Scrivere e Parlare in Italiano

Scarica in formato pdf o txt
Scarica in formato pdf o txt
Sei sulla pagina 1di 25

INTRODUZIONE:

Parlare e scrivere sono attività diverse ed è un dato di fatto che fa parte


dell'esperienza comune. Però, non è possibile differenziarli in modo
netto dato che numerose realizzazioni testuali si frappongono tra il
parlato più tipicamente inteso (parlato-parlato) e lo scritto prototipico
(scritto-scritto). Per dar conto di queste realizzazioni intermedie, gli
studiosi fanno riferimento allo scritto-parlato, come è per esempio quello
delle lettere o dei diari; e al parlato-scritto, ossia quello che è «scritto per
essere detto come se non fosse scritto», come è quello dei copioni
teatrali e cinematografici. L'oralità è legata alla presenza simultanea di
chi parla e di chi ascolta. Ma l'epoca moderna ci ha insegnato che il
parlato grazie al telefono, alla radio o alla televisione, può anche essere
trasmesso a distanza. E infatti all'inizio degli anni Ottanta Francesco
Sabatini (1982) ha descritto l'italiano "trasmesso" come una varietà della
lingua. Lo scopo di questo volume è quello di mettere ordine e aiutare
colui che legge a capire la differenza tra i vari tipi di testi; aiutare a capire
cosa può causare un testo scritto male come un-email non adeguato al
contesto comunicativo.
CAPITOLO 1 (Comunicare è variare)
1.1 Comunicare: cosa, con chi, perché.

Partiamo dal presupposto, che si comunica perché si ha qualcosa da


dire. La comunicazione umana è finalizzata alla trasmissione di un
messaggio ed è un processo che coinvolge almeno due persone:
destinatario ed emittente. Si parla e si scrive per farsi capire, ed è giusto
che il messaggio arrivi al destinatario nella maniera più chiara ed
efficace possibile così che la decodificazione non richieda uno sforzo
eccessivo da parte del destinatario stesso. Con ciò non si intende che la
lingua debba essere sempre facile, perchè se lo è per quanto riguarda i
programmi televisivi di intrattenimento non lo sarà per le discipline
complesse come la scienza, la giurisprudenza e la filosofia. Produrre un
testo chiaro ed efficace significa evitare l’oscurità non voluta ed evitare
di cadere nell’errore di chi attribuisce valore stilistico ai tratti più tipici
dell’italiano burocratico. Vuol dire anche evitare di utilizzare parole che
non si appartengono compiendo l’errore di confonderle con altre dal
suono simile. Ad esempio chi dice innestare un processo (invece di
innescare). Per scrivere e parlare in modo efficace la prima cosa da
valutare è il contesto in cui avviene la comunicazione, la formalità.
Nelle situazioni formali si tende a scegliere forme linguistiche dotate di
maggiore prestigio. Parlando, si cerca di scandire bene ciò che si dice;
scrivendo, si deve prestare attenzione alla corretta grafia delle parole.
Chi parla e scrive in situazioni informali è più rilassato questo perché
riconosce che si è in un rapporto di tipo paritario e sceglie di compiere
scelte più facili durante la comunicazione.

Avere una buona competenza comunicativa non significa solo


produrre frasi corrette dal punto di vista grammaticale, ma vuol dire
riuscire a selezionare i tratti linguistici più adatti ai testi, parlato o scritto.
Se in una situazione molto informale, invece di dire ‘’Non capisco un
accidenti di quello che mi stai dicendo!’’, dicessimo ‘’Non riesco a
comprendere nel modo più adeguato il senso delle parole che proferisci’’
ci sentiremmo dire ‘’parla come mangi!’’.
L’errore contrario, sarebbe uno studente che ferma un professore
all’università per chiedere un informazione dicendo:
‘’Professore scusi se le rompo le scatole…’’.
Questo è un modo di dire inadatto a un contesto professionale e allo
scambio comunicativo con qualcuno di grado superiore. Appare molto
più adeguata al contesto, la frase rivolta al pubblico in un concerto:
‘’grazie ragazzi/un casino assurdo per Mirko per favore!’’; casino
viene utilizzato con il significato di rumore, confusione e disordine ed è
comune nel linguaggio giovanile. ‘’Rompere le scatole’’ equivale alla
parola ‘’non disturbare’’, ma è molto diverso il contesto in cui la frase
viene pronunciata.

1.2 Parametri di variazione della lingua.


La lingua non è unica per tutti gli ambiti, cambia in base all’uso che ne
fanno i parlanti e come è impiegata diversamente in base alle situazioni
comunicative in cui ci si trova. Per definire l’aspetto della variazione
linguistica a cui ci siano riferiti, i linguisti parlano di diafasia. Quest’ultima
riguarda anche gli usi della lingua che dipendono dall’argomento del
discorso e nell’ambito professionale di chi la usa. Qualsiasi lingua
cambia poi nel corso del tempo e a questo ci si riferisce con il termine
diacronia (diá+kronos ‘tempo’). Altri parametri di variazione dipendono
dal singolo parlante, ovvero dal suo livello socio-culturale e dalla sua
provenienza geografica. Nel primo caso si parla di diastratia e ci si
riferisce allo strato sociale e al livello di istruzione del parlante o
scrivente. Da questo ambito di variazione dipende la varietà dell’italiano
popolare, individuata a partire dall’analisi di testi scritti da persone poco
istruite, come le lettere dei prigionieri italiani della Prima guerra mondiale
o quelle che gli emigrati mandavano alle famiglie. Non si trattava di veri
e propri analfabeti, ma di persone semi-colte (così definite da Francesco
Bruni). I loro testi si caratterizzavano per una dipendenza dal dialetto e
per la presenza di tratti di semplificazione della norma linguistica.
I diversi usi della lingua italiana dovuti alla provenienza geografica del
parlante rientrano nella variazione data dalla diatopia. In ogni area del
nostro paese viene parlato un dialetto diverso, nel repertorio italiano il
parametro di variazione diatopica non riguarda i dialetti, riguarda il fatto
che in ogni area della penisola l’italiano sia parlato in un modo diverso
perché entra in contatto con il dialetto locale e ne viene influenzato.
Gli italiani regionali differiscono tra loro per l’interferenza di tratti
prosodici, fonetici, morfosintattici e lessicali di origine dialettale. Anche la
differenza tra lo scritto e il parlato rientrano nella classificazione degli
ambiti di variazione dell’italiano. Si parla, anche, di diamesia, ovvero del
cambiamento determinato nella lingua dal mezzo di comunicazione.
L’anno precedente Sabatini aveva parlato di italiano trasmesso per
riferirsi alla varietà della lingua della radio, del cinema e della televisione.
L'italiano trasmesso prevede che emittente e destinatario condividano gli
elementi costitutivi del contesto comunicativo (spazio e tempo). Chi parla
in televisione, non sa esattamente a chi si rivolge e se ciò che sta
dicendo sia chiaro a tutti i telespettatori, da cui non può avere un
feedback in tempo reale. Un tipo particolare di trasmesso è costituito dal
parlato filmico. Nei film, o anche nelle serie tv, vediamo interagire
personaggi che devono essere realistici, altrimenti non potremmo
immedesimarci nelle loro storie. Tutti gli ambiti di variazione sono in
stretta correlazione tra loro, in un rapporto definito di covariabilità: i tratti
più caratteristici di una varietà, possono coesistere con altri che
dipendono dalle caratteristiche del parlante. Si riporta di seguito la
trascrizione di un'intervista rilasciata da un ragazzo romano in occasione
dell'inizio dell'anno scolastico. È un testo tipicamente parlato, come
dimostrano le numerose ripetizioni, i cambi di programma, i connettivi
usati come riempimento fonico. Il parlante mescola elementi marcati
diatopicamente (il pronome riflessivo se) e tratti marcati in diafasia,
come modi di dire (a gonfie vele). Dato che la punteggiatura è un tratto
tipico della scrittura che non ha senso riportare nella trascrizione del
parlato, si è preferito usare la barra obliqua (/) per indicare una pausa
breve e una doppia barra (//) per indicare una pausa più lunga.
(pag.20 immagine)
Chi ha scritto questo post ha usato evidentemente una scrittura per una
cosa non importante, quindi quando si parla di desacralizzazione della
scrittura ci si riferisce a questo ovvero scrivere di cretinate e in realtà
scrivendo questo stai raccontando qualcosa di te. Perché in questa
immagine chi scrive usa prima l'italiano poi il siciliano? Uso nubico
del siciliano per fare ridere e per giocare e poi c’è una cosa molto
importante che caratterizza questo testo ovvero che il testo scritto se
leggiamo solo quello in sé non è completo. Questo perché se quella
scrittura la togliamo dall’immagine non vuol dire nulla, o vuol dire poco.
Per essere compresa nella sua totalità deve essere legata all’immagine
con la quale è pubblicata. Quindi la scrittura digitale, cosiddetti testi
brevi, sono caratterizzati da una strutturale intertestualità cioè il testo
diventa completo insieme all’immagine a cui si lega altrimenti il testo da
solo, come il parlato fuori dal contesto, non è comprensibile. Tutti questi
elementi che noi stiamo prendendo sono gli elementi del parlato, per cui
è un testo scritto che diventa significativo perché abbiamo la modalità
del parlato che entra nella scrittura. La modalità del parlato, parlo
velocemente prestando attenzione alla semantica e non alla forma,
legando il testo che produco al contesto in cui mi trovo altrimenti non è
comprensibile.

1.3 La spinta del parlato e la trasformazione del repertorio


linguistico: dallo standard all’e-taliano?

L'italiano che chiamiamo standard è quello normativo, pertanto


insegnato e descritto dalle grammatiche. Negli usi orali di elevata
formalità o negli usi scritti, perché è molto difficile che dai tratti prosodici
di chi parla non si intuisca la sua provenienza geografica, a meno che
non sia un attore. Chi parlasse lo standard, inoltre, dovrebbe far ricorso
solo agli elementi linguistici "corretti", ossia a quelli previsti dalla norma.
L’espansione del parlato ha portato alla diffusione di usi che ne erano
tipici e che, considerati errori, erano stati esclusi dalla tradizione
scrittoria. Si tratta di usi che riguardano tutti i livelli linguistici (morfologia,
fonetica, sintassi…) e che Sabatini ha definito come ‘’sistemici’’.
La loro diffusione ne ha comportato la progressiva accettazione sociale
e sono i seguenti:

In ognuna di esse c'è una forma tipica del parlato quotidiano e diversa
dallo standard aulico. L'uso del pronome lui in funzione di
soggetto che si rileva nella frase a) non è certo una novità dell'italiano
contemporaneo: vitale già nel parlato della Firenze del Quattrocento (era
accettato, per esempio, da Leon Battista Alberti), tale uso non venne
però accolto nella norma fissata nel 1525 da Pietro Bembo e da quel
momento fu censurato. Nell'Ottocento fu tra le forme che Manzoni
introdusse nei Promessi sposi nel corso della revisione linguistica
dell'opera, proprio per far sì che il suo romanzo suonasse "più parlato"
e quindi che la lingua avesse un andamento più naturale. Usi
pronominali implicati ci sono anche nella frase b), dato che lo standard
esclude l’uso di gli come complemento di termine plurale; e nella frase
frase c) in cui è usata una forma di connettivo detto che polivalente
(uso del che come connettivo generico, cioè come elemento
grammaticale che collega due enunciati). Nella frase d) è presente una
dislocazione, finalizzata a mettere in primo piano il tema di cui si sta
parlando: l'ordine delle parole è diverso da quello previsto dallo standard
e all'inizio della frase è collocato l'argomento di cui si deve parlare, il
tema (di questo), ripreso e sottolineato dal pronome (ne). Nella frase e)
questa volta si tratta di una frase scissa, dove abbiamo il verbo essere
a inizio frase e il pronome relativo che inglobano il rema (i bambini, ossia
l'elemento di novità) in una sorta di cornice, al fine di metterlo in risalto.
Nell'ultima frase, si tratta dell'imperfetto di cortesia, cioè dell'uso
dell'imperfetto non in funzione temporale ma in funzione modale. In
questo caso, al parlante ha usato la perfetto al posto del condizionale
per attenuare la forza del proprio atto linguistico, nonostante l'azione del
porre una domanda si riferisca a un momento presente.
CAPITOLO 2 (Scrivere e parlare)
2.1 Questione di canale…
2.2 …o questione di modalità?

Qual'è la differenza tra canale e modalità?


Il canale è il mezzo attraverso il quale noi comunichiamo. Quindi il
canale, diciamo, è lo strumento principe quello per cui tradizionalmente
si è distinto lo scritto dal parlato perché è un messaggio che passa
attraverso un canale differente e oggi molto più proficuo è parlare di
modalità. In televisione o al cinema se noi ad esempio dobbiamo fare la
trascrizione, anche perché viene meglio, dobbiamo trascrivere il
linguaggio cioè dobbiamo rendere su carta il linguaggio di una clip di una
scena di una serie televisiva. Che cosa faremo quindi? Trascriveremo i
dialoghi. Ma i dialoghi bastano? No, evidentemente se io devo fare la
trascrizione di un qualcosa che vedo in televisione non basta il dialogo
perché la comunicazione non basta. Perchè se dico ‘’tieni’’, ma tieni
cosa? Nel vedere la serie televisiva può essere ‘’tieni’’ e gli dà uno
schiaffo oppure ‘’tieni’’ e gli porge un libro; quindi può essere qualsiasi
cosa. Quindi ci vuole quantomeno una didascalia che renda esplicito che
cosa sia il ‘’tieni’’ e quindi tra parentesi si dovrebbe dire dandogli un
ceffone o dandogli un libro, ma poi dandoglielo come? Dovrei fare una
trascrizione multimodale che renda conto del fatto che una stessa scena
ha un insieme di significati che vengono dalla parola, dall'immagine,
dalla colonna sonora.

La modalità è una cosa molto più ampia, cioè riguarda le scelte


preferenziali che chi costruisce un messaggio compie in base a una
serie di fattori compreso anche il canale e che riguardano il contesto.
Per trasmettere il nostro messaggio nel modo più efficace parlando o
scrivendo, è importante riflettere su che cosa rende diverso un testo
scritto da uno parlato. La differenza non riguarda solo il fattore stile, ma
è legato anche al fatto che un testo progettato per la scrittura debba
avere caratteristiche strutturali diverse da uno parlato.
Abbiamo il canale di trasmissione, mezzo attraverso il quale l’emittente
trasmette il proprio messaggio. Quando si parla il messaggio, sfrutta
l’aria come mezzo di trasmissione. A meno che non le si registri, le
parole si dissolvono in maniera rapida nell’aria.
Nel parlato la semantica prevale sulla sintassi: chi parla si concentra sul
senso di ciò che intende comunicare, senza badare troppo alla
correttezza formale. Al contrario, chi scrive ha molto più tempo per
progettare il proprio testo, perché la scrittura è stabile essendo fatta su
carta. Chi scrive, ha l’opportunità di rileggere ciò che ha scritto più volte
e apportare le correzioni necessarie e quindi, verificare che le parole
scelte siano chiare, corrette e appropriate al contesto. Importante ruolo
nella comunicazione la assume la gestualità. I gesti sono segni
paralinguistici codificati diversamente a seconda delle varie culture; ad
esempio, i gesti che mimano l’atto del fumare una sigaretta o quello del
bere. A seconda del gesto prodotto, possiamo distinguere cosa si
intenda bere, se un caffè, un alcolico o un bicchiere d’acqua e tutto
questo attraverso la mimazione. Ad oggi, sono molto usate le emoji
(emoticons) e sono diventate uno strumento importante, tipiche della
messaggeria istantanea dei telefonini (chat, blog e anche email), usate
al fine di esprimere le proprie emozioni.

2.2.1 La costruzione del testo


Il parlato è un processo che si svolge in tempo reale. Anche se il
parlante sa che cosa vuole dire, prima di farlo non sa esattamente come
lo dirà; quindi non pianifica dettagliatamente il proprio discorso. Una
conversazione spontanea, che può avvenire faccia a faccia ma anche al
telefono, è molto veloce e chi parla non ha il tempo di pianificare ciò che
deve dire. Da questo, nasce un discorso discontinuo, frammentario e
caratterizzato da una progressione tematica poco lineare. Questo tipo di
discorso prende il nome di ‘’disfluenze’’, interruzioni dovute a cambi di
progetto. Riportiamo l’esempio di una signora che chiede informazioni su
dove si trovi un laboratorio di analisi mediche, dove l’andamento del
testo è discontinuo perché la parlante si interrompe di continuo:
2.2.2 L’interattività
Nell’analisi del parlato oltre a prendere in considerazione le scelte
compiute da chi produce il testo, bisogna considerare anche il ruolo
importante svolto da chi lo riceve e lo interpreta. Il parlato è una
costruzione interattiva, dove gli elementi poco chiari, impliciti o
incompleti del messaggio vengono ripresi e colmati dal ricevente.
Il ricevente in parte coopera alla produzione e all’interpretazione del
discorso e in parte assicura l’esito positivo dello scambio comunicativo
perché dà la possibilità all’emittente di rivedere le proprie scelte.

2.2.3 La deissi
La deissi può essere di tipo spaziale, comunicazione parlata allo spazio
in cui avviene la comunicazione; temporale, usata in riferimento a
momenti anteriori o posteriori a quello dell’enunciazione; sociale,
relativa al ruolo sociale e al rapporto che lega tra loro gli interlocutori.
Usare i deittici quando si parla, oltre ad essere naturale è anche una
scelta economica con lo scopo di appesantire i testi prodotti. Quindi, chi
scrive un testo deve avere ben presenti le caratteristiche della deissi,
abbiamo uno studente che riassume la trama del film Avatar:
‘’L’ex marine, essendo l’unico al mondo con lo stesso codice genetico
del fratello, era l’unico in grado di poter guidare questo mostro L’avatar.’’
L’uso del deittico farebbe pensare che lo studente si riferisca a qualcosa
di cui già nel testo aveva parlato. Però, per l’appunto, non è così e forse
lo scrivente aveva l’immagine talmente vivida nella sua mente che,
pensava già di averne parlato o che comunque si trovasse in presenza
del mostro e, dunque, indicarlo.

2.2.4 I segnali discorsivi


Si indica con questo nome un insieme di elementi (nomi, avverbi,
congiunzioni, espressioni complesse…). I segnali discorsivi sono
strettamente connessi ai connettivi (e, poiché, come, dove…).

In questi casi i segnali


discorsivi non contribuiscono al contenuto semantico e informativo
dell’enunciato ma alla costruzione generale del testo.
2.2.5 La sintassi del parlato
Il parlato, è un prodotto comunicativo aperto dove la sua sintassi è
lineare; al contrario di quanto avviene nell’oralità, il testo scritto è
caratterizzato da una sintassi di tipo planare: i periodi possono essere
più lunghi e articolati, perché la produzione e la ricezione del testo non
sono sincrone. La sintassi serve a mettere ‘’in ordine’’ gli elementi della
frase e quindi, le informazioni che vogliamo trasmettere. La nostra lingua
trasmette le informazioni in maniera progressiva, dando conto prima di
ciò che è noto (tema) e poi introducendo l’elemento nuovo (rema).
Si può dire ‘’Anna canta’’ ma anche ‘’Canta Anna’’, anteponendo il verbo
per mettere in evidenza che colei che sta cantando è Anna.
Si parla di topicalizzazioni se mettiamo in evidenza il tema: Anna l’ho
vista ieri; o di focalizzazioni se mettiamo in evidenza il rema: Canta
Anna o È Anna a cantare.

‘’La canzone la canta Anna’’: dislocazione a sinistra, spostiamo


l’enunciato a sinistra.
‘’La canta Anna la canzone’’: dislocazione a destra, spostiamo
l’elemento topicalizzato a destra.
‘’È Anna che canta la canzone’’: frase scissa dove il verbo essere viene
messo in evidenza e abbiamo anche il pronome relativo ‘’che’’.

A te ti piace /a me /me piace: ridondanza pronominale, perché la


funzione di complemento di termine è svolta dalle forme pronominali a
me e mi.
CAPITOLO 3 (La concretezza del testo scritto)

Perché questo titolo? Perché questo capitolo si occupa del testo scritto/
cartaceo tradizionale e allora quando si dice tradizionalmente la
differenza tra lo scritto e il parlato, cosa si dice sempre? Il parlato è
volubile perché passa attraverso l’area; lo scritto è stabile, concreto
perché è scritto su un supporto e quindi su carta, su pietra, su
pergamena…, quindi è stabile e si può recuperare nel tempo. Da queste
caratteristiche fisiche dipendono scelte linguistiche, siccome è stabile
non c'è fretta chi lo legge non ha quei pochi secondi per decodificarlo.
Lo legge, lo rilegge e lo può rileggere tutte le volte che vuole per capire
meglio; quindi il testo può essere più complesso anzi deve essere più
complesso perché non deve essere ambiguo, deve essere autonomo.
Quindi il testo scritto stabile dev'essere preciso, articolato, corretto non
per un fatto di registro ma per un fatto di efficacia, dev'essere più vicino
alla norma perché è l'unico modo in cui quel testo non sarà ambiguo
quindi sarà chiaro in tutte le sue articolazioni. L'ortografia può creare
delle ambiguità.

3.1 L’ortografia
Avere dubbi sulla lingua che si usa è un’ottima cosa: significa porsi il
problema e quindi riconoscere che nel sistema grafico dell’italiano ci
sono dei punti di crisi. Da questa consapevolezza si può comunicare
almeno da un vocabolario e da un buon uso della grammatica.
Chi invece quando scrive non si pone alcun problema è destinato a
compiere molti errori, causati dall’abitudine di trasferire nel testo scritto
le parole così come vengono pronunciate.

3.1.1 Si legge come si scrive?


È molto diffusa l’idea che l’italiano si legga proprio come si scrive.
È importante sottolineare che il sistema grafemico della nostra lingua è
abbastanza complesso. Ci sono grafemi con un valore polivalente:
che esprimono più di un fonema (e,o,c,g,s,z); due grafemi (i,u) che a
seconda del contesto fonetico hanno valore vocalico o semivocalico;
un grafema (h) che ha solo valore diacritico, cioè non si pronuncia ma
che serve a modificare il valore della consonante a cui si accompagna
come a e ha;
un grafema sovrabbondante (q), che ha lo stesso suono della
combinazione cu; vanno poi aggiunti i digrammi, ovvero le combinazioni
di due lettere dell’alfabeto per rendere un solo suono (gl,gn,sc) e i
trigrammi (sci,gli). Le caratteristiche della nostra ortografia, rendono
omografe parole che, nello standard non sono omofone: questo perchè
tendiamo a scrivere allo stesso modo parole, che in realtà hanno un
suono diverso; fuso con s sonora, verbo fondere e fuso con s sorda
‘attrezzo per filare’. A complicare la resa grafica dell’italiano è il fatto che
ci sono tante pronunce che variano a seconda del contesto in cui
avviene la comunicazione e quindi del tipo di parlato.

3.1.2 Quando la i è superflua


Ci sono diverse parole in cui questa i ‘superflua’ compare ed è spesso
causa di confusione per chi scrive. Esempio: cielo e cieco in queste
parole la i ha un valore distintivo, perché permette di non confondere
cielo con celo (voce del verbo celare) e cieco con ceco (abitanti della
repubblica Ceca). La i che abbiamo definito superflua si trova in alcune
parole di origine classica (effigie) e il suffisso -iera (formaggiera e
raggiera). Non la si trova però in ingegnere e ingegnoso.

3.1.3 Scrivere i plurali ‘’difficili’’


Il plurale delle parole -cia (camicia,roccia) e in -gia (ciliegia, spiaggia).
Al plurale non sarebbe necessario usare la i per rendere il suono
palatale. Proprio questo è uno dei casi in cui chi non applicasse la
norma scolastica rischierebbe di essere preso per ignorante. La lingua
italiana per moltissimo tempo è stata caratterizzata dalla presenza di
numerosi allotropi, parole per le quali si potevano avere forme diverse.
3.1.4 L’insidia delle doppie
Per consonante doppia si intende la pronuncia intensa di un fonema
consonantico a cui di solito nella scrittura corrispondono due grafemi
identici di quella consonante. Ma non è sempre così: bagno e agnello,
foglia e figlia, lascia e biscia queste parole anche se sono intensi per
renderli nella scrittura non si usano le doppie. Gli italiani pronunciano la
loro lingua con grandi variazioni regionali e uno degli ambiti in cui più
queste variazioni sono forti è proprio quello della differente lunghezza
articolatoria dei foni. Attenzione, però, ai casi in cui in una stessa parola
ci siano, o si percepiscono, più casi di raddoppiamento perchè così le si
pronuncia (eccellenza che potrebbe facilmente essere scritta
ecellenza).

3.1.5 Il raddoppiamento fonosintattico


Il raddoppiamento fonosintattico è tipico del toscano parlato e degli
italiani regionali dalla Toscana in gù. La pronuncia intensa non viene
resa nella scrittura: siamo abituati al fatto che si scriva ‘a casa’ ma che si
legga ‘accasa’, o che a ‘va bene’ corrisponda nell’oralità ‘vabbene’.

3.1.6 Elisione e troncamento


L’elisione è la caduta di una vocale alla fine di una parola che ne
precede un’altra che inizi a sua volta per vocale. L’elisione si segnala
con l’apostrofo dove nel caso di articoli determinativi singolari davanti ad
una parola che inizia per vocale è obbligatorio: l’amore/l’amo- la amo.
Un altro caso riguarda la scrittura del ci attualizzante, ossia del
pronome ci che unito al verbo avere ha la facoltà di ‘’attualizzarlo’’ e
modificarne il significato.
Il troncamento (o apocope) è la caduta di una vocale o della sillaba
finale di una parola e avviene anche quando la parola successiva non
inizia per vocale e non è quasi mai segnalata dall’apostrofo.
L’articolo indeterminativo maschile non vuole mai l‘apostrofo, invece il
femminile sì (un’amica;un’elica).
3.1.7 Segni paragrafematici
I segni paragrafematici comprendono tutti gli elementi della scrittura che
non sono grafemi. Rientrano tutti i tratti che si combinano con una o più
lettere o che ne marcano la forma per distinguerle le une dalle altre.
Oltre all’apostrofo, vi rientrano anche gli accenti che sia grave, acuto o
circonflesso; i trattini; le parentesi e i diversi tipi di carattere (tondo o
corsivo).

3.2 L’interpunzione
Le pause che facciamo quando parliamo dipendono dalla necessità di
programmare il discorso e poi, ci sono anche le pause che possono
servirci per respirare. Oggi ci si è resi conto del fatto che sono possibili
anche gli usi asintattici della punteggiatura che sono sempre più
accettati. La funzione che oggi si attribuisce alla punteggiatura è
comunicativa. Per comprendere bene cosa sia corretto e cosa invece
costituisca un errore negli usi interpuntivi bisogna guardare al testo nel
suo complesso.

Il testo sarebbe stato molto più efficace se fosse stato formulato nella
maniera seguente:

‘’La donna non ha ancora fatto la denuncia ai carabinieri, che


intendono verificare il suo racconto’’.
Questo tipo di relativa si chiama appositiva e prevede l’uso delle virgole.
Dunque, bisogna avere un uso sapiente e cosciente della punteggiatura
e sapere che la presenza della virgola ha un significato molto forte.
‘’Mi piace il gelato che hai comprato ieri’’.
Questa relativa specifica quale gelato mi piaccia e non può essere
separata dalla proposizione principale.
CAPITOLO 4 (L’immaterialità del testo digitale)
4.1 Un nuovo paradigma della comunicazione
In questo capitolo si parla di un testo non materiale, quindi digitale;
questo perché oggi la scrittura è estremamente cambiata. Qui si fa un
riassunto della storia della scrittura, del fatto che in Italia per la storia
della lingua italiana la scrittura per tanto tempo è stata patrimonio di una
minoranza di persone cioè c'erano in Italia fortissimi problemi di
analfabetismo, di mancata capacità di parlare in italiano e scrivere
quindi nel corso della storia italiana si è vista aumentare la diffusione
dell’italiano e la capacità di scrivere. Però è anche vero che anni fa
sembrava che quasi la scrittura fosse un po’ scomparsa perché
nell'ultimo secolo, il 900 ha visto aumentare sempre di più la capacità di
parlare italiano ormai tutti parlano in italiano però è anche vero che non
tantissimi in Italia leggono. Si leggono pochi libri, tante persone non
leggevano mai e tantissime persone non scrivevano mai. Però cresceva
soprattutto l'italiano popolare e c'erano tantissime persone che facevano
pensare che la scrittura sarebbe stata appannaggio di pochissimi e
sarebbe quasi scomparsa. Questo perché sempre di più viviamo nella
società dell'immagine ormai la gente non leggeva più il giornale ma
guardava solamente il telegiornale, si ascoltava musica, insomma la
parola orale sembrava prevalere sempre di più.

Oggi però viviamo innegabilmente in un contesto radicalmente diverso.


Perché oggi viviamo in un contesto in cui la scrittura è ri-diventata molto
presente nella vita di tutti, anche per quanto riguarda le persone che non
scrivevano, sia come scrittura che si può decodificare quindi lettura, sia
come scrittura da produrre. Però quale scrittura? Una scrittura diversa,
una scrittura prodotta digitalmente, quindi la scrittura trasmessa. Non c’è
solo il parlato trasmesso dalla televisione, dal cinema, dalla radio;
qualsiasi parlato che non è nello stesso contesto ma viene trasmesso
attraverso un canale radio/un mezzo fisico ma c’è anche la scrittura
trasmessa. Bisogna dire anche qualcosa in più sul parlato trasmesso,
perché ci sono differenze semiotiche molto profonde.
Quando abbiamo parlato del ‘’parlato’’ durante le lezioni, abbiamo preso
in considerazione quello prototipico cioè il parlato faccia a faccia (face to
face) di persone che condividono lo stesso contesto, condividendo lo
stesso contesto io che cosa ho? Il feedback, vedo se chi mi sta
ascoltando mi segue, prende appunti, sistemare qualcosa; insomma ho
un feeback e vedo come sta andando il tutto e se chi mi sta ascoltando
sta seguendo tutto ciò che dico. Ma poi abbiamo anche i deittici che se
io dico ‘’guardate là’’, tutti sappiamo che cos’è ‘’là’’ perché condividiamo
un contesto. Ma soprattutto so che sto parlando con persone che hanno
un certo tipo di competenze. Se io fossi un personaggio televisivo e
parlassi di tutto questo in televisione/diretta, questo sarebbe sempre un
‘’parlato’’ però io quando parlo in televisore a chi parlo? Ad un pubblico
vasto, possono avere davanti potenzialmente tutti; quindi io non ho
davanti queste persone, non le vedo, non so niente di loro e non
conosco i loro prerequisiti e non capirò mai se mentre io parlo loro mi
stanno capendo o meno. Quindi devo utilizzare un linguaggio più
semplice, così lo possono ascoltare i bambini, gli adulti, le persone molto
colte, le persone analfabete. Se durante il programma sentiamo la frase
‘’guardate qua’’ e la telecamera non va ‘’là’’ anche se siamo in diretta noi
‘’là’’ non sappiamo che cos’è, quindi non c’è una deissi vera. Da tutte
queste caratteristiche è stato delineato verso gli anni ‘80 quello che
Sabatino ha definito ‘’parlato trasmesso’’che è una varietà a metà, tra
scritto e parlato perché condivide alcune caratteristiche del parlato
spontaneo ma anche altre caratteristiche della scrittura a partire dalla
pianificazione, dal bisogno di una maggiore semplicità ma anche
correttezza testuale/sintattica. Il parlato trasmesso dalla televisione si
appoggia anche a delle immagini, quello della radio si esprime in modo
diverso. Se noi prendiamo una fiction qualsiasi come ad esempio ‘‘I
Cesaroni’’, abbiamo un dialogo tra due persone e abbiamo l’impressione
di un dialogo reale cioè del parlato così com’è che viene semplicemente
inquadrato e messo in televisione. Ma se lo ri-ascoltiamo in funzione di
quello che stiamo dicendo, è veramente il parlato? No, è pulito rispetto al
parlato ovvero quel parlato che si definisce parlato simulato (simulazione
del parlato) cioè riproducono alcuni aspetti ovvero quelli più importanti
del parlato. Il parlato è un processo, cioè quando noi leggiamo una
trascrizione di un testo parlato, o sentiamo, tocchiamo processi ovvero
un messaggio che prende forma via via che si costruisce.
Quando io leggo un testo scritto invece non deve essere così, il testo
scritto è chiuso; si fa prima una brutta copia, si rilegge, si sistema e poi
si trascrive, questo è il testo ovvero il prodotto finito compiuto dallo
scrivente. Il testo parlato non è un prodotto finito, è un processo che si
svolge con la cooperazione anche di chi ascolta e collabora per fare
capire meglio. In tutte le fiction doppiate troveremo sempre un parlato
pulito con al massimo un’abbondanza di tratti tipici del parlato come
dislocazioni, lessico più enfatico, tratti molto sintattici.

4.2 Scrivere tanto, scrivere tutti


Perché appunto è cambiato il paradigma della scrittura, prima la scrittura
era appannaggio di pochi, cioè tanta gente non prendeva la penna in
mano, quindi tanti finita la scuola non scrivevano più. Invece il parlato
era sempre più invadente. Oggi la situazione è diversissima perché
appunto il paragrafo s'intitola ‘’scrivere tanto e scrivere tutti’’, oggi tutti
scrivono e scrivono tanto. A patto però di un radicale cambiamento della
scrittura, prima la scrittura intanto dell'idea stessa di scrittura perché la
scrittura fino ad allora era considerata un'attività importante, prestigiosa
se noi guardiamo i quadri antichi, degli scrittori di Scrittori ci sono tanti
scrittori o tanti uomini di cultura che si sono fatti ritrarre nel loro studio
seduti o in piedi con un'attività seria con tanti libri, con un tavolo, o
attività che implica concentrazione e anche un po’ isolamento dagli altri.
Un compito in classe d'italiano bisogna essere concentrati, seri e
pensare a quello che si sta scrivendo. Oggi tutti scrivono e non scrivono
più di cose importanti, perché la scrittura un tempo era legata a questioni
di una certa importanza. Oggi si parla anche di cretinate, quelle che
vengono trasmesse sui social, però oggi tutti scrivono; scrivono cosa?
Tutto. Tendenzialmente scemenze anche cose serie, momenti importanti
ma agli inizi di Facebook la domanda a cosa stai pensando? noi la
prendevamo sul serio. Però c'era questo bisogno, ma anche oggi molti,
di raccontare qualsiasi cosa, una cosa non importante che un tempo non
era certo destinata alla scrittura.
Questo che cosa comporta? Comporta dal punto di vista proprio
concettuale un fortissimo cambiamento dell'idea di scrittura che prima
era considerata fino a poco tempo fa un'attività comunque importante da
svolgere con serietà e concentrazione e legata a questioni di una certa
rilevanza.
E oggi, invece, ha perso questo alone di sacralità tant'è che si parla di
desacralizzazione della scrittura. Oggi si scrive di tutto anche sulle cose
più inutili, più banali ovunque e quindi questo comporta meno attenzione
perché se io do l'importanza a quello che faccio mi concentro su quello
che faccio. Ad esempio io guardo la televisione e mentre scrollo su
Facebook o qualsiasi altra cosa. Tanti canali, tante trasmissioni
televisive sono importate su questo. La Social TV che ormai deve essere
fruita attraverso lo schermo televisivo e contestualmente
commentandola attraverso i social anche su Whatsapp e Facebook
ricevendo commenti.

immagine pag.82

Questo post è un testo che prende il suo


significato solo se lo leghiamo all’immagine e al contesto in cui
sappiamo che è stato prodotto. Ovviamente io che leggo questo lo
collego ad una certa data, lo leggessi oggi non saprei di che cosa si
tratta ma siccome l’ho letto in un certo momento sapevo bene che è a
Catania dove abbiamo il giro d’Italia. Non è un testo autonomo, compiuto
con il testo scritto tradizionale perché si dice sempre che il testo scritto
tradizionale deve essere comprensibile senza contestualizzazione.
Questo invece è un testo che vive nella contestualizzazione perché io
quando lo leggo subito capisco di che cosa sta parlando. E lo so,
qualora avessi avuto dubbi, anche perché mette la foto dei ciclisti e
quindi è il Corso Italia in cui passano le biciclette. Quindi so subito
perché questa persona era emozionata.
Ma lei come la scrive? ‘’Quest'anno ho scelto di vederla giù la
partenza’’, che cos'è vederla giù la partenza? E’ ridondante perché la
partenza è una dislocazione, il tema è il tema di cui tutti parlavano in
quei giorni, la partenza del Giro d’Italia quindi il tema messo in evidenza
dislocazione a destra con pronome che lo anticipa. Per quanto riguarda
il tema non c'è bisogno di dire di cosa stiamo parlando perché si sapeva
e quindi c’è una dislocazione di un tratto del parlato.
Perché scrive ‘’emozioneeee’’ con tre cuoricini? Per dare enfasi. La
grafia/la scrittura è talmente tanto diversa da aver portato molti linguisti a
parlare di neografia cioè sembra esserci una regola diversa. Questo tipo
di scrittura è talmente tanto accettato da tutti, più o meno, in cui per
esempio una delle caratteristiche di questa neografia digitale è la
ripetizione della vocale finale per simulare il parlato o per dare maggiore
enfasi quindi un tratto dell'oralità che entra nella grafia della scrittura e i
cuori perché abbiamo già detto che si usano tanto gli emoji per regolare
le emozioni.

immagine pag.83

Il post dice ‘’Ma in che senso’’; ‘’Catania sogna la


bandiera blu per la spiaggia della Plaia’’. In che senso? Perché
qualsiasi catanese sa bene che proprio tutta l'area catanese la bandiera
blu la possiamo sognare perché l'inquinamento è tanto. Quindi
chiaramente è una notizia assurda e veniva commentata così. La frase
ma in che senso? Ha senso solo se legata all'articolo della Sicilia e alle
conoscenze pregresse che chi legge questa cosa ha, perché magari uno
di Bolzano pensa che la Plaia potrebbe essere bandiera blu perché non
sa che ci sono gli scarichi. Il terzo scritto digitale è frammentario perché
vive di un insieme di elementi: quello scritto, quello dell'immagine, della
musica, delle emoji.
Ma la parte scritta veramente è incompleta e frammentaria. Ci sono
molte persone che quando scrivono fanno molti errori, diciamo che da
una parte se ne possono fregare perché sono cose che vengono scritte
su Facebook per parlare di banalità o di politica ma va bene lo stesso
con i miei amici. Però il problema qual è? È sempre l'adeguatezza
della scelta al contesto e la funzione del testo che viene scritto.
Come viene usata la punteggiatura sui social? Non si usa. Oppure
molti la usano ma la usano male. Cioè ci sono delle regole grafiche della
scrittura digitale. La virgola e il punto si appiccicano alla parola
precedente, invece spesso vediamo scritta la parola poi spazio e virgola.
Il punto spesso non viene usato, come se fosse un segno buttato nel
campo di grano oppure al posto del punto o della virgola mi sono le
emoticon. Si usano molto i tre puntini di sospensione però ‘’tre’’ mai.
Sono quattro, sono cinque. Devono essere tre e devono essere attaccati
alla parola che precede e hanno una funzione molto chiara nella scrittura
tradizionale. Però spesso nei social vengono scritti/usati come
interruzioni tra le parole. Poi si distinguono decisamente persone poco
colte che usano la punteggiatura come nell’italiano popolare ma il
problema appunto è distinguerli perché viviamo con tutto questo male
grammaticale.

immagine pag.87

‘’no il problema sta nella cattiva


organizzazione….’’ quindi abbiamo quattro puntini di sospensione ed è
scritto tutto appiccicato. ‘’Io lo so che non arrivo ed entro…per
carità….ma dalle sette è mezza lì…’’. Allora i punti di sospensione non
sospendono proprio nulla, vengono usati solo come separazione degli
enunciati e vengono appiccicati alle parole. ‘’Lì’’, ‘’qui’’ sono deittici che
rimandano ad un contesto. Queste sono caratteristiche di un certo tipo di
scrittura che oggi è cambiato.
‘’Non posso vedermi passare un ospedale davanti’’. Che vuol dire?
Tutte le persone in attesa. Quindi questo è un tipo di elemento lessicale,
tutte le persone in attese all'ospedale. Seguono poi frasi con scrittura
abbreviata/grafica. Questo perché in questi testi diciamo che abbiamo
un lascito della prima scrittura digitale, quella dei messaggini. Perché nei
telefonini non c'erano abbastanza caratteri (solo ottanta) quindi c'erano
delle motivazioni per abbreviare e quindi lo si faceva per risparmiare
caratteri, c'era un senso. Oggi non c'è più questo senso ma è rimasto
come un vezzo per scrivere velocemente per persone di una certa età.
Va bene l'enfasi che viene fuori perché è arrabbiato e lo vuole
dimostrare. Però non usa gli accenti, non usa gli apostrofi, punti
esclamativi e punti interrogativi sono sempre utilizzati sui social ma
sempre in abbinamento due, tre, quattro, cinque. Quindi in fondo
abbiamo la dislocazione da qualche parte e comunque non ci capisci
nulla quindi ci sono sia livello lessicale , morfologico, tratti del parlato
più sciolto sia soprattutto questi elementi di costruzione del testo grafica
che sono quelli indici della scrittura digitale.

Testo pag.89-90 (testo)


‘’E’ stata quindi una vigilessa...e senza motivo’’. Questo testo è
interessante perché è un articolo giornalistico che non sono repubbliche
del corriere della sera anche se oggi la Repubblica del Corriere della
Sera hanno questo, stiamo vivendo un momento di abbassamento della
scrittura, la tolleranza dell'errore vuol dire che si pensa ‘‘vabbè poco
importa’’. Nei giornali di decenni fa parte per delle cose del genere
qualcuno poteva essere licenziato. Oggi si dice ‘’vabbè si capisce che è
un errore’’, questo atteggiamento è proprio il frutto di quella
desacralizzazione della scrittura di cui si parlava prima.
‘’L'ha colpita a calcia, un uomo le si è avvicinata’’ cioè è un testo
sciatto, è un testo fatto male. E poi ci sono tutte quelle espressioni di
plastica della scrittura giornalistica, per fare la fuga, per gli accertamenti
del caso cioè tutte queste espressioni tipiche del linguaggio giornalistico
che vengono definite di plastica.
CAPITOLO 5 (Scrittura epistolare e neo-pistolare)
5.1 Dalla lettera all’e-mail
La storia degli usi linguistici nel nostro paese è stata caratterizzata
da grande stabilità, con il lento progredire di un italiano scritto
normato e modellato. I dialetti non sono morti, inoltre, si scrive più
che mai anche se in modo e in sedi differenti rispetto a prima.
Inoltre, è vero che oggi quasi nessuno scrive più lettere su supporto
cartaceo, ma si è mantenuta la pratica che era alla base delle
lettere tradizionali: scrittura che sostituisca il dialogo in presenza,
facendone proprie alcune caratteristiche essenziali. Tra i tanti tipi di
scrittura digitale che oggi pratichiamo, abbiamo l’e-mail che
permette un dialogo tra emittente e destinatario basato su
dinamiche relazionali. Oggi, però, si scrivono e-mail per qualsiasi
scopo. Per valutare cosa sia corretto e più efficace quando si scrive
un-email, bisogna tener conto di moltissimi fattori, quali il rapporto
tra gli interlocutori, la natura e lo scopo del messaggio.

5.2 Sincronicità, semi-sincronicità e routine testuali


Le e-mail possono essere lette in tempo reale o quasi reale e questa
peculiarità è legata solitamente a una scelta dell’utente che porta gli
scriventi a percepire tale strumento di comunicazione come qualcosa di
simile ai messaggi scambiati in chat (o messaggistica istantanea).
Ma come è preferibile iniziare una email?
Bisogna, dunque, valutare le forme che si usano per rivolgersi a
qualcuno e che vengono scelte in base al grado di confidenza e
formalità. Bisogna utilizzare: Egregia professore/essa.. ed evitare
buongiorno/buonasera perchè non è una chat ma una lettera. Quindi
buongiorno/buonasera sono deittici legati al contesto.
5.3 L’organizzazione di un testo
L’email è pur sempre un testo scritto ed è funzionale a esigenze
comunicative che il dialogo, immediato e non pianificato, non riesce a
soddisfare. Il passaggio dall’oralità alla scrittura innesca meccanismi di
distanziamento e di astrazione, e la pianificazione e l’organizzazione del
testo, finalizzati alla sua chiarezza, sono caratteristiche intrinseche alla
modalità scritta della comunicazione. Risulta dunque efficace una
progressione tematica lineare, in cui le unità informative si susseguano
uno dietro l’altra consentendo al destinatario di seguire agilmente il filo
del discorso.

pag.100 (esempio e-mail)


Il testo inviato dallo studente, preoccupato di non aver seguito alcune
lezioni obbligatorie di un corso a cui però non aveva capito di dover
partecipare, colpisce per l’alternanza dei registi.
Da usi tipici dello stile colloquiale (come per esempio l'espressione
entrare nel pallone, rimarcata tra l'altro dal punto esclamativo) si
alternano stilemi del linguaggio burocratico (prendere visione invece del
semplice "leggere", o l'ansia di esplicitare in maniera ridondante il
referente: la professoressa appena citata).Inoltre, il testo della mail è
caratterizzato da un andamento informativo tipico del parlato e ha un
impianto narrativo e strettamente incentrato sul punto di vista percettivo
del parlante-scrivente: "ho avuto l'e-mail 'non funzionante / poi ho letto la
mail / mi sono sorti dei dubbi / mi ricordavo di essere stato ammesso
forse non sono stato ammesso / che effetti avrà il fatto che io non abbia
sin qui frequentato il corso obbligatorio?" Come nel parlato, poi, il testo
lascia trapelare la spiccata soggettività ed emotività del parlante (sono
entrato nel pallone; Attendo risposte, anche per tranquillizzarmi un po ').
(pag. 105, email 1)
In questa email dal punto di vista grafico troviamo una serie di
scioccherie, puntini, parole appiccicate. Tutte queste denotano una
scarsa competenza nella scrittura fisica, cioè la gente non sa scrivere,
quindi non conosce proprio le regole minime della scrittura digitale.
Però come email è del tutto sbagliata. Perchè? Perché vengono usate
frasi molto formali e altre no. Abbiamo quindi un’incapacità di gestire i
registri, si va da un registro alto ad un registro basso. Quando si scrive
un testo professionale, soprattutto una email del genere, io devo dare
informazioni necessarie. Dobbiamo tenere conto dell’egocentrismo del
parlato, chi parla deve mettere in evidenza il proprio punto di vista, la
propria percezione. Quindi anche questo testo è impostato secondo una
modalità parlata e non scritta.

CAPITOLO 6 (Parli come mangi)


6.1 Il significato delle parole
È importante scegliere le parole giuste, per chiarire ciò che vogliamo dire
ma anche per pensare meglio. Per trovare le parole “giuste” ed ampliare
la nostra competenza lessicale attiva, di solito si dice che bisogna
leggere molto. Ma da solo questo non basta ad abituarci all’uso attivo
delle parole. Molto di più può fare invece la scrittura. Bisogna chiedersi
sempre se le parole che abbiamo usato siano le più adatte, se sia
possibile trovarne altre che ci permettano di esprimere il nostro pensiero
in maniera precisa e chiara o adatta al contesto. Una parola o
un’espressione possono avere un valore denotativo o connotativo: nel
primo caso ci si riferisce a un termine che rimanda alla realtà; nel
secondo caso, il significato connotativo, aggiunge un senso che può
dipendere dalla percezione del parlante e dall’uso affettivo.
Il verbo piangere preso da solo ha solo un significato neutro, ma se ci
riferiamo a qualcuno che piagnucola stiamo connotando la stessa azione
e chi la compie in maniera negativa. Molte parole sono in sé portatrici di
un giudizio positivo o negativo. Le parole non sono mai isolate ma sono
sempre legate a quelle che le circondano, che possono determinarne il
significato o l’accettabilità. Ad esempio: la parola “battere” acquista un
significato diverso in base al contesto in cui la si trova.
6.1.1 Repetita non iuvant
Non sempre è bene ripetere le cose già dette, ciò è spesso indice di
scarsa competenza lessicale. Ci riferiamo ai tanti casi in cui, senza
rendersene conto, in una frase si dice due volte la stessa cosa con
parole diverse. Ad esempio la parola ragazza implica il concetto di
giovinezza e dunque dire una giovane ragazza è un’inutile ridondanza.
Un altro uso ridondante oggi molto frequente è la necessità di dover fare
qualcosa “consentire di poter fare qualcosa”. Se si usa il sostantivo
necessità è superfluo ribadire che ci sia un dovere così come il verbo
consentire implica già la possibilità.

6.2 Sbagliare le parole


Molti errori potrebbero essere evitati, se chi parla o chi scrive non si
lasciasse trarre in inganno da parole o da espressioni che magari crede
di conoscere ma che ricorda male. Si tratta del meccanismo alla base
anche dei malapropismi, le storpiature di parole tipiche dell’italiano
popolare. Si possono commettere errori perché le parole si somigliano
tra loro e dunque se ne sceglie uno più comune al posto di un’altro di
uso meno frequente. Questo errore nasce dalla confusione tra due
termini simili, ma per nulla sinonimici. Ogni parlante ha una competenza
linguistica di base e dunque formula delle espressioni sulla base di un
proprio immaginario. L’ingresso dei nuovi anglismi, cioè dei prestiti
dall’inglese possono essere accolti in italiano in vari modi: si possono
avere prestiti integrali (location) o prestiti adattati, calchi traduzione
(altoparlante) o calchi semantici, ossia quelli in cui una parola già
esistente in italiano acquisisce un nuovo significato sul modello
dell’inglese. Oggi l’inglese è la lingua che consente ai testi scientifici la
maggiore circolazione internazionale .Bisogna tenere presenti i criteri
della trasparenza e dell’efficacia comunicativa, essenziali nella sfera
della comunicazione pubblica. Sarebbe giusto chiederti se veramente
non esiste un termine corretto per esprimere concetti in italiano e cosa il
termine inglese aggiunga al senso di quello italiano.

Potrebbero piacerti anche