Linguistica Generale e Glottologia
Linguistica Generale e Glottologia
Linguistica Generale e Glottologia
generale e glottologia”
Indice lezioni:
Variazione sociolinguistica
L’architettura della lingua: variazione diamesica, diafasica, diastratica
Variazione diacronica e mutamento linguistico
Variazione diatopica
Il repertorio linguistico dell’italiano
Lingua e dialetto
Parametri extralinguistici
Parametri linguistici
Lingua e linguaggio
Definizione di lingua e linguaggio
Proprietà della lingua
Fonetica e fonologia
Fono e fonema
IPA (International Phonetic Alphabet)
Tratti segmentali
Tratti soprasegmentali
Morfologia
I morfemi
Il processo di flessione, derivazione, composizione
Sintassi
I costituenti sintagmatici
La struttura argomentale
Le funzioni sintattiche e i ruoli tematici
Tipi di frase
Testualità
Oltre la frase: testo, anafora e deissi
Pragmatica
Struttura dell’informazione: topic/comment
Ordini sintattici marcati
Gli atti linguistici e la presupposizione
Analisi della conversazione
Turno
Alternanza di turno
Le coppie adiacenti
Le strategie di rimedio
Lessico e semantica
Lessema e parola
Le relazioni semantiche tra lessemi
Analisi semantica componenziale
Le categorie prototipiche
Lezione 1; 1.1
Variazione Sociolinguistica:
Ecco qui delle frasi dalle quali è possibile dedurre alcune varietà della lingua italiana:
Questa varietà viene invece definita “letteraria”. Ci risulta decisamente di più facile
comprensione rispetto a quella “accademico scientifica”, ma non è ancora quella più
usuale, che utilizzeremmo quotidianamente.
C. Il gatto rincorre il topo
In questo caso trattasi invece della varietà per così dire “normalizzata”, quella che in
gergo viene etichettata come “standard”. Essa viene insegnata a scuola e come
lingua straniera a chi vuole imparare l’italiano.
Trattasi di una versione oserei dire più “infantile”, vista la presenza di termini come
“micio” e del diminutivo di topo, ossia “topolino”.
Definiamo questa varietà come “informale”.
Varietà:
A Accademico-scientifica
B Letteraria
C Standard
D Popolare
E Informale
F Gergale
Le varietà linguistiche sono dunque differenti varietà della medesima lingua; esse
differiscono tra loro poiché utilizzate in differenti contesti comunicativi.
Lezione 2; 1.2
L’esemplare
Varietà di felis
accademico catus…
scientifica
Assi grafici
Al loro interno vengono
collocate e collegate le
differenti varietà di
lingua.
Il baffone
tampina…
Varietà
gergale
D.F. Variante
Varianti sono quegli elementi linguistici che variano da una varietà di
lingua all’altra.
Ad esempio, nelle frasi viste nella lezione precedente, la parola “gatto” è senz’ombra
di dubbio una variante, poiché è un elemento che è variato da una varietà
dell’italiano all’altra.
Micio; Baffone; Felis-catus; Gatto; Felino…
Abbiamo preso in analisi un sostantivo come elemento variante, ovviamente però
possono essere varianti tutte le parti del discorso (verbi, avverbi, preposizioni…).
D.F. Variabile
Si identificano con il termine “variabile” quei fattori extralinguistici che
determinano la variazione, vale a dire la differenza tra la varietà utilizzata
e quella standard di riferimento.
Variazione D.F.
La variazione diamesica:
scritto parlato
Scritto Parlato
Più formale Più informale
del parlato dello scritto
Esempio di scritto informale:
Testo informale:
1) Assenza di punteggiatura
2) “un bel po’ di aria”
3) “mooolto”
4) “portato su”
5) Numerose ripetizioni
1P06 ora ho appena visto un video in cui parla che si vede subito<oo> si nota subito
una ragazza <sp> che <sp> passeggiando per la via della città <sp> nota una
vetrina <sp> dove all’interno della vetrina ci sono<oo> <eh> <sp> delle<ee> <lp>
delle pagnotte <sp> // e proprio in quel momento <ride> <si schiarisce la voce>
<lp> il titolare del+ di quella panetteria <sp> stava scaricando il pane <sp> stava
importando il pane <sp> e mentre<ee> stava importando il pane però ha rimasto la
porta<aa> del furgone aperto <sp> <ehm> <sp> // questa ragazza <sp> <eh> ne
approfittò e ne ne prese un pezzo e se ne scappò <sp>.
1P06 Nel video che abbiamo visto, si notava subito una signora che stava
passeggiando in una via, la signora vide una vetrina e si affacciò, all'interno della
vetrina vi erano pagnotte di pane, proprio in quel momento il titolare del negozio
stava importando il pane dal furgone e la signora vide il furgone aperto e si prese un
pezzo di pane e se ne scappo
Lezione 3; 1.3
Proseguiamo ora con l’analisi della variazione diamesica, ossia di come si influenza la
lingua in base al canale che viene utilizzato per produrla.
Varietà parlata:
1P13 però lui si cerca di nascondere dentro a un tombino <sp> però<òò> lo
vedono se lo prendono e lo portano<oo> in prigione
Varietà scritta:
1P13 Lui fugge e cerca di nascondersi in un tombino ma la polizia lo vede e lo
arresta.
Varietà parlata
3P01 nel mio video c’è un personaggio che parte da un ospedale e si sta in questo
ospedale che sta uscendo poi… ehm ehm esce appunto da questo ospedale […]
Varietà scritta
3P01 All’inizio del video c’è un uomo che si trova in un ospedale ed è
in procinto di andarsene […]
Risulta evidente come all’interno della varietà parlata vi sia la presenza di costanti
ripetizioni che, in quella scritta, scompaiono, lasciando posto al pronome ne.
Un’altra differenza extralinguistica è, che nel parlato, si può far riferimento al tempo
condiviso (oggi; domani; tre giorni fa; dopo…) poiché si condivide il medesimo
contesto temporale. Tutto ciò non è invece possibile per quanto riguarda lo scritto
(chat sincrone escluse), dato che ci si ritrova in asincronia tra interlocutori.
Nel parlato è anche possibile effettuare riferimenti al contesto spaziale se condiviso
(per esempio non se mi trovo al telefono o su una riunione Zoom).
Gli interlocutori che condividono il medesimo contesto spaziale potranno avvalersi
dunque di espressioni come “qua sotto” o “laggiù”, che sarebbero invece
completamente prive di senso se utilizzate in modalità scritta.
Condividendo il medesimo contesto spaziale si delineano meglio i ruoli degli
interlocutori, ossia chi proferisce il messaggio e chi invece lo ascolta, quindi sarà
sicuramente più comune l’utilizzo dei pronomi personali “io”,” tu” e “noi”.
Le forme appena introdotte (io; tu; qua; laggiù…) vengono definiti deittici, dal greco
indicare. Essi sono elementi linguistici che indicano una determinata realtà extra-
linguistica, poiché condivisa tra destinatario e diffusore del messaggio.
/esempio del cartello “torno subito”, i clienti sono spesso disorientati poiché non
possiedono le informazioni necessarie per dedurre quando effettivamente il
commerciante tornerà. Questo perché il commerciante ha utilizzato un deittico
(subito) che presuppone la condivisione del tempo per interlocutori che in realtà
non lo condividono/.
Quanto appena descritto non riguarda la varietà scritta. Deittici, impliciti ed allusioni
non sono efficaci nello scritto, eccezion fatta per i giornali. Nei quotidiani assistiamo
infatti ad una ricreazione artificiale della condivisione del tempo tra scrittore e
giornalista. Per questo motivo, quando in un articolo si legge il deittico: “oggi”, il
lettore comprende che il giornalista sta facendo riferimento al giorno in cui il
quotidiano è stato pubblicato.
Oggigiorno risulta banalizzante ridurre la comunicazione alle due sole varietà scritto
e parlato. Esistono infatti modi di comunicare che intrecciano questi 2 canali: varietà
scritte con caratteristiche extralinguistiche del parlato (come la sincronia tra
interlocutori) oppure situazioni di parlato in asincronia rispetto alla pianificazione del
testo, il che offre ai parlanti una pianificazione che porta ad una maggiore
complessità linguistica (ad esempio il parlato recitato).
Vediamo le varietà scritte all’interno dell’asse diamesico (ricordiamo che trattasi di
un continua, ergo la variazione è graduale, tanto più marcato quanto più le varietà si
trovano distanti lungo il continua).
/piccolo off topic: i gesti non sono segni, i segni sono gesti a cui sono affiancati dei
significati, ergo la lingua dei segni è una lingua totalmente a sé/.
Documenti Chat
ufficiali
Documenti ufficiali:
Ovviamente gli interlocutori si trovano fra loro in completa asincronia. Proprio
per questo motivo, il tempo di pianificazione e di effettiva elaborazione del
messaggio risultano essere particolarmente elevati. Vi è inoltre la possibilità di
effettuare più e più cicli di revisione, in modo che il testo possa risultare il più
coeso possibile e di immediata comprensione; è anche un momento, quello
della revisione, per sostituire eventuali ripetizioni con adeguati sinonimi.
E-mail:
Anche in questo caso vi è asincronia tra gli interlocutori. Di conseguenza,
tempo di pianificazione e d’elaborazione del messaggio risultano essere
“offline”. Tuttavia, a seconda della situazione e dell’urgenza della mail tempo
di pianificazione, elaborazione e soprattutto revisione, possono risultare di
gran lunga inferiori rispetto a quelli dei documenti ufficiali.
Chat:
Nonostante siano a tutti gli effetti messaggi scritti, vi è sincronia fra gli
interlocutori; il destinatario attende infatti in tempo reale il messaggio del
mittente. Perciò, pianificazione ed elaborazione del messaggio sono
completamente “online”, quindi molto ristrette. Addirittura la revisione è
spesso del tutto assente, data la sincronia fra gli interlocutori. Conseguenze di
tutto ciò sono le emoticons (elementi paratestuali per veicolare informazioni
in modo rapido); frequenti ripetizioni; errori ortografici (spesso causati da
disattenzione dovuta all’eccessiva fretta nel comporre il messaggio);
punteggiatura alle volte assente; abbreviazioni (tt=tutto; pk=perché;
bn=bene…).
Osserviamo invece ora le varietà parlate all’interno dell’asse diamesico:
Parlato
trasmesso
Scritto Parlato Parlato Parlato
letto/recitato parlato
Parlato trasmesso:
Vi è ovviamente sincronia tra gli interlocutori. La pianificazione avviene in parte
offline e in parte online: gli speaker radiofonici, gli streamer di Twitch… sanno, bene
o male, di cosa andranno a parlare e i punti nevralgici del discorso che
affronteranno. Ovviamente il dialogo non sarà riprodotto in modo del tutto fedele,
per questo motivo trattasi di una sorta di ibrido, caratterizzato da una preparazione
in parte offline e in parte online.
Parlato parlato:
Chiaramente vi è sincronia tra gli interlocutori. Pianificazione, elaborazione e
revisione sono completamente online, ergo i tempi sono altamente serrati.
La variazione diastratica:
Italiano colto
Utilizzato dal ceto intellettuale; un
suo utilizzo richiede un elevato
livello d’istruzione, poiché la varietà
utilizzata non solo dovrà essere
grammaticalmente impeccabile, ma
anche ricca di forme complesse ed
inusuali.
Utilizzato dal ceto semi-colto. I
suoi parlanti sono caratterizzati da
un basso livello d’istruzione e
spesso riproducono forme
grammaticalmente incorrette, del
tipo “c’ho fame”. Queste forme
vengono poi socialmente
stigmatizzate come forme di bassa Italiano popolare
connotazione sociale.
Italiano
colto
Italiano
giovanile
Italiano
popolare
La varietà giovanile è una sorta di ibrido tra la varietà colta e quella popolare, per
questa motivazione la poniamo al centro dell’asse diastratico. Tipiche della varietà
giovanile sono le neoformazioni lessicali. Ad esempio, la parola sfiga, cui significato
è sfortuna, altro non è che una neoformazione lessicale. Molte innovazioni lessicali
hanno spesso vita breve, e vengono utilizzate solamente per un limitato lasso di
tempo, come ad esempio i termini “swattare” o “gino”, in voga negli anni ’80 ma
oramai definitivamente scomparse dall’uso comune. Caratteristica peculiare della
varietà giovanile è anche il prestito di parole ed espressioni da altre lingue straniere,
come ad esempio “selfie” dall’inglese, oramai entrato nel linguaggio comune.
Sempre tipici di questa varietà sono anche i prestiti dai dialetti, come il termine
“ciospa” preso in prestito da alcuni dialetti settentrionali per indicare una ragazza
particolarmente brutta. Sono peculiari anche i prestiti da altre varietà dell’italiano,
come i termini “sapiens” e “fossile”, appartenenti originariamente ad una varietà
accademico scientifica dell’italiano, ma utilizzati in modo ironico dall’italiano
giovanile per indicare una persona anziana e poco all’avanguardia. Ma non solo, la
varietà dell’italiano giovanile fa spesso uso di termini gergali e volgari per rimarcare
l’espressività dell’esclamazione (ad esempio fi’). Molto più raro è invece che si
vengano ad instaurare delle vere e proprie regole morfologiche autonome, come ad
esempio il “verlan”, varietà giovanile del francese in voga nelle periferie delle grandi
città, dotata di vere e proprie regole, consistenti, basicamente, nell’inversione della
struttura sillabica classica. Ad esempio, la parola “merci” in verlan diviene “cimer”, o
la parola “maison” diviene “sonmai”. In Italia un qualcosa di veramente simile è il
riocontra, sviluppatosi nelle periferie milanesi intorno agli anni ’70 e tutt’oggi
utilizzato dalla scena hip hop underground milanese.
In linea di massima, nella varietà giovanile, si preferiscono, a mero livello pragmatico,
varianti più informali. Ad esempio, si utilizza “ciao” al posto di “salve” per salutare, e
si tende a dare del tu piuttosto che del lei.
Lezione 4; 1.4
N.B. Il code mixing è un fenomeno che può avvenire non necessariamente tra
italiano e dialetto, ma tra due lingue in generale.
Ergo il code mixing è un fenomeno prettamente maschile. Nelle donne vi è infatti la
tendenza ad essere più conformi alla varietà standard dell’italiano; utilizzano dunque
una varietà decisamente più sorvegliata degli uomini.
Il che significa meno messaggi prodotti in maniera eccessivamente spontanea, “di
petto”, preferendovi tempi di elaborazione maggiori e alto controllo, evitando
dunque di proferire disfemismi (termine utilizzato in linguistica per indicare le
parolacce).
Inoltre, le donne tendenzialmente utilizzano elementi connotativi, ossia che
esplicitano le emozioni del parlante rispetto a ciò che sta esprimendo. Per esempio,
verranno preferiti i diminutivi e vezzeggiativi di determinate parole alla loro forma
standard, o ancora verranno utilizzate forme di mitigazione pragmatiche come ad
esempio “vorrei”, “mi piacerebbe; l’obiettivo di queste complesse strategie è
ottenere un certo effetto sull’interlocutore. L’opposto della dimensione connotativa
è quella denotativa, vale a dire totalmente oggettiva, scevra da qualsivoglia influenza
emotiva, e questo non è un tipico modo di esprimersi femminile.
La variazione diafasica:
Italiano accademico-scientifico
Italiano gergale
raffreddore
tracheite
laringite
rinite faringite
In linea di massima, quando si utilizza una varietà accademico scientifica, si
preferiscono termini monoreferenziali a termini polisemici, in modo da risultare al
massimo precisi.
Passiamo ora, ad analizzare la varietà gergale. Essa si connota per l’estrema
informalità da parte dei parlanti, l’esatto opposto dunque della varietà accademico-
scientifica. Vengono predilette forme base e polisemiche; i messaggi sono prodotti
in modo spontaneo con basso tempo di pianificazione ed elaborazione del
messaggio. Spesso la varietà gergale di una lingua presenta peculiari caratteristiche
lessicali, morfologiche e sintattiche, cui intento è l’esclusione di coloro che non
fanno parte del gruppo di appartenenza. Questa particolare funzione prende il nome
di “finalità criptolalica”. Solitamente questo particolare processo viene applicato
da peculiari gruppi d’appartenenza, solitamente stigmatizzati e socialmente esclusi,
come i tossicodipendenti e i malavitosi. Si andrà dunque a creare un vero e proprio
“gergo della malavita”, così come un “gergo dei tossicodipendenti”, in modo che gli
appartenenti a codesti gruppi possano comunicare in sicurezza, senza rischiare di
farsi comprendere dal prossimo.
Italiano burocratico
All’interno di ciascun
registro/varietà troviamo delle
microlingue, ossia differenti
sottocodici che variano al variare Italiano colloquiale
dei contenuti di settore. Es:
microlingua della matematica,
sottocodice dei malavitosi
Italiano gergale
Italiano
standard
La variazione diacronica:
Le lingue del mondo possono essere studiate e classificate secondo una prospettiva
diacronica o sincronica.
Nel primo caso si considera il mutamento della lingua avvenuto nel corso del tempo.
Nel secondo caso invece non considero minimamente la variabile tempo e studio la
situazione contemporanea di una determinata lingua.
Ad esempio, gli assi che abbiamo analizzato sino ad ora contribuiscono ad una
descrizione sincronica dell’italiano.
Andiamo però ora ad analizzare dei cambiamenti all’interno della lingua seguendo
una prospettiva diacronica. Per esempio, i processi di grammaticalizzazione tengono
conto del mutamento della lingua nel corso del tempo. Attraverso i processi di
grammaticalizzazione, da più elementi lessicali se ne originano di grammaticali. Ad
esempio, il costrutto latino “agg+mente” (lenta mente) con cui si indicava come
veniva compiuta un’azione, è andato in contro ad un processo di
grammaticalizzazione, grazie al quale da dei meri elementi lessicali se ne sono
originati di grammaticali, in questo caso l’aggiunta del suffisso “-mente” risulta
essere la regola basilare per la formazione degli avverbi di modo nella lingua
italiana.
Un’altra tipologia di mutamento linguistico che tiene conto della variabile tempo è il
processo di lessicalizzazione, l’esatto opposto di quanto visto in precedenza: dalla
grammatica al lessico. Attenzione però: il collegamento tra la struttura grammaticale
antecedente e la nuova struttura lessicale non è improvvisato, ha spesso un
collegamento di tipo metaforico o metonimico.
Ad esempio, dalla struttura grammaticale “tirami su” si è giunti a denominare il
tipico dolce “tiramisù”. Trattasi in questo caso di un legame di tipo metaforico,
poiché il tiramisù, grazie alla sua dolcezza, risolleva il morale di chi lo mangia.
B. A diciott’anni è permesso credere ancora all’amore, alla fedeltà, alla donna tipo.
(LIZ - G. Verga, Una peccatrice, 1866).
Sul vocabolario sono codificate solamente A e B, le altre sono considerate ancora delle
innovazioni in rapida fase d’assestamento nell’uso comune.
Ciò che abbiamo visto sino ad ora sono dei mutamenti linguistici. Ma da un punto di vista
diacronico si può andare in contro anche a mutamenti semantici.
Il mutamento semantico può seguire direzioni tra loro differenti. Un caso è ad esempio
l’allargamento del significato di una parola semanticamente estremamente densa e specifica,
a una descrizione più ampia.
Esempio:
In latino il termine “domina” era semanticamente assai specifico, poiché indicava
esclusivamente la padrona di casa. In italiano invece il termine da esso derivante, ossia
donna, ha notevolmente ampliato il proprio campo semantico, poiché non specifica
unicamente la padrona di casa come in latina, bensì indica ogni essere umano di sesso
femminile. Questo fenomeno prende il nome di
generalizzazione semantica.
Nulla vieta che possa avvenire anche il processo diametralmente opposto, vale a dire la
specializzazione semantica. Ad esempio, in latino il termine domus stava ad indicare la casa
in generale. Il termine italiano da esso derivato, vale a dire duomo, è andato incontro ad un
processo di specializzazione semantica; poiché il termine duomo non si riferisce ad una casa
in generale, bensì alla casa del Signore.
Il mutamento semantico può avvenire anche per metafora. Per comprendere al meglio questo
concetto osserviamo il molteplice mutamento semantico del sostantivo latino caput (testa)
nel corso dei secoli
metafora metafora
Caput
generalizzazione generalizzazione
Stesso principio è stato seguito per l’evoluzione del plurale della parola pomodoro.
Trattasi di una parola composta da pomo e d’oro. La regola classica per la
formazione del plurale delle parole composte prevede che la seconda parola della
composta rimanga invariata al plurale. Ergo il plurale di pomodoro risulterebbe
essere pomidoro. Questa forma era in voga in passato. Tuttavia, nel corso del tempo,
la forma plurale che oggi tutti conosciamo, ossia pomodori, ha assunto rilievo, sino a
divenire la forma corretta scalzando l’antecedente e oramai obsoleta forma
pomidoro. Il plurale “pomodori” segue la forma classica della formazione del plurale
per i sostantivi maschili (ragazzo-ragazzi; tavolo-tavoli…), risulta dunque più
funzionale alla comunicazione.
Lezione 5; 1.5
Ricapitoliamo dunque quanto analizzato nell’ultima lezione.
Il processo di rianalisi
La formazione del passato prossimo nelle nuove lingue romanze, rispetto al latino, è
andata incontro ad un processo di rianalisi, vale a dire ad una reinterpretazione del
valore semantico e del comportamento sintattico.
Habeo: valore semantico pieno, inteso come possedere, avere in mano qualcosa.
Scriptam: participio passato, ha il ruolo di modificare l’oggetto, quasi come se fosse
un aggettivo. È infatti concordato con l’oggetto a cui si riferisce (epistulam-
scriptam).
a:
Esempio:
Latino Italiano:
Ater= nero opaco nero= sia opaco che brillante
Niger= nero brillante
Albus= bianco opaco
Candidus= bianco brillante bianco= sia opaco che
brillante
Per un latino risultava infatti utile distinguere tra nero opaco e brillante, per un
italiano semplicemente no. Per questo motivo il significato delle parole perse è stato
incorporato nella semantica di parole rimaste nel lessico che hanno espanso il loro
significato. In altre parole, hanno ora il potere di far riferimento a più referenti della
realtà.
Giusto per ripassare un poco… il mutamento semantico altro non è che una
sottocategoria del mutamento linguistico a livello diacronico, così come lo sono i
mutamenti morfologici e fonetici.
L’analogia è a livello morfologico, la rianalisi può avvenire a vari livelli, sia
morfosintattico (come nel caso del passato prossimo), che a livello pragmatico e
lessicale.
Analizziamo ora un’altra tipologia di mutamento linguistico:
La parola italiana vedetta proviene dal portoghese Veleta dal verbo velar(vedere).
Dato che il verbo velar è, alle orecchie di un italofono, estraneo, tramite un processo
di parentimologia la parola Veleta è stata associata al corrispondente del verbo velar
in italiano, vale a dire il verbo vedere. Così è nata la parola “vedetta” tramite un
processo di parentimologia. I parlanti hanno avvicinato una parola estranea ad una
che conoscevano, in modo da farla loro e comprenderla al meglio.
Ennesimo processo da analizzare: la tabuizzazione
Trattasi della sostituzione di una parola che indica un referente extralinguistico
sgradito con un eufemismo, ossia una parola vaga ed allusiva.
Esempio:
Sostituzione della parola morte con “scomparsa”; “dipartita”; “perdita”. Tutto ciò
“protegge” in un certo senso l’interlocutore.
Osserviamo ora dei mutamenti linguistici a livello pragmatico, ad esempio il sistema
d’allocuzione di seconda singolare a livello ovviamente diacronico.
La variazione diatopica
Innanzitutto… di cosa si tratta?
La variazione diatopica consiste nel variare della lingua in base alla provenienza
geografica dei parlanti.
Prendiamo d’esempio la lingua italiana. Come ben noto esistono differenti varietà
regionali dell’italiano. Trattasi di dialetti? Assolutamente no. I dialetti sono proprio
delle lingue a sé. Dal contatto tra la varietà standard dell’italiano e i dialetti presenti
nelle varie zone della Penisola si origina le cosiddette varietà regionali; banalmente
trattasi di varietà dell’italiano standard influenzate dai dialetti locali.
Esiterà dunque una varietà catanese, che sarà però ben diversa dal dialetto catanese.
Il medesimo referente extra-linguistico può essere dunque espresso con più parole a
seconda della regione di provenienza del parlante. Trattasi in questo caso di
geosinonimi, ossia sinonimi usati in diverse aree geografiche
N.B.
Varietà diatopiche confinanti condividono molti tratti tra loro.
Andiamo a fare un’importante distinzione tra significato e significante
Il significato è l’elemento extralinguistico al quale una determinata parola fa
riferimento.
Il significante invece è la parola in sé, che può cambiare banalmente a seconda della
lingua che utilizziamo.
Per capirci meglio… il significato di Pferd, Cavallo e Caballo è il medesimo, ma non il
significante.
Una volta chiarito questa differenziazione andiamo dunque ad analizzare i
regionalismi semantici.
Essi possono portare confusione ai parlanti, poiché possiedono il medesimo
significante ma un differente significato in base alla provenienza geografica del
parlante.
Ad esempio, la parola baita, nella varietà standard e in quasi tutte le varietà regionali
dell’italiano, indica una casa in montagna (questo è il suo significato). Nella varietà
regionale bresciana, oltre che ad indicare una casa di montagna, indica proprio la
magione del parlante.
Esempio:
Oggi rimango a baita a studiare, detto da un bresciano, significa rimanere a casa
propria per studiare. Alle orecchie di un parlante italofono proveniente da un’altra
regione, risulterà sicuramente fuorviante, proprio perché la parola baita per un
bresciano allude contemporaneamente a due differenti realtà extralinguistiche, ma
questo non accade per un italofono di un’altra località.
Dunque, il significante è il medesimo, ma nella varietà regionale bresciana esso
acquisisce un significato differente, facendo riferimento ad un nuovo elemento
extra-linguistico.
Ricapitolando…
Geosinonimi: medesimo significato ma differente significante.
Regionalismi semantici: medesimo significante ma differente significato.
Le varianti regionali possono essere a livello sintattico, pragmatico o entrambi al
contempo. Non più solo a livello lessicale come appena visto.
Nella varietà Lunigiana troviamo una variante sia a livello sintattico che pragmatico.
Infatti, è osservabile una sovraestensione funzionale del connettivo anzi che assume
funzione rafforzativa.
“Andiamo anzi al cinema”.
Lezione 6; 1.6-1.7
Dialetto
Varietà siciliano
Varietà
emiliana Dialetto
siciliana
emiliano
Varietà
sarda Varietà
lombarda Dialetto
toscano
Varietà Varietà Dialetto
toscana svizzera lombardo
Curiosità:
American English e British English sono due varietà regionali o due dialetti?
Ovviamente trattasi di due varietà regionali, due varietà diatopicamente marcate
dell’inglese, che dunque differiranno in alcuni dei loro tratti.
Torniamo ad analizzare il repertorio linguistico comunitario dell’Italia
contemporanea. Esso comprende dunque:
1) L’italiano standard e le sue differenti varietà (come già osservato nello schema
di Berruto).
2) I dialetti italo-romanzi.
3) Le lingue di minoranza, ufficialmente e giuridicamente riconosciute dallo Stato
Italiano, come il ladino e il sardo.
4) Le lingue di minoranza storiche, come ad esempio il tedesco (parlato in Alto
Adige), il francese (in Val d’Aosta), lo sloveno (in Friuli), il catalano (ad Alghero)
e l’arberëshe (una particolare varietà di albanese parlata in Calabria e Puglia).
5) Le lingue di minoranza di recente immigrazione, ossia le lingue delle nuove
minoranze linguistiche non ancora ufficialmente riconosciute, a differenza
delle precedentemente citate lingue di minoranza storiche.
Esse sono ad esempio il cinese, l’arabo, l’albanese, il wolof e lo swahili.
Alcune minoranze linguistiche e i relativi codici linguistici sono tutelati in Italia dalla
legge 482/1999.
Esse sono:
1) Code switching:
2) Code-mixing:
Alternanza casuale, imprevedibile e alle volte caotica tra due lingue. Trattasi
di veri e propri enunciati misti-lingui. Solitamente l’interlocutore rimane
disorientato riguardo alla scelta linguistica utilizzata dal parlante.
Esempio:
Bueno, in other words el flight que sale the Chicago around three o’clock
Attenzione:
Particolare caso di code switching:
Parlante A, che capisce spagnolo e inglese, parla inglese
Parlante B, che capisce spagnolo e inglese, parla spagnolo
La comunicazione funziona comunque
N.B.
Come già abbiamo osservato, negli uomini notiamo una tendenza sia al code
switching che al code-mixing.
Interferenza:
Trattasi del trasferimento di materiale linguistico da una lingua all’altra a
qualsiasi livello linguistico (lessicale, fonetico, morfologico, pragmatico…).
Essa avviene in modo del tutto inconscio; le interferenze si realizzano
solitamente infatti per sovraccarico cognitivo, soprattutto quando non si tratta
del mero livello lessicale. Si vanno proprio a mescolare le due lingue
nell’elaborazione del messaggio, come nel caso di venerdì su sabato.
Esempio a livello lessicale:
Ci vediamo questo weekend
Lezione 7; 2.1
ted rom finn sved spa estone swahili ita basco hindi ing russo
Zwei Doj Kaksi tvo Dos Kaks Mbili Due Bi Do Two Dva
drei trej kolme tre tres kolm tatu tre hiryr tin three tri
All’interno poi di ciascuna famiglia, sussistono dei sottogruppi ancora più specifici,
che in linguistica prendono il nome di rami.
Famiglia
indoeuropea
1) Italo-romanzo (italiano,
dialetti italo-romanzi)
2) Gallo-romanzo
(francese, franco-
provenzale)
3) Ibero-romanzo
(spagnolo, catalano)
Classificazione tipologica:
1) Le lingue del mondo si possono raggruppare e ha senso farlo poiché sono tra
loro diverse
2) La variazione che sussiste tra le varie lingue non avviene in modo casuale, ma
rientra in dei principi generali, definiti universali linguistici, che governano le
lingue possibili
Lezione 8; 2.2
Cos’è un morfema?
Trattasi della minima associazione possibile tra significante e significato, l’unità di
base della morfologia, che permette alle lingue di strutturare parole, di creare delle
strutture linguistiche in grado di veicolare un significato comprensibile per i parlanti.
Esempio:
Analizziamo la parola bambino. Essa contiene al suo interno 2 morfemi:
bambin-o
Morfema 2
Il
Morfema 1
morfema 1 è in grado di farci capire il referente extra-linguistico al quale si riferisce:
“un giovane essere umano”. Attraverso le informazioni conferiteci da questo primo
morfema non siamo in grado di determinare se si tratti di un essere umano uomo o
donna, non sappiamo nemmeno se trattasi di un singolo o di più entità. Veniamo
infatti a conoscenza del genere e del numero del referente extra-linguistico in
questione attraverso le informazioni conferiteci dal secondo morfema.
In questo specifico caso il morfema -o ci specifica che si tratta di un singolo essere
umano uomo. Il morfema -o in italiano si oppone ai morfemi -a,-e ed -i. (È si vero
che vi sono alcune eccezioni ma in sostanza i morfemi son questi.
Grazie alla cooperazione tra i 2 morfemi siamo in grado di identificare con chiarezza
la realtà extra-linguistica indicata dalla parola.
Con un solo morfema non avremmo avuto abbastanza informazioni per indicare con
precisione il referente extra-linguistico in questione.
È stato fatto l’esempio con un sostantivo, questo non significa però che questo
procedimento non si estenda alle altre parti del discorso. Giusto per correttezza
osserviamo il comportamento dei morfemi componenti un qualsiasi verbo italiano:
Corr-o
/vietnamita/:
Io Libro/i
leggere
Il significato di una frase viene costruito con l’unione dei significati delle
parole e viene poi compreso dall’interlocutore in base al contesto. Proprio in
base al contesto comprenderò se si tratta di un tempo presente, futuro o
passato, e sempre grazie al contesto comprenderò se il parlante si sta
riferendo ad un singolo oggetto o ad una pluralità di oggetti. La stessa frase
può dunque, a seconda del contesto, essere intesa in maniera differente.
A causa di questa regola di base, secondo la quale le lingue isolanti per comporre
parole possono basarsi unicamente su di un singolo morfema, le lingue isolanti
hanno per forza di cose una ridotta morfologia flessionale, ossia quei morfemi che
permettono di flettere una parola. La -o di bambino per esempio altro non è che una
flessione nominale, poiché con la sia presenza è in grado di flettere la parola,
determinandone genere e numero.
Nelle lingue isolanti ovviamente la morfologia flessionale risulta ridotta quasi allo
zero (dico quasi poiché, anche se rare, pure nelle lingue isolanti vi sono parole non
sempre monomorfematiche).
Nelle lingue europee non ci sono lingue isolanti, solo l’inglese condivide affinità con
questo particolare gruppo di lingue poiché ha una ridotta morfologia, ma questo
non significa assolutamente che l’inglese faccia parte del gruppo delle lingue
isolanti.
Numero di morfemi
Numero di parole
1 è ovviamente un indice di sintesi molto basso, significa dunque che il cinese (e più
in generale tutte le lingue isolanti) è una lingua molto analitica, ciò significa che la
parola contiene poche informazioni.
L’italiano invece è una lingua mediamente sintetica. Analizzando per esempio la
parola “gatto”, a fronte di 2 morfemi ed 1 parola, osserviamo che l’indice sintetico
risulta essere 2, decisamente più del cinese che, da buona lingua isolante, è invece
poco sintetica, quindi altamente analitica.
Oltre alle lingue isolanti vi sono altre tipologie di lingue, ad esempio le agglutinanti.
Una singola parola in una lingua agglutinante è composta da più morfemi, ciascuno
dei quali veicolante solamente una informazione.
All’interno di una lingua agglutinante possiamo trovare dunque singole parole
composte anche da 5 o più morfemi, uno per ciascun tipo di informazione che si
vuole veicolare per rendere la conversazione comprensibile ed efficace.
Per capirci meglio proviamo a fare un esempio dal turco, che è una lingua
agglutinante.
“kitap” libro
“i” Accusativo
Andiamo ora a scoprire insieme le caratteristiche della terza tipologia di lingue prese
in esame: le lingue flessive o fusive.
Una parola di una lingua fusiva è composta dapiù morfemi, ciascuno dei quali
veicolanti non più una singola informazione, bensì più informazioni.
L’italiano ad esempio è a tutti gli effetti una lingua fusiva, basta un banale esempio
per confermare quest’affermazione:
Morfema 1 indicante
l’azione di leggere.
I morfemi cumulativi delle lingue flessive possono collocarsi in diverse parti della
parola. Dove questi morfemi effettivamente vadano a collocarsi dipende dalle
singole parole: possono trovarsi all’inizio come all’interno o al termine.
Kataba= scrisse
Kutiba= fu scritto
Kitâb= libro
Kutub= libri
Una parola di una lingua polisintetica comprende moltissimi morfemi, ciascuno dei
quali veicolante una singola informazione. Questi morfemi non si limitano però a
descrivere caratteristiche di un singolo referente extralinguistico, bensì in una
singola parola troveremo morfemi in grado di riferirsi a differenti realtà
extralinguistiche.
Esempio groenlandese:
(Anche il tedesco si comporta così, possiede infatti numerosi tratti agglutinanti, pur
trattandosi di una lingua flessiva a tutti gli effetti).
Tutto ciò accade perché difficilmente una realtà linguistica così ricca può essere
ingabbiata in queste formule.
Ecco infine un breve schema riassuntivo riguardo l’indice di sintesi nei vari tipi
morfologici (in ordine crescente).
Questo perché gli ordini sintattici più utilizzati rispettano due principi logici: il
principio di precedenza ed il principio di adiacenza. Rispettando suddetti
principi risultano più logici ed intuitivi alla mente umana, per questo più
diffusi.
1) Il principio di precedenza:
Fra i due costituenti nominali il soggetto precede l’oggetto, data la priorità logica
del soggetto. Del resto, è decisamente più logico esprimere in primo luogo chi
compie l’azione piuttosto di chi la subisce.
2) Il principio di adiacenza:
SOV e SVO rispettano entrambi questi principi logici, e proprio perché risultano alla
mente umana più logici ed intuitivi, sono i più utilizzati ed alla base della stragrande
maggioranza delle lingue del mondo.
Esempio: turco
Incoerenza tipologica:
Vi sono alcune lingue con compresenza di differenti ordini dei costituenti al loro
interno. Un esempio è sicuramente il tedesco; in alcuni casi infatti la lingua tedesca
eccede alla sua regola sintattica tipica SVO. Uno di questi casi è, per esempio, la
formazione di frasi secondarie.
Esempio:
Questa frase invece, dato che si tratta di una secondaria, eccede alla regola e varia il
suo ordine sintattico, passando dal seguire l’ordine SVO all’ordine SOV.
N.B.
Al di la di questa peculiarità, la lingua tedesca segue anche un’altra regola sintattica,
ossia quella del verb-second: il verbo in tedesco deve sempre necessariamente
trovarsi in seconda posizione.
Oltre ai diversi ordini sintattici la classificazione tipologica si basa sull’individuazione
di correlazioni fra l’ordine dei costituenti all’interno della frase (S;V;O) e l’ordine
interno ai costituenti, ovvero l’ordine degli elementi che compongono i costituenti
stessi (Art; N; Aus; V; Gen; Rel…).
N.B.
Italiano: dopo cena vs giapponese: yuusyoku go In italiano, per quanto riguarda le preposizioni,
troviamo un caso di incoerenza tipologica, che non
mette in dubbio l’appartenenza dell’italiano a quelle
lingue che costituiscono il sintagma veicolante
informazioni temporali con il sintagma
“prep+nome”, trattasi semplicemente di
un’eccezione. Quest’eccezione è rappresentata dalla
N
Po
Pr N
Italiano: cavallo di Maria vs Inglese Mary’s horse Il cosiddetto genitivo sassone tipico
anche della lingua tedesca.
G G
N N
3) Aggettivo
Agg N
N Agg
Formula logica
fortunatus homo
fortunato Agg uomo N
pacis foedus
di pace Gen trattato N
Questi studi sulla correlazione dell’ordine dei costituenti della frase e dell’ordine
degli elementi all’interno dei costituenti ha portato come conclusione più generale
all’individuazione di 2 fondamentali tipi di lingua:
Vi sono però alcuni costituenti nella lingua italiana che mostrano un’incoerenza
tipologica, ossia sono costituiti attraverso la regola delle lingue predeterminanti, pur
essendo l’italiano una lingua postdeterminante.
Per individuare le più comuni svolgiamo questo breve esercizio:
La libertà universale
Art-Nome-Agg in linea
La mia libertà
Art-Poss(Agg)-Nome non in linea
La libertà che tutti anelano
Art-Nome-Relativa in linea
Ho scelto la libertà
V-Ogg in linea
Anni fa
N-Po non in linea
N.B. Le incoerenze tipologiche ovviamente non sono errori, trattasi di vere e proprie
eccezioni della lingua e sono del tutto naturali.
Lezione 9: 2.3-3.1
Ossia il fatto che vi siano in un singolo segno 2 facce, che sono dunque
compresenti. Queste 2 facce prendono il nome di SIGNIFICANTE e SIGNIFICATO
Il significante:
È la faccia fisicamente percepibile, quella che cade sotto i nostri sensi, il qualcosa
di fisicamente tangibile, ergo la parola pronunciata (che udiamo) o la parola
scritta (che vediamo)
Il significato:
È chiamato anche contenuto, è la parte non materialmente percepibile, il
concetto, l’idea che si rifà ad un elemento tangibile della realtà.
2) Arbitrarietà:
Essa consiste nel fatto che non vi è alcun legame naturalmente motivato fra il
significante e il significato di un segno.
Esempio: il significante di gatto di per sé non ha nulla a che vedere con l’animale
felino a quattro zampe…
Ciò non significa assolutamente che tra significante e significato non esistano né
legami né rapporti, bensì vuol dire che i legami non sono dati naturalmente ma posti
convenzionalmente, ergo in maniera del tutto arbitraria.
Trattasi di un concetto tanto essenziale quanto inconfutabile.
Ponendo per assurdo che questo principio non fosse vero, le parole delle diverse
lingue dovrebbero essere o tutte uguali o comunque molto simili.
Ma così non è
Gatto è “gatto” in italiano, ma in inglese è cat, in tedesco Katze, in albanese mace…
E il fatto che in spagnolo si dica gato non significa che i gatti spagnoli sono simili ai
gatti italiani, bensì significa solamente che tra italiano e spagnolo vi sono delle
affinità a livello genealogico, del resto entrambe derivano dal latino.
Allo stesso modo …
Se i segni non fossero arbitrari, parole simili ma di diverse lingue dovrebbero
corrispondere ai medesimi concetti, ma ancora una volta così non è.
Esempio:
segno
ATTENZIONE:
La linea di base del triangolo è tratteggiata, mentre i due lati no!
Perché? Perché il rapporto tra significante e referente non è diretto, ma è mediato
dal significato.
3° Livello:
È arbitrario il rapporto tra forma e sostanza del significato
Ossia…
Ogni lingua ritaglia a modo suo un certo spazio di significato, distinguendo più
entità.
Un esempio?
All’italiano “andare” corrispondono in tedesco 2 differenti verbi: “gehen” e “fahren” a
seconda che si vada a piedi o tramite un mezzo di trasporto.
La lingua tedesca ha ritagliato a modo proprio un certo spazio di significato, in
modo completamente differente rispetto all’italiano. Il tedesco distingue 2 entità
laddove l’italiano ne distingueva una sola.
(altri esempi: to tell e to say in inglese o pedir e preguntar in spagnolo)
4° livello:
È arbitrario il rapporto tra forma e sostanza del significante
Ossia…
Ogni lingua specifica in maniera culturalmente pertinente la scelta dei suoni,
rendendo pertinenti specifiche unità foniche.
Un esempio?
In italiano è pertinente la durata della consonante e associamo la sua durata ad una
doppia (pena ≠ penna). La durata della consonante fa cambiare il significato della
parola in questione
Sempre in italiano non è pertinente la durata della vocale, infatti a seconda della
durata vocalica non cambia il significato, al massimo può cambiare l’enfasi con cui
comunichiamo ma non ha valore distintivo
Vi sono però lingue in cui avviene l’esatto opposto, come in tedesco (Staat ≠ Stadt)
In alcune lingue sia vocali che consonanti hanno valore distintivo, come in latino.
La doppia articolazione:
Trattasi di una proprietà del linguaggio verbale umano che sancisce la presenza nel
linguaggio umano di unità che vengono tra loro combinate per formare i messaggi
comunicativi.
Nello specifico i segni linguistici sono articolati e scomponibili a 2 livelli differenti:
Es: gatt-o
Es: g-a-t-t-o
Non hanno un valore semantico ma fonologico, determinano una distinzione
nell’articolazione delle parole, che porta a costruire parole diverse e ad identificare
parole e messaggi diversi.
/Nella parola gatto la lettera -o è sia fonema che morfema, dicesi sovrapposizione/
1) Il canale fonico-acustico
/comunicazione parlata/
2) Il canale grafico-visivo
/comunicazione scritta/
- Antropologica
Poiché tutte le lingue con varietà scritte hanno la corrispettiva varietà parlata ma
non tutte le lingue con varietà parlata presentano anche una varietà scritta.
- Ontogenetica
Un individuo impara prima a parlare che a scrivere e in modo completamente
automatico
- Filogenetica
La specie umana ha sviluppato prima il parlato che lo scritto
La linearità:
Trattasi di un’altra proprietà specifica del linguaggio verbale umano.
Gli elementi del linguaggio verbale umano sono prodotti e ricevuti in successione
nel tempo e nello spazio, trattasi di una successione lineare. Il ricevente il messaggio
può dunque formarsi delle previsioni sul messaggio prima che questo sia stato
effettivamente completato.
Per altri sistemi di comunicazione non esiste questa possibilità di predizione, poiché
il messaggio appare nella sua completezza in un colpo solo, all’unisono (es: il rosso
del semaforo).
Discretezza:
Gli elementi della lingua non sono continui ma discreti, hanno limiti ben definiti.
Ad esempio, nella parola bambino il fonema -b è ben distinto dal fonema -a, trattasi
di componenti tra loro ben distinte.
Onnipotenza semantica:
Chiamata anche polifunzionalità comunicativa. Col linguaggio umano si può
veicolare qualsiasi tipo di contenuto:
Pronto? Ci sei?
Testi informativi
Mi spiace
Letteratura; poesia
Regole grammaticali
Equivocità:
Con il linguaggio verbale umano si possono creare (potenzialmente) infinite
associazioni tra significato e significante
Es:
1 significato: parte anteriore della testa
Tanti significanti: faccia; viso; volto
Ma si verifica anche il caso opposto:
1 significante: carica
Tanti significati: la carica di sindaco; la carica del cellulare; la carica dei soldati; Gianni
carica la pistola
Questa proprietà presenta i suoi pro e contro.
VANTAGGI:
Marco è alto
Marco, il fratello di Luca, è alto Discontinuità sintattica
Attenzione però, ciò non significa che le posizioni lineari degli elementi non abbiano
importanza, esse attribuiscono agli elementi una funzione:
Dipendenze:
Fra gli elementi della frase intercorrono rapporti gerarchici con dipendenze fra
elementi contigui e non (come visto negli esempi precedenti)
Incassature:
Tutte le comunità umane sono in grado di comunicare, ogni comunità ha però poi
sviluppato forme differenti di comunicazione, fondate sui medesimi principi (le
proprietà del linguaggio verbale umano appena viste), che sono poi le lingue del
mondo. Esse si distinguono l’una dall’altra per l’uso delle strutture linguistiche che
ne stanno alla base ((ad esempio l’ordine delle parole: SVO vs SOV…).
Trasmissibilità culturale:
Il linguaggio animale è interamente trasmesso geneticamente in maniera del tutto
innata, il linguaggio umano invece possiede sia una componente innata che una
componente culturale-ambientale.
La prima, quella innata, altro non è che la facoltà del linguaggio, ovvero l’abilità
innata dell’essere umano di saper comunicare.
La seconda, quella culturale, determina invece quale lingua impariamo.
La facoltà del linguaggio è specie-specifica, ovvero peculiare dell’essere umano
La lingua è appresa nel periodo della prepubertà linguistica (i primi 11-12 mesi di
vita) e nella prima infanzia in seguito all’esposizione all’input linguistico.
Andiamo incontro ad una scelta paradigmatica per ciascuno dei 3 elementi della
frase:
gatto-rincorre-topo
Scegliamo gatto e non cane o criceto perché vogliamo indicare proprio quello
specifico animale e, per fare questa precisa scelta linguistica, andiamo ad attingere
ad un preciso elemento da un paradigma di parole che indicano gli animali.
Compiamo la stessa operazione anche per gli altri 2 elementi della frase, attingendo
ovviamente a paradigmi di parole differenti.
Fonetica:
La fonetica è la branca della linguistica che studia i suoni della lingua
Esistono almeno 3 prospettive fonetiche da cui studiare i suoni:
1) Prospettiva articolatoria:
Studia l’articolazione dei suoni e i conseguenti movimenti degli organi fonatori
che compongono l’apparato fonatorio.
2) Prospettiva acustica:
Studia la consistenza fisica e le modalità di trasmissione dei suoni in quanto
onde sonore
3) Prospettiva uditiva:
Studia il funzionamento degli organi dell’apparato uditivo che entrano in gioco
nella percezione dei singoli suoni
Noi ci concentreremo esclusivamente su un approccio articolatorio, ergo andremo
ad analizzare come i suoni vengono articolati e quali sono i movimenti articolatori
dei vari organi fonatori che ne stanno alla base della realizzazione
Dopo la laringe il flusso d’aria prosegue per la faringe sino a giungere alla cavità
orale (la bocca).
In quest’ultimo tratto si possono verificare una nuova serie di istanze a causa
dell’azione di alcuni elementi svolgenti un ruolo rilevante nel processo di fonazione.
Essi sono:
1) La lingua:
2) Il palato:
-Velo o palato molle (parte posteriore)
-Palato duro (parte anteriore)
Consonanti:
La produzione di suoni consonantici dipende dal fatto che l’aria, nel suo passaggio
dai polmoni verso la bocca e/o il naso, incontra un ostacolo che la blocca o ne
rallenta il passaggio.
Le differenze nella produzione dei diversi tipi di suoni consonantici dipendono
essenzialmente da 3 parametri:
1) Il MODO di articolazione
Ossia il tipo di ostacolo che si frappone al passaggio dell’aria, se un ostacolo
totale o parziale.
Passaggio dell’aria anche nella cavità nasale = consonanti nasali [m], [ɱ], [n],
[ɲ], [ŋ]
Passaggio dell’aria solo ai due lati della lingua, o ad uno solo di essi=
consonanti laterali [l], [ʎ]
2) Il PUNTO di articolazione:
bilabiale → fra le labbra [p], [b], [m];
labiodentale → fra i denti superiori e il labbro inferiore [f], [v], [ɱ]
dentale (o alveolare) → fra i denti [t], [d], [ts], [dz], [s], [z], [n], [l], [r]
palatale → fra il palato duro e la lingua [tʃ], [dʒ], [ʃ], [ɲ], [ʎ]
velare → fra il velo e la lingua [k], [g], [ŋ]
uvulare → fra l’ugola e la parte posteriore della lingua [R]
3) SONORITÀ
Luoghi d’articolazione:
Sonorità:
Modi d’articolazione
Le vocali sono un flusso egressivo che non incontra ostacoli. Tutte le vocali sono
orali, ossia vengono articolate attraverso un flusso egressivo che esce dalla bocca. In
altre lingue, per esempio in francese, esistono vocali nasali, le quali richiedono il
coinvolgimento della cavità nasale.
Le vocali si distinguono in base alla loro articolazione.
Vi sono 3 parametri per descriverne l’articolazione. Trattasi di parametri relativi alla
lingua e agli organi della cavità orale con cui la lingua entra in contatto.
Le diverse posizioni che la lingua può assumere nella cavità orale vengono in genere
stilizzate nella forma di un trapezio: il trapezio vocalico
alte (chiuse)
Vediamone un esempio di
applicazione pratica:
Medio-alte
anteriore centrale posteriore
vino
Medio-basse uva
Basse
pesca(aperte)
(attività) botte
(contenitore)
Arrotondamento delle labbra
ala
Solo in italiano standard e solo
Labbra in sillaba tonica c’èlabbra
non arrotondate la distinzione
arrotondate fra vocali medio-
pesca (frutto)
alte e medio-basse. In varietà regionali non standard vi è infatti la tendenza a
botte (percosse)
produrre solo vocali medio alte/ medio basse.
Approssimanti:
Se il dorso della lingua si avvicina al palato ne risulta un suono né vocalico né
consonantico, bensì approssimante. Se la lingua si appoggia sul palato duro dicesi
approssimante anteriore (o palatale), se si appoggia al palato molle viene invece
denominata approssimante posteriore (o velare).
La trascrizione fonetica:
La trascrizione fonetica è una riproduzione fedele della pronuncia dei suoni e riporta
i foni, la loro lunghezza e l’accento primario di parola.
Vediamo come realizzarla concretamente:
Accento:
L’accento si indica con un apice prima della sillaba accentata (tonica) nelle parole
plurisillabiche.
es. giù = [ ‘ʤu ]
es. nonno = [ ‘nɔ:n:o ]
es. inverno = [ iɱ’vɛrno ]
es. globalizzazione = [ globalid:za’t:sjone ]
Diagrammi e trigrammi:
I digrammi e trigrammi dell’ortografia italiana corrispondono ai seguenti foni:
<ch> = [ k ], es. chiesa = [ ‘kjɛ:za ]
<gh> =[ g ], es. ghetto = [ ‘ge:t:o ]
<ci> = [ tʃ ], es. ciao = [ ‘tʃa:o ] [ ‘tʃ i a: o ][ ‘tʃ j a: o ]
<gi> = [ ʤ ], es. giudizi = [ ‘ʤu:dit:si ] [ ‘ʤiu:dit:si ] [ ‘ʤju:dit:si ]
<cqu> = [ k:w ], es. acqua = [ ‘ak:wa ]
<gn> = [ɲ], es. gnomo = [ ‘ɲɔ:mo ]
<gli> = [ ʎ ], es. famiglia = [ fa’mi:ʎ:a ] MA gli = [ ‘ʎi ]
<sc>/ >sci> = [ ʃ ], es. scena = [ ‘ʃɛ:na] es. sciarpa = [ ‘ʃa:rpa ]
Nasali:
Nella trascrizione fonetica è necessario specificare il punto di articolazione delle
consonanti nasali:
N.B.
Varianti fonetiche diatopicamente marcate
<casa> = Sud [ ‘ka:sa ] vs Nord (e standard) [ ‘ka:za ]
<zio> = Sud (e standard) [ ‘tsi:o ] vs Nord [ ‘dzi:o ]
Lunghezza consonantica:
Le consonanti possono essere sia lunghe sia brevi, in base alla concreta articolazione
del suono nell’articolazione della parola:
< n > = [ n ] es. nono = [ ‘nɔ:no ]
< nn > = [ n: ] es. nonno = [ ‘nɔ:n:o ]
< l > = [ l ] es. molo = [ ‘mɔ:lo ]
< ll > = [ l: ] es. mollo = [ ‘mɔ:l:o ]
< c > = [ k ] es. ecologia = [ ekolo’ʤia ]
< cc > = [ k: ] es. ecco = [ ‘ɛ:k:o ]
La vocale:
- è lunga in sillaba tonica aperta (che termina in vocale)
es. capo = [ ‘ka:po ]
Fono e fonema:
Il fonema è l’unità minima dotata di valore distintivo. Non ha significato ma ha
valore discriminante e distintivo. Il fonema è confermato dalla presenza delle coppie
minime. Le coppie minime si distinguono tra di loro per 1 solo singolo suono
differente.
/’male/ vs /’mare/
Non soltanto foni ma fonemi, dato che hanno carattere discriminante poiché, come
abbiamo appena visto, distinguono almeno una coppia minima
1) Trascrizione fonetica:
Riguarda sia i foni che hanno valore di fonema che quelli che non ce l’hanno.
2) Trascrizione fonematica/fonologica:
Essa si distingue perché utilizza solo foni che hanno valore di fonema.
La trascrizione deve avvenire tra parentesi oblique, non più quadre //
Trascrizione fonetica Trascrizione fonematica
antica = [ an’ti:ka ] antica = /an’tika/
angolo = [ ‘aŋgolo ] angolo = /‘angolo/
La ŋ non ha valore distintivo La n ha valore distintivo
Allofoni:
Diverse realizzazioni concrete dello stesso fonema, ad es. foni [n], [ŋ] rispetto al
fonema /n/
- Regola 1
Quando 2 suoni ricorrono nelle medesime posizioni e possono essere scambiati fra
loro facendo mutare il significato delle parole o rendendole irriconoscibili allora
questi 2 suoni sono 2 diversi fonemi.
- Regola 2
Quando due suoni ricorrono nelle medesime posizioni e possono essere scambiati
fra loro senza far mutare il significato delle parole, allora questi 2 suoni sono
soltanto varianti fonetiche facoltative, o libere, di uno stesso fonema
- Regola 3
Quando 2 suoni simili dal punto dal punto di vista articolatorio non sono
interscambiabili negli stessi contesti fonologici, allora questi 2 suoni sono varianti
fonetiche combinatorie (allofoni), determinate dalla combinazione con altri suoni nel
contesto fonologico, di uno stesso fonema.
Le coppie minime:
La posizione dell’accento
La lunghezza consonantica
Non sono coppie minime parole composte da un diverso numero di fonemi: /kjare/
(5 fonemi) - /kare/ (4 fonemi)
La sillaba:
favole= fa.vo.le
3 sillabe= 3 picchi di intensità (/a/, /o/, /e/)
Il picco di intensità cade sul nucleo della sillaba (in italiane solo sulle vocali).
La sillaba che contiene la vocale su cui cade l’accento tonico della parola è detta
tonica
Esistono parole senza accento dette atone
Accento:
Trattasi della prominenza fonica di una sillaba (del suo nucleo: la vocale) rispetto alle
altre sillabe della parola.
Tipologie di accento:
1) Accento dinamico/intensivo:
Aumento della forza espiratoria durante la pronuncia, e conseguente aumento del
volume della voce e della durata della sillaba.
2)Accento melodico/tonale:
Tono o altezza musicale con cui le sillabe sono pronunciate e la curva melodica a cui
la loro successione dà luogo
Tono= altezza di pronuncia della sillaba, legata alla velocità e alla frequenza delle
vibrazioni delle corde vocali
Alta frequenza delle vibrazioni delle corde vocali= aumento di volume e tono
ascendente
Bassa frequenza delle vibrazioni delle corde vocali= riduzione di volume e tono
discendente
Concetto d’intonazione:
L’intonazione è l’andamento melodico con cui è pronunciato l’enunciato.
In italiano l’intonazione distingue enunciati con funzioni pragmatiche differenti.
Esempi:
Concetto di morfema:
Giorn-o
Trattasi di 2 morfemi grammaticali ma non flessionali, indicano una derivazione, un collegamento tra quella
parola ed altre parole più semplici a livello morfologico presenti nel lessico della lingua in questione. Dicesi
morfemi derivanti. Sono strumenti del processo morfologico della derivazione. Trattasi di morfemi che
sanciscono la classe di parola della parola stessa, Li utilizziamo per creare parola a partire da parole più
semplici (come già abbiamo visto quando abbiamo analizzato il processo di derivazione nello specifico
Famiglia di parole:
Insieme delle parole derivate dallo stesso morfema lessicale
Vocale tematica:
lavor-a-v-o
La vocale tematica si trova in tutte le parole che derivano dal verbo, durante la
trascrizione morfematica dobbiamo individuarla ed isolarla.
Es:
Lavoratore
Fenomeni di riaggiustamento:
Per assimilazione:
Per elisione:
/Le 2 parole sono state unite tramite l’elisione dell’ultimo fonema della parola/
Per inserimento:
Per sostituzione:
belga belgi
Sostituzione articolatori del suono senza una modifica del carattere ortografico.
- Sostituzione della vocale finale del morfema lessicale del primo elemento di un
composto
Allomorfia:
morfo ≠ morfema
/Un discorso molto simile l’abbiamo già visto parlando di foni, fonemi ed allofoni/.
Mutamento Movimento
mut-a-ment-o mov-i-ment-o
ML VT MD MF ML VT MD MF
I/Gli (Morfi)
Esempi:
Morfema lessicale:
Morfema grammaticale:
Suppletivismo:
Il suppletivismo riguarda morfemi lessicali equivalenti per significato e posizione ma diversi
foneticamente tra di loro.
Esempi:
vad-o, and-iamo
acqu-a, idr-ic-o
avori-o, eburne-o
1) Classificazione funzionale
I morfemi vengono distinti in base al contributo che danno al significato della parola:
2) Classificazione posizionale
I morfemi flessionali:
I morfemi flessionali non modificano il significato del morfema lessicale (quindi il referente
extra linguistico) ma danno informazione sintattica sullo specifico referente chiamato in
causa durante una conversazione.
I morfemi flessionali sono dunque in grado di codificare i valori delle categorie
grammaticali.
Le categorie grammaticali sono coloro che esprimono i significati fondamentali e generali
che ciascuna lingua codifica obbligatoriamente sulle parole delle classi del discorso variabili
(in italiano troviamo dunque morfemi flessionali su nomi, verbi, articoli, aggettivi e su alcuni
pronomi).
Questo tratto semantico in italiano è il riflesso della categoria biologica del sesso solo per
quanto riguarda i referenti animati. Per quanto riguarda i referenti inanimati ed asessuati
abbiamo un’attribuzione completamente convenzionale ed arbitraria del genere, che può
variare interlinguisticamente.
Per quanto riguarda le lingue col neutro sarebbe logico indicare con suddetto genere tutti i
referenti inanimati ed asessuati. Purtroppo, non è così. Anche in questo caso vi è
un’assegnazione completamente arbitraria.
La categoria del numero indica la quantità di referenti a cui una determinata parola fa
riferimento.
L’italiano prevede una distinzione tra quantità singola e plurima, ma anche in questo caso si
tratta di una distinzione completamente arbitraria. Altre lingue fanno distinzioni differenti.
Ad esempio, in greco antico, sanscrito e aravo troviamo la distinzione tra singolare, duale e
plurale. In alcune lingue dell’Oceania vi è addirittura la presenza del triale.
L’accordo morfosintattico:
L’accordo morfosintattico è ciò che comunemente viene chiamato concordanza (d’ora in poi
cerchiamo di evitare questo termine). Consiste nell’allineamento delle marche delle parole
all’interno di un sintagma o di una frase.
Se si tratta dell’allineamento di marche all’interno delle parole all’interno di un sintagma
allora si parla di flessione inerente, se parliamo invece di frase allora si tratta di flessione
contestuale. In questo caso la flessione di articoli e aggettivi dipende dalla flessione della
testa nominale.
Esempi:
Flessione inerente:
vicina
Flessione contestuale:
Esempio:
Non tutte le lingue hanno lo stesso numero di casi. Trattasi dell’ennesimo esempio di
variazione interlinguistica:
Finlandese: 16 casi ; Russo: 8 casi,
Latino: 6 casi (nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo, ablativo) Greco: 5 casi
(nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo) Tedesco: 4 casi (nominativo, genitivo,
dativo, accusativo).
A onor di cronaca, in italiano qualche traccia della categoria del caso è rimasta nel sistema
dei pronomi tonici: Io/me, tu/te, lui/lo/gli; Lei/la/le
La reggenza è il processo di assegnazione di una marca di caso al nome da parte del verbo o
della preposizione
Esempio:
Cum militibus
Prep Ablativo
Con i soldati
Esempio:
Thinking of; Waiting for
Variazione interlinguistica:
Lingue diverse codificano informazioni diverse con marche morfologiche differenti.
In italiano le marche morfologiche ci indicano l’entità del nostro legame con il soggetto in
questione.
Michel-ino
In italiano la codifica morfologica avviene solo nel caso del superlativo assoluto:
Bellissimo
In altre lingue, come inglese e tedesco, anche la codifica del comparativo avviene per mezzo
dell’ausilio di marche morfologiche:
1) Persona
2) Diatesi
3) Modo
4) Tempo
5) Aspetto
Esempi:
arrivo
arriviamo Prima persona singolare Codifica colui che parla e il numero
Prima persona plurale
Vediamo alcuni casi di variazione interlinguistica per quanto riguarda la categoria della
persona:
In inglese, non viene codificato il numero nella seconda persona (you = “tu, voi”).
In vietnamita, la persona codifica la distinzione fra “noi inclusivo” chúngta, che include chi
ascolta, e “noi esclusivo” chúngtôi, che esclude chi ascolta
La diatesi:
Diatesi attiva:
Il soggetto è coinvolto in un evento causato da un agente, che può essere espresso oppure no.
Diatesi riflessiva:
MA anteriore a MR anteriore a ME
Quando mi hai regalato il libro di Camilleri, ne avevo già ordinata una copia.
MA contemporaneo a MR anteriore a ME
Quando mi hai chiamato c’era la lezione di italiano.
MA posteriore a MR anteriore a ME
Mi hai detto che saresti andato al cinema.
La categoria dell’aspetto:
La categoria dell’aspetto esprime il punto di vista del mittente sullo svolgimento dell’azione,
sulla sua compiutezza o meno
Presentazione dell’evento dall’esterno: si vede l’evento nella sua interezza, dopo la sua
conclusione, che può essere indicata
Aspetto Imperfettivo: azione non conclusa, presentata nel corso del suo svolgimento
La derivazione:
Vi sono 2 principali tipi morfologici di parole:
- Parole derivate
Corda Accordare
(parola primitiva) (parola derivata)
Come si deriva?
Le parole derivate possono essere derivate con morfemi derivazionali posti alla destra del
morfema lessicale originale.
Mano Man-esco
Esempio:
Mano Man-ina
In alcuni casi è difficile distinguere tra la parola base e quella derivata.
Ad esempio:
In questi casi si procede con l’individuare la parola base su base categoriale e semantica. Il
verbo solitamente si forma a partire dal nome. Dunque, arbitrariamente, diciamo che lavorare
deriva dal termine lavoro, assimiliamo un caso limite come questo alle regole seguite da casi
più frequenti.
Esempio:
Capotreno
Cap-o Tren-o
ML MF ML MF
La testa del composto è il costituente che assegna la classe del discorso alla parola composta
(N, V, Agg o Avv).
Inoltre, la testa è il costituente che conferisce le caratteristiche semantiche al composto.
Esistono parole composte che non possiedono una testa.
Esempio:
Portapenne
È un particolare tipo di penna? Oppure un particolare tipo di porta?
Dal sostantivo evinciamo la sua funzione ma non sappiamo effettivamente di cosa si tratti.
Per distinguere con assoluta certezza le parole composte dotate di testa da quelle che non ne
sono provviste sono stati creati dei test. Ve ne sono 3
1) Test sintattico
2) Test semantico
3) Test morfologico
La parola composta appartiene alla stessa classe del discorso di una delle parole che la
costituiscono?
ROSSOfuoco = AGG + N = AGG sì, quindi la parola composta contiene una parola che
funge da testa
INVECE saliscendi = V + V = N no, quindi la parola composta non contiene una parola
che funge da testa
CAPOtreno = un particolare tipo di capo sì, quindi la parola composta contiene una
parola che funge da testa
INVECE portapenne ≠ un particolare tipo di portare /penna no, quindi la parola composta
non contiene una parola che funge da testa
eurodeputatO MASCH. – eurodeputatA FEMM. sì, quindi la parola composta contiene una
parola che funge da testa
capOstazione SING. – capIstazione PLUR. sì, quindi la parola composta contiene una parola
che funge da testa
INVECE portapenne - *portopenne, *portapenna no, quindi la parola composta non contiene
una parola che funge da testa
L’ordine delle parole che costituiscono la parola composta non è rilevante per individuare la
testa della parola composta, che si può trovare sia in prima che in seconda posizione.
Esempio:
Pescespada
Ferrovia
1) Endocentrici
Quei composti che soddisfano tutti e 3 i test per individuare la testa
Esempio:
Capotreno
2) Esocentrici
Quei composti che non possiedono una testa interna alla parola, ergo non soddisfano nessuno
dei 3 test
Esempio:
Portapenne
3) Composti DVANDVA
Entrambi i costituenti fungono da testa del composto
Esempio:
Caffelatte
Unità polirematiche:
Sono insiemi di parole che si configurano come una parola unica. Il significato dell’unità
polirematica non corrisponde alla semplice sommatoria dei significati delle parole
componenti.
Esempio:
Il gatto delle nevi non è un particolare tipo di gatto, è un oggetto terzo. Queste parole
evocano infatti un referente terzo non ricostruibile unicamente sulla base di quest’ultimo.
Alcune unità polirematiche, oltre che identificarsi come tali, possono anche essere:
Verbi sintagmatici:
Esempio:
Andare via
Sono verbi polirematici che solitamente presentano la struttura verbo+ particella. Il verbo in
questione è solitamente di movimento e la particella un avverbio locativo.
Binomi coordinati:
Esempio:
Usa e getta
Le unità lessicali bimembri si piazzano invece in posizione intermedia fra parole composte
e unità polirematiche poiché il grado di fusione tra le due parole è intermedio
Esempi:
Parola chiave, ufficio concorsi, scuola guida
Le sigle sono parole composte dalle iniziali delle parole che costituiscono un’unità
polirematica
Esempi:
CFU= crediti formativi universitari.
Le parole macedonia sono parole composte in cui uno dei morfemi lessicali si presenta in
forma elisa per discorsi fonologici
Esempio:
Cantautore= Cantante + autore
Esempio:
Sociologia
Socio Logi-a
ML ML MF
Socio è un morfema lessicale, ma non si trova mai in forma indipendente. Dicesi prefissoide,
una forma lessicale che si trova necessariamente in compresenza con altre parole. Dunque,
pur essendo un morfema lessicale, si comporta da morfema derivazionale. Stessa cosa vale
per logia, solo che, data la sua posizione, prende il nome di suffissoide.
I prefissoidi non devono necessariamente essere combinati con suffissoidi (e viceversa),
possono anche stare con un morfema lessicale vero e proprio
Esempio:
Parola composta da prefissoide+parola
Telecomando
Tele- Comand-o
Prefissoide ML MF
La sintassi è la struttura della frase. Gli studi sintattici analizzano la funzione delle parole
all’interno della frase, la loro disposizione e la funzione delle frasi nel periodo
L’unità di misura della sintassi è la frase. La frase è l’espressione concreta del contenuto
informativo, espresso attraverso una predicazione, ossia un’enunciazione sulla realtà.
La predicazione può essere espressa da un verbo
Esempio:
Gianni corre
La frase semplice:
Gianni corre
Buona questa torta
La frase complessa:
Gianni corre perché è in ritardo e sta per perdere l’autobus per Brescia
Il sintagma è una combinazione di parole tra loro collegate, poiché riguardano il referente
espresso da una di queste parole che si configura come elemento prominente.
Le altre parole del sintagma codificano semplicemente informazioni aggiuntive al referente
veicolato da questo elemento prominente.
Il modello di descrizione della struttura della frase prende il nome di analisi in costituenti e
la rappresentazione grafica prediletta per suddetto tipo di analisi è quella del grafico ad
albero.
Sintagma = la minima combinazione di parole (anche solo una) che costituisce un'unità
della struttura della frase, dotata di una specifica funzione nella struttura della frase e
articolata intorno a una testa, l’elemento prominente, che può costituire da solo un
sintagma e non può essere eliminato senza eliminare l’informazione veicolata dall’intero
sintagma
Innanzitutto: come si individua la testa, l’elemento prominente di un sintagma?
ARTICOLI
NUMERALI
AGGETTIVI DIMOSTRATIVI
AGGETTIVI POSSESSIVI
AGGETTIVI INDEFINITI
AGGETTIVI INTERROGATIVI
Oltre a questo semplice ragionamento logico per individuare la testa vi sono dei veri e propri
meccanismi automatici per non sbagliare mai e delimitare con assoluta certezza il sintagma
testa.
1) Test commutazione
Commutare una parte della frase, una parola (ergo un possibile sintagma testa) con un’altra
parola che possa avere lo stesso significato ma più semplice a livello sintattico (solitamente
vengono utilizzati i nomi propri).
Esempio:
2) Test di mobilità
3) Test di scissione
Un gruppo di parole costituisce un sintagma se può essere separato dal resto della frase
costruendo una frase scissa
Esempio:
Mio cugino ha comprato un’auto
È mio cugino che ha comprato
4) Test di isolamento
Esempio:
Mio cugino ha comprato un’auto
Chi ha comprato un’auto? Mio cugino
Chi ha comprato un’auto? *mio, *cugino, *mio cugino ha
5) Test di coordinabilità
Esempio:
Mio cugino ha comprato un’auto
Mio cugino e mia cugina hanno comprato un’auto
Mio cugino ha comprato e ha riverniciato un’auto
Mio cugino ha comprato un’auto e un garage
La struttura valenziale:
I verbi come gli elementi chimici hanno bisogno di essere completati da altri elementi.
Per esempio, la frase “il poliziotto catturò” è agrammaticale, poiché non è stato soddisfatto
lo schema valenziale del verbo catturare. Per essere completo suddetto schema necessita
anche di ciò che in analisi logica viene definito complemento oggetto. Dunque:
In gergo si dice che il verbo catturare ha 2 valenze, ossia necessita di soggetto ed oggetto per
risultare completo
Chi Chi/Cosa
Catturare
Ciò non significa che non si possano aggiungere ulteriori informazioni alla frase,
semplicemente suddette informazioni aggiuntive non risultano essere essenziali, la
frase regge ed è grammaticale anche senza di essi. Suddette informazioni accessorie
prendono nome di circostanziali. Essi sono dunque completamente facoltativi e
hanno una certa libertà di movimento sintattico all’interno della frase.
Le informazioni necessarie invece sono dette argomenti.
regalare A chi
Regalare si configura dunque come verbo tetravalente. Ma non è finita qui. Esistono
infatti anche verbi zerovalenti, quali piovere e nevicare ad esempio, che non
necessitano di argomenti, possono sussistere di per sé senza che la frase risulti
agrammaticale.
Esempio:
Oggi piove
Per completare la casistica esistono anche verbi monovalenti, cui unico argomento
necessario ai fini del raggiungimento della grammaticalità è il soggetto.
Esempio:
Luca dorme
A onor del vero esisterebbero anche verbi quadrivalenti in italiano, o meglio, esiste
un solo verbo quadrivalente che è il verbo tradurre.
- Verbi zerovalenti
Piovere, nevicare, grandinare (…)
- Verbi monovalenti
Dormire, crescere (…)
- Verbi bivalenti
Mangiare, bere, cucinare (…)
- Verbi trivalenti
Spedire, dare (…)
- Verbi quadrivalenti
Tradurre
La struttura valenziale si dice ellittica (o non saturata), quando l’informazione è
recuperabile dal contesto.
Esempio:
“Io vado” dopo che il parlante aveva già esplicitato che da li a poco sarebbe andato
a casa. La struttura valenziale non è stata saturata per il semplice fatto che già si può
evincere dal contesto dove il soggetto se ne sta andando.
I verbi possono avere più di una struttura valenziale, questo accade quando
assumono diversi significati in diversi contesti linguistici
Vediamo dunque un esempio con il verbo portare:
Oggetto diretto
Soggetto I piatti Oggetto indiretto
Il cameriere Ai clienti
Portare
Soggetto
La professoressa Oggetto diretto
Gli occhiali
Portare
Esempi:
Gianni è partito e Maria è rimasta a casa.
Subordinazione:
Esempi:
Subordinata Principale
Tipi di subordinate:
- Avverbiali o circostanziali
Fungono da modificatori e modificano l’intera frase da cui dipendono
aggiungendo un’informazione accessoria
Esempi:
- Completive o argomentali
Rappresentano informazioni sostanziali ed essenziali perché la frase complessa sia
completa. Saturano dunque una delle valenze della principale
Esempi:
Esempi:
Gli studenti, che hanno studiato con continuità, supereranno l’esame con il massimo dei voti.
Tua sorella, che è molto studiosa, supererà l’esame con il massimo dei voti.
Il soggetto sintattico:
La definizione classica di soggetto è: colui che compie l’azione nella forma attiva e la
subisce nella passiva.
Nel corso degli anni sono state dunque create definizioni più moderne, come ad esempio
soggetto come costituente sintattico che indica il referente di cui parla il predicato. Anche in
questo caso la definizione non è completa. Basti pensare alla frase “A me piacciono i fiori”.
Il referente di cui parla il predicato in questo caso non è il soggetto sintattico.
Soggetto= costituente sintattico che è sempre accordato col predicato ed è esterno ad esso.
(infatti, SN è sempre esterno a SV ed è la prima divisione che facciamo quando analizziamo
sintatticamente una frase). Se vogliamo essere ancora più precisi possiamo aggiungere che il
soggetto all’interno di una frase non può mai mancare, escludendo però i verbi zerovalenti,
come piovere, grandinare e nevicare.
Prospettiva sintattica della frase:
Da una prospettiva sintattica la frase è una concatenazione di sintagmi governata da regole
di dipendenza, generate dallo schema valenziale del verbo, che attribuisce ai vari
costituenti le loro funzioni sintattiche
A seconda della prospettiva dalla quale analizziamo la frase vi sono ruoli sintattici (che
abbiamo già visto: Soggetto, Oggetto, Oggetto indiretto) e ruoli semantici.
Vediamoli insieme:
Lo stimolo/fonte semantico/a è quell’entità animata o meno, che stimola uno stato d’animo o
un processo psicologico.
Strumento: entità inanimata mediante la quale avviene ciò che accade, un fattore
dell’evento non intenzionale
Una folata di vento ha rotta i vetri della finestra
Una folata di vento= Strumento semantico
Testualità:
La testualità è l’analisi dei fenomeni linguistici che intervengono oltre il livello della
frase, per la cui interpretazione è necessario prendere in esame un contesto
linguistico superiore a quello della frase: il testo.
Il riferimento può essere di natura personale, temporale o spaziale ad elementi presenti nel
testo
Lunedì Luca ha parlato con suo fratello e si è deciso. Il giorno dopo ha lasciato la città e
l’ha raggiunto a Lione, dove si sono incontrati in stazione alle otto.
La deissi:
Così come i riferimenti anaforici sono strumenti linguistici che permettono di indicare un
referente collegando quel referente ad altri riferimenti presenti nel testo, il meccanismo della
deissi è invece un riferimento diretto ai referenti extralinguistici sulla base delle
caratteristiche dello svolgersi della comunicazione. La deissi è dunque in grado di ancorare il
testo allo svolgimento della comunicazione per mezzo di riferimenti di natura personale ai
partecipanti, temporale o spaziale.
Esempio:
Il regista ha commentato: “Stasera (ieri, ndr) esce nelle sale il film in cui mi sono
impegnato di più. Parla di una storia tenera e delicata sul valore dell’amicizia...”
(I riferimenti deittici variano al variare dell’atto dell’enunciazione)
La deissi spaziale:
Esempio:
La deissi personale
Esempio:
No, ascolta,
vado io
Vado io
La deissi sociale
Esempio:
No, dopo
di te
Dopo
di Lei!
(I riferimenti deittici variano al variare dell’atto dell’enunciazione)
L’ellissi:
L’ellissi è l’omissione di elementi che sarebbero indispensabili per una struttura frasale
completa, ma che sono accessibili grazie al contesto linguistico
Esempio:
A: “Dove vai?”
B:”A casa” (sottointeso vado, informazione che si può facilmente evincere dal contesto
Non è un caso di ellissi del soggetto, perché l’italiano è una lingua PRO-drop, il che
significa che il soggetto è facilmente desumibile dai morfemi flessionali di cui la forma
verbale è composta. Da “mangio a casa” comprendo facilmente che il soggetto è io grazie
alla presenza del morfema flessionale -o in mangio, quindi non è un caso di ellissi dato che il
soggetto è sempre desumibile dal contesto (ciò non accade per esempio in lingue come
l’inglese, che non è assolutamente una lingua PRO-drop).
In questo caso la voluta e ricercata esplicitazione del soggetto assume particolari valori
enfatici e contrastivi
La frase “mangio a casa” non ha carattere contrastivo, la seconda può assumerlo: “io mangio
a casa, Luisa va al ristorante”.
I segnali discorsivi:
Trattasi di collegamenti tra le diverse parti di un testo, sono unità lessicali esterne alla
struttura sintattica della frase e hanno funzione discorsiva ed interazionale
1) Filler (o riempitivo):
A: Dove vai
B: Ehm… boh… andrò a casa a studiare
A: Tutto ok?
B: Guarda… lasciamo stare
3) Tag question:
Coesione:
La coesione di un testo è costruita con meccanismi coesivi, ovvero gli elementi linguistici
che esplicitano i collegamenti interni al testo. La loro finalità è una migliore efficacia
comunicativa del testo in questione.
Eccone un elenco:
- Tempi verbali (allineamento delle forme verbali senza salti temporali, ad es. iniziare un
testo con il presente e continuare con il passato)
Pragmatica:
La pragmatica si occupa dell’uso della lingua nell’interazione; lingua vista come azione, atto
concreto, che compie un’operazione e determina un risultato
L’unità d’analisi della pragmatica è l’enunciato nella sua concretezza, nel suo quotidiano
impiego di situazioni comunicative, come segmento del discorso in atto
La struttura dell’informazione:
La frase:
Abbiamo già definito la frase da una prospettiva sintattica e da una prospettiva semantica.
Vediamola ora da una prospettiva pragmatica:
Esempio:
Laura va a Milano
In sostanza, il tema è l’entità attorno cui si predica qualcosa, il rema è invece ciò che viene
predicato. In inglese il tema prende il nome di Topic mentre il rema di Comment.
Esistono lingue (come in giapponese, ove si utilizza la particella “wa”) che codificano il
tema con una specifica particella. In questo modo è facilmente riconoscibile all’interno della
frase.
In italiano non esistono mezzi morfologici per la codifica del tema e del rema, ma come
regola generale (non sempre valida purtroppo) si può utilizzare:
1) Il ruolo sintattico
Tema= soggetto
Rema= predicato
3) Ordine sintattico
Tema a sx e Rema a dx
3) Intonazione:
Prominenza intonativa sul rema
Queste regole sono valide solo nella maggior parte dei casi, può capitare infatti che il
canonico ordine “TEMA-REMA” venga invertito. Ogni conversazione va dunque
analizzata per esser certi che suddetto ordine sia stato rispettato o meno
Il tema qui, ossia l’elemento attorno al quale si sta sviluppando l’azione, è “un gatto grigio”,
mentre il rema, ossia l’informazione aggiuntiva, è “nel tuo giardino”.
Il Dato in questo caso è “nel tuo giardino” mentre il nuovo è “un gatto grigio sta giocando”.
Possiamo dunque evincere che si tratta di un caso che sfugge alla regola precedentemente
citata dato che il tema non corrisponde al dato e il rema non corrisponde al nuovo, bensì
avviene l’esatto opposto.
Il focus:
Tema Rema
Focus
Il focus è sempre parte del Nuovo, mai del Dato, sia che esso si trovi in Rema o in Tema. È
l’elemento principale della comunicazione, ciò che non può essere cancellato
Strategie di enfasi:
Le strategie di enfasi sono strategie sintattiche per mettere in rilievo un costituente.
L’elemento enfatizzato viene presentato all’inizio dell’enunciato
Canonicamente suddetto elemento all’inizio della frase non ci dovrebbe stare, dovrebbe
esserci il soggetto in italiano. Quindi queste strategie seguono ordini sintattici marcati, che
alterano dunque il canonico ordine della frase SVO.
Topicalizzazione contrastiva:
Si mette a focus un elemento per segnalarlo in modo contrastivo
-Focalizzatore con funzione restrittiva (la televisione, non la radio e non il computer)
Solo la televisione ci hanno rubato
Costruzione tematizzante:
Si manda a tema un elemento che di solito non è tematico
- Dislocazione a sinistra
Anticipazione di un elemento non tematico (O, OI) con un pronome di ripresa che ne indica
il ruolo sintattico
Costruzione focalizzante:
Messa in rilievo del focus tramite frasi segmentate:
- Frase scissa
Si segmenta in due l’enunciato e si isola un suo elemento focalizzandolo con l’introduzione
del verbo «essere» + una frase pseudo-relativa:
Essere + focus + frase pseudo-relativa §
- Frase pseudoscissa
Si introduce l’enunciato con un segmento preparatorio ed enfatizzante
Enunciati tetici:
Gli enunciati tetici sono costituiti da solo rema, quindi da sola predicazione. Un enunciato
tetico può essere inserito in una conversazione in risposta a una domanda del tipo “Che
succede?”. Domande quindi molto generiche che mandano avanti la conversazione senza
esplicitare un argomento del discorso, lasciando l’interlocutore libero di parlare di qualunque
tema voglia.
Esempio:
I verbi performativi:
I verbi performativi (dall’inglese to perform: compiere) realizzano l’evento che riferiscono.
Trattasi di verbi particolari poiché nel momento dell’enunciazione di frasi con all’interno
verbi performativi il momento dell’enunciazione coincide con il momento dell’avvenimento
dell’azione. Questo però avviene a patto che il mittente coincida con il soggetto sintattico.
Vediamo qualche esempio per comprendere al meglio:
“Prometto di partire”
Il momento dell’enunciazione coincide con il momento dell’avvenimento dell’azione.
Questo accade perché il soggetto sintattico e il mittente coincidono e perché promettere è un
verbo performativo.
La promessa si realizza nel momento in cui viene comunicata. Il verbo promettere non solo
comunica ma compie un certo avvenimento extralinguistico.
Con un verbo performativo in un solo enunciato c’è sia l’aspetto linguistico che
extralinguistico.
Altri verbi performativi sono per esempio “dichiarare”.
Uno stesso atto illocutivo può essere realizzato da diversi atti locutivi.
Quindi lo stesso significato può essere espresso mediante significanti differenti.
Esempio:
Atto illocutivo: richiesta di chiudere la porta
Vari atti locutivi per esprimerlo:
- Frasi imperative
Chiudi la porta!
- Frasi interrogative
Chiudi la porta?
Puoi chiudere la porta?
Potresti chiudere la porta?
Atti linguistici indiretti, o modulati o mitigati= atti illocutivi realizzati da atti locutivi atipici,
che sono tipici di altri atti illocutivi (es. una richiesta presentata come una domanda)
Gli atti indiretti sono manifestazione della politeness, o cortesia linguistica, secondo il
principio “non ti imporre all’interlocutore, lasciagli aperte alternative”
Esempio:
Potresti chiudere la porta?
Cosa permette agli interlocutori di comunicare in modo efficace anche attraverso atti
linguistici indiretti (quindi non letterali)?
Secondo il filosofo Grice ciò risiede in 2 concetti fondamentali alla base della conversazione
La logica della conversazione e la presupposizione.
Prendiamo in analisi in primis il concetto di logica della conversazione. Alla base di suddetto
concetto ve ne sta un ulteriore ossia quello di intersoggettività.
In questo caso è stata violata la massima di relazione, P2 risponde non con una risposta alla
richiesta ma con un’esigenza che ha
Pur non dicendo no in modo chiaro P1 presuppone che gli enunciati siano interlogicamente
connessi. Questo fenomeno va sotto il concetto di implicatura, ossia il presupposto che gli
enunciati prodotti siano interconnessi logicamente
L’analisi della conversazione studia la logica che sta dietro alla conversazione, dunque tutti i
meccanismi sistematici che occorrono nelle interazioni quotidiane, che siano esse formali o
informali.
Se avviene uno scambio di turno tra P1 e P2 , con l’inizio del turno di P2, quest’ultimo
chiarifica la comprensione del fatto che P1 abbia completato il proprio turno ed inizia
dunque il suo. Questo concetto prende il nome di principio di sequenzialità.
Concetti di base:
Il turno:
TCU= Unità d’analisi della conversazione
Lavoriamo sulle Tcu e non sul turno come unità di base perché in un turno ci possono essere
più TCU (molto spesso)
PRT (punti di rilevanza transizionale)= Pause, allungamenti delle vocali finali di una
parola, rallentamenti nell’eloquio che si trovano in prossimità di possibili punti di
completezza del turno
Sovrapposizioni:
Esse non corrispondono solamente ad interruzioni da parte dell’interlocutore (potenziali
conflitti tra interlocutori), ma possono essere momenti in cui gli interlocutori cocostruiscono
l’interazione, manifestano la loro intenzione di mandare avanti la loro conversazione.
P2 ha compreso quello che P1 stava per dire e gli si è sovrapposto. Probabilmente trattasi di
una sovrapposizione sgradita in questo caso.
Le pause:
Le pause sono gli intervalli di silenzio che si producono nel corso della conversazione.
Possono svolgere le funzioni interazionali di:
- Richiamare l’attenzione dell’ascoltatore
- Cedere il turno
Le pause sono più tollerate nelle interazioni asimmetriche (quando il ruolo dei partecipanti
non è sullo stesso piano ma è gerarchico. Il partecipante più passivo tollera maggiormente le
pause perché riconosce all’altro interlocutore il diritto di gestire la conversazione come
meglio crede.
Quando una pausa supera la soglia di tolleranza, su cui gli interlocutori sono culturalmente
allineati, uno o più parlanti possono prendere il turno contemporaneamente per risolvere un
problema dell’interazione (partenze simultanee).
I: bravi
Turno esteso:
Si sospende temporaneamente il meccanismo di alternanza. (Spiegazioni in classe).
Necessita di una fase preparatoria.
Le coppie adiacenti:
P1: Buongiorno!
P2: Buongiorno!
P1: Desidera del tè?
P2: Sì, grazie.
P1: Scusi!
P2: Non fa niente!
Le 2 parti della coppia possono anche non essere strettamente adiacenti ma essere distanziate
da uno o più turni che non impediscono di completare la coppia né di riconoscere l’adiacenza
delle tue parti, ma creano semplicemente degli scambi di turno più lunghi dello stretto
necessario. Queste sequenze prendono il nome di sequenze inserto
Esempio:
Invito:
accettazione vs. rifiuto
Domanda:
risposta esauriente vs. risposta inesauriente
Opinione:
accordo vs. disaccordo
Il fatto che una parte sia preferita o meno dipende unicamente dal contesto.
In linea generale la parte preferita è prodotta direttamente in continuità con il turno
precedente mentre quella dispreferita è preceduta da pause, esitazioni o giustificazioni al fine
di “rimediare. Le strategie rimediali (pause, esitazioni, filler, fasi, preparatorie…)
compongono la struttura tipica del formato dispreferito del turno
Le strategie rimediali svolgono la funzione di prendere tempo, rinviare la produzione del
turno dispreferito e invitare l’interlocutore a modificare o rettificare il proprio turno, con il
fine ultimo di evitare la risposta dispreferita
Ma tutto ciò vale unicamente in linea di massima. Per esempio, se P1 sta esprimendo
un’autocritica si aspetta che P2 possa negare e compatire con lui, se invece P2 risponde con
un secco “È vero” sicuramente la coppia si chiuderà ma la parte di P2 risulterà dispreferita
agli occhi di P1
Trattasi però di una definizione imprecisa, basti pensare alle lingue senza varietà scritta e
quest’affermazione già crolla, anche loro hanno parole
MA anche le lingue senza accento demarcativo hanno le parole ed esistono parole senza
accento. Ancora una volta una definizione imprecisa
4) Enunciabilità in isolamento
Marco (Chi ha telefonato?)
Questo perché la nozione di parola è scalare: alcune parole rispettano tutti i criteri di
coesione, altre parole no e sono parole meno tipiche
Esempio:
dormire = un solo accento [dor’mi:re], un solo ML (dorm-), posizione fissa dei morfemi
(*iredorm), non interrompibile (*dormsempreire), mobilità sintattica (voglio
dormire/dormire è importante), enunciabile in isolamento (cosa vuoi fare? Dormire)
capotreno= 2 accenti [’ka:po’tre:no], 2ML (cap-, tren-), posizione fissa dei morfemi
(*trenocapo), non interrompibile (*capomiotreno), mobilità sintattica (il capotreno
arriva/arriva il capotreno), enunciabile in isolamento (che mestiere fai? capotreno)
2ML e 2 accenti. Rispetta 4 criteri su 6
dato che= 2 accenti [’da:to ’ke], 2ML (dat-, che), posizione fissa dei morfemi (*che dato),
interrompibile (dato sempre che), non mobilità sintattica (dato che piove/*dato piove che),
enunciabile in isolamento (Cosa hai detto? dato che)
Il lessico:
Il lessico è strutturato in più strati:
- Uno strato più centrale e nativo= Il lessico di base, che ammonta circa a 7000 lessemi (il
lessico posseduto da un parlante colto è di circa 50.000 lessemi)
- Vari strati meno nativi e più periferici come lessico specialistico e forestierismi.
I forestierismi sono lessemi provenienti da una lingua entrati nel lessico di un’altra. Sono
dunque la conseguenza dell’interferenza tra sistemi linguistici.
Essi si distinguono in prestiti e calchi.
Prestiti integrati:
Prestiti adattati, non acclimatati. La parola originale ha subito un adeguamento alle strutture
della lingua ricevente (processore, formattare…)
I prestiti integrati producono parole derivate: (formattazione...)
Prestiti di necessità:
Avvengono quando necessitiamo di nuovi significanti per nuovi significati. Ad esempio,
l’utilizzo del significante hardware per far riferimento ad una realtà extralinguistica di nuova
generazione alla quale la lingua italiana non ha ancora provveduto
Prestiti di lusso:
Nuovo significante per un significato noto già munito del corrispettivo significante.
Ad esempio fare shopping e fare compere.
Pseudoprestiti:
Parole in forma alloglotta che non esistono però nella lingua in oggetto. Forme inventate dai
parlanti di una lingua sul modello di un’altra. Vi sono pseudo-anglicismi come “turn-over” e
“smoking” o pseudo-francesismi come “vitel tonnè”.
Prestiti di prestiti:
Parole provenienti da altre lingue che a loro volta hanno attinto da altre lingue, come
Computer, proveniente dall’inglese che a sua volta ha attinto dal latino computo.
I calchi:
Trattasi di forestierismi costituiti da un’imitazione non della parola ma del sistema
morfologico o della codifica semantica di una parola alloglotta.
2 tipologie:
Calchi semantici
Formazione di un nuovo senso per un lessema già esistente attingendo da un’altra lingua, che
diventa dunque polisemico.
Esempio:
Realizzare che oltre al significato rendere reale ha assunto il significato rendersi conto
dall’inglese to realize
Lessemi contenuto/pieni:
Lessemi con un contenuto informativo
Aggettivi, nomi e verbi
Classe aperta, espandibile con neoformazioni lessicali
Lessemi funzione/vuoti:
Lessemi con un significato grammaticale, funzionale o strutturale
Congiunzioni, articoli e preposizioni
Classe chiusa, anche se con alcune eccezioni, come “in” influenzato dal contatto con
l’inglese che ha assunto anche senso temporale.
Solidarietà lessicale:
La solidarietà lessicale è un collegamento tra 2 lessemi in cui uno implica lessicalmente
l’altro. Lo cooccorrenza di un lessema con l’altro o è altamente preferenziale o addirittura
obbligatoria e la possibilità di combinazione con altri lessemi è fortemente ridotta
Esempi:
Le collocazioni:
Le collocazioni sono combinazioni di lessemi fondate su cooccorrenze regolari e frequenti
Esempio:
Cordiali saluti
Le collocazioni possono differenziarsi interlinguisticamente:
foto
PRENDERE
take a picture (ingl.)
prendre une photo (franc.)
tomar una foto (spag. europeo)
TIRARE
sacar una foto (spagn. Sudamericano)
FARE
Fare una foto
ein Foto machen (ted.),
hacer una foto (spag. europeo)
Espressioni idiomatiche:
Le espressioni idiomatiche sono espressioni il cui significato viene stabilito in modo
convenzionale. Di conseguenza sono altamente soggette a varietà interlinguistica.
Sono la cosa più difficile da imparare poiché richiedono esclusivamente una conoscenza
mnemonica.
Esempio:
Chiudere un occhio
spagn. hacer la vista gorda
(lett. fare la vista grassa)
ingl. turn a blind eye
(lett. girare un occhio cieco)
- Iperonimia-iponimia
- Olonimia-meronimia
2) Relazioni di equivalenza
- Omonimia, Polisemia, Enantiosemia
- Sinonimia, quasi-sinonimia
3) Relazioni di opposizione
- Antonimia
- Complementarità
- Inversione
Veicolo Iperonimo
/Anche se solitamente questo tipo di analisi va fatta in maniera comparativa, tra 2 parole si
va a verificare quale delle 2 è l’iponimo e quale l’iperonimo/
Esempi:
Iperonimo: Veicolo
Iponimi: Automobile, aereo, imbarcazione
Test per individuare quando fra due lessemi c’è un rapporto di iperonimia-iponimia:
L’automobile è un particolare tipo di veicolo? Sì, allora il lessema automobile è iponimo del
lessema veicolo.
I referenti degli iponimi possono essere definiti come referenti degli iperonimi?
L’automobile, l’aereo e la nave sono tutti veicoli? Sì, allora i lessemi automobile, aereo,
nave sono iponimi del lessema veicolo.
Intensione ed estensione:
Intensione = l’insieme dei tratti semantici codificati dal lessema. Un lessema con intensione elevata è un lessema
particolarmente specifico
Estensione = l’insieme dei referenti extralinguistici a cui il lessema può far riferimento. Un lessema con estensione
elevata è un lessema particolarmente generico
Esempio:
Applicare la relazione iperonimia-iponimia ai verbi di movimento:
Iponimi di muoversi:
Saltare
Camminare
Correre
Guidare Co-iponomi (iponomi di uno stesso iperonimo)
Andare in biciletta
Anche le unità
polirematiche fanno parte
di queste classificazioni
Catena iponomica= catena composta da più iponimi e iperonimi
Esempio:
veicolo
Iponimi diretti
automobile
classe A SLK
I nomi propri:
I nomi propri sono lessemi che designano un singolo e specifico referente. Hanno dunque
intensione massima ed estensione minima
(antroponimi= nomi comuni toponimo= nomi propri)
Olonimia e meronimia:
La relazione di olonimia-meronimia collega 2 lessemi dei quali uno (meronimo) indica una
parte e l’altro (olonimo) il tutto.
Esempio:
Biciletta= olonimo
Ruota, staffa e pedali= melonimi
2) Relazioni di equivalenza
Omonimia:
Polisemia:
Un unico lessema con più significati contestuali legati fra loro per procedimento metaforico
o metonimico
Esempio:
Nella partita hanno segnato tre reti.
Ogni estate qualche delfino rimane incastrato nella rete dei pescatori.
Quando sono tornata a casa mi sono accorta che il collegamento alla rete non funzionava.
Enantiosemia:
Sinonimia:
La relazione di sinonimia lega 2 lessemi che hanno diverso significante ma uguale
significato
Esempio:
Tra/fra (varianti libere)
La macelleria è fra la salumeria e la lavanderia. La macelleria è tra la salumeria e la
lavanderia.
Nelle lingue del mondo è molto più comune la quasi-sinonimia, ossia 2 lessemi con diversi
significanti e significato simile, che differisce solo per alcune sfumature.
Esempio:
pieno\colmo
Diverso grado di intensità
gatto/micio
Denotativo/connotativo
fare\effettuare
Varianti diafasiche
N.B.
La relazione di quasi-sinonimia può istituirsi solo fra alcuni sensi (significato contestuale) di
due lessemi
Esempi:
Relazioni di opposizione:
Antonimia:
Lessemi che hanno significato opposto ma non si escludono a vicenda
Esempio:
Facile/difficile
Complementarità:
Lessemi che si escludono a vicenda, non presentano gradi intermedi
Esempio:
Test per individuare i diversi rapporti di opposizione fra due lessemi È
Parlare/Tacere
possibile usare(odei
ta parlet o ta fet sito)
quantificatori con entrambi i lessemi?
Luigi è poco alto, abbastanza basso, ...
Inversione:
Lessemi che inserire
È possibile esprimono la stessa
i lessemi relazione semantica
nell’espressione “non èvista
né xda
né2y”?
prospettive
Luigi opposte
Esempio:
non è né alto né basso
Comprare/Vendere
Un lessema implica concettualmente l’altro. Se sto comprando qualcosa significa che
qualcuno me l’ha venduta
Campo semantico
insieme dei lessemi che copre una sezione di uno spazio semantico, spesso co-iponimi (che
quindi condividono un iperonimo sovraordinato)
I co-iponimi dell’iperonimo colorato: bianco, nero, grigio perla, rosso, ...
I co-iponimi dell’iperonimo indumento: gonna, pantalone, camicia, pullover, ...
Sfera semantica
insieme dei lessemi che fanno riferimento ad un ambito o spazio semantico, ad es. un settore
professionale (lessemi della moda, dell’arredamento, ...) che può comprendere più campi
semantici
I lessemi della moda: bianco, nero, grigio perla, pullover, pantalone, ...
insieme dei lessemi accomunati dalla condivisione dello stesso ML, formatisi con l’aggiunta
di diversi MD all’ML
socio, sociale, società, consociare, associazione, ... casa, casalinga, casereccio, accasare,
rincasare, ...
Gerarchia semantica
insieme dei lessemi che indicano le unità di misura di una stessa scala secondo, minuto, ora,
giorno, ...
Analisi componenziale
L’analisi semantica componenziale è un sistema di sotto categorizzazione del
significato che assume che il significato di un lessema sia scomponibile in unità
più astratte (i tratti semantici)
Animato= -
Animato= +
Non tutti i lessemi appartengono al campo semantico nella stessa misura (marito-padre). Lo
si può intuire in primis a partire dalle categorie prototipiche piuttosto che dalle categorie
semantiche. È una sorta di analisi a livelli costituita graficamente tramite insiemi concentrici.
Uno dei vantaggi della descrizione di categorie semantiche su base prototipica è che la
struttura interna è gerarchizzata con elementi con diversi status di appartenenza alla
categoria. I confini tra una categoria e l’altra sono sfumati e graduali.
Le categorie discrete sono invece binarie e, in quanto tali, nette. Non sono ideali per indicare
elementi con diversi status di rappresentatività poiché all’interno di un’analisi discreta gli
elementi sono tutti ugualmente rappresentativi.