Diritto Amministrativo
Diritto Amministrativo
Diritto Amministrativo
1. GENERALITA’
Il DIRITTO AMMINISTRATIVO è:
a) Diritto pubblico interno: in quanto deriva dalla volontà dello Stato e
regola i rapporti in cui uno dei soggetti è necessariamente lo Stato o un
ente pubblico nell’esercizio di potestà amministrative;
b) Autonomo: in quanto si fonda su propri principi e proprie regole;
c) Comune: in quanto si rivolge genericamente a tutti i soggetti che fanno
parte dell’ordinamento e non soltanto a determinate categorie;
d) Ad oggetto variabile: in quanto la P.A. in ogni epoca storica persegue fini
differenti, inglobando o escludendo alcuni settori dalla propria gestione;
e) Ultrastatale: in quanto le norme giuridiche trovano la loro fonte non solo in
atti dell’ordinamento nazionale, ma anche in atti di origine sovranazionale.
3. ATTI POLITICI
CAPITOLO 1 – LE FONTI
SI DISTINGUE in:
A. REGOLAMENTI
I REGOLAMENTI sono atti normativi aventi carattere generale ed astratto;
sono obbligatori e direttamente applicabili in tutti gli Stati membri;
B. DIRETTIVE
Le DIRETTIVE vincolano lo Stato membro a cui sono indirizzate solo in ordine al
risultato da raggiungere, lasciando ferma l’autonomia dello stesso per quanto
riguarda la forma e i mezzi con cui darvi attuazione. Non hanno efficacia
diretta negli Stati membri, ma necessitano di un atto di recepimento.
Tuttavia, esistono alcune categorie di direttive ad efficacia diretta: quelle che
impongono obblighi di non fare; quelle confermative di norme già previste dal
Trattato UE; quelle aventi un contenuto sufficientemente chiaro e preciso, tale da
non richiedere l’emanazione di ulteriori atti
(cd. Direttive dettagliate o self executing).
C. DECISIONI
Le DECISIONI sono obbligatorie in tutti i loro elementi; se designano i
destinatari, sono obbligatorie solo nei confronti di questi.
La decisione, dunque, può assumere due forme:
La prima, rivolta agli Stati membri;
La seconda, indirizzata a singoli individui, quindi a destinatari determinati.
D. RACCOMANDAZIONI E PARERI
Le RACCOMANDAZIONI e i PARERI sono atti non vincolanti. Il giudice
nazionale non è tenuto a disapplicare la norma interna che eventualmente
contrasti con essi.
Le RACCOMANDAZIONI rivolgono agli Stati membri un invito a tenere un
determinato comportamento, senza porre alcun obbligo di risultato.
I PARERI sono rivolti da un’istituzione ad un altro soggetto che li richieda e
hanno la funzione di far conoscere il punto di vista dell’organo emanante
riguardo a determinate questioni.
3. LE FONTI INTERNAZIONALI
2. REGOLAMENTI
A. NOZIONE E LIMITI
I REGOLAMENTI sono atti formalmente amministrativi, poiché emanati da
organi del potere esecutivo, ed aventi forza normativa, in quanto contenenti
norme idonee ad innovare l’ordinamento giuridico, con i caratteri di generalità ed
astrattezza, quindi classificabili come fonti di produzione del diritto.
Il fondamento della potestà regolamentare è riposto nella LEGGE → gli organi
amministrativi possono emanare regolamenti solo quando la legge attribuisca loro
tale potere.
Principale norma attributiva del potere regolamentare è l’ART.17 L.n400/88
che funge da CLAUSOLA GENERALE.
B. CLASSIFICAZIONI
1. DIRITTO SOGGETTIVO
2. INTERESSE LEGITTIMO
A) CONCETTO
L’INTERESSE LEGITTIMO è una situazione giuridica soggettiva di vantaggio
concernente la pretesa alla legittimità dell’attività amministrativa,
riconosciuta a quel soggetto che, rispetto ad un dato potere della P.A., si trovi in
una particolare posizione differenziata rispetto agli altri soggetti (cd. POSIZIONE
LEGITTIMANTE).
Esso ha trovato riconoscimento nel nostro ordinamento con la L. 5992/1889
(nascita della Giurisdizione Amministrativa in Italia) che istituiva la IV sezione del
Consiglio di Stato, quale giudice di quegli interessi sostanziali diversi dai diritti
soggettivi.
Di INTERESSE LEGITTIMO si occupano espressamente anche 3 NORME DELLA
COSTITUZIONE, gli ARTT.24,103, e 113, che riconoscono a tali interessi piena
dignità e tutela, sebbene nessuna di essa fornisca una definizione di interesse
legittimo.
Circa la portata e il contenuto dell’interesse legittimo, la teoria ad oggi accolta in
dottrina e giurisprudenza cd. TEORIA NORMATIVA, collega l’interesse legittimo
ad un bene della vita, e lo definisce come la posizione giuridica soggettiva
riconosciuta ai privati grazie alla quale essi incidono sull’attività
amministrativa condizionandola, anche attraverso la partecipazione al
procedimento, per tutelare un bene pertinente alla loro sfera di interessi.
Tale tesi è stata fatta propria anche dalla GIURISPRUDENZA DELLE SEZIONI
UNITE con la SENT.500/1999. Tale sentenza ha aperto la strada alla
risarcibilità dell’interesse legittimo.
B) CARATTERI
I PARAMETRI che caratterizzano la figura dell’interesse legittimo sono:
DIFFERENZIAZIONE → è titolare di un interesse legittimo colui che,
rispetto all’esercizio di un potere pubblico, si trovi in una posizione
differenziata rispetto a quella della generalità degli altri soggetti;
QUALIFICAZIONE → nel senso che la norma preordinata a
disciplinare l’esercizio del potere della P.A. per il perseguimento
dell’interesse pubblico primario ha indirettamente preso in
considerazione, e quindi protetto, un interesse sostanziale individuale
connesso con l’interesse pubblico.
L’INTERESSE LEGITTIMO concreta, così, una POSIZIONE:
GIURIDICA → in quanto si sostanzia in un potere giuridico avente la
struttura della pretesa;
SOGGETTIVA → in quanto riconosciuta al singolo soggetto a tutela di un
suo interesse materiale;
SOSTANZIALE → in quanto preesiste alla eventuale lesione di essa;
AUTONOMA → rispetto all’azione giurisdizionale derivante dall’eventuale
lesione.
C) TIPOLOGIA
Nella categoria degli INTERESSI LEGITTIMI, in base al tipo di interesse
materiale protetto, SI DISTINGUE TRA:
INTERESSI LEGITTIMI PRETENSIVI → Si sostanziano in una pretesa del
privato a che l’amministrazione adotti un determinato provvedimento o
ponga in essere un determinato comportamento;
INTERESSI LEGITTIMI OPPOSITIVI → Legittimano il privato ad opporsi
all’adozione di atti e comportamenti da parte della P.A. che sarebbero
pregiudizievoli per la propria sfera giuridica.
Una diversa dottrina, seguita dalla giurisprudenza, DISTINGUE TRA:
INTERESSE SOSTANZIALE → momento in cui l’interesse del privato (ad
ottenere o conservare un bene della vita) viene a confronto con il potere
della P.A. di soddisfare l’interesse o di sacrificarlo;
INTERESSE PROCEDIMENTALE → è l’interesse del privato che emerge nel
corso di un procedimento amministrativo. Tali interessi possono essere fatti
valere in giudizio, al fine di eliminare quegli atti preclusivi della prosecuzione
del procedimento.
Gli INTERESSI DIFFUSI (o adespoti) sono quelli comuni a tutti gli individui
di una formazione sociale non organizzata e non individuabile
autonomamente; si tratta di interessi che riguardano beni insuscettibili di
appropriazione individuale (ambiente, salute, qualità della vita).
NON sono tutelabili giudizialmente.
Gli INTERESSI COLLETTIVI (o di categoria) sono, invece, quelli comuni a
più soggetti che si associano come categoria o gruppo omogeneo per
realizzare determinati fini (es. partiti politici, sindacati).
Sono suscettibili di tutela giurisdizionale.
2. PRINCIPI COSTITUZIONALI
L’organizzazione della P.A. è retta da una serie di PRINCIPI COSTITUZIONALI:
Il PRINCIPIO DEMOCRATICO e l’ORGANIZZAZIONE DEI PUBBLICI
UFFICI.
4. ENTI PUBBLICI
Gli ENTI PUBBLICI, o persone giuridiche pubbliche, sono quei soggetti, diversi
dallo Stato, che esercitano le funzioni amministrative e che costituiscono, nel
loro complesso, la PUBBLICA AMMINISTRAZIONE INDIRETTA.
Tutti gli enti pubblici sono persone giuridiche, in quanto questa qualità è loro
riconosciuta dalla Costituzione o dalle leggi.
Invece, ai sensi dell’ART.4 DELLA L.70/1975 (cd. Legge sul parastato, che
ha riordinato la materia degli enti pubblici) nessun nuovo ente pubblico può
essere istituito o riconosciuto se non per legge: dunque, sono oggi pubblici
solo quegli enti a cui la legge istitutiva riconosce espressamente tale
natura.
Tuttavia, l’ambito di applicazione di detta legge risultava ridotto, così la
dottrina e la giurisprudenza hanno elaborato ulteriori INDICI DI
RICONOSCIMENTO da cui può essere desunta la NATURA PUBBLICA DI UN
ENTE:
la sottoposizione dell’ente ad un penetrante controllo pubblico;
l’ingerenza dello Stato nella nomina e nella revoca dei dirigenti
dell’ente;
l’esercizio di un potere di direttiva statale sugli organi dell’ente;
la corresponsione di finanziamenti pubblici nonché la partecipazione
dello Stato alle spese di gestione dell’ente.
CAPITOLO 5 – COMPETENZA
La COMPETENZA DI UN ORGANO indica il complesso di poteri e di funzioni
che esso può, per legge, esercitare per perseguire fini di pubblico interesse. Essa,
quindi, individua la misura delle attribuzioni proprie di ciascun organo
dell’amministrazione.
Nel diritto amministrativo il PRINCIPIO DELLA COMPETENZA si rinviene
nell’ART.97 COST. che, al COMMA 2, afferma
<< I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano
assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione. >>
e al COMMA 3 stabilisce che
<< Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza >>
Ne deriva che:
La competenza deve essere determinata sempre per legge;
Il principio di competenza trova il suo fondamento nel principio di
buona amministrazione.
La competenza viene distinta in diverse categorie:
COMPETENZA PER MATERIA → in relazione all’oggetto su cui
insiste l’esercizio del potere o della funzione. La più importante
ripartizione della competenza per materia è fatta con l’attribuzione dei
compiti ai Ministeri, ciascuno dei quali si trova a capo di un ramo
particolare dell’amministrazione.
COMPETENZA PER TERRITORIO → avviene tra organi ugualmente
competenti per materia e comporta una ripartizione di attribuzioni
sotto il profilo territoriale.
COMPETENZA PER GRADO → presuppone identità di competenza
per materia e per territorio e l’esistenza di un rapporto gerarchico
tra organi operanti nello stesso ramo dell’amministrazione.
COMPETENZA PER VALORE → determinata con riguardo all’entità
economica dell’oggetto; per cui nell’ambito di una medesima
struttura organizzativa e con riferimento alla stessa funzione la
competenza di un organo è determinata da valore economico legato
al provvedimento da adottare.
1. DIFETTO DI COMPETENZA
Il DIFETTO DI COMPETENZA si verifica quando il soggetto che emana l’atto è
sfornito del relativo potere. Esso può dar luogo a TRE DIVERSE PATOLOGIE:
ACOMPETENZA: si verifica quando l’atto o l’attività è posta in essere
da un soggetto che non ha la qualità di organo di un ente
pubblico, non avendo mai ricevuto l’investitura o essendo decaduto
dall’ufficio o, ancora, essendo stato investito con atto nullo o
annullato con effetti ex tunc.
INCOMPETENZA ASSOLUTA: ricorre quando l’atto o l’attività è
inerente ad una materia riservata ad altro potere dello Stato,
ovvero quando, pur rientrando in una materia affidata
all’amministrazione, è adottata da un soggetto nell’esercizio di un
potere del tutto estraneo alle sue attribuzioni;
INCOMPETENZA RELATIVA: si verifica quando l’organo che pone in
essere l’atto o l’attività appartiene al medesimo settore di
amministrazione di quello che sarebbe competente secondo le regole
generali. Essa può atteggiarsi come incompetenza per grado, per
materia o per territorio.
La distinzione è fondamentale nel ricostruire le conseguenze giuridiche
ricollegabili all’atto posto in essere dall’organo incompetente:
l’ART.21 SEPTIES DELLA L.241/1990 prevede che:
In caso di incompetenza assoluta, il provvedimento sia nullo;
In caso di incompetenza relativa, il provvedimento è annullabile.
3. IL FUNZIONARIO DI FATTO
L’espressione FUNZIONARIO DI FATTO fa riferimento a quelle ipotesi in cui
L’ATTO DI INVESTITURA DEL TITOLARE DELL’ORGANO SIA VIZIATO O
MANCHI DEL TUTTO.
In assenza di una previsione normativa che fornisca la nozione, la dottrina ha
proposto DIVERSE NOZIONI DELL’ISTITUTO, discutendo sulle ipotesi della
usurpazione di funzioni pubbliche, della occupazione bellica, della prorogatio e
della ingerenza autorizzata per via dell’atto di investitura formale, risultato solo in
seguito viziato.
Per quanto concerne il regime giuridico degli atti compiuti dal funzionario di
fatto, la giurisprudenza, applicando la regola del cd. Fatto compiuto, ritiene
che, una volta decorsi i termini per l’impugnativa dell’atto di investitura, gli atti
siano validi, fatta salva sempre la loro impugnabilità per un vizio diverso da
quello dell’incompetenza.
Relativamente alla TUTELA DEI TERZI destinatari degli atti dallo stesso emanati,
la giurisprudenza tende a risolvere detto conflitto facendo ricorso al principio di
conservazione, in forza del quale gli atti in questione, anche se invalidi, devono
comunque ritenersi produttivi di effetti nei confronti dei terzi, eccezione
fatta per le ipotesi di usurpazione.
Sono soggetti all’iscrizione nel registro delle imprese ex art. 2201 c.c.;
Non sono assoggettabili al fallimento;
A seconda dell’oggetto sociale dell’impresa stipulano con l’utenza contratti
disciplinati dal c.c.;
Operano in regime di concorrenza con gli altri imprenditori privati.
1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili
nell'assemblea ordinaria;
2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare
un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;
3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di
particolari vincoli contrattuali con essa.
Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i
voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non
si computano i voti spettanti per conto di terzi.
1. LE REGIONI
Il territorio nazionale è diviso in 20 REGIONI, di cui 5 a Statuto speciale (Friuli -
Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta) e 15 a
Statuto ordinario.
La Regione, dunque, in quanto ente territoriale esponenziale degli interessi della
collettività sottostante, è composta da 3 ELEMENTI COSTITUTIVI:
1. TERRITORIO;
2. POPOLAZIONE;
3. APPARATO DI GOVERNO (Consiglio, Giunta e Presidente della Giunta).
B) POTESTA’ LEGISLATIVA
Alla Regione è riconosciuta un'AUTONOMIA LEGISLATIVA che la pone in una
posizione differenziata rispetto agli altri enti territoriali, dotati solo di potestà
statutaria e regolamentare.
L’ART.117 COST. distingue infatti tra:
LEGISLAZIONE ESCLUSIVA DELLO STATO → si tratta dei settori indicati
nell'ART.117, COMMA 2, nei quali la potestà legislativa spetta
esclusivamente allo Stato (ad es. politica estera, immigrazione,
previdenza sociale, determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il
territorio nazionale);
LEGISLAZIONE CONCORRENTE → si tratta dei settori indicati
nell'ART.117, COMMA 3, nei quali vi è una suddivisione dei compiti tra
lo Stato e le Regioni: al primo spetta il compito di “determinare i principi
fondamentali” (attraverso le leggi quadro o leggi cornice), mentre alle
Regioni spetta il compito di emanare la legislazione specifica di settore (ad
es.: protezione civile e tutela della salute);
LEGISLAZIONE RESIDUALE DELLE REGIONI → i settori che rientrano in
tale ambito non sono definiti nella Costituzione, ma vanno ricavati per
esclusione: l'ART.117 dispone che “spetta alle regioni la potestà
legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla
legislazione dello Stato.”
C) AUTONOMIA REGOLAMENTARE
L’ART.117, COMMA 6, COST. → prevede che la potestà regolamentare spetta
allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni,
mentre spetta alle Regioni in ogni altra materia. Pertanto, le Regioni sono
titolari di POTESTA’ REGOLAMENTARE:
1. ORGANIZZAZIONE REGIONALE
Gli organi fondamentali della Regione sono: il CONSIGLIO REGIONALE, la
GIUNTA e il PRESIDENTE.
Il CONSIGLIO REGIONALE esercita le funzioni legislative riconosciute alla
Regione nonché le altre funzioni a questa conferite dalla Costituzione e dalle leggi
statali. Inoltre, approva e modifica lo Statuto.
La GIUNTA REGIONALE è l'organo esecutivo della Regione, legato al Consiglio
da un rapporto di tipo fiduciario. Essa provvede alla predisposizione e
presentazione del bilancio e del conto consuntivo regionale; ha potere di iniziativa
legislativa e provvede all'esecuzione delle delibere adottate dal Consiglio regionale.
Il PRESIDENTE DELLA GIUNTA è il massimo organo di indirizzo politico nonché
l'organo rappresentativo della Regione, legittimato all'impugnazione di legge
dinanzi alla Corte costituzionale, alla promulgazione delle leggi e l'emanazione di
regolamenti regionali, alla nomina e alla revoca dei componenti della Giunta. È
eletto a suffragio universale e diretto, salvo che lo Statuto regionale disponga
diversamente.
2. AUTONOMIE LOCALI
L'autonomia degli enti locali è stata valorizzata dalla riforma costituzionale
del 2001, che oggi riconosce a comuni, province e città metropolitane
autonomia: normativa (di tipo statutario e regolamentare); amministrativa;
finanziaria (avendo la riforma riconosciuto loro la facoltà di stabilire ed
applicare tributi ed entrate propri per il finanziamento della loro attività).
3. COMUNE
Il Comune è l'ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi
e ne promuove lo sviluppo.
Gli elementi costitutivi del Comune sono: il territorio (elemento materiale); la
popolazione (elemento personale); il patrimonio. Sono organi di governo del
Comune:
CONSIGLIO COMUNALE: è l'organo collegiale, i cui membri sono eletti dal
corpo elettorale; svolge funzioni di indirizzo e di controllo politico
amministrativo ed è dotato di autonomia funzionale ed organizzativa;
6. CITTA’ METROPOLITANA
La Città Metropolitana è uno degli enti locali dotati di propri statuti, poteri e
funzioni.
Esse sono state istituite con L.56/2014, che individua 9 città metropolitane,
cui si aggiunge quella di Roma Capitale. Sono di competenza della Città
metropolitana le medesime funzioni fondamentali attribuite alle Province,
unitamente ad altre funzioni fondamentali tra cui:
l'adozione e l'aggiornamento di un piano strategico triennale del territorio
metropolitano;
la strutturazione di sistemi coordinati per la gestione dei servizi pubblici;
la promozione e il coordinamento dello sviluppo economico e sociale.
ORGANI DELLA CITTA’ METROPOLITANA sono:
il SINDACO METROPOLITANO che è di diritto il Sindaco del Comune
capoluogo, quale organo responsabile dell'amministrazione dell'ente;
il CONSIGLIO METROPOLITANO che è l'organo di indirizzo e controllo
dell'ente, composto dal Sindaco metropolitano e da un numero di
consiglieri che varia in rapporto al numero di abitanti;
la CONFERENZA METROPOLITANA, composta dal Sindaco metropolitano
e dai Sindaci dei Comuni rientranti nella Città metropolitana; ha poteri
propositivi e consultivi. È competente ad adottare o respingere lo Statuto
proposto dal Consiglio.
2. LA PRIVATIZZAZIONE
L'attuale disciplina del lavoro pubblico è contenuta nel D.lgs. 165/2001, cd.
TESTO UNICO SUL PUBBLICO IMPIEGO. Si tratta del provvedimento che ha
consolidato il PROCESSO DI PRIVATIZZAZIONE DEL LAVORO PUBBLICO e che
intende perseguire determinati obiettivi fondamentali, tra cui la crescita di
efficienza delle amministrazioni, la razionalizzazione dei costi e la maggiore
utilizzazione risorse umane.
Circa L’AMBITO DI APPLICAZIONE DEL D.LGS.165/2001, sono ESCLUSI
DALLA PRIVATIZZAZIONE alcune categorie di pubblici dipendenti
(tassativamente indicate): magistrati ordinari, amministrativi e contabili; avvocati e
procuratori dello Stato; personale militare e delle Forze di Polizia; dipendenti dalla
Banca d'Italia, ecc.
Sul versante processuale, la privatizzazione della disciplina sostanziale del
rapporto di impiego ha comportato l'attribuzione al giudice ordinario del
relativo contenzioso; invece, è rimasto nella cognizione del giudice
amministrativo il contenzioso sulle modalità di selezione di dipendenti
pubblici, che riguarda, quindi, una fase che precede l'instaurazione del rapporto.
9. MANSIONI
La mansione è l'insieme di compiti e delle concrete operazioni che il lavoratore è
chiamato ad eseguire.
Il prestatore di lavoro può essere adibito:
alle mansioni per le quali è stato assunto;
alle mansioni equivalenti nell'ambito dell'area di inquadramento ovvero a
quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente
acquisito per effetto di procedure selettive: si tratta del cd. diritto alla
funzione.
Tuttavia, per obiettive esigenze di servizio, il prestatore di lavoro può essere
adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore:
a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di 6 mesi,
prorogabili fino a 12 qualora siano stati avviate le procedure per la
copertura dei posti vacanti;
b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente (con esclusione
dell'assenza per ferie) con diritto alla conservazione del posto per la durata
dell'assenza.
In queste ipotesi, per il periodo di effettiva prestazione, il LAVORATORE HA
DIRITTO AL TRATTAMENTO PREVISTO PER LA QUALIFICA SUPERIORE. Al
di fuori di esse, è nulla l'assegnazione a mansioni proprie di una qualifica
superiore; il dirigente che ha disposto l'assegnazione risponde personalmente del
maggior onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave. Ne consegue IL
DIVIETO PER LA P.A. DI ADIBIRE IL LAVORATORE A MANSIONI INFERIORI,
integrando in tale ipotesi un ILLEGITTIMO DEMANSIONAMENTO.
10. PROGRESSIONI
4. “SPOIL SYSTEM”
L’istituto dello SPOIL SYSTEM caratterizza una parte del personale burocratico
come di stretta estrazione fiduciaria, legandone ingresso e uscita
dall'amministrazione all'avvicendamento dei diversi esecutivi.
Quanti conseguono un ufficio in virtù dell'esercizio della prerogativa governativa
di assunzione/nomina discrezionale restano, infatti, legati all'amministrazione da
un rapporto di lavoro segnato, geneticamente, dalla previsione della sua
cessazione al mutare dell'esecutivo.
Una forma di spoil system si ha in relazione agli incarichi dirigenziali apicali
delle amministrazioni statali (Segretario generale, Capo di dipartimento), le cui
funzioni risultano strettamente contigue con indirizzi politico-amministrativi
espressi dagli organi politici (i ministri).
Tali incarichi apicali cessano automaticamente, decorsi 90 giorni dal voto
sulla fiducia ottenuto dal Governo subentrante.
Non risulta inciso, però, il sottostante rapporto di lavoro del dirigente di
ruolo, scaturente dal contratto a tempo indeterminato stipulato al momento
dell'immissione in ruolo.
B) IL WHISTLEBLOWING
L'espressione “whistleblowing” indica la condotta di chi denuncia,
pubblicamente o alle competenti autorità, attività illecite o fraudolente
all'interno di un'organizzazione pubblica o privata.
La norma prevede che il pubblico dipendente che, nell'interesse dell'integrità della
P.A., SEGNALA oppure DENUNCIA all'autorità giudiziaria ordinaria o contabile
condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di
lavoro, non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o
comunque sottoposto a misure che incidano in maniera negativa sulle sue
condizioni di lavoro.
Inoltre, l'identità del segnalante non può essere rivelata: ciò vale sia per il
procedimento penale, sia per quello dinanzi alla Corte dei conti, sia per l'iter
disciplinare.
CIVILE, quando dalla trasgressione dei doveri d'ufficio derivi un danno per
l'ente pubblico (cd. responsabilità patrimoniale). La relativa sanzione
consiste nell'obbligo di risarcire il danno (sempre che vi sia dolo o colpa);
3. RESPONSABILITA’ DISCIPLINARE
La RESPONSABILITA’ DISCIPLINARE deriva dalla violazione dei doveri
inerenti al rapporto l'impiego da parte del dipendente. Al fine di integrare un
illecito disciplinare occorre un'azione od omissione, compiuta in violazione di
legge, regolamento o contratto e, in particolare, dei doveri previsti da quest'ultimo.
La materia delle sanzioni e responsabilità disciplinari rappresenta uno dei
principali punti di intervento della riforma Brunetta del 2009 che della riforma
Madia del 2017.
L'attuale sistema, infatti, si connota per i seguenti aspetti generali:
la materia disciplinare è regolata dagli ARTT.55-55 OCTIES D.LGS.
165/2001, che sono norme imperative;
1. DISCREZIONALITA’ AMMINISTRATIVA
A) NOZIONE E LIMITI
La DISTINZIONE tra ATTIVITA’ VINCOLATA e ATTIVITA’ DISCREZIONALE
attiene al rapporto che, di volta in volta, intercorre tra l'attività amministrativa e la
legge, tenendo presente che l'attività amministrativa non è mai libera, in quanto i
fini di interesse generale, cui essa mira, sono sempre predeterminati dalla legge.
Se il legislatore, nel disciplinare un'attività amministrativa, oltre ad
indicare i fini che l'attività deve perseguire, dispone anche quando, in che
modo, con quale contenuto e con quali mezzi l'attività deve esplicarsi, tale
ATTIVITA’ si dice VINCOLATA perché è un'attività nel cui esercizio nulla è
lasciato alla libera scelta dell'organo che deve esercitarla.
Se invece, il legislatore, dopo aver indicato i fini che l'attività deve
perseguire, lascia un certo margine di scelta all'autorità che deve
esercitarla, l'ATTIVITA’ attività si qualificherà DISCREZIONALE.
La DISCREZIONALITA’ può definirsi come la facoltà di scelta fra più
comportamenti leciti, lasciata all'autorità amministrativa nell'esercizio di un
potere, per conseguire il soddisfacimento di un interesse pubblico individuato dalla
legge.
Costituiscono LIMITI all'attività discrezionale:
a) l'INTERESSE PUBBLICO: da intendere come interesse della collettività;
b) la CAUSA DEL POTERE: cioè il potere in base al quale l'atto è emanato e
si identifica con il fine specifico per cui il potere è stato conferito;
c) I PRINCIPI DI LOGICA E DI IMPARZIALITA’;
d) il PRINCIPIO DELL’ESATTA E COMPLETA INFORMAZIONE.
In ogni caso, anche quando alla P.A. sia attribuito il più ampio potere
discrezionale, come nel caso degli atti di alta amministrazione, LIMITE
FONDAMENTALE dell'attività amministrativa è quello determinato dalla necessità
di perseguire la cura dell'interesse pubblico generico nonché quella specifica
finalità di interesse pubblico specifico che la legge pone come ragione
giustificatrice (cioè causa) del potere attribuito alla P.A.
B) PRINCIPI COSTITUZIONALI
3. TRASPARENZA E ANTICORRUZIONE
L'azione delle P.A. è connotata dal PRINCIPIO DI TRASPARENZA e dalla LOTTA
ALLA CORRUZIONE.
La TRASPARENZA va intesa quale accessibilità totale, anche attraverso lo
strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle P.A., delle informazioni
concernenti ogni aspetto dell’organizzazione e dell'azione della P.A.
Le espressioni più significative di tale principio sono:
a) l'accesso ai documenti amministrativi;
b) l'obbligo di motivazione dei provvedimenti;
c) gli istituti della partecipazione al procedimento amministrativo.
Il principio di trasparenza, a sua volta, è condizione e presupposto della LOTTA
ALLA CORRUZIONE. La prima normativa a carattere generale che si è occupata
dell'argomento è stata la L.190/2012, cd. LEGGE ANTICORRUZIONE, che ha
introdotto un articolato sistema di strumenti per il contrasto ai fenomeni
corruttivi.
In particolare:
il PIANO NAZIONALE ANTICORRUZIONE → ha il compito di promuovere,
presso le P.A., l'adozione di misure di prevenzione della corruzione. Esso è
adottato dall'A.N.A.C., ha durata triennale ed è aggiornato annualmente;
2. PROVVEDIMENTI AMMINISTRATIVI
I provvedimenti sono atti consistenti in manifestazioni di volontà, mediante cui la
P.A., nell'esercizio della propria potestà d'imperio, unilateralmente e
concretamente costituisce, modifica o estingue una situazione giuridica, per
realizzare un particolare interesse pubblico affidato istituzionalmente (quindi, con
legge) alla sua cura.
Essi presentano caratteri ulteriori rispetto agli atti amministrativi, che sono:
IMPERATIVITA’ (O AUTORITARIETA’) → consiste nella capacità del
provvedimento di imporre unilateralmente modificazioni nella sfera
giuridica dei destinatari. Si sostanzia:
- Per i provvedimenti positivi: nella costituzione, modificazione o estinzione
dei poteri e delle facoltà del destinatario indipendentemente dal suo
consenso e, quindi, anche contro la sua volontà. I provvedimenti positivi,
dunque, purché efficaci, ed anche se illegittimi, sono sempre imperativi ed
esecutivi;
- Per i provvedimenti negativi: nella cd. non spettanza e cioè nella
definizione autoritativa che quel determinato provvedimento positivo non
spetta al destinatario.
ESECUTORIETA’→ le P.A., nei casi e con le modalità stabilite dalla legge,
possono imporre coattivamente l'adempimento degli obblighi nei loro
confronti. Il provvedimento costitutivo di obblighi deve indicare il termine e le
modalità di esecuzione; qualora il soggetto obbligato non ottemperi, le P.A.,
previa diffida, possono provvedere all'esecuzione coattiva nelle ipotesi e secondo
le modalità previste dalla legge.
ESECUTIVITA’ → consiste nell’ idoneità del provvedimento efficace ad essere
eseguito immediatamente. L'efficacia o l'esecuzione del provvedimento può
essere sospesa, per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario; il
termine della sospensione può essere prorogato o differito per una sola volta,
nonché ridotto sopravvenute esigenze.
TIPICITA’ → i provvedimenti amministrativi sono solo quelli previsti dalla
legge e ciò con riferimento sia al contenuto che alla funzione che lo stesso è
destinato a realizzare; i provvedimenti, pertanto, costituiscono un numerus
clausus.
NOMINATIVITA’ → ad ogni interesse pubblico corrisponde un certo tipo di atto
definito e disciplinato dalla legge;
INOPPUGNABILITA’ → si riferisce all'idoneità del provvedimento a diventare
definitivo, decorso un breve termine di decadenza per l'impugnazione.
2. SILENZIO INADEMPIMENTO
Questa forma di inerzia, a differenza delle 2 precedenti, NON ASSUME UN
VALORE PROVVEDIMENTALE, ed appare strettamente legata al tema della
conclusione del procedimento amministrativo, che deve essere sempre chiuso
dalla P.A. con un provvedimento espresso; provvedimento, cioè, che deve essere
necessariamente adottato entro un termine certo e ragionevole, non
essendo consentito in virtù degli interessi pubblici e privati coinvolti, che
l'azione amministrativa si protragga in maniera indefinita.
Tale SILENZIO, dunque, riguarda le ipotesi in cui la P.A., di fronte alla richiesta
di un provvedimento da parte del privato, abbia OMESSO DI PROVVEDERE
ENTRO I TERMINI PREVISTI DALLA LEGGE (o dalla norma regolamentare) e
QUESTA NON CONTENGA ALCUNA INDICAZIONE SUL VALORE DA
ATTRIBUIRE AL SILENZIO.
Per quanto attiene al PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE DEL SILENZIO
INADEMPIMENTO occorre fare riferimento all'ART.2 L.241/1990, secondo cui
→ trascorso il termine fissato per la conclusione del procedimento il silenzio
può ritenersi formato.
In pratica, l'esatta determinazione del termine di conclusione del procedimento
rileva soprattutto sotto DUE PROFILI:
da un lato, serve a scandire l'azione amministrativa e,
A) TIPI DI AUTORIZZAZIONI
1. ESPRESSE E TACITE:
tacita: quando la volontà ha autorizzatoria della P.A. sia ricavata dal suo
silenzio a seguito dell'istanza (silenzio-assenso).
2. MODALI E NON MODALI:
modali: autorizzazioni per cui, per ragioni di pubblico interesse, è consentito
all'autorità amministrativa di inserire, nel provvedimento permissivo,
prescrizioni limitative o modali;
non modali: autorizzazioni il cui contenuto è predisposto dalla legge e non
sono, pertanto, suscettibili di limitazioni. La P.A. ha solo la facoltà di
emanarle o meno.
3. PERSONALI E REALI:
personali, quando l'apprezzamento discrezionale della P.A. concerne i
requisiti inerenti la persona del soggetto autorizzato;
reali, quando l'accertamento verte sui requisiti concernenti una “res”. E’ il
caso della carta di circolazione di un autoveicolo, o della certificazione di
abitabilità di un immobile.
A) PARTI ED OGGETTO
ART.42, CO.3, COST. → afferma che “la proprietà privata può essere, nei casi
preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse
generale”.
Dalla norma si possono ricavare i presupposti essenziali dei provvedimenti
ablatori reali:
a) Il principio della RISERVA DI LEGGE, poiché solo una legge può
riconoscere alla P.A., caso per caso, il potere di sottrarre il bene al privato,
fissando i limiti, oggetto e condizioni dell'atto ablativo;
b) L'OBBLIGO DI INDENNIZZO, in quanto in tutte le ipotesi di appropriazione
di un bene o di una facoltà da parte dell'amministrazione è dovuta al
proprietario un'indennità, che si configura quale presupposto di legittimità
dell'atto ablativo;
c) La necessità di MOTIVI DI INTERESSE GENERALE, a fondamento
dell'atto ablativo.
L'ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA’ rappresenta il più importante
provvedimento ablatorio reale.
ART.834 c.c.→ si può definire come quell'istituto di diritto pubblico in base a cui
un soggetto, previa corresponsione di una giusta indennità, può essere privato,
in tutto o in parte, di uno o più beni immobili di sua proprietà per una causa
di pubblico interesse legalmente dichiarata.
L'espropriazione crea un RAPPORTO DI DIRITTO PUBBLICO, i cui elementi
sono: le PARTI e l’OGGETTO, l’INDENNIZZO.
Quanto alle PARTI DEL RAPPORTO, i soggetti che intervengono nella procedura
espropriativa sono:
L’espropriato ossia il soggetto, pubblico o privato, titolare del diritto espropriato;
L'autorità espropriante, che è l'autorità amministrativa titolare del potere di
espropriare e che cura il procedimento, oppure il soggetto privato a cui sia stato
attribuito tale potere in base ad una norma;
Il beneficiario dell'espropriazione, ossia il soggetto, pubblico o privato, a favore
del quale è emesso il decreto di esproprio;
Il promotore dell'espropriazione, cioè il soggetto, pubblico o privato, che
richiede l'espropriazione.
Relativamente all'OGGETTO, l'espropriazione può avere ad oggetto un diritto di
proprietà o altro diritto reale, compresi i diritti reali di godimento.
NON SONO ESPROPRIABILI:
o gli edifici aperti al culto, se non per gravi ragioni e previo accordo con la
competente autorità ecclesiastica;
o i beni demaniali;
o i beni patrimoniali indisponibili;
o le sedi di rappresentanze diplomatiche di Stati esteri.
B) INDENNIZZO
L'INDENNIZZO, tutelato dalla Costituzione, si pone come PRESUPPOSTO DI
LEGITTIMITA’ DEL PROVVEDIMENTO ESPROPRIATIVO. Il fondamento
dell'obbligo di indennizzo va ricercato nell'esigenza di ripartire tra tutta la
collettività il sacrificio imposto al singolo soggetto che subisce
l'espropriazione.
L’indennizzo deve essere:
UNICO: cioè pagato solo al proprietario o all'enfiteuta se il fondo è gravato
da enfiteusi. Nel caso in cui si espropri solamente un diritto reale altrui,
l'indennizzo va pagato al titolare di tale diritto;
GIUSTO: cioè in conformità ad un'esigenza di giustizia sostanziale.
Attraverso di esso si vuole ripristinare l'equilibrio patrimoniale alterato a
danno del privato sia pure per motivi legittimi rappresentati dal
raggiungimento di una finalità pubblicistica. Pertanto, l'indennizzo deve
essere serio, congruo (cioè non simbolico né aleatorio) e adeguato.
Relativamente al CRITERIO DI COMPUTO dell'indennizzo, si determina nel
seguente modo:
o per le aree edificabili, nella misura pari al valore venale del bene;
o per le aree legittimamente edificate, nella misura pari al valore venale;
o per le aree non edificabili il criterio è quello del valore agricolo, tenendo
conto delle colture effettivamente praticate sul fondo.
PRINCIPIO DI SIMMETRIA → l’ART.6 DEL TESTO UNICO ESPROPRIAZIONI
(D.P.R. 327/2001) stabilisce come regola generale che l'autorità competente
alla realizzazione di un'opera pubblica o di pubblica utilità provvede
all'emanazione degli atti del procedimento espropriativo.
2. PROCEDIMENTO ESPROPRIATIVO
Le FASI DEL PROCEDIMENTO ESPROPRIATIVO sono:
APPOSIZIONE AL BENE DEL VINCOLO PREORDINATO ALL’ESPROPRIO: il
vincolo ha durata di 5 anni, entro cui deve essere emanato il provvedimento che
comporta la pubblica utilità dell'opera, pena la decadenza del vincolo;
DICHIARAZIONE DI PUBBLICA UTILITA’ DELL’OPERA: può essere emanato
fino a quando non sia decaduto il vincolo preordinato all'esproprio;
DETERMINAZIONE DELL’INDENNITA’ DI ESPROPRIO (PROVVISORIA E
DEFINITIVA): che potrà essere accettata dall’espropriato o rifiutata, con deposito
della somma, da parte della P.A., presso la Cassa Depositi e Prestiti;
DECRETO DI ESPROPRIO: con cui l'autorità espropriante dispone il passaggio
della proprietà del bene; la sua esecuzione si attua attraverso l'immissione nel
possesso dei beni, che deve intervenire nel termine perentorio di 2 anni dal
decreto.
Sono devolute alla GIURISDIZIONE ESCLUSIVA DEL GIUDICE
AMMINISTRATIVO le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti,
gli accordi e i comportamenti riconducibili all'esercizio di un pubblico potere
della P.A.; resta ferma la GIURISDIZIONE DEL GIUDICE ORDINARIO per le
controversie sulla determinazione e la corresponsione delle indennità in
conseguenza di atti di natura espropriativa o ablativa.
3. ATTI AMMINISTRATIVI DIVERSI DAI PROVVEDIMENTI
A) PARERI
Sono ATTI A CARATTERE AUSILIARIO consistenti in MANIFESTAZIONI DI
GIUDIZIO con cui gli organi dell'amministrazione consultiva mirano a
consigliare gli organi di amministrazione attiva. Sono, di regola, di
competenza di speciali organi collegiali.
Essi non sono autonomamente ed immediatamente impugnabili, ma vanno
impugnati solo insieme all'atto finale del procedimento cui si riferiscono.
I PARERI POSSONO ESSERE:
o FACOLTATIVI: se è rimesso alla discrezionalità degli organi
dell'amministrazione attiva di richiederli o meno;
o OBBLIGATORI: se la legge impone all'organo di amministrazione
attiva di richiedere parere l'organo consultivo. La mancata audizione
del parere comporta l'invalidità dell'atto per violazione di legge.
I PARERI OBBLIGATORI, a loro volta, possono essere:
a) NON VINCOLANTI: quando l'organo di amministrazione attiva è obbligato a
richiedere il parere, ma può anche non attenersi ad esso, discostandosene
con il proprio operato e motivando le relative ragioni;
b) VINCOLANTI: se l'organo di amministrazione attiva è obbligato a richiedere
il parere e a uniformarsi ad esso;
c) PARZIALMENTE VINCOLANTI: se l'organo di amministrazione attiva può
adottare un provvedimento difforme, ma solo in un dato senso o seguendo
un dato procedimento;
d) CONFORMI: quando la P.A. ha il potere discrezionale di provvedere o non
nel senso del parere che è obbligata a richiedere ma, ove decida di emanare
l'atto di amministrazione attiva, deve uniformarsi ad esso.
Quanto ai TERMINI, per i PARERI OBBLIGATORI, il termine entro cui devono
essere resi è di 20 giorni. Il mancato rilascio del parere nel termine previsto
comporta che la P.A. proceda indipendentemente dall'espressione del parere.
Un PARERE VIZIATO INFICIA TUTTO IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO,
per cui l'atto finale risulterà anch'esso viziato; ne deriva che anche i pareri
facoltativi, potendo viziare l'atto terminale, hanno rilevanza giuridica,
sempreché, pur se facoltativi, l'autorità di amministrazione attiva che li ha
richiesti ne abbia tenuto conto nell'adottare il provvedimento.
In quanto atto infraprocedimentale, dunque insuscettibile di ledere posizioni
giuridica dei privati, IL PARERE NON È DI NORMA AUTONOMAMENTE
IMPUGNABILE.
B) PROPOSTE
Le PROPOSTE tendono a sollecitare l'attività di un altro organo e al tempo
stesso ad esprimere un giudizio circa il contenuto da dare al provvedimento.
Nella proposta, quindi, vengono a convergere una manifestazione di volontà
propulsiva ed una manifestazione di giudizio.
Di regola, le proposte non sono vincolanti; tuttavia, qualora eccezionalmente la
proposta sia vincolante, l'autorità potrà anche rifiutarsi di emettere il
provvedimento, ma dovrà motivare il rifiuto e richiedere una nuova proposta; se
invece adotta il provvedimento, non potrà discostarsi dalla proposta vincolante.
A) INCOMPETENZA RELATIVA
Si ha INCOMPETENZA RELATIVA quando un organo amministrativo invade la
sfera di competenza di un altro organo appartenente allo stesso settore
amministrativo o comunque allo stesso ente.
Solo l'incompetenza relativa è causa di annullabilità dell'atto amministrativo.
B) ECCESSO DI POTERE
Per potersi configurare ECCESSO DI POTERE, che viene definito come
scorrettezza in una scelta discrezionale, occorrono TRE REQUISITI:
1. Un POTERE DISCREZIONALE DELLA P.A.;
2. Uno SVIAMENTO DI TALE POTERE, ossia un esercizio del potere per fini
diversi da quelli stabiliti dal legislatore con la norma attributiva dello
stesso;
3. La PROVA DELLO SVIAMENTO
Le FIGURE PIU’ RILEVANTI DI ECCESSO DI POTERE (cd. FIGURE
SINTOMATICHE) sono:
a) TRAVISAMENTO ED ERRONEA VALUTAZIONE DEI FATTI → quando la
P.A. abbia ritenuto esistente un fatto inesistente ovvero quando abbia dato
ai fatti un significato erroneo, illogico o irrazionale.
b) ILLOGICITA’ O CONTRADDITTORIETA’ DELLA MOTIVAZIONE →
quando la motivazione dell'atto sia illogica o contrastante in varie parti, o
quando la motivazione sia in contrasto col dispositivo.
c) CONTRADDITTORIETA’ TRA PIU’ ATTI → quando più atti successivi, ma
relativi ad un medesimo oggetto, siano contrastanti fra loro in modo da non
far risultare quale sia la vera volontà della P.A.
d) INOSSERVANZA DI CIRCOLARI → la violazione di una circolare (che è un
atto interno) non può dar luogo di per sé a vizio di legittimità; tuttavia,
l'inosservanza di circolari importa eccesso di potere per la contraddizione
esistente fra la volontà manifestata col provvedimento nel singolo caso
concreto e quella manifestata in via generale dalla PA con l'emanazione della
circolare.
e) DISPARITA’ DI TRATTAMENTO → quando per identiche situazioni si
adottino provvedimenti diversi.
f) INGIUSTIZIA MANIFESTA → si tratta di una figura rarissima, poiché in
genere l'ingiustizia attiene piuttosto all'opportunità o alla convenienza
dell'atto (quindi, al merito), e non alla legittimità. Il Consiglio di Stato,
tuttavia, ha individuato alcune ipotesi di ingiustizia manifesta che si
concretano in vero e proprio eccesso di potere: ad es., quando si infligga
una pena per scarso rendimento ad un impiegato menomato da un
infortunio subito sul lavoro.
g) VIOLAZIONE E VIZI DEL PROCEDIMENTO → in linea di massima la
violazione di una norma procedurale concreta una violazione di legge e non
un eccesso di potere.
Vi sono tuttavia delle ipotesi di vere e proprie figure di eccesso di potere quali:
l'atto emesso sul presupposto di un parere viziato dell'errore o travisamento di
fatto; il difetto di istruttoria, che ricorre sia quando la P.A. abbia omesso del tutto
di porre in essere un'attività di tipo istruttorio, sia quando l'istruttoria ci sia stata
ma presenti gravi vizi (ad es. perché incompleta o poco approfondita).
h) VIZI DELLA VOLONTA’ → alcuni fautori della teoria negoziale individuano
l'eccesso di potere nel procedimento non corretto di formazione della volontà.
i) MANCANZA DI IDONEI PARAMETRI DI RIFERIMENTO → la mancanza di
idonei parametri generali di riferimento concreta un'ipotesi di eccesso di
potere ogni qualvolta la pretesa tutelata del singolo sia in posizione di
conflitto con quella analoga di altri soggetti.
C) VIOLAZIONE DI LEGGE
Si tratta di una FIGURA RESIDUALE comprensiva di tutti gli altri vizi di
legittimità che non configurino né incompetenza relativa né eccesso di
potere. I casi di VIOLAZIONE DI LEGGE possono così raggrupparsi:
a) VIZIO DI FORMA → cioè inosservanza delle regole prescritte per la
manifestazione di volontà (la mancanza assoluta di forma è, invece, causa
di nullità);
d) CONTENUTO ILLEGITTIMO;
2. CONSEGUENZE DELL’ILLEGITTIMITA’
L'esistenza di un vizio di legittimità non impedisce che l'atto amministrativo
produca ugualmente i suoi effetti e possa essere portato ad esecuzione,
fino al suo eventuale annullamento.
A differenza dell'atto inesistente, l'ATTO ILLEGITTIMO:
è giuridicamente esistente; è efficace; è esecutorio (finché non venga annullato).
L'annullamento si verifica solo a seguito di un apposito provvedimento
dell'autorità amministrativa o di una sentenza del giudice amministrativo; esso
può essere richiesto solo dal soggetto nel cui interesse era posta la norma
violata.
L'atto annullabile, infine, può essere sanato, ratificato o convertito in un atto
valido.
B) ATTI DI RITIRO
L'amministrazione pubblica, nel perseguimento del pubblico interesse, gode di
una serie di POTERI DI AUTOTUTELA.
Con il termine AUTOTUTELA AMMINISTRATIVA si fa riferimento al potere
dell'amministrazione di rimuovere unilateralmente ed autonomamente gli ostacoli
che impediscono la realizzazione dell'interesse pubblico per il quale il legislatore ha
conferito lo specifico potere.
In tale contesto, rileva la distinzione AUTOTUTELA DECISORIA CD.
SPONTANEA, in cui l'amministrazione ritorna sui propri atti - per eliminarli,
confermarli o emendarli - senza che ciò consegua ad un'iniziativa di 1/3,
e AUTOTUTELA DECISORIA CD. NECESSARIA collegata alla funzione di
controllo dell'amministrazione, posta in essere da un'autorità diversa da quella
che ha adottato l'atto sottoposto a controllo. Nell'autotutela decisoria cd.
spontanea rientra il potere di riesame, consistente “nella rivalutazione delle
situazioni di fatto e di diritto poste alla base di un dato provvedimento
amministrativo ad opera della stessa autorità che ha adottato l'atto originario, o di
autorità diversa.”
Quello del riesame è un potere discrezionale, che si esplica mediante l'adozione,
da parte della P.A., di atti di ritiro o cd. atti di secondo grado.
Gli ATTI DI RITIRO, quindi, sono quei provvedimenti amministrativi a
contenuto negativo, emanati in base ad un riesame dell'atto compiuto
nell'esercizio del medesimo potere amministrativo esercitato con l'emanazione
dell'atto al fine di eliminare l'atto viziato.
Gli atti di ritiro presentano i SEGUENTI CARATTERI:
o sono discrezionali, quanto alla emanazione → la P.A. valuta di volta in
volta se sussista un interesse pubblico concreto ed attuale a ritirare il
provvedimento;
o sono provvedimenti esecutori, una volta intervenuti i requisiti di esecutività
o di obbligatorietà;
o sono provvedimenti formali → il procedimento e le forme sono, di solito, le
medesime prescritte per l'atto ritirato;
o devono essere motivati obbligatoriamente;
o sono provvedimenti recettizi → devono essere necessariamente portati a
conoscenza dei destinatari;
o sono soggetti alle regole della L.241/1990 in tema di silenzio-rifiuto e di
obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento.
Generalmente, gli atti di ritiro sono classificati in CINQUE TIPI dalla dottrina:
1. ANNULLAMENTO D’UFFICO
2. REVOCA
3. ABROGAZIONE
4. PRONUNCIA DI DECADENZA
5. MERO RITIRO.
C) ANNULLAMENTO D’UFFICIO
L'ANNULLAMENTO è un provvedimento amministrativo di secondo grado, con cui
viene ritirato, con EFFICACIA RETROATTIVA (EX TUNC), ossia dalla data della
sua emanazione, un atto amministrativo illegittimo, per la presenza di VIZI DI
LEGITTIMITA’ ORIGINARI dell'atto (cd. invalidità originaria).
ART.21 NONIES L. 241/1990 → dispone che il provvedimento amministrativo
illegittimo, sempreché non si tratti di atti a natura vincolata, può essere
annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di pubblico interesse, entro un
termine ragionevole, comunque non superiore a 12 mesi dall'adozione dei
provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici e tenendo
conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo
ha emanato o da altro organo previsto dalla legge.
L’ annullamento di cui si tratta questa sede è l'ANNULLAMENTO D’UFFICIO,
ossia su iniziativa della P.A., che va tenuto distinto dall'annullamento su ricorso
amministrativo (cd. autotutela contenziosa) e dall'annullamento in sede di controllo
cosiddetta (autotutela decisoria cd. necessaria). Il potere di annullamento d'ufficio
è un potere generale della P.A. e non occorre un'espressa previsione di
legge per il suo esercizio.
L'atto di annullamento ha EFFICACIA RETROATTIVA → cioè fa venir meno l'atto
annullato dal momento in cui fu emanato (quindi ex tunc). Pertanto, cadono anche
gli effetti dell'atto annullato.
ART.21 NONIES, CO.2 → fa salva la POSSIBILITA’ DI CONVALIDA del
provvedimento annullabile, se sussistono ragioni di interesse pubblico ed entro un
termine ragionevole, così come restano ferme le responsabilità connesse
all'adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo.
D) REVOCA
È un provvedimento di secondo grado, espressione del potere di autotutela
(motivato congruamente) con cui la P.A. ritira, con EFFICACIA NON
RETROATTIVA (EX NUNC), un atto inficiato da VIZI DI MERITO (inopportuno,
non conveniente, inadeguato), in base ad una nuova valutazione delle ragioni di
convenienza ed opportunità per cui l'atto fu emanato.
ART.21 QUINQUIES L.241/1990 → prevede che il provvedimento
amministrativo ad efficacia durevole (concessione, autorizzazione o altro atto
che instauri rapporti a durata prolungata) può essere revocato da parte
dell'organo che lo emanato o da altro organo previsto dalla legge nel caso di
sopravvenuti motivi di pubblico interesse, di mutamento delle situazioni di
fatto, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di
vantaggi economici, di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario.
La revoca determina l'inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori
effetti e l'obbligo di provvedere all'indennizzo degli eventuali pregiudizi verificatisi
in danno dei soggetti direttamente interessati.
Le controversie relative alla determinazione e corresponsione del suddetto
indennizzo sono devolute alla giurisdizione esclusiva del G.A.
Esistono DUE TIPI DI REVOCA: l’AUTOREVOCA e la REVOCA GERARCHICA,
in relazione all’autorità amministrativa che la pone in essere:
→ nel primo caso, da parte dell'autorità che ha emanato l'atto,
→ nel secondo, da parte dell'autorità gerarchicamente superiore.
L'esercizio del potere di revoca PRESUPPONE:
o una mancanza attuale di rispondenza dell'atto alle esigenze
pubbliche, dedotta discrezionalmente dalla P.A. in base a una nuova
valutazione degli elementi, oppure la constatazione che non risultano
sussistenti le ragioni di opportunità che legittimavano l'atto al momento
della sua emanazione;
o l'esistenza di un interesse pubblico, concreto ed attuale all'eliminazione
dell'atto inopportuno.
SONO IRREVOCABILI:
o gli atti vincolati, perché rispetto a questi la P.A. non ha il potere di
valutare il merito;
o gli atti la cui efficacia si è già esaurita (ad es.: per scadenza del termine,
o per raggiungimento dello scopo);
E) ABROGAZIONE
Una parte della dottrina ritiene che si tratti di un atto di ritiro che si attua per il
sopravvenire di nuove circostanze di fatto che rendono l'atto non più
rispondente al pubblico interesse; si differenzia dalla revoca in quanto
quest'ultima si concreta nella rivalutazione delle stesse circostanze
originarie. Altra parte della dottrina, invece, osserva che anche in tale ipotesi
ricorre la revoca.
Circa il REGIME GIURIDICO DELL’ABROGAZIONE:
o gli atti suscettibili di abrogazione sono gli stessi che possono essere revocati;
o gli effetti dell'abrogazione si producono (come per la revoca) ex nunc;
o la differenza tra revoca e abrogazione sarebbe nel fatto che la prima
comporta un riesame nel merito dell'atto al momento della sua emanazione;
la seconda, invece, una valutazione dell'opportunità di tenere in vita il
rapporto creato dall'atto in relazione a mutate situazioni di fatto.
F) PRONUNCIA DI DECADENZA
Secondo la dottrina è un atto di ritiro, con efficacia ex nunc (cioè dalla sua
adozione), che la P.A. utilizza nei confronti di precedenti atti ampliativi delle
facoltà di privati, in caso di:
- inadempimento degli obblighi o degli oneri incombenti sui destinatari;
G) MERO RITIRO
Secondo la dottrina è un atto di ritiro che si esplica, anche per fatti concludenti,
nei confronti di atti non ancora efficaci come, ad esempio, per gli atti del
procedimento non ancora perfezionatosi, gli atti privi di un requisito di esecutività
o di obbligatorietà, ovvero gli atti per loro natura inefficaci (ad es. atti nulli).
Perché possa farsi luogo al ritiro è condizione sufficiente l'accertamento
dell’illegittimità o inopportunità dell'atto, non essendo richiesto
l'apprezzamento di un interesse pubblico, concreto ed attuale al suo ritiro.
A) CONVALESCENZA
Rientrano nella categoria della convalescenza le seguenti figure:
CONVALIDA → è un provvedimento nuovo, autonomo, costitutivo con cui si
eliminano i vizi di legittimità di un atto invalido precedentemente
emanato dalla stessa autorità. Il provvedimento di convalida deve
contemplare:
o l’atto che si intende convalidare;
o l'individuazione del vizio da cui l'atto è affetto;
o la volontà di rimuovere il vizio invalidante.
B) CONSERVAZIONE
A differenza della convalescenza, la CONSERVAZIONE mira solo a rendere l'atto
invalido INATTACCABILE dai ricorsi amministrativi o giurisdizionali:
CONSOLIDAZIONE → è una causa di conservazione oggettiva dell'atto
amministrativo che dipende dal decorso del termine perentorio entro cui
l'interessato avrebbe potuto proporre ricorso contro l'atto invalido.
Trascorso tale termine, infatti, l'atto amministrativo diviene inoppugnabile. Si
tratta di una figura processualistica simile a quella che si determina col passaggio
in giudicato della sentenza.
ACQUIESCENZA → è una causa di conservazione soggettiva dell'atto
amministrativo, che dipende da un comportamento con cui il soggetto
privato, dimostrando con manifestazioni espresse o per fatti concludenti, di
essere d'accordo con l'operato della P.A., si preclude la possibilità di
impugnare l'atto amministrativo;
CONVERSIONE → consiste nel considerare un atto invalido (non solo
annullabile, ma anche nullo) come appartenente ad un altro tipo (valido), di cui
esso presenta i requisiti di forma e di sostanza;
CONFERMA → è una manifestazione di volontà non innovativa con cui l'autorità
ribadisce una sua precedente determinazione, eventualmente ripetendone il
contenuto. È opinione comune che in tale categoria confluiscono la conferma
propria e la conferma impropria.
La conferma propria si ha solo qualora si adottata sulla base di un nuovo iter
procedimentale, con rinnovazione della fase istruttoria, con una nuova
ponderazione di interessi pubblici e, quindi, con un nuovo provvedimento.
Vi è, invece, conferma impropria (atto meramente confermativo) quando
provenga dalla stessa autorità, difetti una nuova istruttoria e si realizzi la
conferma della motivazione e del dispositivo per il provvedimento precedente.
o gli atti di controllo (il controllo deve essere eseguito dagli organi
competenti);
o gli atti di comunicazione: gli atti possono essere recettizi o non
recettizi, a seconda che la comunicazione agli interessati costituisca o
meno presupposto indispensabile per la loro efficacia (ad es.
notificazione; pubblicazione).
I termini di conclusione possono essere SOSPESI, per una sola volta e per un
periodo non superiore a 30 giorni, per l'acquisizione di informazioni o di
certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in
possesso dell'amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre
P.A. La disciplina dei tempi del procedimento NON SI APPLICA ai procedimenti
di verifica o autorizzativi concernenti i beni storici, architettonici, culturali
archeologici, artistici e paesaggistici.
Inoltre, le P.A. se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità,
improcedibilità o infondatezza della domanda, concludono il procedimento
con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata la cui
motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto
ritenuto risolutivo.
2. PARTECIPAZIONE AL PROCEDIMENTO
Il PRINCIPIO DELLA PARTECIPAZIONE è di fondamentale importanza in quanto
consente la soddisfazione dei criteri informatori dell'azione della P.A.:
trasparenza, economicità, efficacia, imparzialità.
Si premette che le norme sulla partecipazione non si applicano ai procedimenti
diretti all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione, di
programmazione e ai procedimenti tributari.
Per tutti gli altri, la L.241/1990 sancisce:
1. L’OBBLIGO DI COMUNICARE L’AVVIO DEL PROCEDIMENTO (ARTT. 7-
8) → ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari
esigenze di celerità del procedimento, la P.A. ha l'obbligo di comunicarne
l'avvio.
La comunicazione è personale; nelle ipotesi in cui essa non sia possibile, per
il numero di destinatari o perché risulti particolarmente gravosa, la P.A.
provvede a rendere noto il contenuto della comunicazione mediante forme di
pubblicità idonee, stabilite di volta in volta dalla stessa amministrazione.
Destinatari della comunicazione sono:
i destinatari diritti del provvedimento finale;
i soggetti che per legge devono intervenire nel procedimento;
i terzi che possono ricevere un pregiudizio dal provvedimento
finale.
Nella comunicazione devono essere indicati:
l'amministrazione competente, l'oggetto del procedimento promosso; l'ufficio, il
domicilio digitale dell'amministrazione e la persona responsabile del
procedimento; la data entro la quale deve concludersi il procedimento e i
rimedi esperibili in caso di inerzia dell'amministrazione; nei procedimenti ad
iniziativa di parte, la data di presentazione dell'istanza; le modalità con cui è
possibile prendere visione degli atti.
Inoltre, l'omessa a comunicazione di avvio non dà luogo ad annullabilità del
provvedimento se sia palese che il contenuto dello stesso non avrebbe potuto
essere diverso da quello in concreto adottato (tale disposizione non si applica al
provvedimento adottato in violazione dell'art.10 bis della legge stessa).
2. IL DIRITTO DI INTERVENTO NEL PROCEDIMENTO (ART.9) →
qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i
portatori di interessi diffusi, cui possa derivare un pregiudizio dal
provvedimento, possono intervenire nel procedimento (si tratta di
intervento volontario contrapposto a quello obbligatorio di cui all’art.7).
A) CONFERENZA DI SERVIZI
La CONFERENZA DI SERVIZI costituisce UNA FORMA DI COOPERAZIONE tra
le P.A. che ha lo scopo di realizzare, attraverso l'esame contestuale dei vari
interessi pubblici coinvolti, la semplificazione di taluni procedimenti
amministrativi particolarmente complessi.
Vi sono varie TIPOLOGIE di conferenza di servizi:
la CONFERENZA DI SERVIZI ISTRUTTORIA, che può essere indetta qualora sia
opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti
in un procedimento amministrativo, ovvero in più procedimenti amministrativi
connessi, riguardanti i medesimi attività o risultati;
la CONFERENZA DI SERVIZI DECISORIA, che deve essere convocata quando
bisogna assumere decisioni concordate tra varie amministrazioni, in
sostituzione degli atti di concerto, nulla osta, intese o atti di assenso comunque
denominati.
la CONFERENZA DI SERVIZI CD. PRELIMINARE, che può essere indetta
dall'amministrazione competente nel caso di progetti di particolare complessità
e di insediamenti produttivi di beni e servizi, su motivata richiesta
dell'interessato, corredata da uno studio di fattibilità, prima della presentazione
di un'istanza o di un progetto definitivo, al fine di verificare quali siano le
condizioni per ottenere i necessari atti di assenso, comunque denominati.
La conferenza si svolge, ordinariamente, IN FORMA SEMPLIFICATA E IN
MODALITA’ ASINCRONA, cioè senza che siano convocate riunioni fisiche, ma
mediante l'invio di documenti per via telematica.
Solo quando è strettamente necessario, l'amministrazione precedente può indire
una CONFERENZA IN FORMA SIMULTANEA ED IN MODALITA’ SINCRONA,
cioè mediante l'incontro tra i vari partecipanti.
La convocazione della CONFERENZA DI SERVIZI SIMULTANEA E IN
MODALITA’ SINCRONA avviene:
o in caso di conclusione infruttuosa della conferenza in modalità asincrona;
o nei casi di particolare complessità della decisione assumere;
B) ACCORDI
Gli ACCORDI fra amministrazioni pubbliche sono finalizzati a disciplinare lo
svolgimento di attività di pubblico interesse in collaborazione. Un esempio di tali
accordi sono gli “accordi di programma”.
C) SILENZIO DEVOLUTIVO
La figura del SILENZIO DEVOLUTIVO comporta la possibilità di richiedere ad
altri organi valutazioni tecniche di necessaria acquisizione ai fini dell'adozione
del provvedimento finale, che quelli precedentemente aditi non abbiano
effettuato. In tali casi, il responsabile del procedimento deve richiedere tali
valutazioni tecniche ad altri organi dell'amministrazione pubblica o ad altri enti
pubblici che siano dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, ovvero ad
istituti universitari.
F) SILENZIO-ASSENSO
ART.20 DELLA L.241/1990 → NEI PROCEDIMENTI AD ISTANZA DI PARTE,
per il rilascio di provvedimenti amministrativi, IL SILENZIO
DELL’AMMINISTRAZIONE EQUIVALE A PROVVEDIMENTO DI
ACCOGLIMENTO della domanda, senza necessità di ulteriori istanze, se la P.A.
non comunica all'interessato, nel termine di conclusione del procedimento,
il provvedimento di rigetto ovvero non ìndice (organizza) una conferenza di
servizi.
Tali termini decorrono dalla data di ricevimento della domanda del privato.
Il meccanismo del silenzio-assenso non si applica per gli atti e nei procedimenti
concernenti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente e la difesa
nazionale, la pubblica sicurezza, l'immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute
e la pubblica incolumità; né si applica agli atti imposti dalla normativa
comunitaria, o ai casi in cui la legge qualifica il silenzio come rigetto dell'istanza,
e nemmeno agli atti e ai procedimenti che le stesse amministrazioni possono
successivamente individuare. Ogni controversia relativa all'applicazione di tali
disposizioni è devoluta alla GIURISDIZIONE ESCLUSIVA del G.A.
2. CONTROLLI AMMINISTRATIVI
I CONTROLLI AMMIISTRATIVI sono diritti ad esaminare l'operato di organi
amministrativi con funzioni di amministrazione attiva. Essi SI DISTINGUONO
in:
a) CONTROLLI SUGLI ATTI → se diritti a valutare la sola legittimità o
anche l'opportunità di un singolo atto amministrativo al fine di
verificarne la sola legittimità oppure anche l'opportunità;
B) I SOGGETTI PASSIVI
ART.23 L.241/1990 → sono OBBLIGATI A CONSENTIRE L’ESERCIZIO DEL
DIRITTO DI ACCESSO:
le PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI → sono ricompresi tutti i soggetti di
diritto pubblico e di diritto privato limitatamente alla loro attività di
pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o europeo;
gli ENTI PUBBLICI→ compresi gli enti pubblici economici relativamente allo
svolgimento dell'attività di diritto pubblico;
3. MODALITA’ DI ESERCIZIO
ART.25 L.241/1990 e il D.P.R. 184/2006 → disciplinano l'ESERCIZIO DEL
DIRITTO DI ACCESSO. L'accesso si esercita mediante esame ed estrazione di
copia dei documenti amministrativi, richiesti (nei modi e limiti indicati dalla
legge) con istanza motivata rivolta all'amministrazione che ha formato il
documento o che lo detiene stabilmente.
A) ACCESSO INFORMALE
Qualora in base alla natura del documento richiesto non risulti l'esistenza di
controinteressati, il DIRITTO DI ACCESSO PUO’ ESSERE ESERCITATO IN VIA
INFORMALE mediante richiesta, anche verbale, all'ufficio dell'amministrazione
competente a formare l'atto conclusivo del procedimento o a detenerlo
stabilmente.
In tal caso, il richiedente deve indicare gli estremi del documento oggetto della
richiesta o gli elementi che ne consentono l'individuazione; specificare l'interesse
connesso all'oggetto della richiesta; dimostrare la propria identità e, ove occorra,
i propri poteri di rappresentanza del soggetto interessato.
La richiesta è accolta mediante indicazione della pubblicazione contenente le
notizie, esibizione del documento, estrazione di copie o altra modalità
idonea. Ove provenga da una P.A., la richiesta è presentata dal titolare dell'ufficio
interessato o dal responsabile del procedimento amministrativo.
B) ACCESSO FORMALE
La P.A. cui è indirizzata la richiesta di accesso, qualora individui i soggetti
controinteressati, invita l'interessato a presentare RICHIESTA FORMALE DI
ACCESSO ed è tenuta a dare COMUNICAZIONE agli stessi, inviando copia
mediante raccomandata con avviso di ricevimento, oppure per via telematica per
coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione. Entro 10 giorni dalla
ricezione della comunicazione, i controinteressati possono presentare MOTIVATA
OPPOSIZIONE ALLA RICHIESTA DI ACCESSO.
Decorso tale termine, la P.A. provvede sulla richiesta, una volta accertata
l'avvenuta ricezione della comunicazione. Tale iter deve concludersi entro 30
giorni dalla richiesta, decorsi i quali quest'ultima si intende respinta.
Analogamente si prevede la RICHIESTA DI ACCESSO FORMALE qualora:
o non sia possibile l'accoglimento immediato della richiesta in via informale;
o vi siano dubbi sulla legittimazione del richiedente, sulla sua identità e sui
suoi poteri rappresentativi;
o vi siano dubbi sulla sussistenza dell'interesse alla stregua delle
informazioni e documentazioni fornite;
o vi siano dubbi sulla accessibilità del documento o sull'esistenza di
controinteressati.
6. RISERVATEZZA E ACCESSO
Problematico è il RAPPORTO TRA ACCESSO E RISERVATEZZA. Si tratta di due
diritti avente il medesimo ambito di applicazione, pur essendo, allo stesso
tempo, l'uno il limite dell'altra.
Quando, infatti, si chiede di accedere ai documenti amministrativi che
contengono dati di soggetti terzi, si pone il problema di CONCILIARE IL DIRITTO
DI QUESTI ULTIMI ALLA RISERVATEZZA DEI PROPRI DATI PERSONALI CON
IL DIRITTO DI ACCESSO DELL’ISTANTE.
Il DIRITTO ALLA RISERVATEZZA può definirsi come il diritto al riserbo
relativamente a notizie, dati o informazioni la cui diffusione non risponde ad
alcun interesse pubblico prevalente. Esso è riferibile sia alle persone fisiche,
come diritto al rispetto della sfera intima della personalità, sia alle persone
giuridiche, enti e associazioni. Il legislatore ha risolto codificando una serie di
principi-guida, contenuti sia nella legge sul procedimento che nel Codice sulla
privacy, al fine di trovare un bilanciamento tra accesso e riservatezza.
Nella L.241/1990, la disposizione di riferimento è data all'ART.24, CO.7 che
afferma la prevalenza del diritto di accesso in tutte le ipotesi in cui questo è
preordinato all'esercizio del diritto di difesa di un interesse giuridicamente
rilevante. Tuttavia, nel caso di documenti contenenti dati sensibili e
giudiziari l'accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente
indispensabile, mentre in presenza di dati idonei a rivelare lo stato di salute e
la vita sessuale l'accesso è consentito, ex ART.60 D.LGS.196/2003, se la
situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di
accesso sia di rango almeno pari ai diritti dell'interessato, ovvero consista in
un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale.
DATA BREACH
Le VIOLAZIONI DEI DATI PERSONALI sono dette DATA BREACH → si tratta di
violazioni di sicurezza che comportano - accidentalmente o in modo illecito - la
distruzione, la perdita, la modifica, la divulgazione non autorizzata o l'accesso ai
dati personali trasmessi, conservati o comunque trattati.
Esse sono quindi capaci di pregiudicare la riservatezza, l'integrità o la disponibilità
di dati personali.
In caso di violazione dei dati personali, il titolare deve darne informazione
all'autorità di controllo (Garante), senza ingiustificato ritardo e, ove possibile, entro
72 ore dal momento in cui ne è venuto a conoscenza.
A) AMBITO SOGGETTIVO
I SOGGETTI tenuti all'applicazione delle norme del Codice sono: le
AMMINISTRAZIONI AGGIUDICATRICI e gli ENTI AGGIUDICATORI.
o Le AMMINISTRAZIONI AGGIUDICATRICI sono le amministrazioni dello
Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli
organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque
denominati, costituiti da “detti soggetti”.
2. PROGETTAZIONE
Il sistema della progettazione è delineato negli ARTT. 41 e 42 DEL CODICE,
nonché nell'ALLEGATO I.7 DEL CODICE. La PROGETTAZIONE in materia di
lavori pubblici è volta ad assicurare il soddisfacimento dei fabbisogni della
collettività; la conformità alle norme ambientali, urbanistiche e di tutela dei beni
culturali e paesaggistici, nonché il rispetto di quanto previsto dalla normativa in
materia di tutela della salute e della sicurezza delle costruzioni, ecc.
La progettazione si articola in 2 LIVELLI DI SUCCESSIVI APPROFONDIMENTI
TECNICI:
il PROGETTO DI FATTIBILITA’ TECNICA ED ECONOMICA → ha un contenuto
complesso: individua, tra più soluzioni, quella che presenta il miglior rapporto tra
costi e benefici per la collettività; sviluppa tutte le indagini e gli studi richiesti dai
lavori; individua le caratteristiche dimensionali, funzionali e tecnologiche dei lavori
da realizzare.
il PROGETTO ESECUTIVO → determina in ogni dettaglio i lavori da realizzare, il
costo previsto, il cronoprogramma, e deve essere sviluppato in modo che ogni
elemento sia identificato in forma, tipologia, qualità, dimensione e prezzo.
Per la progettazione di servizi e forniture, essa è articolata in un unico livello
ed è predisposta dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti mediante i propri
dipendenti in servizio.
Tuttavia, si precisa che il Codice disciplina una fase preliminare a quella di avvio
della procedura di gara, prevedendo che le stazioni appaltanti possono avviare
CONSULTAZIONI DI MERCATO per predisporre gli atti di gara, compresa la
scelta delle procedure di gara, e per informare gli operatori economici degli appalti
da esse programmati e dei requisiti relativi a questi ultimi.
Inoltre, nella stesura dei documenti di gara le stazioni appaltanti hanno l'obbligo
di inserire specifiche tecniche che definiscono le caratteristiche previste per
lavori, servizi o forniture.
L'INDICAZIONE DELLA PROCEDURA avviene mediante il BANDO DI GARA o, in
ipotesi specificamente indicate, mediante avviso di preinformazione o mediante
inviti a partecipare rivolti ai candidati. La SELEZIONE dei partecipanti delle
offerte avviene mediante i sistemi e i criteri individuati dal Codice.
7. IL SOCCORSO ISTRUTTORIO
Nelle procedure di gara si inserisce l'istituto del SOCCORSO ISTRUTTORIO,
attraverso cui possono essere sanate o integrate le “carenze” della
documentazione trasmessa alla stazione, evitando così alle imprese in difetto
di essere escluse dalla gara (ART.101 CODICE), salvo che al momento della
scadenza del termine la presentazione dell'offerta il documento sia presente nel
fascicolo virtuale dell'operatore.
La stazione appaltante assegna un TERMINE non inferiore a 5 giorni e non
superiore ai 10 giorni per integrare ogni elemento mancante o per sanare ogni
omissione, inesattezza o irregolarità.
In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione di concorrente
escluso dalla gara.
8. L’AGGIUDICAZIONE
Esperita la gara, la fase di scelta del contraente termina con l'AGGIUDICAZIONE.
Dapprima si procede alla PROPOSTA DI AGGIUDICAZIONE DELLA GARA ALLA
MIGLIOR OFFERTA NON ANOMALA e, solo dopo i controlli opportuni, si
formalizza l'aggiudicazione, che è immediatamente efficace. Il provvedimento
di aggiudicazione NON EQUIVALE AD ACCETTAZIONE DELL’OFFERTA
dell'aggiudicatario, che è irrevocabile fino al momento in cui scade il termine per
la stipulazione del contratto.
A) DEMANIO NECESSARIO
I beni immobili costituenti il demanio necessario sono di esclusiva proprietà
dello Stato, per cui demanialità e appartenenza allo Stato sono 2
caratteristiche inscindibilmente connesse. Vi rientrano:
il DEMANIO MARITTIMO → il lido del mare, la spiaggia, i porti, le lagune, le foci
di fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra; i canali
utilizzabili per uso pubblico marittimo, le pertinenze del demanio marittimo. Non fa
parte del demanio marittimo il mare territoriale, che comprende la fascia di mare
fino a 12 miglia dalla costa e di golfi, i seni e le baie della costa.
il DEMANIO IDRICO → fiumi, laghi e torrenti, escluse le fonti che sboccano in
mare; le acque definite pubbliche dalle normative in materia; ghiacciai; porti e
approdi destinati alla navigazione interna.
il DEMANIO MILITARE → consiste in opere permanenti destinate alla difesa
nazionale, e cioè le fortezze, le piazzeforti, le installazioni missilistiche, le linee
fortificate e trincerate, i porti e gli aeroporti militari, le ferrovie e funivie militari i
ricoveri antiaerei.
E) REGIMO GIURIDICO
I beni che fanno parte del demanio pubblico:
a) sono INALIENABILI → ogni atto di trasferimento del bene demaniale è
nullo;
b) NON sono acquistabili per USUCAPIONE da parte di nessuno → in quanto
non possono formare oggetto di diritti di terzi, se non nei modi e nei limiti
stabiliti dalle leggi che li riguardano;
c) il diritto di proprietà pubblica su di essi, da parte dell'ente è
IMPRESCRITTIBILE;
d) sono INESPROPRIABILI, sia a titolo di esecuzione forzata che per pubblica
utilità.
La demanialità del bene si estende anche alle sue pertinenze e alle servitù
costituite a favore del bene demaniale.
3. FEDERALISMO DEMANIALE
Con il D.LGS. 85/2010, cd. DECRETO SUL FEDERALISMO DEMANIALE, il
legislatore ha individuato i BENI STATALI che possono essere attribuiti A
TITOLO NON ONEROSO a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni (ad
es., beni appartenenti al demanio marittimo al demanio idrico ecc.).
Sono ESCLUSI DAL TRASFERIMENTO: gli immobili in uso per comprovate ed
effettive finalità istituzionali alle amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento
autonomo, agli enti pubblici destinatari di beni immobili dello Stato in uso
governativo e alle Agenzie; i porti e gli aeroporti di rilevanza economica nazionale e
internazionale; i beni appartenenti al patrimonio culturale; le reti di interesse
statale; le strade ferrate in uso di proprietà dello Stato; i parchi nazionali e le
riserve naturali statali.
L’ente territoriale, a seguito del trasferimento, dispone del bene nell'interesse
della collettività rappresentata; tali beni entrano a far parte del suo PATRIMONIO
DISPONIBILE, ed è tenuto a favorirne la MASSIMA VALORIZZAZIONE
FUNZIONALE.
Qualora l'ente territoriale non utilizzi il bene come dovuto, il Governo
esercita il POTERE SOSTITUTIVO, al fine di assicurare la migliore utilizzazione
del bene.
4. BENI PATRIMONIALI
I BENI PATRIMONIALI dello Stato e degli enti pubblici sono tutti i beni che
non hanno i caratteri della demanialità.
Essi SI DISTINGUONO IN:
BENI INDISPONIBILI → sono destinati ad un pubblico servizio e al
conseguimento di fini semplici; sono perciò beni pubblici.
BENI DISPONIBILI → hanno carattere strumentale in quanto destinati
prevalentemente alla produzione di redditi. Non sono beni pubblici, ma solo
beni di proprietà di enti pubblici.
3. RESPONSABILITA’ EXTRACONTRATTUALE
ART. 2043 c.c. → stabilisce che qualunque fatto doloso o colposo che
cagiona ad altri un danno ingiusto non obbliga colui che ha commesso il
fatto a risarcire il danno. Anche la P.A. soggiace a tale regola.
Gli ELEMENTI della responsabilità civile della P.A. sono quelli comuni ad ogni
responsabilità civile; il giudice dovrà accertare l'esistenza di una condotta attiva o
omissiva, l'antigiuridicità di tale condotta, la colpevolezza della gente, l'evento
dannoso, il nesso di causalità tra condotta ed evento. In particolare:
la CONDOTTA può consistere tanto in un'azione quanto in un’omissione
della P.A. dalla quale sia derivato un danno. In ogni caso, la condotta deve
essere riferibile alla P.A.: occorre, cioè, che essa sia stata compiuta da
un'autorità amministrativa nell'esercizio delle sue funzioni amministrative;ù
4. RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE
La RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE è quella basata sulla VIOLAZIONE DI
UN RAPPORTO OBBLIGATORIO già vincolante per le parti, sorto in virtù di un
contratto, ex lege, di atto unilaterale o in base ad un precedente fatto illecito
(obbligazione di risarcimento). Trovano applicazione i principi generali previsti dal
Codice civile.
5. RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE
La RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE tutela l'INTERESSE
ALL’ADEMPIMENTO, cioè l'interesse del soggetto a non essere coinvolto in
inutili trattative, a non stipulare contratti invalidi o inefficaci e a non subire
alcun inganno in ordine ad atti negoziali. Dunque, nelle trattative le parti
devono comportarsi secondo buona fede e con diligenza. In tal senso, l'interesse
protetto in tema di responsabilità precontrattuale è quello della LIBERTA’
NEGOZIALE.
IPOTESI DI RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE sono riscontrabili: nella
violazione dei doveri di buona fede nelle trattative e nella formazione del contratto;
nel recesso ingiustificato dalle trattative; nella stipulazione di un contratto invalido
o inefficace; nella violenza e nel dolo; nella colposa induzione in errore.
8. DANNO ERARIALE
Il DANNO ERARIALE consiste in un depauperamento del patrimonio che l'erario
(Stato o ente pubblico) abbia sofferto per la condotta illecita del pubblico
dipendente nell'esercizio di specifiche funzioni amministrative. Si tratta di un
pregiudizio suscettibile di valutazione economica che si compone di 2
ELEMENTI:
DANNO EMERGENTE, ossia una perdita per una cosa distrutta o perduta, una
spesa sostenuta o un'entrata non acquisita.
LUCRO CESSANTE, ossia un mancato guadagno.
Il DANNO ERARIALE si distingue in:
DIRETTO → se è cagionato direttamente dal soggetto responsabile alla P.A. di
appartenenza o ad altra P.A. (cd. danno trasversale o obliquo);
INDIRETTO → consiste nelle somme che la P.A. ha corrisposto al terzo a titolo di
risarcimento del danno commesso dal dipendente o dall'amministrazione.
Il danno erariale è un DANNO PUBBLICO, perché, in quanto pregiudizio alle
pubbliche finanze, si traduce in un danno alla collettività. Esso, inoltre, deve
essere certo e attuale nonché economicamente valutabile.
Circa le REGOLE SULLA RESPONSABILITA’ PER DANNO ERARIALE, l’ART.1
L.20/1994 prevede che:
la responsabilità è personale, e limitata ai soli casi di dolo o colpa grave,
fermo restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali;
il diritto al risarcimento del danno si prescrive per 5 anni, decorrenti
dalla verificazione del fatto dannoso o, in caso di suo accertamento, dalla
scoperta dello stesso;
vi è giurisdizione della Corte dei conti.
Al danno erariale è possibile ricondurre anche il cd. DANNO ALL’IMMAGINE
DELLA P.A., che si traduce in una “perdita di prestigio” della P.A. agli occhi
degli amministratori.
Esso incide sul rapporto di fiducia e di affidamento che lega amministrazione
e amministrati, presupponendo la esplicazione di una condotta che abbia causato
la reiterata violazione di doveri di servizio e un discredito per l'amministrazione.
Per quantificare il danno in genere, il giudice contabile ricorre a criteri di tipo
oggettivo (ossia aventi riguardo alla gravità dell'illecito), di tipo soggettivo (cioè
attinenti alla posizione del soggetto che possono essere il danno), nonché criteri
di tipo sociale, in base, ad esempio, alla risonanza sociale e dell'opinione
pubblica.
L'entità del danno risarcibile si presume, salvo prova contraria, pari al doppio
della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità
illecitamente percepita dal dipendente.
B) RICORSO AMMINISTRATIVO
Il RICORSO AMMINISTRATIVO può definirsi come l'istanza o reclamo) diretta ad
ottenere l'annullamento la riforma o la revoca di un atto amministrativo,
rivolta dal soggetto che vi abbia interesse ad un'autorità amministrativa nelle
forme e nei termini fissati dalla legge, affinché questa risolva la controversia che
tale atto ha generato nell'ambito dello stesso ordinamento amministrativo.
La disciplina dei ricorsi amministrativi è contenuta nel D.P.R. 1199/1971.
PRINCIPI COMUNI A TUTTE LE FIGURE SONO:
a) l'obbligo di indicare nel provvedimento amministrativo l'autorità a cui si può
ricorrere ed il termine entro il quale il ricorso deve essere proposto;
5) FORMA DEL RICORSO → il ricorso deve essere redatto per iscritto su carta
da bollo uso amministrativo, salvo i casi nella legge esplicitamente lo
escluda (es. nei rapporti di lavoro).
4. RICORSO GERARCHICO
A) NOZIONE
È un rimedio di carattere generale consistente nella impugnativa di un atto
non definitivo, proposta dal soggetto interessato all'organo gerarchicamente
sovraordinato a quello che ha emanato il provvedimento impugnato. I
presupposti del ricorso gerarchico sono quindi, due:
1. rapporto di gerarchia esterna → fra organo che ha emanato il
provvedimento e quello a cui si ricorre.
2. non definitività del provvedimento impugnato → invero, l'atto
amministrativo si considera definitivo quando non vi è possibilità di esperire
rimedi amministrativi ordinari contro di esso.
Contro gli atti amministrativi definitivi è ammesso:
ricorso amministrativo straordinario al presidente della Repubblica oppure
alternativamente ricorso giurisdizionale al T.A.R; eccezionalmente e nei casi
tassativi di legge, un ricorso gerarchico improprio.
Contro gli atti amministrativi non definitivi è ammesso:
ricorso amministrativo gerarchico;
ricorso giurisdizionale al T.A.R.
B) PROFILI PROCEDURALI
Il RICORSO GERARCHICO è ammesso in un'unica istanza: quindi, anche in
caso di pluralità di gradi di gerarchia, esso va proposto una sola volta. Il
provvedimento emesso in seguito al primo ricorso è definitivo.
Oggi la definitività dell'atto impugnato non è più condizione indispensabile per
l'impugnabilità dello stesso in sede giurisdizionale, di conseguenza, il ricorso
gerarchico ha assunto la caratteristica della facoltatività rispetto al ricorso
giurisdizionale, intesa nel senso di libera scelta tra l'uno e l'altro rimedio. In ogni
caso, non risulta mai preclusa la via giurisdizionale.
Il ricorso gerarchico, che può essere esperito sia a tutela di un diritto soggettivo
che di un interesse legittimo, e che può essere presentato per motivi di
legittimità e di merito, tende ad assicurare la possibilità di proporre quelle
censure di merito che, in linea generale, sono precluse in sede
giurisdizionale.
B) MANCATA DECISIONE DEL RICORSO: IL CD. SILENZIO –
RIGETTO
La P.A. ha l'obbligo giuridico di decidere sul ricorso gerarchico entro 90 giorni
dalla presentazione. Tuttavia, il legislatore ha disciplinato l'ipotesi che la P.A.
non sia in grado di adempiere a tale obbligo: in tale caso, DECORSI 90 GIORNI
DALLA PRESENTAZIONE DEL RICORSO SENZA CHE LA P.A. ABBIA
COMUNICATO ALL’INTERESSATO LA DECISIONE DELLO STESSO.
IL RICORSO SI INTENDE RESPINTO e l'interessato può proporre ricorso
giurisdizionale davanti al giudice amministrativo competente o ricorso straordinario
al Capo dello Stato direttamente avverso l'atto impugnato in sede gerarchica.
5. RICORSO IN OPPOSIZIONE
È un RICORSO AMMINISTRATIVO ATIPICO, rivolto alla stessa autorità che ha
emanato l'atto, anziché a quella superiore gerarchicamente. Non è un rimedio di
carattere generale, ma eccezionale utilizzabile solo nei casi tassativi e per i
motivi previsti dalla legge. Può essere proposto sia per motivi di legittimità che
di merito, e sia a tutela di interessi legittimi che di diritti soggettivi.
Il termine per la proposizione è quello generale di 30 giorni dalla notifica o
emanazione dell'atto impugnato, ma la legge può prevedere, nei singoli casi,
termini diversi.
d) quando ha accertato che il diritto del privato sia stato leso dall'atto
illegittimo dichiara tale illegittimità, senza, però, che sul punto si formi il
giudicato (si parla di accertamento incidentale) e disapplica l'atto: in tal
caso, il G.O. giudica come se l'atto non fosse mai stato emanato;
e) non può in nessun caso imporre alla P.A. comportamenti positivi, ma
può solo condannarla al risarcimento dei danni cagionati al privato.
3. GIURISDIZIONE DI MERITO
ART.7, CO.6 CODICE → il Giudice Amministrativo quando esercita
giurisdizione con cognizione estesa al merito può sostituirsi
all'amministrazione.
Ciò perché in diritto amministrativo la GIURISDIZIONE DI LEGITTIMITA’ mira
ad accertare solo la legittimità dell'atto amministrativo, in relazione ai motivi
dedotti dal ricorrente senza preclusione dell'accertamento del fatto;
la GIURISDIZIONE DI MERITO, invece, mira all'esame dell'atto, oltre che sotto il
profilo della legittimità, anche sotto il profilo della convenienza e della
opportunità.
Il POTERE SOSTITUTIVO si concreta nel fatto che IL G.A. NEI CASI DI
GIURISDIZIONE DI MERITO ADOTTA UN NUOVO ATTO, OVVERO MODIFICA
O RIFORMA QUELLO IMPUGNATO.
LA GIURISDIZIONE DI MERITO DEL T.A.R. è:
a) eccezionale, in quanto ammessa eccezionalmente, in deroga al principio
del sindacato giurisdizionale, di sola legittimità sull'atto amministrativo;
4. GIURISDIZIONE ESCLUSIVA
ART.7, CO.5 CODICE → la giurisdizione esclusiva è caratterizzata dalla
circostanza per cui al G.A. è attribuita la cognizione, in via principale, sia dei
diritti soggettivi che degli interessi legittimi. Data l'ampiezza della cognizione
del giudice, si suole affermare che la giurisdizione esclusiva non configura
un'ipotesi di sola giurisdizione su atti, ma anche di giurisdizione su rapporti.
La GIURISDIZIONE ESCLUSIVA PRESENTA I SEGUENTI CARATTERI:
a) è eccezionale, poiché limitata a quei soli casi indicati dalla legge;
A) AZIONE DI ANNULLAMENTO
L'AZIONE DI ANNULLAMENTO costituisce l'espressione più tipica del processo
amministrativo, in quanto tesa a realizzare la cd. tutela di tipo demolitorio, ossia la
demolizione dell'atto impugnato.
ART.29 DEL CODICE → l'azione di annullamento per violazione di legge,
incompetenza ed eccesso di potere si propone nel termine di decadenza di 60
giorni.
B) AZIONE DI CONDANNA
ART. 30 del CODICE → disciplina l'AZIONE DI CONDANNA, attraverso una
disposizione che, sebbene incentrata sulla disciplina del risarcimento del
danno, ha una portata generale.
Essa può essere proposta sia contestualmente ad un’altra azione che in via
autonoma, nei soli casi, però, di giurisdizione esclusiva e nei casi individuati dallo
stesso art.30 del Codice, quando risulti necessaria, dopo l’annullamento, una
tutela in forma specifica del ricorrente mediante la modificazione della realtà
materiale (condanna ad un facere) o sia rimasta inadempiuta un’obbligazione di
pagamento o debba comunque provvedersi mediante l’adozione di ogni altra
misura idonea a tutelare la posizione giuridica soggettiva del ricorrente.
Infatti, il G.A., con la sentenza con cui definisce nel merito il giudizio, PUO’:
ordinare all’amministrazione, rimasta inerte, di provvedere entro un termine;
condannare al pagamento di una somma di denaro, anche a titolo di
risarcimento del danno;
condannare all’adozione di misure idonee a tutelare la posizione giuridica
dedotta in giudizio: ipotesi di cd. condanna atipica.
ART.30 DEL CODICE → disciplina, nell’ambito dell’azione di condanna, anche
l’AZIONE RISARCITORIA esperibile contro la P.A. per danni da illegittimo
esercizio dell’azione amministrativa o da mancato esercizio di quella
obbligatoria (quindi, a tutela di interessi legittimi) nonché, nei casi di
giurisdizione esclusiva, per danni da lesione di diritti soggettivi.
Questa è esperibile nel termine di decadenza di 120 giorni da quando il fatto si
è verificato o dalla conoscenza del provvedimento qualora il danno sia derivato
direttamente da questo, al fine di riparare un danno ingiusto derivante
dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di
quella obbligatoria.
Ancora, è possibile chiedere al G.A. il RISARCIMENTO DEL DANNO IN FORMA
SPECIFICA, qualora ricorrano i presupposti ex ART.2058 c.c., ossia quando tale
forma di reintegrazione risulti in tutto o in parte possibile e non sia eccessivamente
onerosa per il debitore.
Infine, una peculiare ipotesi di risarcimento del danno è collegata alla
inosservanza, dolosa o colposa, dei termini di conclusione del procedimento
amministrativo.
D) FASE ISTRUTTORIA
Uno dei momenti essenziali attraverso cui si articola lo svolgimento del giudizio è
l'ATTIVITA’ ISTRUTTORIA diretta all'acquisizione dei mezzi di prova, forniti
dalle parti o richieste dal giudice, sulla base dei quali fondare la decisione finale
del processo.
Tra gli aspetti più nuovi introdotti dal Codice occorre citare:
un'analitica disciplina dell'acquisizione dei mezzi di prova → il Codice,
infatti, premesso l’onero della prova a carico delle parti, prevede che il
giudice possa chiedere le stesse chiarimenti e documenti anche d'ufficio,
ordinare a terzi di esibire in giudizio documenti o quanto altro ritenga
necessario nonché disporre l'ispezione;
l'ammissione della prova testimoniale da parte del giudice → su istanza
di parte e in forma scritta;
5. PRONUNCE GIURISDIZIONALI
Il giudice può pronunciarsi in vari modi:
con SENTENZA, laddove definisce in tutto o in parte il giudizio;
con ORDINANZA, se dispone misure cautelari o interlocutorie o se decide
sulla competenza;
con DECRETO, nei casi previsti dalla legge.
Occorre distinguere:
a) le PRONUNCE DI MERITO. Tra queste, rilevante è la sentenza. Se accoglie
il ricorso, nei limiti della domanda, il giudice:
annulla in tutto in parte il provvedimento impugnato;
ordina all'amministrazione, rimasta inerte, di provvedere entro un termine;
condanna al pagamento di una somma di denaro, anche a titolo di
risarcimento del danno, all'adozione delle misure idonee a tutelare la
situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio e dispone misure di
risarcimento in forma specifica ai sensi dell'ART.2058 c.c.;
nei casi di giurisdizione di merito, adotta un nuovo atto, o modifica o
riforma quello impugnato;
dispone le misure idonee ad assicurare l'attuazione del giudicato e delle
pronunce non sospese, compresa la nomina di un commissario ad acta.
2. COMMISSARIO AD ACTA
Il GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA, in quanto ipotesi di giurisdizione di merito,
comporta che IL GIUDICE AMMINISTRATIVO HA IL POTERE DI SOSTITUIRSI
ALL’AMMINISTRAZIONE nell'esercizio della sua attività:
→ ciò significa che il giudice può modificare o revocare un atto in contrasto con il
giudicato, ovvero determinare il contenuto del provvedimento necessario per dare
esecuzione alla decisione da attuare o, ancora sostituirsi all'amministrazione
nell'adozione dell'atto stesso.
Tuttavia, nella prassi accade che il giudice amministrativo anziché emettere egli
stesso il provvedimento, ordini alla P.A. l'ottemperanza, assegnandole un termine
per provvedere e contestualmente NOMINI UN COMMISSARIO AD ACTA, il
quale, scaduto il detto termine senza che l'amministrazione abbia provveduto, si
surroga ad essa e adotta il provvedimento.
Tale pratica è, oggi, positivizzato dall'ART.21 DEL CODICE, il quale stabilisce
che, in tutte le ipotesi in cui il giudice amministrativo deve sostituirsi
all'amministrazione, può agire direttamente ovvero nominare, come “proprio
ausiliario”, un commissario ad acta.
4. RITI SPECIALI
I “RITI SPECIALI” i sono nelle forme processuali particolari, previste
dall'ordinamento con riferimento alla peculiarità di alcune controversie.
Con l'approvazione del Codice del processo amministrativo, si è proceduto ad una
riorganizzazione dei riti speciali nonché alla eliminazione di quelli ritenuti
superflui.
Le REGOLE COMUNI per tutti i riti speciali sono riconducibili a:
1) La netta riduzione dei termini processuali rispetto a quelli ordinari;
2) la creazione di un particolare rito processuale “speciale”, finalizzato a
favorire la rapida definizione nel merito delle relative controversie.
Secondo la classificazione contenuta nel Codice, vi sono i seguenti RITI
SPECIALI:
in materia di accesso ai documenti amministrativi e di violazione degli
obblighi di trasparenza amministrativa;
1. APPELLO
ART.100 CODICE → contro le sentenze dei T.A.R è ammesso appello al
Consiglio di Stato, ferma restando la competenza del Consiglio di giustizia
amministrativa per la Regione siciliana per gli appelli proposti contro le sentenze
del T.A.R Sicilia.
Nel GIUDIZIO DI APPELLO:
non possono essere proposte nuove domande e nuove eccezioni non
rilevabili d'ufficio; non è considerata domanda nuova ed è, pertanto,
proponibile in secondo grado la richiesta di interessi ed accessori maturati
dopo la sentenza impugnata, nonché il risarcimento dei danni subiti con la
sentenza stessa.
non sono ammessi nuovi mezzi di prova né possono essere prodotti
nuovi documenti, salvo che il collegio li ritenga indispensabili per la
decisione della causa, ovvero che la parte dimostri di non aver potuto
proporli o produrli in primo grado per causa ad essa non imputabile.
2. REVOCAZIONE
ART.106 CODICE → le sentenze dei T.A.R e del Consiglio di Stato sono
IMPUTABILI PER REVOCAZIONE, nei casi e modi previsti dagli articoli 395 e
396 del Codice di procedura civile.
ART. 395 C.P.C. → IL RICORSO PER REVOCAZIONE È AMMESSO:
1. se la sentenza è l'effetto del dolo di una delle parti a danno dell'altra;
3. se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la
parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per
fatto dell'avversario;
3. OPPOSIZIONE DI TERZO
ART.108 del CODICE → detta una disciplina specifica, esperibile dinanzi al
giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e contro le sentenze del
T.A.R. o del Consiglio di Stato pronunciate fra altri soggetti, quando dalle
stesse siano pregiudicati i diritti o gli interessi legittimi di 1/3.
La norma, ricalcando l'ART. 404 del codice di procedura civile, accoglie sia
l'OPPOSIZIONE ORDINARIA che l'OPPOSIZIONE REVOCATORIA:
OPPOSIZIONE ORDINARIA (COMMA 1) → è quella proposta da 1/3 contro una
sentenza del T.A.R. o del Consiglio di Stato pronunciata tra altri soggetti,
ancorché passata in giudicato, quando pregiudica i suoi diritti o interessi legittimi;
OPPOSIZIONE REVOCATORIA (COMMA 2) → è quella esperibile dagli aventi
causa e i creditori di una delle parti, quando la sentenza sia effetto di dolo o
collusione a loro danno.
L'opposizione di terzo si propone al giudice che ha pronunciato la sentenza
impugnata. Relativamente ai RAPPORTI TRA OPPOSIZIONE DI TERZO E
APPELLO, è confermata la prevalenza dell'appello: invero, l'ART.109, CO.2,
C.P.A. stabilisce che, se è proposto appello contro la sentenza di primo grado, il
terzo deve introdurre la domanda intervenendo nel giudizio di appello.
Se l'opposizione di terzo è stata già proposta al giudice di primo grado, questo la
dichiara improcedibile e, se l'opponente non vi è ancora provveduto, fissa un
termine per l'intervento nel giudizio di appello.