1 La Civiltà Musicale Greca

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(06/12/2017) La civiltà musicale Greca

Quando si parla della musica nell’antica Grecia si intende il periodo compreso fra il V e
il VII secolo a.C.

Il termine “nómos” originariamente significava “aria” o “melodia tradizionale”,


successivamente invece significava un canto citarodico solistico, costituito da 7 parti.
Al plurale vengono chiamati “nomoi” e si tratta di moduli ritmico-melodici già noti e
codificati. Nel VII secolo a.C. il centro musicale più importante di tutta la Grecia era
Sparta e fin dall’età di 7 anni i giovani venivano educati all’insegnamento dei
fondamenti di musica e ginnastica.

Il sistema musicale dei Greci era fondato su delle strutture portanti chiamate
“harmonìai”, il cui significato è giuntura, connessione, ecc. Ogni harmonìai si
identificava con una precisa scala musicale che si differenziavano per la disposizione
dei semitoni all’interno delle prime 4 note (tetracordo) e ciascuna ricordava il nome di
un’antica popolazione ellenica, quindi avevamo 3 harmonìai principali:

1. Harmonìai dorica, che poneva i semitoni (st) al 3° posto (3-4 nota);


2. Harmonìai frigia, che poneva i st al 2° posto (2-3 nota);
3. Harmonìai lidia, che poneva i st al 1° posto (1-2 nota).

Quindi come schema fondamentale veniva utilizzato quello del tetracordo (4)
discendente. Le note esterne del tetracordo erano fisse, invece variavano quelle
all’interno, a seconda del genere musicale.

Esistevano 3 tipi di genere musicale:

1. Genere diatonico, successione di tono (t)- t- st (es. mi, re, do, si);
2. Genere cromatico, successione di un t e mezzo – st-st (es. mi, do#, do, si);
3. Genere enarmonico, successione di 2 t- ¼ di t- ¼ di t (es. mi, do, ¼ tra do e
si). (¼ di tono è uguale a mezzo tono).

Secondo la teoria dell’ethos ogni harmonìai aveva un particolare effetto sul corpo e
sull’animo umano, oltre che sugli oggetti inanimati e sugli animali.

L’harmonìai dorica creava compostezza e moderazione, invece l’harmonìai frigia


creava emozioni sfrenate.

Gli strumenti musicali utilizzati nell’antica Grecia erano:

 La lyra, che era associata alla melodia dorica (mito della lyra: Hermes-Apollo);
 L’aulos, che era associato alla melodia frigia ed era considerato uno strumento
straniero (mito dell’aulos: Atena-Marsia)
 Strumenti a percussioni, considerati strumenti esotici e utilizzati per il culto di
Dioniso e quindi non avevano molta importanza (timpani=tamburelli,
crotali=legnetti schioccanti e cimbali=coppette di bronzo da far tintinnare).

La lyra era considerato lo strumento superiore rispetto all’aulos perché quest’ultimo


essendo uno strumento a fiato non permetteva all’esecutore di cantare, invece la
lyra essendo uno strumento a corde permetteva all’esecutore anche di cantare.

In Grecia vi erano 2 tipi di religione:

1. La religione olimpica, in cui vi erano gli dei (immortali) e gli uomini (mortali);
2. Il culto dionisiaco, che credeva che si potesse avere un contatto con il divino,
praticato dagli strati sociali più emarginati, e per giungere allo stato di estasi
si utilizzava l’aulos.

I principali generi musicali erano 3:

1. La citarodia, canto accompagnato dalla lyra (citarodi);


2. L’ aulodia, canto accompagnato dall’ aulos (auleti);
3. La musica strumentale, anche se rara, e basata sui canti tradizionali.

La citarodia e l’aulodia utilizzavano i nomoi.

La parola greca musiké non comprende soltanto la musica, ma anche la poesia, la


danza, ecc, quindi si intende l’arte ispirata dalle Muse.

La parola musica deriva dalle Muse, figlie di Zeus e Memoria (Mnemosyne) (mito
delle Muse: cantore Tamiri).

I più importanti filosofi greci erano:

1. Platone;
2. Aristotele.

Secondo Platone vi era il principio detto “catarsi allopatica” (elementi opposti) ed era
più introverso, infatti la musica doveva essere utile e non piacere e ammetteva
l’harmonìai dorica e frigia, ma bandiva l’aulos!!! (contraddizione). Inoltre, egli
rifiutava la musica più moderna (ad esempio quella di Timoteo) perché non voleva
un rapporto troppo stretto con la narrativa del testo e la sua metrica.

Secondo Aristotele vi era il principio detto “catarsi omeopatica” (elementi simili) ed


era un uomo più aperto e secondo lui non veniva escluso il piacere e ammetteva
l’harmonìai dorica e lidia.

Secondo entrambi la musica doveva essere un passatempo ma non una professione,


ma chi non sapeva suonare la lyra era considerato un uomo incolto!!!
(contraddizione).

Il filosofo greco Pitagora utilizzando il monocordo (corda musicale) riuscì a teorizzare


gli intervalli musicali basati su proporzioni matematiche, ossia:

 Riducendo la lunghezza del monocordo a ½ della lunghezza totale otteneva un


suono all’ottava superiore (diapason) rispetto a quello prodotto dalla corda
musicale intera;

 Riducendo la lunghezza del monocordo a 2/3 della lunghezza totale otteneva


un suono ad un intervallo di quinta (dia pente);

 Riducendo la lunghezza del monocordo a ¾ della lunghezza totale otteneva un


suono ad un intervallo di quarta (dia tessa-ron), ecc.

Inoltre Pitagora è stato l’unico filosofo a suonare uno strumento, a differenza di


Platone e Aristotele.

Fin dall’età di Pitagora si riteneva che la vera musica fosse quella puramente teorica
cioè la scienza acustica, in quanto basata sul principio razionale per eccellenza ossia
il numero. Ecco perché la musica udibile (cioè quella generata da voci umane o da
strumenti musicali) era considerata un riflesso imperfetto dall’armonia cosmica. Visto
che secondo i filosofi pitagorici il moto degli astri è regolato da delle proporzioni
matematiche (armonia delle sfere) e anche gli intervalli musicali erano basati su
delle proporzioni matematiche simili essi consideravano la musica e gli astri
appartenenti ad uno stesso insieme (mito platonico di Er).

Timoteo era un virtuoso della kithara e portò questo strumento musicale ad avere 11
corde per ottenere tutti e 3 i generi in un unico canto. Voleva rinnovare la musica,
fondata in passato sull’alternanza di sillabe brevi e lunghe basandola invece su una
maggiore libertà ritmica, ma non viene capito dai suoi contemporanei. Inoltre, dopo
di lui non abbiamo altri compositori noti.

Come notazione musicale i Greci utilizzavano un sistema basato sulla lettere


dell’alfabeto (ad esempio delle lettere capovolte). Inoltre abbiamo 2 tipi di notazione
musicale, ossia uno per la musica strumentale e l’altro per la musica vocale ma
questo crea spesso confusione ed ecco perché possiamo dire che viene utilizzato
soltanto nei trattati musicali e non nella realtà. Inoltre questo tipo di notazione è
comprensibile solo a chi è uno specialista in questo campo. Ad esempio su una
sillaba si potevano inserire fino a 3 note quindi in questo caso si ha un canto
semplice. All’incirca vi sono 24 trattati musicali sulla musica greca è il più famoso è
l’Epitafio di Sicilo.

I greci consideravano la musica come un elemento dello spettacolo che poteva


essere rinnovato di volta in volta quindi può darsi che è questo il motivo per cui non
avevano l’abitudine di tramandare tramite scrittura il repertorio musicale ed ecco
perché invece utilizzano una trasmissione orale e quindi lasciavano intuire che la
musica non era degna di una trasmissione scritta.

Secondo Aristotele la poesia era accompagnata dalla musica e dalla danza non
soltanto nel nómos e nel ditirambo (canto corale in onore di Dioniso), ma anche nella
commedia e nella tragedia. Ecco perché i tragediografi (tragedia) e i commediografi
(commedia) erano non solo coreografi ma anche compositori delle musiche dei loro
lavori, oltre che registi.

Gli unici frammenti musicali della musica greca sono solo 2:

1. Dell’Ifigenia in Aulide;
2. Dell’Oreste di Euripide.

I principali tragediografi della Grecia erano: Sofocle, Eschilo ed Euripide.

La convivenza fra recitazione e canto era permessa dalla natura stessa della lingua
che prevedeva abbassamenti o innalzamenti del tono di voce in corrispondenza delle
sillabe toniche (sillabe accentate), ma anche dalla metrica quantitativa dei versi e
anche dal tono di recitazione non realistico ma declamatorio. Infatti nella metrica
latina e greca si utilizzava una metrica basata sull’alternanza di sillabe brevi e lunghe
(metrica quantitativa) e non come adesso sulla successione di sillabe toniche e atone
(non accentate) (metrica accentuativa).

Es. accento acuto=innalzamento, accento grave=abbassamento, accento


circonflesso=innalzamento e poi abbassamento

La struttura della tragedia classica era:


 Prologo, corrispondente al 1° atto;
 Parodo, cioè le parti cantate dal coro;
 Alternanza di episodi, corrispondenti ai nostri atti;
 Esodo, cioè il canto di uscita del coro;
 Ultimo episodio, in cui si risolve la vicenda.

In scena avevamo fino a un massimo di 4 personaggi, e ogni attore poteva


interpretare più di un personaggio a testa. Nel coro greco avevamo 12 o 15 coreuti
con a capo un corifeo.

I coreuti erano i cantori del coro, invece il corifeo era il capo del coro.

Il coro cantava e non recitava, e si esibiva nell’orchestra ossia nello spazio antistante
la scena.

La parodo era cantata in metro anapestico (tempo di marcia costituito da 2 sillabe)


oppure in versi lirici (versi che hanno lunghezza e schema metrico variabile).

Lo stasimo era la parte danzata dal coro nell’orchestra e assumeva una forma
codificata ossia: 2 serie di versi lirici (strofe e antistrofe {risposta alla strofe}) che
sono ordinate secondo lo stesso schema metrico e sono entrambe cantate su una
stessa melodia e insieme formano la coppia strofica. Alla fine di una serie di 2 o 3
coppie strofiche abbiamo una serie finale di versi lirici (epodo) cantati su una
melodia autonoma.

Altri canti sono:


+ il commo, un canto dal contenuto più patetico, in cui abbiamo l’alternanza fra la
melodia del coro e la recitazione da parte degli attori. Qui il coro ha una funzione
secondaria (narrazione o commento).

+ i canti amebèi, che sono simili al commo, però differiscono da quest’ultimo in


quanto il coro è diviso in 2 semicori e il canto è intercalato fra i dialoghi recitati. Qui
il coro ha funzione principale (personaggio).

I monologhi e i dialoghi fra gli attori potevano essere in:

 Metro anapestico;
 Metro giambico, che secondo Aristotele era il più vicino al tono normale della
conversazione;
 Tronchei o versi in serie continua, che sono dei versi che hanno lo stesso
schema metrico.

Si ritiene che i versi in serie continua sono recitati, invece quelli lirici sono cantati.

Sembra credibile che alla recitazione e al canto può essere associata una
declamazione chiamata “paracataloghé”, cioè che i versi erano recitati
sull’accompagnamento dell’aulos.

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