La Monarchia Assoluta
La Monarchia Assoluta
La Monarchia Assoluta
LUIGI XIV
L’assolutismo si rafforzò ulteriormente con il regno di Luigi XIV, che risiedeva sul trono di Francia
già a 5 anni, seguito dalla madre, per poi passare sotto la sorveglianza del cardinale Giulio
Mazzarino. Dopo la morte di Mazzarino, Luigi XIV convocò nel suo studio 3 uomini, che erano stati
al servizio di Mazzarino. Egli gli informò che da ora in poi avrebbe regnato da solo, senza
nominare alcun primo ministro, che gli avrebbe fornito aiuto soltanto se richiesto. Da qui nacque
la sua famosa frase “lo Stato sono io”.
POLITICA INTERNA
Il primo passo di Luigi fu quello di creare un sistema di consigli sotto il controllo del Consiglio
supremo di Stato, in cui vi erano ministri fidati del re che svolgevano vari compiti: segretari di
Guerra, della Marina, degli affari esteri, quello della “casa del re” e il più importante, il Generale
delle finanze, che dirigeva l’economia dello Stato.
Rafforzò il ruolo degli intendenti, ovvero funzionari pubblici che venivano nominati dal re, il quale
poteva evocare il loro mandato a piacimento. Ne nominò una trentina, scegliendoli tra le famiglie
più ricche, ma non appartenenti alla nobiltà, quindi borghesi e fedeli nei confronti del re.
JEAN-BAPTISTE COLBERT
Il risanamento delle finanze fu affidato a Jean-Baptiste Colbert, che creò un complesso progetto di
riforme, che miravano alla trasformazione della Francia. La sua politica economica mercantilista
era fondata sul principio per il quale la ricchezza della nazione era data dalla quantità di metalli
preziosi presenti al suo interno. Alla base di ciò bisognava ridurre le importazioni e aumentare le
esportazioni dei prodotti nazionali, da cui si ricavava molte monete pregiate. La politica
mercantilista si basava su alcuni aspetti:
Protezione doganale dei prodotti nazionali in concorrenza con gli altri stati, fondata su
delle tasse di importazione;
Sostegno economico alle manifatture, alle quali lo Stato garantiva sostegno economico, in
caso di incremento della produzione;
Una spinta al commercio interno, agevolato dalla costruzione di strade e navigli interni,
per la il trasporto delle merci.
La politica di Colbert coinvolse anche le colonie, che diede vita a compagnie commerciali
privilegiate, che avevano il compito di incrementare gli affari, aprendo nuovi orizzonti di
esportazioni.
1. Compagnia delle Indie occidentali: ad essa veniva concesso lo sfruttamento per 50 anni
delle colonie francesi in America (Guyana, Antille, Canada e Florida);
2. Compagnia delle Indie orientali: per 50 anni avevano il monopolio sul commercio Francese
dell’Oceano Indiano e Pacifico, e del Madagascar.
Queste compagnie dovevano fare concorrenza con l’Inghilterra.
Colbert promosse anche una riforma della giustizia che sostenne la realizzazione di alcuni codici,
ovvero raccolte di leggi, che mettevano in ordine la giurisdizione e fornivano ai magistrati delle
regole da applicare.
Venne così istituito un diritto codificato valido per tutti, che lasciava un grande margine di
interpretazione ai magistrati e agli avvocati, e diede vita ad un corpus unificato di leggi, un
progetto che rafforzò ulteriormente il potere centralizzato.
L’UNIFOMITA’ RELIGIOSA
Luigi XIV si impegnò per realizzare l’unificazione religiosa della Francia seguendo 3 orientamenti: il
rafforzamento del gallicanesimo, la lotta al giansenismo e la repressione degli ugonotti.
POLITICA “DELL’IMMAGINE”
Luigi fu estremamente attento alle strategie di comunicazione, e perciò adottò una “politica
dell’immagine”, finalizzata a suscitare sentimenti di obbedienza e gratitudine verso il sovrano, così
da accentuare la figura del sovrano come riferimento di tutti i sudditi. In questo contesto gli venne
dato il titolo di “Re Sole”, a sottolineare che il re è il fulcro della nazione come il sole è il fulcro del
sistema solare.
In funzione della politica dell’immagine decise di dar vita ad un’impresa grandiosa: la costruzione
della nuova reggia di Versailles, che durò circa 30 anni. Esso scelse Versailles come posto perché si
trova a 30 km da Parigi, e quindi lontana da eventuali sommosse popolari. A partire dal 1682 la
reggia diventa dimora fissa del sovrano e dei rappresentanti della nobiltà, che diventarono presto
cortigiani fedeli, con ruoli prestigiosi. La vita alla reggia era scandita da feste, banchetti e
spettacoli sontuosi. La costruzione della reggia aveva anche obbiettivi politici: aveva in mano la
gestione centralizzata del potere e inoltre permise un maggiore controllo sulla nobiltà, in quanto
fu allontanata dalle proprie terre d’origine e quindi privata del proprio potere (in quanto soffocato
dal potere assoluto del re). Essa rappresentò un grande incentivo economico, tanto da diventare
una vera e propria azienda, in cui lavoravano più di 10.000 persone che avevano il compito di
alimentare le produzioni di oggetti destinate all’esportazione.
POLITICA ESTERA
La figura del sovrano come autorità suprema richiedeva una politica estera di espansione, avviata
già ai tempi di Mazzarino e proseguita con la marina da guerra di Colbert.
L’esercito francese fu messo alla prova nella Guerra di devoluzione contro la Spagna per
impossessarsi dei Paesi Bassi spagnoli. Contro i francesi si schierarono l’Inghilterra e l’Olanda, e
proprio per questo il sovrano fu costretto a stipulare una pace. Fece parte anche della Guerra
d’Olanda contro le Province Unite da cui si impossessò di alcuni territori.
successivamente dovette affrontare una coalizione nella Guerra della lega di Augusta in
Germania, nata per arginare le mire espansionistiche di Luigi XIV. Anche qui il sovrano fu costretto
a firmare una pace, restituendo i territori sottratti alla Spagna.
La fine del regno di Luigi fu segnato dalla Guerra di successione spagnola, che innescò una crisi
economica che portò ad anni di carestie e miseria. Luigi XIV morì nel 1715 senza eredi maschi, e
quindi gli succedette il suo pronipote (Duca d’Angiò), Luigi XV.
PIETRO IL GRANDE
Un caso di assolutismo simile a quello francese si verifica in Russia, con Pietro I, detto il Grande.
Pietro fu nominato zar da suo padre pur non essendo primo genito, infatti la sua nomina fu
contestata dagli strelizzi, un corpo armato istituito per la protezione dello zar, e dai boiari, nobili
proprietari di vasti territori. Essi divisero la corona tra lui e suo fratello Ivan, ma ben presto riuscì a
prevalere sul fratello e dichiarò decaduto Ivan, mise fuori gioco la reggente e si autoproclamò
sovrano.
ESPANSIONE TERRITORIALE
Pietro si applicò per realizzare un progetto assolutistico partendo da una politica di espansione
che come obbiettivo principale aveva di ampliare l’influenza russa in Europa.
Come primo atto di espansione ci fu con la conquista della piazzaforte turca di Azov, considerata
un luogo strategico, che dava ai russi una via per il mediterraneo. Nonostante ciò aveva accesso
solo ad un pezzo del mar Nero, perché presidiato ancora dagli ottomani, e per sconfiggerli si aveva
bisogno di armi più potenti. Per questo motivo organizzo un’ambasceria in Europa a cui partecipò
anche lui in incognito. Durante il suo viaggio ebbe l’occasione di apprendere tecniche avanzate dei
vai settori.
Nel 1698 fu costretto a rientrare in Russia a causa di una rivolta degli strelizzi, intenzionati a far
salire al trono Sofia Alekseevna Romanov (sorella di Pietro e Ivan). Pietro fece arrestare e
torturare tutti i ribelli imprigionando la sorella per tutta la vita. Consolidato il suo potere, potenziò
l’esercito e la marina con le nuove tecniche studiate di persona.
Nel 1700 attaccò la Svezia, con l’intento di conquistare il mar Baltico, e dopo la vittoria nella
battaglia della Poltava, i russi entrarono in possesso della costa baltica, segnando la fine del regno
svedese. Proprio sulla costa baltica il sovrano fece costruire San Pietroburgo, realizzata sia come
piazzaforte militare, sia come nuova capitale.
Successivamente si spinse attraverso la Siberia fio alla penisola Kamctka. L’espansione proseguì in
Asia centrale.
RIFORME
Pietro si impegnò a trasformare il paese con radicali riforme:
Innanzitutto avviò un’importante riforma dell’istruzione, allo scopo di formare una nuova classe
dirigente preparata e fedele. Fu inaugurata la prestigiosa Accademia delle Scienze a San
Pietroburgo. Fu quindi necessario aumentare le tasse, e farne di nuove, che per la prima volta
furono pagate anche dalla nobiltà, che fu sempre un ostacolo per le mire assolutistiche dello zar.
Procedette dunque ad eliminare la Duma, cioè l’assemblea dei boiari, sostituendola con un
senato, costituito da un gruppo di uomini nominati dallo stesso zar. Istituì la Tavola dei Ranghi,
che prevedeva che le gerarchie dell’esercito, della burocrazia statale e della corte imperiale
fossero divise in 14 livelli e che fosse dato allo zar il compito di promuovere ad un livello all’altro.
Con il consolidamento del potere nacque piano piano una nuova nobiltà a sostegno del sovrano,
costituita da uomini fedeli, riconoscenti al proprio sovrano a cui dovevano il proprio prestigio
sociale.
RELIGIONE
Pietro intervenne anche nell’ambito religioso, subordinando la Chiesa Ortodossa al potere del
sovrano, dandosi il potere di poter nominare i vescovi, istituendo un organismo di governo della
Chiesa russa, il “Santo Sinodo”.
Pietro eliminò qualsiasi tipo di opposizione, facendo uso della brutalità, non esitando perfino a
giustiziare il figlio Aleksey Petrovic, accusato di essere capo di un gruppo di aspiratori (fu così
fustigato a morte).
Quindi alla fine dei conti Pietro il Grande si dimostrò da un lato un sovrano perspicace, dall’altro
però si dimostrò spietato e violento.
PRUSSIA
L’assolutismo prese campo anche nelle regioni del Brandeburgo e in Prussia sotto il governo degli
Hohenzollern. La formazione del Brandeburgo-Prussia iniziò grazie alla politica di Federico
Guglielmo, il quale creò delle riforme che miravano all’unità di questi 2 territori eterogenei.
Egli si impegnò a creare un potere centralizzato, creando un forte esercito e limitando le
autonomie locali. Sotto il suo governo furono accolti molti ugonotti, fuggiti dalla Francia dopo
l’editto di Nantes, e contribuirono allo sviluppo del commercio e delle attività manifatturiere.
Il suo successore fu Federico I, che ottenne il titolo di re di Prussia dando ad essa un periodo
privilegiato rispetto alle altre regioni tedesche.
Il protagonista del progetto assolutistico della Prussia fu sicuramente Federico Guglielmo I, il
quale consolidò il potere della Prussia tanto da farla diventare una delle più grandi potenze
d’Europa di quel periodo.
Visto che il suo piano era quello di unificare il territorio, inserì gli alti membri della nobiltà nella
gerarchia militare e statale, facendoli diventare dei funzionari fedeli al sovrano.
Contribuì anche a una riorganizzazione dell’esercito, imponendo che i figli degli aristocratici si
arruolassero nel corpo dell’esercito. Per i soldati introdusse un reclutamento obbligatorio, che
portò alla creazione di un esercito imbattibile e gigante.
Per sostenere le spese militari creò un’amministrazione centralizzata che aveva il compito di
riscuotere le tasse imposte per la maggior parte sui contadini. Questa amministrazione aveva
sempre un’impronta militare, che diedero l’appellativo di “re sergente” a Federico, ma grazie
proprio a questi suoi metodi spietati nella metà del XVII secolo la Prussia ebbe una grande
espansione territoriale.
L’IMPERO ASBURGICO
Un nuovo protagonista nello scenario assolutistico d’Europa insieme alla Russia e alla Prussia, fu la
dinastia degli Asburgo.
Quando fu nominato imperatore Leopoldo I il regno era estremamente frammentato,
caratterizzato da qualità etniche eterogenee, che comprendevano i tedeschi, gli slavi, i mangiari, i
romeni e i croati. Al suo progetto assolutistico doveva tener conto del pluralismo linguistico,
religioso e culturale, che dava particolare fastidio nella creazione di una struttura politica unitaria,
infatti in alcune parti dell’impero esistevano ancora delle regioni politicamente autonome, come
la Boemia e l’Ungheria. Quindi per rafforzare il proprio controllo, il re, puntò sul rafforzare la
religione cattolica sulle zone in cui si era diffuso il protestantesimo, ma non ottenne l’esito
sperato, infatti si entrò in un periodo di malcontento generale che minò per molto tempo la
stabilità dell’impero.
Ci furono dei successi però in ambito militare, infatti nella guerra contro i turchi ottomani, in aiuto
dei polacchi, riuscirono a respingere le forze ottomane. Grazie all’appoggio della Lega santa gli
Asburgo riuscirono a conquistare Pest, al tempo la capitale dell’Ungheria, che era stata presa dai
turchi tempo prima.
Questi successi contro i turchi ottomani consentirono agli Asburgo di ambire all’area Balcanica del
Nord. Infine con la pace di Carlowitz gli ottomani dovettero riconoscere la supremazia asburgica
sull’Ungheria, sulla Transilvania, sulla Croazia e sulla Slavonia.
INGHILTERRA
Alla fine del 600 in Europa nei maggiori paesi Europei si era ormai totalmente diffuso
l’assolutismo del sovrano, tranne però in quegli stati non assoluti, dove si garantivano ancora
delle libertà fondamentali, e un esempio era sicuramente l’Inghilterra.
Nei primi anni del XVII secolo l’Inghilterra aveva attraversato una rivoluzione innescata da Carlo I,
che era intenzionato ad instaurare un potere assoluto. Dopo un periodo di politica repubblicana,
che si trasformò in una vera dittatura guidata da Oliver Cromwell, il parlamento, per evitare
un’altra guerra civile, decise di instaurare una monarchia, offrendo la corona al figlio di Carlo, a
patto che seguisse i criteri della “dichiarazione di Breda”, che concedeva un’amnistia generale da
parte degli oppositori della monarchia, libertà religiosa, rinuncia ad un esercito permanente e
divieto di imporre nuove tasse senza il consenso del parlamento.
La firma della dichiarazione di Breda permise a Carlo di assumere la Corona, con il nome di Carlo II.
Appena salito al trono si dimostrò fedele alle condizioni della dichiarazione di Breda, ma dopo
poco tempo iniziò a perseguitare gli oppositori della Chiesa Anglicana, come i puritani, e nel 1662
emanò “l’atto di uniformità”, con cui si imponeva “un libro delle preghiere comuni”, che
penalizzava le minoranze religiose.
Dal lato della politica estera si dimostrò attento a tutelare gli interessi dei mercanti, dei banchieri e
degli imprenditori, andando nella stessa direzione seguita tempo prima già da Cromwell (“Atto di
navigazione”), che andava in contrasto con i commerci delle Province Unite. Questa direzione però
portò a diversi conflitti con appunto le Province Unite, e ciò creò un clima di insoddisfazione nel
paese.
La credibilità di Carlo si incrinò definitivamente con l’alleanza con la Francia di Luigi XIV, che
convinse Carlo a convertirsi al cristianesimo, formando così una politica favorevole ai cattolici. Di
seguito concesse la libertà di culto ai cattolici, rendendo sempre più evidente la sua intenzione di
creare un potere assolutistico. A tal proposito il Parlamento si vide costretto ad emanare il “Test
Act”, che escludeva i non anglicani da molti incarichi pubblici e inoltre i funzionari dovevano
giurare fedeltà alla Corona e alla Chiesa anglicana. Inoltre 6 anni dopo il sovrano fu costretto a
firmare “l’Habeas Corpus Act”, che tutelava la libertà individuale e limitava il potere regio.
GLORIOSA RIVOLUZIONE
A dare ulteriori problemi al parlamento fu soprattutto la successione del trono, in quanto Carlo
non aveva eredi, e quindi la Corona sarebbe andata in mano al fratello Giacomo (duca di York),
che si era convertito al cattolicesimo.
Per evitare che il duca salisse al trono, il parlamento emanò un decreto di esclusione, ma senza
successo. Di seguito a questa successione si formarono 2 schieramenti:
1. Tories: favorevoli all’ascesa al trono di Giacomo;
2. Whigs: contrari all’ascesa del sovrano cattolico.
Dopo la morte di Carlo, i tories riuscirono a far ascendere Giacomo al trono, con il nome di
Giacomo II. Subito al potere decise di sospendere le leggi contro i cattolici, e di annullare l’Habeas
Corpus. I 2 partiti a questo punto si allearono a sostegno dei diritti civili, proponendo la Corona a
Guglielmo III d’Orange, calvinista delle Province Unite, marito di Maria Stuart (figlia di Giacomo
II). Quando arrivò in Inghilterra fu accolto strepitosamente dalla folla, e Giacomo II secondo fu
proclamato decaduto, e Guglielmo e Maria nuovi re d’Inghilterra. Questo episodio prende il nome
di “Gloriosa Rivoluzione”, in quanto una soluzione senza l’uso della forza a differenza delle
precedenti guerre civili.
Prima dell’incoronazione dei 2 re, dovettero firmare la “dichiarazione dei diritti” (“Bill of Rights”
1689), un documento che limitava le decisioni regie, dando il controllo del potere della monarchia
al Parlamento. Vietava infatti al sovrano di sospendere delle leggi o di crearne nuove senza il
consenso del Parlamento, gli impediva di reclutare un esercito permanente in tempo di pace, e
inseriva una limitata tolleranza religiosa per i protestanti ma non per i cattolici.
Con questa dichiarazione nacque una monarchia parlamentare controllata e limitata dal
Parlamento. Si può dire quindi che nacque una nuova “alternativa all’assolutismo”.
Dal momento in che i 2 sovrani non avevano avuto figli, il Parlamento si vide costretto a
riaffrontare il problema del passaggio dinastico. Si arrivò quindi all’approvazione “dell’Act of
Settlement”, che garantiva una linea di successione protestante, e che quindi vietava la possibilità
che salissero al trono sovrani cattolici. Si stabilì dunque il passaggio della Corona a Maria Stuart, di
religione protestante, e se non avesse avuto eredi diretti, la Corona sarebbe andata a Sofia di
Hannover e ai suoi discendenti diretti. Questa scelta faceva in modo che il Parlamento avesse
anche potere sulla scelta della successione al trono, e che l’assegnazione della Corona ad una
dinastia non inglese faceva in modo che il parlamento avesse ancora più potere su di essa.
L’Atto di deposizione faceva anche in modo che il re potesse essere processato per dei crimini
commessi durante la sua carica, dando sempre più potere al Parlamento. Imponeva inoltre che le
elezioni della Camera dei Comuni avvenisse ogni 7 anni.
LA GRANDE ALLEANZA
Il legame tra Francia e Spagna dava la possibilità di un totale predominio francese sul continente,
in questa direzione le principali potenze europee si opposero prontamente creando un accordo
difensivo, la “Grande alleanza”, in funzione appunto antifrancese (formata da Austria, Inghilterra,
Province Unite, Prussia, Danimarca, Svezia, Portogallo e Ducato di Savoia).
Il conflitto scoppiò nel maggio del 1702, inizialmente favorevole alla Francia, ma nel 1711 ci fu una
svolta: morì il successore di Leopoldo I, quindi in trono imperiale fu occupato dall’arciduca Carlo
d’Asburgo. Questo episodio dava vita ad un nuovo pericolo, ovvero la supremazia austriaca sul
continente, lo stesso motivo per cui nacque il conflitto. Fu così che si accettò la sovranità di Filippo
V sulla Spagna e la alleanza fu sciolta. Le ostilità si conclusero con la pace di Utrecht, firmata da
Prussia, Portogallo, Province Unite, Ducato di Savoia, Inghilterra, Spagna e Francia, e
successivamente con l’impero nella la pace di Rastadt.
TRATTATI DI PACE
Francia: confermò i propri confini dell’Alsazia e delle Fiandre;
Savoia: furono premiati con i territori di Casale e del Monferrato, con l’attribuzione del
Regno di Sicilia, che le valse il titolo di re;
Prussia: ottenne la Ghelda;
Austria: ottenne dalla Spagna i Paesi Bassi spagnoli (Belgio e Lussemburgo attuali), il
Ducato di Milano, la Sardegna e il Regno di Napoli.
Inghilterra: ad essa vennero riconosciuti dei privilegi commerciali, come l’asiento de negros
(permesso di 30 anni per portare gli schiavi dall’africa per venderli all’America) e il navìo de
permiso (permesso di ogni anno di inviare a Porto Bello dei prodotti da commercializzare
con le colonie dell’America Latina). Acquisì inoltre Gibilterra, Minorca e alcune colonie
dell’America settentrionale.
Ovviamente la Spagna fu quella che subì il colpo più duro, perché nel giro di pochissimo tempo si
vide smembrato tutto il suo territorio, ridotta ad un piccolissimo territorio.
Nel mentre in Italia subentrò la presenza austriaca, e la Francia decise di calmare le proprie mire
espansionistiche restando comunque una delle potenze più grandi d’Europa insieme all’Inghilterra
che nel mentre aveva migliorato la sua potenza marittima. Quindi si può dire che dopo la pace di
Rastadt nacque un principio di equilibrio in Europa, che assicurava la pace del continente
attraverso l’equilibrio delle forze. Tale principio si fondava sull’idea che nessuna potenza potesse
agire per arrivare ad una situazione di predominio sulle altre nazioni.
1700
Dopo la pace di Restadt, l’Inghilterra e la Francia si impegnarono per mantenere lo stato di
equilibrio e pace che era stato appena creato, stringendo degli accordi.
SPAGNA
Nel tentativo di recuperare parte del potere che aveva perso, la Spagna invase la Sardegna e la
Sicilia, che determinò la creazione di una Triplice alleanza tra Francia, Gran Bretagna e Olanda a
cui aderì anche l’Austria. Decisivo fu lo scontro navale in cui la flotta inglese distrusse la flotta
spagnola, che fu costretta a firmare una pace, in cui si sanciva il passaggio del Regno di Sicilia
all’Austria in cambio del Regno di Sardegna da parte dei Savoia.
FRANCIA
Dopo la morte di Luigi XIV entrò in scena il suo pronipote Luigi XV, ma data la sua giovane età la
reggenza fu data al duca Filippo di Orléans, che dovendo affrontare la crisi finanziaria, che la
Francia stava passando in quel periodo, decise di affidare al finanziere scozzese John Law il
compito di risanare le casse dello stato.
Law nel libro “Money and Trade”, sosteneva la necessità di sostituire la moneta metallica con
monete cartacee, in quanto le monete metalliche erano formate da una parte sostanziosa di oro
e di argento. Successivamente promosse la creazione di una Banca centrale, che aveva il
monopolio dell’emissione le banconote e si impegnò a fondare una Compagnia di commercio per
appunto il traffico internazionale. Le azioni della Compagnia di commercio ottennero un grande
successo, tuttavia però con gli scarsi profitti, gli investitori cominciarono a perdere fiducia,
portando così una vendita massiccia delle azioni, che fece andare in bancarotta il sistema.
Alla morte di Filippo d’Orleans, Luigi XV assunse i pieni poteri affidandosi al primo ministro André-
Hercule de Fleury, promotore di una politica che assicurò un periodo di stabilità favorendo la
crescita economica. Alla morte di esso, il sovrano decise di governare da solo, ma non riuscì a
garantire una stabilità che si avvicinasse a quella del su ex primo ministro, infatti la sua politica
monarchia dava molti privilegi alla nobiltà e al clero, che frenava quindi la creazione in un buon
sistema di tassazione. Il re manipolato (soprattutto dalla sua amante) dai ceti privilegiati che
volevano restaurare il potere assolutistico, perse presto il potere decisionale, facendo precipitare
il paese in una nuova crisi economica, che durò fino al suo successore.
GRAN BRETAGNA
La fine della guerra di successione spagnola fece fare un passaggio significativo all’Inghilterra, che
nel 1714 si trovò senza successori di Anna Stuart. Come stabilito dall’accordo dopo la Gloriosa
rivoluzione, la Corona andò a Giorgio I di Hannover (figlio di Sofia), che fu incoronato re di Gran
Bretagna e Irlanda. I tories sospettati di favorire ancora la dinastia cattolica degli Stuart,
attraversarono un periodo di esclusione dalla vita politica, dominata in quel momento dai whigs.
Giorgio I appoggiato dagli whigs riuscì a rafforzare il sistema del “governo del gabinetto”, in cui si
affidava il governo della nazione al primo ministro e ai suoi collaboratori.
La figura che sicuramente dominò di più nella politica inglese fu Robert Walpole, che adottò una
serie di provvedimenti che favorivano la crescita economica: diminuì la pressione fiscale, aumentò
la produzione agricola, ridusse le tasse sulle importazioni delle materie prime. Quando salì al
trono Giorgio II di Hannover, Walpole cercò di rafforzare la propria figura, grazie anche all’amicizia
con la regina Carolina, facendo prevalere una politica estera che garantì un periodo di pace e di
stabilità alla nazione. Fece ciò perché in questo periodo dominava il così detto “Patronage”, che
attribuiva la ricchezza, su le raccomandazioni e sulla classe sociale, e non sulle competenze,
portando all’Inghilterra ad un breve periodo di difficoltà economiche. I parlamentari che però
erano favorevoli ad un maggiore impiego militare, costrinsero Walpole a dare le dimissioni. Nel
suo ultimo periodo di governo emerse nel governo una nuova figura, William Pitt il Vecchio,
sostenitore di una politica estera più aggressiva, che brillò nella sua carriera politica, portando la
Gran Bretagna ad essere la più potente potenza d’Europa di quel periodo.
Maria Teresa riuscì a non perdere il suo regno grazie a 3 mosse strategiche:
1. Riconobbe l’occupazione prussiana sulla Slesia, sancendo così l’uscita dalla guerra della
Prussia, e quindi di una delle più minacciose forze belliche;
2. Si fece affiancare militarmente dall’Ungheria, in cambio di una maggiore autonomia
politica;
3. Infine si fece appoggiare dalle Province Unite e da Carlo Emanuele III di Savoia.
Maria Teresa inoltre modificò la direzione del conflitto convincendo il successore di Carlo VII a
non candidarsi, favorendo la candidatura di Francesco di Lorena, che alla fine fu eletto
imperatore. Si arrivò dunque alla pace di Aquisgrana che diede fine alle battaglie.
Maria Teresa oltre a recuperare i territori nei Paesi Bassi riuscì ad ottenere la ratifica della
Prammatica sanzione, che le fece ottenere la Corona d’Austria.
In compenso cedette la Slesia alla Prussia e il Ducato di Parma e Piacenza al figlio re di Spagna
Filippo di Borbone. A Carlo Emanuele III di Savoia furono dati i territori orientali del Piemonte.
Quindi l’unico vincitore che ne uscì da questa guerra fu proprio Federico II che riuscì a prendersi la
Slesia.
TEATRO EUROPEO
Le ostilità iniziarono quando Federico II si mosse per occupare la Sassonia e la Boemia, e dopo
alcune vittorie da parte di esso, la Russia e l’Austria riuscirono ad arrivare ad occupare Berlino
(1759). Quando ormai per Federico sembrava tutto perduto, ci fu la svolta con l’incoronazione del
nuovo zar di Russia, che di origine tedesca e ammiratore di Federico, firmò una pace. Gli Austriaci
ormai sconfitti in Slesia e in Sassonia firmarono un armistizio.
TEATRO MONDIALE
Il conflitto si svolse come già detto anche tra le colonie, soprattutto tra quelle francesi e inglesi,
che si combattevano per entrare in possesso delle aree strategiche migliori in America e in India.
Dopo la conquista francese di Minorca gli inglesi attaccarono seguendo le direttive di William Pitt il
Vecchio. In India le forze britanniche riuscirono a sottrarre numeri possedimenti francesi
ottenendo delle vittorie schiaccianti sugli avversari. I francesi subirono delle altre sconfitte anche
in America, quando gli inglesi riuscirono a ottenere il controllo del Canada, sottraendo dei territori
spagnoli che avevano dato sostegno alla Francia.
Pace di Hubertusburg: sancita tra Austria e Prussia e diede fine alle ostilità nell’ambito
europeo;
Pace di Parigi: tra Francia e Gran Bretagna decretò la fine delle battaglie in ambito
coloniale.
Con queste 2 paci quindi ci fu la conferma del dominio prussiano sulla Slesia, e la cessione della
Francia alla Gran Bretagna del Canada, la Baia di San Lorenzo, la valle dell’Ohio, il Mississippi, delle
Antille e del Senegal.
La pace di Parigi ebbe delle ripercussioni anche sul rapporto tra Londra e le colonie
nordamericane, che erano state deluse dalla cessione alla Spagna della Louisiana francese.
CONSEGUENZE
La guerra dei 7 anni segnò la fine del sistema di equilibrio internazionale che era nato dalla pace
di Vestfalia. Causa di ciò furono proprio i commerci, che contribuirono a far si che il conflitto
avesse un impatto su scala mondiale e non più europea.
La Gran Bretagna vide consolidata la supremazia della propria flotta, e vide nell’ambiente europeo
l’entrata in scena di una grande protagonista, la Prussia.
L’ASSOLUTISMO ULLIMINATO
Tra il 1748 e il 1789 molte monarchie intrapreso un processo di rafforzamento delle autorità
statali, usando strategie riformatrici, chiamato più comunemente come “assolutismo illuminato”.
Questo termine sta ad indicare una monarchia assoluta, governata da un re a dai suoi ministri, in
cui però c’è l’intervento di alcuni illuministi che si offrono per dare delle direttive al sovrano.
Questi illuministi che offrivano il proprio aiuto al re erano chiamati philophes, coloro i quali
volevano orientare lo Stato assoluto verso i pensieri illuministi.
AMMINISTRAZIONE
Un aspetto comune alle monarchie illuminate era la volontà di creare un’amministrazione che
avesse campo in tutto il territorio nazionale, occorreva quindi definire il numero di competenze e
di funzionari che costituivano la burocrazia, in modo che ognuno avesse un compito diverso in
base alle sue capacità.
Il rivoluzionamento dei sistemi statali era dato soprattutto dalla volontà di creare un sistema
fiscale più efficiente e razionale, procedendo a imporre dei catasti dei beni fondiari, così da
determinare l’aumento delle imposte. In questo contesto la monarchia entro molto in conflitto
con la Chiesa e la nobiltà che volevano difendere i propri privilegi
MONARCHIE ILLUMINATE
MARIA TERESA D’ASBURGO
Il regno di Maria Teresa, che durò per 40 anni, era finalizzato a consolidare il potere dell’impero
asburgico, creando un’amministrazione uniforme ed efficiente.
Innanzitutto ridusse l’autonomia che avevano le province (dotate di proprie leggi), per formare
un gruppo di 6 ministeri centrali, guidati da un Consiglio di Stato. Legato a ciò furono private di
potere le assemblee per i ceti, e si propose anche di risanare le finanze statali, diffondendo nei
territori imperiali un sistema catastale (che si basava sull’estensione e sulla potenzialità del
terreno). Inoltre lo stato di Maria Teresa sancì la separazione tra amministrazione e la finanza
dalla giurisdizione.
Nonostante la sua grande fede cristiana, Maria Teresa decise di tassare il clero, spinta soprattutto
da motivi finanziari. Per rafforzare ulteriormente il potere sottrasse al clero la possibilità di
censurare i libri, e diede questo compito ad un ufficio statale. Limitò molto le prerogative del
Tribunale dell’inquisizione, quasi fino ad abolirlo e infine eliminò il diritto d’asilo.
Tutti questi provvedimenti fecero in modo che la Corona assunse direttamente il potere delle
decisioni in materia ecclesiastica, riducendo anche il numero di preti.
Anche nell’ambito dell’istruzione ci furono delle riforme, infatti il monopolio dell’istruzione fu
sottratto al clero, intervenendo sull’abolizione della compagnia di Gesù.
Le università e le scuole superiori furono statalizzate, dando maggior spazio alle materie
scientifiche e tecniche, che mirano a formare un gruppo di funzionari competenti e moderni (nel
1774 fu introdotta l’istruzione di base obbligatoria).
GIUSEPPE II
Nel 1780 salì al trono imperiale Giuseppe II, che alla morte di sua madre regnò da solo.
Esso proseguì il progetto della madre accentuando gli sforzi per il rafforzamento amministrativo e
fiscale, soffocando ulteriormente l’autonomia delle province dell’impero.
Nella materia ecclesiastica lui fu molto più severo di sua madre, tanto da creare la corrente del
“giuseppinismo”, in cui fece sopprimere i conventi religiosi “contemplativi”, ovvero considerati
non utili per la società. Vietò di accendere i ceri e le statue, limitò il suono delle campane, vietò il
culto delle reliquie e dell’ex voto.
Creò inoltre una “Patente di tolleranza” con cui concedeva la libertà di culto ai protestanti e ai
greco-ortodossi, e garantì inoltre agli ebrei gli stessi diritti civili degli altri sudditi. Questo sancì
l’uguaglianza tra i sudditi a discapito della loro religione di appartenenza, concedendo anche i
matrimoni misti, tra persone di religione diversa (concesse il divorzio tra i non cattolici).
Nell’ambito sociale e giudiziario, abolì la servitù della gleba, concedendo ai contadini il
matrimonio senza l’autorizzazione del signore feudale, la libera scelta di quale mestiere volesse
esercitare un cittadino e perfino di diventare proprietari terrieri.
Anni dopo fu emanato un codice che si basava sui principi illuministi, che limitava la condanna alla
pena di morte e aboliva la tortura, stabilendo pene uguali per tutti.
Ovviamente il numero di riforme che attuò Giuseppe II non mancarono di scatenare delle
opposizioni, soprattutto da parte delle province, del clero e dell’aristocrazia.
Tanto da compromettere l’unità dell’impero, infatti l’Ungheria e i Paesi Bassi minacciarono di
rendersi indipendenti, opponendosi all’abolizione dei servi della gleba. Per questo motivo il
successore di Giuseppe fu costretto ad eliminare alcune riforme di Giuseppe.
CATERINA II IN RUSSIA
Nel 1762 Caterina II salì al trono di Russia, agendo fin da subito con la ripresa di una politica
moderna avviata già da Pietro il Grande (amministrazione centrale).
Con le iniziative contro la Chiesa ortodossa, si confiscarono tutti i beni e i conventi del clero, per
essere sottoposti al controllo dello stato.
L’aristocrazia, oltre ad essere proprietaria della gran parte delle terre russe, era anche esclusa dal
pagamento delle tasse. Proprio per questo motivo Caterina emanò un codice di leggi (ispirate
all’illuminismo), in cui l’assemblea era formata dallo stesso numero di nobili e di borghese, così da
avere un sostanziale equilibrio. Ma le aspettative di Caterina furono troppo alte, infatti ogni
decisione dei cittadini riformatori erano contestate dall’aristocrazia. Proprio per questo motivo la
sovrana dovette sciogliere l’assemblea un anno dopo.
Caterina cercò anche di istituire delle scuole elementari pubbliche, gratuite e obbligatorie per i
primi 2 anni, ma anche qui fallì, perché i bambini a quei tempi dovevano lavorare e non potevano
andare a scuola. Per l’istruzione quindi si aveva bisogno dei gesuiti, che trovarono accoglienza
proprio in Russia.
L’economia del paese si basava soprattutto sull’agricoltura, che fin ad ora non aveva subito alcuna
innovazione. I terreni, che erano perlopiù territori dell’aristocrazia, erano coltivati dai servi della
gleba, proprio per questo motivo Caterina concesse agli aristocratici un maggiore controllo sui loro
servi, e per chi avesse infranto le regole gli sarebbe spettato la deportazione in Siberia.
Ciò portò ad un periodo di malcontento della popolazione contadina, che fece esplodere una
rivolta guidata dal cosacco Pugacev. Dopo aver reclutato numerosi seguaci iniziò la rivolta, che si
concluse poco dopo con una sconfitta da parte del cosacco, che fu prima imprigionato e poi
giustiziato.
Dopo questa rivolta, Caterina spaventata, rafforzò ulteriormente il potere dei nobili che si
presentano come garanti dell’ordine sociale. Nel 1785 emanò la “Carta della nobiltà”, che
concedeva loro anche l’esclusione dal servizio nell’amministrazione statale.
Caterina riuscì anche a continuare la linea espansionistica di Pietro il Grande, ad ovest verso la
Polonia (che grazie ad alcuni accordi con Austria e Prussia riuscì ad entrarne in possesso facendola
scomparire dalla mappa) e sud verso l’Impero Ottomano ormai debole.
Con il “progetto greco” si ambiva ad eliminare la presenza dei turchi dall’Europa, così da
ricostruire l’impero bizantino controllato dalla Russia, facendo diventare Mosca come la “Terza
Roma”. Successivamente si impadronì del mare di Azov, della Crimea, delle rive del Mar Nero e
l’accesso al Mar Mediterraneo.
FEDERICO II IN PRUSSIA
Federico II, re di Prussia apparve come il “sovrano filosofo”, capace di promuovere riforme che si
ispiravano all’illuminismo (grande ammiratore di Voltaire).
Esso promosse un codice di procedura penale e un codice civile, validi per tutti i sudditi del regno,
che andavano in una direzione simile a sistema giudiziario moderno, che abbandonava la tortura e
il principio di segretezza nei processi.
Per favorire il progresso della società rese obbligatoria l’istruzione elementare, facendo si che agli
inizi dell’800’ l’analfabetismo fosse completamente estinto. Fece inoltre delle riforme che
toccavano l’ambito economico, il commercio, l’agricoltura e l’industria manifatturiera, per
accentuare ancora di più il rafforzamento dello Stato.
Per eseguire una politica di potenza si basò anche sul suo potente esercito, che gli permise di
conquistare la Slesia, e contribuì ad un aumento demografico (dai 2 milioni ai 5 milioni di
abitanti), che fece diventare la Prussia come una delle più grandi potenze d’Europa.
Oltre alle monarchie illuminate sopracitate ovviamente ne esistevano delle altre in Europa, come
ad esempio quella svedese di Gustavo III, che dovette combattere contro la nobiltà, che mirava a
porre fine alle riforme illuminate del sovrano.
REGNO DI SARDEGNA
Il Regno di Sardegna fin dagli inizi puntava ad un rafforzamento dell’autorità dello Stato,
dotandosi di un apparato burocratico fedele alla monarchia. Per la creazione di
un’amministrazione e di un ceto dirigente efficiente, occorreva l’esigenza di riformare l’istruzione:
l’istruzione secondaria fu sottratta ai gesuiti e donata all’autorità del sovrano, invece l’università
aveva lo scopo di “italianizzare” la società piemontese (legata ancora alle radici francesi).
Inoltre il sovrano attuò una riforma fiscale, che si basava sul catasto.
DUCATO DI MILANO
Nella capitale lombarda, intorno alla metà del secolo fu avviato un progetto di riforme, che
seguiva l’obbiettivo di rafforzare il potere della monarchia. L’azione del governo fu molto
influenzata dalle idee della cosiddetta “Accademia dei pugni”.
Un cambiamento che incise di più sulla società e sull’economia lombarda fu sicuramente la stesura
del nuovo catasto, detto “teresiano”, che aveva il compito di rendere più efficiente il sistema di
riscossione delle tasse, eliminando i privilegi e le disparità fra le varie province. Si stabilirono per
prima cose delle tasse sulla base dell’estensione delle proprietà terriere: in base all’estensione
del territorio si imponeva una tassa che non cambiava con il passare del tempo, quindi i contadini
erano invogliati a lavorare di più, e di fatto a produrre di più.
Inoltre le nuove aziende da questo momento non erano più obbligate a rispettare le barriere
doganali, che erano di intralcio per lo smercio dei prodotti.
E da qui fu affidato proprio allo stato il compito di riscuotere queste tasse, che prima era affidato a
compagni private.
Per rendere più efficiente la macchina statale si optò per una riorganizzazione degli uffici pubblici,
ridimensionando notevolmente il potere della nobiltà: venne infatti stabilito che le cariche locali,
fino a quel momento accessibili solo alla nobiltà, potevano essere date anche a chi possedesse un
buon reddito.
Ci si occupò anche nel campo dell’istruzione, riformando l’università di Pavia, che fu affidata alla
gestione dello Stato (introducendo nuove discipline), e l’inaugurazione del teatro della Scala.
Inoltre come già detto prima, si decretò la soppressione della manomorta, lo Stato riuscì a
prendere il controllo della censura, l’eliminazione del tribunale dell’Inquisizione e l’abolizione del
diritto d’asilo.
Le feste religiose furono ridotte di molto e le processioni furono vietate in nome di un
cattolicesimo più serio e moderato.
GRANDUCATO DI TOSCANA
Il Granducato di Toscana era governato da Pietro Leopoldo d’Asburgo-Lorena, un sovrano giovane
e preparato, molto sensibile alle idee di cambiamento.
Innanzitutto, nel 1786 promulgò un Codice penale, chiamato “Codice leopoldino”, che aboliva
completamente la pena di morte, sostituita con il carcere a vita.
Leopoldo fu il primo sovrano ad avere il bisogno di modificare il sistema assolutistico,
introducendo degli organismi rappresentativi, come ad esempio l’Assemblea nazionale elettiva,
che dava la possibilità ai rappresentanti della società toscana di partecipare alle decisioni politiche.
Tale progetto però incontrò numerosi dissensi, tale da costringere Leopoldo a lasciare Firenze.
In ambito economico, decise di prendere la direzione dell’Accademia dei Gergofili, che aveva lo
scopo di trovare ed elaborare delle tecniche che permettessero l’incremento della produzione
agricola. Proprio in questa direzione aumentò il commercio interno ed estero dei cereali,
abolendo numerosi dazi che incidevano sul costo dei trasporti e delle corporazioni.
Nell’ambito ecclesiastico ci fu la soppressione di molti conventi che portò il trasferimento alla
Corona di molte proprietà appartenenti alla Chiesa, che venivano messe all’asta per essere
comprate dai contadini o dai coloni. Tuttavia questo metodo non funzionò, perché i grandi
proprietari terrieri, grazie alla loro immensa ricchezza, si impossessarono della maggior parte delle
aste.
RIVOLUZIONE AGRARIA
Diversa era la situazione in Gran Bretagna, Olanda, Nord della Francia e in Italia settentrionale, in
cui furono introdotti nuovi sistemi di coltivazione, prodotti alimentari, strutture agrarie, in modo
da sfruttare con più intensità i campi: questo fenomeno prende il nome di “rivoluzione agraria”.
Un cambiamento decisivo fu sicuramente la sostituzione della rotazione triennale con la
cosiddetta “rotazione continua”, che consisteva l’abolizione della maggese e l’introduzione di
piante per il bestiame, legumi, tuberi, che si alternavano con i cereali. Con questa tecnica si
otteneva una quantità maggiore e una varietà maggiore di alimenti che erano destinati sia per gli
uomini che per gli animali. La rotazione continua garantiva la coesione tra l’agricoltura e
l’allevamento dei bovini, da cui derivavano carne, latte, lana…
Un altro fattore decisivo per l’aumento della disponibilità dei prodotti alimentari, fu la diffusione
di nuove colture, come ad esempio il mais e la patata, che venivano importate dalle colonie del
Nuovo mondo;
Mais: era un prodotto favorito dal clima mite, con la possibilità di essere raccolto più volte
in un anno. da esso si poteva ricavare la farina gialla, che diventerà fondamentale per
produrre la polenta, piatto fondamentale per la dieta dei contadini, che preferivano
destinare i cereali tradizionali ai mercanti urbani, da cui traevano più guadagno.
Ovviamente questo comportamento alimentare portò anche delle conseguenze gravi,
come ad esempio la diffusione del monofagismo, ovvero un’alimentazione centrata su un
unico prodotto che causa malattie e alterazioni agli equilibri alimentari. Una delle malattie
causate dall’eccessivo consumo del mais era ad esempio la pellagra;
Patata: essa presenta il vantaggio di essere coltivata a qualsiasi altitudine e di avere una
resa migliore dei cereali. Essa divenne base della dieta dei ceti popolari dell’Europa centro-
settentrionale;
Tabacco: grazie al suo grande adattamento dei semi fu iniziato ad essere coltivato in molte
aree del Vecchio continente;
Riso: Esso era uno degli alimenti con la più alta resa di tutti, ma nonostante ciò aveva
bisogno di un’abbondante irrigazione, e proprio per questo il suo habitat naturale divenne
la Pianura Padana.
In Gran Bretagna le campagne era caratterizzate da 2 tipi di terreni:
1. i campi aperti: in cui una volta terminato il raccolto, la comunità del villaggio aveva la
possibilità di far pascolare il bestiame sul terreno;
2. Le terre comuni: venivano usate per coltivare, per la caccia o per la raccolta del legname.
Dalla seconda metà del 600’ i campi aperti furono sostituiti con i campi chiusi, ovvero le
“recinzioni”, che erano caratterizzate da siepi, palizzate e soprattutto muretti a secco.
Conseguenza di tale processo fu la nascita di grandi aziende agricole che avevano a disposizione
dei “capitali” per pagare la manodopera impiegata su di esse.
IL COMMERCIO TRIANGOLARE
Il sistema economico che coinvolgeva ormai tutto il mondo ebbe come risultato drammatico il
fenomeno della “tratta degli africani”, che venivano prelevati in Africa per poi essere utilizzati
della coltivazione delle piantagioni. Questo fenomeno faceva parte del cosiddetto flusso del
“commercio triangolare”, chiamato così perché gestito da 3 realtà: Europa occidentale, Africa e
Americhe. Essi facevano da vertici di un triangolo virtuale, che come parte fondamentale aveva i
porti europei (Liverpool, Londra, Nantes…), da cui partivano le navi cariche di oggetti di vario
valore, che poi avrebbero raggiunto le coste africane, per essere scambiati con gli schiavi. A quel
punto le imbarcazioni si dirigevano verso le Americhe dove sarebbero stati di nuovo scambiati con
materie prime, metalli preziosi e prodotti coloniali destinati all’Europa.
Circa 11 milioni tra uomini e donne furono prelevati dall’Africa per essere portati in America, che
penalizzò fortemente le società africane.
INNOVAZIONI TECNICHE
SETTORE TESSILE
Il primo settore ad essere coinvolto dalla rivoluzione industriale fu il settore tessile.
A metà del 700’ questo settore era svolto nelle abitazioni dei contadini, e consisteva
principalmente nella filatura e tessitura a mano o con macchinari rudimentali.
Alcune invenzioni di questo settore fu per prima la “spoletta volante”, successivamente la filatrice
meccanica “spinning jenny”, per poi essere sostituito dal primo telaio interamente meccanico.
I grandi successi in questo settore fece nascere delle fabbriche, che venivano spesso localizzate
presso i corsi d’acqua in modo da sfruttare l’energia idraulica per far funzionare i macchinari.
Il cotone (importato dalle colonie nordamericane) resisteva meglio alla lavorazione meccanica e
soprattutto era un materiale poco costoso.
A favorire ancora di più l’incremento del settore industriale fu l’invenzione della macchina a
vapore da parte di James Watt, che permetteva di azionare contemporaneamente più telai.
SETTORE SIDERURGICO
La grande invenzione della macchina a vapore no fu solamente usata nel settore tessile, ma anche
nel settore siderurgico, infatti grazie al drenaggio delle nuove pompe a vapore si riuscì a sfruttare
i giacimenti in profondità impensabili fino a quel momento, per poi con l’energia meccanica
riuscire a trasportare in superficie i metalli estratti. Con l’applicazione della macchina a vapore ci
fu l’espansione dell’industrie del ferro, che fece aumentare la domanda di metalli (utilizzati per
costruire le macchine), e di conseguenza la necessità di estrarre in maggiore quantità il carbone,
indispensabile per il funzionamento degli altiforni. Per raggiungere altissime temperature il
carbone a legna non era il materiale più adatto, data il suo scarso potere calorifico, allora si ricorse
all’uso del carbone fossile da cui si riuscì a ricavare successivamente il coke, che presentava un
potere calorifico pazzesco per quel tempo.
Diffusione del Grande risveglio: era un nuovo movimento religioso che invogliava le
persone a non lasciarsi sedurre dalla ricchezza e dal lusso, e seguire uno stile di vita
laborioso e moderato (tipico americano);
Il significato alla partecipazione alla guerra dei 7 anni: infatti questo conflitto fu visto dalle
colonie come una vera e propria “guerra santa”, ed alla fine di essa vennero delusi dalla
madrepatria, visto che la corona britannica non voleva essere coinvolta in guerre tra le
popolazioni dell’ovest e i coloni, Giorgio III proibì l’espansione delle colonie verso ovest.
La politica fiscale: la Gran Bretagna dopo la fine della guerra dei 7 anni voleva godere
pienamente dei frutti della pace, organizzando un piano fiscale, che prevedeva l’aumento
delle tasse alle colonie rispetto ai cittadini della madrepatria, e ciò fu visto molto male dai
coloni.
PROTESTA FISCALE
Dopo la metà del 1700 la Gran Bretagna decise che le colonie avrebbero dovuto contribuire di più
al bilancio dello stato: Nel 1764 fu approvato lo “Sugar Act”, che abbassava il dazio sullo zucchero
ma allo stesso tempo non tollerava il commercio illegale. L’anno seguente fu approvato la “Stamp
Act”, che introduceva l’obbligo di applicare un bollo sui giornali e sugli atti legali.
La giustificazione della madrepatria a tutto ciò era che le colonie si sono approfittate della guerra
dei 7 anni per favorire i propri interessi. La risposta delle colonie fu altrettanto chiara, infatti
dissero che questa guerra fu combattuta non per salvare loro stessi ma per salvaguardare gli
interessi imperiali inglesi. Un ulteriore argomento che sosteneva la critica degli americani era
quello del problema costituzionale inglese, infatti se nel parlamento inglese non c’era nessuno
che poteva rappresentare le colonie, gli inglesi non avevano il diritto di tassarle ulteriormente.
Proprio da ciò nacque lo slogan “No taxation without representation” (“nessuna tassazione è
legittima senza rappresentanza parlamentare”).
GUERRA DI INDIPENDENZA
“MASSACRO DI BOSTON” ALLA GUERRA
La scintilla che fece scattare la rivolta armata scoppiò il 5 marzo del 1770, quando alcuni ragazzini
iniziarono tirare palle di neve contro una sentinella inglese per scherzo. Ma questo gioco presto si
trasformò in un vero scontro tra alcuni bostoniani e le truppe inglesi, che persero il controllo,
provocando 4 morti e alcuni feriti. Questo avvenimento fu enfatizzato dalla stampa come il
“massacro di Boston”.
Tre anni dopo con il “tea Act”, che permetteva alla Compagnia delle Indie di avere delle
agevolazioni fiscali sulla vendita del tè, ad un prezzo così basso da rendere inutile il
contrabbando, fu chiaro ai coloni che la Gran Bretagna voleva avvalersi di questo monopolio.
Allora ci fu una reazione: in primo luogo fu impedito lo sbarco del tè, e se esso fosse riuscito a
sbarcare, sarebbe stato lasciato marcire nei magazzini. Il gesto più clamoroso avvenne dopo, con il
Boston tea party, in cui 45 tonnellate di tè fu riversato in mare.
La Gran Bretagna in risposta a questo episodio varò delle leggi, dette “intollerabili”, che sancivano
la chiusura del porto di Boston, con il risarcimento completo alla Compagnia delle Indie, e furono
abolite le autonomie del Massachusetts.
In questo momento gli americani decisero di convocare un Congresso a Filadelfia, il 1 settembre
1774, in cui non si riconoscevano le sanzioni da parte degli inglesi. Questo congresso (il primo
congresso continentale), chiedeva alla madrepatria un’autonomia fiscale e amministrativa,
avendo la speranza che il re Giorgio III intervenisse contro la tirannide del Parlamento inglese. Ma
non fu così, infatti nel 1775 le truppe inglesi raggiunsero le coste americane dove scoppiarono i
primi scontri armati.
L’INIZIO DELLA GUERRA
Nel maggio del 1775 di riunì il secondo Congresso continentale, in cui si decise di organizzare un
esercito alla guida di George Washington, per passare alla resistenza armata.
Nel mentre Giorgio III apriva ufficialmente le ostilità nei confronti dei coloni, dando vita così alla
vera e propria Guerra di indipendenza.
Ovviamente le forze in campo erano decisamente sbilanciate, infatti i coloni erano male armati e
con 0 esperienza militare.
Nonostante ciò Washington fu molto abile a stimolare l’esercito convincendole che si trattava di
una guerra che valeva per il loro futuro e dei loro figli. Altri fattori si rivelarono a favore degli
americani, infatti essi conoscevano perfettamente il campo di battaglia, a differenza degli inglesi
che si trovavano disorientati a combattere nel Nuovo continente.
LA DICHIARAZIONE D’INDIPENDENZA
Il 4 luglio del 1776 il Congresso di Filadelfia approvò la Dichiarazione di indipendenza, in cui
venivano evidenziate ancora più chiaramente le ragioni della ribellione (essa fu stata scritta e
stesata da Thomas Jefferson).
La Dichiarazione era caratterizzata da dei punti centrali:
Tutti gli uomini dovevano avere uguali diritti, idea ispirata dai principi illuministi;
Il governo doveva fondarsi sul consenso dei governanti;
La Dichiarazione giustificava la nascita degli Stati Uniti d’America in quanto le colonie
erano in grado di essere governate da sé stesse;
Questo testo americano fu il primo testo a rivendicare la sovranità di un popolo.
LO SCONTRO ARMATO
Dopo alcune battaglie che favorirono l’esercito inglese, nel 1776 Benjamin Franklin, si recò a
Parigi, e grazie alla sua ammirazione verso l’illuminismo riuscì a convincere l’opinione pubblica
francese a sostenere la ribellione delle colonie. Fu così che 3 anni dopo ci fu l’intervento
dell’esercito francese e in seguito anche quello spagnolo che si alleò con gli americani. Era
evidente quindi che il conflitto stava assumendo un carattere internazionale.
Nel 1777 gli americani ottennero un’importante vittoria sugli inglesi nella battaglia di Saragota,
per poi successivamente sconfiggere definitivamente l’esercito inglese nella battaglia di
Yorktown.
Nel settembre del 1783 si stipulò la pace di Versailles, in cui la Gran Bretagna riconosceva
l’indipendenza delle colonie e dovette restituire alla Francia i Caraibi e il Senegal, e alla Spagna
Minorca e la Florida.
Ovviamente non tutti gli abitanti delle colonie si erano schierati dalla parte dell’indipendenza, e al
contrario si erano schierati dalla parte della madrepatria. Un esempio ero i lealisti.