Et in Arcadia Ego Lingannevole Eden Di

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Giuliana Altea - Nico Stringa

FANCELLO
Lo spazio della metamorfosi
Giuliana Altea - Nico Stringa

FANCELLO
Lo spazio della metamorfosi
INDICE

Coordinamento editoriale Anna Pau Giuliana Altea

Grafica e impaginazione Ilisso Edizioni 7 “Et in Arcadia Ego”.


L’ingannevole Eden di Salvatore Fancello
Stampa Lito Terrazzi
8 Una retrospettiva
È vietata ogni ulteriore riproduzione e duplicazione. 14 Razionalismo, antifascismo
15 Continuità e sintesi
Referenze fotografiche:
20 Una bella donna che non si pettina i capelli
Le foto, quando non diversamente specificato in didascalia, appartengono
all’Archivio Ilisso; le nn. 36, 39-57, 67-69, 71, 75, 78-82, 87, 91-92, 94, 97, 24 Dalla vetrina alla parete
100, 103, 106-107, 115, 118-123, 131, 142-145, 148-175, 178-180, 182- 42 Fancello e Nivola
184, 188, 191, 193-194, 197-198, 214, 216, 218, 223, 227, 237, 239, 249-
266, 268-271, 274-276, 282-283, 290-291, 293-295, 297-299, 301-302, 48 Spazi metamorfici
307-308, 310-314, 317, 321-322, 324-325, 330 sono state realizzate da Pie- 86 Disegni ininterrotti
tro Paolo Pinna appositamente per questo volume. 98 Lavoro di squadra
Archivio MAN, Nuoro, nn. 88-89, 93, 95, 108, 114, 131, 233, 238, 323 (foto
Dessì e Monari); Archivio Barbara Checcucci, Albisola, n. 3; Archivio Alberto
108 Albisola
Crespi, Monza, n. 58; Archivio Fotografico della Fondazione Lucio Fontana, 148 Fantasie di morte
Milano, n. 139; Archivio Fotografico della Fondazione La Triennale di Milano,
nn. 135-136; Archivio Storico delle Arti Contemporanee della Fondazione La
Biennale di Venezia, nn. 279-281; Archivio Fotografico della Fondazione Tori-
no Musei, n. 195; sono state fornite dagli autori nn. 2, 9, 10, 18-20, 77, 124, Nico Stringa
134, 214 (Giuliana Altea); 226, 231-232, 278 (Nico Stringa).
183 Il corno magico del fanciullo.
L’editore si dichiara disponibile a regolare eventuali spettanze per quelle imma- Appunti su Salvatore Fancello tra candore e cultura
gini di cui non sia stato possibile reperire la fonte.
235 Appendice
Si ringraziano:
Archivio Storico delle Arti Contemporanee, Biennale di Venezia; Archivio della
Camera di Commercio, Padova; MAN, Nuoro; Fondazione La Triennale di 237 Un giovane designer per la bottega Lai di Dorgali
Milano; GAM, Torino; Musei Civici, Monza; MIC, Faenza; Museo della Cera-
mica, Savona; Museo Fancello, Dorgali; Museo Nivola, Orani; Fondazione Lu-
cio Fontana, Milano.
Montrasio Arte, Monza-Milano; Laboratorio Checcucci Restauri; Artigianato 247 Biografia
& Design; Ufficio Servizi Sociali del Comune di Dorgali; Luccia Spanu; Loret-
ta Ziranu; Sergio Flore; Robert Carzedda; Alessandro Floris; Giovanni Rossello;
Elena Cazzaro; Alberto Crespi; Giulio Ferraresso; Jacopo Parini; Elena Pontig-
gia; Vittore e Alessio Tasca. 261 Bibliografia
Un ringraziamento particolare va a tutti i collezionisti che con grande disponi-
bilità hanno collaborato alla riuscita del volume.

© 2016 ILISSO EDIZIONI - Nuoro


www.ilisso.it
ISBN 978-88-6202-345-0
“Et in Arcadia Ego”.
L’ingannevole Eden
di Salvatore Fancello
Giuliana Altea
Salvatore Fancello è morto prima di compiere venticinque an- lato gli artisti che basano la loro attività su un approccio fon-
ni, il che significa che il suo effettivo percorso di lavoro assom- damentalmente concettuale (modello Picasso), dall’altro quelli
ma a un quinquennio circa. La monografia più recente su di che puntano sulla ricerca e sulla sperimentazione (modello Cé-
lui1 non comprende opere anteriori al 1934, anno in cui la sua zanne).3 Gli uni muovono da un’idea innovativa che sviluppa-
fisionomia di artista inizia ad assumere tratti riconoscibili con- no portandola alle estreme conseguenze, gli altri progrediscono
sentendogli di emergere tra gli altri alunni dell’ISIA di Monza. con lentezza attraverso un percorso di prova ed errore; i primi
Nel 1937 ha appena cominciato a suscitare le prime speranze maturano rapidamente, i secondi raggiungono soltanto più
quando si apre per lui il lungo capitolo del servizio militare, tardi i massimi picchi creativi.
che tra il periodo di leva e quello della guerra non gli lascia se Per quanto l’itinerario di Fancello si presti poco all’osservazio-
non brevi momenti da dedicare all’attività artistica. Trascorre ne (dato che, stante la sua brevità, coincide in gran parte con
sotto le armi i mesi dal dicembre 1937 al maggio 1938, l’inte- gli anni formativi), l’artista sembra dover essere ascritto al se-
ro 1939, i mesi iniziali del 1940 fino al 10 aprile, e ancora dal condo gruppo individuato da Galenson. Partecipe di un am-
gennaio 1941 ai primi di marzo dello stesso anno, finché il 12 biente figurativo – quello “neoromantico” della Milano anni
marzo cade sul fronte albanese.2 Trenta – in cui un clima di tensione esistenziale prevaleva ri-
La sua vicenda è dunque brevissima, anche per una “meteora” spetto alla dimensione mentale o intellettuale della ricerca, de-
del firmamento artistico. Si pensi ai casi di altri artisti ben più dito principalmente a una tecnica, la ceramica, nella quale i
celebri prematuramente usciti di scena, come Georges Seurat, processi esecutivi rivestono un ruolo determinante e il con-
spentosi a trentadue anni, o Umberto Boccioni, scomparso a fronto con la materia è solo in parte controllabile attraverso la
trentaquattro: se fossero morti all’età di Fancello, questi prota- progettazione, Fancello ha i tratti tipici dello «sperimentatore
gonisti della pittura moderna non sarebbero mai arrivati a con- esteticamente motivato» (per usare la terminologia di Galen-
seguire gli esiti che li hanno resi famosi. Per Boccioni avrebbe son)4 che avanza per tentativi verso una meta imprecisa ma
voluto dire non andare oltre il ritratto prefuturista de La signo- ambiziosa, affrontando ripetutamente gli stessi soggetti e gra-
ra Massimino (1908), per Seurat arrestarsi alle esperienze prece- dualmente trasformandoli attraverso una elaborazione formale
denti La Baignade (1884), prima della definizione del suo lin- di volta in volta diversa. Se, seguendo Galenson, questo tipo di
guaggio pointilliste; viceversa, otto-dieci anni in più sono stati artista perviene a dare il meglio di sé in età avanzata, tanto più
sufficienti a permettere l’ingresso di entrambi nel pantheon dei da rimpiangere è la precoce scomparsa di Fancello e tanto più
maestri del modernismo. degna di nota la traccia che ha lasciato dietro di sé. Suonano
Nella sua analisi dell’andamento delle carriere artistiche a par- quindi riduttive le frasi, pur affettuose, con cui Giulio Carlo
tire dall’epoca dell’Impressionismo, lo storico dell’economia Argan ricordava l’artista in occasione della mostra che ne segnò
David W. Galenson ha identificato due gruppi distinti: da un la riscoperta nel 1988: «Forse sarebbe diventato un grande
scultore, ma certamente fu un ragazzo pieno di talento, di fan-
tasia, di bontà e gentilezza d’animo».5 In realtà, nel breve tem-
po concessogli Fancello ha prodotto un corpus di opere dalla fi-
sionomia inequivocabilmente originale e di per sé significativo
Nella doppia pagina precedente: non solo in relazione alla giovane età dell’autore, ma rispetto
1. Felino con gazzelle, 1937-38, stampa da matrice graffita con interventi allo sviluppo complessivo dell’arte italiana dell’epoca.
a inchiostri colorati su cartoncino, 25 x 35 cm, Nuoro, MAN.

2. Veduta della retrospettiva di Salvatore Fancello organizzata dal Centro


Una retrospettiva
di Azione per le Arti, Milano, Pinacoteca di Brera, 30 marzo-20 aprile 1942.
Un’ampia e rappresentativa selezione di opere di Fancello era
3. Vedute della retrospettiva di Salvatore Fancello organizzata dal Centro
di Azione per le Arti, Milano, Pinacoteca di Brera, 30 marzo-20 aprile 1942, raccolta nelle sale della retrospettiva milanese dell’artista alla
in Stile, n. 18, giugno 1942. Pinacoteca di Brera, organizzata a un anno dalla morte, tra

2 3
5 6

4-8. Alcune delle opere esposte nella retrospettiva di Fancello a Brera,


nella pubblicazione stampata per l’occasione dall’editoriale Domus, 1942. 7 8

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marzo e aprile 1942, dal Centro di Azione per le Arti.6 Entrato naci dell’Ilsa – si può dire sia tutta qui.12 I prestatori nella qua-
in funzione nel 1939, il Centro era descritto dal suo coordina- si totalità non erano semplici collezionisti ma amici, commit-
tore, il soprintendente Guglielmo Pacchioni, come programma tenti, sostenitori dell’artista, profondamente colpiti dalla sua
di «viva ed intima ribellione ad alcune imposizioni correnti nel scomparsa.13
campo dell’arte».7 Il suo orientamento era molto vicino a quel- Gianni Romano aveva realizzato l’allestimento della mostra, in-
lo della rivista Corrente, catalizzatrice a Milano, dal gennaio sieme a Giuseppe Pagano che doveva avervi collaborato in via
1938 fino al maggio del 1940, dei fermenti antinovecentisti e ufficiosa (Gio Ponti su Stile dice la rassegna curata «amorosa-
incubatrice di un più attivo antagonismo nei confronti del re- mente» da entrambi)14 e a Carla Albini che si era occupata della
gime;8 la mostra di Fancello fu una delle poche che ebbe modo sistemazione dei disegni. Come si evince dalle foto (figg. 2-3),
di realizzare nei suoi due anni circa di attività. Romano aveva utilizzato, con qualche adattamento, le stesse
Il piccolo catalogo corredato dalla riproduzione di un solo di- strutture espositive disegnate da Franco Albini per la Mostra di
segno elenca 81 voci, ma i pezzi in mostra erano molti di più, Scipione e del Bianco e Nero organizzata l’anno prima dal Cen-
non soltanto perché in alcuni casi si trattava di serie o gruppi tro nella medesima sede.15 Negli ambienti della Pinacoteca di
composti di più elementi, ma anche perché la lista non com- Brera, le cui pareti erano schermate da rotoli di carta pendenti
prende le opere grafiche.9 Presenti in buon numero nella rasse- da soffitto a pavimento, un traliccio di sottili pali di legno reg-
gna, come si apprende dalle fotografie dell’allestimento pubbli- geva i disegni; al traliccio erano appesi, su pannelli, i rilievi e i
cate da Domus e da Stile, i disegni sono ricordati in catalogo piatti in ceramica, mentre vasi e sculture posavano su piani
solo attraverso una nota di chiusura che ne indica in modo ge- orizzontali fissati ai montanti. Fungeva da velario una striscia
nerico i prestatori.10 Le date delle ceramiche in elenco bastano di carta traslucida appesa attraverso le porte lungo tutte le sale,
comunque a tratteggiare lo svolgimento del percorso di Fancel- col duplice scopo di diffondere la luce e ridurre visivamente
lo. Dei lavori esposti, 13 risalgono al periodo degli studi al- l’altezza dei locali, per favorire la concentrazione dello sguardo
l’ISIA: due sono assegnati al 1933 (il Toro in terraglia colorata sulle opere.16 Le ceramiche erano collocate libere sui ripiani,
e il Vaso con cavalli in maiolica, oggi ai Musei Civici di Mon- senza teca, mentre i disegni, fissati tra due lastre di vetro, erano
za); cinque al 1934 (tra cui le plastiche in terracotta Il citaredo privi di cornice; in parte, si può credere, per motivi economici,
e Toro e torero, appartenute rispettivamente a Carla Albini e a date le ristrettezze imposte dalla guerra, ma anche e soprattutto
Gianni Romano), altri cinque al 1935, mentre al 1936 tocca- in ossequio a una ricerca di semplicità. Il criterio – chiarito
no le due serie delle piastrelle con i Mesi e dei rilievi con lo Zo- qualche anno prima da Pagano a proposito dell’allestimento
diaco. Del 1937 sono otto pezzi, tra cui la Cangura e la Capra della mostra leonardesca – era salvaguardare la presenza imme-
di proprietà di Anna Maria Mazzucchelli e Giulio Carlo Ar- diata delle opere d’arte, la loro «primaria nudità», evitando
gan; del 1940 altri sette, comprendenti un bozzetto in terra- ogni «residuo dello spirito salottiero» che avrebbe portato a
cotta per il rilievo dell’Università Bocconi di Milano. I restanti considerarle come oggetti di lusso.17
51 pezzi (tra i quali un Presepe composto di 25 gruppi di figu- L’uso di allestimenti moderni, aveva notato Gian Alberto Del-
re) sono del 1938, frutto per lo più dello straordinario exploit l’Acqua a proposito della mostra di Scipione, era stato in prece-
produttivo di quell’anno ad Albisola.11 denza riservato quasi esclusivamente a rassegne di arte antica
L’arco creativo delineato da questa sequenza di opere mostra (Dell’Acqua pensava probabilmente alla Mostra dell’antica ore-
dapprima una fase di incremento graduale, conosce quindi ficeria italiana del 1936 e alla Mostra di Leonardo del 1939),18
un’improvvisa impennata subito dopo la fine degli anni di quasi che il carattere contemporaneo delle opere d’arte esposte
scuola e particolarmente in relazione col soggiorno presso Tullio esentasse dallo studiarne una presentazione non banale e di
Mazzotti, per poi spezzarsi a causa del servizio militare e ripren- routine.19 In realtà il modello di soluzione espositiva a griglia
dere solo nel 1940, in coincidenza con una licenza ottenuta in messo in atto nella mostra di Scipione e ripreso nella retrospet-
marzo per i lavori della Bocconi e con il successivo congedo che tiva di Fancello era nato proprio in associazione alle esperienze
la chiamata alle armi avrebbe interrotto nel gennaio 1941. contemporanee, seppure non quelle portate avanti nell’ambito
Non meno significativi delle date registrate nel catalogo sono i della pittura e scultura, bensì quelle sviluppate nel contesto del-
nomi dei proprietari delle opere esposte, attraverso i quali la spettacolarità effimera delle grandi esposizioni e della mac-
prende forma una costellazione di presenze e di incontri im- china propagandistica del fascismo. A partire dai primi anni
portanti per il giovane artista. A parte l’ISIA e il Comune di Trenta, infatti, la griglia ortogonale era divenuta il motivo ri-
Monza, uniche istituzioni citate nella pubblicazione, gli altri corrente di una serie di ricerche innovative condotte dagli ar-
prestatori sono privati. Si va dall’amico e compagno di scuola chitetti razionalisti, oltre che nel campo della progettazione di
Giovanni Pintori (la persona più vicina a Fancello dopo la fuga edifici, nell’ambito delle scenografie espositive e commerciali e
di Costantino Nivola dall’Italia alla fine del 1938), a figure della grafica editoriale.20 A più riprese esaltato da Pagano su
chiave della cerchia del razionalismo architettonico milanese Casabella 21 (dove Persico ne dava una pratica applicazione nel-
come Giuseppe Pagano, Mario Labò, Giancarlo Palanti, Giulia l’impaginato della rivista) come forma-base della modernità e
Veronesi, Anna Maria Mazzucchelli, Gianni Romano (il primo adottato in svariate realizzazioni architettoniche a partire dalla
e l’ultimo già maestri dell’artista a Monza); dal direttore del- fine degli anni Venti,22 lo schema a griglia o “a scheletro” si era
l’ISIA Elio Palazzo a ceramisti come Tullio Mazzotti, Lino Ber- imposto con forza in una serie di allestimenti degli anni Trenta:
zoini e Ivos Pacetti, a critici e giornalisti come Giampiero Gia- la struttura propagandistica in tubi Mannesmann realizzata da
ni e Attilio Podestà, ad artisti come Adriano di Spilimbergo e Persico e Nizzoli a Milano nella Galleria Vittorio Emanuele
Leonardo Spreafico, a storici dell’arte come Argan e Carla Za-
nini Albini, sorella di Franco Albini.
La topografia dei movimenti di Fancello – tra Monza, Mila-
no e Albisola, la redazione di Casabella e quella vicina di Do-
mus, l’Ufficio Pubblicità Olivetti, i laboratori Mazzotti e le for- 9. C.A. Felice, “Ricordo di Fancello”, in Stile, n. 14, febbraio 1942. 9

12 13
per il plebiscito del 1934; sempre del 1934 e degli stessi autori, corruzione del regime misurandone le conseguenze sulla vita quelle che vedeva come “storture” di un regime in se stesso po- meno importante, l’insolita e folgorante qualità della sua ope-
i negozi Parker a Milano e il poetico spazio della Sala delle me- del paese. La commemorazione trapassava rapidamente nell’in- sitivamente valutato), il resto della cerchia in cui Fancello si ra. Con la morte di Fancello e con la retrospettiva dedicatagli
daglie d’oro creato all’Esposizione dell’Aeronautica Italiana; vettiva: il rimpianto per l’artista non tocco da connivenze o muoveva a Milano era attraversata da fermenti di opposizione dal Centro di Azione per le Arti nel 1942 iniziava così, ancora
nella Triennale del 1936, la Mostra dell’antica oreficeria a firma compromessi col potere era per Pagano l’occasione di dare sfo- non solo contro la gretta ottusità della cultura ufficiale ma prima della caduta della dittatura, quel processo di mitizzazio-
di Albini e la Sala delle priorità italiche dello studio BBPR. Uti- go all’indignazione e all’ira maturate nel corso del suo decen- contro l’essenza stessa della dittatura. Antifascista era stato ne dell’ambiente culturale dell’avanguardia milanese tra le due
lizzato per trasferire nello spazio le coordinate cartesiane, e ap- nale, frustrante confronto con le gerarchie fasciste. Leggendo Edoardo Persico, nume tutelare dell’avanguardia milanese e fi- guerre che avrebbe teso ad assolverlo dal peccato di connivenza
plicato con particolare frequenza rispetto a quanto più general- oggi alcuni passi del suo discorso, si stenta a credere che abbia gura carismatica i cui contorni avevano cominciato a sfumare col fascismo,35 processo cui Giulia Veronesi avrebbe contribui-
mente avveniva nel modernismo internazionale, il reticolo potuto essere pronunciato da un esponente del regime in un nel mito dopo la sua misteriosa scomparsa nel 1936, pochi to non poco con la pubblicazione nel 1953 del suo saggio Dif-
ortogonale era insomma una sorta di forma simbolica del ra- contesto che, per quanto l’architetto ne minimizzasse la porta- mesi prima dell’inaugurazione della Triennale dove Fancello ficoltà politiche dell’architettura in Italia.36
zionalismo architettonico italiano, alla quale anche l’amico e ta, era pur sempre quello di una cerimonia ufficiale. Da un la- avrebbe fatto il suo debutto; avevano conosciuto le carceri fa-
compagno di studi di Fancello Costantino Nivola si era non to il mondo poetico di Fancello era presentato come «tanto in sciste altri membri dello stesso ambiente, da Alfonso Gatto a Continuità e sintesi
casualmente rifatto nella sua prima impegnativa prova di deco- contrasto con quello prosaico ed obbiettivo che l’ufficialità im- Aligi Sassu;30 e antifascista era il più caro amico dell’artista,
razione, il murale con La Carta del Lavoro dipinto nel 1934 perante pretende, che si poteva garantirgli un’esistenza difficile, quasi un fratello, Costantino Nivola, espatriato alla fine del La ricca scelta di opere di Fancello visibili tutte insieme per la
nell’atrio dell’ISIA di Monza.23 minacciata, a lui italianissimo, dalle solite accuse dei zelatori 1938 quando già la polizia politica del regime era sulle sue prima volta nelle sale di Brera dava la piena, incontestabile mi-
La struttura a griglia doveva dunque immediatamente caratte- patriottardi»; dall’altro la sua morte diventava sprone a un mo- tracce. Verso il finire del decennio, questa atmosfera di opposi- sura dei meriti dell’artista scomparso e dovette produrre una
rizzare la mostra di Fancello e l’artista stesso come espressione to veemente di condanna, che vale la pena di riportare per zione si era ulteriormente accentuata, trovando in Corrente e certa sorpresa perfino tra coloro che già ne conoscevano il la-
della più avanzata cultura artistica e progettuale milanese degli esteso: «Ed è per commemorare il tuo esempio, o Salvatore nelle sue istanze di identificazione tra espressione e vita morale voro. Tra questi era Gio Ponti, personaggio cruciale dell’am-
anni Trenta, all’interno della quale il suo percorso era matura- Fancello, per essere degni di te in questa occasione che ti fa vi- il proprio punto di riferimento. biente artistico e architettonico milanese e membro, tra l’altro,
to.24 Nello spazio rarefatto delle sale di Brera, limpidamente vo e presente in mezzo a noi, che io trovo la forza di invocare Di Fancello, Argan doveva dire molti anni dopo che era morto del comitato del Centro di Azione per le Arti che aveva orga-
scandito dal ritmo delle verticali e orizzontali, le ceramiche e i per il nostro Paese un destino meno penoso per le cose dell’ar- «per un’idea che non era la sua» e si può credere che scrivesse a nizzato la mostra.37 Una nota anonima, ma quasi certamente
disegni di Fancello apparivano quali nuclei concentrati di te. Il grido di dolore che si leva da ogni parte d’Italia contro il ragion veduta, avendo conosciuto personalmente l’artista.31 di sua mano, apparsa su Stile nell’aprile 1942, registra al tempo
espressività, forme fluide e dinamiche la cui tensione inter- massacro delle nostre città, minacciate dal piccone dei profana- Non va certo sottovalutata la capacità di contagio ideologico stesso la sensazione creata dall’eccellenza dei pezzi esposti a
rompeva senza spezzarlo l’equilibrio del contesto espositivo. tori che agiscono in nome del più scenografico dei classicismi; esercitata da Persico e dall’ambiente raccolto intorno a lui nella Brera e le implicazioni simboliche di cui nell’atmosfera del
L’effetto era simile a quello prodotto dal connubio di architet- l’angoscia che anima tanta parte di quegli artisti che non pos- redazione di Casabella, animato, come affermava Veronesi, da momento si era portati ad investirli. «La bellezza dell’opera di
tura razionalista e opere d’arte espressioniste o chiariste nelle sono rassegnarsi alla rinuncia della propria fantasia e alla nega- una fede «così accesa da trascinare nel proprio caldo alone an- Fancello ha assunto per noi superstiti il valore d’un monito – si
Triennali e nelle mostre propagandistiche italiane degli anni zione di quella poesia che non può essere imposta dai ragionie- che i tiepidi, i pavidi, gli indifferenti, gli inconsapevoli piccoli legge nell’articolo di Stile –. Gli Scomparsi ci legano a un im-
Trenta, alle quali Fancello aveva partecipato: un’accoppiata di ri del gusto: lo sgomento che ci prende per la mancanza di una opportunisti, gli ignari i candidi».32 Fancello, beninteso, non pegno per l’Arte che essi amarono con passione per le bellezze
rigore progettuale e fantasia, di stabilità e leggerezza, di regola critica capace, di un buon senso generoso, di un indirizzo chia- rientrava in nessuna di queste categorie, anche se con un “igna- onde erano pieni, l’impegno rende come sacra la testimonianza
e trasgressione. ro ed onesto da parte delle altissime gerarchie ufficiali; l’inva- ro” o “candido” lo si sarebbe potuto scambiare e lo si è spesso dell’opera loro».38
dente disprezzo per l’intelligenza, per la personalità e per la facilmente scambiato.
Razionalismo, antifascismo competenza che il costume italiano va sempre di più ostentan- In ogni caso, più che prese di posizione critiche o atteggiamen-
do; la tracotante preponderanza dell’utilitarismo, dell’affare e ti di fronda, a rendere Fancello atto a incarnare, agli occhi di
L’allestimento della mostra promossa dal Centro di Azione per del compromesso contro ogni ragionata difesa delle superiori Pagano, il simbolo di una generazione in rivolta contro la dit-
le Arti suggellava così, retrospettivamente, il valore e il signifi- ragioni dell’arte e delle sue necessarie libertà; la protezione tatura dovettero essere il suo proverbiale riserbo, la compostez-
cato della presenza di Fancello in un milieu, quello del razio- delle arti avvilita nel mercato del due per cento; queste ed al- za, l’estraneità alla retorica e alla magniloquenza prevalenti nel-
nalismo milanese, fortemente segnato dalla cooperazione fra tre cose urgono nel mio cuore, o Fancello, ricordando la tua la cultura italiana dell’epoca. In una parola, l’architetto vedeva
artisti e architetti, dallo sconfinamento tra le arti e dalla prati- dura esistenza di artista e di soldato. Valga la tua vita esempla- rispecchiato nell’opera e nella persona di Fancello quell’“orgo-
ca del lavoro di squadra, ma anche e soprattutto da una forte re a proteggere le sorti delle arti italiane e serva il tuo esempio glio della modestia” che rappresentava per lui uno dei massimi
tensione ideale e dalla fiducia nella cultura del modernismo a darci forza per resistere e per difendere quanto da tante parti valori e che da tempo raccomandava agli artisti italiani.33 Lo si
come strumento di crescita civile. Un ambiente in cui fin dallo è minacciato».27 evince anche dal ricordo di Fancello pubblicato in quello stesso
scorcio degli anni Trenta – quando Fancello, ormai conclusa La denuncia di Pagano preannunciava la coraggiosa scelta di marzo 1942 su Domus, nel quale il giovane è rievocato come
l’esperienza scolastica, cominciava a sviluppare il suo discorso campo che l’architetto avrebbe compiuto qualche mese dopo, «signorile nei gesti e pieno di un’aristocratica modestia», senza
artistico in piena autonomia – erano affiorati i segni di un’in- in dicembre, rassegnando le proprie dimissioni dalla Scuola di «vistose qualità esteriori» né «affanno delle ambizioni pubblici-
sofferenza nei confronti della dittatura che si sarebbe presto Mistica Fascista e dal Partito Fascista, prima di entrare nella tariamente scoperte», e la sua sobria riservatezza, il suo «pudore
trasformata in aperto contrasto. Questo aspetto si affaccia con Resistenza.28 Quanto a Fancello – onorato da Pagano come pa- contadinesco» sono sistematicamente contrapposti all’indipen-
tutta chiarezza nel discorso inaugurale della rassegna, tenuto radigma di virtù umane e di qualità artistiche, inviso alle alte denza della sua visione creativa, alla consapevolezza dell’«orgo-
da Pagano la sera del 30 marzo 1942 nelle sale dell’Accademia gerarchie del fascismo per la sua incapacità di bassezza e di gliosa e fantastica consistenza di un mondo che lo agitava».34
di Brera.25 L’architetto aveva elogiato l’originalità e spontaneità adulazione, per la schiettezza e coerenza del suo profilo morale Tratti che erano per qualche verso caratteriali, che ne impron-
“mediterranea” della visione di Fancello, ma al di là delle doti – ci si potrebbe chiedere quanto in realtà gli si attagliasse l’aura tavano tutta la personalità, e che, unitamente alla qualità e ori-
artistiche aveva messo l’accento sulle qualità morali. di antagonismo politico di cui il discorso commemorativo del ginalità del suo lavoro, dovevano aver contribuito a segnalarlo
«Con questa mostra – aveva esordito – onoriamo oggi in com- direttore di Casabella implicitamente lo circondava.29 Le testi- tempestivamente all’attenzione di Pagano tra le decine di altri
pagnia molto ristretta e senza retorici cerimoniali un italiano monianze che abbiamo sul suo carattere lo fanno credere re- allievi della scuola di Monza.
esemplare, un artista genuino e geniale, un amico che fu model- stio ad abbracciare scelte apertamente polemiche e senz’altro Per altro verso, l’adesione di Fancello al clima di antagonismo
lo di onestà, di rettitudine e di coerenza a professori e compa- non incline a slanci ribellistici; nessun accenno di antifascismo che caratterizzava il contesto culturale da lui frequentato a Mi-
gni, un temperamento tra i più belli e completi di quella giova- trapela dalle lettere giunte fino a noi, nelle quali anzi, a con- lano non basta da sola a giustificare il valore simbolico di cui la
ne generazione di italiani vivi che si venne formando in questi trobilanciare gli scatti di impazienza per l’interminabile servi- sua figura venne investita all’indomani della morte. La “cano-
anni segnati dal calore delle polemiche, dalle persecuzioni rea- zio militare, compaiono talvolta accenni alla volontà di fare la nizzazione” dell’artista avviata dal discorso di Pagano, la suc-
zionarie, dal trionfo dei più furbi e dei più compromessi».26 propria parte per difendere la patria: anche se, ovviamente, le cessiva celebrazione della sua figura in quanto martire e vittima 10. G.A. Dell’Acqua,
Le parole di Pagano eleggevano Fancello a simbolo di tutta una lettere passavano al vaglio della censura e la prudenza era sacrificale erano il risultato della somma di più fattori: la giovi- presentazione della
leva di artisti e intellettuali che, avendo creduto nel potenziale quindi d’obbligo. Resta poi il fatto che, se anche Pagano fino nezza e innocenza (cui si doveva il suo essere ignaro dei com- mostra di Fancello
nel catalogo della
rivoluzionario del fascismo, assistevano con amarezza al falli- allo scadere degli anni Trenta era stato un convinto sostenitore promessi di cui si erano invece macchiati i suoi amici architet- XXIV Biennale
mento delle proprie illusioni e constatavano la violenza e la di Mussolini (la sua nota vis polemica era diretta a correggere ti), la tragedia della precoce scomparsa e, ultimo ma certo non di Venezia, 1948.
10

14 15
L’apprezzamento di Ponti assunse toni se possibile ancor più
vibrati poco dopo, quando l’architetto tornò a parlare di Fan-
cello nel contesto di una recensione della Biennale di Venezia
del 1942.39 L’articolo è una lunga (15 pagine) e dettagliata re-
quisitoria contro l’esposizione, accusata di offrire uno specchio
distorto dell’arte contemporanea italiana a causa dell’applica-
zione di un criterio di rotazione che aveva limitato la presenza
dei protagonisti della scena nazionale, lasciando spazio a una
folla di mediocri e di minimi. Citando la pletora di deludenti
dipinti e sculture ispirati o dedicati alla guerra, privi di ogni
empito drammatico («tu non ne esci impressionato e commos-
so, col “magone” come uscivi dalla Mostra della Rivoluzione»),
Ponti rimpiangeva che non si fosse invece deciso di richiamare
il conflitto attraverso le opere di qualche artista caduto al fron-
te, come aveva fatto a Milano il Centro di Azione per le Arti
con la «emozionante grande mostra di Salvatore Fancello». Nel
nome di Fancello l’architetto chiudeva l’articolo, evocando,
11
con una mozione degli affetti che non era soltanto retorica, la
nobiltà della sua arte e il turbamento per la perdita della sua
giovane vita: «In quelle sale sì che l’alto e nobile dramma della
Guerra era presente! ed era presente l’Arte! E con l’Arte era
presente l’Italia, la nostra Patria inesausta generatrice di artisti.
Di fronte al sacrificio di Fancello, mirando le sue bellissime
opere, era con cuore commosso che a tutti noi artisti veniva
spontaneo un giuramento di dedicarci fin agli estremi, se la Pa-
tria non ci chiama alle armi, alla nostra arte per amore dell’Ita-
lia, e quasi per riscattar il fatto di essere superstiti ed esistenti
in presenza del sacrificio di Fancello. E da quelle sale di Brera
si usciva con un animo più sereno e forte, e gli alti fantasmi
della Guerra e della Patria ci accompagnavano con il dramma
dell’uno e la luce dell’altro».40
Ponti parlava di guerra e di patria, ma dietro la sua contrappo-
sizione tra la retrospettiva di Fancello e il deprimente spaccato
dell’arte italiana offerto nel 1942 dalla Biennale di Venezia non
è difficile cogliere un sentimento non dichiarato e non dichia-
rabile (non tutti avevano la tempra di Pagano) di più generale
insoddisfazione per il frangente in cui versava il Paese, e non
solo dal lato artistico.
La mostra del 1942 sarebbe rimasta termine di paragone anche
quando, dopo la guerra, la rinata Biennale avrebbe a sua volta
dedicato all’artista una retrospettiva curata da Gian Alberto
Dell’Acqua (fig. 10): una piccola rassegna di sette tra disegni e
ceramiche, prestati da Pintori, da Guglielmo Pacchioni, so-
printendente a Brera, e dal ceramista Andrea Parini.41 Davanti
allo sparuto gruppo di opere allineate ai lati di una scala, Ponti
sbottava: «Una sincera deplorazione va fatta agli ordinatori del-
la mostrina postuma di Fancello. In corpo a dei valorosi artisti,
di temperamento e promesse eccezionali, drammaticamente
mancati, non si fanno mostre di quattro pezzi su una scaletta.
O non si ricorda la bella mostra fatta a Brera, auspice Pagano?
Venezia deve sempre far di più e non di meno. Meglio non fa-
re le cose che sciupare – creandone un giudizio pubblico (e in-
ternazionale) errato – la memoria di un artista così rimpianto
da chi lo conosceva».42
12
Ancora una volta, il rimprovero rivolto alla rassegna veneziana
nel suo complesso era di restituire un quadro eccessivamente
frammentario e poco rispettoso delle eccellenze reali. Nella suc-
cessiva discussione tra Ponti e il segretario della Biennale Rodol-
fo Pallucchini, quest’ultimo difese la rassegna monografica di
11-12. Opere di Fancello in casa di Gio Ponti a Civate, da Domus, Fancello, dicendola sufficiente a dare l’idea del suo ingegno «so-
n. 245, aprile 1950. prattutto nel quadro di una mostra d’arte figurativa», con ciò
13. Copertina di Domus, n. 168, dicembre 1941. sottintendendo che il contributo dell’artista andava circoscritto 13

16 17
all’ambito, ritenuto “minore”, delle arti applicate.43 Ponti, dal sull’appartamento di Umberto Nordio a Trieste, Agnoldome-
canto suo, nel ribadire gli appunti mossi alla «disgraziata pre- nico Pica si soffermava a citare, appesi a una parete, «i favolosi
sentazione di Venezia» metteva in evidenza, in contrasto col disegni colorati di Fancello, dove una vita impossibile par bru-
panorama ecumenico e generalmente debole tracciato dal- licare di primordiali inquietudini».49 Come si è visto, un’atten-
l’esposizione veneziana, la forza di una presenza intatta, “pura” zione quasi pari a quella di Domus dimostrava per l’artista Stile,
e appartata rispetto alla cultura del regime nella quale nono- periodico che segnalò ripetutamente la mostra postuma del
stante tutto affondava le radici. Rendere omaggio a Fancello si- 1942 e nel quale Ponti, pubblicando una divagazione letteraria
gnificava insomma recuperare il meglio della situazione d’ante- su una fantastica Faenza immaginata come pantheon dei cera-
guerra, nelle sue valenze etiche ed estetiche, in antitesi a uno misti, con vie e piazze intitolate ai protagonisti italiani dell’arte
scenario che a Venezia appariva invaso da una dilagante me- del fuoco e costellate di monumenti ai maggiori tra essi, non
diocrità e dove ogni valore risultava appiattito. mancò di menzionare Fancello, unico tra i contemporanei in-
In questa luce l’artista era apparso già in un testo di Carla Albi- sieme ad Arturo Martini e Pietro Melandri.50
ni sull’arte moderna italiana, rimasto incompiuto alla morte Ma è soprattutto a guerra finita che, nel quadro di una cre-
dell’autrice nel 1943 e pubblicato postumo molto tempo do- scente attenzione per la ceramica, stimolata dalla “scoperta”
po.44 Il volume delineava le vicende dell’ultimo secolo, con della tecnica da parte di Picasso e, sul piano economico, dal-
speciale attenzione per gli anni più recenti e per la linea anti- l’interesse dei mercati americani per l’artigianato e per le arti
novecentista delle esperienze milanesi. Carla Albini – che come applicate italiani,51 l’eredità di Fancello viene acquistando si-
si è detto aveva collaborato con Gianni Romano all’allestimen- gnificato non solo per il suo valore di esempio morale, ma co-
to della retrospettiva del Centro di Azione per le Arti – accor- me concreta indicazione sul piano estetico. Su Domus, in parti-
dava a Fancello un ruolo di spicco tra gli esponenti del conte- colare – sotto la direzione di Ernesto N. Rogers e poi, dal
sto di Corrente, e non solo rispetto agli scultori (Broggini, 1948, sotto quella di Ponti – l’artista è presentato come uno
Genni Mucchi, Cherchi, Mirko e Conte, sbrigati nel testo in degli iniziatori di una moderna ceramica scultura o scultura ce-
poche righe ciascuno), tra i quali il giovane sardo veniva consi- ramica. In occasione di una mostra di oggettistica organizzata
derato l’unico in possesso di «una personalità compiuta, con nel 1946 alla Triennale dalla RIMA (Riunione Italiana Mostre
uno stile originale», ma anche nei confronti dei pittori. De- di Arredamento), associazione privata sorta a Milano per in-
scritto come un caso isolato ed eccezionale in seno all’arte ita- centivare il disegno del mobile, la rivista da una parte cita le
liana e al tempo stesso misteriosamente coerente con lo spirito esperienze svolte in campo ceramico da Lucio Fontana ad Al-
della tradizione artistica nazionale, Fancello era anche per Car- bisola, non senza accennare a un rischio di stucchevolezza della
la Albini una figura significativa da contrapporre al difficile sua «grazia falsamente ingenua» e alle imitazioni che le sue cose
14 momento in cui gli era toccato di vivere. «Quella di Fancello – avevano suscitato (a cominciare da Aligi Sassu); dall’altra sotto-
scriveva l’autrice in chiusura del suo discorso sull’artista e del linea il valore autonomo dell’opera di Fancello, rimasto tuttora
libro – era una poesia troppo pura forse, smarrita nella sua li- «nel genere, l’artista più nativo, nel quale il gusto della favola
bertà fiduciosa in seno al nostro mondo malvagio e crudele, un così lontano da un facile primitivismo di maniera si traduce
mondo di dopo il peccato, di dopo tutti i peccati».45 con sicuro vigore in immagini poetiche e barbare».52
Nel mondo “malvagio” della dittatura e della guerra, la memo- Se nella seconda metà degli anni Quaranta Fontana – tornato a
ria di Fancello doveva frequentemente riaffacciarsi negli scritti Milano nel dopoguerra e nel pieno delle sue possibilità creative
di coloro che gli erano stati più vicini. Sulle pagine di Domus le – era la figura principale e onnipresente in ogni discorso sulla 16

sue opere figurarono diverse volte, inizialmente per le affettuose ceramica italiana moderna, Fancello gli veniva comunque co-
cure di Pagano, all’epoca tra i direttori della rivista.46 Nel 1941 stantemente avvicinato. Nel 1948, prendendo spunto da una trebbe chiamare la nuova ceramica. La sua plastica – libera, ir-
questi gli dedicò due copertine consecutive (figg. 13-14) (no- reverente visita di Tullio Mazzotti a Picasso nelle fornaci di Val- ritata, fatta di luci e superfici graffiate, di colpi di pollice sopra
vembre e dicembre) che valevano come una sorta di omaggio lauris e insieme dalla recente apertura a New York della House una massa fusa – è qualità propria e spontanea della ceramica
personale, dal momento che la prima riproduceva il pannello of Italian Handicraft (importante vetrina dell’artigianato nazio- moderna».54 A sua volta Tullio Mazzotti, nel resoconto del pro-
murale della Bocconi, l’ultimo lavoro di Fancello e il più impe- nale in America), Gio Ponti si slanciava in un’esaltazione della prio incontro con Picasso pubblicato sotto lo stesso titolo dello
gnativo, commissionatogli dallo stesso Pagano, mentre la secon- ceramica intesa come identificazione di forma, materia e colore: scritto di Ponti, si riferiva a Fancello come a un artista di cernie-
da riuniva tre opere di proprietà dell’architetto: il bellissimo «Forma più colore in creazione simultanea (che è diversa cosa di ra tra i migliori ceramisti italiani, col quale si chiudeva il «ciclo
Cinghiale rosso del 1938, un Vaso con maschere dello stesso anno forma colorata, cioè di una statua dipinta, per dirla alla grossa), futuristico che … ebbe l’appoggio di Fillia, Persico e Pagano».55
e una Formella con Mercurio del 1940. Nel numero di marzo, forma più colore (colore di materia, non di pittura) non sono E ancora, in un successivo articolo di Lisa Ponti sul Fontana ce-
fregiato di un’altra copertina con lo studio di un piatto, seguiva- contaminazioni dell’arte “pura” ma anzi creano una nuova ramista, dopo l’elogio del valore “astratto” del colore unito al
no – in coincidenza con la mostra del Centro di Azione per le espressione “pura” ed unitaria che può giocare (attraverso colo- volume nel lavoro dell’argentino, si leggeva: «Del “gruppo di
Arti – il già ricordato intervento di Pagano e un articolo di Ni- re, materia e superficie) una vera e propria trasformazione “di Albisola”, formatosi dopo il periodo futurista di Tullio e di Fil-
no Bertocchi sui disegni (figg. 15-16); entrambi i testi sarebbe- peso e di qualità” del volume, conferendo alla “scultura” (alla lia, Fontana è, con Fancello, il primo a scoprire questo nuovo
ro stati pubblicati poco dopo in un volume monografico del- forma volumetrica) la magia di una quarta dimensione».53 “senso” della ceramica, destinato ad avere felicissimo esito e se-
l’Editoriale Domus, con l’aggiunta di un pezzo di Mario Labò Strumento – grazie al suo uso nell’architettura e alla prospetti- guito, dall’adesione di Broggini all’intervento di Melotti, alla
sulle ceramiche, questo pure già apparso in maggio sulla rivista. va della produzione seriale – di una democratizzazione del pro- conversione, in questo dopoguerra, di scultori e pittori come
Anche dopo l’uscita di Pagano dalla redazione, il nome di Fan- dotto artistico, nonché possibile soluzione al problema della Sassu e Manzù».56
cello avrebbe continuato a riemergere di tanto in tanto su Do- sussistenza economica degli artisti, la ceramica “quarta dimen-
mus: nel 1943 Carlo Enrico Rava, scrivendo sull’accostamento sione della scultura” aveva un interprete prestigioso in Picasso;
tra oggetti antichi e moderni, paragonava una sua ceramica a ma lo spagnolo, proseguiva Ponti, era stato preceduto in questa
una terracotta cinese T’ang;47 Angelo Bianchetti e Cesare Pea direzione dagli italiani Fontana e Leoncillo. Sebbene Fancello
14. Copertina di Domus, n. 167, novembre 1941.
immaginavano, in una ipotetica casa di campagna per un ar- non fosse citato nel testo dell’articolo, la lunga didascalia alla
chitetto, pareti divisorie decorate a fresco o a mosaico, pensan- riproduzione di una sua opera, inserita nel corredo delle im- 15. Copertina di Domus, n. 171, marzo 1942.
15 do «a Nivola, al povero Fancello, a Buffoni»;48 in un servizio magini, lo qualificava «iniziatore anch’egli di quella che si po- 16. G. Pagano, “Salvatore Fancello”, in Domus, n. 171, marzo 1942.

18 19
L’opera di Fancello, accanto a quella di Fontana seppure com- si sarebbe familiarizzato da bambino «vivendo accanto alle be- nell’ultimo periodo della sua vita lo paragona a «quelle bellissi-
prensibilmente con minore risalto, dato che l’artista non era stie di suo padre – un pastore».63 me donne che ignorano i cosmetici e la moda e che magari
più vivo e operante, emergeva nel dopoguerra come modello di Ad alimentare un’idea di sorgiva spontaneità, non contamina- sposano il primo che capita».70 A sentire Nivola, lasciato a se
superamento dei confini tra le tecniche («esistono confini tra le ta da influssi esterni, contribuivano anche i tratti caratteriali stesso Fancello non avrebbe creato niente, perché essendo già
arti? Esistono razzialità delle Muse, per dirla alla Mollino?» si dell’artista: schivo, introverso, prono alla fantasticheria, ac- naturalmente un artista, gli bastava di esistere.71 Al di là di que-
domandava Ponti).57 Nel lavoro di Fancello scultura, pittura, compagnato da una timidezza ancora adolescenziale che l’età ste notazioni psicologiche, il suo discorso si fa più interessante
disegno sembravano identificarsi, mentre la sua tendenza alla adulta non sarebbe mai giunta a dissipare. là dove descrive il contesto degli studi a Monza da lui condiviso
dilatazione spaziale accennava a oltrepassare i confini dell’opera «Fancello è sardo – notava Giulia Veronesi –. Ha portato con con Fancello, toccando i temi dell’assenza di fondamenti teorici
in quanto oggetto discreto, prefigurandone la proiezione nel- sé dall’isola un chiuso e dolce carattere che la grande città non che all’ISIA faceva riscontro all’alta qualità dell’insegnamento
l’ambiente. Il suo esempio additava una strada praticabile per ha violato ancora. Tace, si ritrae, sta con se stesso. E vede. Ri- tecnico, della propria mancanza di basi culturali – che si può
la realizzazione della vagheggiata sintesi delle arti, l’unione tra tornano a lui, forse dal mistero dell’infanzia, le immagini della credere ancor più grande nel caso dell’amico, giunto a Monza
scultura, pittura e architettura che, dopo aver accennato a defi- prima scoperta della vita. Un poco ricorda l’arte rupestre, que- appena quattordicenne – e di una fame di conoscenza che lo
nirsi nell’Italia degli anni Trenta attraverso la pratica effimera sta sua natura eroica graffita sulla carta».64 spingeva a voraci, indiscriminate letture.72 Sullo sfondo, ai
delle esposizioni, emergeva alla fine del conflitto quale tema ri- Analogamente, nella sua recensione della retrospettiva di Brera, margini del ricordo di Nivola ma innegabilmente fondamentali 17 18

corrente del dibattito artistico. Nel clima della ricostruzione era Raffaele Calzini arpeggiava sull’isolamento mistico del giovane per la formazione dei “tre giovani sardi” dell’ISIA, due presenze
forte infatti il richiamo di una prospettiva operativa e teorica artista, «completamente staccato dalle così dette “realtà” della di sicuro fascino intellettuale come quelle di Edoardo Persico e
mirante a superare fratture e divisioni in nome di una superio- vita» e tanto impermeabile alle necessità quotidiane che Pintori Giuseppe Pagano, docenti all’ISIA rispettivamente di grafica e
re unità. L’ideale di armonia rispecchiato dalla sintesi delle arti doveva occuparsi di lui come ci si occupa di un bambino. di critica d’arte, ma soprattutto riferimenti cruciali – dalla tri-
offriva un corrispettivo estetico all’esigenza di ricomposizione «Bruno di capelli, olivastro di carnagione, piccolo di statura, si buna di Casabella – per la cerchia modernista del capoluogo
seguita alle lacerazioni della guerra.58 isolava dai suoi condiscepoli anche per un certo misticismo lombardo. La loro lezione e il loro esempio dovettero agire in
Il caso di Fancello – la cui ricerca era maturata nel contesto dello sguardo. Lavorava a scatti, alternando una febbrile tena- modo determinante sull’orientamento di Fancello, il primo
della “sintesi” antebellica, ma sembrava ancora ben attuale nei cia legata alla ispirazione irruente e magica a lunghi periodi di nello spingerne o incoraggiarne le ricerche figurative in direzio-
tardi anni Quaranta e nei primi Cinquanta – era dunque fun- silenziosa attesa».65 Attraverso Fancello, descritto come una ne antinovecentista, entrambi nello stimolarne la diffidenza
zionale all’affermazione di un’idea di “continuità” intesa a sal- sorta di sciamano che lavorava quasi in trance, parlavano le vo- verso le forme retoriche dell’arte ufficiale (figg. 17-18).73
vare gli aspetti più positivi della cultura architettonica e artisti- ci di un passato mitico: «Una grande onda di arcaici echi figu- Pagano fu accanto all’artista, oltre che nel ruolo di maestro dal
ca italiana, superando lo iato della guerra e sanando la ferita rativi, di primitive emozioni artistiche spingeva a vedere la na- 1934, anche in quello di committente. L’attenzione che dimo-
rappresentata dalla dittatura.59 Negli anni successivi al conflit- tura, soprattutto gli aspetti degli animali e dei luoghi, con una strò nei confronti di Fancello, così come in quelli di Nivola e
to non era solo la sua opera di ceramista e decoratore che ap- freschezza mitica, con una originalità mediterranea».66 Da que- Pintori, era motivata non solo dal pronto riconoscimento delle
pariva in sintonia con l’esigenza di coniugare architettura e arti ste premesse, Calzini si inoltrava in paragoni con i decoratori loro qualità, ma anche da una sua vena “populista” più volte
visive; la sua stessa vicenda, all’insegna della “continuità”, di- del Palazzo di Cnosso, tornando poi indietro nel tempo fino a notata dalla critica e che doveva renderlo sensibile alla partico- 19

ventava tramite di quel messaggio anche morale di ricomposi- chiamare in causa – lui pure – gli incisori rupestri delle grotte lare cultura di cui i tre giovani sardi, provenienti da piccoli
zione di cui l’ideale della sintesi delle arti era veicolo. di Altamira. paesi e da un contesto agropastorale, erano portatori: «L’inte-
In realtà, a dispetto della forza e intensità di un immaginario resse per l’artigianato, per la casa rurale, per quel mondo di
Una bella donna che non si pettina i capelli alimentato dai ricordi dell’infanzia in Sardegna (sulle quali si è vinti per il quale lui, dapprima letterariamente poi più concre-
ricamato a sazietà: si veda ad esempio, ancora nel volume di tamente, parteggiò sempre».74 L’architetto incoraggiò Fancello
«Scuole? Influenze? Derivazioni? Fancello ignora Klee quanto Albini, i rimandi alle rocce come scolpite dei paesaggi isolani, dandogli largo spazio alla Triennale del 1936 – in parte perfino
Rousseau, i Cinesi quanto la Bibbia di Borso; e le analogie che agli alberi piegati dal vento, alle pietre scavate e corrose dall’ac- contro il parere di altri insegnanti dell’ISIA75 –, ne segnalò con
i suoi lavori talvolta palesano non autorizzano a riferimenti: qua),67 Fancello sembra essere stato una natura intelligente- speciale rilievo l’apporto a mostra conclusa e quindi lo coinvol-
egli sta con se stesso».60 Così scriveva Giulia Veronesi su Cor- mente aperta a stimoli e indicazioni esterni – seppure non nei se in altri lavori, il più importante dei quali fu la decorazione
rente nell’agosto 1938, in quello che fu il primo argomentato termini suggeriti da alcuni studi. Nel ricostruire le relazioni dell’Università Bocconi.
contributo sull’artista. L’articolo, aperto da una citazione di che legavano l’artista all’ambiente intellettuale milanese degli Persico, scomparso nel 1936 ma non per questo meno ossessi-
René Huyghe sull’arte popolare, tentava di dire senza dirlo anni Trenta se ne è talvolta enfatizzato il peso, accumulando vamente presente nel ricordo dei suoi amici ed estimatori, poté
apertamente che Fancello era uno spirito semplice e primitivo possibili (ma spesso non probabili) riscontri letterari e filosofici esercitare la propria influenza nei confronti di Fancello per un
(pur con tutte le attenuazioni e i correttivi del caso) e che da alle sue opere, a rischio di perderne di vista la singolarità e di tempo più breve, il che spiega il fatto che gli studi a lui dedicati
questa semplicità scaturiva la sua immediatezza espressiva. Co- sopravvalutare il sostrato teorico del suo lavoro.68 Il fatto è che non registrino il nome dell’artista.76 Quest’ultimo era troppo
me Veronesi, insistono sul carattere spontaneo, impregiudica- di Fancello, morto troppo presto, ben poco si conosce con si- giovane perché la sua presenza emergesse con forza nel variegato 20

to, naturale dell’arte di Fancello la maggior parte dei commen- curezza, se non la mappa generica dei suoi incontri e frequen- contesto che circondava Persico: al momento della morte del
tatori, specie i primi. tazioni quotidiani. I suoi riferimenti culturali e il modo con critico, nel gennaio 1936, aveva appena vent’anni. È significati-
A incoraggiare questo tipo di letture concorreva non poco la cui li affrontava si possono soltanto immaginare, con maggiore vo che, in occasione della mostra commemorativa di Persico te-
biografia dell’artista. Arrivato a Monza poco più che bambino, o minore grado di verosimiglianza, sulla scorta di questi con- nuta al Milione dal 22 maggio al 6 giugno di quello stesso an-
venuto dalla Sardegna, regione ancora ai primi del Novecento tatti e delle opere, giacché di lui non possediamo scritti a parte no,77 non figurasse nel gruppo di 63 artisti e altri dieci amici
«lontana quanto l’Africa Centrale» agli occhi degli italiani,61 le lettere ai familiari, interlocutori con i quali il discorso non che avevano donato delle opere da vendere a beneficio della ve-
Fancello offriva più di un appiglio alla costruzione della pro- verteva su questioni d’arte ma sulla sfera della quotidianità e dova e dei figli, mentre vi compariva invece Nivola, che aveva
pria immagine in chiave primitivista, assommando la dimen- degli affetti, come diffusamente lamentava Salvatore Naitza nel partecipato alla rassegna con un quadro (figg. 19-20).78 Tutta-
sione dell’infanzia a quella dell’esotico. Mario Labò ne parago- saggio che avviò la riscoperta di Fancello nel 1988.69 via nel 1938 Giulia Veronesi, fedele custode dell’eredità cultura-
nava la libertà di visione a quella dei «negri che in “Green Qualche elemento utile a comprendere l’atteggiamento del- le e morale di Persico, collocava sotto gli auspici di quest’ultimo
Pastures” vedono Dio sotto le specie di un venerando negro, l’artista può venire dalla testimonianza di Costantino Nivola, e della sua idea di un’arte identificata con la libertà dello spiri- 17. Edoardo Persico a Milano nel 1934.
con le tasche piene di sigari da distribuire agli angeli del para- molto più loquace di Fancello e abbastanza prodigo di raccon- to il proprio elogio di Fancello;79 e nel 1942 Raffaele Carrieri, 18. Giuseppe Pagano, autoritratto all’interno della Bocconi,
diso».62 Carla Albini ne associava i disegni alla figura medievale ti e dichiarazioni, specie in età matura. A dire il vero, Nivola nel rievocare nostalgicamente il critico napoletano, parlava di primi anni Quaranta.
del “trovatore”, secondo lei ancora esistente in Sardegna, e ne diede anche lui il suo contributo alla costruzione dell’immagi- Fancello come di uno degli intimi di questi, mentre Mario La- 19-20. Invito per la mostra Omaggio a Persico, 22 maggio-6 giugno
ricollegava l’arte alla natura e alla fauna dell’Isola, con le quali ne di Fancello quale “talento naturale”: in uno scritto steso bò diceva “provvidenziale” per l’artista l’incontro con Persico.80 1936, Galleria del Milione, Milano.

20 21
Se in questi accenni si percepisce, al di là dei dati oggettivi,
una certa tendenza ad accomunare nella memoria le due figure
prematuramente scomparse come emblematiche di un’epoca e
di un ambiente (di quegli anni “scellerati”, secondo le parole di
Nivola,81 testimoni di laceranti dissidi ideologici ma anche ric-
chi di appassionato fervore creativo), il legame di Fancello con
Persico è in ogni caso proclamato dalla consonanza della sua
opera con la visione del critico.82
L’amore di Persico per l’Impressionismo inteso non tanto co-
me ricerca dell’istantaneità della visione ma come richiamo
alla precarietà del vivere e coscienza della transitorietà umana,
la sua predilezione per una naïveté che immergeva scene e fi-
gure in atmosfere stupefatte, dando ai personaggi una parven-
za attonita di goffo spaesamento, l’interesse per una figurazio-
ne bidimensionale, la cui suggestione era affidata alla linea e
al colore, trovano nella visione del giovane artista un puntuale
riscontro.83 L’inclinazione primitivista dimostrata da Fancello
poteva trovare qualche conferma nell’esempio di un artista ca-
ro al critico napoletano, Arturo Martini, che, a sua volta do-
cente all’ISIA fino al 1930, vi aveva lasciato il gesso della Leda 21
del 1926 e le cui ceramiche esposte in quello stesso anno alla
Triennale delle Arti Decorative di Monza avevano riscosso il
plauso di Persico.84 Nico Stringa nota giustamente in questo
stesso volume come – contrariamente a quanto sin qui affer-
mato dalla critica – non si possa parlare di un influsso di Mar-
tini su Fancello;85 tuttavia la vena popolaresca, anticlassica e
ironica, corretta però da un senso sicuro della forma, che Persi-
co aveva messo in evidenza nelle creazioni martiniane può aver
contribuito a incoraggiare Fancello a procedere su una strada
analoga, per quanto differente nelle proposte formali, come
quella attestata da una serie di sue prove intorno al 1934: le
terrecotte del Toro e Picador, dei Re Magi e dell’alitante Citare-
do con lo sguardo fisso alle stelle (figg. 223, 227). Ancora a
Persico e alla sua esortazione verso gli Impressionisti e Postim-
pressionisti si può indirettamente ricondurre l’innamoramento
per Raoul Dufy che coglie Fancello e Nivola pressoché simul-
taneamente verso il 1936, e che porta il primo ad abbandonare
la compattezza plastica suggerita da Martini (e da Marino Ma-
rini che lo aveva sostituito all’ISIA come insegnante di scultu-
ra), spingendolo a sciogliere e animare il modellato nelle cera-
miche, a optare per un segno nervoso, forme più fluide e spazi 23
privi di profondità nei disegni. 22

Naturalmente, oltre alle indicazioni che potevano giungere da


Persico e Pagano, non va sottovalutato il ruolo di quei mo- escludendo le lunghe pause forzate dovute al servizio militare) ricordo pubblicato su Il tesoretto. Almanacco dello Specchio, a di-
menti di educazione informale che erano le conversazioni negli nel suo orizzonte entrano, oltre alle suggestioni già ricordate, stinguerlo da Pintori e Nivola, «colti, intelligentissimi e astuti».
studi e al caffé, attraverso le quali le idee circolavano e veniva- quelle dovute alla vicinanza dello stesso Nivola, l’attenzione I tre «ragazzi sardi vestiti di orbace» erano giunti dall’Isola, «in
no assimilate con immediatezza. Stando a Nivola, sembra in per protagonisti internazionali della scultura modernista quali un tempo che si discuteva di tutto a Milano, di garofani, dipin-
ogni caso che la prima modalità di apprendimento fosse visiva Archipenko, Brancusi e Moore (citati da Salvatore Fiume co- ti e tazze, di sedie e di architettura, di astrattismo e di poesia.
e si compisse per il tramite delle riviste straniere; pubblicazioni me oggetti di studio da parte sua),88 l’interesse finora non suf- Nivola e Pintori trovarono presto la giusta strada, si cacciarono
francesi soprattutto, a cominciare da Cahiers d’art, che lui e i ficientemente rilevato per il surrealismo e l’influsso di Lucio a disegnare maiuscole negli studi degli architetti, s’innamoraro-
suoi compagni si sottraevano a vicenda non appena arrivavano Fontana, l’artista che più ha contato nella sua evoluzione. Che no di Dufy e della fotografia, cominciarono a costruire tavoli
in libreria, traendone spunti per il proprio lavoro e poi distrug- poi questa varietà di stimoli – cui va aggiunto il riferimento storti, a colorire strisce di carta con l’anilina, a usare la forbice e
gendole perché gli altri non potessero consultarle.86 Possiamo all’arte cinese e giapponese, più volte segnalato dai commenta- la coccoina. Cominciarono a guadagnare quattrini, anche».89
supporre che negli anni di scuola Fancello – fatto salvo il suo tori – venisse rifusa al fuoco di una personalità e di una visione In contrasto col dinamismo di Nivola e Pintori (che nel testo
atteggiamento meno disinvoltamente prensile di quello di Ni- artistica originali è innegabile, ma ciò non ne inficia l’esistenza. assume il sapore di un’intraprendenza spregiudicata e vagamen-
vola, più solidamente ancorato a un proprio mondo poetico – Sulla scorta delle letture primitiviste sviluppate da gran parte te pericolosa), Fancello è presentato come un “candido” che,
non fosse estraneo a questa modalità di approccio. Di certo lo della critica, si tende in genere a pensare a Fancello come a un crescendo «in virtù ma non in astuzia … rimase con l’anima
sviluppo del suo percorso di ricerca non sembra giustificare artista sostanzialmente individualista, chiuso in un suo mondo lunga e bianca fino alla fine» (figg. 21-23).90
l’affermazione di Nino Bertocchi secondo cui la sua opera sa- fantastico, e dunque in qualche modo laterale e appartato ri- Candido finché si vuole, l’artista non era però così avulso co-
21. Costantino Nivola e Salvatore Fancello, Milano, 1936 ca.
rebbe stata «straordinariamente spaesata nel quadro dell’arte spetto a ciò che avveniva intorno a lui. Leonardo Sinisgalli – me voleva Sinisgalli dal contesto operativo in cui si muovevano
moderna europea».87 In poco più di sei anni di attività effettiva che aveva frequentato Fancello nel periodo in cui dirigeva a 22. Giovanni Pintori e Salvatore Fancello, Milano, 1936 ca. i suoi amici, né così perfettamente autosufficiente come lo si
(a non contare i primi tempi di ambientamento all’ISIA ed Milano l’Ufficio Pubblicità dell’Olivetti – era attento, in un 23. Salvatore Fancello e Giovanni Pintori, Monza, metà anni Trenta. dipingeva. Tanto per cominciare, all’ISIA, per quanto i maestri

22 23
– consapevoli del suo talento – gli lasciassero ampi margini di Il pannello, ospitante su un lato due rilievi, sull’altro una stri-
autonomia, operava pur sempre nell’ambito di un’istituzione scia continua di lavori grafici, tagliava trasversalmente la sala,
didattica che imponeva direttive e orientamenti ai percorsi for- creando un ritmo ortogonale rispetto alle vetrine e un lieve ar-
mativi degli allievi. Mario Labò esagerava senz’altro quando, resto visivo prima della grande parete di fondo, occupata per
nel 1942, scriveva su Domus di un Fancello «autorizzato a per- intero da un graffito di Fancello che portava incastonati due ri-
seguire apertamente il suo sogno senza finzioni scolastiche e lievi di mattonelle ceramiche dello stesso artista, a giudicare
senza compromessi» e dunque perfezionatosi nella tecnica cera- dallo stile realizzati qualche tempo prima (fig. 24). Sul muro
mica «quasi come autodidatta, al diretto contatto con le espe- contiguo, a sinistra, Fancello e Nivola figuravano l’uno accanto
rienze di laboratorio, col forno e con gli smalti».91 All’immagi- all’altro insieme a Gaetano Oltolina, Nivola con un dipinto
ne di Fancello talento innato e senza maestri proposta da Labò murale su telaio di tono celebrativo, Tempo fascista (Si costrui-
– e largamente accreditata dopo la morte dell’artista – reagiva scono le città), Fancello con la serie dei Mesi in placche di cera-
in una lettera Umberto Zimelli, insegnante a Monza nel corso mica, allineati anche questi a formare una striscia ininterrotta.
di ceramica, che rivendicava il carattere prettamente “di scuo- In contrappunto con la bidimensionalità dei pezzi a parete,
la” dei lavori eseguiti fino al 1934 e il ruolo di controllo eserci- scandivano l’ambiente tre sedie in tubolare metallico, alcune
tato dall’istituzione anche in seguito.92 Benché Zimelli possa sculture e grandi vasi, tra cui l’urna Le Muse di Fancello, col
aver a sua volta esagerato per accrescere i propri meriti di do- coperchio sormontato da una pavoncella.102 L’unità dello spa-
cente e quelli dei colleghi,93 non si può negare del tutto validi- zio si imponeva al di là dei contributi individuali, grazie alla
tà alle sue affermazioni, specie quando si osserva il ricorrere, coerenza di una mise en page fondata su calcolate asimmetrie,
tra gli oggetti prodotti all’ISIA, di date forme e tipologie di de- capace di stabilire raccordi e generare contrasti voluti: risultato
coro che anche Fancello sembra aver condiviso,94 o le tangenze tutt’altro che facile da ottenere in una rassegna di produzioni
non solo di tecnica ma di stile e, ancora una volta, di motivi scolastiche, come prova l’impressione di affollamento prodotta
decorativi tra lavori dell’artista e quelli dei suoi maestri.95 dalle sale di altri istituti, documentate nel volume dei Quader-
In definitiva è da credere che la personalità artistica di Fancel- ni della Triennale dedicato alla mostra.103
lo, lungi dall’essere cresciuta spontaneamente come un fiore di Se l’allestimento della sala dell’ISIA brillava all’interno alla
campo, si sia definita per effetto di diversi fattori. L’indirizzo Mostra delle Scuole d’Arte, gli oggetti esposti dall’istituto
teorico ed etico offerto da Persico e Pagano, l’acquisizione per monzese si staccavano generalmente per qualità dai pezzi pre-
osmosi della cultura milanese nei ritrovi artistici e l’assorbimen- senti nel resto della rassegna, non di rado di gusto piuttosto
to di una varietà di fonti figurative anche attraverso le riviste pesante, a giudicare dalle immagini pubblicate. Di Fancello
andarono a sovrapporsi alla formazione in primo luogo tecnica comparivano, oltre alla già citata urna Le Muse e forse a qual-
acquisita nei laboratori della scuola, sotto la guida di ottimi in- che altro vaso, un presepe smaltato composto di una ventina
segnanti come i ceramisti Posern, Zimelli, Ferraresso e il deco- di gruppi e una serie di animali per lo più in terracotta (figg.
ratore Ugo Zovetti.96 25-26). Non era esposta invece la serie dello Zodiaco (lo sa-
rebbe stata solo nell’edizione successiva della Triennale, nel
Dalla vetrina alla parete 1940), probabilmente perché completata in ritardo.104 Oggi
in ubicazione ignota, era composta da dodici formelle conca-
Seppure, come scriveva Argan nel 1988, a Fancello sia manca- ve con i segni zodiacali in terracotta su sfondi smaltati di az-
to «anche il tempo di un ponderato esordio»,97 il valore di un zurro, il cui stile sintetico e la saporosa ingenuità del modellato
esordio a tutti gli effetti ha la sua partecipazione nel 1936 alla erano gli stessi che caratterizzavano le figure di animali (figg.
VI Triennale di Milano. Sotto l’egida di Pagano, che ne era il 31-32). Di queste ultime colpivano la vena di fresco umori-
direttore artistico insieme a Carlo A. Felice e Mario Sironi, la smo e una tendenza alla deformazione che dava luogo a inven-
mostra milanese segnava da una parte l’affermazione degli ar- zioni dall’aria infantile e quasi fumettistica. Un’intonazione
chitetti razionalisti, dall’altra proponeva una nuova “unità” tra leggermente caricaturale si coglie in Toro e Picador, in cui il to-
arti visive e architettura,98 prefigurando una sintesi capace, al ro ha arti e muso esageratamente ingranditi e un’espressione
di là del muralismo sperimentato nella precedente edizione del quasi buffa (figg. 33, 35), mentre da un cartoon sembrano
1933, di tradursi nella creazione di ambienti totali.99 Fancello usciti il cane con le zampe arcuate o il gatto dagli occhi sbarrati
figurava in due luoghi distinti dell’esposizione, la sezione del- visibili in alcune foto (fig. 247). In altre figure, come il cinghia-
l’ISIA in seno alla Mostra delle Scuole d’Arte curata da Ferruc- le, presente nella mostra in almeno tre versioni, già si delinea la
cio Pasqui e la Galleria delle Arti Decorative e Industriali a cu- stilizzazione più tesa, asciutta ed energica tipica del periodo
ra di Renato Camus. successivo. Tutti i pezzi sono animati da minute incisioni, pic-
La sezione dell’ISIA alla VI Triennale è stata altre volte descrit- chiettature, striature, secondo una modalità decorativa caratte-
ta nel dettaglio, ma non si è prestata finora sufficiente attenzio- ristica dell’artista (Zimelli ricordava Fancello al lavoro: «Le ma-
ne all’alta qualità della partecipazione dell’istituto monzese.100 ni e un chiodino. E basta»)105 che conferisce valore tattile alle
Colpisce in effetti come questo si distinguesse immediatamen- superfici, rendendone significativa ogni più piccola porzione.
te rispetto alle altre scuole incluse nella rassegna. Nella sala del-
l’ISIA objets d’art, scultura, grafica e decorazione murale erano
accostati con una sapienza che esaltava i singoli pezzi e al tem-
po stesso metteva in valore l’insieme della presentazione. Gli
animali in terracotta di Fancello, con gli altri oggetti di piccole 24. La sezione dell’ISIA nella Mostra delle Scuole d’Arte,
dimensioni prodotti nella scuola, erano disposti entro una serie VI Triennale di Milano, 1936.
di semplicissime vetrine moderniste su progetto di Gianni Ro- Di Fancello sono visibili: sulla parete sinistra, decorazione graffita e
pannelli ceramici La partenza del legionario e Lavori campestri;
mano,101 inquadrate tra aste verticali reggenti in alto un lungo nell’angolo, urna ceramica Le Muse; nella vetrina, insieme a opere
pannello che andava dall’uno all’altro dei muri divisori laterali. di altri artisti, una serie di ceramiche. 24

24
25 26

25. La sezione dell’ISIA alla VI Triennale di Milano, 1936.


Sulla parete di sinistra, in alto, affresco di Gaetano Oltolina;
al centro, Si costruiscono le città (Tempo fascista) di Costantino Nivola;
in basso I Mesi di Salvatore Fancello; sulla parete destra, decorazione
graffita di Fancello.
26. La sezione dell’ISIA alla IV Triennale di Milano, 1936.
Vetrine con ceramiche ed esposizione di disegni pubblicitari.

26 27
27 28

31

27. Acquario, disegno preparatorio per formella in ceramica


della serie I segni Zodiacali, 1936, matita su carta applicata
su cartoncino, 27,4 x 23,2 cm, Nuoro, Archivio per le Arti Applicate.
28. Ariete, disegno preparatorio per formella in ceramica
della serie I segni Zodiacali, 1936, matita su carta applicata
su cartoncino, 27,5 x 23,6 cm, Nuoro, Archivio per le Arti Applicate.
29. Toro, disegno preparatorio per formella in ceramica
della serie I segni Zodiacali, 1936, matita su carta applicata
su cartoncino, 27,9 x 23,5 cm, Nuoro, Archivio per le Arti Applicate.
30. Leone, disegno preparatorio per formella in ceramica
della serie I segni Zodiacali, 1936, matita su carta applicata
su cartoncino, 27,7 x 22,8 cm, Nuoro, Archivio per le Arti Applicate.
31. I segni zodiacali, formelle in terracotta invetriata, 1936.
32. I segni zodiacali, pagina interna di Domus, n. 173, maggio 1942. 32
29 30

28 29
33
35
34

33. Toro e Picador e Torello, ISIA,


sezione Ceramica, 1935-36.
34. Cangura, gruppo in maiolica e Ariete,
esposti alla VI Triennale di Milano, 1935-36.
35. Toro e Picador, 1933, terracotta,
26 x 31 x 23 cm.
L’opera, di cui si conosce anche un’altra
versione, fu donata da Salvatore Fancello
al suo insegnante Giovanni Romano.
36. Torello, metà anni Trenta, terra refrattaria 36
smaltata, 13 x 26 x 10 cm.

31
sembra confermarlo; in particolare il cinghiale – animale sim-
bolico della Sardegna per la sua ispida selvatichezza non di-
sgiunta da doti di forza e coraggio108 –, dovrà proprio all’artista
il suo ingresso nell’iconografia popolare dell’Isola, attraverso la
traduzione data dei suoi modelli dal ceramista dorgalese Ciria-
co Piras e la successiva diffusione del tema nell’artigianato loca-
le del secondo dopoguerra.109 Un motivo come quello della
gallina o pavoncella, per contro, trova antecedenti in Sardegna
nell’artigianato e nella stessa ceramica popolare:110 riprende le
forme della gallina o del galletto un tipo di caraffa tradizionale
prodotto a Dorgali, al quale Fancello si ispirò anche diretta-
mente a metà decennio, in alcuni modelli di versatoio realizzati
a Padova, durante un soggiorno estivo presso il laboratorio del
suo maestro Ferraresso.111
Nell’insieme, comunque, il bestiario che fin da questo momen-
to prende forma nell’opera dell’artista non sembra specificamen-
te legato all’ambiente o alla cultura materiale della Sardegna;
comprende infatti una fauna tanto nostrana quanto esotica,
quest’ultima nemmeno tutta riconducibile all’immaginario co- 38

loniale che intorno al 1936 polarizzava la fantasia di quanti pra-


ticavano in Italia il tema animalier (cosa hanno a che vedere ad bre e giraffe. In ogni caso, è uno spazio in cui ogni indicazione
esempio i canguri con l’Africa?). Quello di Fancello sembra di profondità è soppressa, in cui le normali regole dell’orienta-
piuttosto una sorta di zoo privo di caratterizzazioni geografiche, mento sono sospese (alcune bestie se ne vanno in giro a testa in
un’effusione fantastica che trova nello stesso momento piena giù), le proporzioni sono clamorosamente alterate e una formi-
espressione nei disegni, nei quali belve e animali da cortile con- ca può essere grande quanto un canguro. Imponente per di-
vivono in una sorta di Eden bizzarro e surreale, un’età dell’oro i mensione, il graffito era leggerissimo nella resa grafica a linee
cui tratti si confondono con quelli dell’infanzia. rapide e corsive e nelle trasparenti stesure di colore, date in
Una sintesi del clima poetico dei disegni offriva il grande graf- chiazze indipendenti dal contorno, fluttuanti sul disegno, co-
fito che costituiva il perno visivo della sala dell’ISIA alla Trien- me fin dal 1924 Picasso aveva mostrato potersi fare nel sipario
nale (fig. 37); troppo grande, per alcuni, in rapporto all’anti- di Mercure. Nonostante gli scatti che abbiamo siano in bianco
convenzionalità del suo stile, meglio ammissibile in uno spazio e nero, sulla scorta di altre opere dell’artista se ne possono im-
più modesto.112 Distrutto come la quasi totalità degli interven- maginare le gamme chiare di gialli, bianchi e celeste.
ti decorativi dell’esposizione, il graffito raffigurava, secondo le I due bassorilievi murati su un lato della parete graffita, La
parole di Mario Labò, un «ambiente ironicamente colonia- partenza del legionario e Lavori campestri (oggi ai Musei Civici
le».113 L’immagine consegnataci dalle foto è quella di un im- di Monza) (figg. 41-43), spiccavano su questa espansione lieve
probabile paesaggio rurale sparso di ville e cascine e abitato da e luminosa con le loro tinte più sature e la composizione più
animali esotici e domestici, in cui transitano però anche auto- densa. Alle prese con due temi d’obbligo della propaganda di
mobili, biciclette e un antico velocipede. Il luogo fa pensare a regime, Fancello non perde la sua capacità inventiva.114 Mo-
un giardino zoologico, visto che vi passeggiano signore eleganti dellati in un rilievo molto basso che increspa appena la superfi-
col cappello, i bambini vi giocano col cerchio e persino un lat- cie, ma compatti e architettonicamente strutturati, i pannelli
tante siede a terra indisturbato in prossimità di rinoceronti, ze- aprono alla vista spazi non meno irreali di quelli del graffito.

37

Contribuiscono ad accrescere la vitalità delle figure i tocchi di


colore opaco dell’ingobbio, usati per sottolineare i dettagli, per
interrompere con screziature luminose la continuità dei piani o
per dare risalto a certe masse (figg. 248-260).106
La predilezione di Fancello per i soggetti di animali viene cor- 37. Particolare della decorazione graffita sulla parete della sezione
rentemente ricondotta all’incancellabile impronta lasciata su di dell’ISIA alla VI Triennale di Milano, 1936, in G. Pagano, Arte decorativa
lui dall’infanzia trascorsa in Sardegna. «Il villaggio-universo di italiana. Quaderni della Triennale, Milano, Hoepli, 1938.
Dorgali – scriveva Salvatore Naitza – … avrebbe avuto una for- 38. Veduta della Mostra dell’architettura rurale a cura di Giuseppe Pagano
za determinante nella costruzione, non solo di una sensibilità, e Guarniero Daniel, VI Triennale di Milano, 1936.
di un’inclinazione, ma anche di una traduzione simbolica per fi- 39. Lavori campestri, 1935-36, matita e acquerello su carta, 30,1 x 41,2 cm.
gure».107 Il ricorrere nel repertorio di Fancello di bestie associa- 40. Lavori campestri, 1935-36, bassorilievo a piastrelle in terra refrattaria
te all’ambiente isolano, come la pecora, la capra o il cinghiale, smaltata, Monza, Musei Civici. 39 40

32 33
Nel primo, in particolare, la parvenza di solidità data alla scena
da un gruppo di grandi figure a sinistra – il legionario e la sua
famiglia, ispirati all’arte dell’antico Egitto – è subito smentita
da una folla divagante di dettagli: l’asta lunghissima del ga-
gliardetto che, attraversando in altezza tutto il pannello, con-
giunge piani teoricamente sfalsati in profondità; lo scorcio di
paesaggio urbano nell’angolo superiore sinistro, poggiante su
un terreno che ha il colore e l’aspetto del mare; l’ampia arcata
di un ponte aperta su un’acqua azzurro cielo; il milite fascista
col gagliardetto in spalla, che penzola incongruamente dal pa-
rapetto (o vi si arrampica?) mentre sopraggiunge da destra un
manipolo in divisa; i tre bagnanti neoegizi che tagliano oriz-
zontalmente lo spazio (sono stesi nell’acqua o si suppone stia-
no in piedi sulla riva a destra?); una schiera di cavalieri e altri
personaggi, posti in primo piano ma notevolmente più piccoli
delle figure retrostanti. Lontano e vicino, mare e cielo, cielo e
terra sembrano confondersi in un colorato spettacolo di rosa e
lilla, gialli pallidi e azzurri intensi.
La sovrapposizione dei due pannelli alla parete graffita aggiun-
ge ambiguità a ambiguità e accresce, anziché contenerla – co-
me l’inserimento di scene dal tema prefissato avrebbe potuto
far supporre –, la libertà della figurazione e il suo contenuto
decorativo. Il passaggio dal murale alle due composizioni cera-
miche tende a far percepire il primo come cornice, a dispetto
della sua vastità, e le seconde come aggiunta ornamentale, no-
nostante il loro carattere narrativo, mettendo così in crisi ogni
latente gerarchia tra generi e forme espressive.
La singolare modalità espositiva risponde a una logica collagisti-
ca fuori di ogni naturalismo, che non sappiamo se attribuire al-
la regia di Pagano, agli insegnanti dell’ISIA o all’artista stesso.
Pagano utilizzò una soluzione per qualche verso analoga quan-
do, nella Mostra dell’architettura rurale da lui curata con Guar-
niero (Werner) Daniel sempre alla VI Triennale, collocò le pro-
prie fotografie all’interno dei pannelli decorativi con paesaggi
dipinti da Nivola (fig. 38);115 in quel caso però il fattore chiave
era il diverso statuto della fotografia, usata come materiale do-
cumentario e non come opera d’arte, alla quale tuttavia veniva
data priorità sulla decorazione murale, retrocessa al ruolo di
41 sfondo. Qui, invece, il rapporto tra graffito e rilievi sembra gio-
carsi alla pari. Inoltre, a sentire Zimelli, l’ingerenza di Pagano
nella preparazione della sala dell’ISIA non andrebbe sopravvalu-
tata. Anche gli interventi di Fancello, precisava Zimelli, non si
dovevano a ordinazioni di Pagano o della Triennale ma erano
iniziativa della scuola.116 Così il graffito murale, così la serie dei
Mesi in terracotta invetriata, lodati da Labò per la loro fresca
immediatezza: «Spogliati di qualunque ricordo classico, ma per-
sino senza violenza, candido intuito spontaneo e non reazione
di chi ha il suo modo di vedere le cose».117 Delineate veloce-
mente dal segno graffito, dipinte a tocchi di colore liquido,
ambientate entro spazi aprospettici, le personificazioni dei Me-
si dal gesto incerto, dall’andatura vacillante, dai lineamenti in-
definiti, andavano ad aggiungersi al «popolo di figurette infor-
mi, disabili, disorientate» che caratterizzava tante creazioni del
primitivismo milanese degli anni Trenta (figg. 44-57).118 Stan-
do a Zimelli, si doveva a lui se Fancello, sollecitato, aveva ese-
guito la serie: «Ero riuscito a fargli fare il graffito “all’antica”
che mi sembrava adatto alla sua grafia facile e saporosa. Infatti
Fancello ci prese gusto, ma vi si applicava così estrosamente fa-
41. Lavori campestri, 1935-36, bassorilievo a piastrelle in terra cendo pezzi a sé stanti senza mai impegnarsi in un tema obbli-
refrattaria smaltata, 141 x 95 cm, Monza, Musei Civici. gato … Io tanto feci e tanto dissi che finalmente un giorno si
42-43. La partenza del legionario, 1935-36, bassorilievo a piastrelle decise a farmi una serie di piastrelle svolgenti il tema dei Mesi.
in terra refrattaria smaltata, 134 x 95 cm, Monza, Musei Civici. Fui io a procurargli i segni dello Zodiaco, fui io a dargli tutti i

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42
44 45 46 47 48 49

50 51 52 53 54 55

44-57. Mesi e segni dello zodiaco, 1936, formelle in terracotta


ingobbiata e dipinta sottovetrina, ciascuna 33 x 24 cm.
La maggior parte delle formelle presenta i segni di una frattura
avvenuta durante la cottura; in alcune sono riscontrabili parti ridipinte
dallo stesso autore.

38 39
56 57
suggerimenti riguardanti gli attributi delle figurazioni … E fui
io anche a volergli far colorare il graffito coi colori fondamenta-
li: giallo ferraccia, manganese, ramina, e blu zaffera, che Ferra-
resso preparò dai minerali grezzi e che Fancello usò con modo
così nuovo e così suo; proprio come io avevo intuito».119

Fancello e Nivola
Secondo Zimelli, l’unica opera effettivamente commissionata 62

da Pagano per la VI Triennale sarebbe stato il grande pannello


litoceramico realizzato a quattro mani con Nivola, non a caso
esposto nella Galleria delle Arti Decorative e Industriali e non
nella sala dell’ISIA, e riprodotto non nel volume dei Quaderni
della Triennale dedicato alla scuole ma in quello, a firma di Pa-
gano, intitolato Arte decorativa italiana.120
Fin dal 1934 Fancello e Nivola sembravano viaggiare sulla stes-
sa lunghezza d’onda. Una qualche tangenza tra le loro ricerche
si poteva cogliere nella comune inclinazione primitivista e nel
riferimento alle forme solidamente strutturate di Marino Mari-
ni: si confrontino ad esempio lavori di Fancello come i due stu-
di grafici conservati ai Musei Civici di Monza, Donna che stende
i panni e Uomini e animali (figg. 64-65), e la ceramica Donna
con bambina e il relativo disegno preparatorio (figg. 58-59), con
le figure dipinte da Nivola nel distrutto murale La Carta del 60 61 63

Lavoro e in uno studio per affresco noto da una foto d’epoca


58 (figg. 60-61).121 Pur nella differenza delle inflessioni individuali,
gli uni e le altre sono caratterizzati da una resa tendenzialmente
bidimensionale dell’immagine, da analoghe proporzioni e da
una simile stilizzazione, più energica nel caso di Fancello e più
vicina al modello del Marini degli schizzi per il bassorilievo La
Nuova Regina (figg. 62-63).122
Di qui i due artisti muovono all’unisono verso una figurazione
più mossa e leggera, largamente ispirata da Dufy, fatta di con-
torni mossi e scompigliati, di spazi liquidi, indefiniti, in cui si
perde ogni residua suggestione di volume. La nuova maniera,
apparsa dapprima nell’opera di Fancello nella decorazione di
pezzi ceramici, come il Piatto con pavoncella e la Base per fonta-
na riferiti alla metà del decennio (entrambi a Nuoro, Archivio
per le Arti Applicate) (figg. 69, 71), viene sviluppata più com-
piutamente in alcune delle opere presentate nel 1936 alla VI
Triennale di Milano, a cominciare dal graffito murale di cui
abbiamo già parlato e dal pannello in litoceramica.
La realizzazione di quest’ultimo non andò esente da qualche
incidente di percorso. Scriveva Zimelli: «(Benché facesse la sua

58. Donna con bambina, 1935, terra refrattaria ingobbiata,


dipinta e invetriata, h 25 cm.
59. Donna con bambina, metà anni Trenta, inchiostri acquerellati
su carta, 23 x 15,2 cm, Monza, Musei Civici.
60. Costantino Nivola, Studio di figure, pittura murale
su telaio, metà anni Trenta (opera dispersa).
61. Costantino Nivola, Lo Stato corporativo, pittura murale
su telaio, metà anni Trenta (opera dispersa).
62-63. Marino Marini, studi preparatori per il bassorilievo
La Nuova Regina, 1932-33.
64. Uomini e animali, metà anni Trenta, carboncino su carta,
49 x 33,5 cm, Monza, Musei Civici.
65. Donna che stende i panni, metà anni Trenta, carboncino su carta,
59 49 x 33,6 cm, Monza, Musei Civici.
64 65

42 43
68. Rinoceronte con piccolo,
1934-35, terracotta smaltata
con ritocchi di colore sottovetrina,
12,4 x 20,3 x 11 cm.
69. Piatto con pavoncella (vaschetta),
68
1935-36, terra refrattaria ingobbiata,
dipinta e invetriata, Ø 35 cm,
Nuoro, Archivio per le Arti Applicate.
66

69

66. Torello, due vaschette graffite e tre ciotole


con coperchio, 1934-35, ISIA di Monza.
67. Torello, 1934-35, terraglia a colaggio poi graffita,
67 con verderame, 18,5 x 24 x 9,5 cm.

44 45
72

figura) fu un fallimento tecnico del nostro laboratorio, un lavo-


ro sproporzionato alle possibilità delle nostre attrezzature. Quel-
70 lo non era un pannello ma un mucchio di rottami, ricomposti,
ritoccati a freddo, riappiccicati col “tacatutt” ed io rifiutai di da-
re la mia approvazione per la sua sistemazione alla Triennale».123
I difetti tecnici lamentati da Zimelli sono evidenti nelle foto
che possediamo, nelle quali si scorgono i segni di ripetute frat-
ture dei singoli elementi; ma soprattutto vi risaltano la novità di
concezione dell’opera e la straordinaria sintonia tra Fancello e
Nivola. Simile nel tema alla parete graffita della sezione del-
l’ISIA (anche qui, e con maggior dovizia di dettagli, è rappre-
sentata una sorta di fantasia coloniale con animali esotici e tu-
cul tra la boscaglia), il pannello sembra da quella praticamente
indistinguibile quanto allo stile, salvo le differenze create dal
mezzo tecnico e la maggiore rigidità prodotta dalla scelta di rac-
chiudere le scene entro un campo dall’andamento organico sta-
gliato sul fondo chiaro, delimitando così per mezzo di contorni
il dilagare delle zone irregolari di colore. Anche l’effetto collagi-
stico dovuto nel graffito all’inserimento dei due rilievi in cera-
mica ritorna qui nella sovrapposizione di un medaglione circo-
lare al campo mistilineo che ospita la figurazione principale.
Chi non conosca la storia del pannello non lo direbbe eseguito
70. Fontana, 1934-35, ISIA di Monza. in collaborazione, tanto il tema, l’intonazione e i modi paiono
71. Base per fontana, 1934-35, terra refrattaria propri di Fancello, dal quale Nivola sembra in questo periodo
ingobbiata, dipinta e invetriata, h 36 cm; Ø 22 cm,
Nuoro, Archivio per le Arti Applicate.
ipnotizzato. Forte della sua superiore esperienza come decora-
tore, Nivola può avere incoraggiato l’amico ad affrontare la pa-
72. Presepe in ceramica a gran fuoco, 1936 ca.,
VI Triennale di Milano, sezione della Ceramica rete; certo è che Fancello, tanto nella composizione in litocera-
dell’ISIA. mica quanto nel graffito, si mostra perfettamente a proprio
73. Presepe, 1936 ca., VI Triennale di Milano, agio nel dominare una scala ben più ampia di quella cui lo ave-
sezione della Ceramica dell’ISIA. 71 va abituato la realizzazione di soprammobili e piccole sculture.
73

46 47
L’uso di mezzi fondamentalmente grafici (prevalenti in en- rossastro, la violenza esplode in immagini di conflitto e di
trambi i lavori) e la stessa vastità del muro a sua disposizione morte (due uomini che si affrontano, un guerriero armato di
gli consentono di sfogare un’aspirazione alla libertà di segno e lancia, animali uccisi); a destra il paesaggio si muta in deserto,
all’indeterminatezza spaziale cui la scultura da vetrina non da- una distesa brulla e solitaria attraversata da una formazione
va sufficiente modo di manifestarsi. Mentre il Fancello delle rocciosa, sulla quale tuttavia spunta un ramoscello verde, tenue
piccole terrecotte e del presepe smaltato è ancora in gran parte speranza di una possibile rinascita.
quello plasticamente compatto degli inizi, nelle opere di deco- Il dipinto, in cui ancora una volta Fancello e Nivola appaiono
razione murale – comprese le placche dei Mesi – si affaccia già talmente vicini che, salvo qualche passaggio, risulta problema-
un artista diverso, i cui esiti presuppongono l’intenso tirocinio tico individuare con precisione la mano dell’uno o dell’altro,
di disegnatore testimoniato dai numerosi fogli conservati. rivela l’interesse dei due artisti per le grafie nervose di Dufy e
Nonostante le riserve di Zimelli, l’intervento nella Galleria del- insieme, con insolita chiarezza, il ricorso a fonti surrealiste;129
le Arti Decorative dovette produrre un certo scalpore. Di sicu- in particolare Dalì, riecheggiato nel paesaggio piatto e deserto
ro non piacque alla critica più conservatrice; Roberto Papini dalle tinte sabbiose, nelle misteriose orme umane e nel palo in-
doveva avere in mente proprio il famoso pannello quando, su fisso al suolo, nonché citato apertamente nel dettaglio centrale
Emporium, condannò il «funambolismo stilistico» reo di aver della protuberanza rocciosa dall’aspetto fallico, sorretta da due
sviato gli allievi dell’ISIA e di averli portati a trascurare il buo- tronchi-stampelle (fig. 77). Queste ultime erano uno degli og-
no e retto mestiere (mentre riconosceva a denti stretti il valore getto-feticcio dell’immaginario dell’artista catalano, da lui de-
delle ceramiche di Fancello, senza peraltro nominarne l’auto- scritte come simbolo di morte e resurrezione e al tempo stesso
re).124 Piacque per converso a Pagano, che, poco impressionato largamente impiegate nei suoi dipinti come supporto di figure
dalla défaillance tecnica e viceversa colpito dalla verve inventiva decadenti o putrefatte.130
dei due giovani (e d’altronde soddisfatto della prova complessi- Richiamarsi al surrealismo – sia pure come fonte essenzialmen-
vamente eccellente da loro data alla Triennale), in Arte decora- te visiva, a prescindere da ogni forma di automatismo – era
tiva gratificò Nivola e Fancello includendoli senz’altro «tra i una mossa abbastanza controcorrente nel contesto dell’arte ita-
più promettenti artisti italiani».125 liana dell’epoca. Notoriamente avversa al movimento francese
Va detto che il concetto di decorazione tratteggiato da Pagano era la critica ufficiale, prodiga verso gli artisti di incitamenti a
nel volume dei Quaderni della Triennale sembrava tagliato ad- fuggire i pericolosi germi esterofili che avrebbero potuto intac-
dosso a Fancello. Respingendo l’identificazione tra arte “pura” carne la «sanità morale»; Cipriano Efisio Oppo, ad esempio,
e arte “inutile”, l’architetto si pronunciava a favore di quelle fin dal 1930 aveva sinistramente messo in guardia contro «quel
espressioni che cercano «di aderire alla vita contemporanea, “surrealismo” che ci ricorda Berlino e Parigi anche per il trami-
[di] tutte le manifestazioni artistiche che hanno rapporti diretti te d’Israele».131 Ma anche esponenti della cultura più avanzata
o indiretti con i bisogni materiali o spirituali dell’uomo».126 come Carlo Belli e Massimo Bontempelli condividevano la
Contro la decorazione ottocentesca concepita come aggiunta stessa diffidenza, motivata nel loro caso dal sospetto contro la
posticcia e giustamente rifiutata dai modernisti, Pagano mette- componente freudiana del surrealismo, vista come tardo lascito
va avanti una decorazione intesa quale risposta a un «desiderio della stagione romantica.132 Quando, allo scadere degli anni
di poesia, di bellezza, di stimolo fantastico, di divertimento nel Trenta, si sarebbe tentato di fare in qualche modo i conti con
senso etimologico della parola, di distrazione dalle cose terrene la tendenza, ciò sarebbe avvenuto nei termini di un improbabi-
per levarsi ad emozioni di ordine superiore».127 Questo ideale le recupero di ascendenze italiche delle sue tematiche, ridutti-
era per lui realizzabile attraverso la collaborazione fra le arti, vamente lette come manifestazione di una fantasia sfrenata e
«con giusta preminenza dell’architettura»;128 l’opera di Fancello irregolare: Raffaele Carrieri – scrittore che frequentava a Mila-
doveva sembrargli tendere naturalmente verso di esso, giusta la no lo stesso ambiente di Fancello – nel suo libro Fantasia degli
sua inclinazione utilitaria, il suo contenuto fantastico e la di- italiani, pubblicato nel 1939 dall’Editoriale Domus, si sarebbe
sposizione felicemente dimostrata dal giovane artista a interagi- applicato a rintracciare nella storia dell’arte nazionale antece-
re con l’architettura. denti di una linea fantastica che da Paolo Uccello e Cosmè Tu-
ra arrivava al Novecento di De Chirico, passando per Arcim-
Spazi metamorfici boldo e Magnasco. Con questa linea, sposata da Ponti su
Domus e da questi identificata in primo luogo con il capriccio-
Perduta la decorazione in litoceramica realizzata alla Triennale, so decorativismo di Piero Fornasetti, l’opera di Fancello, nono-
sola testimonianza rimasta della collaborazione tra Fancello e stante la sua inclinazione per lo stravagante e il bizzarro, non
Nivola è una grande tempera su compensato, lunga circa quat- ha molto a che spartire.133
tro metri e mezzo e alta un metro, eseguita probabilmente nel A stimolare l’attenzione di Fancello e Nivola per l’arte surreali-
1937 e offerta come dono di nozze ad Angelo Bianchetti, ar- sta aveva probabilmente contribuito il recente soggiorno di Ni-
chitetto milanese vicino a Pagano, che insieme al suo collega e vola a Parigi in occasione dell’Esposizione internazionale, dove
socio Cesare Pea aveva avuto modo di collaborare con i due ar- si era recato, su invito di Pagano, per collaborare all’allestimen-
tisti (figg. 78-79). L’opera, nota col titolo di Scena allegorica, è to del padiglione italiano.134 L’esperienza aveva rappresentato
una sorta di fregio dalla figurazione rarefatta, in cui si snoda per lui un importante momento di aggiornamento culturale,
una narrazione sospesa e interrotta da larghe pause; sulle ampie che si era affrettato a condividere con l’amico.135 L’ambiente
e leggere stesure di colore le piccole figure appaiono come ve-
loci notazioni stenografiche, cifre senza peso né volume. Il te-
ma è quello di un’età dell’oro cui succede la perdita dell’inno-
cenza. Il racconto si apre a sinistra con immagini di quiete
bucolica e di armonia tra uomo e natura, mentre sullo sfondo 74. Composizione (Dafne), seconda metà anni Trenta,
una città sfuma in vapori azzurrini; al centro, entro un alone china e inchiostro acquerellato su carta, 44,1 x 32,2 cm. 74

48 49
75

italiano delle esposizioni e della spettacolarità effimera nell’am- maginario di Fancello, in una serie di fogli spesso difficili da col-
bito della quale i due si erano formati, la loro apertura a una locare con esattezza nel breve arco cronologico dell’evoluzione
concezione dell’arte non gerarchica, che includeva contamina- dell’artista. Le figure di animali – e più tardi quelle umane, ma-
zioni con il mondo dell’industria, della moda e del design, schili e soprattutto femminili, che si infittiscono nel suo reper-
l’abitudine alla frequentazione di poeti e letterati, li predispo- torio iconografico sullo scorcio degli anni Trenta –, ancor più
nevano alla sintonia con il clima del surrealismo dei tardi anni fantasiosamente deformate, soggette a contrazioni e stiramenti
Trenta, che da esperienza d’avanguardia si era sviluppato in un inspiegabili, si muovono in spazi aerei, indeterminati; il segno, a
fenomeno di moda culturale. In ogni caso, anche in preceden- volte arruffato ma sempre elegantissimo – a tratti memore di
za i due avevano occasionalmente mostrato curiosità per mo- Scipione nelle palpitanti svirgolature, ma in genere più teso ed
delli poco “sani”, come quelli rappresentati da De Chirico e da elastico della grafia dell’artista romano138 – riesce miracolosa-
Savinio.136 Al di là del pannello donato a Bianchetti, riferi- mente a conciliare apparente casualità e controllo formale. In
menti surrealisti si ritrovano diffusamente nel lavoro di en- una catena ininterrotta di associazioni, ogni forma ne suggerisce
trambi: in quello di Nivola, nella produzione di grafica pubbli- un’altra: i grandi macigni sparsi nel paesaggio adombrano parti
citaria ed editoriale svolta nel 1937-38 a Milano per l’Olivetti
e nei primi anni Quaranta a New York; in quello di Fancello,
nelle atmosfere straniate e vagamente oniriche di tanti suoi la-
vori e specialmente dei disegni a partire dalla seconda metà de-
gli anni Trenta. 75. Animali fantastici, seconda metà anni Trenta,
Dopo il 1936, infatti, in coincidenza con il volgere del clima china e inchiostro acquerellato su carta, 33,7 x 48,3 cm.
milanese dal primitivismo propugnato da Persico verso l’espres- 76. Leoni che vanno verso il sole, seconda metà anni Trenta,
sionismo,137 si accentua il tono eccentrico e divagante dell’im- china e inchiostro acquerellato su carta, 49 x 22,7 cm. 76

50
78

79
anatomiche – abbiamo già ricordato la roccia daliniana del pan-
nello di Bianchetti, simile a un pene detumescente – oppure si
mutano in architetture, in archi o obelischi. L’inorganico tra-
passa nell’organico, il naturale nell’artefatto (non solo nella
grafica, ma come vedremo anche nella ceramica: un Rinoceron-
te in terracotta patinata del 1937 o ’38 ripete esattamente la
forma delle rupi ad arco raffigurate nei disegni) (figg. 80-82).
Un riscontro a questo approccio figurativo si trova in Henry
Moore, scultore che Fancello, a detta di uno dei suoi amici,
Salvatore Fiume, conosceva e studiava, e al quale appunto fan-
no pensare le rocce forate o dalla conformazione ad arco pre-
senti nei suoi disegni.139 Fin dall’inizio degli anni Trenta Moo-
re aveva fatto propria la strategia surrealista della metamorfosi,
partendo dall’osservazione di oggetti naturali quali sassi, legni e
conchiglie per mettere in atto processi di trasformazione del-
l’inanimato in animato.140
Nei disegni a china di Fancello, le variazioni di spessore del 77

contorno, le macchie e sbavature dell’inchiostro diventano ge-


neratrici di forma attraverso il meccanismo dell’analogia, carico
di assonanze surrealiste. Una sgocciolatura irregolare si trasfor-
ma nel vello ricciuto di un cinghiale, un alone di inchiostro di-
luito sembra alludere allo spostamento d’aria creato dal moto
di un animale (fig. 236). In Animali fantastici (fig. 75), dalle
chiazze apparentemente casuali di china acquerellata l’artista ri-
cava un drago e altre bestie, volanti in uno spazio che richiama
più Mirò che Dalì, tra curiose formazioni ciliate e strane rocce
ad anello. Il meccanismo della metamorfosi si estende alla figu-
ra umana in Signora con cappellino e formichiere (fig. 84), in cui
l’artista ironizza sulle eccentricità della moda femminile avendo
in mente, si direbbe, proprio le creazioni surrealiste di Elsa
Schiaparelli realizzate in collaborazione con Dalì (fig. 86).141 La
mutazione della donna che indossa l’inverosimile cappellino-
formichiere è suggerita dell’analogia tra i pois del vestito, i nei
sulla pelle (a loro volta simili a insetti lambiti dalla lingua del 77. Salvador Dalì, L’enigma di Guglielmo Tell, 1933,
olio su tela, Stoccolma, Museo d’Arte Moderna.
formichiere) e il manto pomellato di un animale. In un dise-
gno pubblicato col titolo di Composizione (fig. 74), la forma 78-79. Salvatore Fancello e Costantino Nivola, Scena allegorica,
1937 ca., tempera su compensato, 99 x 451,8 cm.
umana risulta dall’accostamento di matasse di linee spiralifor- Il pannello fu donato dai due artisti all’architetto Angelo Bianchetti
mi, circondate da un alone sfrangiato di inchiostro acquerellato per il suo matrimonio.

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82

81
80-82. Rinoceronte, 1937-38,
terracotta graffita e patinata, 14 x 18,5 x 14 cm.
La terracotta è appartenuta all’architetto Franco Albini.

54 55
84 85

83. Leone e formichieri, 1938, china e inchiostro


acquerellato su carta, 37 x 29 cm.
84. Signora con cappellino e formichiere, 1936-37,
china e inchiostro acquerellato su carta, 35 x 25 cm, Nuoro, MAN.
85. Signora con cappellino e pellicano, 1936-37,
china e inchiostro acquerellato su carta, 47,5 x 30 cm.
86. Una modella indossa il cappello-scarpa realizzato
83 da Elsa Schiaparelli in collaborazione con Dalì, 1937. 86

56 57
87

che converte le figure in inquietanti apparizioni roteanti e in- dalle proporzioni ingigantite, contiene al suo interno quelle di squassati da smottamenti e scosse telluriche, sospesi per incan-
fuocate. In un altro lavoro tra i più interessanti, Leoni che van- altri animali; distesa tra cielo e terra, assume l’aspetto di una to tra cielo e terra (Paesaggio tra le nubi; Paesaggio e mappa;
no verso il sole (fig. 76), una serie di ampie pennellate longitu- bizzarra costellazione o di un’isola (viene in mente il Klee di Paesaggio con lepre e pere, figg. 93-97). Altrove (Nudi femminili
dinali creano forme ambigue, intermedie fra il minerale e il Insula Dulcamara). e donne che danzano; Città, figg. 98-99), la violenza della pen-
vegetale (dato che con una serie di aggiunte a penna l’artista vi Il colore, quando c’è, rafforza il tono antinaturalistico della nellata esaspera la deformazione del disegno, con risultati di
ha fatto germogliare sopra muschio e foglie), su cui cammina- rappresentazione; non solo là dove Fancello ricorre alla sua ca- tono ancor più decisamente espressionista. Oppure è il duali-
no in fila leoni e formiche. Sospese in un cielo in cui si fronteg- ratteristica tavolozza di tinte tenere e luminose per creare «leo- smo tra segno e colore a mettere in crisi una visione dell’imma-
giano enormi e neri il sole e la luna, paiono grandi totem di un ni celesti e rosa, pecore verdi, caprette azzurre»143 su fondi gine in chiave realistica, come in una serie di schizzi di vario
culto misterioso. L’assenza di un orientamento di lettura della uniti (figg. 90-92), ma anche e soprattutto nei casi in cui le soggetto in cui l’intensità del contrasto tra macchie di blu e
scena da un lato contribuisce al suo valore decorativo, dall’altro screziature cromatiche frantumano le immagini, compromet- rosso o di giallo limone e azzurro intenso prevale sulla resa gra-
ne sottolinea il carattere di visione cosmica suggerito dal ri- tendone l’integrità e garantendo alla rappresentazione un effet- fica molto libera e corsiva, determinando quasi un doppio re-
chiamo all’antica iconografia bizantina del Sole e della Luna.142 to di dinamismo quasi isterico. È il caso di un gruppo di pic- gistro di lettura (Sole, luna e cometa; Galline; Canguri; Venere e
Altre volte, come nel disegno di un rinoceronte già appartenu- cole tempere riferite al 1937, attraversate da convulse striature Amore; tutti 1938-39, figg. 100-103).
to a Leonardo Sinisgalli (Bestiario, ante 1939) (fig. 87), la linea di grigi e bruni, ocra e terre. In alcune di esse, raffiguranti pae- I cosiddetti “graffiti”, in realtà composizioni a stampa dal fondo
87. Bestiario, ante 1939, china e inchiostro
acquerellato su carta, 29,3 x 67,2 cm. di contorno perde il suo potere di definire i corpi per farsi ce- saggi che fondono veduta e registrazione orografica, questo ti- nero,144 non di rado rivelano anch’essi un’accentuazione della to-
L’opera apparteneva a Leonardo Sinisgalli. sura che delimita zone trasparenti. L’immagine del rinoceronte, po di colorismo è funzionale alla resa di territori sconvolti, nalità espressiva che conduce a esiti di un raffinato primitivismo

58 59
89

88. Abbeverata (Rinoceronti), 1936, china e inchiostri


colorati su carta, 33 x 24 cm, Nuoro, MAN.
89. Il rinoceronte, 1936, china e inchiostri
88 colorati su carta, 28 x 24 cm, Nuoro, MAN.

60 61
90

(Scimmia con piccoli; Rinoceronte giallo, figg. 106-107), quando riosissime, usate in funzione evocativa di grovigli di setole, di
non all’asprezza grafica di opere come Cacciatore o Raccoglitrice fluente di peli, di superfici porose, rugose, callose; di ciuffi, di
(figg. 108, 110), il cui contornare aguzzo e le linee spezzate ri- occhietti, di zanne, di unghioni, di proboscidi, di creste, di code,
chiamano la resistenza della materia contro il segno che incide di pinne, tradotte nel più puerile e magico degli ideogrammi».146
la superficie. Altre volte il disegno, solo in apparenza più natu- Decorativismo, tendenza all’arabesco lineare, deformazione, bi-
ralistico, acquista dal gioco delle linee bianche sul nero del dimensionalità, asimmetrie compositive, sono – insieme alla
supporto un sovrappiù di suggestione fantastica, come nei bel- capacità di osservazione del mondo naturale e alla profonda
lissimi Il paradiso terrestre (1940, fig. 109) e Tavola zodiacale immedesimazione con esso – aspetti che riconducono all’arte
(seconda metà anni Trenta).145 orientale, cinese e giapponese, alla quale fa riferimento Bertoc-
Anche quando il pedale espressionista non viene schiacciato fi- chi nel suo testo, escludendo peraltro la possibilità di un influs-
no in fondo, lo spazio metamorfico, vago e fluttuante di Fan- so diretto a favore di ineffabili affinità di sentire (di diverso pa-
cello è attraversato da correnti di tensione innescate da vuoti rere era Zimelli, che parlava di «disegni di chiara influenza
inattesi, da giochi di linee curve e diagonali in contrappunto, Hokusaiana», ritenuta «una deviazione temporanea della sua
da una distribuzione irriverente, mai banale, dei pesi visivi nel [di Fancello] personalità)».147 Una varietà di fonti diverse, dalle
campo del foglio. La sintassi compositiva di questi disegni e il suggestioni contemporanee ai richiami esotici, si saldano nel-
loro vocabolario grafico sono stati felicemente descritti da Nino l’opera dell’artista al calore di una visione dai tratti personalissi-
Bertocchi: «[La sua linea] partiva da un centro ovviamente in- mi, che perviene a riassorbire con naturalezza tutti gli apporti.
tuito e toccava i vertici di strani poligoni, di certi trapezi rovesci
entro ai quali s’inserivano le più curiose figure animali.
Correva agile e snella a definire gli spazi necessari alla espansione
di una vitalità irruente: preoccupata di rispettare i perimetri delle
forme nasciture e i misteriosi flussi di un “vuoto” tra forma e for-
90. Bovini al pascolo, 1937, tempera su carta,
ma, che nei disegni di Fancello hanno il carattere delle correnti 30,4 x 46,5 cm, Dorgali, Museo Fancello.
d’acqua tra le coste accidentate di un incantato arcipelago. Rag-
91. Rinoceronte viola, 1937, tempera su carta,
giunta la precisione di un contorno, la linea si frange in una serie 52,6 x 31,5 cm, Nuoro, Archivio per le Arti Applicate.
numerosissima di tratteggiate, di punteggiate, di accentature cu- Sul retro: «Bozzetto per arazzo». 91

62
92. Cinghiali, 1937, tempera
su carta, 33,4 x 44 cm,
Nuoro, Archivio per le Arti
Applicate. 92

64
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66 67
95

Nella doppia pagina precedente:


93. Paesaggio e mappa, 1937, china e tempera su carta,
20 x 16 cm, Nuoro, MAN.
94. Paesaggio tra le nubi, 1937, china e tempera su carta,
34,7 x 25,1 cm, Nuoro, Archivio per le Arti Applicate.

95. Paesaggio con animali, 1937, china e acquerello su carta,


19 x 17 cm, Nuoro, MAN.
96. Cinghiali, 1937, china e tempera su carta, 23,3 x 26,5 cm.
L’opera è appartenuta ad Anna Maria Mazzucchelli. 96

68
98

97. Paesaggio con lepri e pere, 1937, china e


tempera su carta, 21 x 17 cm, Nuoro, MAN.
98. Città, 1937, china e tempera su carta, 22,7 x 36,6 cm.
99. Nudi femminili e donne che danzano, 1937,
china e tempera su carta, 36,6 x 22 cm.

Nelle doppie pagine seguenti:


100. Canguri, 1938-39, china e tempera
acquerellata su carta, 30,3 x 21,7 cm.
101. Venere e Amore, 1938-39, china e tempera
acquerellata su carta, 35,1 x 24,1 cm.
102. Sole, luna e cometa, 1938-39, china e tempera
acquerellata su carta, 20,6 x 32 cm.
103. Galline, 1938-39, china e tempera
acquerellata su carta, 32,1 x 21,6, Nuoro, MAN.
104. Gatto sui tetti, 1936-37, china e inchiostro
acquerello su carta, 29,2 x 22,6 cm, Dorgali, Museo Fancello.
105. Gatto nero, disegno pubblicato in Domus, n. 171, marzo 1942.
L’opera apparteneva a Giuseppe Pagano.
106. Rinoceronte giallo, 1937, stampa da matrice graffita
con interventi a inchiostri colorati su cartoncino,
34,5 x 30 cm, Nuoro, Archivio per le Arti Applicate.
107. Scimmia con piccoli, 1937, stampa da matrice graffita
con interventi a inchiostri colorati su cartoncino,
37 x 29,5 cm, Nuoro, Archivio per le Arti Applicate.
97 Il disegno apparteneva a Giulia Veronesi. 99

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108. Raccoglitrice, fine anni Trenta, 109. Il paradiso terrestre, 1940,


stampa da matrice graffita con interventi pubblicato in Domus, n. 171, marzo 1942.
a inchiostro su carta, 35,7 x 30 cm, Nuoro, MAN. L’opera apparteneva a Giancarlo Palanti. 109

78 79
110 111

110. Cacciatore, 1937, stampa da matrice graffita con interventi a 111. Notturno, 1937 ca., stampa da matrice graffita con interventi
inchiostro su cartoncino, 36 x 30 cm, Nuoro, Archivio per le Arti Applicate. a inchiostro su carta, 38,5 x 29,8 cm.

80 81
113

112. Tigre e lucertola, fine anni Trenta, stampa da matrice graffita


con interventi a inchiostri colorati su cartoncino, 36 x 25 cm.
113. Formichieri, 1940, stampa da matrice graffita con interventi
112 a inchiostri colorati su cartone, 31,1 x 36 cm.

82 83
114

114. Leone e cinghiale, fine anni Trenta, stampa da matrice graffita 115. Asini e leoni, 1937, stampa da matrice graffita con interventi
con interventi a inchiostro su cartoncino, 35 x 30 cm, Nuoro, MAN. a inchiostri colorati su carta, 35 x 25 cm, Nuoro, MAN. 115

84 85
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117
Disegni ininterrotti
L’inclinazione verso l’indeterminatezza e la dilatazione spaziale
portano Fancello a preferire per alcuni disegni il formato allun-
gato, utilizzato anche da Nivola per gli allestimenti (da un alle-
stimento non identificato si è ipotizzato che possa provenire lo
stesso dipinto donato a Bianchetti).148 A questo scopo l’artista
era solito adottare come supporto dei rotoli di carta da telescri-
vente,149 soltanto due dei quali sono giunti fino a noi: il primo
è un Bestiario che, conosciuto fino a poco tempo fa attraverso
la sua riproduzione come inserto pieghevole su Domus del
marzo 1942, è stato recentemente rintracciato,150 il secondo,
noto col titolo Disegno ininterrotto, costituì il dono dell’artista
a Nivola per il matrimonio di questi con Ruth Guggenheim,
avvenuto il 4 agosto 1938.
Il Bestiario (figg. 116-117) è, per gli standard del suo autore,
un lavoro di impianto abbastanza realistico, raffigurante un
paesaggio che i muretti a secco, la rada vegetazione e il tipo di
fauna lasciano identificare come sardo (anche se Fancello non
ha rinunciato ad aggiungere in un angolo un leone e ha reso
trasparente il corpo di una mucca per lasciar scorgere dietro di
essa un gruppo di uccelli). L’addensarsi e diradarsi intorno a
un vuoto centrale delle figure, appena sottolineate da sobri
tocchi di acquarello, crea un ritmo fatto di strappi e riprese che
sfrutta appieno le possibilità offerte dal formato.
Il Disegno ininterrotto (figg. 118-123), molto più lungo (oltre
sei metri), è – seppure vicino al precedente e risalente allo stesso
periodo – una creazione libera, insolita e affascinante. Nivola lo
ricordava eseguito nel proprio studio di corso Garibaldi, dove
Fancello si era stabilito dopo il trasferimento da Monza a Mila-
no.151 Anche prima del suo passaggio dalla famiglia Nivola al

116-117. Bestiario, 1937, inserto pubblicato nel volume


Salvatore Fancello, Milano, Editoriale Domus, 1942.

86
comune di Dorgali il disegno è stato ripetutamente oggetto di Pintori ne aveva certo rinsaldato i legami con i “tre sardi”, ma
contributi critici, che vi hanno individuato un lavoro capitale il suo influsso sull’evoluzione artistica di questi ultimi non
nell’opera dell’artista e un episodio saliente nella grafica italiana sembra essere stato determinante. La peculiare tonalità fanta-
del Novecento.152 Si tratta di un racconto per immagini dal to- stica dell’opera di Fancello, le sue atmosfere rarefatte e strania-
no insolitamente gaio e festivo, sviluppato, come usava Fancel- te, le sue incursioni nell’onirico precedono infatti l’arrivo di
lo, attraverso una serie di nuclei figurali anche abbastanza densi, Sinisgalli nell’Ufficio di via Clerici, così come l’interesse di
inframmezzati da pause che lasciano in vista il bianco della car- Fancello e Nivola per il surrealismo e la metafisica ha origini
ta. Illuminati da chiazze di colore trasparente sovrapposto al indipendenti dalle loro relazioni col poeta.155
contorno – rosa e lilla, azzurri, gialli e verdini –, i diversi episodi
sono collegati fra loro da parche notazioni paesistiche che si di-
panano nel foglio con andamento curvilineo. Le immagini gui-
dano l’osservatore lungo un itinerario che sembra tanto spaziale
che temporale, accompagnato com’è dal periodico ripetersi dei
motivi del disco solare e della luna, a segnare, se non un preciso 118-123. Disegno ininterrotto, 1938, china e acquerello
svolgimento cronologico (la posizione degli astri sembra deter- su carta da telescrivente, 29 x 669 cm, Dorgali, Museo Fancello.
minata più da ragioni compositive che finalizzata a un’esatta Regalato da Fancello a Costantino Nivola per le sue nozze,
nel 1988 il disegno fu donato al museo di Dorgali dalla vedova
scansione dell’ora), il richiamo a una successione di momenti di Nivola, Ruth Guggenheim.
che appaiono però anche magicamente compresenti in diverse
porzioni del foglio. I temi chiave dell’immaginario di Fancello
vi si ritrovano in folla: la coesistenza di animali esotici e dome-
stici, con abbondanza di quelli più cari all’artista: cinghiali, pa-
voncelle, leoni, mucche, formiche e formichieri, ma anche varie
specie di uccelli, cavalli, pecore, uno struzzo, felini e coccodrilli;
il paesaggio con rare macchie di verde, spartito da muretti a sec-
co, con qualche casa colonica e borghi isolati in lontananza, an-
cora una volta allusivo alla Sardegna; le enigmatiche rocce fora-
te alla Moore e i monoliti alla Dalì, qui raggruppati in una
sorta di Stonehenge mediterranea.
A questi motivi se ne aggiungono altri, collegati all’occasione
che vide la nascita dell’opera. A metà del rotolo si incontrano
due cavalletti, uno più grande e uno più piccolo, con accanto
due sedie di diversa foggia e – abbandonate a terra – due tavo-
lozze anch’esse di diversa dimensione, riferimento all’amicizia
che legava i due artisti, l’estroverso Nivola, maggiore di età, e il
suo contemplativo compagno più giovane. Nella parte conclu-
siva del disegno, infine, fa la sua comparsa l’universo femmini-
le, con figure di donne eleganti che passeggiano, che conversa-
no, altre che accarezzano gli animali, che stendono dei panni;
due lunghe vesti ancora da indossare stanno posate sul pra-
to.153 Questo gineceo è collocato in prossimità di una città in-
dustriale con tanto di ciminiere fumanti all’orizzonte e sotto la
benevola giurisdizione di due amorini alati muniti di frecce, al-
la luce del sole e della luna ora affiancati.
Il disegno sembra trasporre in una dimensione mitica le circo-
stanze biografiche dell’artista. Il passaggio dalla terra d’origine,
la Sardegna rurale, alla Milano industriale, il rapporto tra Fan-
cello e Nivola, le nozze di questi e forse l’entrata in scena an-
che per Fancello di una presenza femminile, Renata Guggen-
heim, sorella di Ruth, sono adombrati attraverso una serie di
coppie oppositive: campagna/città, selvatico/domestico, pre-
moderno/moderno, giorno/notte, maschile/femminile (dove il
maschile è evocato in absentia dagli strumenti della pittura),
arte/amore. Il tutto è immerso in un’atmosfera onirica, incan-
tata e sospesa, per la quale – sulla base di quanto si è detto sul-
l’attenzione dell’artista per le esperienze surrealiste – non pare
necessario chiamare in causa, come è stato proposto, riferi-
menti a Leonardo Sinisgalli e alle alchimie di immagini che
questi ricordava di aver tentato con le sperimentazioni foto-
grafiche nel laboratorio dell’Ufficio Pubblicità Olivetti, tanto
meno cercare specifici riscontri con l’opera letteraria del poeta-
ingegnere nei dettagli iconografici del disegno.154 La presenza
di Sinisgalli nell’Ufficio Pubblicità Olivetti accanto a Nivola e 118 119

88
120

121
Lavoro di squadra All’allargarsi del raggio delle sue conoscenze corrisponde l’av- tua rappresentante l’autarchia nel campo
vio di un non trascurabile impegno nel lavoro di gruppo, al della lana»,163 ma la commissione incon-
Il 1937 segna per Fancello, ormai diplomato e libero dalla quale, per un artista spesso rappresentato come rinchiuso in trò, come doveva poi deprecare Pagano
scuola, un momento di svolta. Non tanto sul piano della ricer- mistico isolamento, Fancello sembra aver dedicato parecchio nel discorso commemorativo dell’artista,
ca espressiva, perché in questo ambito il suo svolgimento è co- tempo fra il 1937 e il 1938. L’episodio del pannello litocerami- le resistenze delle gerarchie ufficiali. Uno
stante e quasi naturale, ma piuttosto su quello degli incontri e co realizzato per la Triennale doveva infatti aprire la strada a di- degli interventi di Fancello, una «sma-
relazioni nel mondo della cultura non soltanto milanese. Dal versi interventi condotti in collaborazione, particolarmente gliante decorazione», sarebbe stata cancel-
giugno 1937 data l’inizio dei rapporti – che si riveleranno fon- con Nivola. Con lui Fancello esegue nel 1937 l’allestimento di lata «perché poco consona a quell’aulica
damentali – con il ceramista Tullio Mazzotti, il cui laboratorio una vetrina per la profumeria Fontanella a Parigi; ancora nel freddezza scolastica che il conformismo
ad Albisola è un centro chiave della ceramica futurista e un 1937, alcune decorazioni per la Mostra del Tessile Nazionale di della imperante borghesia vuol contrab-
punto di riferimento anche per gli artisti modernisti di altre Roma; con Nivola e Renato Zveteremich realizza nel 1938 l’al- bandare per classica tradizione».164 L’ope- 126

tendenze desiderosi di cimentarsi nella tecnica. In settembre, lestimento di uno stand alla Mostra della Montagna di Torino; ra censurata cui alludeva Pagano era pro-
grazie ai buoni uffici di Pagano e a quelli del pittore sardo Ma- con il team dell’ufficio Pubblicità Olivetti, tra il 1937 e il ’38, babilmente la statua dell’Autarchia, che
rio Delitala (il primo maestro di Nivola, direttore a Urbino almeno un allestimento per il negozio della ditta, sul tema risulta infatti essere stata eseguita da Carlo
della Scuola del Libro), Fancello conosce Argan (fig. 126), al- dell’autarchia.160 Una serie di incarichi abbastanza fitta (e il cui Conte e collocata nel padiglione dei colo-
lora giovane ispettore della Soprintendenza di Roma156 in elenco probabilmente non è completo) nei quali dovette essere ranti nazionali (di cui sempre Bianchetti
stretto dialogo – anche attraverso Anna Maria Mazzucchelli, il compagno a coinvolgerlo, ma che in ogni caso testimonia aveva curato gli allestimenti insieme a
che nel 1939 sarebbe divenuta sua moglie – con gli ambienti della capacità di Fancello di affrontare brillantemente il lavoro Marcello Nizzoli).165 Rimaneva la parete a
del razionalismo milanese. Argan gli acquista delle opere, si di squadra, offrendo un correttivo all’immagine di poeta solita- rilievo (fig. 124), nella sezione delle indu-
sforza di fargli avere un lavoro a Torino presso la ditta cera- rio, nutrito soprattutto di sogni e rêveries, che la letteratura ce strie laniere, in realtà un elemento diviso-
mica Lenci e lo incoraggia a richiedere un sussidio governa- ne ha fin qui trasmesso. rio a sviluppo curvilineo poggiante su sot-
tivo;157 inoltre lo mette a sua volta in rapporto con il soprin- La Mostra del Tessile Nazionale di Roma, inaugurata il 18 no- tili sostegni metallici, sul quale Fancello
tendente alle Antichità del Piemonte Giorgio Rosi158 e con vembre nell’area del Circo Massimo all’interno di padiglioni raffigurò – forse a graffito con elementi
Cesare Brandi (fig. 127), soprintendente a Rodi, che in se- che avevano già ospitato la Mostra delle colonie estive, era una plastici, per il poco che la foto pubblicata
guito gli prospetterà la possibilità di un incarico nell’Egeo, delle svariate manifestazioni espositive promosse dal regime fa- consente di capire – uno dei suoi fantasti-
previa approvazione delle sue opere da parte del governatore scista nelle quali le finalità commerciali si univano a quelle ci paesaggi, disseminato di rocce dalle for- 127

De Vecchi.159 propagandistiche. Agnoldomenico Pica, nel tracciarne un bi- me organiche e popolato di pecore. Gli
124
lancio su Casabella, si sforzò di presentare l’evento – e il ruolo interventi nello stand Rivetti, delle sculture in gesso, non sono
centrale che per forza di cose vi svolgeva l’uso delle stoffe negli identificabili nella documentazione fotografica del padiglione,
allestimenti – come il segnale di un superamento delle rigidez- dominato da una grande struttura centrale colorata di forma
ze del modernismo «di stretta osservanza» in favore di un recu- circolare e ornato da un pannello di Nivola (fig. 125).166 Censu-
pero delle valenze estetiche e dei fattori di «sensibilità», ricono- ra a parte, il lavoro di Fancello all’esposizione riscosse, secondo
scendo nel contempo come gli esiti ottenuti fossero piuttosto quanto raccontava l’artista al fratello Marco, un «discreto suc-
disuguali.161 In un panorama generale segnato da cedimenti al cesso» presso i committenti e in seno alla mostra,167 e venne se-
«barocchismo», cadute nella banalità o in un «disordine da ma- gnalato positivamente da Pica, che definì «avvertiti e spiritosi» i
gazzini generali», Pica finiva per salvare un numero limitato di contributi dell’artista e di Nivola.168
interventi, tra cui il padiglione delle industrie laniere su pro- Nessuna eco di stampa sembra invece aver avuto l’allestimento
getto di Angelo Bianchetti e lo stand della ditta Rivetti di Biel- dello stand dell’Ente Provinciale per il Turismo di Aosta, ese-
la curato da Pagano, alla decorazione dei quali avevano colla- guito nel 1938 da Fancello con Nivola e il fotografo Renato
borato Fancello e Nivola.162 Mentre Nivola eseguì dei pannelli Zveteremich alla Mostra della Montagna di Torino, lavoro del
pittorici, il contributo di Fancello avrebbe dovuto consistere quale esiste tuttavia un certo numero di immagini di buona
inizialmente di «una parete incisa e in bassorilievo e di una sta- qualità, grazie alle foto scattate da Pintori169 (figg. 129-130).

124. Parete a rilievo, sezione delle industrie laniere


alla Mostra del Tessile Nazionale di Roma, 1937.
125. Stand alla Mostra del Tessile Nazionale di Roma, 1937,
architetti Giuseppe Pagano e Angelo Bianchetti.
126. Giulio Carlo Argan negli anni Trenta.
127. Cesare Brandi negli anni Quaranta.
128. Salvatore Fancello e Costantino Nivola, allestimento
per la vetrina della ditta Fontanella, Parigi, 1937.

Nella doppia pagina seguente:


129-130. Salvatore Fancello, Costantino Nivola, Renato Zveteremich,
allestimento dello stand dell’Ente Provinciale per il Turismo di Aosta alla
125 Mostra Nazionale della Montagna, Torino, 1938, foto Giovanni Pintori.
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La commissione dovette giungere da Adriano Olivetti (Ivrea era stand, l’accostamento tra tecniche più e meno realistiche e la li-
allora parte della Valle d’Aosta, regione della quale Olivetti ave- bera concezione dello spazio della rappresentazione, con repen-
va promosso nel 1936 la realizzazione di un piano regolatore tini salti di scala e cambiamenti di supporto, che portavano lo
all’avanguardia, mai applicato),170 come conferma la partecipa- spettatore a un esercizio di lettura vigile e differenziato.
zione di Zveteremich, all’epoca ancora attivo nell’ufficio di via Le soluzioni messe in atto alla Mostra della Montagna aveva-
Clerici.171 Lo stand consisteva in una singola, lunga parete sor- no i loro precedenti nelle esperienze condotte due anni prima
montata da una scritta col nome dell’Ente; dipinti murali, im- alla Triennale: la sovrapposizione di elementi si trovava già nel
magini fotografiche e sculture in gesso vi erano accostati a pannello ceramico murato nel graffito della sala dell’ISIA,
comporre uno scenario articolato su più livelli di profondità l’unione di fotografia e pittura nella Mostra dell’architettura
per mezzo di mensole, pannelli applicati, nicchie ed elementi rurale, dove le foto di Pagano erano collocate sui dipinti di
aggettanti. Una scultura di Fancello raffigurante uno stambec- Nivola. Inoltre, Fancello e Nivola avevano adottato poco pri-
co femmina si stagliava davanti a un pannello concavo con uno ma una strategia analoga nell’allestimento realizzato per la ve-
stenografico paesaggio montano di Nivola; un altro stambecco trina della ditta di profumeria Fontanella a Parigi, esempio 131. Cinghiali e rettili, 1938, tempera su tela,
62,5 x 158,5 cm, Nuoro, MAN.
era collocato su una mensola sporgente da una nicchia rettan- dell’adattabilità del linguaggio dei due artisti a una varietà di
golare, contro uno sfondo fotografico di rocce; in alto, presso la registri, incluso quello più commerciale (fig. 128).172 Probabi- 132. Salvatore Fancello negli uffici Olivetti
di via Clerici, Milano, 1938.
scritta e accanto a un medaglione inclinato con la foto di un le frutto dei contatti stabiliti da Nivola durante l’Expo del
castello alpino, un rapace ad ali spiegate reggeva tra gli artigli la 1937, l’allestimento era una fantasia veneziana di gusto roco-
sua preda. Queste sculture, per quanto costituissero buone pro- cò, banale nel tema e nell’imagerie ma disinvolta nella combi- Nella doppia pagina seguente:
ve nel genere animalier, erano figurazioni naturalistiche relati- nazione di mezzi diversi, dal fondale graffito su fondo nero agli 133. Salvatore Fancello negli uffici Olivetti
vamente tradizionali, che non aggiungevano nulla all’itinerario elementi plastici sovrapposti, modellati da Fancello in gesso e di via Clerici, Milano, 1938.
di ricerca dell’artista. Interessanti erano invece, all’interno dello in parte dorati.173 134. Tavola pubblicitaria per la Olivetti Studio 42, 1938. 132

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Più sofisticati dovevano essere gli allestimenti creati nello stesso virtù della sua sottigliezza e dell’apparente mancanza di nesso
periodo per la Olivetti. Dopo il suo trasferimento a Milano, con gli scopi commerciali: l’accostamento di arte, femminilità
l’artista era diventato di casa nell’Ufficio Pubblicità dell’azien- e natura (a quest’ultima alludono il bestiario raffigurato nel di-
da, dove lavoravano gli amici Nivola e Pintori.174 Un ritratto segno e i fiori sul vestito della modella), unito all’elemento
fotografico scattato in questo periodo mostra Fancello nella se- straniante delle lettere vergate sui fogli volanti, punta a suggeri-
de di via Clerici: si è tolto la giacca e siede, gambe accavallate e re un uso della macchina nell’ambito privato, come strumento
sigaretta in mano, in atteggiamento serio ma rilassato, come si per fissare sogni e fantasie poetiche in precedenza affidate alla
addice a un giovane professionista (fig. 133). La sedia in tubo- scrittura a mano.
lare metallico è un discreto contrassegno di modernità, ma col- La tavola pubblicitaria da un lato segnala il grado di familiarità
pisce di più la grande decorazione dietro di lui, un pannello di Fancello con la redazione di via Clerici, dall’altro fa rim-
che copre buona parte della parete, con cinghiali, lucertole e piangere che degli allestimenti per la Olivetti cui l’artista aveva
altri animali.175 Che l’ambiente sia quello dell’Ufficio di via collaborato nulla sia rimasto, a parte le foto di uno stand per la
Clerici è rivelato da un’altra immagine, una tavola pubblicita- Triennale del 1940, realizzato durante una licenza (figg. 135-
ria della Olivetti Studio 42 in cui una modella in abito a fiori è 136).177 Nello stand, le macchine da scrivere erano esposte su
fotografata sulla stessa sedia (fig. 134), accanto a una scrivania mensole rette da pali che andavano dal pavimento al soffitto,
dove posa la macchina da scrivere; appuntati sulla decorazione
di Fancello, tra le mani della ragazza e sparsi a terra stanno dei
fogli su cui sono tracciati caratteri tipografici, simili a quelli
che si vedono in un pressoché coevo ritratto fotografico di Ni-
vola al tavolo da disegno.176 L’opera di Fancello, priva di ag-
135-136. Decorazione dello stand della Olivetti alla Mostra delle Vetrine,
ganci tematici con la produzione della ditta, viene eletta a fon- VII Triennale di Milano, 1940, foto Crimella, Archivio Fotografico
135 dale di un messaggio pubblicitario che funziona proprio in della Fondazione La Triennale di Milano.

106 107
contro lo sfondo di un murale di Fancello. Il dipinto, raffigu- giungerlo ad Albisola per sperimentare la ceramica.181 Sollecita- dalle sue mani più di 125 ceramiche, vasi, placche figurate, scul-
rante un vasto scenario alpino con al centro Ivrea e gli edifici to dall’amico, Fancello contatta subito il ceramista ligure, noto ture di animali e un grande presepe, realizzati «in tutte le tecni-
modernisti della fabbrica Olivetti, era un lavoro spigliato e d’ef- per la sua disponibilità e apertura nei confronti dei colleghi, che …: terrecotte colorate, ceramiche cristalline, maioliche», al-
fetto ma di tono sostanzialmente illustrativo, abbastanza conso- proponendogli un incontro; insieme a Nivola si reca ad Albisola cune delle quali riflessate.188 Nella nuova produzione, della
no al clima conservatore che caratterizzava la VII Triennale.178 il 13 giugno per discutere di una possibile collaborazione.182 quale trentuno esemplari restano tuttora presso gli eredi Maz-
Gli allestimenti del negozio Olivetti in Galleria nei tardi anni Tuttavia, tra i lavori per la mostra del Tessile, che tengono l’arti- zotti mentre il resto è diviso tra collezionisti e musei, la ricerca
Trenta avevano invece, stando al ricordo di Nivola, un caratte- sta impegnato fino alla seconda metà di novembre, e la chiama- dell’artista tocca nuovi vertici, raggiungendo una totale identifi-
re innovativo: si trattava di realizzazioni di notevole impatto ta alle armi che arriva a dicembre, il soggiorno presso Mazzotti cazione tra nucleo plastico e colore, un’esaltazione delle qualità
visivo, che, periodicamente rinnovate, destavano grande atten- non si concretizzerà che nell’autunno seguente.183 tattili della superficie, un libero fluire del modellato, un dinami-
zione nell’ambiente milanese («dei veri happening»). Di alme- L’estate del 1938 era stata difficile per Fancello, che, rimasto so- smo pulsante che destabilizza l’immagine e la rende disponibile
no di uno di essi Nivola ci ha lasciato un cenno di descrizione: lo a Milano dopo la partenza dei suoi amici (Pintori per le va- a infinite trasformazioni. È con queste opere che Fancello figura
«In un allestimento dedicato all’autarchia nazionale, Salvatore canze in famiglia, Nivola in viaggio di nozze, preludio di un ben nel 1940 alla VII Triennale di Milano, dove Sinisgalli ne segnala
Fancello aveva eseguito in gesso la forma della penisola italiana più lungo viaggio a Parigi e poi oltreoceano), aveva dovuto bar- su Domus la partecipazione alla Mostra della ceramica con due
con le isole in tre dimensioni. Questa forma sospesa nello spa- camenarsi per tirare avanti con lavori d’occasione, facendo tra colonne di ben condita prosa che celebrano lui e Leoncillo (a
zio suggeriva in modo drammatico un osso spolpato, bianco e l’altro disegni umoristici per il settimanale Il Settebello.184 È solo sua volta presente con le baroccheggianti Stagioni) quali “en-
spettrale. L’effetto era sorprendente e preoccupante».179 L’im- il 4 ottobre che si reca ad Albisola, dove, ospite dei Mazzotti, si fants terribles” cari al cuore di organizzatori e critici.189
magine dell’Italia in gesso pendente dal soffitto – quasi una fermerà fino al gennaio successivo.185 Grazie a Tullio la fabbrica La Grotta con cinghiali rossi (o Cinghiale rosso) appartenuta a
delle Italie di Fabro ante-litteram – richiama i disegni dei pae- Mazzotti (M.G.A.), attiva fin dai primi del secolo, era divenuta Pagano rispecchia al meglio le qualità sviluppate dall’artista ad
saggi-mappe degli stessi anni e insieme dà un’idea di quello che sinonimo a partire dagli anni Venti di ceramica futurista, ope- Albisola (figg. 142-144). Bizzarra concrezione di forme in cui
Fancello poteva inventare, una volta chiamato a lavorare senza rando dapprima con lo sguardo rivolto al vivace esempio di De- ancora una volta animale, vegetale e minerale sono tutt’uno, la
troppi vincoli di formato o di genere. pero, più tardi in contatto con Fillia e gli architetti razionalisti scultura – piccola solo per dimensioni – è un magma cromati-
del gruppo torinese (fig. 138).186 Per le sue fornaci erano passati co che si addensa intorno a un vuoto scuro e misterioso; lo spa-
Albisola si può dire tutti i protagonisti del movimento, da Prampolini a zio negativo è altrettanto importante di quello positivo, le figu-
Tato, da Fillia a Diulgheroff (progettista, quest’ultimo, della re sembrano emergere per un attimo dalla materia fermentante
Se questi episodi di collaborazione stimolavano l’artista a con- nuova sede della ditta nel 1932), coinvolti in un’impresa di col- per venirne subito riassorbite. In opere come Cinghiali (MAN,
frontarsi con l’ambiente e occasionalmente a oltrepassare i con- laborazione che tendeva a serializzare e regolarizzare la produ- Nuoro, fig. 260), Leoni e cinghiali (fig. 145) e Leoni e rinoceron-
fini dei campi operativi a lui più consueti, l’incontro con Tullio zione delle ceramiche d’arte.187 A partire dal 1935, con la pre- ti (fig. 148) (entrambi a Nuoro, Archivio delle Arti Applicate)
Mazzotti – o Tullio d’Albisola, come lo aveva ribattezzato Ma- senza di Lucio Fontana che, al culmine del suo impegno nella l’alternanza tra uso del rilievo, del tutto tondo in alcuni elemen-
rinetti (fig. 137) – doveva invece portarlo a concentrarsi sulla ceramica, aveva dato avvio a un’intensa fase di sperimentazione, ti e del graffito fa oscillare la rappresentazione fra tridimensio-
tecnica nella quale si era principalmente formato, la ceramica. si era aperta per la ditta una nuova e fertile stagione (fig. 139). nalità e planarità; le bestie incise nella massa plastica sono come
A far da tramite tra i due è Nivola,180 che nel 1937 ha conosciu- Il periodo trascorso ad Albisola è anche per Fancello un mo- figurazioni rupestri o tracce fossili.
to Mazzotti a Parigi durante l’Expo, ricevendone l’invito a rag- mento di straordinario fervore creativo: in pochi mesi escono Una marcata tendenza all’orizzontalità caratterizza la maggior
parte dei pezzi. In contrasto con quanto avveniva nelle cerami- 140

che di metà decennio, ora mucche e capre, cinghiali e leoni


vengono mostrati di preferenza adagiati, con i corpi schiacciati
a terra ed esageratamente allungati; quando la scultura com-
prende elementi ambientali, le figure fanno tutt’uno con rocce
e suolo. Perfino gli astri, a volte inclusi nella composizione, ab-
bandonano il cielo e diventano terragni: nel rilievo Formichieri
(fig. 150) gli animali si muovono tra luna e stelle in un firma-
mento del colore e della consistenza dell’argilla, in cui le loro
code e le lunghissime lingue sembrano impigliarsi. In una
Donna sdraiata riprodotta su Domus nel 1946 (fig. 215), figura
umana e luna si immedesimano entrambe col terreno.190 Nelle
ceramiche riflessate monocrome, che Fancello comincia a rea-
lizzare in questo periodo, ambiente e figure accomunate dalla
138 colorazione bruna iridescente si confondono in una identica
massa scura, ribollente e luminosa, percorsa da ondate e vortici
137. Filippo Tommaso Marinetti come di risacca.
e Tullio Mazzotti, Albisola, fine anni Venti. Sensibilmente meno sperimentale è il grande presepe eseguito
138. La manifattura ceramica Mazzotti da Fancello su richiesta di Giuseppe Mazzotti, composto da
ad Albisola (architetto Nicolaj Diulgheroff, venti gruppi più dieci pezzi raffiguranti animali e preparato da
1932-33).
una serie di dodici dettagliati disegni, pubblicati da Tullio in
139. Giuseppe Mazzotti e Lucio Fontana
con la scultura Coccodrillo e serpente,
occasione di una mostra di ceramiche della ditta nel dicembre
Albisola, 1936. 1938 (figg. 159, 161-165).191 Il presepe era un soggetto piutto-
La grande scultura ceramica è oggi sto frequentato nella ceramica ligure e nella stessa M.G.A.,192
esposta nel Giardino-Museo della
manifattura Mazzotti.
anche perché offriva la possibilità di una produzione in larga se-
rie.193 Fancello si era già cimentato più volte sul tema nell’am-
140. Ritratto di Lucio Fontana, 1938,
inchiostro su carta, 18,1 x 12,6 cm, bito della scuola, in collaborazione con Amleto Fumagalli e da
Varazze, Fondazione Bozzano-Giorgis. solo; un suo presepe aveva figurato tra l’altro, come si è detto,
141. Lucio Fontana, Autoritratto, 1940, alla Triennale del 1936.194 Rispetto a quest’ultimo, dal tono vi-
inchiostro su carta, Varese, collezione Crippa. vacemente popolaresco, con i suoi personaggi gesticolanti e gli 141
137 139

108 109
142-144. Grotta con cinghiali rossi
(Cinghiale rosso), 1938, terracotta
smaltata, 21 x 28 x 22 cm,
Nuoro, Archivio per le Arti Applicate.
L’opera è appartenuta a Giuseppe Pagano.

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alberi molli, come di plastilina (fig. 174), quello del 1938 ap- lui alla M.G.A. durante il soggiorno di Fancello.196 Ancor oggi
pare nell’insieme più pacato – fatti salvi dettagli come i grap- chi visiti il laboratorio Mazzotti, rimasto pressappoco com’era
poli di angeli in vertiginosa picchiata (fig. 166) – e insieme più alla fine degli anni Trenta, può leggere stampigliati sulle men-
animato nelle superfici percorse da graffiti, frementi e tormen- sole in legno per lo stoccaggio dei modelli i nomi dei due arti-
tate. Talvolta associato dalla critica alla cultura pastorale della sti stampigliati l’uno accanto all’altro, testimonianza di un in-
Sardegna,195 il presepe del 1938 in realtà segue sostanzialmente contro e di uno scambio ricco di conseguenze. I due potevano
i tradizionali modelli italiani del genere; proprio la necessità di essersi conosciuti anche in precedenza, dato che a Milano fre-
attenervisi sembra anzi frenare Fancello, mantenendolo lonta- quentavano in parte gli stessi ambienti (lo studio dei BBPR,
no dagli esiti espressivi più estremi toccati nel resto della pro- l’Ufficio Pubblicità Olivetti); Fancello aveva forse avuto il tem-
duzione del periodo di Albisola. po di vedere le ceramiche recenti dell’argentino esposte al Mi-
La critica ha più volte rilevato come su quegli esiti abbia inciso lione, quando nel mese di aprile aveva lasciato il reggimento ed
il contatto con Fontana, che, reduce da Sèvres, si trovava anche era tornato a Milano per la licenza di Pasqua.197

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Comunque, i mesi trascorsi nella cittadina ligure accanto a soggetto marino di Fontana, con le loro superfici mobili e
Fontana – il cui entusiasmo, evidente nelle lettere a Tullio sbattute dalla luce, come di materia lavica (fig. 177), è elo-
Mazzotti, doveva essere trascinante198 – sembrano essere stati quente; altrettanto lo è l’analogia che presentano con le ricer-
decisivi nell’orientarne la ricerca.199 A Fontana riportano l’ado- che di Fontana alcune maschere femminili riflessate dell’artista
zione da parte di Fancello della tecnica a lustri e la scelta della sardo, così simili a una testa di Medusa del 1936 del collega e
monocromia per diversi pezzi di questo periodo; ma soprattut- ad altre venute dopo (fig. 181).201
to, la virata compiuta dall’arte di Fancello all’altezza del 1938 Tuttavia, nonostante i molteplici punti di contatto con l’argen-
collima con gli sviluppi fontaniani, dal 1935-36 in poi, verso tino, Fancello non sembra condividerne l’empito vitalistico,
un dinamismo plastico e un’espansione spaziale qualificati dal- frutto dell’intreccio tra le eredità del dinamismo futurista e
la critica come “barocchi” sin dalla fine del decennio e riscon- dell’esuberanza barocca.202 Benché iconograficamente simili alle
trabili in primo luogo proprio nell’attività di ceramista, con Meduse di Fontana e ricavate come quelle da una materia lumi-
una produzione di nature morte, animali terrestri e marini, fi- nosa e cangiante, le maschere di Fancello non ne possiedono la
gure femminili.200 La tangenza tra alcuni lavori del 1938-39 di stessa carica di violenza espressiva;203 sono volti quieti e intro-
Fancello come il Polipo (fig. 176) o la Faraona (fig. 178) e ope- versi, che il gioco dei riflessi rende ancora più sfuggenti. E anco-
re quali le Farfalle del 1935-36 e del 1937 o le ceramiche di ra, se messa accanto alla Paulette del 1938, vivida nel gesto e nel
contrasto cromatico di bianco e nero («modellata col vento …
la Vittoria di Samotracia del primo giorno della terra», la descri-
veva Carrieri),204 e ad altre figure femminili di Fontana, la coeva
Donna con luna e fiori a lustro di Fancello (MAN di Nuoro,
145. Leoni e cinghiali, 1937-38, terracotta smaltata con ritocchi di colore
sottovetrina, 44 x 30,5 x 7 cm, Nuoro, Archivio per le Arti Applicate.
figg. 183-184) si mostra come un’apparizione languida e crepu-
scolare, bagnata dalla luce della luna che le posa accanto, trasco-
146. Lotta fra cavallo e toro, 1938-39, terracotta smaltata con ritocchi
di colore sottovetrina, 24,5 x 42 x 21,5 cm. Sul retro è raffigurato un cane lorante in rivoli di verde e di viola. In un’altra tecnica e su un al-
145 che morde ai fianchi il toro e alcune lucertole. tro registro, più occasionale, un sensibile divario d’intonazione

114 115
147

separa anche un autoritratto di Fontana a penna del 1940205 gattesca della ceramica».209 In contrasto con la maggiore serietà
(fig. 141) dal ritratto lasciatone da Fancello in un disegno del e solidità plastica della scultura, si legge nell’articolo, la cerami-
1938 (fig. 140) (Fondazione Bozzano-Giorgis, Varazze): nel ca «è la corrente capricciosa e liquida, che gioca con cocci fossili
primo, traboccante di energia, l’artista argentino si rappresen- e crepe, che ironizza e ride, che è freschissima, vuota, cava, ar-
ta – non senza una sfumatura di autoironia – come l’istrioni- ricciolata, splendente, che qualche volta sta sul palmo della ma-
co “Baffo di ferro”,206 circondato da un’aureola di turbinanti no o sul piano del tavolo con candido stupefacente respiro e
volute, metafora della sua personalità effervescente; nel secon- peso»; è «il linguaggio brioso e sperimentale della scultura, fatto
do, più realistico, definito da un segno relativamente compo- di colpi di pollice, graffi, riflessi, profondità impreviste, oro,
sto e da un sobrio tratteggio, appare come un intellettuale as- vuoto, spazio e colore».210 In un contesto di opposizioni binarie
sorto e riflessivo, a occhi bassi, forse perché colto mentre era fortemente connotato nel senso del genere, Lisa Ponti implici-
intento a lavorare. tamente riconduceva Fontana e Fancello a un orizzonte femmi-
Fancello c’est ma femme, avrebbe potuto dire Fontana, come Pi- nile; per poi avvertire subito, riguardo a Fontana, che malgrado
casso a proposito di Braque – con la differenza, s’intende, che i tale concezione della scultura non andasse esente da rischi di
due italiani non hanno mai collaborato e che anche il loro in- «viziosità» e «morbosità», e fosse quindi «pane prediletto di arti-
contro è stato in fondo molto breve. Fancello rappresenta in un sti inquieti», l’argentino restava immune dai suoi pericoli in
certo senso il lato femminile di Fontana, artista la cui figura è virtù di uno stile «semplice e puro, di alto lirismo».211
stata costruita negli anni Trenta come epitome della mascolini- Tra i due artisti, sembra il più giovane quello maggiormente
tà. Erich E. Baumbach lo descriveva, nella monografia dedica- inclinato sul versante lunare, liquido, mutevole, o femminile e
tagli nel 1938, come «uno degli uomini più virili che io abbia “gattesco”, della ceramica. Una parte non piccola del fascino
incontrato fra gli artisti», dal carattere «energico e aggressivo», la del lavoro di Fancello risiede – lo abbiamo visto – nella sua
cui espressione artistica è «eroica, erotica, estremamente mor- ambiguità e variabilità, nella pulsione metamorfica che lo at-
dente nel senso satirico»;207 anche se poi sfumava la definizione traversa, così come nel suo instabile equilibrio tra stupefatto
delineando un profilo di Fontana giocato sulle antinomie: te-
nero ma energico, primitivo e barbaro ma colto e spirituale.208
Di Fontana e Fancello Lisa Ponti avrebbe scritto spiritosamente
nel dopoguerra che i due incarnavano il carattere “gattesco” 147. Cinghiale, 1939, maiolica riflessata, 11,6 x 18,5 x 9 cm.
della ceramica: «La scultura è il cane, la ceramica il gatto: fu 148. Leoni e rinoceronti, 1939, maiolica riflessata,
Fontana, con Fancello, tra i primi a interpretare questa qualità 43 x 28 x 6 cm, Nuoro, Archivio per le Arti Applicate. 148

116 117
150

sorriso e inquietudine. Ancora Lisa Ponti su Stile dell’aprile preludeva a un mondo nuovo. Se a proposito di Fontana Car-
1942 aveva parlato di «origine marina» degli animali in cera- rieri insisteva sull’atto della creazione più che sull’indistinto
mica di Fancello, sottolineandone la natura primordiale: «De- che la precede, l’inverso sembra valere per Fancello, in cui il
voluti dall’onda, graffiti dalla rena, assottigliati e arricciolati dal momento strisciante e irresoluto del passaggio, della transizio-
vento, e per miracolo desti su un lido deserto; fatti, insieme, ne da uno stato all’altro sembra contare più dell’improvvisa e
d’acqua, di sale, di rena, di madrepora, affiorano, in forme di- sconvolgente deflagrazione vitale.
stinte soltanto per il gesto già vivo, animalescamente vivo».212 Fancello dunque non è partecipe del vitalismo e della carica
Lisa Ponti alludeva al carattere mutante delle figure dell’artista, energetica di Fontana; ma neppure lo si può dire vicino al-
da lei paragonate alle macchie d’umido e alle nuvole, in cui l’espressionismo esistenzialista che prevale sul finire degli anni
«nell’informe, senti colta un’idea viva».213 Trenta fra gli artisti di Corrente.215 Non abbastanza estroverso
I riferimenti al marino, al metamorfico, al primordiale erano ed esplosivo per il primo, troppo incline alla fantasticheria e
luoghi familiari anche della letteratura su Fontana. Già Car- sottilmente, dolcemente ironico per il secondo, l’artista si rita-
rieri vi aveva fatto appello senza risparmio di metafore nella glia uno spazio a sé nel panorama “neoromantico” lombardo.
sua recensione alla personale del dicembre 1938 al Milione.
In quel caso però l’enfasi cadeva – come già in Baumbach –
sul virile e sull’energico: «Le terrecotte di Fontana rivelano i
primi idilli terrestri, gli incontri del maschio colla femmina, il
primo massacro, gli amanti dell’età della pietra … Tutte le più
avventurose esperienze della scultura contemporanea … sono
state vissute da Fontana con un furore carnale. Fecondazione
perenne della materia».214 Fontana era presentato come l’arti- 149. Felini, 1937-38, terracotta smaltata con ritocchi
sta che «aveva rotto a colpi di bastone tutte le antiche simbo- di colore sottovetrina, 32 x 22,5 x 7 cm.
logie della maiolica e della porcellana», che modellava la terra 150. Formichieri, 1938-39, terracotta smaltata con ritocchi
149 «con una zampata», l’autore di un «maremoto plastico» che di colore sottovetrina, 30 x 40 x 7 cm.

118 119
151. Formichiere, 1938-39, terracotta smaltata
151 con ritocchi di colore sottovetrina, 14 x 20,5 cm.

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152-153. Scimmia che si copre gli occhi, 1938,
terracotta smaltata e con ritocchi di colore
sottovetrina, 22,5 x 48 x 18 cm, Monza e
Milano, Montrasio Arte.

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154

154-155. Pecora, agnello e pavoncella, 1938-39,


terracotta smaltata con ritocchi di colore sottovetrina,
27,6 x 27,7 x 17,5 cm, Nuoro, Archivio per le Arti Applicate. 155

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157

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156-158. Cinghiale, 1938,


terracotta smaltata con ritocchi
di colore sottovetrina, 11 x 37,8 x 12 cm,
Savona, Museo della Ceramica.

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159

160

159. L’annuncio ai pastori, 1938, china


e inchiostro acquerellato su carta, 29 x 29,4 cm.
160. L’annuncio ai pastori, 1938, terracotta smaltata
con ritocchi di colore sottovetrina, 35,5 x 28,5 cm.

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161 164 165

162. Le pastorelle e la stella cometa, 1938,


china e inchiostro acquerellato su carta, 29 x 29 cm.
163. Pastore portatore di doni, 1938,
china e inchiostro acquerellato su carta, 29 x 29 cm.
164. Angeli annunciatori, 1938,
china e inchiostro acquerellato su carta, 29 x 30 cm.
161. Il Presepio, 1938, china e inchiostro 165. Re Magio che offre l’oro, 1938,
acquerellato su carta, 29,5 x 30 cm. china e inchiostro acquerellato su carta, 29,5 x 28,7 cm.

132 133
166. Angeli e stella cometa, 1938,
terracotta smaltata con ritocchi di
colore sottovetrina, 40 x 15,5 cm.
167. Re Magi, 1938, terracotta
smaltata con ritocchi di colore
sottovetrina, 37 x 33,5 cm.

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166

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168. Angeli, 1938, terracotta smaltata con ritocchi
di colore sottovetrina, 27,5 x 29,5 cm.
169. Pastore portatore di doni, 1938, terracotta smaltata
con ritocchi di colore sottovetrina, 28,5 x 26,5 cm.
170. Pastore e zampognaro, 1938, terracotta smaltata
con ritocchi di colore sottovetrina, 26,5 x 29 cm.
171. Gelindo e Gelinda adoranti, 1938, terracotta
smaltata con ritocchi di colore sottovetrina, 23 x 27 cm.
172. Pastori adoranti, 1938, terracotta smaltata
con ritocchi di colore sottovetrina, 24,5 x 42,5 cm.

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173. Sacra famiglia, 1938, terracotta smaltata
con ritocchi di colore sottovetrina, 37,5 x 35 cm.
174. Pastorella con anfora e pecore, 1938, terracotta smaltata
con ritocchi di colore sottovetrina, 28,5 x 23 cm.
175. Pastori offerenti, 1938, terracotta smaltata
con ritocchi di colore sottovetrina, 27,5 x 29 cm.

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176. Polipo, 1938-39, maiolica riflessata, 18,5 x 38 x 19 cm.


177. Lucio Fontana, Seppia, 1937, terracotta smaltata.

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178. Faraona, 1938-39, maiolica
a lustro, 20 x 30 x 15 cm.

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179. Maschera, 1938-39, maiolica riflessata, 20,5 x 12,5 cm.


182
180. Testa femminile, 1938, maiolica riflessata, 26,5 x 16,5 cm,
Milano, collezione Gilli.
181. Lucio Fontana, Medusa, 1936, terracotta smaltata,
Brema, collezione Hockemeyer.
182. Testa femminile, 1938, maiolica riflessata, 25,5 x 15 cm,
181 Milano, collezione Gilli.

145
183-184. Donna con luna e fiori, 1938,
maiolica a lustro, 31,5 x 16 x 21,5 cm, Nuoro, MAN.

183

184
Fantasie di morte
«Egli si diede a disegnare, a dipingere, a graficare [sic] sui muri
le sue immagini. Erano le indimenticabili giraffe leggere come
farfalle, belle e astruse come biciclette, erano mucche amorose e
vitelli dolci come cuccioli, un groviglio di fiori e di animali, di
capre e di teneri sassi, grandi macchie d’inchiostro in cui, come
i bambini nella luna, Fancello vedeva molto poetiche larve».216
«Questi impasti consentirono a Fancello quelle delicate e mor-
bide colorazioni che resero il suo zoo già di per sé fiabesco an-
cora più lietamente sognato. Così che un agnelletto bianco po-
teva pascolare accanto al leone rosa più mansueto quasi del
torello arancio dal musetto bianco sul quale il chiodino di Fan-
cello aveva segnato i piccoli pori, poi con due buchi più grandi
le narici che gli davano una buffa aria aggressiva.
Poi gatti-tigrati gialli, faraoncine grigie guarnite con tanti con-
fettini bianchi, e gallinelle, caprette, rinoceronti stupiti di sco-
prirsi un corno sul naso, e cinghiali tutti con vaghi colori».217
Il tono zuccheroso di queste rievocazioni – rispettivamente di Si-
nisgalli e di Zimelli – rispecchia la tendenza della critica a legge-
re i disegni e le ceramiche di Fancello prevalentemente in chiave
di gioco, lirismo e trasognato trasporto; un filtro interpretativo
privilegiato anche da vari commentatori recenti, che si sono
concentrati sulla qualità ludica e fiabesca della visione dell’arti-
sta. A Naitza le forme di Fancello sembravano «ricavate nel pane
della festa per una possibile notte dell’Epifania»;218 «la “Chan-
son de Renard”, la grande favola medioevale degli animali – au-
tore Fancello» gli appariva «di volta in volta un intenerito inter-
mezzo epico-lirico, una caricaturale ma rispettosa sottolineatura
buffa … una divertita e cordiale esaltazione dell’espressività sen-
timentale delle bestie».219 Una «leggerezza quasi fiabesca», «una
indubbia levità e spensieratezza» sono state individuate come
note centrali nell’ispirazione dell’artista,220 di cui si è apprezzata
come dote primaria l’«esclusiva capacità poetica di inverare la
fiaba e rendere fiabesco il reale».221 La vena ironica e svagata, il
“fiabesco” così frequentemente chiamato in causa dai critici por-
tano – complice anche la morte precoce – a rubricare Fancello 185
sotto l’etichetta di infantile-adolescenziale.
Poco importa che il mondo dell’artista non si esaurisca in fan-
tasie arcadiche, che le immagini di morte vi abbiano almeno al-
trettanto posto, e forse più, di quelle della vita, che accanto ai
leoni e cinghiali sorridenti vi siano quelli – a volte gli stessi –
trafitti da frecce, coperti di sangue, infissi su pali, che le sue
simpatiche belve siano non di rado raffigurate mentre ghermi-
scono o divorano la preda. L’accentuata stilizzazione attenua il
significato cruento di queste rappresentazioni, ma quando, ec-
cezionalmente, Fancello adotta per esse un linguaggio più na-
turalistico, l’impressione che producono è alquanto destabiliz-
zante: si veda ad esempio un disegno a matita databile forse
poco dopo la metà del decennio, in cui appare una capra infil-
zata su due rami secchi piantati al suolo, in un paesaggio brullo
disseminato di pietre che gettano ombre allungate alla Dalì (e
alla De Chirico) (fig. 186). Qui, saltato ogni filtro decorativo,
l’animale impalato – il collo che ricade floscio, le zampe anna-
spanti nell’aria – è a tutti gli effetti un cadavere, esibito come 185. Leoni e teschi infilzati, 1938 ca., inchiostro su carta, 34,2 x 25,2 cm.
un trofeo o una vittima sacrificale.
186. Capra infilzata, 1938 ca., matita su carta, 44,1 x 32 cm,
In altre parole, se quella di Fancello è un’Arcadia, nei suoi fan- Nuoro, Archivio per le Arti Applicate.
tastici paesaggi potremmo bene aspettarci di trovare, inscritta
su una rupe, la frase classica “Et in Arcadia Ego”, di guercinia-
Nella doppia pagina seguente:
na e poussiniana memoria. Il sogno pastorale di Fancello, la sua
visione di una mitica età dell’oro in cui ancora risuona la felici- 187. Animali infilzati, 1938 ca., matita su carta, 48,3 x 33,6 cm.
tà dell’infanzia non sono immuni da un presagio di morte.222 188. Leone trafitto, 1938 ca., matita su carta, 44,2 x 32,2 cm. 186

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Anche quando i richiami dell’artista al lato oscuro dell’esistenza


vengono colti, maggiore attenzione riscuote in genere presso la
critica il suo côté poetico, mitico e fantastico.223 Nelle figure di
belve che aggrediscono o sbranano animali più deboli si è vista
la messa in scena di una «sorta di gioco alla caccia, di finzione
della lotta/morte», le frecce che trafiggono le bestie sono state
interpretate come attributi di Apollo piuttosto che come stru-
menti letali,224 delle prede dilaniate si è sottolineata l’espressio-
ne «di buffo stupore, mai di terrore».225
Senza voler negare le qualità ironiche e immaginative del lavo-
ro di Fancello, sembra opportuno restituire il giusto peso alla
componente meno rassicurante, e anzi sottilmente disturbante,
che insorge nella sua opera dopo la metà degli anni Trenta (in
coincidenza, possiamo ricordarlo, con l’appesantirsi del clima
politico italiano e internazionale dovuto alla guerra di Spagna
prima e all’alleanza fra Hitler e Mussolini poi), emerge piena-
mente durante i mesi di permanenza ad Albisola e si approfon-
disce man mano che la vicenda dell’artista volge al termine.
A questo secondo aspetto riconducono non solo il frequente ri-
189. Leoni e uccelli, 1938 ca., matita su carta, 48,3 x 28,7 cm,
correre di scene di assalto e di uccisione, ma anche rappresenta-
Dorgali, Museo Fancello. zioni come gli animali “fossili”, quasi mummificati, incastonati
190. Bestiario, 1938, china e tempera acquerellata su carta, 29,2 x 45,6 cm. nella roccia o nella terra: emblematico, in proposito, lo schele-
189 In basso a sinistra: «Al caro amico Berzoini – Natale 1938 – Albisola». tro di un quadrupede visibile accanto alla coppia di coccodrilli

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191

di un gruppo ceramico del 1938, sagoma calcinata e spettrale milanese – unico superstite di una serie di opere che compren-
che fa riscontro alla vitalità cromatica e al dinamismo dei rettili deva in origine quattro piccoli bassorilievi in ceramica colorata
(fig. 198). Un senso analogo si può scorgere nell’assenza di fi- e diciotto formelle in litoceramica alla base del pilone portaban-
gure umane nei paesaggi, fino a quando, nell’incombere del diera228 – Fancello raffigurò entro un pannello di forma organi-
conflitto europeo, le immagini di lotta e violenza si trasferisco- ca un’allegoria della giovinezza: una grande personificazione
no dal mondo animale a quello umano, con la moltiplicazione centrale smaltata in bianco spicca contro il fondo blu intenso,
nei disegni di personaggi rabbiosamente avvinghiati e di mi- circondata da una miriade di personaggi più piccoli realizzati in
schie furibonde di cavalieri (figg. 199-204); talvolta, la temati- terracotta, allusivi agli studi, all’attività atletica, alla guerra, al-
ca della lotta prende il colore del mito classico, come in alcuni l’amore (fig. 207). La Giovinezza ricorda analoghe figure mo-
schizzi di combattimenti tra uomini e centauri, antica metafo- numentali di Fontana,229 con una sorta di incrocio tra la Vitto-
ra dello scontro fra ragione e matta bestialità (figg. 205-206). ria dell’aria eseguita per la Mostra dell’Aeronautica del 1934 (e
Perfino in un soggetto ostensibilmente ottimistico come quello in seguito acquistata da Adriano Olivetti, sembra su suggeri-
richiestogli da Pagano per la decorazione della Bocconi si avver- mento di Nivola), di cui riecheggia il gesto e l’impianto genera-
te un sottofondo inquietante. L’incarico fu l’ultimo della carrie- le (fig. 208), e la candida statua del Salone della Vittoria alla VI
ra dell’artista, che lo eseguì nell’autunno 1940 durante una Triennale del 1936, di cui riprende il colore (fig. 209). Tuttavia,
quindicina di giorni trascorsi ad Albisola, non più da Tullio se paragonata a queste sculture, dall’aria attonita e stupefatta
Mazzotti (con il quale i rapporti dovevano essersi incrinati),226 ma al tempo stesso vivide ed emozionanti nel loro avanzare ver-
ma presso un altro ceramista, Lino Berzoini.227 Nel grande rilie- so lo spettatore, quella di Fancello ci si presenta come un’appa-
vo in maiolica e terracotta destinato alla mensa dell’università rizione remota e spettrale, levata contro uno sfondo pullulante
di figure sulfuree, una sorta di inferno affollato di presenze ge-
sticolanti (figg. 210-213).
Forse meglio che sul piano delle iconografie, in ogni caso, il lato
191. Rinoceronte e animali trafitti, 1937, china e tempera acquerellata
oscuro dell’opera di Fancello si lascia cogliere sul piano formale.
su carta, 28 x 46 cm. Mentre, come abbiamo visto, il liquefarsi della massa plastica
192. Felini che attaccano un elefante, 1938 ca., china e inchiostro nelle ceramiche, lo sgusciar via dei contorni, il dinamismo fer-
acquerellato su carta, 49 x 32 cm. mentante del segno nella grafica non sono indizio di vitalismo 192

154
193

194

193-194. Leone con criniera rossa e preda, 1938,


terracotta smaltata, 10,5 x 26,3 x 14,5 cm.

156 157
195

195. Leone e cinghiale, 1937-38,


terracotta smaltata, 34 x 21 x 16 cm, Torino, GAM.
L’opera è appartenuta a Mario Labò.

158 159
197

196. Leone e cinghiale in lotta, 1938,


terracotta smaltata , 28 x 40 x 16 cm.
L’opera è appartenuta a Gio Ponti.
197. Volpe con preda, 1938,
196 terracotta smaltata, 9 x 21 x 7,5 cm.

160 161
198

198. Coccodrilli con scheletro di capra, 1938,


terracotta smaltata con ritocchi di colore
sottovetrina, 14,5 x 43,5 cm, Milano, collezione Gilli.

162 163
201

199. Battaglia, 1939 ca.,


199
china su carta, 32,1 x 47,5 cm.
200. Battaglia, 1939 ca.,
china su carta, 32,6 x 48,4 cm.
201. Cavalli e cavalieri, 1939 ca.,
inchiostri su carta, 22,6 x 15 cm.
202. Lotta con il drago, 1939 ca.,
inchiostri su carta, 22,6 x 15 cm.

Nelle doppie pagine seguenti:


203. Nudo con pugnale, 1939,
china su carta, 35,1 x 25,2 cm.
204. Lottatori, 1939 ca., inchiostro
su carta, 43,2 x 31,2 cm.
205. Centauro e uomini in lotta, 1939 ca.,
inchiostro su carta, 42,1 x 32 cm.
206. Centauro e uomini in lotta, 1939 ca.,
inchiostro su carta, 42 x 29 cm. 202

– a differenza di quanto accade nel Fontana degli stessi anni –, ro di Fancello le lettere all’artista di Renata Guggenheim, la
vi si può scorgere un rimando al ciclico farsi e disfarsi delle co- giovane donna cui era legato sentimentalmente.231 Già parte
se e della natura. Lo sfaldarsi delle forme, la spazialità fluida, del piccolo gruppo di amici intimi che condividevano con Fan-
hanno in sé un germe di decomposizione, racchiudono un ac- cello la vita milanese, Renata aveva lasciato l’Italia con i genito-
cenno al dissolvimento della materia vivente su cui finora non ri alla fine del 1938 a seguito delle leggi razziali. Prima da Basi-
si è fermata l’attenzione dei critici.230 lea e poi dagli Stati Uniti aveva intrecciato con l’artista una
Nell’idea del disfarsi della materia non c’è angoscia né sofferen- fitta corrispondenza, nel corso della quale i due erano giunti a
za; in questo hanno ragione quanti – quasi tutti coloro che confessarsi il loro attaccamento reciproco. Per quanto parche di
hanno scritto su Fancello – hanno notato la mancanza di ten- notizie sull’attività di Fancello o sull’ambiente da lui frequenta-
sione drammatica nell’opera dell’artista. Tuttavia nell’assenza di to e invece ossessivamente concentrate sul rapporto tra i due
dramma non è da vedere la conseguenza di una disposizione al- giovani, le lettere di Renata – le sole arrivate fino a noi – sono
la fantasticheria ironica o il riflesso di una mistica e trasognata cariche di suggestione nella loro insistenza su un microcosmo
esaltazione panica (aspetti pur presenti nella sua visione). Pos- fatto di sogni e intimità con la natura («tutto un mondo bello
200 sono aiutare a chiarire il senso di questa connotazione del lavo- e buono, con tanti fiorellini e bestie e foglie e formiche»),232

164 165
203 204

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207. Pannello decorativo (Allegoria della


Giovinezza), 1941, terracotta parzialmente
smaltata, 248 x 320 cm, Milano, Università
Bocconi.
208. Lucio Fontana, Vittoria dell’aria, 1934,
opera distrutta.
209. Lucio Fontana, Vittoria, 1936, Sala
della Vittoria, VI Triennale di Milano,
progettisti Marcello Nizzoli, Giancarlo
Palanti e Edoardo Persico.
210-213. Bassorilievi in ceramica per la
decorazione della mensa dell’Università
Bocconi di Milano.

Nella doppia pagina seguente:


214. Donna sdraiata, 1938,
207 china su carta, 29,5 x 46,5 cm. 212 213

170 171
214

172 173
È quindi alla luce della pulsione di morte (e non della feconda-
zione continua della materia) che viene voglia di leggere la pre-
dilezione di Fancello per la deformazione e per la metamorfosi,
per la fluidità degli spazi, per le forme ambivalenti, in transizio-
ne. Quello dell’artista, lo abbiamo visto, è un universo dove
l’uomo è assente; gli «uomini con la testa di lardo e la coda
d’asino» sono espulsi dai suoi confini. È popolato solo da bestie
inconsapevoli, che uccidono e muoiono con innocenza; o tut-
t’al più da donne, giacché queste, immaginate come spontanee
e irriflessive, sono assimilate agli animali e al ciclo stesso della
natura. È un universo orizzontale, o piuttosto orizzontalizzato,
il cui spazio non è orientato rispetto alla posizione eretta dell’os-
servatore umano e dunque sotto il dominio del suo sguardo,
ma è focalizzato sul suolo nel quale si muovono gli animali e le
loro prede. Lo governa la legge naturale, vale a dire la legge sa-
215 diana della sopraffazione del più debole da parte del più forte.
Pulsione di morte, metamorfosi, orizzontalità animale versus
contrapposto a un macrocosmo sociale violento e ostile, il verticalità dello sguardo sono motivi che ci riportano a Bataille
mondo degli «uomini con la testa di lardo e la coda d’asino».233 e all’uso che la critica recente ha fatto del suo concetto di infor-
Il ricordo di Fancello vi è ripetutamente accostato a una condi- me, recuperato da Yves-Alain Bois e Rosalind Krauss quale
zione di identificazione con la natura, in una immobilità che punto di partenza per identificare «un certo insieme di opera-
prefigura la morte fisica. zioni che prendono in contropiede il modernismo».236 È noto
«Allora faccio come te, – scrive Renata nel maggio 1940 – va- come Bois e Krauss abbiano annesso al territorio dell’informe
do nei prati e mi sdraio per terra. È tanto bello stare distesi anche Fontana, il Fontana post-bellico di quel cubo escrementi-
per terra, e guardare il sole così grande e blu, e ascoltare gli zio che è la Ceramica spaziale del 1949 e quello “kitsch” dei
uccelli, mi sento come se fossi una parte di tutte queste cose quadri con finte gemme dei primi anni Cinquanta, o dei colori
così semplici e belli [sic] quasi mi schiaccio per terra, per poter- acidi e sgargianti della serie Fine di Dio. Se pare eccessivo voler
la toccare con ogni piccolissima parte del mio corpo. Mi sento considerare anche Fancello sotto questa luce teorica, possiamo
diventare pigra, pigra, quasi non riesco a muovermi e le mie però notare come del ventaglio di esperienze individuate da
braccia e mani sono come non fossero mie, e ci camminano Bois e Krauss l’artista condivida l’estraneità all’ideale umanisti-
sopra le formiche. Allora penso, che forse dev’essere molto co. Il rifiuto della retorica monumentale del fascismo, della sua 216

bello essere morti, dev’essere un sentirsi una parte della terra, magniloquente celebrazione dell’eroismo, cui era stato educato
che non finisce mai. In fondo non so perché si pianga a vede- da Persico e Pagano, finisce per sfociare nell’antiumanesimo.
re un morto».234 Può venire la tentazione di chiedersi che cosa sarebbe stato di
E un’altra volta: «Ho trovato qui un piccolo posto in mezzo Fancello se il suo percorso non fosse stato troncato repentina-
d’un boschetto con pochi alberi e tanti ucelli [sic]. Mi sdraio mente a venticinque anni. Una carriera nella scultura monu-
ed è tanto bello perché non c’è nessuno che mi disturbi, e sen- mentale e nell’arte pubblica, quale sembrava annunciare il rilie-
to solo muoversi le foglie … sto ferma ferma, e le formiche vo della Bocconi, gli sarebbe stata preclusa dalla guerra e dalla
pensano che anch’io sono un pezzo di terra o una roccia, e mi chiusura dei cantieri del regime; nel dopoguerra, possiamo di-
camminano adosso [sic] … certe volte mi sembra d’essere una vertirci a immaginarlo nei panni di decoratore di navi e di in-
farfalla che ha un giorno solo di vita».235 terni al fianco di Gio Ponti, collaboratore degli architetti che
Sembra che l’evidente sforzo di immedesimazione di Renata negli anni Cinquanta avrebbero lanciato in campo internazio-
con Fancello la porti a esplicitare la sotterranea pulsione di nale il made in Italy (la presenza nel 1950 delle sue opere nella
morte che percorre l’immaginario dell’artista. Seguendo la sua mostra Italy at Work, evento seminale nella diffusione dell’arti-
fantasticheria, la vediamo trasformarsi in una delle figure fem- gianato e del design italiani oltreoceano, lo farebbe presagi-
minili distese che compaiono nei disegni di Fancello, donne i re).237 Oppure – o al tempo stesso – sperimentatore di una
cui corpi allungati a terra sono simili a rocce, a tronchi d’albe- nuova idea della scultura, analogamente a Fontana. Secondo
ro o a ondulazioni collinari, sulle cui membra immobili si ar- Salvatore Fiume, negli ultimi tempi della sua vita Fancello at-
rampicano le lucertole. Il perenne movimento di trasmutazio- traversava una crisi creativa, tutto quello che faceva gli appariva
ne che conduce dalla vita alla morte è alla radice di questo ripetitivo: «Mi diceva di sentire il bisogno di cambiare, di voler
procedere dall’organico all’inorganico, dall’animale al vegetale scavare più a fondo nei meandri della scultura».238 Il ricordo di
e al minerale, dall’animato all’immoto. L’idillio è fugace pre- Fiume si accorda a una testimonianza di Umberto Bellintani,
messa a fantasie di annichilamento (figg. 214-217). compagno dell’artista all’ISIA, circa la presenza nello studio di
Pagano di «strani sassi«, «appena toccati da segni e piccoli inter-
venti» di mano di Fancello, che sembrava volessero rappresen-
tare curiosi animali.239 Per quanto l’accenno sia intrigante, sulle
anticipazioni racchiuse in quei misteriosi sassi incisi non ha
molto senso interrogarsi. Al di là di quello che Fancello avrebbe
215. Donna sdraiata con luna, in Domus, n. 212, agosto 1946. potuto ancora dare, ciò che ha effettivamente lasciato conserva
216. Donna seduta con uccello, 1938, china su carta, un valore autonomo e un significato compiuto. La sua breve
28 x 45,4, Nuoro, MAN. parabola è sufficiente a garantirgli un posto, e non tra gli ulti-
217. Donna sdraiata, 1938, china su carta, 27 x 46 cm. mi, nella storia dell’arte italiana del Novecento.240 217

174 175
NOTE di T. Trini, Bari, Laterza, 1980, p. 43. Nel contesto la direzione per dedicarsi a Stile, la rivista dal luglio lo, Bergamo, Lubrina, 2000, che nel tracciare un’uti-
originario la frase si riferiva al significato simbolico del 1941 venne affidata a Massimo Bontempelli, le mappa delle connessioni tra Fancello e il più am-
che la cultura razionalista italiana degli anni Trenta Giuseppe Pagano e Melchiorre Bega. Nell’ottobre del pio scenario culturale milanese incorre, a nostro av-
attribuiva alla figura di Walter Gropius. 1942 Pagano lasciò il posto a Guglielmo Ulrich. viso, in alcune forzature. Pur raccogliendo un’ampia
30. Nel 1936 Alfonso Gatto fu arrestato e trascorse Dall’ottobre 1943 al 1944 il direttore fu Bega, quin- serie di rimandi funzionali a comprendere l’ambiente
sei mesi a San Vittore; Sassu fu in carcere nel 1937- di, dopo un anno di chiusura, la rivista riprese le pub- in cui l’artista operava, il testo eccede nel rintracciare
38, condannato dal Tribunale Speciale. blicazioni sotto la guida di Ernesto Nathan Rogers, analogie tra l’opera di Fancello e svariati accadimenti
fino al ritorno di Ponti nel 1948. della cultura milanese dell’epoca, dagli scritti di Bon-
31. G.C. Argan, “Prefazione” cit. Argan aggiungeva: tempelli e Savinio a quelli di Gatto e Sinisgalli, dal
«Non fece mai politica, ma aveva acuto il senso della 47. C.E. Rava, “Funzionale antico e nuovo”, in Do-
mus, n. 183, marzo 1943, pp. 128-131. pensiero di Banfi a quello di Carlo Belli, dalle foto di
situazione italiana». Pagano alla Casa del sabato per gli sposi di Figini e
1. A. Crespi, Salvatore Fancello, Nuoro, Ilisso, 2005. nacoteca di Brera, 30 marzo-20 aprile 1942, Milano, nel 1939 al Palazzo dell’Arte di Milano a cura di 32. G. Veronesi, Difficoltà politiche dell’architettura in 48. A. Bianchetti, C. Pea, “Casa di campagna”, in Pollini. Cfr. anche, della stessa autrice, “Salvatore
2. Il dettaglio dei movimenti di Fancello sotto le ar- Officina Grafica Muggiani, s.d. (1942). Giuseppe Pagano. Domus, n. 185, maggio 1943, pp. 198-202 (202). Fancello e la cultura artistica a Milano tra le due
Italia, 1920-1940, Milano, Tamburini, 1953, p. 13.
mi è ricavabile dall’epistolario col fratello Marco e 10. Per le immagini dell’allestimento della retrospet- 19. G.A. Dell’Acqua, “L’allestimento della mostra di Si veda ora la ristampa nelle edizioni Christian Mari- 49. Nautifile (A. Pica), “Un architetto in casa sua”, guerre. Il ruolo delle riviste ‘Domus’ e ‘Casabella’”,
altri corrispondenti, conservato nell’Archivio Fan- tiva di Brera, cfr. M. Labò, “Le ceramiche di Fancel- Scipione e di disegni contemporanei della pinacote- notti, Milano 2008, con postfazione di G. Contessi e in Domus, n. 188, agosto 1943, pp. 357-359 (357). in Nivola Fancello Pintori. Percorsi del moderno, a cu-
cello, Milano. Entro il 19 dicembre 1937 l’artista si lo”, in Domus, n. 173, maggio 1942, pp. 208-216; ca di Brera” cit. nota biografica di M. Panzeri. 50. Serangelo (G. Ponti), “Cronache immaginarie. ra di R. Cassanelli, U. Collu, O. Selvafolta, Milano,
reca a Modena per frequentarvi la scuola allievi uffi- (G. Ponti), “Fancello a Brera”, in Stile, n. 18, giugno 20. Sul valore della griglia nell’ambito del moderni- Visita a Faenza”, in Stile, n. 24, dicembre 1942, p. 65. Jaca Book, 2003, pp. 163-171. I limiti di queste let-
33. Lionello Venturi aveva parlato di «orgoglio della
ciali nel 26° fanteria. Tra il 22 dicembre e il 3 gen- 1942, p. 42. smo internazionale, cfr. R. Krauss, “Grids” (1978), in ture sono riconosciuti anche da A. Crespi, Salvatore
modestia» in “Per la nuova architettura”, in Casabel- 51. Cfr. R. Pepall, “‘Il buon design è un buon affare’.
naio 1938, in licenza a Milano, ha un po’ di tempo 11. Probabilmente la mostra includeva altre cerami- The Originality of the Avant-Garde and Other Moder- Fancello cit., p. 22.
la, gennaio 1933, pp. 2-3. Pagano aveva fatto suo il La promozione del design italiano del dopoguerra in
per lavorare. Resta sicuramente in servizio fino a che non listate in catalogo: una Volpe e gallina del nist Myths, Cambridge, MA, The MIT Press, 1985, concetto e l’espressione a partire da “L’estetica delle America”, in Il Modo Italiano. Design e avanguardie 69. S. Naitza, “Lo spazio indefinito delle visioni”,
maggio; dall’estate in poi sembra libero e all’inizio 1938 appartenuta a Gian Alberto Dell’Acqua ad pp. 9-22. Per il suo significato in rapporto all’architet- costruzioni in acciaio”, in Casabella, agosto-settem- artistiche in Italia nel XX secolo, a cura di G. Bosoni, in S. Naitza, Salvatore Fancello cit., p. 12.
di ottobre va ad Albissola, dove rimane fino al 20 esempio presenta alla base un’etichetta che la registra tura razionalista italiana, cfr. A. Angelini, Il «Reticolo»
dicembre circa. A gennaio 1939 è di nuovo militare bre 1933, pp. 66-69. Milano, Skira, 2007, pp. 79-89. 70. C. Nivola, “Ricordo di Salvatore Fancello”, in
come esposta nella rassegna del 1942, ma il soggetto Razionalista. Astrazione e classicità della struttura a te-
a Ivrea. Qui fa anche dei lavori, probabilmente dei 34. G. Pagano, “Salvatore Fancello”, in Domus, n. 52. “Cristalli e ceramiche al palazzo dell’Arte”, in S. Naitza, Salvatore Fancello cit., p. 200.
non permette di identificarla con nessuna delle voci laio nell’Architettura Moderna in Italia, IUAV, Venezia
disegni che vende. A luglio è di stanza a Bric della 2012, <www.academia.edu/4346683/Il_reticolo_ra- 171, marzo 1942, pp. 122-126 (126). L’intervento Domus, n. 212, agosto 1946, pp. 13-16. 71. «Per se stesso, per provare la sua genialità, Fan-
in elenco. fu pubblicato anche nel volume dedicato dall’Edito-
Vigna, Vercelli, dal 15 settembre a Malaretto presso zionalista_astrazione_e_classicismo_nellArchitettu- 53. “Picasso convertirà alla ceramica ma noi, dice Lu- cello non avrebbe fatto niente … Nel mondo, come
il Moncenisio, a novembre di nuovo a Ivrea, in di- 12. Manca tra i prestatori Virgilio Ferraresso, presso riale Domus all’artista scomparso: Salvatore Fancello, mostra il brevissimo corso della sua vita, era stato
ra_Moderna_in_Italia>, consultato il 3 luglio 2016. cio Fontana, s’era già cominciato”, in Domus, n. 226,
cembre a San Didero. Nel marzo 1940 ottiene una il quale Fancello lavorò durante i mesi estivi a Pado- Milano, Editoriale Domus, 1942. messo più come ospite e testimone che come parte-
21. G. Pagano, “Estetica delle strutture sottili”, in luglio 1948, pp. 24-38.
licenza di 10 giorni più altri 10, che trascorre a Mi- va verso la metà degli anni Trenta. 35. A lungo rimosso dalla storiografia italiana, l’am- cipante attivo». Perfino i disegni di Fancello sarebbe-
lano, lavorando all’allestimento commissionatogli Casabella-Costruzioni, n. 129, settembre 1938, pp. 54. “Picasso convertirà alla ceramica ma noi, dice Lu-
13. Una lettera di Giulia Veronesi ad Anna Maria 38-39; “L’ordine contro il disordine”, in Casabella- biguo rapporto tra l’avanguardia razionalista e il fa- ro stati realizzati secondo Nivola dietro sua richiesta
dalla Olivetti per la Triennale. Dal 10 aprile ottiene cio Fontana, s’era già cominciato” cit., p. 31.
Mazzucchelli testimonia l’ansietà con cui nella cer- Costruzioni, n. 132, dicembre 1938, pp. 2-3. Oltre scismo è stato per la prima volta messo in luce da e «per fargli piacere». C. Nivola, “Ricordo di Salvato-
finalmente la licenza illimitata, ma il 10 giugno chia di Casabella si seguiva la sorte di Fancello: «Ca- D. Ghirardo, “Italian architects and fascist politics: 55. T. Mazzotti, in “Picasso convertirà alla ceramica re Fancello” cit.
l’Italia entra in guerra. Non viene comunque richia- che ai testi pubblicati su Casabella, l’architetto dedi- ma noi, dice Lucio Fontana, s’era già cominciato”
rissima Maria, Fancello non è apparso neppure nel- cò al tema altri interventi: “La tecnica ed i materiali An evaluation of the rationalist’s role in regime buil- 72. Cfr. C. Nivola, “Come nelle botteghe dei tessito-
mato immediatamente; dal 14 ottobre è ad Albisso- l’elenco ufficiale dei caduti. Siccome la notizia è stata ding”, in Journal of the Society of Architectural Histo- cit., p. 25.
la e dal 5 novembre di nuovo a Milano, dove oltre dell’edilizia moderna”, in Edilizia moderna, n. 5, ri del Guatemala”, in Notizie Olivetti, 37, n. 2, 1988,
confermata da un suo amico che lo ha visto, pur- aprile 1932, pp. 34-43; “Struttura e architettura”, in rians, 39, no. 2, 1980, pp. 109-127. 56. L.P. (L. Ponti), “Prima astratto poi barocco ora pp. 28-32, ripubblicato in Nivola Fancello Pintori
alla commissione dei pannelli per l’Università Boc- troppo non c’è da pensare che si tratti di un errore; spaziale”, in Domus, n. 229, agosto 1948, p. 36.
coni ha in corso un altro lavoro. Viene richiamato Dopo Sant’Elia, Milano, Editoriale Domus, 1935, 36. G. Veronesi, Difficoltà politiche dell’architettura cit., pp. 245-246. La testimonianza dell’artista ricor-
ma non l’avranno ritrovato, e così lo daranno disper- pp. 37-119. in Italia, 1920-1940 cit. 57. “Picasso convertirà alla ceramica ma noi, dice Lu- re anche in numerose interviste, tra cui quella molto
alle armi nel gennaio 1941. so, chi sa quando. Pintori, che lo aveva in casa e si
22. Per citare solo alcuni esempi, lo schema a griglia 37. Gli altri membri della commissione del Centro cio Fontana, s’era già cominciato” cit., p. 26. ampia di P. Baggiani e C. Pinna Parpaglia, dattilo-
3. D.W. Galenson, Painting Outside the Lines. Pat- occupa di lui fraternamente, prega di attendere anco- scritto inedito, 1980, Archivio Ilisso, Nuoro.
terns of Creativity in Modern Art, Cambridge, Mass.- ra». G. Veronesi ad A.M. Mazzucchelli, Milano s.d. era stato adottato nel 1929 da Giuseppe Terragni nel milanese, che affiancava il sovrintendente Guglielmo 58. Cfr. C. Pearson, Integrations of art and architectu-
London, Harvard University Press, 2001. (1941), citato in R. Astarita, Casabella anni Trenta. Novocomum, quindi nella Casa a struttura d’acciaio Pacchioni come una specie di Consiglio, erano il se- re in the work of Le Corbusier: theory and practice 73. Cfr. G. Altea, “Gli anni di formazione”, in G.
Una “cucina” per il moderno, Milano, Jaca Book, progettata da Pagano con Albini, Camus, Mazzoleni, natore Giovanni Treccani degli Alfieri (presidente), from ornamentalism to the “synthesis of the major arts”, Altea, A. Camarda, Costantino Nivola. La sintesi delle
4. D.W. Galenson, Painting Outside the Lines cit., Minoletti e Palanti per la Triennale del 1933, e da Francesco Dal Pozzo, Franco Marmont, Gio Ponti ed PhD dissertation, Stanford University, 1995, p. 396. arti cit., pp. 21-23.
p. 50. 2010, p. 31.
Terragni nella Casa sul lago per un artista presentata Ernesto Treccani. Gli aderenti erano architetti come 59. Il tema della “continuità”, concepita come senso 74. C. De Seta, “Giuseppe Pagano fotografo”, in C.
5. G.C. Argan, “Prefazione”, in S. Naitza, Salvatore 14. (G. Ponti), “Fancello a Brera” cit. nella stessa esposizione; nel 1934 Ignazio Gardella se Franco Albini, artisti, collezionisti e galleristi. della storia e dialogo tra passato e presente ma anche De Seta, Il destino dell’architettura. Persico Giolli Pa-
Fancello, Nuoro, Ilisso, 1988, p. 9. 15. Cfr. G. Pacchioni, “Per una moderna presentazio- ne era servito nel progetto di una torre littoria per 38. (G. Ponti), “Fancello a Brera” cit. – in senso più ristretto – come esigenza di non liqui- gano, Bari, Laterza, 1985, p. 273.
6. I Centri di Azione per le Arti erano strutture di ne delle opere d’arte”, in Stile, marzo 1941, pp. 4-5. piazza del Duomo a Milano; nel 1936 ancora Terra- dare l’esperienza dei protagonisti del razionalismo
gni lo sviluppava nella Casa del Fascio di Como. 39. G. Ponti, “L’arte italiana è superiore a quale ap- 75. Cfr. qui nota 104.
carattere associativo istituite a partire dal 1939 dal 16. Cfr. la descrizione dell’allestimento della mostra pare alla Biennale di Venezia”, in Stile, n. 19, luglio- anni Trenta, e segnatamente di Persico e Pagano, era
Ministero dell’Educazione Nazionale su tutto il terri- di Scipione del 1941 nella recensione di Gian Alber- 23. Cfr. G. Altea, A. Camarda, Costantino Nivola. com’è noto al centro del pensiero di Ernesto N. Ro- 76. Il nome di Fancello non compare nell’ottimo
agosto 1942, pp. 94-108. La stima in cui Ponti tene- saggio di Elena Pontiggia, “La spiritualità e la vita.
torio del Paese, col coordinamento delle Soprinten- to Dell’Acqua, “L’allestimento della mostra di Sci- La sintesi delle arti, Nuoro, Ilisso, 2015, pp. 21-22. va Fancello è confermata dalla presenza di opere gers; nel nome della continuità questi avrebbe inau-
denze. Il loro compito era presentare artisti italiani pione e di disegni contemporanei della pinacoteca di gurato la nuova stagione della risorta Casabella, ri- Edoardo Persico critico d’arte (1928-1936)”, in Edo-
24. Non a caso, la struttura a griglia è stata presa a dell’artista nella sua collezione: un Bue e dei Cin- ardo Persico e gli artisti 1929-1936. Il percorso di un
non attivi localmente, per ovviare ai limiti di campa- Brera”, in Le Arti, III, IV, aprile-maggio 1941, pp. modello nel 2016 per l’allestimento della prima mo- ghiali in terracotta databili al 1934 circa e un altro pubblicata a partire dal 1954 sotto la sua direzione
nilismo dimostrati dalle mostre sindacali. Il Centro 280-281. Oltre che per l’inserimento delle mensole a con il titolo Casabella-continuità. Cfr. Continuità e critico dall’Impressionismo al primitivismo, a cura di
stra di una certa ampiezza dedicata all’artista dopo Cinghiale in maiolica più tardo, tutti pubblicati in E. Pontiggia, Milano, Electa, 1998, pp. 13-39.
di Milano fu con quelli di Torino e Palermo tra i po- reggere i pezzi in ceramica, l’allestimento di Romano quella di Cagliari del 1988 che ne segnò la riscoper- un articolo sulla casa dell’architetto a Civate, una ca- crisi: Ernesto Nathan Rogers e la cultura architettonica
chi a entrare effettivamente in funzione, utilizzando si distingueva da quello di Albini per l’eliminazione ta, Salvatore Fancello. La forma inquieta al Museo sa messa su durante la guerra e «partita dagli oggetti italiana del secondo dopoguerra, a cura di A. Giannet- 77. R. Astarita, “Alfonso Gatto e il tempo di ‘Casa-
le sale di Brera svuotate dei capolavori del passato che di alcune teche a piano inclinato e delle esedre in Nivola di Orani, a cura della scrivente e di Antonella più inutili e più cari, da mettere in salvo». “Casa in ti, L. Molinari, Milano, Alinea, 2010. bella’”, in Alfonso Gatto. Gli anni tra parentesi. Lettere
erano stati messi al riparo dai rischi bellici. Cfr. P. Vi- mattoni che nella mostra di Scipione servivano ri- Camarda, architetto Alessandro Floris. 60. G. Veronesi, “Disegni di uno scultore”, in Cor- ad Anna Maria Mazzucchelli (1936-1939), a cura di
Brianza”, in Domus, n. 245, aprile 1950, pp. 30-31.
varelli, “La politica delle arti figurative negli anni del spettivamente ad accogliere opere grafiche e a evi- rente di vita giovanile, n. 14, 15 agosto 1938, p. 6. R. Astarita, Cava dei Tirreni, Avagliano, 1996, p. 18.
Premio Bergamo”, in Gli anni del Premio Bergamo, a 25. G. Pagano, “Salvatore Fancello. Discorso inaugu- 40. G. Ponti, “L’arte italiana è superiore a quale ap-
denziare i dipinti più importanti (le esedre erano 78. Cfr. l’invito della rassegna, riprodotto in C. De
cura di F. Rossi, Milano, Electa, 1993, pp. 24-38 rale della Mostra di Fancello al Centro per le Arti – pare alla Biennale di Venezia” cit., p. 108. 61. L’espressione è di Margherita Sarfatti, “Alcuni ar-
l’unico dettaglio del progetto di Albini per la mostra Seta, Il destino dell’architettura cit., figg. 46-48. La
(31-32); M. Olivari, “Oportet ut scandala eveniant. Milano 30 Marzo 1942”, in Giuseppe Pagano Pogat- tisti sardi”, in La fiaccola accesa (polemiche d’arte), Mi-
di Scipione che non avesse riscosso l’approvazione di schnig. Architetture e scritti, a cura di F. Albini, G. Pa- 41. Cfr. G.A. Dell’Acqua, “Salvatore Fancello (1916- mostra era organizzata da Raffaello Giolli, Carlo A.
Il Centro di azione per le arti di Brera (1939-1942)”, lano, Istituto editoriale Italiano, s.d. (1917), p. 95.
Gio Ponti, che per il resto aveva giudicato la rassegna lanti, A. Castelli, Milano, Editoriale Domus, 1947, 1941). Mostra retrospettiva”, in XXIV Biennale di Felice, Giorgio Nicodemi, Giuseppe Pagano, Elio
in Brera e la guerra. La pinacoteca di Milano e le isti- “Una mostra perfetta”, in Stile, marzo 1941, p. 4). Venezia. Catalogo, Venezia, Edizioni Serenissima, 62. M. Labò, “Le ceramiche di Fancello” cit., p. 209.
tuzioni museali milanesi durante il primo e il secondo p. 22. Palazzo e Gio Ponti.
17. G. Pagano, “Criteri di allestimento della mostra 1948, pp. 109-110. Sulla preparazione della mostra, 63. In realtà Fancello era nato in una famiglia di con-
conflitto mondiale, catalogo, a cura di C. Ghibaudi, 26. G. Pagano, “Salvatore Fancello. Discorso inau- cfr. “Appendice” di Nico Stringa qui pubblicata. tadini. Cfr. C. Lai, “Notizie biografiche”, in S. Nait- 79. G. Veronesi, “Disegni di uno scultore” cit.
Milano, Electa, 2009, pp. 99-109. leonardesca”, in Le Arti, I, 6, 1939, p. 604. Sul te- gurale della Mostra di Fancello” cit.
ma del rifiuto della cornice nella cultura italiana de- 42. G. Ponti, “Appunti alla regia della Biennale”, in za, Salvatore Fancello cit., p. 203. 80. Nel testo, Carrieri guardando la foto di Persico
7. G. Pacchioni, “Nota premessa alla prima edizione gli anni Trenta, cfr. M.I. Catalano, S. Cecchini, 27. G. Pagano, “Salvatore Fancello. Discorso inaugu- Domus, n. 228, settembre 1948, p. 1. 64. G. Veronesi, “Disegni di uno scultore” cit. immagina che si metta a parlare e chieda come stan-
che andò totalmente distrutta durante le incursioni “L’aura dei materiali. «Le Arti» tra mostre e restauri rale della Mostra di Fancello” cit. no gli amici: «Fontana è in Argentina, Tomea mangia
aeree del Ferragosto ’43”, foglio volante annesso a G. 43. “Discussione a proposito della Biennale di Ve- 65. R. Calzini, “Ceramiche, sculture e disegni di Fan- tutti i giorni, Pagano è appena tornato dal fronte, Si-
(1938-1943)”, in La consistenza dell’effimero. Riviste 28. Cfr. C. De Seta, Il destino dell’architettura. Persico nezia”, in Domus, n. 231, dicembre 1948, pp. 33-34 cello”, in Il Popolo d’Italia, 31 marzo 1942.
Pacchioni, Carlo Carrà, Milano, Edizioni del Milio- d’arte tra Otto e Novecento, a cura di N. Barrella, R. Giolli Pagano, Bari, Laterza, 1985, pp. 244-245. nisgalli è a Roma, Fancello è morto. L’hai incontrato?
ne, 1945, citato in M. Olivari, “Oportet ut scandala (34). 66. R. Calzini, “Ceramiche, sculture e disegni di Fan- Dev’essere dalle tue parti, Fancello, alla periferia del
Cioffi, Napoli, Luciano editore, 2013, pp. 331-356 29. Viene in mente in proposito un’osservazione di
eveniant” cit., p. 104. (333-336). 44. C. Albini, Les arts plastiques en Italie de 1860 à cello” cit. paradiso». R. Carrieri, “Catalogo. Persico”, in Domus,
Argan: «Durante il fascismo siamo stati indotti spes- 1943, Paris, Éditions Entente, 1985. n. 170, febbraio 1942, pp. 66-67 (67).
8. Cfr. M. De Micheli, Corrente. Il movimento d’arte 18. La Mostra dell’antica oreficeria italiana si tenne so a dare un significato politico quasi simbolico a co- 67. C. Albini, Les arts plastiques en Italie de 1860 à
e cultura di opposizione 1930-1945, Milano, Vange- in seno alla Triennale del 1936 con allestimento di se e persone che originariamente non l’avevano, ma 45. C. Albini, Les arts plastiques en Italie de 1860 à 1943 cit., p. 296. 81. C. Nivola, “Ricordo di Salvatore Fancello” cit.
lista, 1985. Franco Albini e Gianni Romano, la Mostra di Leo- che lo acquisivano nella nostra amara coscienza». 1943 cit., p. 297. 68. Cfr. B.T. Mele, Milano 1930-1940: arte, lettera- 82. B.T. Mele (“Salvatore Fancello e la cultura arti-
9. Fancello, Centro di Azione per le Arti – Regia Pi- nardo da Vinci e delle invenzioni italiane fu allestita G.C. Argan, Intervista sulla fabbrica dell’arte, a cura 46. Dopo che il fondatore Gio Ponti ne ebbe lasciato tura e poesia a confronto nell’opera di Salvatore Fancel- stica a Milano tra le due guerre” cit., pp. 164-166) si

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sofferma a elencare le circostanze che documentano L’ISIA a Monza. Una scuola europea, a cura di R. Bos- zio del secolo particolare rilievo nella narrativa de- decorazione, cfr. G. Altea, Il fantasma del decorativo, temporale» del disegno (“Lo spazio indefinito delle ruolo di Nivola e Pintori (e di Fancello, che con altri
l’esistenza di rapporti tra Fancello e Persico, inclu- saglia, Milano, Silvana, 1986. leddiana. Al centro di novelle come “Il cinghialetto” Milano, Il Saggiatore, 2012, pp. 125-128. visioni” cit., p. 25), mentre Mele scorge in esso artisti collaborava occasionalmente alle campagne e
dendovi anche una foto che ritrarrebbe i due accanto 97. G.C. Argan, “Prefazione” cit. (nella raccolta Chiaroscuro, 1912) e “L’esempio” (in 128. G. Pagano, Arte decorativa italiana cit., p. 18. un’allegoria del tragitto individuale dell’artista dal agli allestimenti), descritti quali meri esecutori, sia
a Nivola, Renata Guggenheim e Leonardo Sinisgalli; Il cedro del Libano, 1939), si ritrova frequentemente Pagano qui citava se stesso, dal Programma della VI realismo verso «un sogno di luce» (Milano 1930- pur manualmente dotatissimi. Cfr. L. Sinisgalli, “Le
tuttavia la persona identificata come Persico è l’archi- 98. G. Pagano, “La VI Triennale di Milano”, in Casa- in tutta l’opera della scrittrice sarda. 1940 cit., p. 211). mie stagioni milanesi”, in Civiltà delle macchine, a. 3,
bella, n. 100, aprile 1936. Triennale.
tetto Cesare Pea (ringrazio per questa informazione 109. A. Camarda, Plasmare un’isola. Ceramica in Sar- 143. G. Veronesi, “Disegni di uno scultore” cit. n. 5, 1955, p. 23. Nivola dal canto suo attribuiva alla
Jacopo Bianchetti, figlio del collega e collaboratore 99. Cfr., sul muralismo italiano, Gli artisti nell’uni- 129. B.T. Mele, l’unica tra quanti hanno scritto di propria iniziativa presso Adriano Olivetti l’ingresso
degna dal Novecento ad oggi, tesi di Dottorato di Ricer- Fancello a soffermarsi su questo aspetto, parla di una
di Pea, Angelo Bianchetti). La foto, pubblicata come versità e la questione della pittura murale, a cura di S. 144. A partire dal catalogo della retrospettiva del del poeta nell’Ufficio di via Clerici (C. Nivola, inter-
ca, Università di Sassari, a.a. 2008-09, pp. 209-220. «vena surreale che media fra, realismo magico, meta-
del 1936 in Nivola Fancello Pintori (fig. 220, p. 194) Lux, E. Coen, Roma, Multigrafica, 1985; Muri ai 1942 e dalla pubblicazione su Domus n. 124, marzo vista a P. Baggiani e C. Pinna Parpaglia, dattiloscritto
Sulla ceramica di Dorgali post-Fancello cfr. il catalogo fisica e surrealismo», sottovalutando l’incidenza di
fu scattata probabilmente nell’agosto 1938, in occa- pittori. Pittura murale e decorazione in Italia 1930- 1942 (p. 124), una serie di opere grafiche su fondo inedito, 1980, Archivio Ilisso, Nuoro), cosa che non
della mostra Salvatore Fancello e la scuola ceramica di possibili fonti dirette. B.T. Mele, Milano 1930-1940
sione del matrimonio tra Nivola e Ruth Guggen- 1950, a cura di V. Fagone, G. Ginex, T. Sparagni, nero di Fancello sono state presentate come “graffiti” corrisponde a verità, dato che Sinisgalli fu segnalato
Dorgali, Nuoro, Ilisso, 2016. cit., p. 75.
heim, in cui Fancello, Sinisgalli e Pea erano testimoni Milano, Mazzotta, 1999, pp. 113-119; per un qua- su carta o cartoncino, ancora in questi termini sono ad Adriano da Anna Maria Mazzucchelli (cfr. A. Oli-
insieme a Pintori. dro più generale del tema, cfr. R. Golan, Muralno- 110. Cfr. A. Camarda, Plasmare un’isola cit. 130. Cfr. S. Dalì, La vie secrète de Salvador Dalì. citate in S. Naitza, Salvatore Fancello cit., figg. 20-21, vetti ad A.M. Mazzucchelli, Ivrea, 10 settembre 1937
83. Cfr. E. Pontiggia, “La spiritualità e la vita” cit. mad. The paradox of mural painting. Europe 1927- 111. I lavori realizzati per Ferraresso, di cui resta un Suis-je un génie?, édition critique établie par F.-J. Lo- 26-27, 36-37, 70-74, e in C. Crespi, Salvatore Fan- citato in R. Astarita, Casabella anni Trenta cit., p. 48
1957, New Haven & London, Yale University Press, certo numero di esempi, hanno carattere utilitario, wery, Lausanne, L’age d’homme, 2006, pp. 528-529. cello cit., p. 52 e figg. 58, 62-63, 65). Tuttavia la ste- e nota).
84. E. Persico, “Ceramiche di Martini”, in Casabella, forme più povere e decoro più schematico delle ope- sura di colore magra, che non si presta al graffito, e il
2009, p. 83 ss. Sulla Triennale del 1936 cfr. il sempre 131. C.E. Oppo, “Mafai e Scipione alla galleria di 156. «Quando venne Argan ad Urbino gli parlai di
n. 30, giugno 1930, p. 103. re cui l’artista deve la sua fama. Su questa produzio- fatto stesso che la superficie del supporto – in alcuni
valido A. Pansera, Storia e cronaca della Triennale, Roma”, in La Tribuna, Roma, 13 novembre 1930. te, e gli diedi il tuo indirizzo, e le tue frequenti visite
85. Ringrazio Nico Stringa per aver condiviso con Milano, Longanesi & C., 1978, pp. 275-305. ne, cfr. A. Crespi (“Una lunga storia di terra, di colo- casi un foglio di carta dallo spessore minimo – non
132. Cfr. S. Salvagnini, Il sistema delle arti in Italia, mostri alcuna traccia di incisione indicano trattarsi alla Triennale e a Pagano – e a Monza –. Son conten-
me le sue riflessioni sulla formazione di Fancello. re, di passione”, in Salvatore Fancello e la scuola
100. Cfr. A. Crespi, “La VI Triennale di Milano, Bologna, Minerva, 2000, p. 227. di stampe, a volte con interventi pittorici. to che si sia ricordato di te … Argan è un tuo ammi-
86. C. Nivola, intervista a P. Baggiani e C. Pinna Par- 1936”, in Nivola Fancello Pintori cit., pp. 81-93, in ceramica di Dorgali cit.), che vi scorge una «formida- ratore, ed ha anche molta passione a scrivere ed ambi-
paglia cit., p. 20. gran parte dedicato a descrivere il contesto generale bile lezione» inspiegabilmente ignorata ma determi- 133. In quattro pagine di inserto pubblicitario dedi- 145. Il primo, già in collezione Palanti, è pubblicato sce fare bei articoli. Se fa un articolo sulla ceramica di
dell’esposizione milanese; A. Crespi, Salvatore Fan- nante ai fini della storia del design (p. 24). cate al volume di Carrieri, pubblicate su Domus (n. da Domus, n. 171, marzo 1942, p. 124; il secondo è Monza-Scuola, ove possa parlare più di tutto di te, e
87. N. Bertocchi, “Il ‘disegno’ di Fancello”, in Domus,
n. 171, marzo 1942, pp. 128-130 (ripubblicato in cello. In forma di racconto cit., pp. 36-37. 112. Cfr. V. Bucci, “La VI Triennale milanese. Ritor- 144, dicembre 1939), Ponti esaltava la combinazio- riprodotto (con la data 1935) in Letteratura-Arte. Mi- lo mandasse al Comm. Mastropasqua a Roma per
Salvatore Fancello, Milano, Editoriale Domus, 1942). no ai compiti decorativi”, in Corriere della Sera, 9 giu- ne di audace fantasia e sano realismo che a suo dire ti del ’900, a cura di Z. Birolli, Milano, Idea Books, pubblicarlo su una Rassegna del Ministero (Rassegna
101. A Crespi, “La VI Triennale di Milano, 1936” teneva lontani gli artisti italiani dalle «mostruosità ed
gno 1936. 1979, p. 87. dell’Istruzione artistica), che si stampa nel mio Istitu-
88. S. Fiume, “Testimonianze di un amico”, in S. cit., p. 91. occulte stregonerie» proprie dell’arte nordica. Nel
113. M. Labò, “Le ceramiche di Fancello” cit., p. 208. 146. N. Bertocchi, “Il ‘disegno’ di Fancello” cit., p. to, sono sicuro che ne avrai grande vantaggio». M.
Naitza, Salvatore Fancello cit., pp. 197-198. 102. Fig. 144 a destra, p. 113 in F. Pasqui, Scuole dopoguerra l’architetto avrebbe ripreso la nozione di
130. Delitala a S. Fancello, Urbino, 8 ottobre 1937, Archi-
89. L. Sinisgalli citato in “Salvatore Fancello”, in La d’arte in Italia. Quaderni della Triennale cit. 114. Meno felice la resa del tema dei Lavori campe- “fantasia degli italiani” applicandola a una serie di vio Fancello, Milano.
Ceramica, a. IV, n. 2, febbraio 1942, pp. 44-48 (45). stri in un pannello a piastrelle craquelé pressoché coe- esperienze svolte nell’ambito della sintesi delle arti, a 147. U. Zimelli, lettera a T. Mazzotti, Milano, 5 no-
103. Cfr. F. Pasqui, Scuole d’arte in Italia cit., figg. a 157. S. Fancello a Marco Fancello, Milano, 6 ottobre
Sinisgalli dedicò all’artista anche un altro ricordo, vo, conservato ai Musei Civici di Monza, per il quale cominciare da Lucio Fontana: cfr. G. Altea, “‘Fanta- vembre 1952 cit. Una «influenza forse passeggera del
p. 6 e p. 20. 1937, Archivio Fancello, Milano.
“In memoria di Fancello”, in Primato, n. 11, 1 giu- si conoscono anche degli studi preparatori a matita e sia degli Italiani’ as Participatory Utopia: Costantino grande Hokusai» Zimelli riscontrava anche nelle ce-
gno 1942, p. 223. 104. Cfr. Zimelli, lettera (minuta) a M. Labò, cit. La- ad acquarello. Nivola’s Way to the Synthesis of the Arts”, in M. ramiche eseguite da Fancello ad Albisola: cfr. “Salva- 158. Rosi – acquirente nel 1937 di un Cinghiale di
bò, per il quale lo Zodiaco era «l’opera forse più con- Rosso (ed.), Investigating and writing architectural hi- tore Fancello” cit. Anni prima, nel 1942, scrivendo a Fancello (G. Rosi a S. Fancello, Viterbo, 1 novembre
90. L. Sinisgalli citato in “Salvatore Fancello” cit. 115. Cfr. G. Altea, “Gli anni di formazione” cit., pp.
clusa» di Fancello, aveva detto lo Zodiaco eseguito su story: subjects, methodologies and frontiers, Torino, Po- Labò (minuta di lettera non datata cit.), aveva espres- 1937, Archivio Fancello, Milano) – era entrato nella
30-31.
91. M. Labò, “Le ceramiche di Fancello” cit. incarico di Pagano per la VI Triennale (M. Labò, “Le litecnico di Torino, 2014, pp. 285-295. so riserve sulle opere «un po’ imbarocchite, anzi inci- Soprintendenza nel 1933 a seguito dello stesso con-
ceramiche di Fancello” cit., p. 18; il passo non com- 116. Cfr. U. Zimelli, lettera (minuta) a Mario Labò nesite», dell’ultimo periodo dell’artista.
92. U. Zimelli, lettera (minuta) a Mario Labò, s.d. 134. Nivola potrebbe aver visto opere di Dalì anche corso, voluto dal ministro Cesare De Vecchi, in cui
pare nella versione dell’articolo pubblicata su Domus cit.
(post maggio 1942), Archivio Zimelli, Nuoro. La let- direttamente nel corso dell’ultimo dei suoi soggiorni 148. Cfr. R. Cassanelli, Alla periferia del Paradiso cit., erano stati reclutati Argan, Brandi, Palma Bucarelli,
tera fu stesa subito dopo la pubblicazione dell’artico- nel maggio 1942). Zimelli scrivendo all’architetto 117. M. Labò, “Le ceramiche di Fancello” cit., p. 209. Guglielmo de Angelis d’Ossat, Bruno Molaioli e altri
precisò che la serie, originariamente destinata a una parigini di quell’anno. Fra il 30 luglio e il 31 ottobre p. 34; il passo si ritrova identico in R. Cassanelli,
lo di Labò su Domus. Zimelli contesta la visione del 118. E. Pontiggia, “Una stagione neo-romantica. Pit- 1937, otto lavori del pittore catalano erano esposti “‘Grande décoration’, muralismo, antimuralismo”, protagonisti italiani nel campo della tutela del patri-
Fancello “autodidatta” anche in una lettera a Tullio fontana, era stata realizzata dopo il maggio 1936, die- monio artistico: cfr. S. Rinaldi, “Giorgio Rosi e la tu-
tura e scultura a Milano negli anni Trenta”, in Milano al Jeu de Paume nella mostra Origines et développe- in Nivola Fancello Pintori cit., p. 190.
Mazzotti del 5 novembre 1952 (Archivio Zimelli, tro suo impulso; l’idea delle formelle concave (utiliz- tela del patrimonio artistico”, in Informazioni della
anni Trenta. L’arte e la città, a cura di E. Pontiggia, N. ment de l’art international indépendant.
Nuoro) e, più perentoriamente, in una presentazione zata dallo stesso Zimelli in un’altra serie di formelle di 149. Già Labò riconduceva l’uso dei rotoli alla ten- Provincia di Viterbo, vol. 21, 2009, pp. 72-75.
Colombo, Milano, Mazzotta, 2004, pp. 9-37 (11).
del 1953: «Tutto o quasi tutto quello che Fancello fe- tema identico, ma con le figure smaltate e non in ter- 135. «Nivola ha lavorato parecchio all’Esposizione denza di Fancello a concepire la composizione come
Molto vicino ai Mesi è un piccolo pannello a piastrel- 159. «Brandi, che conosce già i miei lavori e che ha
ce dal 1930 al 1937 rientra nel normale lavoro di racotta: cfr. fig. 145 in L’ISIA a Monza cit.) gli sareb- Internazionale di Parigi, dove, quest’anno, è già stato continua, idealmente priva di un principio e di una
le con una figura femminile tra due amorini, all’Ar- acquistato anche miei disegni mi chiede se sarei di-
scuola» (U. Zimelli, “Salvatore Fancello ceramista”, be stata suggerita da una stufa in ceramica conservata due volte e la seconda recentemente. È ritornato l’al- fine. M. Labò, “Le ceramiche di Fancello” cit., p. 209.
chivio delle Arti Applicate di Nuoro, fig. 43, p. 42 in sposto, qualora le mie cose piacessero al Governatore,
in Salvatore Fancello (postuma), Rolando Hettner. Ce- al museo di Bolzano. tro ieri tutto entusiasta di Parigi, dove c’è tutto: gran- 150. Il disegno, in collezione privata, è stato esposto
A. Crespi, Salvatore Fancello cit. che è De Vecchi, di andare a lavorare in Egeo. Natu-
ramiche e disegni, catalogo della mostra, Galleria d’ar- 105. U. Zimelli, “Salvatore Fancello ceramista” cit., di artisti, belle donne, comprensione, libertà (anche alla mostra Salvatore Fancello. La forma inquieta al
119. U. Zimelli, lettera (minuta) a Mario Labò cit. troppa), intelligenza e civiltà. Dopo aver fatto il sol- ralmente io gli rispondo di sì. Potrò andare dopo il
te Toti, Milano, 17 gennaio-1 febbraio 1953, s.p.). s.p. Museo Nivola di Orani, luglio-novembre 2016. servizio militare. Io credo che si tratti di qualche lavo-
120. G. Pagano, Arte decorativa italiana. Quaderni dato spero di poterci andare anche io perché special-
93. Zimelli insegnò Composizione decorativa per 106. Zimelli parlava, per le terrecotte esposte alla VI mente ai noi Parigi fa molto bene – intendo dal lato 151. C. Nivola, “Ricordo di Salvatore Fancello” cit. ro di decorazione per cui bisognerà star là un po’ di
della Triennnale, Milano, Hoepli, 1938.
orafi, argentieri e ceramisti dal 1933-34. Lo aveva Triennale, di «una tecnica del tutto nuova, consisten- artistico». S. Fancello al fratello Marco, Milano, 6 ot- tempo». S. Fancello a M. Fancello, Modena, 5 marzo
preceduto nella stessa cattedra Karl Walter Posern. 121. Per un dettaglio del murale La Carta del Lavoro 152. Cfr. i contributi monografici di A. Crespi, Sal-
te nel colorire in parte o interamente con gli ossidi tobre 1937. Archivio Fancello, Milano. Sul soggiorno 1938, Archivio Fancello, Milano.
Entrambi erano affiancati da Virgilio Ferraresso co- che consente di apprezzarne meglio lo stile, cfr. Ni- vatore Fancello. In forma di racconto cit., e R. Cassa-
metallici la terra da modellare, ottenendo in tal modo parigino di Nivola, cfr. G. Altea, “Gli anni di forma- 160. C. Nivola, “Come nelle botteghe dei tessitori
me insegnante di laboratorio. Oltre agli insegnanti di vola Fancello Pintori cit., fig. 203, p. 175. nelli, Alla periferia del Paradiso cit. Il disegno, dona-
una specie di grès colorato opaco» (U. Zimelli, “Sal- zione” cit., pp. 42-45. del Guatemala” cit. Fancello accenna in una lettera
ceramica, tra i docenti che furono a più stretto con- to alla città di Dorgali da Ruth Guggenheim dopo
vatore Fancello ceramista” cit., s.p.), rettificando le af- 122. Vicinanza già segnalata da S. Naitza, “Lo spazio dell’ottobre 1937 alla propria collaborazione «con un
tatto con Fancello Zimelli ricorda Aldo Salvadori e 136. Di Nivola si conosce un bozzetto di manifesto la morte di Nivola, è oggi esposto con altre opere di
fermazioni di Labò che aveva ricondotto l’introduzio- indefinito delle visioni” cit., p. 18. architetto per l’allestimento di un negozio con vetrina
Ugo Zovetti. per il quotidiano L’isola ispirato a De Chirico, ese- Fancello in una sala dedicata all’artista negli edifici
ne di questo procedimento al 1938 e al soggiorno 123. U. Zimelli, lettera (minuta) a Mario Labò cit. al centro di Milano», con la realizzazione di «cose in
guito verso il 1934 all’ISIA, mentre ricordi saviniani comunali.
94. Si veda un modello di vaso segnato da incisioni presso Mazzotti. A sua volta Labò aveva descritto gesso» (S. Fancello a M. Fancello, Milano, 6 ottobre
l’“innovazione tecnica” dell’artista come una cottura 124. «L’Istituto superiore per le industrie Artistiche aleggiano sulla terracotta dei Re Magi (si veda la figu- 153. Per descrizioni più particolareggiate del sogget-
parallele alla bocca e alla base e ornato da un motivo 1937 cit.); potrebbe trattarsi dello stesso allestimento
senza fondente dei colori ceramici: «Modellato e cot- di Monza, presenta saggi d’un funambolismo stilisti- ra-colonna del Mago di sinistra). to cfr. A. Crespi, Salvatore Fancello. In forma di rac-
di cavalli, attribuito a Fancello nei Musei Civici di ricordato da Nivola o di un altro lavoro.
Monza, ma pubblicato come di Castiglioni in F. Pa- to in prima cottura il pezzo, Fancello dipingeva a co che proprio in una scuola debbono essere accura- 137. Cfr. E. Pontiggia, “Una stagione neo-romanti- conto cit., s.p., e R. Cassanelli, Alla periferia del Para-
grossi spessori di colore, lasciando scoperte larghe zo- tamente evitati. Non importa che in certe piccole ce- ca. Pittura e scultura a Milano negli anni Trenta” cit., diso cit., pp. 41-43. 161. A. Pica, “Discorso sulla mostra romana del tessi-
squi, Scuole d’arte in Italia. Quaderni della Triennale,
ne di biscotto come se lo preparasse per una decora- ramiche popolaresche si raggiunga un resultato più e pp. 11-12. le”, in Casabella, n. 121, gennaio 1938, pp. 14-27.
Milano, Hoepli, 1937, p. 115, fig. 148 (ne esiste an- 154. Cfr. R. Cassanelli, Alla periferia del Paradiso cit.,
zione sotto smalto. Ma poi lo faceva ricuocere senza meglio che divertente. È appunto questo il guaio, Gli argomenti di Pica vengono ripresi su Domus: “Ri-
che un disegno in collezione privata). I musei di 138. Le tangenze con Scipione sono segnalate da S. p. 44; B.T. Mele, Milano 1930-1940 cit., pp. 66-68.
Monza conservano anche un altro vaso danneggiato, aver smaltato. I colori, senza propriamente fondere, si perché s’insegna ai giovani tutto quanto c’è di meno conciliazione del tessile e dell’architettura”, in Domus,
serio, li si abitua a scapricciarsi secondo la moda, Naitza, “Lo spazio indefinito delle visioni” cit., p. 19. Mele mette in rapporto il particolare delle due sedie n. 122, febbraio 1938, p. VI.
di diversa mano ma della stessa forma e con le stesse fissano e si induriscono. Ma il pallidissimo grigio lilla vuote accanto al cavalletto, una baroccheggiante e
incisioni a inquadrare il campo decorato. Fancello che vetrificando sarebbe divenuto azzurro brillante ri- senza ferrarli con gli elementi più saldi del mestiere. I 139. S. Fiume, “Testimonianza di un amico” cit. 162. A. Pica, “Discorso sulla mostra romana del tes-
giovani i capricci li fanno da loro: bisogna, in tempo l’altra rustica, con un passo di un testo di Sinisgalli
rielabora uno schema simile in un boccale con peco- mane tal quale, il marrone che vetrificandosi divente- 140. Cfr. A. Causey, “Henry Moore and the Uncan- dalle Promenades architecturales, “La ‘sedia ragionata’ sile” cit., p. 16.
re nell’Archivio delle Arti Applicate di Nuoro. rebbe verde rimane bruno … Il pezzo rimane opacis- fascista, insegnare loro la dura seria disciplina, ché ny”, in J. Beckett, F. Russell (eds), Henry Moore. Cri-
l’arte non è uno scherzo, né, meno che mai, una mo- di Carlo Lodoli”, in L. Sinisgalli, Furor Mathematicus 163. S. Fancello a M. Fancello, Milano, 6 ottobre
95. Cfr. ad esempio un’opera di Karl Walter Posern simo, scabro, quasi una screziata pomice, una lava, tical Writings, Aldershot, Ashgate, 2003, pp. 81-106. (1944), Firenze, Ponte alle Grazie, 1992, pp. 121- 1937 cit.
colorato soltanto a tratti da questi tocchi in rilievo, da». R. Papini, “Le arti a Milano nel 1936”, in Em-
come la placchetta ceramica Combattimento con il porium, a. LXXXIV, n. 500, 1936, pp. 64-78 (77). 141. Si pensi a modelli come il cappello-scarpa del 122, dichiarazione di fede razionalista che non sem- 164. G. Pagano, “Salvatore Fancello. Discorso inau-
leone (Vimercate, collezione privata), pubblicata in con gamme di grigi, su bianchi perfetti». M. Labò, 1937 o l’abito con l’aragosta indossato da Wallis bra in armonia con la verosimile connessione simbo-
“Le ceramiche di Fancello” cit., p. 18. 125. G. Pagano, Arte decorativa italiana cit., p. 26. gurale della Mostra di Fancello” cit. A ordinare che
R. Cassanelli, Alla periferia del Paradiso. Il “Disegno Simpson. Cfr. D. Blum, Shocking: The Art and Fa- lica tra il motivo delle sedie e i due artisti. l’opera venisse censurata sarebbe stato, affermava Pa-
ininterrotto” da Salvatore Fancello a Costantino Nivo- 107. S. Naitza, “Lo spazio indefinito delle visioni” 126. G. Pagano, Arte decorativa italiana cit., p. 7. shion of Elsa Schiaparelli, New Haven, Yale Universi- 155. Nei suoi scritti Sinisgalli presenta come frutto gano, «uno dei massimi organizzatori ed ora despota
la, Milano, Jaca Book, 2003, p. 57. cit., p. 15. 127. G. Pagano, Arte decorativa italiana cit., p. 10. ty Press, 2003. del proprio intervento gli esiti creativi di fine anni accademico delle arti all’Esposizione Universale»,
96. Sull’insegnamento tecnico impartito all’ISIA, cfr. 108. Il tema del cinghiale aveva assunto fin dall’ini- Per una contestualizzazione delle idee di Pagano sulla 142. Naitza notava la «polivalenza di lettura spazio- Trenta dell’Ufficio Pubblicità Olivetti, sminuendo il quindi Piacentini o Oppo.

178 179
165. Cfr. la foto in A. Pica, “Discorso sulla mostra 177. La notizia della commissione è in S. Fancello a 191. Per poter rimediare a eventuali rotture, Giusep- 200. Cfr. D. Morosini, “Lucio Fontana”, in Corrente 223. La puntuale scheda di E. Pontiggia sull’artista ri-
romana del tessile” cit., p. 20. L’allestimento è indica- M. Fancello, Milano, 10 marzo 1940, Archivio Fan- pe Mazzotti richiese l’esecuzione di alcune figure in di Vita Giovanile, a. II, n. 2, 31 gennaio 1939. Sulle leva ad esempio il ricorrere di accenni al tema della
to come di Nizzoli e Bianchetti, mentre il padiglione cello, Milano. due esemplari (Sacra Famiglia, Re Magi e due grup- ricerche ceramiche di Fontana negli anni Trenta, cfr. lotta per la vita, ma nel complesso sottolinea il tono
è detto «organizzato dall’ing. Giustininani e ordinato 178. Cfr. A. Pansera, Storia e cronaca della Triennale pi di angeli). Dieci pezzi furono esposti nel 1950 al l’approfondito contributo di P. Campiglio, Lucio poetico, edenico e fiabesco che prevale sullo spettaco-
dall’ing. Cappelli». La «grande figura bianca» visibile cit., p. 314. Pansera citava come sintomatica dell’in- Brooklyn Museum di New York nella mostra Italy Fontana. Torso Italico, Milano, Scalpendi, 2014. lo della violenza e della morte: “Salvatore Fancello”,
in una foto della mostra del Tessile pubblicata su Do- voluzione della mostra la scarsa copertura dell’evento at Work, dalla quale non fecero più ritorno; altri do- 201. Si veda cat. 36 SC 5 in E. Crispolti, Lucio Fon- in Milano anni Trenta cit., pp. 214-217.
mus, n. 174, 1942 (p. 231 in G. Pagano, “La legge da parte di Casabella. dici sono tuttora di proprietà degli eredi Mazzotti. tana. Catalogo ragionato di sculture, dipinti, ambienta- 224. B.T. Mele, Milano 1930-1940 cit., p. 209.
del due per cento”), identificata da A. Crespi (Salva- T. d’Albisola, “Salvatore Fancello apostolo del prese- zioni, tomo I, Milano, Skira, 2006.
tore Fancello cit., p. 92) come una scultura di Fancello 179. C. Nivola, “Come nelle botteghe dei tessitori pe” cit., pp. 52-53. I disegni vennero pubblicati in 225. B.T. Mele, Milano 1930-1940 cit., pp. 109-110.
è in realtà la statua dell’Autarchia di Conte. del Guatemala” cit. (T. Mazzotti), Nuovi presepi d’Albisola, Savona, Ce- 202. Cfr. E. Crispolti, “L’avventura creativa di Fon- 226. Che con Mazzotti vi fosse stato qualche dissapo-
180. «Sig. Mazzotti, / il mio amico Nivola rientrando ramiche Mazzotti, 1938. tana nell’arte del XX secolo”, in E. Crispolti, Lucio re si evince da una lettera in cui Fancello annuncia al
166. A meno che gli interventi di Fancello nello Fontana. Catalogo ragionato cit., p. 20.
da Parigi mi ha parlato del suo incontro avuto con fratello l’intenzione di andare ad Albisola per eseguire
stand non siano da identificare con gli altri elementi 192. Cfr. (T. Mazzotti), Nuovi presepi d’Albisola cit.
Lei e di quanto erano rimasti d’accordo circa una mia 203. Sintomatica dell’impatto emotivo esercitato dal- il lavoro della Bocconi, «non presso la ditta dove sono
decorativi a parete che si scorgono nella foto pubbli- 193. C. Chilosi, L. Ughetto, La ceramica del Nove-
possibile collaborazione nel suo laboratorio di Albiso- le Meduse di Fontana è la descrizione evocativa sugge- stato due anni fa ma presso altra gente molto più
cata in A. Pica, “Discorso sulla mostra romana del cento in Liguria, Genova, SAGEP, 1995, p. 79.
la. / Io sono disposto a lavorare per Lei anche subito. rita da una di esse ai curatori di un volume sulle cera- onesta». S. Fancello a M. Fancello, 21 luglio 1940,
tessile” cit., p. 19: questi però sembrano sagome di
/ Le sarò molto grato se vorrà scrivermi dicendomi 194. Alcuni pezzi di un presepe eseguito con Fuma- miche dell’artista, a partire dal «grido soffocato che Archivio Fancello, Milano.
sartoria, raffigurazioni bidimensionali, mentre a pro-
posito di Fancello Pica parla di «manichini di gesso» come e dove Lei pensa possa avvenire un incontro fra galli sono riprodotti in L’ISIA a Monza cit., figg. 160- scaturisce e subito muore dalla forra d’ombra della 227. I pannelli furono realizzati presso lo stabilimen-
noi. / Per me è indifferente sia a Milano – se lei ha 161, p. 141 e riferiti alla seconda metà degli anni bocca spalancata della Medusa, mentre attorno agli to Refrattari Bartoli di Savona; in seguito Berzoini si
e l’articolo di Domus (“Riconciliazione del tessile e
occasione di venire qui – oppure ad Albisola dove so- Trenta, data che sembra improbabile, anche perché occhi invasi di stupefatto terrore scoppia il clangore sarebbe rivelato non in grado di provvedere alla cot-
dell’architettura”) di «pupazzi».
no disposto a venire quando Lei me lo dirà». S. Fan- Fumagalli lasciò la scuola nel 1934 (cfr. p. 131 dello di acide, corrusche luci balenanti». P.G. Castagnoli, F. tura (S. Fancello a M. Fancello, Milano, 24 dicembre
167. S. Fancello a M. Fancello, Milano, 9 dicembre cello a T. Mazzotti, Monza, 3 giugno 1937, Archivio stesso volume). Lo stile dei pezzi ha punti di contatto D’Amico, F. Gualdoni, “Ceramiche di Lucio Fonta- 1940, Archivio Fancello, Milano) che fu affidata – as-
1937, Archivio Fancello, Milano. Mazzotti, Albisola. A distanza di anni Mazzotti dove- con quello del presepe esposto dal solo Fancello alla na”, in Lucio Fontana. La scultura in ceramica, a cura sente Fancello – alla fabbrica di stoviglie Ilsa di Albi-
168. A. Pica, “Discorso sulla mostra romana del tessi- va ricordare che a far da tramite al suo incontro con VI Triennale del 1936, per quanto appaia più statico di P.G. Castagnoli, F. D’Amico, F. Gualdoni, Milano, sola Capo (cfr. T. d’Albisola, “Salvatore Fancello apo-
le” cit., p. 16. Fancello fosse stato Raffaele Carrieri (T. d’Albisola, dal lato compositivo. Electa, 1991, p. 11. stolo del presepe” cit., p. 48).
“Salvatore Fancello apostolo del presepe”, in La Cera-
169. Le foto sono state pubblicate per la prima volta, mica, a. VIII, n. 11-12, n.s., nov.-dic. 1952, pp. 48- 195. «In queste [le ceramiche] qualche volta la vivaci- 204. R. Carrieri, “Le maioliche geologiche di Lucio 228. Le quattro formelle, originariamente collocate
con un riferimento al 1935, in R. Cassanelli, “Gran- 53), notizia poi ripresa dalla letteratura sull’artista. tà fiabesca si attenua sopraffatta da una suggestione Fontana”, in L’illustrazione italiana, 8 gennaio 1939, anch’esse nella mensa, sono riprodotte in M. Labò,
de Décoration, Muralismo, Antimuralismo”, in Ni- di ricordi folcloristici come nel Presepio che ricorda p. 64. “Le ceramiche di Fancello” e nel volume monografico
vola Fancello Pintori cit., fig. 198, p. 172; figg. 204- 181. C. Nivola a R. Guggenheim, Parigi, 14 maggio un poco troppo e in modo troppo popolaresco i co- dell’Editoriale Domus del 1942. Raffiguravano sog-
1937, Archivio Nivola, Long Island. 205. Varese, collezione Crippa; Archivio Fondazione
205, pp. 176-177. stumi e i riti della nativa Sardegna». A. Pacchioni, getti mitologici, tra cui un putto con cornucopia e un
Lucio Fontana, n. 1338/32.
170. Alla stesura del Piano regionale della Val d’Ao- 182. S. Fancello a T. Mazzotti, Monza, 10 giugno “Milano. Al Centro d’Azione per le Arti: Salvatore Mercurio; una probabile variante per quest’ultima
1937, Archivio Mazzotti, Albisola. Fancello”, in Emporium, vol. XCV, n. 570, 1942, pp. 206. Così lo chiama Carrieri in “Le maioliche geolo- formella, pubblicata sulla copertina di Domus del di-
sta, diretto da Adriano Olivetti, avevano collaborato giche di Lucio Fontana” cit., pp. 63-64.
gli architetti Figini e Pollini, Bottoni, BBPR, l’inge- 263-265 (265). «Nei personaggi dei noti presepi … è cembre 1941, n. 168, era nella collezione di Pagano.
183. Così in base alle lettere dell’artista. Tullio Maz-
un’ispirazione lirica suggerita, a lui sardo, da un’arca- 207. E.E. Baumbach, Le sculpteur Lucio Fontana. Un Le formelle in litoceramica per la base del pilone por-
gnere Italo Lauro, Renato Zveteremich e – con l’umi- zotti situava invece nel giugno 1938 l’inizio del sog-
dia isolana che, remota e leggendaria, perdura nell’at- essai analitique, Milano, Campo Grafico, 1938, p. 28. tabandiera avrebbero dovuto riprodurre tutte uno
le compito di assistente al disegno tecnico – Costanti- giorno di Fancello ad Albisola (“Salvatore Fancello
mosfera che avvolge i pastori di Sardegna». Protago- stesso modello, con l’immagine di «un giovane nudo
no Nivola, fresco assunto alla ditta di Ivrea. Sulla apostolo del presepe” cit., p. 48), seguito poi da tutte 208. E.E. Baumbach, Le sculpteur Lucio Fontana cit.,
nisti della ceramica moderna, a cura di D. Ballardini, in marcia». Cfr. G. Pagano a S. Fancello, 26 ottobre
vicenda del Piano, cfr. C. Occelli, “Il piano per la le notizie biografiche dell’artista. p. 32.
F. Quatrini, saggio introduttivo di G. Piovene, Mila- 1940, Archivio Fancello, Milano.
Valle d’Aosta, 1936: l’equilibrio difficile tra conserva- 184. S. Fancello a M. Fancello, Milano, 19 settembre no, Tamburini, 1963, p. 54. 209. L.P. (L. Ponti), “Prima astratto, poi barocco, ora 229. Segnala l’«ascendenza vagamente fontaniana»
zione e demolizione”, in Per una storia del Restauro 1938, Archivio Fancello, Milano. L’artista si era già spaziale” cit., p. 37. della figura della Giovinezza E. Pontiggia nella scheda
Urbano. Piani, strumenti e progetti per i Centri storici, proposto l’anno prima come disegnatore al giornale 196. Cfr. ad es. E. Crispolti, Catalogo generale dell’ope-
a cura di M. Giambruno, Milano, Città Studi Edizio- ra di Lucio Fontana, Milano, Electa, vol. II, 1988, p. 210. L.P. (L. Ponti), “Prima astratto, poi barocco, ora sull’“Università Commerciale ‘Luigi Bocconi’”, in
satirico Il Bertoldo, ricevendone un garbato rifiuto e il Milano anni Trenta cit., p. 274. Sulla decorazione del-
ni, 2007, pp. 53-66. 14; C. Crespi, Salvatore Fancello. In forma di racconto spaziale” cit.
consiglio di provare a piazzare i suoi disegni presso la Bocconi cfr. inoltre A. Crespi, Salvatore Fancello
171. Zveteremich, al quale Fancello si sarebbe avvici- periodici dal «pubblico più raffinato» (N. Guareschi cit., s.p.; B.T. Mele, Milano 1930-1940 cit., p. 37. 211. L.P. (L. Ponti), “Prima astratto, poi barocco, ora
Per coincidenza, il 1988, che vede la riscoperta di cit., pp. 116-117.
nato dopo la partenza di Nivola per gli Stati Uniti a S. Fancello, 29 luglio 1937, Archivio Fancello, Mi- spaziale” cit.
(cfr. C. Nivola a S. Fancello, New York, 12 aprile lano). Fa pensare all’umorismo stralunato dei disegni Fancello con la prima retrospettiva dedicatagli dopo 230. Se non Pagano, e solo alla luce della fine prema-
212. L.P. (L. Ponti), “Salvatore Fancello”, in Stile,
1940, Archivio Fancello, Milano), era comunque in per Il Settebello il tono dolceamaro di un’altra lettera quella del 1942, è anche l’anno di un risveglio di in- tura dell’artista.
aprile 1942, p. 52.
stretto rapporto anche con Pagano, come indica una al fratello Marco del 6 agosto 1938: «Io sono rimasto teresse per l’attività di ceramista di Fontana, di cui la 231. Le lettere sono conservate nell’Archivio Fancel-
lettera di Alfonso Gatto che riferisce di un incontro qui solo. D’estate Milano è tanto brutta, desolata, galleria Niccoli di Parma espone la via Crucis del 213. L.P. (L. Ponti), “Salvatore Fancello” cit.
lo, Milano; ne esistono copie nell’Archivio Nivola,
con l’architetto. Pagano «era con quell’insopportabile calda. / Tutti scappano dalla città, anche i più poveri. 1948. Cfr. E. Crispolti, Lucio Fontana. “Via Crucis” 214. R. Carrieri, “Le maioliche geologiche di Fonta- Long Island. Sono andate perdute le risposte di Fan-
di Zveteremich che ebbe anche il coraggio di doman- A Ferragosto Milano si spopola completamente. Non 1947, Parma, Galleria Niccoli, 1988. na” cit. cello, che Renata Guggenheim morendo volle fosse-
darmi se sapevo che Sinisgalli era al suo posto all’Oli- rimane che qualche cane, dimenticato a casa nella 197. S. Fancello a M. Fancello, Modena, 10 aprile 215. E. Crispolti, Lucio Fontana. Catalogo ragionato ro seppellite con lei.
vetti. Stetti lì per rispondergli a dovere, ma non vole- fretta di partire, e gli animali del giardino zoologico. 1938, Archivio Fancello, Milano. La mostra di Fon- cit., p. 14. 232. R. Guggenheim a S. Fancello, 7 febbraio 1940,
vo guastare la contentezza generica, ma simpatica di Forse quest’anno ci sarò anch’io a tener loro compa- tana al Milione si era inaugurata l’8 aprile; Fancello Archivio Fancello, Milano.
Pagano e il nostro reciproco saluto che ci scambiam- gnia. In quei giorni mi sentirò padrone della metro- tornò in licenza a Milano dal 15 al 19. Fontana 216. L. Sinisgalli, citato in “Salvatore Fancello”, in La
mo da amici» (A. Gatto a A.M. Mazzucchelli, Firen- poli e per vendicarmi attraverserò le strade quando il avrebbe poi tenuto una nuova mostra di ceramiche Ceramica cit., pp. 45-48. 233. R. Guggenheim a S. Fancello, 20 settembre
ze, metà agosto 1938, in R. Astarita, Alfonso Gatto. semaforo segna rosso». al Milione tra dicembre 1938 e gennaio 1939. 217. U. Zimelli, “Salvatore Fancello ceramista” cit. 1940, Archivio Fancello, Milano.
Gli anni tra parentesi cit., p. 108). 185. S. Fancello a T. Mazzotti, 30 settembre 1938, 198. «Se non faccio il fesso per ottobre i forni di Al- 218. S. Naitza, “Lo spazio indefinito delle visioni” 234. R. Guggenheim a S. Fancello, 5 maggio 1940,
172. La profumeria Fontanella era una ditta milane- Archivio Mazzotti, Albisola. cit., p. 22. Archivio Fancello, Milano.
bissola dovranno darmi l’alloro di ceramista consa-
se. L’allestimento doveva essere destinato alla sezione 186. Cfr. E. Crispolti, La ceramica futurista da Balla crato. Ceramista!! Splendido!! L’aristocrazia dell’arte 219. S. Naitza, “Lo spazio indefinito delle visioni” 235. R. Guggenheim a S. Fancello, 19 maggio 1940,
profumi del padiglione italiano all’Esposizione del a Tullio d’Albisola, Firenze, Centro Di, 1982. della scultura!!» L. Fontana a T. Mazzotti, 21 giugno cit., p. 24. Archivio Fancello, Milano.
1937, per la quale Nivola eseguì alcuni lavori. L’epi- 1938, in Lettere di Lucio Fontana a Tullio d’Albisola 236. Y.A. Bois, R. Krauss, L’informe. Mode d’emploi,
187. L. Ughetto, “Le avanguardie artistiche e la pro- 220. B.T. Mele, Milano 1930-1940 cit., p. 106.
sodio sembra alquanto sopravvalutato in B.T. Mele, duzione negli anni Venti e Trenta”, in Fabbrica Casa (1936-1962), Savona, Editrice Liguria, 1987, p. 79. Paris, Centre Georges Pompidou, 1996; trad. it. di E.
Milano 1930-1940 cit., pp. 135-136. 199. Fontana arrivò ad Albisola alla fine di giugno 221. A. Crespi, Salvatore Fancello. In forma di raccon- Grazioli, L’informe. Istruzioni per l’uso, Milano, Bruno
Museo Giuseppe Mazzotti 1903. 1903-2003. Imma-
173. L’allestimento è riprodotto in A. Bianchetti, C. gini di ceramica, a cura di A. Marotta, Albisola Mare, 1938 e dovette restarvi fino ad autunno inoltrato, to cit., s.p. Mondadori, 2003, p. 4.
Pea, Negozi moderni. Architettura ed arredamenti, vol. Fondazione-Museo Giuseppe Mazzotti 1903, 2003, probabilmente fino a dicembre, quando la prepara- 222. Il riferimento è al celebre saggio di Panofsky del 237. Fancello era il solo artista scomparso incluso tra
II, Milano, Görlich, 1949, fig. 68. pp. 33-35. zione della sua mostra al Milione, in programma per 1936 e alla sua interpretazione della frase «Et in Ar- gli espositori della rassegna: cfr. M.M. Rogers, Italy at
174. Dall’ufficio di via Clerici, dove ha trovato il 188. T. d’Albisola, “Salvatore Fancello apostolo del il 23 del mese, ne richiese il ritorno a Milano. (È in- cadia Ego» nella pittura pastorale seicentesca come Work, Roma, Compagnia Nazionale Artigiana, 1950,
tempo di esercitarsi a battere a macchina, Fancello presepe” cit., p 48. dicativa l’interruzione del suo scambio epistolare con memento mori nella tradizione moralistica latina (in p. 64.
scrive nel 1937 al fratello Marco (S. Fancello a M. Tullio Mazzotti tra il 21 giugno 1938 e il 6 gennaio Guercino) e come riflessione elegiaca sulla caducità 238. S. Fiume, “Testimonianze di un amico” cit., p.
189. L. Sinisgalli, “Due giovani ceramisti. Leoncillo 1939, verosimilmente dovuta al fatto che i due corri- della vita (in Poussin): «Anche io (la Morte) sono in
Fancello, Milano, 9 dicembre 1937 cit.). e Fancello”, in Domus, n. 151, luglio 1940, p. 70. 198.
spondenti si trovavano insieme ad Albisola: cfr. Lette- Arcadia», oppure «anche io (che non sono più) ho
175. Un frammento dell’opera a tempera su tela è La Mostra della ceramica era ordinata da Luigi Mat- re di Lucio Fontana a Tullio d’Albisola cit.). Il soggior- vissuto in Arcadia». E. Panofsky, “Et in Arcadia Ego: 239. F.R. Gambarelli, “All’ISIA di Monza, in quegli
conservato al MAN di Nuoro. tioni e Gian Luigi Reggio. no di Fancello, come si è detto, cominciò a ottobre; i Poussin e la tradizione elegiaca” (1936), in Il signifi- anni”, in Nivola Fancello Pintori cit., p. 106.
176. Su questo ritratto fotografico di Nivola, cfr. G. 190. Fig. a p. 16 in “Cristalli e ceramiche al Palazzo due artisti trascorsero quindi un paio di mesi insieme cato nelle arti visive, trad. it., Torino, Einaudi, 1962, 240. Ringrazio Barbara Checcucci per il suo prezioso
Altea, “Gli anni di formazione” cit., p. 35. dell’Arte”, in Domus, n. 212, agosto 1946. nei laboratori della M.G.A. pp. 279-301. contributo alla ricerca dei materiali per questo lavoro.

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262 263
330

330. Capra e capretto, 1938-39,


terracotta smaltata, 16,5 x 9,7 cm.

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