Appunti Lezione

Scarica in formato pdf o txt
Scarica in formato pdf o txt
Sei sulla pagina 1di 80

ARCHEOLOGIA E STORIA DELL’ARTE

GRECA E ROMANA (I+P)


PROFESSORE: BASSO

ESAME SCRITTO COMPOSTO DA 10 DOMANDE SUL RICONOSCIMENTO DI IMMAGINI


(3p. a domanda). NELL’ESAME I UNA DOMANDA PUO’ RIGUARDARE UNA ARGOMENTO
A SCELTA DA CONCORDARE CON LA DOCENTE.
SEGUENDO UN CORSO DI UN DOTTORANDO DI PUO’ SEMPLIFICARE L’ESAME P.

CORSO I → ACRHITETTURA, TECNICHE COSTRUTTIVE


CORSO P → STATUARIA, ARTE MATERIALE
PARTE INTRODUTTIVA
analisi di architetture greche e romane
Architettura comprende: tecniche edilizie (maestranze dettate dai committenti)
e dagli elementi decorativi (portano un messaggio ideologico).

SINTESI STORICA GRECA E ROMANA

La civiltà sviluppata in Grecia


Spazio geografico → penisola ed isole principalmente montuose, poche sono le pianure presenti. I
monti all’interno dividono la Grecia in città, non si tratta di uno stato unitario ma di
Nascita → lo sviluppo della civiltà greca deriva da un insieme di fasi; è una civiltà collegata con il
mondo dei cretesi e dei micenei. Il termine delle due civiltà avviene intorno al 1450-1100 a.C.,
periodo soprannominato “dark age”; dopo questo periodo fiorirà la cultura greca.

CIVILTA’ PRIMA DEI GRECI:


CIVILTA’ MINOICA --> La civiltà minoica o cretese si sviluppa sull’isola di Creta, la città più
importante è Cnosso. Si tratta di una civiltà, sviluppa tra il 2800-1450 a.C. circa, aperta, naturalistica
e non bellica. Era una civiltà avente una loro scrittura, denominata Lineare A (ad oggi non
decifrata) e definibile una civiltà palaziale: ogni città esprimeva grandi palazzi.
Palazzo di Cnosso: struttura composta
da un cortile centrale; il palazzo ruota
intorno alla sala principale, quella del
trono chiamata Megaron. Il palazzo è
collassato nel 1450 a.C. circa, quando
popolazioni proto-greche iniziano a
conquistare l’isola di Creta. Si tratta di
un palazzo non fortificato e avente una mappatura come un labirinto (da
ciò potrebbe derivare il mito di Arianna e il minotauro) a differenza dei
palazzi che verranno costruiti nella penisola greca.

CIVILTA’ MICENEA --> gruppi di genti proto-greche guerriere e bellicose che, conquistata Creta e
Troia intorno al 1600-1100 a.C. ca. Nel XIV sec. a.C. ha avvio sul continente il ciclo di vita dei palazzi
cinti da grandi mura (a differenza di quelli minoici). Si tratta di una cultura palaziale non ancora
propriamente urbana, avente una struttura sociale di tipo feudale-agricolo (lo sappiamo grazie
poemi omerici). La loro scrittura denominata “Lineare B” è stata decifrata nel XX secolo.
Acropoli di Micene: Micene è una città costruita su dei
terrazzamenti. È costituita da un palazzo principale che
domina l’insediamento circostante. Si tratta di una città
fortificata da mura, composte da blocchi di pietra, e
caratterizzata dalla porta dei Leoni (entrata della città).
All’interno delle mura, oltre a piccoli agglomerati cittadini,
si trovarono anche delle necropoli. Tramite degli scavi
eseguiti da Schliemann a fine 1800 sono stati rinvenuti dei
corpi i cui volti erano coperti da delle maschere d’oro.

Palazzo di Micene: il cuore del palazzo, che dominava dall’alto, era


formato dal megaron, struttura composta da tre parti: un vestibolo
collegato ad un cortile, a seguire un’antisala ed infine la sala
principale. La sala principale era composta da un focolare rotondo
posto al centro circondato da quattro colonne lignee; il trono era
situato su uno dei lati lunghi. Grazie ai poemi omerici sappiamo che
questo tipo di palazzo era abbellito da vari materiali preziosi come
avori o decorazioni in oro.
Oltre al palazzo di Micene, importanti sono il
palazzo di Tirinto (palazzo miceneo scavato e scoperto sempre grazie a
Schliemann) e il palazzo di Nestone (palazzo citato nei poemi omerici, grazie a
degli scavi sono rinvenute delle tavolette di argilla con scrittura lineare B).

QUADRO STORICO DEL MONDO GRECO --> A seguito dei fenomeni di instabilità economico-politica,
attorno al XII sec., si assistette a un collasso dei palazzi micenei, che portò a una caduta
demografica e un impoverimento delle attività produttive. Con la fine del mondo miceneo inizia un
periodo denominato Dark age.
Tra VIII-VII sec. nascono le poleis (città con propria specifica identità politica e urbanistica),
caratterizzate da piani urbanistici con progressivo affinamento di alcune componenti razionali, quali
la geometrizzazione e la zonizzazione degli spazi. Si tratta di città «isolate» a livello geografico, in
lotta fra loro, con momenti di alleanza: es. durante guerre persiane.
Queste frammentazioni vennero sfruttate dai macedoni per riunire la Grecia in un unico stato:
l’impero macedone, sotto la guida di Filippo e Alessandro Magno. Questo periodo, denominato
ellenismo, è caratterizzato da una forte koinè a livello linguistico e culturale, anche per quanto
riguarda l’ambito delle arti. Con la morte di Alessandro Magno, l’impero venne diviso in regni (tra i
principali: il regno di Pergamo e di Tolomeo). Dal 146 a.C. i regni iniziano ad essere conquistati dai
romani; l’ultimo regno ad essere sottomesso fu quello in Egitto nel 31 a.C.
La civiltà greca non si sviluppo solo nel Peloponneso, due sono le fasi di migrazione:
1. La prima che avvenne verso le coste dell’Asia Minore e dell’attuale Turchia;
2. La seconda, avvenuta a partire dal VIII secolo, avvenne verso le coste del Mediterraneo e del Mar
Nero (coste africane, coste dell’Italia meridionale e in Sicilia – Magna Grecia, ecc.); si differenzia
dalla prima per una pianificazione urbana.
La civiltà sviluppata nel territorio italico
Spazio geografico → penisola montuosa con poche parti pianeggianti (situate lungo le coste o le foci
dei fiumi), suddivisibile in tre parti: continentale, peninsulare e insulare.
Nascita → la civiltà romana si sviluppa a partire dalla fondazione di Roma, la storia che si sviluppa
riguarda l’egemonia della città di Roma e la progressiva espansione territoriale col fine di costituire
un impero.
Periodizzazione storica → la storia è suddivisibile in tre fasi:
1. Età monarchica o fase regia (753 – 509 a.C.)
2. Età repubblicana (509 – 27 a.C.)
3. Età imperiale (27 a.C. – 476 d.C.-->deposizione dell’ultimo imperatore)
NASCITA DI ROMA --> Tra le diverse ipotesi formulate, prevale la data convenzionale proposta da
Varrone ovvero il 754/753 a.C. Varrone calcola a partire dal 509 a.C. (fondazione della Repubblica),
risalendo indietro in considerazione dei 7 re e calcolando 35 anni di regno per ciascuno (età media
stimata per generazione).
Abbiamo poche fonti sulla fondazione della città e perfino gli antichi mostrano scetticismo a tutte
quelle fonti che vennero falsificate dagli interessi gentilizi.
Livio scriverà Ab urbe candita, storia che racconta dalla fondazione alla conquista dei Galli, dove lui
stesso scrive che molte fonti storiche vennero distrutte a seguito dell’incendio gallico.
Quello che ci racconta Livio dunque è una mito-storia, non vi è una sicurezza.
Intorno al III secolo d.C. viene a delinearsi una leggenda sulla fondazione della città; si pensa che
Roma (VIII sec. a.C.) venne fondata dalla stirpe di Enea, quindi la fondazione della città deriverebbe
dalla distruzione di Troia (XII sec. a.C.). Questa leggenda, nel corso del tempo, subirà molte
rielaborazioni da parte di Livio, Dionigi, Ovidio, Virgilio.

LEGGENDA SULLA FONDAZIONE DI ROMA (raccontata da Livio)

L’archeologo Andrea Carandini ha trovato una conferma archeologica alla tradizione mitostorica: un
muro della città di metà VIII sul Palatino. Questo muro è un segno di una città che si sta fortificando.
Da Romolo si susseguono sei re, inizia la fase regia.

LE FASI DELLA CIVILTA’ ROMANA:


La prima fase regia vede come re: Romolo, Numa Pompilio, Tullo Ostilio e Anco Marcio.
La seconda fase regia vede governare su Roma tre re di origine etrusca: Tarquinio Prisco, Servio
Tullio e Tarquinio il Superbio; i quali costruiranno gradi opere come le mura serviane, il Capitolium e
il Circo Massimo.
La fase repubblicana trasforma la città di Roma in un’istituzione democratica, dove per lo più
aristocratici, e in alcuni casi anche i plebei e i liberti, ricoprivano delle cariche politiche che
duravano un anno (le più importanti erano il consolato e la pretura). Questo sistema democratico
cambiava quando la città si trovava in un periodo di conflitto con altri popoli. In tal caso i consoli
nominavano un dittatore che assumeva diversi poteri (tra cui politici e militari).
Chi entrava a far parte della vita politica si formava all’interno dell’ambito della questura per poi
ricoprire cariche più importanti (fino al raggiungimento della pretura o del consolato), questo ciclo
di “formazione” prende il nome di cursus honorum.

La fase imperiale inizia con l’assassinio di Giulio Cesare, Augusto approfitta della situazione per
accentrare i poteri. Questo periodo è contrassegnato da varie lotte tra famiglie aristocratiche per
mantenere il potere, tanto che possiamo dividere il periodo in:
• Giulio-Claudi, da Augusto a Nerone: criterio di adozione scegliendo le persone migliori della Gens
per nominare il nuovo imperatore.
• Flavi, Vespasiano-Tito-Domiziano: nomina per successione famigliare; si tratta di una famiglia
aristocratica italica. Questo significa che tutti i cittadini possono diventare imperatori.
• Dal II secolo d.C. si ritorna ad una successione per adozione, Traiano fu il primo imperatore a
provenire da una provincia.
• Antonini, da Antonio Pio a Commodo
• Severi, famiglia africana che governa l’impero dal 193 al 235. Importanti saranno le opere
architettoniche nelle province africane finanziate dagli evergeti locali.
• Seguirono secoli di crisi, con continue elezioni di nuovi imperatori, usurpatori, lotte interne.
Momento importante sarà la Tetrarchia dove l’Impero venne diviso in 4 parti, ognuna retta da due
Augusti (Diocleziano e Massimiano) e due Cesari (Galerio e Costanzo Cloro) (293-305 d.C.). Già nel
306 il sistema va in crisi e si tornerà alla riunificazione dell’Impero sotto Costantino, ultimo grande
imperatore di Roma e fautore della sua cristianizzazione tramite l’editto di Milano del 313 d.C.
• Dal IV al V secolo d.C. inizierà l’età tardoantica, che vede la scissione dell’Impero in due parti:
Occidente e Oriente.
MATERIALI e TECNICHE COSTRUTTIVE NEL MONDO GRECO E ROMANO

L’archeologia ha dimostrato come il legno (materiale di ampia disponibilità in antico) e l’argilla


(anch’essa ampiamente diffusa e molto versatile per le proprietà plastiche e impermeabili) furono i
primi materiali usati nell’architettura.
A Corinto è stata trovata una serie di tavolette in terracotta dipinta che
raffigurano scene connesse alla lavorazione dell’argilla. Dopo l’estrazione e una
prima essiccazione al sole, l’argilla doveva essere lavata: veniva messa in acqua
in vasche di decantazione affinché si depurasse per poi essere impastata.
L’argilla poteva essere usata mescolandola con sgrassanti (paglia, erba, sabbia,
ghiaia) e in seguito stenderla su graticci di legno e realizzare così murature in
pisé.

Vitruvio nel De architectura cita una tecnica


denominata opus craticium. Si tratta di un
graticcio di legno o canne che viene riempito da
un impasto misto di argilla e calce. Nonostante
Vitruvio esprima che questa è una tecnica
costruttiva veloce ed economica, osserva i suoi
punti deboli: brucia facilmente ed è deperibile a
causa dell’umidità che potrebbe provocare fessurazioni o marcimenti.
Questa tecnica viene utilizzata soprattutto per erigere murature interne; viene
usata sia nelle abitazioni private cittadine o di campagna che nelle opere pubbliche.
È una tecnica ancora oggi in uso nell’Europa settentrionale.

L’argilla venne usata per farne mattoni crudi: si impastava,


veniva tagliata in forma parallelepipeda e poi la si lasciava
essiccare al sole. A partire dal IV sec. a.C. i Greci iniziarono a
cuocere i mattoni in fornaci per rendere questo materiale più
resistente. Fu con l’età romana (specie imperiale) che la
produzione e l’uso del mattone si diffuse ampiamente in tutta
l’edilizia. Si creava un impasto argilloso, veniva data la forma
tramite delle casseforme lignee, poi i pezzi venivano messi ad
essiccare e infine venivano cotti in delle fornaci. Le fornaci erano dotate di una cupola mobile.
I pezzi venivano appoggiati su un piano forato dove al di sotto veniva creato un focolare.

In età romana la fabbricazione dei laterizi divenne una vera e propria attività
manifatturiera. Gli stabilimenti di produzione (figlinae) erano collocati in
prossimità di depositi di argilla o lungo le vie fluviali, consentendo così un facile
trasporto dei materiali prodotti. Conosciamo i dati sulle officine (di proprietà
privata o imperiale) dall'uso di imprimere un marchio (= bollo laterizio) su alcuni
dei laterizi prodotti, quando erano ancora umidi.
Tale marchio poteva essere di forma diversa e recare diverse indicazioni; probabile è che
identificasse il nome del proprietario dell’officina, l'appaltatore (conductor) o l’officinatore che
aveva prodotto i laterizi. Si presume che tali marchi garantivano la qualità del prodotto e la
conformità delle sue misure alle normative vigenti.
I mattoni prodotti potevano avere vari moduli (quadrati, triangolari, rettangolari).
Nella Cisalpina venne fabbricato un mattone sesquipedale (45x30cm) aventi un
manubrio per sollevarli.
Per la copertura delle abitazioni venivano prodotti gli embrici coperti poi da coppi, nelle ville o case
private importanti i cappi avevano la parte anteriore decorata da un’antefissa.
Il laterizio veniva poi usato per le tubature e per la realizzazione di pavimenti a esagonette o a spina
di pesce (Opus spicatum).
Il laterizio, come materiale costruttivo, permane per molti anni ma già dal VIII-VII secolo a.C. entro
in uso la pietra nel mondo greco (usata già in età micenea e minoica). Solo nel VI secolo a.C. si iniziò
ad utilizzarla anche a Roma grazie ai re Tarquini; tale materiale nel territorio italico era già operato
dagli Etruschi come materiale costruttivo delle abitazioni.

A livello archeologico i resti di legno sono soggetti a decomposizione nel tempo.


Questo materiale si mantiene integro nelle zone d’acqua (esempio: palafitte ad Aquileia).
Tramite i resti possiamo effettuare delle analisi dendrocronologiche (analisi che misurano gli
anelli di accrescimento degli alberi).

In Grecia veniva estratta la pietra nelle zone limitrofe; se


non disponibile si utilizzava come materiale costruttivo
tuffi o calcari (materiali meno resistenti alle intemperie).
Anche molte città della Magna Grecia sorsero in aree
caratterizzate da abbondante pietra da costruzione di
buona qualità e spesso le costruzioni venivano eseguite
direttamente nel terreno. Ne è esempio l’anfiteatro di Sutri scavato nella roccia. Questa pratica è
poco sviluppata rispetto alla formazione di luoghi in cui veniva estratta la pietra: le cave.
Nelle cave poteva avvenire anche la realizzazione di parti di edifici, come le colonne; per motivi
politici o militari questi lavori rimangono incompiuti e le cave
vengono progressivamente abbandonate.
Le cave potevano essere: a giorno o in galleria.
Nelle cave a giorno i filoni di pietra venivano tagliati a gradoni
tramite strumenti come piccoli o cunei di legno, che venivano
inseriti sotto i blocchi per staccarli grazie all’ingrossamento dei cunei
provocato dall’acqua. I blocchi venivano lavorati in forma
parallelepipede e le colonne potevano essere realizzate in un unico
blocco o mediante dei ronchi (pezzi montati uno sopra l’altro).
Esempi di cave a giorno sono: la cava di Siracusa, usata per reperire il materiale utile alla
costruzione delle mura cittadine, dopo di che venne abbandonata.
La cava in galleria consisteva in uno scavo di una galleria bassa avendo cura di lasciare intatti uno o
due strati naturali, che formano il tetto di cava, e
dei puntelli o pilastri. Sottoterra le operazioni
estrattive erano uguali ai sistemi a cielo aperto,
ma si lavorava effettuando un taglio frontale
partendo dall’alto, e delimitando così il tetto
della cava.
Dopo il distacco si procedeva con il trasporto del materiale.
Spesso in prossimità della cava, o nella cava stessa, avveniva uno sbozzamento del blocco di pietra.
I blocchi per semplici strutture murarie venivano squadrati e regolarizzati, mentre quelli destinati a
elementi architettonici (colonne, basi, capitelli) o a manufatti d'uso comune (sarcofagi, statue, ecc.).
Tramite gli epigrafi, sappiamo che i lavori di sbozzatura e squadratura erano affidati a maestranze
diverse dal personale responsabile dell'estrazione.
Queste operazioni facilitavano il trasporto che
avveniva principalmente via mare.
Gli strumenti usati li conosciamo grazie alla parte
metallica (i manici di legno di sono deperiti nel tempo)
e grazie a pitture riguardante l’estrazione della pietra.
Altro elemento per determinare le loro funzioni sono
le tracce che questi attrezzi lasciano sulla pietra.
Gli attrezzi del cavapietre erano distinti in quelli per percussione diretta (1-3), formati da un
elemento di metallo munito di manico, e arnesi per percussione indiretta usati a coppia: uno
strumento di taglio (5-8) sulla cui testa si colpisce con una mazzetta (4).

LA FASE COSTRUTTIVA
Le prime forme di montaggio sono quelle delle piramidi. Piani inclinati di terra su cui, tramite un
sistema di corde , i blocchi venivano montati. Nel mondo romano questo metodo viene sostituito
dall’utilizzo di macchinari chiamate capre. Erano azionate manualmente e permettevano di
sollevare i blocchi di pietra. Abbiamo delle rappresentazioni iconografiche riferito a questa azione.
Queste “gru” avevano tre modalità di sollevamento della pietra:
1. Il primo metodo a imbraco, diffuso nel mondo greco, prevedeva di lasciare nel blocco
un’estremità, denominata dado, su cui venivano fatte
passare delle corde che servivano per sollevarlo.
In corso d’opera, questa sporgenza veniva eliminata.
2. Un ulteriore metodo è quello delle tenaglie, usato
principalmente nel mondo romano, consisteva nel
creare due buchi ai lati nei quali delle pinze venivano
incatsrate per sollevare il pezzo.
3. Il terzo metodo, quello più utilizzato, era quello delle
olivelle. Nella sommità superiore venivano inseriti dei
ferri e con questo gancio veniva sollevato il blocco.
L’ALZATO (ci sarà sicuramente una domanda all’esame)
Sia nel mondo greco che nel mondo romano, gli alzati possono essere di due tipologie diverse: i
muri interamente lapidei (es. mura di Gela) o i muri con doppio paramento e con riempimento
interno, si tartta di un metodo di riempimento a sacco meno costoso del primo.
Quando parliamo di questa tematica soo due i fattori da tenere presenti: economia e maestranze.
Nella pratica per la costituzione del muro interamente lapideo servivano delle maestranze.
Murature lapidee:
• Sistema ciclopico o opus siliceum: tecnica usata fino al I secolo a.C. sia in Grecia e a Roma. Usata
per le murazioni della città, di terrazamenti o nei podi dei templi. Si basa sulla realizzazione del muri
montando dei blocchi di pietra a secco, con attenzione da parte delle maestranze di trovare i pezzi
da incastrare e cercando di coprire le fessurazioni mediante i
sassi più piccoli. Pausania narra una visione periegetica della
Grecia, scrivendo: “Le mura di cinta di Tirinto sono state
realizzate dai Ciclopi; sono composte di pietre grezze, così grosse
che una coppia di muli non è sufficiente a trasferire la più piccola
di esse; per meglio consolidare queste grandi pietre essi
riempirono gli interstizi con piccole pietre”.
• Opus Quadratum o sistema a isodomo: si tratta di un’opera
dove i blocchi sono tagliati in maniera regolare di forma
parallelepipeda. Venivano lavorati in dei cantieri. I blocchi
venivano sovrapposti e sollevati dalle olivelle per poi accostarli
mediante delle leve di legno. Non vi è un legante che li unisce.
Per fare aderire al meglio i blocchi (senza l’utilizzo della malta)
esistevano vari sistemi; uno consisteva nel lasciare grezza la
parte centrale del blocco e lisciare con degli attrezzi i bordi
intorno (tecnica chiamata anatirosi).
I blocchi poi venivano uniti lateralmente con le grappe
metalliche, a T o a coda di rondine, che venivano battute
dentro; in caso di blocchi sovrapposti venivano usati al centro
dei perni metallici in cui veniva fatto colare all’interno del
piombo fuso, così che il piombo aderisse e non facesse
staccare le pietre.

Anatirosi
Murature con doppio parametro e riempimento interno (a sacco):
Si tratta di un tipo di muratura più economica e più veloce da realizzare. Si inizia a diffondersi
questa forma in età romana, anche grazie all’invenzione, tra il III e II secolo a.C., dell’opus
cementicium (=cemento).
Vitruvio parla di questo legante nel De Architectura; dice che questo materiale si ottiene dall’unione
di sabbia, calce e caementa (= frammenti di pietra o laterizio).
Questo materiale permise di realizzare anche archi e volte, è un materiale duttile che poteva essere
modellato e una volta indurito diventava solido. Nonostante questa solidità, le intemperie potevano
danneggiarlo; per questo i romani svilupparono dei paraventi esterni. Nel mondo greco queste
murature si svilupparono senza l’utilizzo di cemento.
La calce venne inventata bruciando ad alta temperatura le rocce calcaree.
Vitruvio parla anche di un altro materiale, di un particolare tipo di sabbia: la
pozzolana, che si estrae nell’area di Pozzuoli. Questa sabbia unita con la calce
formava un legante resistente all’acqua. Essendo questo materiale reperibile solo
in un’area specifica, il suo ritrovamento nelle grandi città antiche ci permette di
conoscere un sistema di commercio e di committenze.
• Opus incertum: questa tecnica si è sviluppata tra il III secolo a.C. fino all’età di
Silla e di ottiene dalla formazione di blocchetti di pietra irregolari infissi nel
cemento. Questa messa in opera richiede una maestranza nella realizzazione di
“incastrare” e “formare” i blocchetti. Col tempo avviene una regolarizzazione
della parte a vista, questa fase verrà definita opus quasi reticulatum.
• Opus reticulatum: viene realizzato con piccoli conci a base quadrata in tufo
disposti dalle maestranze in modo diagonale a formare un reticolo così da
rendere più solida la struttura. Questa tecnica viene utilizzata a partire dalla fine del II sec. a.C. in
maniera differente da regione a regione ma non viene
utilizzata nella regione Cisalpina per mancanza di maestranze.
Il ritrovamento di questi muri in una città nell’Italia del nord
indica che un committente è stato inviato a realizzarlo in
questa zona. Spesso gli angoli dei tufelli venivano
sbozzati e, a volte, venivano intervallate con fasce di
pietra o laterizi. In tal caso l’opera prende il nome di
opus mixtum, di questo termine non vi è una
corrispondenza dall’antico.
• Opus vittatum o listatum: realizzato con blocchetti
parallelepipedi di pietra, disposti con il lato lungo in
facciata. Questa tecnica è molto diffusa nell’Italia e nelle
province settentrionale per la diffusione dell’argilla ma
anche poiché vi è un collegamento tramite il Mar
Adriatico dell’area con il mondo orientale (invenzione del mattone cotto); a Roma
sin inizierà ad utilizzarlo dall’età di Tiberio. Molto spesso questa tecnica veniva
usata per la definizione degli spigoli. Quando questa tecnica utilizza esclusivamente
l’uso del mattone, come moduli prefabbricati aventi misure costanti, prenderà il
nome di opus testaceum. Spesso le murature delle città non hanno solo il
paramento in mattoni ma sono realizzate interamente con questo materiale.
LA DATAZIONE DEGLI ELEVATI
Con le tecniche edilizie non si può datare un edificio, ma solo individuarne un termine post quem
(ad es. se un muro è realizzato in cementizio deve essere datato dopo la fine III-inizi II sec. a.C.) o
ante quem (un muro in opus incertum deve essere datato prima della metà del I sec. a.C.).
I metodi di datazione più sicuri di una struttura sono i dati stratigrafici desunti dagli scavi (fosse di
fondazione, pavimentazioni, strati in appoggio ecc.) o i dati che vengono da analisi scientifiche (ad
es. legni datati con le analisi dendrocronologiche o radiocarboniche).

LE FONDAZIONI
Si cerca di trovare il terreno più adatto per costruire.
Una volta capita la capacità portante del terreno, si
scavavano trincee lungo il perimetro delle strutture da
realizzare e per evitare la frana delle pareti si dava una
certa inclinazione al taglio laterale: pareti a scarpa (1), a
gradoni (2), verticali armate con sbadacchiature (3).
All’interno di queste fondazioni possiamo reperire dei
materiali che ci aiutano con la datazione (es.monete).
Seguiva poi la gettata: a secco di pietrame irregolare (4);
a secco di blocchi squadrati (5) ; in calcestruzzo (6) in
cavo libero o armato con travi di legno.
In zone acquitrine veniva fatta una palafitta tramite pali
di legni che imbevevano l’umidità e rendevano solida la
costruzione, a volta venivano inserite anche delle anfore.
Se si fosse costruito su un pendio, gli antichi avrebbero
utilizzato il sistema delle sostruzioni, si ricava un
terrazzamento tramite un muro costruito a valle. Il
piano orizzontale che si otteneva dal riempimento
veniva utilizzato per sostenere una struttura.
Altro sistema utilizzato per creare dei terrazzamenti è quello dei criptoportici, usato anche per
ottenere uno spazio al coperto frequentato o un utilizzo del luogo come magazzino ecc.

ARCHI E VOLTE
Già i micenei hanno realizzato delle tombe con una pseudo-volta per
gravità. Secondo Seneca sono i greci ad utilizzare l’arco voltato per primi.
In una colonia greca, Elea, è presente in una porta l’arco di scarico.
Se però la porta/murazione è databile al 340 a.C., non significa che l’arco
è stato realizzato in quel periodo. Nel mondo ellenistico (regno di
Macedonia, ecc.) vi sono delle tombe ed edifici coperte a volta; dunque,
possiamo considerare che esistette tra il IV-III secolo a.C.
I romani avrebbero potuto apprenderlo: dal mondo greco o dagli
etruschi. I Romani la perfezionarono e a partire dalla seconda metà del II
sec. a.C. la adottarono comunemente fino ad averne una padronanza
assoluta sia nelle forme sia nei materiali. Per crearlo venivano create le
centine a legno, sostegno temporaneo per consentire il consolidamento delle murature (spesso
rimangono delle impronte sulle volte cementizie).
Grazie alle gettate cementizie si poterono costruire volte e cupole anche di grandi dimensioni. Caso
emblematico è il Pantheon, avente una cupola costruita in cassettoni e in calcestruzzo non armato.
LE DECORAZIONI ARCHITETTONICHE

L’ordine architettonico è uno stile codificato che caratterizzano glie elementi di un edificio.
Gli elementi si distinguono in verticali (colonna divisa in base, fusto e capitello) e in orizzontali
(trabeazione composta da architrave, fregio e cornice).

Cornice

Cornice Trabeazione
Architrave
Capitello

Fusto
Colonna

Base

Un ordine architettonico poteva essere:


- libero con colonne e pilastri che potevano essere monolitiche (unico blocco) o a rocchi (più
elementi uniti tra loro);
- appoggiato ad una parete tramite semicolonne (colonna semi circolare) o lesene (colonna con
forma poligonale).
Entrambi le tipologie rappresentavano un elemento di venustas (come elemento decorativo),
utilitas (come elemento di riconoscimento) e firmitas (come elemento strutturale).
I greci codificano tre ordini decorativi di colonna e trabeazione:
1) ordine o stile dorico (stile rozzo)
Questo stile non presenta una base, la colonna poggia direttamente sullo stilobate. Le colonne sono
poco slanciate e il loro fusto presenta scanalature a spigolo vivo. La rastrematura della colonna
presenta una base larga rispetto al sommoscapo con un’enfasi al centro del fusto, per evitare un
effetto rigido. Il capitello è formato da un abaco e un echino semplice. Per quanto riguarda la
trabeazione l’architrave è liscio, il fregio è suddiviso in metope (riquadri piani decorati a pittura o a
rilievo) e triglifi (elementi più sporgenti solcati da tre scanalature), la cornice è liscia.
Il frontone triangolare è composta dal timpano, che già dal VI secolo a.C. poteva ospitare statue.
Nel mondo italico esiste una variante: lo stile tuscanico.
Base presente. Colonne poco slanciate, con fusto scanalato o liscio (ma talora con rivestimento in
stucco che riproduceva le scanalature). Capitello formato da abaco (più grande rispetto al dorico)
ed echino più schiacciato e rigonfio, rispetto al dorico) Architrave come nel dorico. Fregio come nel
dorico. Cornice come nel dorico.
2) ordine o stile ionico (stile elegante, slanciato)
Base presente che può assumere forme diverse, la più comune è l’“attica” composta da toro,
scozia, toro. Il fusto si presenta scanalato con le scanalature separate da listelli.
Il capitello ionico è decorato con un nastro inserito fra echino e abaco che si arrotola in volute.
L’architrave si può suddividere in tre fasce, ciascuna più aggettante rispetto a quella inferiore, e
coronato superiormente da modanature. Il fregio è continuo; spesso conteneva decorazioni
vegetali o storiche. La cornice consisteva in un soffitto piano e presentava una decorazione di
dentelli nella sottocornice.
3) ordine o stile corinzio
Base presente. Fusto scanalato come nell'ordine ionico. Il capitello corinzio è costituito da un
"kalathos" troncoconico, al quale si sovrappone un "abaco", una sorta di lastra quadrata con i lati
leggermente concavi, decorati al centro da un "fiore dell'abaco". Il kalathos è rivestito da due
"corone" di otto foglie d'acanto da cui nascono "elici" e "volute”.
Architrave è come nell'ordine ionico. Fregio è continuo come nell'ordine ionico. Cornice è come
nell'ordine ionico, però in età romana tende a presentare mensole e cassettoni.

Questi stili vengono codificati da Vitruvio (autore di età augustea ma esegue una sintesi delle
architetture di età precedenti). Se riferendosi agli ordini dorico e ionico Vitruvio ne colloca le origini
tra il VII e VI secolo a.C., per l’ordine corinzio bisognerà aspettare il V secolo a.C. quando fu
realizzato il templio di Apollo a Bassae nel Peloponneso.
A questi tre ordini Vitruvio aggiunse, con una descrizione sommaria, l'ordine tuscanico che riteneva
autoctono dell'Italia, ma che in realtà rappresenta una variante locale italica del dorico.
IL trattato di Vitruvio resterà un actoritas fino alla seconda metà del 1400. Sebastiano Serlio
riconobbe cinque ordini di architettura classica, aggiungendo a quelli citati da Vitruvio, l’ordine
composito.

5) ordine composito (prende ispirazione dallo ionico e dal corinzio)


Base simile al corinzio Fusto più slanciato Capitello con volute
dell’ordine ionico sulle foglie d’acanto del corinzio (negli spazi
rimasti liberi tra le foglie della seconda corona vengono introdotti
dei viticci terminanti in spirali con rosette, detti "viticci fioriti”.
In epoca romana, soprattutto a partire dal II sec. a.C., gli ordini architettonici vengono utilizzati
anche come un rivestimento decorativo.
L’architettura greca e romana può definirsi modulare cioè vi è un modulo, un’unità di base della
composizione architettonica, entro cui si misura tutto: il diametro della colonna nella sua parte più
bassa (imoscapo). Da tale unità discendono, per moltiplicazione o per divisione, le misure di tutte le
parti dell’edificio così da ottenere una configurazione ideale dell’edificio dotata di armonia e
simmetria.

L’ARCHITRAVE
è il blocco rettilineo orizzontale che si sovrappone alle colonne, secondo il sistema trilitico.
L'architrave può essere liscio oppure suddiviso in fasce, ciascuna leggermente rientrante e di altezza
inferiore rispetto a quella sopra. Le fasce, poi, potevano essere semplici oppure avere delle
decorazioni in piccola scala: le modanature.
Prevalentemente le modanature presentavano motivi vegetali stilizzati o
geometrici. Le tre tipologie più diffuse sono:
• Kyma ionico: decorazione costituita da elementi di forma ad uovo
(ovuli), separati da lancette, e da dentelli parallelepipedi;
• Kyma lesbio continuo: decorazione costituita da archetti che
contengono un elemento interno lanceolato o altri motivi più elaborati;
• Kyma lesbio trilobato: decorazione costituita nella parte superiore da
archetti, più sottili e con parte superiore (lobo) sporgente, occupati
all'interno, come nel kyma lesbio continuo, da elementi interni lanceolati
o più elaborati e nella parte inferiore da astragali e fusarole

FREGIO
Il fregio può essere dorico, con alternanza di metope e triglifi, o ionico
continuo che può essere liscio o con decorazione figurata che
richiama elementi vegetali e animali.
Due tipologie di fregi utilizzate per lo stile ionico/corinzio sono:
- il motivo a girasoli
- il motivo ad anthemion, dove si alternano palme e
calici.

CORNICE
La cornice rappresenta l'elemento superiore della trabeazione, che conclude l'intero ordine. La sua
funzione originaria era quella di tenere il più possibile lontane dagli elementi portanti le acque
piovane. La cornice è suddivisa in una parte superiore più sporgente (sopracornice) e in una parte
inferiore (sottocornice). La superficie orizzontale inferiore del sopracornice si chiama soffitto della
cornice. A seconda in particolare della decorazione del soffitto, è possibile distinguere la cornice in
dorica (se presenta il modulo a gutta), ionica (da dentelli, corinzio (cassettoni o mensole).
La trabeazione può anche assumere un andamento più articolato,
correndo tra una colonna e l'altra a filo del muro retrostante e
sporgendo in corrispondenza dei sostegni liberi.
A questi casi ci si può riferire parlando di trabeazione sporgente.
Quest'uso è presente nell'architettura ellenistica e nell'architettura
romana, dove gli ordini tendono ad assumere un significato
prevalentemente decorativo.
Un esempio può essere il Foro di Nerva a Roma.
Il modo romano, a livello architettonico, non ha subito solo influenze greche ma
anche etrusche. Da questo popolo italico ha appreso l’arte decorativa mediante
lastre di terracotta dipinte che coprivano le strutture lignee dei tetti.
Tutte le architetture antiche erano dipinte, non si presentavano come a noi oggi.
Durante l’età repubblicana si afferma l’influsso della Grecia ellenistica. Gli
ordini architettonici vengono rielaborati nel contesto culturale italico e
sono utilizzati ad esempio nei nuovi edifici della vita cittadina.
Le architetture erano ormai in pietra e non più in terracotta, ma non
ancora in marmo. Talvolta si usavano i laterizi rivestiti di stucco a
imitazione del marmo (come nelle colonne di questa basilica).
Nel corso del tempo il gusto della decorazione cambia.
-Lo stile decorativo tipicamente romano si codifica in età augustea,
riprendendo i modelli greco ellenistici e italici, in forme sobrie e raffinate. Il
tempio del foro di Augusto diventa il modello per l’ordine architettonico che si
afferma a Roma e nelle province.
- In epoca Flavia la decorazione diventa ricca e fortemente chiaroscurata
grazie all’uso massiccio del trapano a volano in grado di incidere la pietra.

A volte si osservano delle parti del “visibile” non finite. In questo si potrebbero nascondere
moltipliche teorie: per mancanza economica, per risparmio di tempo poiché sono parti che si
vedono meno o magari perché era sorto un problema tecnico.
I RIVESTIMENTI PAVIMENTALI
Vitruvio nella sua opera descrive la preparazione del terreno per poter applicare sopra la
pavimentazione, elemento decorativo e con un carattere di solidità.
Il terreno preparatorio veniva composto da tre strati:
- statumen, dove ciottoli di dimensioni più o meno piccoli venivano amalgamati con la calce così da
far drenare l’acqua;
- rudus, strato di sabbia, calce e ghiaia per rendere il terreno solido e stabile;
- mucleus, malta composta da calce e frammenti di laterizi su cui veniva appoggiata la
pavimentazione.
Nel mondo romano esistevano diversi rivestimenti pavimentali (sia interni che per esterno):
• a ciottoli (anche nel mondo ellenistico)
• tessellati o a mosaico
• cocciopesto o cementizi
• opus sectile
• in laterizi
• battuti (terra compressa) battuti (terra compressa)
• lastre di pietra

1) Pavimentazione a ciottoli
Questa tecnica venne utilizzata anche nel mondo
ellenistico presso i grandi palazzi macedoni.
Venivano utilizzati ciottoli di piccole dimensioni per
realizzare delle composizioni elaborate
(esempi: caccia al cervo, imprese di Alessandro).
Questa tecnica venne diffusa anche in area magno-greca fino a fine III sec.
a.C. quando cadde in disuso a favore del mosaico a tessere, che offriva più
vantaggi rispetto al mosaico a ciottoli: maggior compattezza delle superfici, scelta policroma più
ampia, facilità nel calpestio.

2) Pavimentazione tessellata o a mosaico


Nel III sec. a.C. si avviò l’uso di ritagliare in forma cubica le tessere (opus tessellatum), ricavate per
lo più da calcari locali o da marmi colorati per cercare di imitare i tappeti.
Questa tecnica permetteva una pavimentazione più liscia rispetto ai ciottoli.
Se all’inizio il mosaico si presentava bianco e nero, col tempo si inizia a
formare un mosaico policromo per ottenere una figura più vicina alla
realtà.
Un particolare tecnica di movimento, che veniva realizzata solitamente
o al centro o agli angoli del mosaico, è l’opus vermiculatum: si trattava
di una raffigurazione figurativa emblematica.
Questo emblema veniva composto in officina su lastre di metallo (fungevano da cornice del
mosaico) per poi essere portato alla messa in opera. Nei periodi bui il metallo venne riusato.
Casa del Fauno a Pompei, battaglia di Isso, fine II – inizio III secolo a.C.
Questo esempio di maestranza romana rappresenta Alessandro
Magno in battaglia contro Dario III, si tratta di una copia dell’originale
pittorico attribuito a Filosseno di Eretria. Probabilmente questo
mosaico si basa su un cartone ispirato ad un’opera pittorica della
Grecia antica.
Mosaico nilotico in una sala absidata aperta sul foro, Palestrina, fine I
secolo a.C.
Si tratta di una sorta di carta prospettica dell’Egitto nel momento della
piena del fiume Nilo, mostrato dalla sorgente alla foce. Lungo il fiume
troviamo molti elementi rappresentati in modo autentico: flora, fauna,
uomini riprodotti mentre svolgevano delle
attività.
Pavimento dopo un banchetto con cibo
“caduto” dalla tavola --> contiene informazioni sia artistiche che
alimentari.

EVOLUZIONE E STILE DEL MODELLO TESSELLATO NEL CORSO DEL TEMPO


Fino al I secolo a.C. prevale il mosaico
policromo e figurativo

Tra il I e il II secolo d.C. le raffigurazioni


nel mosaico romano si fanno sempre
più sintetiche (geometrie), diffuso sarà
l’uso del bianco e nero in ambito
decorativo e figurativo
In età adrianea prevale un gusto
decorativo applicato alla geometria,
denominato stile fiorito.
(soprattutto nella Villa Adriana)

A partire dal III secolo d.C. si diffonde un


utilizzo del geometrico applicato alle
forme curvilinee e all’uso del cerchio.

Nel III e IV nei mosaici tornano a


prevalere gli elementi figurativi e il
colore, le maestranze migliori saranno
quelle africane.
3) Pavimentazione a cementizi / battuto/ cocciopesto
Costituito usando il cementum (misto di sabbia, calce e
frammenti di mattone). Questo strato poteva fungere da
pavimento, si tratta di una soluzione economica, resistente e
compatta.
Questo materiale poteva essere colorato in base alla
prevalenza di una polvere o pietra al suo interno,
per esempio la prevalenza di polvere di laterizio rendeva il composto più roseo.
Questo tipo di pavimentazione poteva essere decorata da inserzioni di
frammetti di marmo o tessere disposta in maniera più o meno regolare.
Questa tecnica veniva principalmente usata in Sicilia e nel territorio
mediterraneo dell’Africa; dal III secolo a.C. si diffonderà anche nel resto della penisola italica.

4) Pavimentazione a Opus Sectile


Pavimenti decorati da lastre (crustae) ritagliate in forme geometriche
allettate su una base preparatoria di malta. I materiali più utilizzati sono i
marmi colorati levigati, che donano prestigio.

5) Pavimentazioni in laterizi
Pavimenti decorati da mattoncini di varie forme geometriche, soprattutto
rettangoli (opus spicatum) ed esagoni (esagonette) fissati su un letto di
malta, talora decorati al centro da tessera musiva.

Importante è sottolineare il nesso che si istituiva tra decorazione musiva


e funzioni ambientali (ad es. ricorrenti i temi dionisiaci nei triclini o scene
di palestra/atletiche negli spazi appunto dedicati alle attività sportive).
L’iconografia dei mosaici può aiutarci a capire le funzioni dei vari
ambienti di un edificio abitativo.

Un caso di grande interesse per gli straordinari pavimenti


musivi è la Villa del Casale a Piazza Armerina in Sicilia,
patrimonio UNESCO (dal 2006 restaurata e allestita).
L’edificio costituiva la parte residenziale e il centro
amministrativo di un esteso latifondo ed era costituito da
una sessantina di vani. Si trattava della residenza di un
alto esponente dell’aristocrazia senatoria o, secondo
alcuni studiosi, di Massimiano Erculeo che nel periodo
della Tetrarchia, governò l’Impero Romano, col titolo di
Augusto, insieme a Diocleziano.
L’attuale impianto, la cui edificazione è riferibile alla prima metà del IV secolo d.C., sorge al di sopra
di una villa rustica, che ha subito varie trasformazioni.
L’alto profilo del suo committente viene celebrato, in modo eloquente, attraverso un programma
iconografico, stilisticamente influenzato dall’arte dei mosaicisti africani che sono stati chiamati a
realizzarlo e che si dispiega, con ricchezza compositiva, in una moltitudine di ambienti a carattere
pubblico e privato. Particolarmente significativi e rinomati questi mosaici:
1. nella palestra biansata motivo di corse coi cavalli nel Circo Massimo;
2. nel lungo corridoio scena della «Grande caccia» per la cattura di animali da esibire negli anfiteatri
a Roma;
3. In un vano di servizio ripavimentato più tardi scene di atlete femminili;
4. in un vano per banchetti estivi o intrattenimenti musicali mito di Orfeo;
5. Nella basilica (la sala per udienze del dominus) raffinato opus sectile;
6. Amore e Psiche: appartamento domina (allusione amore matrimoniale);
7. Scena unzione atleti nel frigidarium;
8. Ulisse che vince Polifemo: attestazione del livello culturale del committente.

2 5 3

4 8 7

APPROCCI DI STUDIO:
• Approccio storico-artistico (in particolare sui mosaici): modalità di formazione e trasmissione del
repertorio, analisi iconografica delle immagini, formarsi e radicarsi di tradizioni locali (= botteghe);
status socioeconomico e livello culturale del committente; rapporto decorazione- funzione vano.
•Approccio tecnico, che riguarda:
1. modalità di preparazione del sottofondo;
2. principi della costruzione degli schemi geometrici e della impaginazione delle immagini figurate;
3. organizzazione della bottega;
4. approvvigionamento dei materiali.
(È importante inquadrare il mosaico nell’originario contesto di appartenenza)
I RIVESTIMENTI PARIETALI
MONDO GRECO:
Della pittura greca abbiamo perso praticamente ogni testimonianza. Abbiamo però notizia dalle
fonti letterarie che essa fu altrettanto importante dell’architettura e della scultura, sia su parete sia
su tavola. Sempre dalla letteratura conosciamo qualche descrizione di opere pittoriche, i nomi di
alcuni pittori, le problematiche da loro affrontate ecc. Un altro supporto conoscitivo importante è
rappresentato dalla ceramografia, in cui sono rispecchiate le conquiste e le forme della grande
pittura monumentale. Restano alcune rare testimonianze, come la Tomba del tuffatore presso
Paestum (480-470 a.C.) e, per il periodo ellenistico, alcuni resti di affreschi, come nella tomba di
Filippo a Verghina.

MONDO ROMANO:
Molto più nota la pittura romana, di cui abbiamo notizie da: fonti letterarie (es. Vitruvio che
imposta la questione degli stili (vedi più avanti) e Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, metà I secolo
d.C., che tratta di pigmenti e storia della pittura); fonti archeologiche: sia decorazioni in situ, sia
pittura frammentaria: giaciture primarie (crolli) e giaciture secondarie (riempimenti, scarichi, butti
ecc.); testimonianze iconografiche di pittori all’opera. Si menziona anche il caso di via
dell’Abbondanza a Pompei dove è stato trovato un ambiente in cui i pittori stavano ridipingendo la
stanza: rinvenimento di gerla, squadra, pennelli ecc.
Vitruvio VII, 6-7 descrive la tecnica dell’affresco:
Steso questo strato di grana grossa e mentre diventa secco, se ne applichi un secondo di medio
spessore, e quando questo sarà stato pressato e ben strofinato se ne stenda uno più sottile. Quanto
ai colori, quando si è avuta l’accortezza di spalmarli sul rivestimento ancora umido, non si staccano
ma restano fissati per sempre.
Nello studio tecnico della pittura parietale romana dobbiamo considerare, oltre alla fase di
regolarizzazione della muratura, due momenti principali:
1. La stesura del supporto preparatorio (tectorium), di cui dobbiamo considerare: la composizione;
i sistemi di aggancio.
2. La realizzazione della decorazione pittorica, di cui dobbiamo considerare: le tracce preparatorie; i
pigmenti; la modalità di stesura; gli elementi stilistici e iconografici.
LO STRATO PREPARATORIO
Il tectorium (supporto preparatorio/preparazione: spessore fino a 10-12 cm) è costituito da una
successione di 3 strati di malta, diversi tra loro per morfologia e composizione, che servono a creare
una superficie atta a ricevere la decorazione finale:
• «arriccio» (termine rinascimentale): strato grossolano composto
da calce, sabbia non vagliata e inclusi organici e inorganici.
• «intonaco»: strato intermedio più fine sempre composto da
calce, sabbia più vagliata e inclusi di dimensioni minori.
• «intonachino»: strato superiore della preparazione, molto sottile
(pochi millimetri). Era solitamente composto da calce a cui
venivano aggiunti come aggregato polvere di marmo o cristalli di
calcite.
SISTEMI DI AGGANCIO DELLO STRATO PREPARATORIO
Per migliorare la coesione sia tra il tectorium e il muro sia tra i vari strati costituenti il tectorium
stesso si usarono vari espedienti tecnici:
1)Incannucciata
• Serviva principalmente a fissare il tectorium alle
coperture: volte e soffitti piani.
• Si realizzava unendo fasci di canne tenuti assieme da
cordame o affiancando canne più spesse e legandole
tra loro.
2)telaio di asticelle
• Funzione analoga all’incannucciata.
• Sistema di assicelle intrecciate su di un telaio di assi di legno
regolarmente distanziate tra loro.
• Usato solo in epoca tarda: non è menzionato da Vitruvio (se ne trova
una descrizione solamente nell’opera di Palladio - V sec. d.C.).
3) incisioni
• asperità/irregolarità in grado di garantire una migliore adesione
tra due strati di intonaco.
• Realizzate quando il primo strato di malta era ancora fresco.
• Realizzate tramite una cazzuola, con le dita o forse anche con
degli stampi.
• Ne sono attestate di varie forme.
4) Frammenti di ceramica
• Altro espediente per migliorare l’adesione tra due strati di intonaco: frammenti di ceramica
inseriti perpendicolarmente alla preparazione del muro.
5) picchiettatura
• Funzionale alla stesura di un nuovo strato di intonaco al di sopra di una
decorazione preesistente.
• Picchiettatura con scalpello sulla vecchia superficie così da consentire alla
nuova stesura di malta di aderire in maniera ottimale.
LA DECORAZIONE PITTORICA
Le tracce preparatorie servivano a creare le «linee guida», i punti di riferimento al pictor nella
realizzazione degli elementi decorativi, specie se complessi, quali ad esempio figure umane e
animali, ma anche se geometrici. La loro realizzazione avveniva tra la stesura dell’ultimo strato
preparatorio, l’«intonachino», e l’applicazione dei pigmenti, quando lo strato era ancora umido. Ne
esistevano tre categorie principali:
1. Incisione con stiletto (strumento appuntito). Poteva essere eseguita a mano libera o tramite
l’utilizzo di righe e squadre (diretta), oppure con l’ausilio di sagome (indiretta), a seconda
dell’elemento decorativo da tracciare. Per gli elementi circolari esistevano compassi.
2. Corda battuta (per linee diritte e soprattutto per tracciare la griglia iniziale): corda che veniva
fissata al muro tramite chiodi e poi tesa e lasciata cadere sul muro stesso, così da lasciare
l’impronta di una linea perfettamente dritta. Poteva essere imbevuta di ocra, così da lasciare
un’impronta rossa.
3. Disegno preparatorio: tracciato a pennello con il pigmento ocra o nero fumo al fine di delineare i
principali elementi di composizioni figurate complesse, singole figure o altri elementi decorativi. È
frequente trovarlo combinato con l’incisione. Spesso indicato con il termine rinascimentale sinopia
ma questa era ricoperta da intonachino.

I PIGMENTI
Sono descritti sia da Vitruvio che da Plinio. Si suddividono in pigmenti di origine:
• Naturali: di origine vegetale, animale o minerale = si trovano in natura e si ottengono con
lavorazioni semplici come l’estrazione o la frantumazione;
• Artificiali: sono ottenuti generalmente estraendo i metalli dai minerali o mischiando più elementi
tra loro (minerale+metallo). Identificabili oggi tramite analisi archeometriche.
Tra i colori più prezioni possiamo includere: azzurro/blu, ricavato dai lapislazzuli; e il rosso cinabro,
ricavato da un minerale proveniente da miniere in Asia Minore.
I colori venivano applicati sull’ultimo strato preparatorio (intonachino) ancora fresco che,
seccandosi, fissa i pigmenti applicati grazie alla carbonatazione dell’idrossido di calcio proveniente
dall’intonaco.

L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO


Le botteghe lavoravano per pontata, per porzioni limitate di affresco che si realizza a seconda dei
diversi livelli del ponteggio.
I pittori procedevano prima a dipingere il soffitto poi decoravano la parte alta (il fregio), il campo
centrale (pannelli) e infine lo zoccolo.
Era anche possibile decorare le pareti con quadretti (pinakes), eseguiti in bottega su intonaco o
altro supporto che poi venivano inseriti sulla parete.

Villa dei misteri, Pompei, 79 d.C.


Nel mondo romano, all’interno delle botteghe, esistevano diverse maestranze:
• il tector preparava le pareti,
• il dealbator le imbiancava e stendeva il colore di fondo
della decorazione,
• il parietarius delineava e dipingeva i pannelli e le
decorazioni con motivi piuttosto ripetitivi,
• l’imaginarius dipingeva le immagini.

GLI STILI POMPEIANI TEORIZZATI DA AUGUST MAU


Nel 1873 l’archeologo tedesco August Mau che catalogò le pitture pompeiane, raccogliendole in
quattro gruppi ben distinti. Questa suddivisione tipologica è stata poi estesa a tutta la pittura
romana anteriore al 79 d. C. Essa si basa sul testo di Vitruvio, De Architectura.

1° STILE O STILE AD INCOSTRAZIONE, STRUTTURALE O A MURATURA


Si basa sulla riproduzione in pittura di lastre marmoree; si tratta di una
maestranza più economica rispetto all’acquisto effettivo del materiale.
Esempio: Casa Sannitica ad Ercolano

2° STILE O STILE ARCHITETTONICO


Si basa sul riprodurre in prospettiva edifici con colonne e frontoni …

Casa dei Grifi, Roma Villa di Oplontis Capitolium, Brescia


(unico caso in nord Italia)

… scene di ispirazione tragica o satirica o comica …

Villa di Oplontis
… una serie di paesaggi ispirati alle varie caratteristiche dei luoghi (visione
naturalistica) …

… Vi sono poi alcune pareti in cui al posto delle


statue troviamo grandi affreschi con immagini
divine, o sequenze di scene mitologiche ...
Esempio: domus di Esquilino, fregio con scene
dell’Odissea

Rientra nel secondo stile anche la PITTURA DI GIARDINO, sorta in età augustea, che si caratterizza
per rappresentazioni realistiche della natura e degli animali.
Esempio: Sala ipogea al museo Pal. Massimo di Roma

Esempio: Casa della Venere in conchiglia, Pompei


→ spesso questo stile decorava le pareti di veri
giardini per creare una dilatazione illusionistica
degli spazi

3° STILE O STILE ORNAMENTALE


Si basa su un nuovo gusto decorativo: l’architettura diventa fittizia (non rappresenta più il vero) e si
caratterizza per una policromia esasperata.

Villa di Agrippa Postumo (fine I sec. a.C.) → cornici decorative che scandiscono
la parete e delimitano la scena di paesaggio che occupa la parte centrale.
4° STILE O STILE GROTTESCO
Vitruvio all’interno del De Architectura non cita questo stile perché sviluppato dopo l’età adrianea.
Ne parla invece Plinio raccontando che fu il pittore Famulo a svilupparlo nella Domus Aurea (casa di
Nerone).
In questo stile si riprendono gli elementi architettonici ma vengono realizzati in un modo fantastico.
La cromaticità è più estesa rispetto al secondo stile.
Tipico di questo stile sono i bordi traforati o di tappeto.

Nella decorazione parietale in casi di particolare raffinatezza può


essere applicata anche la tecnica in OPUS SECTILE, come negli
esempi provenienti dalla cosiddetta «basilica» del console Giunio
Basso sull’Esquilino.
Nel pannello in alto è raffigurata una pompa circense: al centro
sulla biga in posizione frontale (vedremo tipica dell’arte
tardoantica) è il console stesso, colto nel momento in cui dà
avvio ai giochi, mentre in secondo piano sono gli aurighi delle
quattro fazioni del; in basso una scena con tigre che aggredisce
un toro.
La raffinatezza delle decorazioni è indice del lusso delle case
tardoantiche, mentre la raffigurazione del console sulla biga
mostra la sua volontà di autocelebrazione.

Oltre agli affreschi, tra le opere di pittura dell’antichità romana va citato il migliaio di ritratti funebri
rinvenuti in Egitto nell’oasi libica del Fayum, datati dalla fine del I sec. alla metà del III sec. d.C. e
realizzati su tavolette di legno. Le opere furono eseguite ad encausto, una tecnica che adoperava
colori sciolti nella cera fusa, i quali si riscaldavano al momento in cui dovevano essere usati; talvolta
la cera era usata insieme con l'olio o a tempera con base d’uovo.
CENNI DI URBANISTICA GRECA E ROMANA
CITTÀ = insediamento dimensionale demografico (abitativo), avente spazi destinati alla gestione e
amministrazione di un territorio di sua competenza.
Le prime vere città sono state considerate quegli insediamenti accentrati, nei quali gli abitanti non si
limitavano a coltivare le terre circostanti, ma cominciavano ad avere occupazioni specializzate e
nelle quali il commercio, l'immagazzinamento dei cibi e il potere erano centralizzati.
Dunque, gli elementi costitutivi delle prime città sono stati individuati in:
• diversificazione produttiva,
• presenza di attività specializzate,
• spazio urbano sentito come unitario e dotato delle strutture necessarie alla vita politica e civile.

Nel corso dell’VIII secolo nel mondo greco si afferma la nuova


forma insediativa della pòlis, derivante da:
- aggregazione di villaggi;
- espansione progressiva di un agglomerato;
- atto di fondazione.
Le città greche sono caratterizzate dalla presenta di una città
alta, ovvero l’akròpolis, in cui si erigevano gli edifici di culto; e
di una città bassa, asty, che ospitava la parte abitativa e gli
edifici lavorativi. Le città greca venivano sviluppate all’interno di mura così da separare la pòlis dalle
necropoli e dallo spazio destinato alla sussistenza, la chora.

La città di Atene
L’archeologia ha dimostrato che l’Acropoli della città venne occupata a
partire dal Neolitico. In epoca micenea la parte alta venne fortificata ma
la sua espansione deriva dalla colonizzazione della Ionia.
È solo a partire dal VI secolo a.C. che la città inizia a strutturarsi tramite
anche un sistema di strade che collegava l’agorà (piazza cittadina e luogo
d’incontro) all’acropoli.
Dopo il saccheggio persiano (480 a.C.) fu costruita una nuova cinta di
mura che racchiuse anche il Pireo, divenuto porto principale, in un unico
sistema di difesa con la città.
La massima espansione e splendore della città avvenne nel V secolo a.C.,
quando alla guida di Atene ci fu Pericle.

Nel V secolo a.C, Ippodamo di Mileto codificò e teorizzò un’urbanizzazione regolare. Le prime città
su cui apllicò questa costruzione fu: Mileto, Thurii (Magna Grecia) e il porto del Pireo.
Queste ciità presentano delle caratteristiche ippodamee:
- la pianta è razionale e regolare, così da formare una città democratica;
- le strade sono ortogonali;
- le aree urbane sono diversificate in base alla funzione (carattere della zonizzazione);
- lascia la possibilità di ampliamento urbano e di modifiche interne (carattere della previsionalità).
La città di Mileto
Mileto si estende su una penisola ed è una città circondata da mura.
Al centro si trovava una collina ai cui lati vennero costruiti i due porti principali.
Dai porti si giungeva ad un’ampia zona centrake non quale sorgevano gli edifici
commerciali, amministrativi e religiosi.
La città poi era divisa in tre zone abitate: una sulla collina, una a nord e la più
ampia a sud.

La città di Olinto
ricostruita e ampliata dopo la distruzione persiana del 479.
Si erge su due alture, sopraelevate di pochi metri rispetto
alla pianura circostante, separate da un leggero dislivello, in
cui si sviluppò l’agorà.
La pianificazione che venne eseguita ex novo si basò su
un’ortogonalità stradale e nella formazione democratica
degli spazi residenziali: le insulae vennero divise in cinque
unità abitative separate da un ambitus.

La città di Priene (IV secolo a.C.)


Fu fondata sulle pendici di un
monte in quanto soggetta a
inondazioni; Il modello ippodameo
viene adattato a un terreno ripido
su quattro terrazze contente:
Ginnasio, Agorà, Tempio di Atena e Santuario di Demetra.
La città presenta tra la parte bassa e la sommità dell'acropoli un dislivello di ca. 350 m. Nelle strade,
pur parallele e ortogonali, la circolazione con carri era possibile solo nel senso E-O, poiché i notevoli
dislivelli determinati dal rapido pendio del monte nel senso N-S erano colmabili con scale
perpendicolari alle vie e accessibili solo con animali da soma.

Con le fondazioni promosse da Alessandro e poi con la nascita dei regni ellenistici si ha un’estesa
diffusione dei principi urbanistici e degli stili di vita insediativa ellenici.
Il nuovo assetto statale di tipo monarchico influenzò i principi della sfera pubblica e della politica
rendendoli meno dominanti.
Alessandria d’Egitto (330 a.C. ca.)
Dell'impianto sappiamo poco. Un circuito di mura circondava la
città, caratterizzata da ampie strade e da architetture di grande
enfatizzazione come palazzi, giardini, la biblioteca, i santuari, gli
arsenali, i porti che rendeva questa città quasi una megalopoli.
Venne realizzata sul delta del Nilo tra paludi e mare. Nonostante il
terreno instabile e un approdo non facile, questa città costiera era
aperta sul Mediterraneo.
Caratteristiche della città ellenistica:
• resta l’ordine geometrico nella definizione degli spazi, ma non si ha più una centralizzazione sui
comparti pubblici. Subentrano altri poli di interesse, anche civile, che portano a un policentrismo
interno (l’acropoli non è più centro politico e religioso);
• adattamento alle esigenze dei detentori del potere (architetture palaziali e celebrative dinastiche)
e alla comunità che ormai non è più unitaria, ma composta da diversi gruppi e con diversi interessi.
•all’agorà politica e civile si somma quella commerciale = emporion (= mercato), circondata da stoai
(= portici);
• enfatizzazione del messaggio affidato a spazi e strutture architettoniche. Non c’è più la prevalenza
degli impianti religiosi, ma si afferma una nuova semantica monumentale di tipo politico e
celebrativo tramite: accessi monumentali, vie porticate ed effetti prospettici e scenografici.

In ambito italico la datazione delle prime manifestazioni urbane è discussa poiché differente da
regione a regione. Ciò dipende dallo sviluppo economico e dagli influssi culturali con le aree di
urbanizzazione greche ed etrusche.
Secondo lo studio Torelli la nascta delle città in area etrusco-laziale è frutto di un processo di ungo
periodo che porta all’edificazione definitiva della città intorno al VI secolo a.C.
Si conosce poco la struttura dei centri etruschi per la sovrapposizione di
altri insediamenti successivi. Le realizzazioni più significative si osservano
nelle fondazioni coloniali. Impianto per strigas (= isolati stretti e lunghi).
Le case sono modulari con corte centrale, su zoccolo in ciottoli e alzato in
mattoncini crudi. L’assetto deriverebbe dall’ impostazione geometrica
greca ma con varianti locali: viene costruita tenendo in considerazione le
valenze rituali e l’orientamento astronomico. (vedi città di Marzabotto →)

Roma è una città, secondo lo studioso Coarelli, centrale e marginale.


Centralità è quella che caratterizza un luogo adatto ad essere centro di scambi commerciali:
•Tevere, che metteva in comunicazione con le risorse dell’interno e con le popolazioni che vi
abitavano lungo il corso
•sentieri della transumanza battuti dalle popolazioni di allevatori
•saline alla foce del Tevere, risorsa necessaria anche per l’allevamento
•percorsi stradali che si incontrano: via Campana/via Salaria che collegava l’interno (Sabini e altre
popolazioni) con le Saline.
Marginalità perché si tratta di un abitato di confine tra Latini ed Etruschi.
La città di Roma nasce da una proto-urbanizzazione: i due villagi preesistenti sul territorio si
riuniscono in un unico centro (seguendo i modelli dell’Etruria).
L’assetto morfologico è cambiato rispetto all’antico a causa del terreno franato dalle sommità dei
colli, dei depositi alluvionali, della continua sedimentazione di macerie di edifici crollati per vari
motivi come incendi, terremoti, ecc.
Il terreno presenta sette colli, il primo ad essere insediato fu il Palatino. Importante è la presenza
delle acque mediante il fiume Tevere (garantiva un collegamento all’ entroterra e al mare e una via
commerciale).
La nascita della città di Roma per convenzione è stata fissata da Varrone nel 753
a.C. L’archeologia, mediante gli scavi di Carantini, hanno permesso di identificare
un muro, segno di una città che si sta formando (datazione intorno all’VIII secolo
a.C.).
Secondo Carandini nello stesso periodo si data anche l’inizio della costruzione del
centro sacrale e politico del regnum, cioè il Foro. In origine era una valle tra
Campidoglio e Palatino, bassa e invasa dalle acque del Tevere. Fuori le mura del Palatino, Romolo
avrebbe costruito il Santuario di Vesta e un Santuario di Vulcano con una piccola piazza per le
assemblee pubbliche.
L’archeologia evidenzia cambiamenti sostanziali nella fase di passaggio fra la prima e la seconda
epoca regia (fine VII e VI secolo) che riguarda soprattutto l’introduzione di prodotti nuovi (tegole e
nuovi tipi di ceramiche) e nuove tecniche costruttive. La città cresce via via nei secoli sviluppandosi
senza un piano regolatore, disordinata e non razionale e geometrica come l'antica Atene. Roma,
tuttavia, si impone come modello architettonico per tutte le altre città dell’Impero, che ne
diventano parva simulacra (cioè piccole copie).
A Roma il problema della pianificazione urbanistica si pose dal IV sec. a.C. con la deduzione delle
colonie: talvolta si procedeva con integrazione, rinnovamento e modernizzazione di impianti
precedenti talaltra con nuove realizzazioni urbane però sempre mirate alla standardizzazione,
semplificazione, flessibilità dei modelli urbanistici che garantiscono efficienza e adattamento a varie
situazioni (pragmatismo).

Coloniae romanae (esempi: Ostia (A) e Puteoli (B)):


- cittadini romani di pieno diritto;
- dipendenza amministrativa dall'Urbe (erano intese come una estensione di
Roma);
- pochi coloni (300) e quindi più piccole.
Caratteristiche urbanistiche: un perimetro quadrangolare regolare; incrocio
centrale degli assi stradali principali; presenza del Capitolium ma assenza del foro
e degli impianti civici (per mancanza di autonomia politica).

Coloniae latinae:
• cittadini latini;
• città autonome, alleate di Roma, con sistema di magistrati mutuato da quello romano;
• territorio ampio e numero notevole di coloni (4000 / 6000), ognuno dei quali aveva in sorte una
porzione di suolo fuori città;
• fondate anche a grandi distanze da Roma, secondo la progressione militare;
• presidi strategico-militari con perimetri irregolari condizionati da geomorfologia.

La pianificazione urbanistica regolare si attua anche nei cosiddetti


insediamenti minori (esempio la città di Bedriacum).
Le indagini archeologiche dell’Università di Milano hanno evidenziato un
tessuto urbano regolare con diversificazione degli spazi in base alla loro
funzione e con un alto tenore di vita degli abitanti, tuttavia senza gli
apparati monumentali tipici delle grandi città.
MURA, PORTE E ARCHI
Le mura, assieme alle torri, ai fossati, ai terrapieni (o aggeri) e alle porte e postierle, facevano parte
dei sistemi difensivi di una città. Le porte e postierle permettevano l’accesso e l’uscita dall’area
urbana.
MONDO GRECO
Le fortificazioni murarie micenee sono composte da bastioni, tratti rettilinei e varchi impostati in
rapporto a un’attenta considerazione delle difese naturali del sito. Lo stesso condizionamento del
terreno si osserva anche nella grande maggioranza delle cinte di età arcaica. Meno legate al terreno
sono invece alcune cinte difensive nella Grecia continentale di età classica nelle quali si comincia a
vedere l'interesse per una pianificazione regolare, in cui emerge una concezione del complesso di
cinta non più come semplice "aggere" difensivo, ma come elemento integrativo della stessa
struttura urbanistica della città.
Due le tecniche principali in uso: la poligonale e la quadrata, in stretta relazione con i materiali
disponibili (la prima più diffusa in caso di pietre più dure, resistenti al taglio, la seconda di pietre più
"tenere»). La quadrata è la più ampiamente
diffusa e, utilizzando blocchi parallelepipedi,
offre rispetto alle altre tecniche una
maggiore semplicità costruttiva.
Anche in Magna Grecia la tecnica
maggiormente usata già nel VI sec. a.C. fu
l’opus quadratum (1). In misura minore si
diffuse l’opus poligonale (2). Noto è anche
l’uso del mattone crudo su una base lapidea
(si tratta di una «tecnica mista» - 3).

MONDO ROMANO
Le mura in ambito romano avevano un valore simbolico,
rappresentavano l’intera città.
In età romana le cinte venivano adeguate alla morfologia del terreno.
Per esempio, nelle città ubicate vicino al fiume, il fiume fungeva da
barriera naturale; questo caso è possibile vederlo anche a Verona, dove
la città utilizza l’Adige come elemento difensivo.
Le mura delle città romane vennero realizzate con varie tecniche
costruttive nel corso del tempo (dall’opus siliceum, al quadratum, al
cementizio rivestito con paramenti in pietra e mattoni).
E’ stato osservato che il paramento delle cortine murarie presenta in
genere una qualità tecnico-architettonica superiore nella facciata rivolta
verso l’esterno rispetto a quella verso la città, proprio per il peculiare
valore ideologico e simbolico di autorappresentazione che la cinta
assumeva per la città verso il mondo esterno.
ESEMPI DI MURA DETTE MEGALITICHE O POLIGONALI O CICLOPICHE (opus siliceum)

• Arpino, città volsca dotata di mura aventio un taglio sommario dei


blocchi. La porta è ad aggetto ogivale databile alla fine del V secolo a.C.

• Alatri, città degli Ernici. La muratura presenta


un’opera poligonale nella forma più accurata
dell’opus siliceum con blocchi accostati tra loro e
una porta coperta da un architrave monolitico. La
porta si trova in una posiziona elevata per favorire
la difesa in quanto l’acceso doveva avvenire per mezzo di una scala o rampa.
Nel III sec. a.C. nelle colonie si avvia una feconda ricerca sulle tecniche di costruzione delle cinte
murarie grazie a influenze etrusche e greche.
• Falerii Novi, presenta mura conservate in grandi blocchi di tufo (opus
quadratum) avente cinquanta torri quadrangolari
•Paestum, i romani mantengono le mura costruite in blocchi squadrati di
calcare a formare due cortine affiancate riempite al loro interno di terra e
pietrame.
A seguito della guerra sociale (90-88 a.C.), con la concessione della cittadinanza all'Italia
peninsulare, venne avviato un grande processo di urbanizzazione che si sviluppò lungo tutto il I
secolo a.C. e comportò un’intensa edificazione di cinte urbane. Le procedure vennero condizionate
da un lato dalla geomorfologia del terreno, dall’altro dalle preesistenze, identificando nella
costruzione delle cinte la prima tra le operazioni che definivano il volto di una città.
“REGOLE” DI VITRUVIO
Vitruvio ci parla della costruzione delle nuove città che deve
avvenire dalla realizzazione delle mura utilizzando i
materiali locali. Vitruvio, poi, fornisce ulteriori indicazioni su
come poter difendere al meglio una città, realizzando dei
fossati (scavati all’esterno).
Vitruvio parla anche delle torri. Ci indica la struttura ottimale (rotonda o poligonale) e ci indica la
distanza adeguata.

IL CASO DI ROMA
Dopo le mura di Romolo identificate da Andrea
Carandini, nel VI l’area urbana vede una estensione con
una nuova fortificazione voluta da Servio Tullio.
In alcuni tratti il muro presentava un agger, cioè un
terrapieno sul lato interno, formato con il materiale
tratto dallo scavo di un ampio fossato sul versante
esterno, che agiva come protezione aggiuntiva.
Non si costruiscono nuove mura fino al III sec. d.C.: Aureliano realizza
una cinta in mattoni e con torri a pianta quadrata.
Le porte principali sono a due fornici e con due torri semicircolari poste
ai lati. Esse vennero rinforzate a seguito degli attacchi goti.

LE PORTE
Le porte erano dotata di aperture (fornici) che potevano andare a una a quattro. Quando le fornici
erano superiori a due, si aveva un’apertura dedicata al passaggio dei carri, solitamente ain lati vi
erano delle aperture più piccole dedicate al passaggio dei civili.
Le porte erano dotate ai lati di torri che potevano essere circolari o a più lati così essere più
resistenti contro le macchine d’assedio (detto da Vitruvio).

LA PORTA A CAVEDIO
Era una posta dotata da due ingressi: uno verso l’esterno, dotato
di porte a scatto, e uno verso l’interno, dotato di porte a battenti.
Tra le due entrate v’era uno spazio centrale quadrangolare
(cavedio) con torri difensive porte verso il lato esterno. Né è
esempio la Porta del Leoni a Verona.

LE POSTIERE
Solitamente a finaco delle porte della città vi erano degli accessi
posti al servizio della viabilità minore, denominate postiere
(consentivano la coomunicazione tra la città e l’agro.

• Città di Augusto (Torino e Aosta): le mura hanno ancora uno scopo difensivo ma assumo (in età
augustea) un valore simbolico. La porta palatina a Torino mostra una versione di porta a cavedio ed
evidenzia l’ampio uso del laterizio.

• Città di Verona, Porta Borsari: porta che viene monumentalizzata in età


claudia. I laterizi vengono coperti da pietre creando un gioco chiaro-
scurale tramite l’alternanza di aggetti e rientranze per la facciata.
Ai lati delle porte venogno realizzate delle semicolonne corinzie che
sostengono un frontone a spioventi. Presente è un’iscrizione riferita ai
restauri eseguiti.
In età tardoimperiale le mura vennero a ricoprire
nuovamente un ruolo difensivo. Le città romane
spesso o finforzavano le mura o ne realizzavano delle
nuove tramite l’utilizzo di materiale di reimpiego,
proveniente principalmente dalle necropoli.

• Mura di Aquileia (IV secolo a.C.): viene usato materiale divrso materiale della
città per costruire le murature, come iscrizioni onorarie. Sono murature che serve
per ingrandire lo spazio del territorio cittadino.

ARCO TRIONFALE (per Roma) e ARCHI ONORARI (per le altre città)


Arco Trionfale: uno degli elementi più rappresentativi della architettura
pubblica e onoraria romana. A una relativa semplicità strutturale si correla in
effetti una vera e propria polisemia, con ruoli diversi a seconda dei contesti e
delle epoche. L’arco inizialmente materializza un passaggio con valore
sacralizzante, poi acquista una funzione più propriamente onorifica e
commemorativa, per cui l’accento architettonico-monumentale si sposta dal
fornice agli elementi di inquadramento che diventano vettori di messaggi politici e ideologici. Nella
sommità venivano poste delle statue di bronzo (non giunte a noi a possiamo sapere della loro
presenza grazie ai reperti rinvenuti come monete).
Cosa è il trionfo?
A Roma il trionfo costituiva un riconoscimento tributato a un condottiero
che avesse riportato una vittoria sul nemico. Si tratta di una cerimonia a
carattere sacro e militare, in cui veniva eseguito un corteo guidato dal
senato e a cui partecipavano diverse cariche importanti (quali ufficiali,
soldati, sacerdoti) dove si esponevano anche i bottini di guerra. Il corteo
partiva dal Campo Marzio, si percorreva poi gli spazi più importanti della
città fino a giungere davanti al Capitolium.
Gli archi si distinguono in due fasi, repubblicana e imperiale, e in due termini:
1. Fornix = si trattava di strutture voltate inquadrate da pilastri con modanature molto semplici
2. Arcus = sottolinea le nuove funzioni onorifica e commemorativa, enfatizzate dalla ricchezza
decorativa e dalle statue poste superiormente.
ORIGINE --> secondo Plinio l’invenzione corrisponderebbe ad una evoluzione delle colonne
ellenistiche; secondo Gros i fornici deriverebbero da un’imitazione della porta trionfale, antico
ingresso della città in cui si passava con il corteo trionfale.

• Rimini, porta-arco di Augusto: un fornice inquadrato da semicolonne


corinzie, con clipei di divinità e testa di toro nella chiave di volta. È un fornice
celebrativa che collegava la strada da Rimini a Roma.
A partire dall’età imperiale l’arco diventa isolato. Assume maggiormente uno scopo decorativo e
celerativo della vittoria.
Le aperture possono essere uniche, doppie o triplici. Inoltre l’arco poteva essere un quadrifronte,
dotato di base quadrata e una porta per lato.
In età augustea era diffuso l’arco con una fornice, come:
• Susa: arco che mostra il foedus tra un re locale, Cozio, e Ottaviano. I fori corrispondevano
all’esistenza delle grappe, poi recuperate.
• Aosta, Arco di Augusto: l’arco era un’anticipazione della porta della città.

SUSA AOSTA VERONA

In età tiberiano-claudia si affermano glia archi quadrifronti:


• Verona, Arco dei Gavi (uno delle famiglie più importanti della città): segnalava l’ingresso della
Necropoli, aveva delle nicchie con delle statue dei membri della famiglia e dotato di mezze colonne
corizie, presente era anche un frontone sopra l’arco. Sotto l’arco è presente il nome dell’architetto
che l’ha realizzato (Vitruvio).
A Roma, a partire dall’età giulio-claudia, gli archi diventano monumenti tipici dell’esaltazione
dell’Imperatore e delle sue vittorie.
• Arco di Tito (81 d.C.): eretto per celebrare vittorie giudaiche. A un fornice, su zoccolo, con capitelli
compositi, le Vittorie vengono rappresentate sopra l’archivolto e tramite dei fregi all’interno del
fornice. Possiamo notare un’apoteosi di Tito su un’aquila al centro della volta.
• Arco di Settimo Severo (202-203 d.C.): costruito nel foro romano, celebra la vittoria sui Parti.
Dotato di tre fornici (quello centrale per i calli e i due ai lati pedonali) incorniciati da quattro
colonne su alti piedistalli e aventi capitelli compositi.L’attico è dotato di un’iscrizione dedicatoria.
Una moneta dell’epoca attesta la presenza di una decorazione scultorea (quadriga imperiare) posta
sulla sommità.
• Arco di Costantino (315 d.C.): celebra la vittoria su Massenzio. Dotato di tre fornici inquadrati da
quatttro colonne corinzie poste su alti piedistalli. Su entrambe le fronti è dotato da bassorilievi e
un’iscrizione dedicatoria posta centralmente.

TITO SETTIMO SEVERO COSTANTINO


TEATRI NEL MONDO GRECO E ROMANO
MONDO GRECO
A partire dal VI secolo a.C. gli Ateniesi in occasione di feste religiose a Dioniso si organizzavano
rappresentazioni sceniche in cui tre autori teatrali gareggiavano per conquistare la vittoria.
Ognuno di essi doveva presentare una tetralogia composta da tre tragedie e un dramma satiresco:
ogni tetralogia veniva recitata nello stesso giorno.
Alla fine dei giorni di gara una giuria di dieci cittadini decretava il vincitore.
Il teatro in Grecia, dunque, aveva un profondo senso civico, morale e religioso, rafforzava la
coesione dei cittadini e insieme istruiva.
Proprio per tale stretta connessione con il sistema culturale greco, il teatro è uno dei tipi edilizi che
si diffusero più velocemente e capillarmente nella penisola greca.
I teatri potevano essere costruiti in connessione con i santuari e in particolare con quelli panellenici
(esempio a Delfi), ove venivano ospitati gli agoni scenici che costituivano parte integrante delle
feste religiose, oppure in diretta relazione con l’agorà o con altre costruzioni di valore civile così che
essi potevano essere utilizzati anche in occasioni pubbliche di carattere politico.
Il teatro era composto essenzialmente da quattro parti:
1. Càvea: spazio ricavato nella roccia in cui siedevano gli spettatori;
2. Orchestra: spazio circolare in cui si posizionava il coro;
3. Scena: spazio composto dal palco e dalla scena monumentale in cui
recitavano gli attori;
4. Ingressi laterali scoperti da cui si accedeva al teatro.
LA CAVEA
La cavea era in genere costruita scavando o adattando un pendio naturale.
Era divisa verticalmente in cunei, a cui si accedeva ai posti a sedere mediante
scalette e diazomata, cioè corridoi. Il numero delle scalette variava e così
quello delle file dei sedili. I sedili della prima fila, con spalliera e braccioli,
formavano la cosiddetta proedria e presentavano spesso iscrizioni indicanti il
nome dell'autorità cui erano destinati.
LA SCENA
Si tratta di un palco sopraelevato rispetto all'orchestra, ove recitavano
gli attori composto da un edificio retrostante (ove si aprivano tre porte)
che costituiva il fondale scenico (skené). Inizialmente si doveva trattare
di una struttura lignea; col tempo assume sempre più un valore
decorativo tramite elementi architettonici come colonne, portici, ecc.
PARTE STORICA
Si ipotizza che i teatri esistettero già in età minoica in una forma più arcaica. Nel Palazzo di Efesto è
stata rinvenuta una struttura rettilinea formata da scalini adiacenti ad un muro (tramite un graffito
si presume che si trattassero di “posti a sedere” per assistere a spettacoli di taurocatapsie o danze).
I primi teatri si diffusero nella Grecia tra il VI-V secolo a.C. Inizialmente di
struttura lignea e rettilinea, verso il V-VI secolo a.C. si sviluppò la
struttura curvilinea.
Il primo teatro ad adottare questa struttura fu quello di Atene: il Teatro
di Dioniso (V sec.) costruito all’interno del Santuario a lui dedicato.
Le rovine rinvenute mostrano una modificazione di età romana (II secolo
d.C.); della fase originaria sappiamo poco poiché il teatro doveva essere ligneo. Ai lati erano posti
dei templi.
• teatro di Epidauro: costruito nel IV sec. a.C.
all’interno di un grande santuario dedicato ad
Esculapio. L’orchestra aveva forma circolare e
la cavea era formata da due settori distinti, di
cui quello superiore fu aggiunto in epoca più
tarda. Parte importante del teatro è il
paesaggio che veniva sfruttato come skenè.
Anche in Magna Grecia vennero costruiti dei teatri come quello di Siracusa (V secolo a.C.) e
Taormina (III sec. a.C.). Entrambi i teatri sono scavati nella roccia e seguirono quelle modifiche
importate dai romani come la cavea semicircolare.

MONDO ROMANO
Il teatro romano è frutto di diverse influenze: greche,
ellenistiche e italiche.
La sua diffusione avviene principalmente in età augustea
come monumento celebrativo dell’imperatore. Oltre alle
rappresentazioni sceniche, il teatro era un luogo di
adunanze politiche e civiche.
Si differenzia dai teatri ellenici per:
- struttura dipendente creata con cemento su un sistema di radiali e archi (così da sostenere le
gradinate);
- la scena diventa il punto di fulcro, la skenè (come muro di scena) diventa mezzo di propaganda
dell’imperatore;
- gli ingressi posti lateralmente sono coperti da ulteriori gradinate, così da ricavare più posti;
- esistevano altri ingressi che tramite un sistema di scale portavano
alle sedute;
- la forma dell’orchestra diventa semicircolare, all’interno del quale le
persone di alto rango assistono allo spettacolo;
- esisteva un sipario (auleum) che apriva e chiudeva la scena tramite
un sistema di antenne e cannocchiale.

• Teatro Orange (Provenza): nella facciata esterna del teatro si possono


notare dei fori usati per incastrare dei pali con cui si creava un tendaggio.
Questo uso veniva fatto poiché si assisteva a degli spettacoli diurni.
PARTE STORICA
Livio, nel 364 a.C., scrive che i primi spettacoli teatrali vennero fatti per placare l’ira degli Dei e far
diminuire la pestilenza. Dalle fonti sappiamo che verso i teatri vi era la diffidenza o l’aperta ostilità
della parte più conservatrice del Senato, poiché in essi si intravvedevano strutture che, destinate ad
accogliere un gran numero di spettatori, avrebbero potuto trasformarsi, in
qualsiasi momento, in luoghi di assemblee a sfondo politico. I primi teatri in
Italia furono costruiti nell’area campana dove sono noti a partire dal sec. II
a.C. - inizi I a.C.
• Teatro grande di Pompei: la cavea ha forma di ferro di cavallo ed è
addossata al pendio naturale, come in Grecia, ma presenta una novità
architettonica: gli spazi d’accesso fra la cavea e l’edificio scenico sono coperti
da volte a botte. (teatro piccolo accostato – 70 a.C.)
A Roma il primo teatro in muratura fu costruito da
Pompeo (55 a.C.). Per quanto sull’edificio si abbiano
solo notizie indirette (le tracce impresse nella città
medievale e moderna) si può capire che la cavea era
stata per così dire camuffata da gradinata d’accesso
al tempio di Venere. In tal modo Pompeo superò la
diffidenza del Senato e poté costruire questo edificio.
Altre importanti sperimentazioni si hanno nei grandi santuari laziali dove
vennero realizzate gradinate semicircolari prive di edificio scenico, il cui
utilizzo liturgico o spettacolare resta di difficile definizione, ma che
formavano con i templi un’unità monumentale.
A Roma dopo il teatro di Pompeo, vennero costruiti quello di
Balbo e quello di Marcello, tutti e tre nel Campo Marzio: con
tali edifici avvenne la definitiva codificazione della tipologia
architettonica romana, ma tutti e tre sono poco noti
nell’assetto architettonico.
Il meglio conosciuto è il teatro di Marcello, i cui muri di
sostruzione della cavea sono stati usati per realizzare il palazzo
familiare dei Savelli poi Orsini.
Dall’ età augustea, il teatro venne diffuso in tutto l’Impero e utilizzato dai Romani come veicolo di
romanizzazione, grazie anche al suo valore celebrativo e ideologico.
• Teatro di Verona (età augustea):
- teatro appoggiato sulla collina, diventa un complesso monumentale
avente un templio sulla sommità (ricorda i grandi santuari laziali);
- per preservare le gradinate venne scavata un’intercapedine nella
collina così da isolarla dall’umidità;
- la collina viene fruttata solo per la parte centrale, i lati vengono
costruiti su sostruzioni;
- nella parte alta viene eseguita una “galleria”.
Esisteva anche un tipo di teatro di dimensioni più
contenute, coperto da un tetto a capriate che poggiava
su un muro di inquadramento rettilineo della cavea. La
copertura era funzionale all’acustica, per cui si è
ipotizzato che l’edificio fosse usato per una precisa
esigenza scenica. Nelle fonti per definirlo compaiono sia
la traslitterazione latina del nome greco odeum/odeium
sia la locuzione theatrum tectum.
l modello di tali edifici sembra essere stato quello
dell’Odeon fatto costruire nel 435 a.C. da Pericle alla base sud-orientale dell’acropoli di Atene per i
concorsi musicali. Sembra che esso sia stato usato soprattutto per assemblee politiche e che così sia
avvenuto per la maggior parte degli “odea” della Grecia e delle province orientali.
• Uno dei più antichi teatri coperti nel mondo romano è quello di Pompei, detto «teatro piccolo»
accostato al «grande» e datato attorno al 70 a.C.
• A Verona esisteva un theatrum tectum vicino al teatro.
GLI ANFITEATRI E I CIRCHI
L’ANFITEATRO
Fu un’invenzione romana in cui si tenevano:
- combattimenti tra gladiatori (munera gladiotoria);
- le cacce, combattimenti tra gladiatori e belve (venationes).

Gli spettacoli gladiatori hanno un’origine etrusca, erano dei riti collegati ai funerali di illustri
cittadini.
L’uso passò in Campagna dove assunse un diverso carattere poiché le lotte si svolgevano talvolta
durante feste private a divertimento dei convitati. Successivamente si diffusero nel Lazio e a Roma
dove, grazie allo storico Valerio Massimo o la data dei primi giochi gladiatori a Roma sarebbe fissata
nel 264 a. C., quando furono celebrati da Marco e Decimo in onore del padre Bruto Pera. Gli
spettacoli gladiatori da Roma rapidamente si diffusero in Italia e poi nelle province sia occidentali
che orientali. La grande diffusione dei manufatti ad essi connessi (pitture, rilievi, iscrizioni, bronzi,
terrecotte, vetri ecc.) attesta che essi godettero di grandissima popolarità.
--> in Oriente non vengono adibiti dei luoghi appositi ma questi combattimenti venivano fatti nei
teatri.
I gladiatori (dal termine gladio = piccola spada) in origine erano prigionieri di guerra e criminali e
quindi per lo più schiavi; col tempo divennero gladiatori anche i liberti e talvolta gli uomini liberi,
che lo facevano, pur perdendo i loro diritti, per acquistare grandi onori e grande successo fra il
pubblico, anche femminile.
(numerose sono le iscrizioni nei muri della palestra e della città da parte delle donne)
I gladiatori si allenavano in delle palestre, luoghi adibiti come: la palestra di Pompei o Ludus Magnus
a Roma.

Importante è osservare che Valerio Massimo, quando racconta dei primi giochi gladiatori dati a
Roma, dice che essi furono organizzati nel foro. In queste occasioni il foro doveva venir delimitato
da strutture lignee per contenere gli spettatori. Complessi lavori vennero fatti eseguire da Cesare
alla metà del sec. I a.C. per dotare la piazza di una serie di gallerie sotterranee con punti di risalita,
dove grazie all’uso di montacarichi i gladiatori dalle gallerie sotterranee comparivano al centro dello
spazio agonale.
Dalla forma allungata della piazza sarebbe derivata la forma ellittica dell’arena che soppresse gli
angoli morti dello spazio forense e favorì una buona visione dello spettacolo da tutte le gradinate.
I primi anfiteatri vennero realizzati in Campania alla fine del II
secolo a.C. a Pozzuoli e Capua.
Queste prime forme venivano realizzate scavando uno spazio e
sui cumuli di terra venivano create le gradinate.
Ma a partire dagli inizi del I sec. d.C. nella struttura degli anfiteatri si applicarono realizzazioni
architettoniche mutuate dai teatri, fino ad arrivare agli anfiteatri completamente “a struttura cava”.
Si trattava di edifici ben più impegnativi e costosi e molto monumentali.
Le gradinate erano divise in due o tre settori da corridoi
orizzontali e sostenute da complessi sistemi di muri radiali
ed ellittici.
Gli spettatori entravano nella cavea attraverso ingressi
esterni numerati, corridoi e scale diverse a seconda del
rango sociale e infine tramite appositi ingressi posti a vari
livelli (vomitoria).
L’arena, coperta di sabbia, ospitava gli spettacoli ed era
circondata da un alto muro liscio (podio) a protezione del
pubblico da eventuali assalti delle fiere usate nelle cacce.
A Roma il primo esempio stabile di anfiteatro è tardo e risale solo al 30 a.C. circa. Il ritardo si spiega
con l’abitudine consolidata di organizzare i munera in spazi temporaneamente adattati all’uso, ma
anche per lo scarso interesse di Augusto alla tipologia architettonica, a differenza del teatro e del
tempio che furono i “cardini” della sua concezione di urbanitas.
Il primo anfiteatro attestato archeologicamente a Roma è l’anfiteatro Flavio, noto come Colosseo.
Iniziato da Vespasiano e finanziato con il bottino della guerra giudaica,
esso fu inaugurato da Tito nell’80 d.C.
Il Colosseo fu costruito demagogicamente in un’area che Nerone
aveva utilizzato per la sua enorme casa (la Domus Aurea), così da
restituire ai cittadini questo spazio prima privato: forte valenza
propagandistica dell’operazione. L’edificio prende il nome da una
statua, appunto il Colosso, posta davanti alla casa di Nerone.
L’anfiteatro venne innalzato sopra una sorta di laghetto interno alla casa e quindi in un terreno
difficile dal punto di vista statico, che richiese un sistema di fondazioni molto impegnativo che
richiese una cementificazione del terreno. Attorno vennero posti dei cippi, legati tra loro tramite
delle catene, così da recintare lo spazio.
Al Colosseo si accedeva tramite delle arcate in stile tuscanico (al piano terra).
Questo è uno dei tre ordini di cui era composto: seguiva lo ionico e il
corinzio.
L’attico presentava delle colonne corinzie ed
era decorato da scudi.
Dentro ogni fornice era presente una statua.
Inoltre, era presente un velaria, ovvero un
tendone a lunghe strisce che serviva a fare
ombra agli spettatori, che veniva “elevato”
per mezzo di un sistema di corde e carrucole.
L’arena era composta da un tavolato ligneo, ricoperto di sabbia. Sotto di esso
vi erano molti locali di servizio finalizzati a vari usi: dall’immagazzinamento di
attrezzature o scenari, all’alloggio dei gladiatori e degli animali destinati ai
combattimenti. Il pavimento era dotato di botole aventi montacarchi.
• Anfiteatro di Verona: è uno dei
più gradi anfiteatri dell’Impero.
Recenti ritrovamenti (una moneta)
hanno permesso di datarlo in età
claudia.
L’Arena non ha l’aspetto originale ma aveva un ulteriore facciata che le
girava intorno (ad oggi rimasto solo un pezzo). La dispersione del materiale
può essere venuta per: costruire/riparare nuove murature o legata a
fenomeni sismici.
Anche l’interno non è originale, si tratta di una ricostruzione.

LE CORSE CON I CARRI


MONDO GRECO
Secondo testimonianze pittoriche sui vasi ceramici l'usanza di gareggiare con i carri era già presente
nel mondo miceneo. A partire dal VII secolo corse di carri trainati da quattro o due cavalli si
svolgevano nell’ambito dei Giochi Olimpici e degli altri Giochi Panellenici.
Le corse avvenivano in spazi chiamati ippodromi: si trattava di competizioni
più che di spettacoli.
L’ippodromo (da ippos = cavallo e dromos = corsa) era lo spazio destinato
alle corse dei cavalli e dei carri: si doveva trattare di uno spazio naturale di
forma ellittica con gradinate in legno smontabili o ricavate sui pendii.
• Ippodromo di Olimpia (citato da Pausania): collocato in un grande santuario dove naquero le
Olimpoiadi (momento di coesione delle Polis) era composta da due pilasti alle estremita intorno ai
quali giravano i carri.

MONDO ROMANO
I giochi circensi sarebbero stati introdotti a Roma
dalle città della Magna Grecia, ma va ricordato il
sicuro apporto etrusco, come attestato da due
osservazioni:
1. a partire dal 530 circa le corse coi carri sono
documentate figurativamente nelle tombe
etrusche a dimostrazione dell’interesse accordato a tali spettacoli.
2. il Circo Massimo è attribuito da Livio ai re etruschi Tarquinio Prisco e
Tarquinio Superbo. Lo svolgimento dei ludi circenses è attentamente
descritto in età augustea da Dionigi di Alicarnasso, ma alcuni dettagli
importanti li apprendiamo da altri autori. Se la pista era pressoché uguale a quella greca, spirito e
comportamento differenziavano le gare greche da quelle romane:
G --> contava la competizione (svolta in 12 giri)
R --> contava lo spirito/entusiasmo... molto spesso venivano fatte delle tifoserie e scommesse
creando così una competizione più pericolosa (svolta in 7 giri).
Nel mondo romano i circhi diventano degli edifici, più grandi degli anfiteatri, così da avere uno
spazio dedicato ma per l’elevato costo sono stati costruiti solo poche strutture.
Essenzialmente il circo romano era formato da due
metae = basi semicircolari poste alle due estremità
del muro allungato centrale, definito spina e decorato
da strutture quali obelischi, fontane, bacini d'acqua,
statue, colonne, edicole a divinità ecc., nonché da 7
grosse uova in pietra e 7 delfini, che venivano man
mano abbassati durante lo svolgimento della corsa
per indicare ad aurighi e spettatori il numero di giri
percorsi.
Questa struttura a forma allungata era composta da due lati corti uno era ad arco (risiedeva il
pubblico insieme ai lati lunghi) e uno era occupato dai carceres (linea di uscita dei carri); il tracciato
era in terra battuta.
Con Augusto il Circo Massimo divenne una costruzione monumentale,
differenziandosi così dalle forme dell’ippodromo greco, che probabilmente lo
avevano caratterizzato fino a quel momento. Augusto in particolare innalzò sulla
spina l’obelisco di Ramses II proveniente dal tempio del Sole.
L’obelisco era un antico simbolo di regalità, nel mondo orientale legato al Sole,
creatore dell’ordine cosmico (che il circo rappresentava). Inoltre, Augusto fece
costruire un pulvinar, ovvero una tribuna da cui assisteva personalmente alle corse.
È in questo momento che l’edificio, come ricorda Livio, venne definito Massimo. Da
questo momento in poi l’impianto architettonico rimase invariato, ma tanti
imperatori vi apportarono aggiunte, modifiche e restauri, specialmente a seguito di
rovinosi incendi.
Tito fece costruire al centro del settore curvo delle gradinate un grande arco
a tre fornici, per celebrare il trionfo giudaico: la sua esistenza è attestata
anche da alcuni frammenti della Forma urbis.
• Circo di Costantinopoli (330 a.C.ca.): conservano resti delle
murature di sostruzione del lato curvo e l’obelisco da Heliopolis. u
uno dei quattro lati del basamento dell'obelisco è rappresentato in
basso il circo con al centro la spina di cui si vedono due obelischi, un
arco ed alle due estremità le metae; nella parte superiore è
raffigurato il palco imperiale con l'imperatore e la corte.

LO STADIO
E’ uno spazio composto da una pista dove si svolgevano le gare finniche/atletiche.
Nel mondo greco sono installazioni provvisorie; con i romani diventano dei veri
edifici appoggiati ai pendii o svincolati da tutto (sono simili ad un circo ma hanno
dimensione ridotta).
Ad oggi a Roma lo stadio sarebbe Piazza Navona, costruito da Domiziano.
AGORAI, FORI E EDIFICI ANNESSI

L’AGORA’
L’agorà è spazio aperto circondato da edifici a varie destinazioni d’uso (politiche, amministrative,
commerciali, religioso, ecc.) che fungeva da piazza centrale delle città greche.
Spesso era caratterizzato dalla stoà: porticati che si estendevano lungo la perimetria della piazza.

• Agorà di Atene: si tratta di un palinsesto di strutture. Nel corso del tempo lo spazio ha varie
destinazioni d’uso: in fase neolitica si trattava di una necropoli, poi con l’unione delle tribù diventa
un luogo di aggregazione cittadina.
Questo spazio viene più volte modificato e possiamo suddividere gli edifici in base alle epoche.
Sono riconducibili al VI secolo a.C.:
- altare dei 12 Dei;
- via Panatenaica (strada che univa l’entrata della
città all’acropoli). In questa strada venivano svolte
le processioni per commemorare la fondazione
della città.
- stoà Basileios, luogo di esposizione delle leggi;
- bouleutèrion, si tratta di un edificio, a pianta quadrata con sedili su più
file disposti tutto attorno o su tre lati, dove il consiglio di una città greca,
la boulè, teneva le sue sedute, spesso collegate col culto di Zeus e di altre
divinità e quindi allo stesso tempo sede di un altare.
- cippi che definiscono lo spazio.
Dopo la distruzione persiana, nel V secolo
a.C. vengono costruiti:
- stoà Poikìle, ovvero dipinta con scene di
battaglia e decorata da scudi;
- Tholos, edificio rotondo dove risiedevano i
magistrati della città;
- tempio di Efesto e Atena;
- stoà di Zeus e stoà sud;
- nuovo bouleuterion a ferro di cavallo.
Risalgono al IV-II secolo a.C.:
- Stoà di Attalo (modello ricostruito nel 1953-56)
- Stoà di mezzo
- Stoà sud

IL FORO
Anche nelle città romane il foro fu il punto di incontro della
comunità con tutte le possibili funzioni: politica, religiosa,
economica, commerciale, giudiziaria, ludica. Inizialmente luogo di
convergenza della viabilità cittadina, dall’età imperiale diventa
spazio chiuso con accessi non più carrozzabili ma solo pedonali.
Perde la natura di luogo di incrocio e diventa luogo di rappresentanza politica, sociale, ideologica.
La concentrazione di edifici religiosi e amministrativi, ma anche dei monumenti celebrativi e delle
iscrizioni onorarie, ne fa del foro un “luogo della memoria”.
Era costituito principalmente da una piazza pavimentata, ai cui lati si estendevano dei portici e delle
botteghe. Gli edifici principali che conteneva erano:
- Comitium (per assemblee) e Curia (per riunioni Senato locale): edifici politici.
- Basilica: dilatazione coperta del foro e tribunale.
- Tabularium (archivio) e Erarium (Tesoro)edifici amministrativi.
Le città più importanti ebbero anche altre piazze aventi
un carattere esclusivamente commerciale ed ognuno
con propria funzione di vendita (es. il forum olitorium, il
forum vinarium, ecc.).
Più tardi, tali mercati vennero strutturati nei macella.
Tipica è la presenza del tholos centrale, di origine greco-
ellenistica si tratta di una struttura a pianta circolare a copertura piramidale, che
spesso racchiudeva una fontana ed era dotata di banconi, come nei casi ben
conservati del Macellum di Pompei e di Pozzuoli (I sec. d.C.).

IL COMITIUM
Spazio scoperto attorno al quale si disponevano i gradini per le assemblee dei
cittadini. Aveva pianta circolare ma spesso racchiusa dentro perimetro
quadrangolare.
• Comitium a Pompei: vi si adunavano i cittadini in particolare per le
operazioni di voto per l’elezione dei magistrati municipali: nella grande sala
con un’ampia tribuna rialzata sulla parete di fondo avveniva la proclamazione
dei magistrati eletti. Numerose sono le iscrizioni elettorali dipinte sui pilastri di
tufo della facciata dell’edificio.
LA CURIA
La curia era architettonicamente legata al comizio e in genere lo dominava
(esprime il controllo dell’oligarchia senatoria sulle funzioni elettorali,
legislative e giudiziarie).
Il prototipo dell’edificio è la curia del foro di Roma: la prima è la Curia
Hostilia, più volte oggetto di rifacimenti nel corso del tempo.
• Curia Iulia di Roma: inaugurata da Ottaviano nel 29 a.C., poi bruciata e
restaurata da Diocleziano rispettando le proporzioni originarie; presentava
una pavimentata in opus sectile, con tre gradini lungo i lati maggiori e una
tribuna della presidenza sul fondo. (lato breve del foro)
L’importanza e la diffusione della curia si lega al processo di fondazione di città attuato in Italia,
dove il senatus diviene elemento fondamentale di tutte le amministrazioni locali e può deliberare
solo in tale edificio.
• Curia di Pompei: sala quadrangolare posta sul lato corto meridionale
del foro, accanto al presunto tabularium; preceduta da un vestibolo,
presenta nicchie alle pareti.

→Con il tempo avviene il declino dei comitia e la prevalenza


del settore religioso sul politico. I poli che orientano
l’organizzazione dello spazio forense diventano:
- la basilica (che viene spesso a comprendere il tribunal per
l’amministrazione della giustizia);
- l’edificio sacro: per lo più tempio capitolino dedicato alla
triade capitolina alle divinità locali.
• Foro tripartito di Aosta: composto da basilica, piazza e
edificio sacro.
LA BASILICA
La basilica, uno degli edifici civili più organicamente legati al foro, nasce come tipologia autonoma
alla fine del III o all’inizio del II sec. a.C. a Roma.
Discusso è il problema delle origini della basilica: alcuni hanno cercato di stabilire una filiazione
dell’edificio dalla stoà basilikè nell’agorà di Atene.
Composta da una grande sala allungata, più o meno vasta, affacciata sulla piazza con uno dei lati
lunghi tramite un portico al quale si accedeva mediante una gradinata. La funzione è polivalente.
Quella giudiziaria è molto importante e si basa sulla presenza, almeno da un certo periodo in poi,
del tribunal su uno dei lati corti. Altrettanto importanti erano la funzione commerciale e civile: la
basilica offriva infatti un largo spazio coperto (con navata centrale) collegato al foro, ove la gente
poteva incontrarsi al riparo dalle intemperie o dal sole eccessivo.
IL FORO ROMANO
La piazza nacque, come luogo destinato agli scambi commerciali e alle attività politiche e giudiziarie,
nella valle fra Palatino e Capitolino in cui convergevano importanti strade. In origine la zona era
paludosa e venne bonificata nella seconda età regia e pavimentata in tufo.
Nel VI sec. a.C. vi vennero costruiti il Comizio (la più
antica sede della vita politica di Roma) e la curia Hostilia.
Nel IV la tribuna del comizio fu abbellita con i rostri delle
navi catturate alla flotta della città di Anzio. Nel II sec.
a.C. iniziò la costruzione delle basiliche destinate
all’amministrazione della giustizia e allo svolgimento
degli affari.

• La Basilica Emilia, Roma: Costruita nel 179 a.C. da M. Emilio Lepido, subì
vari rifacimenti da membri della stessa gens, divenendo una sorta di
monumento celebrativo della famiglia. L’aspetto conservato risale all’età
augustea. La facciata sul foro prevedeva un portico a doppio ordine di
arcate, inquadrate da semicolonne doriche, sormontate da un doppio
attico.
Internamente era divisa in una prima fase in tre e poi in quattro navate,
decorata con una policromia di marmi e decorazioni figurative di scene
mitiche collegate all’origine della città.

• La basilica Iulia, Roma: La basilica, avviata da Cesare e terminata da


Augusto, è l’impianto basilicale più ampio del foro; presentava un
pavimento in marmo e un interno diviso in 5 navate. Aveva tre piani,
nell’ultimo dei quali si aprivano grandi finestroni. Secondo le fonti
letterarie essa ospitava vari tribunali civili
In età imperiale vennero eretti templi dedicati ai vari regnanti e archi di trionfo come quello di
Settimio Severo (203 d.C.). L’ultimo monumento realizzato fu la
colonna eretta nel 608 d.C. in onore dell’imperatore bizantino
Foca. Sullo sfondo il tabularium eretto da Silla.
Il foro romano, nel I sec. a.C., era ormai diventato uno spazio
congestionato e Cesare decide nel 54 a.C. di costruirne un altro
(ne seguono altri 4).
Vengono a crearsi così i fori imperiali, un insieme architettonico complesso e alla fine unitario.
1) FORO DI CESARE
Fatto costruire da Cesare tra il 54 e il 46 a.C. e poi completato da Augusto a ridosso
dell’angolo NW del Foro romano: consisteva in uno spazio rettangolare chiuso,
pavimentato in travertino e circondato da portici a due navate su tre lati, con il lato
corto NW dominato dal tempio su alto podio a Venere Genitrice. Poco resta
dell’apparato decorativo che segna la fase di passaggio dall’uso del tufo o del
travertino al marmo lunense (apertura cave di Carrara).

2) FORO DI AUGUSTO
Inaugurato nel 2 a.C., è condizionato nella forma dall’esistenza della
Suburra, area di proprietà private che Augusto espropria. Piazza
pavimentata in marmo lunense, con porticato che la chiude sui lati
lunghi e ampie esedre laterali; Ovidio dice che sono decorate da gruppi
statuari: da un lato la fuga di Enea da Troia e dall’altra Romolo.
Sul lato corto, su alto podio, l’enorme tempio di Marte Ultore, come
fulcro ideologico del foro.
I portici sulla parete di fondo sono articolati in nicchie rettangolari che
ospitavano statue.
In fondo al porticato occidentale si apriva l’aula del Colosso adibita al
culto imperiale.
Il complesso manifesto ideologico si esplicitava attraverso il
programma decorativo che narrava i miti dell’origine e che giustificava
il potere di Augusto con la genesi divina della gens Iulia.

I portici erano costituiti da colonne in giallo


antico con capitelli corinzi in marmo lunense,
sormontati da un fregio-architrave a girali
naturalistici. Al di sopra vi era un alto attico
articolato in avancorpi sporgenti che
sostenevano figure femminili di cariatidi
ispirate a quelle dell’Acropoli di Atene e
pannelli quadrangolari in cui erano iscritti
clipei con teste maschili per lo più di Giove
Ammone.
L’aula del colosso: decorata con marmi anche sulle pareti, incastrate tra loro mediante delle grappe.
Le lastre formavano un motivo decorativo vegetale, leggermente curvilineo. La statua è eseguita
con il marmo pario.
3) FORO DELLA PACE
Costruito per celebrare il trionfo sulla rivolta giudaica, venne inaugurato nel 75 d.C.
Differente la progettazione e la funzione rispetto agli altri fori (carattere sacro e culturale: è
ricordato come museo all’aperto).
Non è una vera e propria piazza, ma un
giardino con canali d’acqua e aiuole di fiori.
Ricostruito grazie alla Forma Urbis
Severiana, una pianta della città di Roma
incisa su lastre di marmo risalente all’epoca
di Settimo Severo (203-211 d.C.) e collocata
in un’aula del Tempio della Pace.

4) FORO DI NERVA (o Transitorio)


Avviato da Domiziano e inaugurato nel 97 d.C. nello stretto
spazio compreso fra il Foro di Cesare e di Augusto e il Tempio
della Pace, la planimetria viene adattata e sviluppata in senso
longitudinale, adottando accorgimenti tecnici e ottici per
costruire la profondità che mancava.
Le colonne addossate ai muri di fondo a imitazione dei portici
degli altri fori unite da elementi di trabeazione sporgenti.
Nel lato corto era presente il tempio dedicato a Minerva.

5) FORO DI TRAIANO
realizzato con il bottino della guerra dacica a opera dell’architetto
Apollodoro di Damasco e inaugurato nel 112 d.C.: complesso
enorme, ricavato tagliando le pendici di Quirinale e Campidoglio.
Si tratta di una vasta piazza con al centro la statua equestre
dell’imperatore, fiancheggiata da portici e dominata dalla
imponente basilica Ulpia, alle cui spalle si ergeva la colonna traiana
(simbolo del trionfo dell’impresa) fra due ambienti interpretati
come biblioteche; sul lato opposto la piazza era chiusa da un’ampia
sala di forma molto particolare e molto probabilmente di valore
sacrale, aperta su un cortile quadrangolare che metteva in
comunicazione il foro con quello di Augusto.
Sulle pendici estreme del Quirinale verso il foro
di Traiano l’architetto realizzò un tipo del tutto
particolare di area commerciale: i Mercati di
Traiano. Essi si articolano in numerosi ambienti
commerciali e amministrativi distribuiti lungo
due strade poste a diversi livelli del pendio.
Tutta la costruzione è in opera cementizia e
laterizio.
In questo spazio era presente anche una grande
aula voltata e affiancata sui lati da botteghe.

IL FORO ROMANO è DIVERSO DAI FORI IMPERIALI!

→ Nei fori dell’Italia settentrionale la disposizione degli edifici presenta delle varianti, imposte da
situazioni urbanistiche, geografiche o storiche, dietro alle quali si coglie tuttavia un messaggio
ideologico comune.
Esempio: a Brescia una strada taglia il foro

A Verona il Capitolium è rialzato tramite un criptoportico... si crea un senso di monumentalità.


GLI EDIFICI DI CULTO GRECI E ROMANI
Il termine templum (edificio sacro) deriva dalla parola greca tem=taglio; tempio sentito come uno
spazio sacro rispetto al resto. Questi edifici possono essere chiamati anche naos=casa del Dio, una
statua occupava il cuore del tempio, visibile sono ai sacerdoti.
I fedeli non accedevano nella cella ma si raccoglievano nel pronao.

L’ORIGINE DEL MODELLO ARCHITETTONICO (MONDO GRECO)


1) La teoria dominante sulle origini del tempio greco nell’Ottocento era che esso derivasse da
modelli egizi. La tesi è stata poi abbandonata perché la struttura del tempio greco è molto diversa
da quella egizia, anche nelle singole componenti e perché i contatti tra il mondo greco ed il mondo
egizio si sviluppano soprattutto nella seconda metà del VII secolo a.C..
2) Un’altra ipotesi pensa che il tempio greco derivi dal megaron miceneo, che abbiamo visto
all’interno dei grandi palazzi del tempo. Vi sono tuttavia problemi di ordine storico: il megaron fa
parte di una tipologia architettonica che scompare nel corso dell’XI secolo a.C. con il collasso della
civiltà micenea e l’inizio dei cosiddetti secoli bui del Medioevo ellenico.
→ Il primo tempio viene considerato il Lefkandì in Eubea e considerato il primo grande edificio
monumentale del mondo greco (X sec. a.C.). Si tratta di un edificio in legno, ricostruito sulla base
delle impronte lasciate sul terreno dai pali che lo
circondavano. Pianta costituita da quattro ambienti: una
sorta di grande pronao (1), un secondo ambiente più grande,
all’interno del quale sono state trovate delle tombe (2); poi vi
è una specie di punto di passaggio, anticamera (3) con due
ambienti, uno a sinistra ed uno a destra; infine, vi è
l’ambiente conclusivo absidato che si raggiungeva dopo aver
attraversato gli altri vani (4). Secondo alcuni studiosi era un
edificio a funzione regale, che dopo la morte del re fu trasformato nel suo edificio funerario: doppia
valenza; secondo altri era un edificio cultuale (viene chiamato anche Heroon).
Dalla prima età arcaica (VIII sec.) in Grecia nasce l’architettura monumentale proprio con il tempio.
l tempio greco nasce rettangolare e tale struttura semplifica la forma del tetto a doppio spiovente.
La pianta del tempio arcaico è generalmente molto stretta e allungata, ma nel corso del VI-V sec.
a.C. va assumendo una forma più larga e proporzionata: è il momento della grande fioritura di
templi in Grecia, Asia Minore e Magna Grecia. Componenti: cella, pronao, opistodomo (poteva
anche non esserci) per custodire arredi sacri o offerte alla divinità.
Nei templi sicilioti, questo spazio è spesso chiuso (adyton). Costruzione a secco senza uso di malta.
→ Le colone dei templi determinano la pianta, che si complica nel corso del tempo:
• In Antis: quando le pareti della cella sporgono fino al filo
delle colonne del pronao a formare una sorta di portico
chiuso.
• Prostilo: con un colonnato nel davanti.
• Anfiprostilo: con colonne nel fronte e retro dell’edificio.
• Periptero: quando le colonne circondano
perimetralmente la cella (tipologia più diffusa).
• Pseudoperiptero: quando ha un colonnato formato da
semicolonne lungo i muri della cella.
• Diptero: duplice porticato tutto attorno.
• Tholos: tempio a forma circolare.

→ Tipologie di templi in base al numero delle


colonne di facciata:

→ Tipologie di templi in base a ordini decorativi dell’alzato:


Templi dorici: compaiono nel VII sec. a.C. Uno dei primi esempi noti è l’Heraion di Olimpia: 600 a.C..
Il tipo si canonizza tra il VI e il V sec. a.C. tramite un armonico schema delle proporzioni e correzioni
ottiche.
Templi ionici: si sviluppano soprattutto in Asia Minore con piante e proporzioni enormi, ma trovano
anche in Grecia varie formulazioni nel corso del V sec. Il più antico è l’Heraion di Samo (metà VI sec.
a.C.)
Templi corinzi: capitello per la prima volta applicato nel tempio di Apollo a Bassae (400 a.C.), ma
edifici interamente corinzi solo in età ellenistica e poi da qui in età romana.
• Heraion (tempio di Era), 600 a.C.
Uno dei primi templi dorici peripteri
monumentali ubicato nel santuario
di Olimpia. Questo tempio periptero
esastilo inizialmente aveva delle
colonne in legno sostituite col tempo in pietra e terracotta. All’interno
presenta la suddivisione in naos, pronao e opistodomo.

• Tempio di Zeus, Olimpia, V secolo a.C.


Tempio periptero esastilo in stile dorico.
Appoggiato ad una crepidine possiede,
sul lato principale, una rampa posta
centralmente.
All’interno si hanno due colonne in antis
sia nel pronao sia nell’opistodomo.
La cella è suddivisa dalle colonne in tre
navate.Di questo tempio sappiamo il
“gioco di colore” attuato; decorazioni/
rivestimenti eseguiti in stucco.

• Heraion di Samo, VIII secolo a.C.


Si tratta del primo grande tempio ionico greco, ubicato in un isola
dell’Asia Minore. Il tempio nel corso del tempo riceve varie
rifacimenti. Importante saranno le modifiche attuate nel 575-550
a.C. da degli architetti (di cui conosciamo il nome) che trasformano
il tempio in diptero ottastilo.
All’interno presenta un profondo pronao e una cella divisa in 3
navate. Le decorazioni delle colonne ioniche, appoggiate su una
base modanata, richiamano i contatti con l’Egitto.

• Tempio di Apollo a Didima, VII secolo a.C.


Il tempio ha conosciuto varie modifiche, fino all’età ellenistica.
Si tratta di un tempio ionico, dipetero decastilo.
Nel pronao, vi è l’ingresso ad un’area, priva di colonne interne cui si
scendeva tramite alcuni scalini. In quest’area più bassa al centro vi è un
piccolo tempio: non è una cella, come nei templi tradizionali, ma una
sorta di bosco sacro all’interno del quale vi è una fonte oracolare.

• Tempio di Apollo Epikourios (=soccorritore) a Bassae, 400 a.C.


Tempio dorico, periptero esastilo. All’interno presenta delle
semicolonne ioniche appoggiate alle pareti con base a campana.
La colonna centrale (isolata) presenta un capitello corinzio.
I SANTUARI GRECI
I primi templi greci sorgono nei santuari. Nell’VIII-VII sec. a.C. si compie il processo di formazione
della polis, intesa come corpo sociale dotato di organismi istituzionali e di spazi comunitari civili e
religiosi. Alla formazione della polis è strettamente connesso lo sviluppo dei santuari urbani (aree
religiose per culti poliadi), ma anche extraurbani.
All’interno dei santuari i singoli edifici sacri non sorgevano in modo coordinato fra loro: ognuno era
concepito come una costruzione a sé stante, come un’entità assoluta e conchiusa.
I santuari si suddividono, principalmente, in tre categorie:
- Santuari panellenici: Delo, Olimpia e Delfi (luoghi dei giochi olimpici)
- Santuari extraurbani: Poseidonia
- Santuari urbani: Acropoli di Atene
• Santuario di Delo
Il santuario, costituito da vari edifici (il
principale dedicato ad Apollo) senza un ordine
topografico preciso, dalla seconda metà del VII
secolo a.C. venne monumentalizzato con una
serie di iniziative, fra cui la terrazza dei leoni (valore arcaico), che in realtà è
una via sacra per portare i fedeli dall’approdo marittimo al santuario.

• Santuario a Zeus a Olimpia


Comprendeva vari edifici costruiti sfruttando la
morfologia del territorio. La monumentalizzazione
culmina nel V secolo per poi riprendere in età romana.
Fondamentale per la conoscenza del santuario è la
descrizione di Pausania nella sua Periegesi.
Importante in questo santuario sono la
presenza dei Thesauroi (=tesori), piccoli
edifici in cui venivano conservate le
offerte dei cittadini (citati anche questi
da Pausania).

• Santuario di Apollo a Delfi


Fin dalla sua fondazione l'oracolo divenne centrale nella
vita sociale e politica dei Graci come durante la
colonizzazione di VIII-VII, durante la quale i responsi
oracolari facevano da guida per i coloni. A partire dalla fine
del VII secolo a.C., le città greche cominciarono a
depositare presso il santuario i propri tesori votivi, ospitati
nei thesauroi. I resti del tempio dedicato all'Apollo Delfico
riportava sull’architrave del portale le massime della sapienza. Di fronte al tempio si trova
il teatro, scavato alle pendici della montagna, e proseguendo lungo la Via Sacra si arriva ai
resti dello stadio. L’area era sede dei Giochi Pitici.
• Santuario di Atena a Delfi
Si conserva una Tholos, tempio a struttura circolare avente colonne dorice all’esterno e all’interno
delle colonne corinzie.

• Santuario di Era alle foci del Sele (Poseidonia)


Scoperto solo nella prima metà del XIX secolo, il santuario
marcava il confine tra il territorio greco e quello etrusco. Fu
fondato agli inizi del VI sec. a.C. dai Greci e dedicato alla dea
Hera Argiva, protettrice della navigazione e della fertilità. Alla
fine del VI secolo si ebbe la costruzione di un grande tempio,
probabilmente periptero e ottastilo e, davanti ad esso, due
altari monumentali. Alla fine del V sec. si ebbe il momento di
massima fioritura del santuario, con la costruzione di nuovi edifici che riutilizzarono i materiali di
quelli più antichi. Venne edificato inoltre un edificio quadrato in cui sono state rinvenuti numerosi
pesi da telaio e dove si è ipotizzato che le fanciulle tessessero il peplo per la statua di culto, offerto
alla dea con una processione annuale. Con la conquista dei romani il tempio entra in decadenza.

• Acropoli di Atene
Prima della sistemazione periclea, l’area dell’Acropoli presentava due
edifici sacri:
- un tempio dedicato ad Atena Polias (520 a.C.) avente una statua in
legno;
- Hekatompedon (VI secolo a.C.), struttura templare dorica periptera.
Questo sistema venne distruttotto durante le guerre persiane.
Il materiale delle macerie venne riutilizzato nella così detta “colmata
persiana”.
Con Pericle, Atene inizia gli anni d’oro. Nell’Acropoli viene costruito il
Partenone (al cui interno vi era una statua di Atena Parthenos – 447-
438 a.C.), Eretteo e tempio di Atena Nike. Inoltre vengono realizzati i
Propilei, entrata monumentale.

1) IL PARTENONE, 447-432 a.C.


Grazie a degli epigrafi sappiamo che ci vollero 15 anni per
realizzarlo. Inoltre, sappiamo che si occupò del complesso Fidia
insieme ad altri due architetti.
Il Partenone è un tempio dorico, periptero ottastilo costruito in
marmo.
Nonostante sia un tempio dorico, il fregio e le colonne
nell’opistodomo (luogo delle offerte) sono costruite seconod
l’ordine ionico.
Al centro del tempio prende luogo la cella, nella cui navata
centrale è presenta la statua di Atena vergine in crisoelefantina
(ovvero costruita in oro e avorio).
Le navate laterali formano una specie di porticato.
Questo edificio, nel corso del tempo, cambiò la sua funzione: venne trasformato inizialmente in una
chiesa, poi con la conquista ottomana divenne una moschea. Con la guerra veneziata-ottomana il
Partenone subisce gravi danni. Infine, con un ambasciatore inglese, molte sculture frontali e blocchi
di fregio vengono esposti nel British Museum.

2) I PROPILEI
Si tratta dell’unico ingresso monumentale
dell’Acropoli. In esso si riunicono lo stile
dorico e ionico. Ai lati dovevano essere
realizzate due sale, una sola delle quali fu
compiuta e adibita a pinacoteca.

3) TEMPIO DI ATENA NIKE, 449-420 a.C.


Si tratta di un anfiprostilo tetrastilo in stile ionico. Caso unico di cella più
larga che profonda per la presenza dei propilei e del dirupo dietro il lato
posteriore. È stato ricostruito con i materiali originali fino al fregio, dopo la
distruzione del 1687.

4) L’ERETTEO, 407 a.C.


Complesso a pianta rettangolare dalla forma molto particolare per la presenza di più aree sacre
all’interno: il corpo principale è un tempio ionico con sei colonne sulla fronte e una cella dedicata
ad Athena Polias che occupa circa la metà dell’edificio. Un altro portico più profondo si apre a nord
con quattro colonne doriche di fronte e due di lato ioniche. Da qui si ha accesso alla cella di
Poseidone Eretteo e a un ambiente a cielo aperto che sta dietro alla facciata ovest.
A questo cortile è addossata la loggetta della Cariatidi, sostenuta da sei figure femminili.
MONDO ROMANO
Le tre caratteristiche della religione romana:
- politeismo;
- estrema tolleranza verso altre religioni e capacità di assimilazione nei loro confronti;
- centralità del rito tramite: sacrifici e divinazione, come auspici (= consultazione della volontà di
Giove tramite l’analisi del volo degli uccelli).
La gestione dei riti religiosi era affidata ai vari collegi sacerdotali, fra cui i principali erano:
- i Pontefici, con a capo il Pontefice Massimo (=massimo grado religioso cui un romano poteva
aspirare), che erano i garanti del rito e ne stabilivano le regole;
- i Flamini, addetti ciascuno al culto di una specifica divinità;
- gli Auguri, addetti all'interpretazione degli auspici ed alla verifica del consenso degli dei;
- le Vestali, 6 sacerdotesse vergini consacrate alla dea Vesta il cui compito consisteva nel mantenere
acceso il fuoco sacro.

I primi templi romani possono essere datati al VI sec., quando cioè tutte le altre tipologie
architettoniche dovevano sostanzialmente essere ancora introdotte. Il tempio romano risentì sia
dei modelli etrusco-italici, sia dei greco-ellenistici.
→ TEMPIO ETRUSCO
Ricostruibili da modellini votivi e dalle descrizioni di Vitruvio e poche
tracce archeologiche (anche per uso materiali deperibili: mattoni crudi per
i muri, e legno per la struttura). È un luogo consacrato, di culto, preghiera
e di offerta in cui si praticava la divinazione.
Una delle caratteristiche del tempio etrusco è il podio: alto basamento in
pietra, in genere di tufo, di forma rettangolare avente una scalinata di
accesso sulla fronte. La pianta era poco allungata, con stessa estensione di pronao e cella.
Il tetto era a doppio spiovente e sulla facciata dominava un frontone triangolare aperto o chiuso.
Il tetto era completato da un complesso sistema di elementi decorativi e di protezione in terracotta
dipinta a colori vivaci.

Caratteristiche dei templi romani:


• un podio che sopraeleva l’edificio e lo stacca dal mondo circostante;
• un unico accesso frontale con scalinata;
• un pronao profondo e aperto nel quale sostavano i fedeli più o meno delle stesse dimensioni della
cella aperta solo ai sacerdoti;
• vasto spazio libero davanti al tempio per il culto e i sacrifici;
• come in Grecia inoltre vi era una statua di culto nella cella.

Differenze del tempio romano rispetto al greco:


1. ubicazione (sorgono per lo più in contesti urbani e non in posizione dominante sulle acropoli);
2. sopraelevazione su un alto podio, accessibile da una scalinata spesso frontale (il che corrisponde
a dare maggiore importanza alla facciata, mentre il retro è spesso addossato a un muro di
recinzione e privo del colonnato).
• Capitolium a Roma (uno dei templi più antichi della tipologia “etrusca-
italica”)
Tempio dedicato a Giove, Minerva e Giunone, venne iniziato da Tarquinio
Prisco nel 509 a.C..
La pianta presenta un pronao con ampio colonnato da cui si accede a tre celle,
ognuna dedicata ad una divinità.
Il tempio capitolino fornisce il modello di tutti i principali templi delle città
romane, che prende il nome di Capitolia presso i fori urbani.

• Tempio Capitolino a Verona (50-20 a.C.)


Si tratta di un tempio collocato sul lato nord del Foro e retto su una
terrazza artificiale costruita a nido d’ape. Il tempio aveva tre celle e
un porticato laterale, che si ereggeva sopra un criptoportico.
Al di sopra nel portico si ipotizza fosse ubicato il tabularium della
città, spazio dedicato all’archivio che preservava fonti come il
catasto della colonia.
Il tempio di Verona era una variante di periptero sine postico, con
pronao scandito da tre file di colonne. La costruzione di tale tempio a
Verona sta ad indicare due fattori:
- il rapporto della comunità veronese che si vuole adeguare a Roma;
- mostrare un messaggio ideologico, ovvero un’adesione politica verso
Roma.
Nulla resta dell’alzato: si sono trovati frammenti di fusti ionici e di
capitelli tuscanici delle colonne e frammenti della decorazione in
terracotta del frontone.

Alla fine del II secolo/inizi I sec. a.C. sono definite tutte le principali tipologie templari romane,
menzionate da Vitruvio su modello architettonico greco-ellenistico.
L’ordine architettonico più comune per gli edifici sacri in età romana è il corinzio, diffuso in modo
prevalente dalla fine del II sec. a.C., mentre sono utilizzati il tuscanico nelle fasi più antiche e lo
ionico soprattutto nell’epoca della profonda ellenizzazione del II sec. a.C.
1) TEMPIO IN ANTIS O AD ALAE
Collocato in posizione dominante sul porto fluviale, a Roma è stato da
poco portato alla luce un tempio in stile etrusco-italico, in antis, su alto
podio in pietra, con scalinata frontale, la cui prima costruzione risale al
580 a.C.

2) TEMPLI PROSTILI
3) TEMPLI PERIPTERI (ellenizzazione del tempio
etrusco-italico)
Ne è esempio il Tempio di Marte a Roma: un periptero
esastilo di proporzioni raccorciate, senza podio, ma
sollevato su crepidoma a sei gradini, quindi un unicum
a Roma.

4) TEMPILI PSEUDOPERIPTERI
Esempio: Tempio di Portuno a Roma, tetrastilo a doppia fila
con semi colonne lungo i lati.

5) TEMPLI A THOLOS (II secolo a.C.)


Esempio: Tempio di Ercole vincitore, Roma (foro boario), 120
a.C. ca.
E’ un monoptero che si ispira ai tholoi dei grandi santuari
greci, costruito utilizzando il marmo.

6) TEMPLI A CELLA TRASVERSALE (nuova tipologia)


Si tratta di templi che hanno la cella disposta nel senso del
lato lungo, si cerca di adattarsi alla morfologia del
territorio. Il pronao è più ristretto rispetto alla cella.
Esempio: Tempio di Veione, Roma, 196 a.C.

7) TEMPLI A CELLA ABSIDATA (nuova tipologia – I secolo a.C.)


Costruiti con un apside in fondo alla cella, il quale conteneva una statua della divinità.
Esempi: Tempio di Venere Genitrice, Foro di Cesare (Roma), 246 a.C. (1)
Tempio di Marte Ultore, Foro di Augusto (Roma), 2 a.C. (2)

1 2
• Pantheon, Roma, età adrianea
ricostruito da Adriano su una precedente, diversa versione realizzata da Agrippa che prevedeva una
cella trasversale preceduta da un pronao colonnato ottastilo. Adriano sulla precedente cella
trasversale fa costruire un cilindro coperto a cupola.
Sulla sommità della cupola, realizzata in cemento armato a cassettoni, c’era un'apertura che
garantiva la luce. Dal VII d.C. è divenuto basilica cristiana (tombe dei re d’Italia).

• Tempio di Venere, Roma, età adrianea


Si tratta del più grande conosciuto a Roma. Tempio periptero, decastilo, a due celle adiacenti
orientate simmetricamente verso l’esterno, con le pareti di fondo adiacenti, cui Massenzio aggiunse
le absidi ancora visibili.

I SANTUARI ROMANI
Fenomeno sviluppato nel tempo (II - inizi I a.C.) e nello spazio (Lazio), costruiti su modello greco.
• Santuario di Giunone, Gabi, 150 a.C.
In una grande terrazza si trovano disposti l'edificio
templare al centro e sui lati si sviluppano i porticati, di
fronte all’edificio è presente un altare e una gradinata
teatroide. Il tutto è perfettamente recintato. Il tempio è
periptero sine postico, esastilo.

• Santuario della Fortuna Primigenia, Palestrina


E’ il più grande complesso religioso dell’Italia romana, sviluppato nel I secolo
a.C.. Su una base sostruttiva si ergono due rampe oblique convergenti
accompagnate da uno spazio porticato. Al termine delle rampe si trova la
terrazza degli emicicli. Ancora più in alto una grande piazza circondata da
portici da cui si accedeva ad una gradinata teatrale e più sopra alla tholos.

• Santuario di Ercole Vincitore, Tivoli, 90 a.C.


Il santuario è realizzato secondo lo schema dei Santuari complessi a
terrazze. Il complesso era circondato su tre lati da portici a tripla
navata su due livelli. Al centro della piazza si elevava il Tempio di
Ercole, ottastilo, periptero sine postico, con gradinata a forma di
teatro posta in asse davanti al tempio stesso.
STRUTTURE e INFRASTRUTTURE CORRELATE ALL’ACQUA

Di opere correlate all’acqua ne parlano anche degli eruditi romani:


Strabone: “Romani posero ogni cura soprattutto in tre cose, che furono dai Greci neglette, cioè
nell’aprire le strade, nel costruire acquedotti, e nel disporre nel sottosuolo le cloache... Gli acquedotti
portano talmente tanta acqua, che questa scorre come fiumi attraverso la città... e quasi tutte le
case hanno le cisterne, i loro tubi e i loro canali d’acqua abbondante”
Dionigi: “a mio parere le tre magnifiche opere di Roma, nelle quali la grandezza del suo impero può
essere meglio apprezzata, sono gli acquedotti, le strade lastricate e la costruzione delle cloache. Io
dico questo non solo pensando all’utilità di tali lavori [...] ma anche all’imponenza dei loro costi”

Gli acquedotti conducevano l’acqua dalla sorgente


(punto di captazione) al sito che doveva essere
approvvigionato (dove era raccolta nel castellum aquae)
per gravità; quindi, venivano costruiti con una leggera
pendenza verso il basso. L’acqua scorreva all'interno di
condotti di pietra, mattoni o cementizio che erano
coperti per proteggerli dalle impurità (condotto = specus).
La maggior parte del condotto correva sottoterra, ma dove c'erano valli da attraversare o pianure,
esso era sostenuto da strutture con arcate. Vari pozzetti verticali permettevano di ispezionare il
condotto ed eventualmente di intervenire per pulirlo.
• Pont du Gard, Provenza
Acquedotto con triplice fila di arcate, permetteva di trasportare
l’acqua dalla sorgente alla città di Nimes.
• Il castellum aquae, Pompei
L’acqua all’arrivo in città era
convogliata nel castellum aquae in
genere ubicato presso le mura, e
veniva distribuita in tre condotti:
uno che alimentava i pozzi e le
fontane pubbliche, uno le terme,
l’altro le abitazioni private.

L’acqua era condotta in città tramite fistulae plumbee o in


terracotta. Vistruvio si accorge che le condotture in piombo
sono nocive perché da questo materiale si ricava la biacca.
Frontino (curator aquarum con Nerva nel 97 d.C.) nel suo De aquaeductu descrive
in dettaglio la rete idrica pubblica della Roma imperiale, che era alimentata da
undici acquedotti, di cui alcuni già di età medio-repubblicana. Gli acquedotti
prendono il nome di chi li fa costruire, esempio:
Acquedotto Flavio o Aqua Claudia.

Per immagazzinare l’acqua si usavano le cisterne. Una tra le più grandi


si trova presso Pozzuoli, ed è nota con il nome di Piscina mirabilis,
interamnete scavata nel tufo.
Se garantire l’approvvigionamento idrico era una necessità primaria, altrettanto
importante era l’organizzazione di una rete di smaltimento delle acque reflue e
dei liquami (cloache).
Solitamente si sviluppavano sotto le strade romane, per questo motivo quando
vi sono questi ritrovamenti si può determinare che una strada romana passasse
sopra.
• Verona, tratto di fognatura in laterizi

Le latrine pubbliche erano costituite da un ambiente per lo più a


pianta rettangolare, con pavimento in lastre di pietra facili da
pulire, lungo le cui pareti erano disposti sedili in pietra o marmo,
caratterizzati da incassi circolari. I sedili erano sospesi sopra un
canale, dove scorreva l'acqua che portava via gli escrementi,
collegandosi alla cloaca più vicina; davanti ai sedili correva un
canale con acqua pulita, usata per lavare le mani. Le latrine
pubbliche erano poste di preferenza accanto al Foro e alle Terme.

Fontane: in un primo momento erano vasche generalmente quadrangolari in


muratura o pietra impermeabilizzata (uso del cocciopesto), all’interno delle quali
da un pilastrino contenente un cannello (spesso dotato di un elemento decorativo)
sgorgava l’acqua. Col tempo divennero veri e propri edifici che potevano anche
fungere da luoghi di ritrovo e soggiorno in ambienti freschi e ombrosi (= ninfei);
spesso decoratia nche con piccole statue.
Ninfei (da ninfa, divinità legata all’acqua):
"luoghi d'acqua", strutture a pianta
rettangolare, ellittica o semicircolare, con
vasche di varie forme e dimensioni e
facciate spesso a più piani con absidi,
nicchie e decorazioni scultoree varie.
In età imperiale si diffondono due tipi
principali:
1. con facciata di tipo “teatrale” (esempio: Mileto di età traianea)
2. a pianta semicircolare (esempio: Gerasa del II sec. d.C.).
LE TERME
Gli edifici d’acqua più tipici e diffusi nel mondo romano furono le terme. Esse non si possono
considerare un’invenzione romana, ma furono l’evoluzione dei balnea già nota nel mondo greco.
In età romana il termine balnea venne ad indicare edifici privati o pubblici di non grandi dimensioni,
mentre il termine thermae si diffuse a partire dal I sec. d.C. per indicare grandi complessi igienico-
sanitari, che fungevano da luoghi di ritrovo della società romana.
Quando si parla di terme è necessario fare una distinzione tra terme “igieniche” e terme “curative”.
Nelle prime le acque, prive di caratteristiche specifiche, venivano riscaldate artificialmente ed erano
usate principalmente per il relax; le terme curative invece erano edifici legati a sorgenti termali
naturali (sia calde sia fredde).
Il riscaldamento avveniva in una prima fase tramite
bracieri, ma dal I sec. a.C. tramite un sistema detto a
ipocausto, alimentato da un praefurnium: esso
produceva aria calda che veniva fatta passare sotto il
pavimento rialzato grazie a pile di mattoni dette
suspensurae. La stessa aria calda che passava sotto il
pavimento veniva fatta passare anche sulle pareti,
grazie a tubuli fittili posti dietro all’intonaco.

Vitruvio tratta le terme in un capitolo


del De Architectura. Gli utenti
procedevano all’interno dei complessi
termali attraverso un percorso di bagni
in progressione: caldari, frigidari e
tiepidari. Completavano il tutto
spogliatoi (= apodyteria, sulle cui
pareti erano ricavate nicchie e mensole dove venivano sistemati gli
indumenti e al di sotto panche in muratura) avente un soffitto a scanalature
per far sgocciolare il vapore, piscine per nuotare, latrine, palestre ma anche
biblioteche, botteghe e fontane.
Vitruvio affronta anche una tematica fondamentale per la comprensione
del funzionamento delle terme romane ovvero il problema legato
all’approvvigionamento idrico all’interno dei complessi. Quest’ultimo
poteva avvenire in modi assai differenti: tramite cisterne o pozzi oppure
con la raccolta dell’acqua da fiumi o da sorgenti locali oppure anche da
fonti lontane tramite acquedotti.

• Terme di Agrippa, Roma (Campo Marzio), 12 a.C.


Le Terme di Agrippa rappresentavano la tipologia di terme dette “in
linea”, con una serie di ambienti accostati senza uno schema
preciso attorno a una grande sala circolare.
Un punto di svolta nell’architettura termale è il periodo neroniano: agli architetti di Nerone va
infatti attribuita l’introduzione a Roma di una nuova tipologia di terme a impianto assiale e
simmetrico che sarà quella quasi universalmente adottata in età imperiale in tutte le città
dell’impero.
• Terme di Nerone, Roma
Lungo l’asse centrale si distribuivano un imponente frigidarium, che
per la prima volta divenne una vera e propria sala destinata alla
convivialità, il tepidarium, il calidarium, fiancheggiato da due
praefurnia, e a nord un’ampia natatio. Ai lati si aprivano
simmetricamente palestre, spogliatoi e sudationes.
• Terme di Traiano
le terme mostrano un’assoluta somiglianza con le precedenti,
riprendendone lo schema assiale simmetrico, con la sequenza calidarium,
tepidarium e frigidarium. L’innovazione consistette nel fare di queste
terme un monumento immenso e unitario, che comprendeva oltre allo
stabilimento balneare, giardini coperti, viali e portici per passeggio,
biblioteche per ricreare lo spirito dopo le fatiche del corpo.
• Terme di Caracalla, Roma, fine II secolo d.C.
L’impianto si presenta come del tutto simile alle Terme di
Traiano; quindi, è molto probabile che si tratti dello stesso
architetto. In questo caso avviene un raggruppamento degli
apprestamenti idraulici in un blocco unitario (analogo a
Traiano) e il loro inserimento in un vasto recinto
quadrangolare.
Fra gli annessi del recinto si osservino le ampie esedre laterali
con tre sale ciascuna che potevano servire agli usi più diversi,
mentre la grande esedra meridionale presente nelle Terme di
Traiano viene qui sostituita da una costruzione a forma di
stadio, con i gradini per gli spettatori poggianti sull’immenso
sotterraneo posto allo sbocco dell’acquedotto destinato a rifornire il complesso.
Fra le ricche decorazioni si possono menzionare il Toro e l’Ercole Farnese e le due vasche di granito
ora in Piazza Farnese.
• Terme di Diocleziano, Roma, 298-306 d.C.
Le più grandi di tutte le terme di Roma. La pianta consta di un grande recinto perimetrale che
racchiude una vasta area aperta, al centro della quale vi era l’edificio balneare vero e proprio: lo
schema è comunque quello canonico: grande frigidarium centrale, complesso
caldarium-tepidarium-natatio disposto lungo l’asse minore, palestre ai lati dell’asse maggiore.
Per capire le dimensioni basti pensare che l’esedra corrisponde all’attuale Piazza della Repubblica.

Chiesa che corrisponde al


frigidarium delle terme
ARCHITETTURA PRIVATA GRECA e ROMANA
abitazione in antico = centro di comunicazione sociale e di autorappresentazione che prevedeva al
proprio interno ambienti di rappresentanza aperti ai visitatori e vani a carattere funzionale.

EDILIZIA PRIVATA GRECA


Quando si sviluppano le polis, si tende a creare un’abitazione che si adatti al
territorio disponibile.
Nel corso dell’VIII sec. a.C. si afferma la casa a planimetria rettilinea.
Diviene determinante per le classi sociali alte consolidare il consenso
ostentando le ricchezze in occasione di cerimonie collettive, fra cui il simposio
maschile (banchetto, vino, intrattenimento).
Esso nella tradizione omerica si svolgeva nel mègaron... si modifica,
divenendo rito esclusivamente maschile che ha luogo nell’andròn e dal VII
sec. a.C. si prevede l’uso di mangiare sdraiati su klìnai.
→ A partire dalla fine VIII a.C. è attestata la casa a pastàs =
vestibolo/corridoio trasversale nella parte anteriore della casa,
davanti ai vani domestici. Dapprima vestibolo coperto o cortile
chiuso cui si accedeva direttamente dalla strada, poi dal VI sec.
a.C. portico colonnato aperto su un cortile. Da qui si accedeva
tramite una scala al piano superiore della casa, riservato alle
donne (cinecei) e allo spazio di riposo. Già dalla seconda metà del
VII sec. la casa a pastàs è presente anche in Magna Grecia.
SPAZI TIPICI DI UN’ABITAZIONE GRECA:
- una corte interna direttamente accessibile dalla strada o da un vestibolo
(talora affiancato da botteghe), cui si accedeva dalla pastàs.
- pastàs: costituiva uno spazio polifunzionale (attività produttive, per lavaggio
tessuti, per cucinare cibo, per pratiche di culto ecc.
- un oikos = vasto ambiente destinato alla vita di famiglia.
- un andron, spesso in posizione angolare, vicino all’ingresso
-camere da letto (difficilmente riconoscibili dagli scavi, probabilmente quella
maschile al piano terra e quella nuziale al primo piano, se presente),
magazzini, dispense e ambienti di servizio, ecc.
Si è a lungo creduto che nella casa greca ci fosse una rigida separazione fra settore maschile e
femminile, ma gli scavi hanno rivelato una totale comunicazione fra gli spazi domestici.
Le strutture (prima) elevate con materiali deperibili, s’iniziano a costruirle in pietra dal V sec. a.C..
• Olinto (V a.C.) - ricostruita e ampliata dopo la distruzione persiana
ogni isolato rettangolare comprende dieci lotti abitativi organizzati su
due file, separati da un ambitus di drenaggio. Abitazioni sono di forma
quadrata, secondo il modello a pastàs, che, pur con variante
planimetrica, si prestano all’inserimento nel regolare piano
urbanistico.
→ A partire dall’età ellenistica, pe motivi socio-politici, compaiono le abitazioni di rappresentanza: i
palazzi.
• Palazzo di Filippo a Verghina (IV secolo a.C.)
Presenta un’ampia corte centrale monumentalizzata, circondata da portici, ambienti di
rappresentanza e sale da banchetto.
• Palazzo di Pella (IV secolo a.C.)
Viene eseguita una monumentalizzazione con corti porticate e vengono realizzati numerosi vani,
anche di ricevimento / rappresentanza.

1 2→

Sin dal primo ellenismo anche le abitazioni private conoscono un notevole sviluppo sia nelle
dimensioni sia nella ricchezza decorativa sia nell’articolazione planimetrica, prendeno esempio
dall’architettura palaziale alcune soluzioni che diventano simbolo di appartenenza a un’élite:
- diffusione dei colonnati;
- estensione dei rivestimenti pavimentali e parietali.
Si afferma la casa incentrata su una corte colonnata (peristilio) che assume
caratteri diversi nella forma (quadrata o rettangolare), nelle dimensioni, nella
pavimentazione (in ciottoli, lastre o mosaico).

EDILIZIA PRIVATA ROMANA


I Romani ebbero un forte senso della gens, una precisa propensione all’autorappresentazione
anche attraverso la casa, che era uno strumento di ostentazione sociale: precoce attenzione alla
qualità degli ambienti domestici, sia traendo spunto dalla tradizione etrusco-italica, sia acquisendo
modelli dall’ellenismo.
Vitruvio in un passo parla delle domus romane dicendo che: : in una domus si distinguevano i loca
communia = spazi in cui potevano entrare senza invito persone estranee alla famiglia e clientes; dai
loca propria = spazi in cui le persone potevano entrare solo su invito.
Inoltre, ci viene detto che le case avevano un’imposizione assiale così da garantire una visibilità più
ampia dalla strada (modo di autocelebrazione della gens).
Bisogna distinguere vari tipi di abitazione.
In città si parla di:
- Domus, abitazione delle classi sociali medio-alte;
- Insula, palazzina a più piani tendenzialmente per le classi povere.
In campagna:
- Villa, aziende agricole
- Casa/tugurium/villula, fattoria per esclusivo consumo interno.
Case di città:
1) Casa ad atrio
Nella seconda metà del VI secolo a.C. nell’ambito della civiltà etrusco-
laziale nasce un nuovo modello di abitazione che divenne la tipica
residenza urbana aristocra9ca fino al II sec. a.C.: la casa ad atrio, che
rispondeva alle esigenze di autorappresentazione della classe gentilizia.
Le due fondamentali novità della casa ad atrio sono: l’organizzazione
spaziale complessiva e la copertura dell’atrio con il sistema
compluvium-impluvium che assicurava la raccolta dell’acqua piovana
insieme all’illuminazione e aerazione della casa.
Fra le prime domus ad atrio di età arcaica possiamo citare quelle
portate alla luce a Roma nel corso degli scavi di Andrea Carandini sulle
pendici settentrionali del Palatino (datate al VI sec.a.C.).
• Pompei, casa del chilurgo
Abitazione ad impostazione assiale con distribuzione simmetrica dei vani.
- Ingresso (1) con due vani aperti sulla strada = botteghe (2-3).
- Atrio (4), spazio a cielo aperto che garantiva l’illuminazione della domus,
usato per accedere alle varie stanze dette cubicula (5)
- In asse con l’ingresso, si ereggeva il tablinum (8), luogo celebrativo della gens
- ai cui lati (8-9) si sviluppavano gli ambienti destinati ai banchetti = triclinium
- Portico (10) e hortus (11) posteriori

Atrium
Vano di disimpegno / smistamento spaziale, di raccordo tra i percorsi interni e fonte di luce, aria,
acqua. Fulcro dell’abitazione, ad uso
polifunzionale. Era il luogo in cui
erano custodite ed esibite le memorie
della famiglia. In un angolo veniva
posto questo armadio con le immagini
in terracotta o in cera degli antenati.
Inoltre, presenti era il latario, altare
del culto domestico.
Tablinum
Si trattava di uno spazio che prende il nome da tabula; si
presume conservasse memorie e ritratti degli antenati. Spesso
era chiuso da tende o porte in legno. Con l’introduzione del
triclinio diventa una sala di ricevimento.
Triclinio
Riconoscibile dalla decorazione sui pavimenti che presentava una bipartizione tra anticamera
e zona del banchetto. Dove erano collocati i letti, la decorazione mosaicale è assente.
Cobicula
Si tratta di piccoli ambienti che fungevano da camera da letto, dotati di etti
ligneie di soffitto voltato in corrispondenza del letto. Il pavimento presenta una
decorazione, che scompare sotto il letto.
Culina
Si tratta di un piccolo locale occupato da un focolare in muratura, spesso
dotato di un camino e un piccolo formo per il pane. Essa non aveva
un’ubicazione fissa nella casa ma si preferiva collocarla vicino ai bagni,
così da riscaldarli.

2) La domus ad atrio nel II sec. a.C. viene sostituita dalla domus ad


atrio e peristilio, sorta su imitazione dei cortili colonnati dei palazzi
ellenistici. Il peristilio acquisisce come l’atrio una funzione
rappresentativa e ideologica della gens.
Si introducono anche nuovi ambienti come la biblioteca, la
pinacoteca e l’exetra.
3) atrio
5) tablinium
11) peristilio avente un quadriportico.

• Casa del Fauno,


Pompei, II secolo a.C.
Casa denominata per
la statua del fauno
posta nell’impluvium,
è composta da due atri
e due peristili,
probabilmente si
fondono due
abitazioni.

→ In cisalpina non vengono a crearsi case con gli atri, a causa delle condizionni climitiche.
L’unico esempio è stato trovato ad Aquileia, si pensa ad un’importazione dei modelli centro-italici
su imitazione delle case d’elitè. (scavata dall’università di Padova).

1. atrio
2. Tablino
3. Vasca mosaicata
Nell’assoluta maggioranza dei casi le case dell’Italia settentrionale
di età imperiale presentano uno spazio aperto interno (corte),
spesso riccamente decorato da arredi e dotato di vasche e
fontane: tale corte, colonnata o meno, forse a causa della
temperatura rigida e delle piogge, presenta una pavimentata con
lastre di pietra o marmo o in solidi cementizi.
Es.esempio: Brescia, Domus di Dioniso
• La domus di Piazza Nogare, Verona (I secolo a.C.)
affacciata sulla strada presentava, la casi si articolava intorno ad un
cortile (C) che, inizialmente dotato di due vasche (V), venne
ristrutturato con l'aggiunta di un lastricato in pietra bianca, di una
fontanella (F) e di un colonnato su tre lati (A).
Tra gli ambienti verso la strada si distinguono i vani B e D,
pavimentati a mosaico, di cui uno costituiva forse l’ingresso. Sul lato
opposto del cortile sono due ambienti (E, G) con pavimenti a mosaici
policromi che, vicini all’impianto di riscaldamento (H), sono stati
interpretati come ambienti invernali.

→ Domus di età tardoantica caratterizzate dalle aule apsidali, spesso dotate di grandi finestre. Altri
elementi ricorrenti erano i ninfei e le fontane. Si disponfono gli ambienti in maniera ortogonale.
3) Vista l'importanza della città di Roma e l'estrema
densità della popolazione, furono necessari molti alloggi.
Poiché gli alloggi al solo piano terra non potevano
accogliere la massa di popolazione urbana, si dovette
ricorrere a costruzioni in altezza. Dal I-II sec. d.C. si
cominciano a costruire le case ad appartamenti
sovrapposti, le insulae, composti da un piano terra, in
genere destinato a botteghe, e da piani superiori destinati agli alloggi, via via meno pregiati man
mano che si saliva.

→Va infine ricordato che fra le strutture private nelle città vi sono gli edifici commerciali:
- le tabernae di vario tipo (con scala di legno che portava a un soppalco dove viveva il bottegaio)
- le cauponae e i thermopolia con i tipici banconi nei quali erano incassati recipieni di terraco
-panifici (con macine e forni)
- fullonicae (con vasche per la pulitura e tintura dei tessuti)
- lupanari, luoghi di prostituzione
Abitazioni di campagna:
1) Villae urbae et rusticae
• Villa di Settefinestre, Toscana
Costruita su un poggio, presentava nel territorio
limitrofo due piccole fattorie. La villa ha numerosi vani
produttivi e decorativi
Piccole-medie fattorie
Edifici caratterizzati da impianti di forma rettangolare e quadrata, privi di aree scoperte interne,
quasi sempre orientati con il lato lungo nel senso est-ovest, per garantire una maggiore esposizione
solare degli ambienti.
Le due tipologie di lusso al di fuori della città erano le villae suburbanae (realizzate nella fascia
immediatamente esterna al centro cittadino) e quelle maritimae ubicate lungo la costa marina o
lacustre. Entrambe le architetture erano soggette al gusto del committente, alla sua volontà di
autorapresentazione.

•Villa di Valdonega (I secolo d.C.)


Ubicata vicino a Verona, si conservano ad oggi solo
tre grandi ambienti affacciati su un porticato a L, che
si apriva su un giardino.

• Ville gardesiane
Villa dalla pianta rettangolare che si ereggeva su tre
piani e collegata direttamente alla spiaggia. Nel
settore centrale della villa era presente un grande
giiardino. Caratteristico della villa è il grende
criptoportico, ricavato scavando (in parte) la roccia,
ubicato in un lato lungo.

• Villa di Desenzano sul Garda (villa tardoantica – I secolo d.C.)


Nei primi secoli si trattava di una azienda agricola, ritrovamento opus
spicatum, un frantonio e una macina per cereali. Nel IV secolo la villa
venne ricostruita attraverso un percorso assiale. Dal vestibolo ottagonale
con mosaico geometrico policromo (1), al peristilio composta da un ampio
giardino porticato (2), a un atrio biabsidato (3) sino alla grandiosa aula
trichora (a tre absidi), dove si svolgeva il banchetto, fondamentale
momento dell'esibizione del potere e del dominus (4).
A conferma di questo ambiente, sono stati rinvenuti dei mosaici a tema
simposio e naturale.
Palazzi imperiali
A partire da Augusto il colle Palatino fu scelto come sede delle abitazioni imperiali (che da qui
presero il nome di palazzi). Il colle già all’inizio della repubblica (a partire dal VI secolo a.C.) venne
occupato da case patrizie, che da qui dominavano da una parte il Tevere e dall’altra il foro: le fonti
parlano di numerosi personaggi illustri che scelsero questa area per il loro luogo di residenza, tra cui
lo stesso Cicerone.
Quando diventa princeps Augusto decide di abitare sul Palatino (valore
fortemente simbolico del luogo che si ricollega alla storia della
fondazione di Roma). Sembra (ma discusso) che inizialmente non
costruisca un edificio di grande imponenza (per non turbare la
suscettibilità della classe senatoriale) e non utilizzi le risorse statali, ma
fondi propri: ristruttura e unisce case precedenti, fra cui quella detta di
Livia.
Tiberio costruisce una residenza imperiale ex novo
e sceglie l’area che si sviluppava nella parte
angolare del Palatino più vicino al foro (anche se
tra le due zone c’è un fortissimo dislivello).
Si tratta di una grande residenza che prende il
nome di Domus Tiberiana; il cuore della parte
abitativa era un peristilio, mentre il lato verso il
foro copriva su varie terrazze un dislivello di tre
piani.
I Flavi scelgono la parte più alta del Palatino. La residenza è costituita da
tre settori: in un primo sono i vani di rappresentanza; un secondo
centrale, noto come Domus augustana, è riservato alla vita privata
dell’imperatore; il terzo settore è l’ippodromo (probabilmente un
maneggio o giardino privato).

Nerone concepisce dapprima un grande palazzo chiamato


Domus transitoria fino all’Esquilino, ma nel 64 dopo
l’incendio rovinoso della città, costruì una casa grandiosa (la
Domus Aurea) che si estendeva anche nella valle del futuro
Colosseo, regolarizzando il lago qui esistente nel suo
perimetro e disponendo tutto intorno una serie di padiglioni
residenziali. Uno degli elementi statuari di particolare rilievo era il colosso in bronzo raffigurante
Nerone.
Le famiglie imperiali possedevano anche molte ville fuori Roma.
Fra tutte la più celebre per la particolarità architettonica
dell’impianto è villa che Adriano costruì a Tivoli. Si tratta di una
serie di edifici sparsi nel verde, riproducevano i luoghi e i
monumenti visti dall’imperatore nel corso dei suoi numerosi
viaggi in Grecia e in Oriente.
L’ARCHITETTURA FUNERARIA
Tre elementi fondamentali da analizzare quando si studia una sepoltura antica (sempre tenendo
conto, comunque, dell’importanza dell’analisi contestuale), per capire il contesto socio-economico
e culturale in cui essa fu realizzata:
1. trattamento del corpo;
2. tipologia della struttura funeraria;
3. tipologia dei manufatti che compongono il corredo.
Ma nell’archeologia funeraria è importante anche l’approccio delle analisi scientifiche:
1. antropologia fisica che studia i resti ossei per capire aspetti fondamentali della biografia del
defunto (sesso, età, cause del decesso) e può essere affinata con: a) analisi chimiche e in particolare
degli isotopi presenti nelle ossa per capire la tipologia di alimentazione adottata, ma anche per
realizzare indagini di mobilità sociale; b) analisi del DNA per comprendere malattie e relazioni
genetiche e genealogiche fra diversi individui;
2. analisi microscopiche di ossa e terreno attorno per individuare ad es. residui di tessuti (teli di
copertura/vestiti);
3. analisi archeobotaniche e archeozoologiche delle offerte post mortem, per capire i riti e gli
alimenti utilizzati nei banchetti;
4. analisi chimiche dei contenuti' dei manufatti di corredo sempre per capire i rituali e gli alimenti
utilizzati nei banchetti.
PRINCIPALI TRATTAMENTI DEL CORPO/RITI DI DEPOSIZIONE
- Inumazione o sepoltura → il corpo viene prima trattato con un’abluzione rituale e vestito (vedi
spilloni, fibule o tracce di tessuto riconoscibili con analisi microscopiche sullo scheletro o sul terreno
a diretto contatto con resti ossei) o avvolto in un lenzuolo (sudario). Viene poi sepolto direttamente
entro la tomba (a diretto contatto con la terra) o in un contenitore (bara lignea, cassa di laterizi,
sarcofago lapideo, anfora ecc.).
- Cremazione → Incinerazione su pire rituali e riduzione dello scheletro in piccoli frammenti e
cenere raccolti entro appositi contenitori. 1 Cremazione primaria o diretta (bustum): il rogo viene
realizzato nello stesso luogo ove poi avviene la sepoltura (vedi immagine). 2 Cremazione secondaria
o indiretta: la pira = ustrinum, talora assai grande, viene allestita altrove rispetto al luogo di
deposizione.

ETA’ MICENEA
Tombe principesche di Micene: segnano l’inizio dell’ascesa di gruppi di potere
aristocratico. Gruppi di tombe a fossa, coperte da un tumulo di terra.
Circolo B (1650-1550 a.C.) posto fuori della Porta dei Leoni, circondato da muro
lapideo, conteneva 26 tombe con corredi costituiti da una maschera d’oro, armi,
vasellame.
Circolo A (1600-1500 a.C.) era esterno alla città, ma poi compreso dalle mura di
XIII secolo e in quell’epoca circondato da un muro; conteneva 6 tombe; tra i
ricchissimi corredi: 5 maschere funerarie d’oro, armi, coppe d’argento e oro,
gioielli, ambre.
• Tomba di Agamennone, Micene
A poca distanza dalla Porta dei Leoni
Schliemann portò in luce una grande
tomba a tholos (1450 ca. ma
datazione discussa) ancora coperta
dal tumulo di terra originario, nota
come «tomba di Agamennone» o
«Tesoro di Atreo». Composta da un lungo dromos e camera funeraria, cui si accedeva da una porta
inserita tra due semicolonne decorate a rilievo e dotata di triangolo di scarico. La camera funeraria
a pianta circolare presentava una volta ogivale realizzata con massi progressivamente aggettanti.

ETA’ PROTOGEOMETRICA-GEOMETRICA (XI-VIII SECOLO A.C.) – ATENE


Necropoli: Ceramico (vi si cominciarono a seppellire i morti già dall’età del Bronzo, poi a partire dal
1100-1000 la necropoli si ampliò e via via divenne la più importante di Atene, in uso fino all’età
romana) e area della futura Agorà.
Assoluta prevalenza della cremazione, con deposizioni entro fosse quadrangolari, sul fondo delle
quali è incavato l’alloggiamento per il cinerario (per lo più anfore), poi riempite dei residui del rogo
e coperte da un tumulo oppure segnalate da lastre o da grandi contenitori ceramici.

ETA’ ARCAICA-CLASSICA (VII-IV SECOLO A.C.)


In questo periodo si separano nettamente lo spazio dei vivi e quello dei morti, per
cui ad Atene scompaiono le tombe nella zona dell’Agorà e il Ceramico comincia a
presentare un’organizzazione più ordinata delle tombe. L’attenzione dei gruppi
gentilizi si sposta dal cerimoniale funebre e dai corredi (ora impoveriti) alle
tombe, dove le distinzioni di rango sono
espresse dai segnacoli funerari (stele e
kouroi/korai).
In età classica non sono più attestati i
kouroi e le korai ma continuano le stele:
es. la stele di Hegesos figlia di Proxenios
o quella con scena di commiato,
entrambe della fine del sec. V a.C.
In Magna Grecia nel secondo quarto del quinto secolo a.C. vi sono celebri pitture che attestano le
funzioni funerarie.

• Tombe a cassa di Paestum, tomba del tuffatore,


480-470 a.C.
Le tematiche tendono a distinguersi per genere:
giochi, banchetti, caccia, battaglie per gli uomini;
esposizione del corpo o la defunta in trono assistita
dalla ancelle per le donne.

ETA’ ELLENISTICA
Tombe rinvenute a Verghina (prima
capitale del regno macedone) e in
particolare quella che è stata identificata
come la tomba di Filippo II, padre di
Alessandro Magno. Essa venne scoperta nel
1977 dall’archeologo greco Andronikos.
Si tratta di una tomba a camera avente una facciata che presenta due pilastri e una porta centrale a
due battenti e un fregio con metope bianche e triglifi blu; all’interno un vestibolo e una camera
funeraria quadrata.
• Monumento sepolcrale di Mausolo, Alicarnasso, IV secolo a.C.
Considerato dagli antichi una delle sette meraviglie del mondo, il
monumento fu distrutto, ma dalle fonti letterarie sappiamo che esso
presentava un massiccio basamento rettangolare, una parte mediana
con peristasi di colonne ioniche probabilmente attorno a una cella e una
piramide coronata da una quadriga. La costruzione divenne il modello
per le tombe monumentali successive.

ETA’ ROMANA
Molto sentito era il culto dei morti per assicurare ai defunti la sopravvivenza tramite il ricordo:
numerose erano le ricorrenze in cui i vivi si recavano alla tomba dei cari per cerimonie durante le
quali si offrivano doni ai defunti. Le tombe e i loro segnacoli avevano varie funzioni:
1. segnalare il luogo della sepoltura;
2. conservare la memoria dei defunti;
3. celebrare lo stato sociale e la gens del defunto.
Fin dall’età arcaica, la collocazione delle necropoli era prevista all’esterno della città, a eccezione
per personaggi benemeriti e imperatori.
TRATTAMENTI DEL CORPO NEL MONDO ROMANO
Fine I secolo a.C. – inizi II secolo d.C.: prevalente INCINERAZIONE
A partire dalla prima metà del II secolo d.C.: prevalente INUMAZIONE
In età repubblicana le due forme di sepoltura coesistono e che l’introduzione della inumazione non
dipende dal diffondersi del cristianesimo, come non dipende da questo la decisa riduzione delle
cremazioni (che sussistono anche in età cristiana). Il funerale prevedeva: processione solenne e
lamentationes; deposizione anche di corredi; banchetto funebre e offerte alimentari al defunto.

→ Le più diffuse tipologie di tombe a incinerazione sono:

→ Le più diffuse tipologie di tombe a inumazione sono:


I CORREDI
- Vasellame da banchetto in ceramica: olpe, piatti, coppe, bicchieri
- Balsamari in vetro
- Elementi con valore simbolico: moneta, lucerna
- Oggetti ad uso personale

Per monumento funerario si intende qualsiasi costruzione monumentale che, oltre alla sepoltura,
servisse per l’autorappresentazione e a ricordo duraturo del defunto e della sua famiglia: nel tempo
avvennero vari cambiamenti nella tipologia monumentale, secondo una certa scansione
cronologica, ma con molte varianti regionali e soprattutto individuali.

❖ EVOLUZIONE STORICA DEI MONUMENTI FUNERARI

→ IV-III sec. a.C.: prevalgono le tombe ipogee, senza grandi monumenti in alzato (che potevano
essere costruiti solo con l’approvazione del senato). Il corredo poteva essere molto ricco, perché
l’autorappresentazione si esprimeva soprattutto attraverso questo e la cerimonia funebre.
→ II a.C.: La prosperità economica dopo la II guerra punica e le conquiste in Oriente e Occidente
porta a un deciso cambiamento anche nell’aspetto delle necropoli: i ceti dirigenti vengono sepolti in
monumenti funerari che assumono struttura architettonica e spesso sono caratterizzati da statue-
ritratto. Essi si dispongono lungo le strade.
→ I a.C.: Guerre civili, ascesa ceto libertino, gare di prestigio
fra le singole famiglie: si vuole far risaltare la propria
deposizione, dandole la massima visibilità.
Nascono nuovi monumenti funerari (tumulo, piramide,
edicola) ed essi si allineano in maniera molto regolare con il
fronte sulla strada per produrre un effetto diretto sui
passanti (“vie delle tombe”). Si adottano vari espedienti per
attirare l’attenzione dei passanti: forme nuove e bizzarre,
materiali pregiati, ricche decorazioni.

TOMBE A TUMOLO
Sono costituite da un basamento, un tamburo cilindrico, un cono di terra e hanno camera funeraria
interna.
• Tomba di Cecilia Metella, via Appia, 30-20 a.C. (aristocrazia, figlia di un console)
Il monumento è costituito da un basamento a pianta quadrata su cui si
innalza un imponente cilindro, ancora rivestito dalle originarie lastre di
travertino, sulla cui parte sommitale vi è un fregio marmoreo.
Probabilmente il cilindro era originariamente sormontato da un tumulo di
terra ricoperto da vegetazione. L’interno della tomba è costituito da una
camera funeraria aperta sulla sommità con un oculus.
TOMBE A PIRAMIDE
(sviluppate dopo la conquista dell’Egitto nel 31 a.C.)
• La piramide di Cestio, Via Ostiense, 18-12 a.C. (unico elemento
superstite)
La struttura con base quadrata è composta da un nucleo di opera
cementizia con rivestimento esterno in lastre di marmo. La camera
sepolcrale con volta a botte fu murata al momento della sepoltura,
secondo l’usanza egiziana. Agli angoli presenta quattro colonne.
TOMBE A EDICOLA
Grande varietà (ampia diffusione), ma tutte caratterizzate da uno zoccolo e un’edicola.
Nascono su influenza ellenistica, poi si evolvono verso forme sempre più sviluppate in altezza.
L'edicola che sormonta il basamento può avere varie forme (colonne e frontone davanti ad un muro
di fondo, tempietto circolare con tetto conico ecc.) e ospitare la statua del committente.
La forma architettonica si ripete nelle stele a edicola, molto diffuse ad es. nella Venetia: un
monumento di più piccole dimensioni con colonne e frontone, di varie forme e tipologie e con varie
decorazioni, che spesso inquadra il ritratto o i ritratti dei defunti.

→ Età augustea e I sec. d.C.: la competizione fra i membri


dell’aristocrazia perde di significato e questo si ripercuote
sull’aspetto esterno dei monumenti. Viene via via meno l’importanza
del monumento funebre come strumento di autorappresentazione
sociale. Lungo le vie dei sepolcri i monumenti si assomigliano e si
riducono gli spazi fra loro: si scelgono modelli preesistenti e si
concentra la decorazione all’interno (maggiore intimità).
Le tipologie più frequenti diventano i recinti funerari con muretti di
delimitazione variamente decorati (talora staccionate o siepi).

→ Fra fine I sec. a.C e I d.C.: si diffondono anche i colombari, strutture


interrate o seminterrate con camere sepolcrali composte da nicchie in
cui venivano conservate le urne con le ceneri dei defunti. Questo tipo di
sepoltura risultava molto funzionale a Roma e in tutte le grandi città dove
vi era una elevata concentrazione di popolazione.
Gli imperatori si riservavano grandi mausolei dentro lo spazio urbano:
• Mausoleo di Augusto, Campo Marzio
Si articolava in tre parti: il basamento, il tamburo e un vero e
proprio tumulo con la statua di Ottaviano alla sommità.
La parte sommitale assomigliava alle grandi tombe
dell’aristocrazia senatoria, ma la differenza era il basamento
altissimo che elevava l’opera come se fosse posta su una collina.
Ai lati della porta di ingresso e su pilastri laterali stavano le lastre
di bronzo iscritte con le imprese di Augusto.
• Mausoleo di Adriano
Ritorna la tripartizione della costruzione come in
quello di Augusto, ma con struttura architettonica
molto diversa. Il basamento quadrato, su cui
poggiavano il tamburo circolare e il tumulo con la
quadriga bronzea, era molto grande, con grossi
pilastri che inquadravano la porta centrale e
segnavano gli angoli. Sulla piattaforma al di sopra del tamburo si ergevano le statue dei membri
della famiglia imperiale.

→ II sec. d.C.: continua la tendenza all’interiorizzazione del sepolcro già avviata nel I sec. d.C., con
dominanza di monumenti funerari allineati lungo le strade con facciate “anonime” per lo più in
laterizio e con decorazioni interne molto sontuose (affreschi, stucchi, mosaici).

• Necropoli dell’isola sacra, Ostia


ll complesso comprende oltre 200 edifici funerari databili a partire dalla fine del I fino al IV sec. d.C.
Le tombe presentano una tipologia omogenea, «a casa» anche a due piani, tendenzialmente
quadrata, con coperture a botte o a terrazza e con timpano triangolare in facciata. Al di sopra della
porta entro cornici vi sono iscrizioni che riportano varie informazioni, come: il nome del
proprietario/a, le dimensioni della tomba, le disposizioni testamentarie e le norme d’uso del
sepolcro.
→ III-IV sec. d.C.: si diffonde ampiamente il sarcofago (anche perché ormai la forma di deposizione
assolutamente prevalente è l’inumazione), la cui produzione era già esplosa nel II sec. d.C. Dati i
costi elevati del materiale, il sarcofago è un oggetto prezioso, che presuppone una committenza
dotata di notevole disponibilità economica.
Caratteristiche della produzione dei sarcofagi:
1) In serie: ripetitività soggetti, stesse
raffigurazioni riprodotte su più casse (stesse
scene, stessa iconografia: vedi caccia di Meleagro
raffigurata in più di 200 esemplari fra interi e
frammentari), ma comunque non industriale, con
dettagli diversi perché opera di diversi scalpellini.
Spesso ritratti abbozzati ma non finiti, altro elemento che attesta la produzione in serie; anche in
scene mitologiche i personaggi sono senza volto perché potevano essere fatti su immagine del
defunto o della sua famiglia.
2) su commissione
3) di prestigio (erano costosi): i costi variano in base alle dimensioni e alla complessità della
decorazione:
- Materiale (marmo)
- Trasporto (dalle cave)
- Impegno scultori, incisori e anche pittori (erano dipinti)
I sarcofagi potevano essere a cassa (parallelepipedi) o a tinozza (a lenòs) con bordi stondati.
Le coperture potevano essere: 1 a doppio spiovente con o senza imitazione delle tegole di un tetto
oppure 2 figurati o ancora 3 con ritratto del defunto a corpo intero, sveglio o addormentato.
DOMANDE TIPO ESAME:
- Nome della tecnica costruttiva, elenca i pregi e difetti (opera a graticcio)
- Riconosci almeno 4 elementi nella foto (immagine pietra con i numeri)
- Differenza tra lo stile dorico e ionico
- Nome della tecnica pavimentale (pavimento opus sectile)
- Quale stile pompeiano si riferisce a questa pittura (primo stile)
- Descrivi brevemente l’origine di Roma e la sua morfologia
- Funzione delle mura nel mondo romano
- Riconosci l’arco (Tito) e descrivi brevemente l’evoluzione architettonica
dell’arco
- Quali sono gli elementi costitutivi del teatro greco, usa la terminologia
appropriata
- Quando e dove nascono i primi anfiteatri in Italia e a Roma
- Riconosci e descrivi il complesso monumentale (fori imperiali) e spiega il
significato che hanno (celebrazione dell’imperatore e allargare lo spazio
d’incontro)
- Riconosci le tipologie di templi (periptero esastilo, anfiprostilo tetrastilo e
prostilo)
- Descrivi il mausoleo di Augusto
- Riconosci l’immagine (tombe macedoni)
- Come si realizza l’opus cementicium

Potrebbero piacerti anche