principalmente in età augustea
come monumento celebrativo dell’imperatore. Oltre alle
rappresentazioni sceniche, il teatro era un luogo di
adunanze politiche e civiche.
Si differenzia dai teatri ellenici per:
- struttura dipendente creata con cemento su un sistema di radiali e archi (così da sostenere le
gradinate);
- la scena diventa il punto di fulcro, la skenè (come muro di scena) diventa mezzo di propaganda
dell’imperatore;
- gli ingressi posti lateralmente sono coperti da ulteriori gradinate, così da ricavare più posti;
- esistevano altri ingressi che tramite un sistema di scale portavano
alle sedute;
- la forma dell’orchestra diventa semicircolare, all’interno del quale le
persone di alto rango assistono allo spettacolo;
- esisteva un sipario (auleum) che apriva e chiudeva la scena tramite
un sistema di antenne e cannocchiale.
Gli spettacoli gladiatori hanno un’origine etrusca, erano dei riti collegati ai funerali di illustri
cittadini.
L’uso passò in Campagna dove assunse un diverso carattere poiché le lotte si svolgevano talvolta
durante feste private a divertimento dei convitati. Successivamente si diffusero nel Lazio e a Roma
dove, grazie allo storico Valerio Massimo o la data dei primi giochi gladiatori a Roma sarebbe fissata
nel 264 a. C., quando furono celebrati da Marco e Decimo in onore del padre Bruto Pera. Gli
spettacoli gladiatori da Roma rapidamente si diffusero in Italia e poi nelle province sia occidentali
che orientali. La grande diffusione dei manufatti ad essi connessi (pitture, rilievi, iscrizioni, bronzi,
terrecotte, vetri ecc.) attesta che essi godettero di grandissima popolarità.
--> in Oriente non vengono adibiti dei luoghi appositi ma questi combattimenti venivano fatti nei
teatri.
I gladiatori (dal termine gladio = piccola spada) in origine erano prigionieri di guerra e criminali e
quindi per lo più schiavi; col tempo divennero gladiatori anche i liberti e talvolta gli uomini liberi,
che lo facevano, pur perdendo i loro diritti, per acquistare grandi onori e grande successo fra il
pubblico, anche femminile.
(numerose sono le iscrizioni nei muri della palestra e della città da parte delle donne)
I gladiatori si allenavano in delle palestre, luoghi adibiti come: la palestra di Pompei o Ludus Magnus
a Roma.
Importante è osservare che Valerio Massimo, quando racconta dei primi giochi gladiatori dati a
Roma, dice che essi furono organizzati nel foro. In queste occasioni il foro doveva venir delimitato
da strutture lignee per contenere gli spettatori. Complessi lavori vennero fatti eseguire da Cesare
alla metà del sec. I a.C. per dotare la piazza di una serie di gallerie sotterranee con punti di risalita,
dove grazie all’uso di montacarichi i gladiatori dalle gallerie sotterranee comparivano al centro dello
spazio agonale.
Dalla forma allungata della piazza sarebbe derivata la forma ellittica dell’arena che soppresse gli
angoli morti dello spazio forense e favorì una buona visione dello spettacolo da tutte le gradinate.
I primi anfiteatri vennero realizzati in Campania alla fine del II
secolo a.C. a Pozzuoli e Capua.
Queste prime forme venivano realizzate scavando uno spazio e
sui cumuli di terra venivano create le gradinate.
Ma a partire dagli inizi del I sec. d.C. nella struttura degli anfiteatri si applicarono realizzazioni
architettoniche mutuate dai teatri, fino ad arrivare agli anfiteatri completamente “a struttura cava”.
Si trattava di edifici ben più impegnativi e costosi e molto monumentali.
Le gradinate erano divise in due o tre settori da corridoi
orizzontali e sostenute da complessi sistemi di muri radiali
ed ellittici.
Gli spettatori entravano nella cavea attraverso ingressi
esterni numerati, corridoi e scale diverse a seconda del
rango sociale e infine tramite appositi ingressi posti a vari
livelli (vomitoria).
L’arena, coperta di sabbia, ospitava gli spettacoli ed era
circondata da un alto muro liscio (podio) a protezione del
pubblico da eventuali assalti delle fiere usate nelle cacce.
A Roma il primo esempio stabile di anfiteatro è tardo e risale solo al 30 a.C. circa. Il ritardo si spiega
con l’abitudine consolidata di organizzare i munera in spazi temporaneamente adattati all’uso, ma
anche per lo scarso interesse di Augusto alla tipologia architettonica, a differenza del teatro e del
tempio che furono i “cardini” della sua concezione di urbanitas.
Il primo anfiteatro attestato archeologicamente a Roma è l’anfiteatro Flavio, noto come Colosseo.
Iniziato da Vespasiano e finanziato con il bottino della guerra giudaica,
esso fu inaugurato da Tito nell’80 d.C.
Il Colosseo fu costruito demagogicamente in un’area che Nerone
aveva utilizzato per la sua enorme casa (la Domus Aurea), così da
restituire ai cittadini questo spazio prima privato: forte valenza
propagandistica dell’operazione. L’edificio prende il nome da una
statua, appunto il Colosso, posta davanti alla casa di Nerone.
L’anfiteatro venne innalzato sopra una sorta di laghetto interno alla casa e quindi in un terreno
difficile dal punto di vista statico, che richiese un sistema di fondazioni molto impegnativo che
richiese una cementificazione del terreno. Attorno vennero posti dei cippi, legati tra loro tramite
delle catene, così da recintare lo spazio.
Al Colosseo si accedeva tramite delle arcate in stile tuscanico (al piano terra).
Questo è uno dei tre ordini di cui era composto: seguiva lo ionico e il
corinzio.
L’attico presentava delle colonne corinzie ed
era decorato da scudi.
Dentro ogni fornice era presente una statua.
Inoltre, era presente un velaria, ovvero un
tendone a lunghe strisce che serviva a fare
ombra agli spettatori, che veniva “elevato”
per mezzo di un sistema di corde e carrucole.
L’arena era composta da un tavolato ligneo, ricoperto di sabbia. Sotto di esso
vi erano molti locali di servizio finalizzati a vari usi: dall’immagazzinamento di
attrezzature o scenari, all’alloggio dei gladiatori e degli animali destinati ai
combattimenti. Il pavimento era dotato di botole aventi montacarchi.
• Anfiteatro di Verona: è uno dei
più gradi anfiteatri dell’Impero.
Recenti ritrovamenti (una moneta)
hanno permesso di datarlo in età
claudia.
L’Arena non ha l’aspetto originale ma aveva un ulteriore facciata che le
girava intorno (ad oggi rimasto solo un pezzo). La dispersione del materiale
può essere venuta per: costruire/riparare nuove murature o legata a
fenomeni sismici.
Anche l’interno non è originale, si tratta di una ricostruzione.
MONDO ROMANO
I giochi circensi sarebbero stati introdotti a Roma
dalle città della Magna Grecia, ma va ricordato il
sicuro apporto etrusco, come attestato da due
osservazioni:
1. a partire dal 530 circa le corse coi carri sono
documentate figurativamente nelle tombe
etrusche a dimostrazione dell’interesse accordato a tali spettacoli.
2. il Circo Massimo è attribuito da Livio ai re etruschi Tarquinio Prisco e
Tarquinio Superbo. Lo svolgimento dei ludi circenses è attentamente
descritto in età augustea da Dionigi di Alicarnasso, ma alcuni dettagli
importanti li apprendiamo da altri autori. Se la pista era pressoché uguale a quella greca, spirito e
comportamento differenziavano le gare greche da quelle romane:
G --> contava la competizione (svolta in 12 giri)
R --> contava lo spirito/entusiasmo... molto spesso venivano fatte delle tifoserie e scommesse
creando così una competizione più pericolosa (svolta in 7 giri).
Nel mondo romano i circhi diventano degli edifici, più grandi degli anfiteatri, così da avere uno
spazio dedicato ma per l’elevato costo sono stati costruiti solo poche strutture.
Essenzialmente il circo romano era formato da due
metae = basi semicircolari poste alle due estremità
del muro allungato centrale, definito spina e decorato
da strutture quali obelischi, fontane, bacini d'acqua,
statue, colonne, edicole a divinità ecc., nonché da 7
grosse uova in pietra e 7 delfini, che venivano man
mano abbassati durante lo svolgimento della corsa
per indicare ad aurighi e spettatori il numero di giri
percorsi.
Questa struttura a forma allungata era composta da due lati corti uno era ad arco (risiedeva il
pubblico insieme ai lati lunghi) e uno era occupato dai carceres (linea di uscita dei carri); il tracciato
era in terra battuta.
Con Augusto il Circo Massimo divenne una costruzione monumentale,
differenziandosi così dalle forme dell’ippodromo greco, che probabilmente lo
avevano caratterizzato fino a quel momento. Augusto in particolare innalzò sulla
spina l’obelisco di Ramses II proveniente dal tempio del Sole.
L’obelisco era un antico simbolo di regalità, nel mondo orientale legato al Sole,
creatore dell’ordine cosmico (che il circo rappresentava). Inoltre, Augusto fece
costruire un pulvinar, ovvero una tribuna da cui assisteva personalmente alle corse.
È in questo momento che l’edificio, come ricorda Livio, venne definito Massimo. Da
questo momento in poi l’impianto architettonico rimase invariato, ma tanti
imperatori vi apportarono aggiunte, modifiche e restauri, specialmente a seguito di
rovinosi incendi.
Tito fece costruire al centro del settore curvo delle gradinate un grande arco
a tre fornici, per celebrare il trionfo giudaico: la sua esistenza è attestata
anche da alcuni frammenti della Forma urbis.
• Circo di Costantinopoli (330 a.C.ca.): conservano resti delle
murature di sostruzione del lato curvo e l’obelisco da Heliopolis. u
uno dei quattro lati del basamento dell'obelisco è rappresentato in
basso il circo con al centro la spina di cui si vedono due obelischi, un
arco ed alle due estremità le metae; nella parte superiore è
raffigurato il palco imperiale con l'imperatore e la corte.
LO STADIO
E’ uno spazio composto da una pista dove si svolgevano le gare finniche/atletiche.
Nel mondo greco sono installazioni provvisorie; con i romani diventano dei veri
edifici appoggiati ai pendii o svincolati da tutto (sono simili ad un circo ma hanno
dimensione ridotta).
Ad oggi a Roma lo stadio sarebbe Piazza Navona, costruito da Domiziano.
AGORAI, FORI E EDIFICI ANNESSI
L’AGORA’
L’agorà è spazio aperto circondato da edifici a varie destinazioni d’uso (politiche, amministrative,
commerciali, religioso, ecc.) che fungeva da piazza centrale delle città greche.
Spesso era caratterizzato dalla stoà: porticati che si estendevano lungo la perimetria della piazza.
• Agorà di Atene: si tratta di un palinsesto di strutture. Nel corso del tempo lo spazio ha varie
destinazioni d’uso: in fase neolitica si trattava di una necropoli, poi con l’unione delle tribù diventa
un luogo di aggregazione cittadina.
Questo spazio viene più volte modificato e possiamo suddividere gli edifici in base alle epoche.
Sono riconducibili al VI secolo a.C.:
- altare dei 12 Dei;
- via Panatenaica (strada che univa l’entrata della
città all’acropoli). In questa strada venivano svolte
le processioni per commemorare la fondazione
della città.
- stoà Basileios, luogo di esposizione delle leggi;
- bouleutèrion, si tratta di un edificio, a pianta quadrata con sedili su più
file disposti tutto attorno o su tre lati, dove il consiglio di una città greca,
la boulè, teneva le sue sedute, spesso collegate col culto di Zeus e di altre
divinità e quindi allo stesso tempo sede di un altare.
- cippi che definiscono lo spazio.
Dopo la distruzione persiana, nel V secolo
a.C. vengono costruiti:
- stoà Poikìle, ovvero dipinta con scene di
battaglia e decorata da scudi;
- Tholos, edificio rotondo dove risiedevano i
magistrati della città;
- tempio di Efesto e Atena;
- stoà di Zeus e stoà sud;
- nuovo bouleuterion a ferro di cavallo.
Risalgono al IV-II secolo a.C.:
- Stoà di Attalo (modello ricostruito nel 1953-56)
- Stoà di mezzo
- Stoà sud
IL FORO
Anche nelle città romane il foro fu il punto di incontro della
comunità con tutte le possibili funzioni: politica, religiosa,
economica, commerciale, giudiziaria, ludica. Inizialmente luogo di
convergenza della viabilità cittadina, dall’età imperiale diventa
spazio chiuso con accessi non più carrozzabili ma solo pedonali.
Perde la natura di luogo di incrocio e diventa luogo di rappresentanza politica, sociale, ideologica.
La concentrazione di edifici religiosi e amministrativi, ma anche dei monumenti celebrativi e delle
iscrizioni onorarie, ne fa del foro un “luogo della memoria”.
Era costituito principalmente da una piazza pavimentata, ai cui lati si estendevano dei portici e delle
botteghe. Gli edifici principali che conteneva erano:
- Comitium (per assemblee) e Curia (per riunioni Senato locale): edifici politici.
- Basilica: dilatazione coperta del foro e tribunale.
- Tabularium (archivio) e Erarium (Tesoro)edifici amministrativi.
Le città più importanti ebbero anche altre piazze aventi
un carattere esclusivamente commerciale ed ognuno
con propria funzione di vendita (es. il forum olitorium, il
forum vinarium, ecc.).
Più tardi, tali mercati vennero strutturati nei macella.
Tipica è la presenza del tholos centrale, di origine greco-
ellenistica si tratta di una struttura a pianta circolare a copertura piramidale, che
spesso racchiudeva una fontana ed era dotata di banconi, come nei casi ben
conservati del Macellum di Pompei e di Pozzuoli (I sec. d.C.).
IL COMITIUM
Spazio scoperto attorno al quale si disponevano i gradini per le assemblee dei
cittadini. Aveva pianta circolare ma spesso racchiusa dentro perimetro
quadrangolare.
• Comitium a Pompei: vi si adunavano i cittadini in particolare per le
operazioni di voto per l’elezione dei magistrati municipali: nella grande sala
con un’ampia tribuna rialzata sulla parete di fondo avveniva la proclamazione
dei magistrati eletti. Numerose sono le iscrizioni elettorali dipinte sui pilastri di
tufo della facciata dell’edificio.
LA CURIA
La curia era architettonicamente legata al comizio e in genere lo dominava
(esprime il controllo dell’oligarchia senatoria sulle funzioni elettorali,
legislative e giudiziarie).
Il prototipo dell’edificio è la curia del foro di Roma: la prima è la Curia
Hostilia, più volte oggetto di rifacimenti nel corso del tempo.
• Curia Iulia di Roma: inaugurata da Ottaviano nel 29 a.C., poi bruciata e
restaurata da Diocleziano rispettando le proporzioni originarie; presentava
una pavimentata in opus sectile, con tre gradini lungo i lati maggiori e una
tribuna della presidenza sul fondo. (lato breve del foro)
L’importanza e la diffusione della curia si lega al processo di fondazione di città attuato in Italia,
dove il senatus diviene elemento fondamentale di tutte le amministrazioni locali e può deliberare
solo in tale edificio.
• Curia di Pompei: sala quadrangolare posta sul lato corto meridionale
del foro, accanto al presunto tabularium; preceduta da un vestibolo,
presenta nicchie alle pareti.
• La Basilica Emilia, Roma: Costruita nel 179 a.C. da M. Emilio Lepido, subì
vari rifacimenti da membri della stessa gens, divenendo una sorta di
monumento celebrativo della famiglia. L’aspetto conservato risale all’età
augustea. La facciata sul foro prevedeva un portico a doppio ordine di
arcate, inquadrate da semicolonne doriche, sormontate da un doppio
attico.
Internamente era divisa in una prima fase in tre e poi in quattro navate,
decorata con una policromia di marmi e decorazioni figurative di scene
mitiche collegate all’origine della città.
2) FORO DI AUGUSTO
Inaugurato nel 2 a.C., è condizionato nella forma dall’esistenza della
Suburra, area di proprietà private che Augusto espropria. Piazza
pavimentata in marmo lunense, con porticato che la chiude sui lati
lunghi e ampie esedre laterali; Ovidio dice che sono decorate da gruppi
statuari: da un lato la fuga di Enea da Troia e dall’altra Romolo.
Sul lato corto, su alto podio, l’enorme tempio di Marte Ultore, come
fulcro ideologico del foro.
I portici sulla parete di fondo sono articolati in nicchie rettangolari che
ospitavano statue.
In fondo al porticato occidentale si apriva l’aula del Colosso adibita al
culto imperiale.
Il complesso manifesto ideologico si esplicitava attraverso il
programma decorativo che narrava i miti dell’origine e che giustificava
il potere di Augusto con la genesi divina della gens Iulia.
5) FORO DI TRAIANO
realizzato con il bottino della guerra dacica a opera dell’architetto
Apollodoro di Damasco e inaugurato nel 112 d.C.: complesso
enorme, ricavato tagliando le pendici di Quirinale e Campidoglio.
Si tratta di una vasta piazza con al centro la statua equestre
dell’imperatore, fiancheggiata da portici e dominata dalla
imponente basilica Ulpia, alle cui spalle si ergeva la colonna traiana
(simbolo del trionfo dell’impresa) fra due ambienti interpretati
come biblioteche; sul lato opposto la piazza era chiusa da un’ampia
sala di forma molto particolare e molto probabilmente di valore
sacrale, aperta su un cortile quadrangolare che metteva in
comunicazione il foro con quello di Augusto.
Sulle pendici estreme del Quirinale verso il foro
di Traiano l’architetto realizzò un tipo del tutto
particolare di area commerciale: i Mercati di
Traiano. Essi si articolano in numerosi ambienti
commerciali e amministrativi distribuiti lungo
due strade poste a diversi livelli del pendio.
Tutta la costruzione è in opera cementizia e
laterizio.
In questo spazio era presente anche una grande
aula voltata e affiancata sui lati da botteghe.
→ Nei fori dell’Italia settentrionale la disposizione degli edifici presenta delle varianti, imposte da
situazioni urbanistiche, geografiche o storiche, dietro alle quali si coglie tuttavia un messaggio
ideologico comune.
Esempio: a Brescia una strada taglia il foro
• Acropoli di Atene
Prima della sistemazione periclea, l’area dell’Acropoli presentava due
edifici sacri:
- un tempio dedicato ad Atena Polias (520 a.C.) avente una statua in
legno;
- Hekatompedon (VI secolo a.C.), struttura templare dorica periptera.
Questo sistema venne distruttotto durante le guerre persiane.
Il materiale delle macerie venne riutilizzato nella così detta “colmata
persiana”.
Con Pericle, Atene inizia gli anni d’oro. Nell’Acropoli viene costruito il
Partenone (al cui interno vi era una statua di Atena Parthenos – 447-
438 a.C.), Eretteo e tempio di Atena Nike. Inoltre vengono realizzati i
Propilei, entrata monumentale.
2) I PROPILEI
Si tratta dell’unico ingresso monumentale
dell’Acropoli. In esso si riunicono lo stile
dorico e ionico. Ai lati dovevano essere
realizzate due sale, una sola delle quali fu
compiuta e adibita a pinacoteca.
I primi templi romani possono essere datati al VI sec., quando cioè tutte le altre tipologie
architettoniche dovevano sostanzialmente essere ancora introdotte. Il tempio romano risentì sia
dei modelli etrusco-italici, sia dei greco-ellenistici.
→ TEMPIO ETRUSCO
Ricostruibili da modellini votivi e dalle descrizioni di Vitruvio e poche
tracce archeologiche (anche per uso materiali deperibili: mattoni crudi per
i muri, e legno per la struttura). È un luogo consacrato, di culto, preghiera
e di offerta in cui si praticava la divinazione.
Una delle caratteristiche del tempio etrusco è il podio: alto basamento in
pietra, in genere di tufo, di forma rettangolare avente una scalinata di
accesso sulla fronte. La pianta era poco allungata, con stessa estensione di pronao e cella.
Il tetto era a doppio spiovente e sulla facciata dominava un frontone triangolare aperto o chiuso.
Il tetto era completato da un complesso sistema di elementi decorativi e di protezione in terracotta
dipinta a colori vivaci.
Alla fine del II secolo/inizi I sec. a.C. sono definite tutte le principali tipologie templari romane,
menzionate da Vitruvio su modello architettonico greco-ellenistico.
L’ordine architettonico più comune per gli edifici sacri in età romana è il corinzio, diffuso in modo
prevalente dalla fine del II sec. a.C., mentre sono utilizzati il tuscanico nelle fasi più antiche e lo
ionico soprattutto nell’epoca della profonda ellenizzazione del II sec. a.C.
1) TEMPIO IN ANTIS O AD ALAE
Collocato in posizione dominante sul porto fluviale, a Roma è stato da
poco portato alla luce un tempio in stile etrusco-italico, in antis, su alto
podio in pietra, con scalinata frontale, la cui prima costruzione risale al
580 a.C.
2) TEMPLI PROSTILI
3) TEMPLI PERIPTERI (ellenizzazione del tempio
etrusco-italico)
Ne è esempio il Tempio di Marte a Roma: un periptero
esastilo di proporzioni raccorciate, senza podio, ma
sollevato su crepidoma a sei gradini, quindi un unicum
a Roma.
4) TEMPILI PSEUDOPERIPTERI
Esempio: Tempio di Portuno a Roma, tetrastilo a doppia fila
con semi colonne lungo i lati.
1 2
• Pantheon, Roma, età adrianea
ricostruito da Adriano su una precedente, diversa versione realizzata da Agrippa che prevedeva una
cella trasversale preceduta da un pronao colonnato ottastilo. Adriano sulla precedente cella
trasversale fa costruire un cilindro coperto a cupola.
Sulla sommità della cupola, realizzata in cemento armato a cassettoni, c’era un'apertura che
garantiva la luce. Dal VII d.C. è divenuto basilica cristiana (tombe dei re d’Italia).
I SANTUARI ROMANI
Fenomeno sviluppato nel tempo (II - inizi I a.C.) e nello spazio (Lazio), costruiti su modello greco.
• Santuario di Giunone, Gabi, 150 a.C.
In una grande terrazza si trovano disposti l'edificio
templare al centro e sui lati si sviluppano i porticati, di
fronte all’edificio è presente un altare e una gradinata
teatroide. Il tutto è perfettamente recintato. Il tempio è
periptero sine postico, esastilo.
1 2→
Sin dal primo ellenismo anche le abitazioni private conoscono un notevole sviluppo sia nelle
dimensioni sia nella ricchezza decorativa sia nell’articolazione planimetrica, prendeno esempio
dall’architettura palaziale alcune soluzioni che diventano simbolo di appartenenza a un’élite:
- diffusione dei colonnati;
- estensione dei rivestimenti pavimentali e parietali.
Si afferma la casa incentrata su una corte colonnata (peristilio) che assume
caratteri diversi nella forma (quadrata o rettangolare), nelle dimensioni, nella
pavimentazione (in ciottoli, lastre o mosaico).
Atrium
Vano di disimpegno / smistamento spaziale, di raccordo tra i percorsi interni e fonte di luce, aria,
acqua. Fulcro dell’abitazione, ad uso
polifunzionale. Era il luogo in cui
erano custodite ed esibite le memorie
della famiglia. In un angolo veniva
posto questo armadio con le immagini
in terracotta o in cera degli antenati.
Inoltre, presenti era il latario, altare
del culto domestico.
Tablinum
Si trattava di uno spazio che prende il nome da tabula; si
presume conservasse memorie e ritratti degli antenati. Spesso
era chiuso da tende o porte in legno. Con l’introduzione del
triclinio diventa una sala di ricevimento.
Triclinio
Riconoscibile dalla decorazione sui pavimenti che presentava una bipartizione tra anticamera
e zona del banchetto. Dove erano collocati i letti, la decorazione mosaicale è assente.
Cobicula
Si tratta di piccoli ambienti che fungevano da camera da letto, dotati di etti
ligneie di soffitto voltato in corrispondenza del letto. Il pavimento presenta una
decorazione, che scompare sotto il letto.
Culina
Si tratta di un piccolo locale occupato da un focolare in muratura, spesso
dotato di un camino e un piccolo formo per il pane. Essa non aveva
un’ubicazione fissa nella casa ma si preferiva collocarla vicino ai bagni,
così da riscaldarli.
→ In cisalpina non vengono a crearsi case con gli atri, a causa delle condizionni climitiche.
L’unico esempio è stato trovato ad Aquileia, si pensa ad un’importazione dei modelli centro-italici
su imitazione delle case d’elitè. (scavata dall’università di Padova).
1. atrio
2. Tablino
3. Vasca mosaicata
Nell’assoluta maggioranza dei casi le case dell’Italia settentrionale
di età imperiale presentano uno spazio aperto interno (corte),
spesso riccamente decorato da arredi e dotato di vasche e
fontane: tale corte, colonnata o meno, forse a causa della
temperatura rigida e delle piogge, presenta una pavimentata con
lastre di pietra o marmo o in solidi cementizi.
Es.esempio: Brescia, Domus di Dioniso
• La domus di Piazza Nogare, Verona (I secolo a.C.)
affacciata sulla strada presentava, la casi si articolava intorno ad un
cortile (C) che, inizialmente dotato di due vasche (V), venne
ristrutturato con l'aggiunta di un lastricato in pietra bianca, di una
fontanella (F) e di un colonnato su tre lati (A).
Tra gli ambienti verso la strada si distinguono i vani B e D,
pavimentati a mosaico, di cui uno costituiva forse l’ingresso. Sul lato
opposto del cortile sono due ambienti (E, G) con pavimenti a mosaici
policromi che, vicini all’impianto di riscaldamento (H), sono stati
interpretati come ambienti invernali.
→ Domus di età tardoantica caratterizzate dalle aule apsidali, spesso dotate di grandi finestre. Altri
elementi ricorrenti erano i ninfei e le fontane. Si disponfono gli ambienti in maniera ortogonale.
3) Vista l'importanza della città di Roma e l'estrema
densità della popolazione, furono necessari molti alloggi.
Poiché gli alloggi al solo piano terra non potevano
accogliere la massa di popolazione urbana, si dovette
ricorrere a costruzioni in altezza. Dal I-II sec. d.C. si
cominciano a costruire le case ad appartamenti
sovrapposti, le insulae, composti da un piano terra, in
genere destinato a botteghe, e da piani superiori destinati agli alloggi, via via meno pregiati man
mano che si saliva.
→Va infine ricordato che fra le strutture private nelle città vi sono gli edifici commerciali:
- le tabernae di vario tipo (con scala di legno che portava a un soppalco dove viveva il bottegaio)
- le cauponae e i thermopolia con i tipici banconi nei quali erano incassati recipieni di terraco
-panifici (con macine e forni)
- fullonicae (con vasche per la pulitura e tintura dei tessuti)
- lupanari, luoghi di prostituzione
Abitazioni di campagna:
1) Villae urbae et rusticae
• Villa di Settefinestre, Toscana
Costruita su un poggio, presentava nel territorio
limitrofo due piccole fattorie. La villa ha numerosi vani
produttivi e decorativi
Piccole-medie fattorie
Edifici caratterizzati da impianti di forma rettangolare e quadrata, privi di aree scoperte interne,
quasi sempre orientati con il lato lungo nel senso est-ovest, per garantire una maggiore esposizione
solare degli ambienti.
Le due tipologie di lusso al di fuori della città erano le villae suburbanae (realizzate nella fascia
immediatamente esterna al centro cittadino) e quelle maritimae ubicate lungo la costa marina o
lacustre. Entrambe le architetture erano soggette al gusto del committente, alla sua volontà di
autorapresentazione.
• Ville gardesiane
Villa dalla pianta rettangolare che si ereggeva su tre
piani e collegata direttamente alla spiaggia. Nel
settore centrale della villa era presente un grande
giiardino. Caratteristico della villa è il grende
criptoportico, ricavato scavando (in parte) la roccia,
ubicato in un lato lungo.
ETA’ MICENEA
Tombe principesche di Micene: segnano l’inizio dell’ascesa di gruppi di potere
aristocratico. Gruppi di tombe a fossa, coperte da un tumulo di terra.
Circolo B (1650-1550 a.C.) posto fuori della Porta dei Leoni, circondato da muro
lapideo, conteneva 26 tombe con corredi costituiti da una maschera d’oro, armi,
vasellame.
Circolo A (1600-1500 a.C.) era esterno alla città, ma poi compreso dalle mura di
XIII secolo e in quell’epoca circondato da un muro; conteneva 6 tombe; tra i
ricchissimi corredi: 5 maschere funerarie d’oro, armi, coppe d’argento e oro,
gioielli, ambre.
• Tomba di Agamennone, Micene
A poca distanza dalla Porta dei Leoni
Schliemann portò in luce una grande
tomba a tholos (1450 ca. ma
datazione discussa) ancora coperta
dal tumulo di terra originario, nota
come «tomba di Agamennone» o
«Tesoro di Atreo». Composta da un lungo dromos e camera funeraria, cui si accedeva da una porta
inserita tra due semicolonne decorate a rilievo e dotata di triangolo di scarico. La camera funeraria
a pianta circolare presentava una volta ogivale realizzata con massi progressivamente aggettanti.
ETA’ ELLENISTICA
Tombe rinvenute a Verghina (prima
capitale del regno macedone) e in
particolare quella che è stata identificata
come la tomba di Filippo II, padre di
Alessandro Magno. Essa venne scoperta nel
1977 dall’archeologo greco Andronikos.
Si tratta di una tomba a camera avente una facciata che presenta due pilastri e una porta centrale a
due battenti e un fregio con metope bianche e triglifi blu; all’interno un vestibolo e una camera
funeraria quadrata.
• Monumento sepolcrale di Mausolo, Alicarnasso, IV secolo a.C.
Considerato dagli antichi una delle sette meraviglie del mondo, il
monumento fu distrutto, ma dalle fonti letterarie sappiamo che esso
presentava un massiccio basamento rettangolare, una parte mediana
con peristasi di colonne ioniche probabilmente attorno a una cella e una
piramide coronata da una quadriga. La costruzione divenne il modello
per le tombe monumentali successive.
ETA’ ROMANA
Molto sentito era il culto dei morti per assicurare ai defunti la sopravvivenza tramite il ricordo:
numerose erano le ricorrenze in cui i vivi si recavano alla tomba dei cari per cerimonie durante le
quali si offrivano doni ai defunti. Le tombe e i loro segnacoli avevano varie funzioni:
1. segnalare il luogo della sepoltura;
2. conservare la memoria dei defunti;
3. celebrare lo stato sociale e la gens del defunto.
Fin dall’età arcaica, la collocazione delle necropoli era prevista all’esterno della città, a eccezione
per personaggi benemeriti e imperatori.
TRATTAMENTI DEL CORPO NEL MONDO ROMANO
Fine I secolo a.C. – inizi II secolo d.C.: prevalente INCINERAZIONE
A partire dalla prima metà del II secolo d.C.: prevalente INUMAZIONE
In età repubblicana le due forme di sepoltura coesistono e che l’introduzione della inumazione non
dipende dal diffondersi del cristianesimo, come non dipende da questo la decisa riduzione delle
cremazioni (che sussistono anche in età cristiana). Il funerale prevedeva: processione solenne e
lamentationes; deposizione anche di corredi; banchetto funebre e offerte alimentari al defunto.
Per monumento funerario si intende qualsiasi costruzione monumentale che, oltre alla sepoltura,
servisse per l’autorappresentazione e a ricordo duraturo del defunto e della sua famiglia: nel tempo
avvennero vari cambiamenti nella tipologia monumentale, secondo una certa scansione
cronologica, ma con molte varianti regionali e soprattutto individuali.
→ IV-III sec. a.C.: prevalgono le tombe ipogee, senza grandi monumenti in alzato (che potevano
essere costruiti solo con l’approvazione del senato). Il corredo poteva essere molto ricco, perché
l’autorappresentazione si esprimeva soprattutto attraverso questo e la cerimonia funebre.
→ II a.C.: La prosperità economica dopo la II guerra punica e le conquiste in Oriente e Occidente
porta a un deciso cambiamento anche nell’aspetto delle necropoli: i ceti dirigenti vengono sepolti in
monumenti funerari che assumono struttura architettonica e spesso sono caratterizzati da statue-
ritratto. Essi si dispongono lungo le strade.
→ I a.C.: Guerre civili, ascesa ceto libertino, gare di prestigio
fra le singole famiglie: si vuole far risaltare la propria
deposizione, dandole la massima visibilità.
Nascono nuovi monumenti funerari (tumulo, piramide,
edicola) ed essi si allineano in maniera molto regolare con il
fronte sulla strada per produrre un effetto diretto sui
passanti (“vie delle tombe”). Si adottano vari espedienti per
attirare l’attenzione dei passanti: forme nuove e bizzarre,
materiali pregiati, ricche decorazioni.
TOMBE A TUMOLO
Sono costituite da un basamento, un tamburo cilindrico, un cono di terra e hanno camera funeraria
interna.
• Tomba di Cecilia Metella, via Appia, 30-20 a.C. (aristocrazia, figlia di un console)
Il monumento è costituito da un basamento a pianta quadrata su cui si
innalza un imponente cilindro, ancora rivestito dalle originarie lastre di
travertino, sulla cui parte sommitale vi è un fregio marmoreo.
Probabilmente il cilindro era originariamente sormontato da un tumulo di
terra ricoperto da vegetazione. L’interno della tomba è costituito da una
camera funeraria aperta sulla sommità con un oculus.
TOMBE A PIRAMIDE
(sviluppate dopo la conquista dell’Egitto nel 31 a.C.)
• La piramide di Cestio, Via Ostiense, 18-12 a.C. (unico elemento
superstite)
La struttura con base quadrata è composta da un nucleo di opera
cementizia con rivestimento esterno in lastre di marmo. La camera
sepolcrale con volta a botte fu murata al momento della sepoltura,
secondo l’usanza egiziana. Agli angoli presenta quattro colonne.
TOMBE A EDICOLA
Grande varietà (ampia diffusione), ma tutte caratterizzate da uno zoccolo e un’edicola.
Nascono su influenza ellenistica, poi si evolvono verso forme sempre più sviluppate in altezza.
L'edicola che sormonta il basamento può avere varie forme (colonne e frontone davanti ad un muro
di fondo, tempietto circolare con tetto conico ecc.) e ospitare la statua del committente.
La forma architettonica si ripete nelle stele a edicola, molto diffuse ad es. nella Venetia: un
monumento di più piccole dimensioni con colonne e frontone, di varie forme e tipologie e con varie
decorazioni, che spesso inquadra il ritratto o i ritratti dei defunti.
→ II sec. d.C.: continua la tendenza all’interiorizzazione del sepolcro già avviata nel I sec. d.C., con
dominanza di monumenti funerari allineati lungo le strade con facciate “anonime” per lo più in
laterizio e con decorazioni interne molto sontuose (affreschi, stucchi, mosaici).