Diritto Civile PDF

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Dispensa diritto civile

1. La norma giuridica
LO STATO E IL DIRITTO
Qualsiasi forma di aggregazione sociale richiede l’esistenza di norme che ne disciplinano il
funzionamento e di organi preposti a garantire l’osservanza anche coattiva di tali norme. A tal fine, ogni
associazione ha bisogno di un organizzazione che imponga ai consociati, attraverso dei comandi,
determinate condotte ed allo stesso tempo disciplini i consociati, attribuendo a ciascuno una determinata
posizione. In quella particolare associazione che è lo S ​ tato​, vi sono i seguenti elementi strutturali:
● l’organizzazione è detta ordinamento giuridico;
● i comandi che essa impone sono le norme giuridiche;
● i rapporti che essa disciplina, sono definiti rapporti giuridici;
● le posizioni di ciascun consociato sono dette situazioni giuridiche soggettive.
Lo Stato è una forma di associazione di individui che su un dato territorio, si da una serie di regole
comuni (​diritto​), per organizzare la vita della collettività stessa; il diritto costituisce quell’insieme di
regole che lo Stato impone ai consociati e di cui garantisce l’osservanza.
Il diritto si distingue tra ​oggettivo​, ovvero l’insieme delle regole che disciplinano in astratto la condotta
dei consociati e ​soggettivo​, ovvero il potere di agire che in concreto viene riconosciuto ad un soggetto
per la soddisfazione dei suoi specifici interessi. Le caratteristiche del c ​ omando giuridico​ sono:
● l’​alterità​, ovvero il diritto che regola rapporti sociali che perciò divengono rapporti giuridici;
● la ​statualità​, lo Stato crea norme giuridiche e garantisce l’osservanza dell’ordinamento giuridico;
● l’​obbligatorietà​, l’ordinamento giuridico si manifesta attraverso una serie di norme, la cui
applicazione può essere assicurata anche mediante ricorso alla forza.
Il diritto oggettivo, si distingue tra ​diritto pubblico​, che concerne l’organizzazione della collettività e
regola la formazione e l’organizzazione dello Stato e degli altri enti pubblici ed i suoi rapporti con i
cittadini e ​diritto privato​, ovvero il complesso di norme che disciplinano i rapporti giuridici tra i membri
della collettività mediante la fissazione di presupposti e di limiti agli interessi dei singoli, i quali vengono a
trovarsi in una situazione di parità, che regola i diritti delle persone.

LA NORMA GIURIDICA
E’ il comando generale ed astratto rivolto a tutti i consociati, con il quale si impone ad essi una
determinata condotta, sotto la minaccia di una determinata reazione, detta sanzione.
Le caratteristiche delle norme giuridiche sono:
● la ​generalità​, in quanto le norme sono rivolte alla comunità nella sua interezza;
● l’​astrattezza​, in quanto la norma non prevede un singolo caso, ma una situazione generale ed
astratta;
● l’​obbligatorietà​, in quanto l’osservanza della norma è garantita con la forza, con la previsione di
una sanzione per chi non la rispetta.
La ​norma è composta da due elementi: il ​precetto​, ovvero il comando contenuto nella norma e la
sanzione​, cioè la minaccia di una reazione da parte dell’ordinamento giuridico per l’ipotesi di violazione
del precetto.
Per ​fonti delle norme giuridiche si intendono quegli atti o fatti dai quali traggono origine le norme
giuridiche, che valgono a formare il diritto oggettivo. Le fonti si distinguono in ​fonti di produzione​, ​fonti
cognizione​, ​fonti atto (che trovano la loro formazione in un testo normativo) e ​fonti fatto (ad esempio
la consuetudine). L’art. 1 delle disposizioni sulla legge in generale sancisce che sono fonti del diritto le
leggi, i regolamenti, le norme corporative e gli usi.
Al vertice della gerarchia delle fonti di produzione vi è la ​Costituzione​, entrata in vigore il 1 Gennaio
1948, che è la legge fondamentale dello Stato e rappresenta il principale punto di riferimento di tutto il
sistema normativo. La Costituzione nel nostro ordinamento è la fonte principale dell’ordinamento stesso,
è ​fonte di produzione in quanto in essa sono enunciati i principi fondamentali su cui l’ordinamento
poggia e ​fonte sulla produzione in quanto disciplina il procedimento legislativo. La Costituzione
enuclea i principi fondamentali anche del diritto privato, che fissano i parametri politici, economici e
sociali cui il legislatore deve ispirarsi e che deve rispettare nella produzione legislativa. Tra essi vi sono:
la tutela dei diritti fondamentali e della personalità (art. 2 Cost.), il principio di uguaglianza, il diritto di
agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi soggettivi, il dovere per i genitori di mantenere,
istruire ed educare i figli, libertà di impresa, riconoscimento della proprietà privata.
Le ​leggi costituzionali sono poste sullo stesso piano della Costituzione, in quanto emanate dal
Parlamento mediante l’adozione di una procedura più complessa, rispetto alle leggi ordinarie.
Per ​legge si intende qualsiasi atto normativo posto in essere dagli organi competenti nei modi e nei
tempi previsti dalla Costituzione; equiparati alla legge sono il ​decreto legislativo delegato e il ​decreto
legge​, che non possono mai porsi in contrasto con la Costituzione. L’organo preposto è la Corte
Costituzionale. Sotto la legge, quali ​fonti secondarie​, vi sono i regolamenti, che sono atti formalmente
amministrativi ma sostanzialmente normativi, non possono porsi in contrasto ne con la Costituzione ne
con la legge, competente a giudicare l’eventuale contrasto è qualsiasi giudice per la disapplicazione, il
giudice amministrativo per l’annullamento. Quali ​fonti terziarie vi sono gli usi e consuetudini, che
prevedono la presenza di un ​elemento oggettivo (per cui il comportamento deve essere tenuto in
maniera costante ed uniforme nel tempo) e un ​elemento soggettivo (per cui deve sussistere la
convinzione della giuridica doverosità di quel comportamento, gli usi possono regolamentare solo
materie non disciplinate dalla legge).
L’efficacia di una norma giuridica è circoscritta sia da limiti di tempo che spaziali: entra in vigore dopo la
promulgazione da parte del Presidente della Repubblica, la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e il
decorso di un certo periodo di tempo (15 giorni dalla pubblicazione), dopo il quale la legge diventa
obbligatoria per tutti e nessuno può invocarne l’ignoranza (ad eccezione dell'ignoranza inevitabile). Il
conflitto tra più fonti, dotate della stessa forza giuridica ma adottate in tempi diversi, viene risolta
attraverso l’abrogazione della norma precedente in favore di quella successiva, che si realizza per:
dichiarazione espressa o tacita del legislatore, referendum popolare (art. 75 Cost.), dichiarazione di
illegittimità costituzionale e causa intrinseche. Vi è il principio dell’​irretroattività delle norme giuridiche​:
la legge non dispone che per l’avvenire, essa non ha effetto retroattivo.
L’​interpretazione​ della norma si realizza in due fasi:
1. quella ​letterale​, volta a valutare il significato proprio delle parole utilizzate, secondo la loro
connessione;
2. quella ​logica​, volta a stabilire il vero contenuto della norma, ovvero l’intenzione del legislatore.
Spesso il giudice si trova di fronte a casi pratici che nessuna norma prevede e disciplina; in questo caso
può sopperire alle deficienze legislative applicando la disciplina giuridica dettata per un caso simile o per
una materia analoga. L’​analogia è ammissibile quando il caso in questione non è previsto da alcuna
norma, deve esistere almeno un elemento di identità tra la fattispecie prevista dalla legge e quella non
prevista, mentre non è ammissibile rispetto alle leggi sfavorevoli al reo e rispetto alle leggi eccezionali.
L’analogia non va confusa con l’​interpretazione estensiva​, in quanto con questa si rimane sempre
nell’ambito della norma.
2. I rapporti giuridici
IL RAPPORTO GIURIDICO
E’ ​rapporto giuridico ogni relazione tra due o più soggetti regolata dal diritto. Vi è un ​soggetto attivo​,
colui al quale l’ordinamento giuridico attribuisce determinati poteri e un ​soggetto passivo​, colui su cui
grava il corrispondente obbligo o su cui incombe una soggezione. Il rapporto giuridico si ha quando un
rapporto si costituisce e il titolare acquista il diritto. Tale acquisto può essere a titolo originario, se sorge
senza essere stato trasmesso da un precedente titolare o a titolo derivativo, se viene trasmesso da un
soggetto ad un altro, si ha in questo caso il fenomeno di successione che può essere a titolo universale
o a titolo particolare. Il rapporto può subire ​modificazione​, che consiste o nella limitazione o nella
variazione di un soggetto o dell’oggetto ed ​estinzione​, che si verifica quando il diritto viene meno
definitivamente nei confronti di tutti. Particolare importanza ha il decorso di tempo che può determinare il
venire meno di un diritto o la perdita di un potere, in virtù degli istituti della prescrizione e della
decadenza​.


LE SITUAZIONI SOGGETTIVE ATTIVE
Sono ​situazioni giuridiche di vantaggio​, le più importanti sono:
● il ​diritto soggettivo​, viene definito come il potere di agire, per il soddisfacimento del proprio
interesse, protetto dall’ordinamento giuridico;
● la ​potestà​, costituiscono dei poteri attribuiti ad un soggetto per la realizzazione di interessi che
non fanno capo direttamente a lui;
● l’​aspettativa​, è la posizione in cui si trova il soggetto a favore del quale viene maturando un
diritto soggettivo;
● il ​diritto potestativo​, è il potere di modificare a proprio vantaggio, con un atto unilaterale, la
situazione giuridica di un altro soggetto, che rispetto a tale diritto è in posizione di soggezione;
● l’​interesse legittimo​, è quella situazione soggettiva che si sostanzia nella pretesa alla legittimità
dell’azione amministrativa riconosciuta a quel soggetto che, in relazione ad un dato potere della
P.A., si trova in una posizione differenziata rispetto agli altri soggetti, che trae origine da un
precedente rapporto di diritto privato o di diritto pubblico;
● gli ​status​, costituiscono un complesso di diritti che fanno capo ad un individuo in relazione alla
posizione che esso occupa in un gruppo sociale;
● gli ​interessi diffusi e collettivi​.


LE SITUAZIONI SOGGETTIVE PASSIVE
Sono ​situazioni giuridiche di svantaggio​, le più importanti sono:
● l’​obbligo giuridico​, consiste nel dovere di tenere un comportamento di contenuto specifico, che
risulti funzionalmente rivolto alla realizzazione di un interesse altrui;
● il ​dovere generico di astensione​, consiste nella situazione giuridica di chi si deve limitare a
rispettare una situazione di supremazia altrui;
● l’​onere​, consiste nel sacrificio di un interesse proprio, imposto ad un soggetto come condizione
per ottenere o conservare un vantaggio giuridico;
● la ​soggezione​, consiste nella sottoposizione di un soggetto alle conseguenze dell’esercizio
dell’altrui diritto potestativo senza potere in alcun modo reagire.

CLASSIFICAZIONE DEI DIRITTI


● Diritti assoluti​: sono quelli che garantiscono al titolare un potere che questi può far valere
indistintamente verso tutti gli altri soggetti.
● Diritti relativi​: sono quelli che assicurano al titolare un potere che si può far valere solo verso
una o più persone determinate.
● Diritti patrimoniali​: che tutelano gli interessi economici dei soggetti e sono suscettibili di
valutazione in denaro.
● Diritti non patrimoniali​: che realizzano interessi di prevalente natura morale, diritti trasmissibili,
trasferibili ad altri soggetti.
● Diritti non trasmissibili​: che non possono essere trasferiti ad altri soggetti.
● Diritti reali​: costituiscono la categoria più importante dei diritti assoluti ed attribuiscono al loro
titolare una signoria piena o limitata su un bene, può essere definito come la facoltà di agire un
soggetto sopra un bene, per la soddisfazione del proprio interesse.
● Diritti di obbligazione​: sono diritti relativi caratterizzati dal fatto che alla pretesa di un soggetto
corrisponde un obbligo facente capo ad un altro soggetto.
● Diritti principali ed accessori.
3. Persona fisica e capacità giuridica
PERSONA FISICA E CAPACITA’ GIURIDICA
L’uomo è riconosciuto dall’ordinamento come soggetto del mondo giuridico, capace di essere titolare e di
esercitare diritti e doveri giuridici. La nostra Costituzione in materia di persona fisica sancisce che ogni
essere umano è considerato anche soggetto di diritto e che tutti gli uomini hanno uguale grado di
soggettività giuridica; queste affermazioni costituiscono il definitivo ripudio di discriminazioni di tipo
politico, religioso e razziale e vanno ad annullare i c.d. privilegi delle classi nobiliari, il tutto stabilito dal
principio di uguaglianza (art. 3 Cost.).


STATUS
Col termine ​status si indica la situazione della persona connessa con la sua appartenenza ad una
comunità; nell’attuale ordinamento gli status possono classificarsi:
● in ​status personae​, che costituisce il presupposto di ogni diritto soggettivo attribuito all’uomo;
● status civitatis​, delinea la speciale capacità del cittadino nei confronti dello Stato;
● status familiae​, costituisce una speciale capacità del soggetto rispetto al nucleo familiare cui fa
parte.


LA CAPACITA’ GIURIDICA
E’ l’attitudine della persona ad essere titolare di rapporti giuridici, cioè di situazioni giuridiche attive e
passive. La ​capacità giuridica si acquista in modo automatico al momento della nascita, cioè con la
separazione del feto dal corpo materno, purchè tale feto sia vivo, non è necessaria né la vitalità (vale a
dire l’idoneità fisica alla sopravvivenza), né una durata minima della vita. La capacità giuridica è
riconosciuta quindi ad ogni uomo, sono tuttavia ipotizzabili singole incapacità speciali che precludono al
soggetto la titolarità di determinati rapporti giuridici e rendono nullo il negozio costitutivo del rapporto. Tra
le cause vanno considerate:
● l’età, in relazione ad alcuni rapporti la capacità giuridica non decorre dalla nascita ma richiede
una determinata età (18 anni per il matrimonio);
● il sesso, la donna è esclusa da alcune prestazioni di lavoro ritenute particolarmente gravose e
indicate in leggi speciali (ad esempio, miniere, luoghi insalubri) in relazione alla essenziale
funzione familiare che essa è chiamata a svolgere;
● la salute, così ad esempio l’interdetto per infermità mentale non può contrarre matrimonio;
● le condanne penali, a seguito di determinate condanne penali è prevista come sanzione
accessoria la perdita o la sospensione della potestà sui figli;
● l’onore, ad esempio il fallito non può accedere ad altri uffici tutelari.
La capacità giuridica cessa solo a seguito della morte, per nessun motivo un individuo può essere
privato della capacità giuridica (art. 22 Cost.). La perdita della capacità giuridica consegue altresì alla
dichiarazione di ​morte presunta​, alla quale la legge ricollega gli stessi effetti della morte naturale. Tra i
soggetti che possono andare incontro a limitazioni della capacità giuridica rientra lo straniero, ossia colui
che ha la cittadinanza di uno Stato diverso da quello italiano, il quale è ammesso a godere dei diritti civili
attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità, ovvero negli stessi limiti che l’ordinamento dello Stato a
cui appartiene impone al cittadino italiano.


LA COMMORIENZA
Si ha ​commorienza ​quando più persone muoiono a causa dello stesso evento e non si può stabilire la
priorità della morte dell’una o dell’altra. Questa ipotesi ha rilievo per il diritto in quanto la morte
costituisce il presupposto per l’apertura della successione. Quindi ad esempio se in una sciagura aerea
periscono due coniugi senza discendenti diretti, i rispettivi eredi hanno interesse a dimostrare che il loro
parente, essendo morto dopo, ha ereditato le sostanze dell’altro. Il codice vigente, applicando la regola
sull’onere della prova, sancisce che i soggetti si presumono morti tutti nello stesso istante; è consentito
però a chi ne abbia interesse provare la sopravvivenza di un commoriente rispetto all’altro.


INCERTEZZA SULL’ESISTENZA DI UNA PERSONA
Per l’ordinamento giuridico, è rilevante sapere se una persona è ancora in vita. La legge prevede alcuni
istituti applicabili quando non sia possibile stabilire con certezza se il soggetto sia vivo o morto.
La ​scomparsa è una ​situazione di fatto che si concretizza con l’allontanamento della persona dal suo
ultimo domicilio e nella mancanza di notizie relative alla persona stessa. Lo scomparso non può ricevere
eredità né può acquistare altro diritto; il Tribunale dell’ultimo domicilio può nominare un curatore che
provveda alla conservazione del patrimonio dello scomparso. L’​assenza è una ​situazione di diritto, in
quanto al contrario della scomparsa, è dichiarata con provvedimento giudiziale. Qualora la scomparsa di
una persona si protragga per due anni dall’ultima notizia, con ricorso al Tribunale competente, si può
ottenere la dichiarazione di assenza dello scomparso, legittimati alla richiesta sono i presunti successori
legittimi dello scomparso e chiunque altro ragionevolmente creda di avere sui beni dello scomparso diritti
dipendenti dalla sua morte. Il Tribunale dichiara l’assenza con sentenza. L’assenza opera solo su diritti
patrimoniale, di conseguenza il coniuge dell’assente non può contrarre nuovo matrimonio. Alla
dichiarazione di assenza può far seguito l’apertura del testamento dell’assente, l’immissione nel
possesso temporaneo di beni che comunque non ne attribuisce la titolarità e il temporaneo esonero
dall’adempimento delle obbligazioni. L’assenza cessa con l’accertamento della morte dell’assente, con la
dichiarazione di morte presunta, col ritorno dell’assente o con la prova che egli è vivente.


DICHIARAZIONE DI MORTE PRESUNTA
Il fine di tale dichiarazione è nell’esigenza della certezza delle situazioni giuridiche. Il Tribunale dichiara
con sentenza la ​morte presunta di una persona se la sua scomparsa si è protratta per almeno dieci
anni. Il soggetto si dichiara morto nel giorno cui risale l’ultima notizia. La dichiarazione di morte presunta
prescinde da una precedente dichiarazione di assenza. La morte presunta può essere presunta entro
termini più brevi, in caso di avvenimenti come guerra o epidemie, che fanno ritenere probabile la morte,
se la scomparsa è avvenuta a seguito di infortunio e si protrae per due anni, se si è verificata a seguito
dei fatti dipendenti dalla II guerra mondiale. Gli effetti della morte presunta sono analoghi a quelli della
morte accertata e riguardano tanto il campo patrimoniale quanto quello personale, quindi: gli aventi
diritto possono disporre liberamente dei beni del defunto, coloro ai quali fu concessa la liberazione
temporanea delle obbligazioni avranno liberazione definitiva, il coniuge può risposarsi, si estinguono i
diritti personali e si apre la successione ereditaria. In caso di ritorno o della prova dell’esistenza del
presunto morto, cessano gli effetti della dichiarazione dal momento del ritorno, quindi i beni saranno
restituiti al presunto morto, nello stato in cui si trovano al momento del suo ritorno e non come li ha
lasciati, l’eventuale matrimonio contratto dal coniuge è nullo, ma sono fatti salvi i suoi effetti civili e non
ne rimangono pregiudicati i figli che rimangono legittimi.
4. Capacità di agire
LA CAPACITA’ DI AGIRE
E’ l’idoneità del soggetto ad acquistare ed esercitare da solo, con il proprio volere, situazioni giuridiche
attive e ad assumere situazioni giuridiche passive. Si acquista con il conseguimento dell’attitudine a
curare da se i propri affari e interessi; il raggiungimento di tale maturità è fissato dal nostro legislatore al
compimento del diciottesimo anno d’età, età in cui si presume che l’individuo possa consapevolmente
curare i propri interessi e sia in grado di valutare la portata degli atti da porre in essere, abbia cioè
conseguito pienamente la capacità di intendere e volere. Per riconoscere un figlio sono sufficienti 16
anni, il Tribunale può autorizzare il matrimonio a 16 anni, la capacità lavorativa si acquista al termine del
periodo di istruzione obbligatoria, per adottare un maggiorenne bisogna avere almeno 35 anni. La
capacità di agire si conserva fino alla morte; nei casi in cui l’idoneità del soggetto viene meno, anche la
capacità di agire subisce la stessa sorte che è pertanto limitata o esclusa anche dopo il compimento dei
18 anni. Con l’acquisto della ​capacità giuridica​, l’uomo diventa titolare di un’astratta qualità di
potenziale destinatario delle norme giuridiche, mentre con l’acquisto della capacità di agire, esso diventa
in concreto l’autore e l’autonomo protagonista dell’esperienza giuridica.


EMANCIPAZIONE DEL MINORE PER IL MATRIMONIO
Si parla di ​emancipazione per indicare lo status di limitata capacità di agire di cui può essere titolare il
minore prima del compimento del diciottesimo anno d’età qualora, avendo compiuto i 16 anni, sia stato
ammesso a contrarre il matrimonio. Gli effetti dell’emancipazione sono la cessazione della potestà
genitoriale e l’acquisto di una limitata capacità di agire, circoscritta dalla legge agli atti non eccedenti
l’ordinaria amministrazione.


L’INABILITAZIONE
E’ la situazione giuridica conseguente a particolari condizioni psico-fisiche del soggetto che lo pongono
in condizione di parziale incapacità (la stessa in cui versa il minore emancipato) e si ha nei casi di:
● infermità abituale ed attuale di mente non grave da cui sia affetto il maggiore di età, cioè infermità
non tale da giustificare l’interdizione;
● prodigalità, ovvero l’abitudine di spendere in modo disordinato e smisurato in relazione alle
condizioni economiche del soggetto o abuso di bevande alcoliche o sostanze stupefacenti;
● nei casi di alcune imperfezioni o menomazioni fisiche, come la cecità o la sordità dalla nascita.
Dal provvedimento di inabilitazione che può essere richiesto anche dall’inabilitato deriva una ​incapacità
parziale di agire​. L’inabilitato conserva un margine di capacità di agire, lo stesso può compiere da solo
gli atti di ordinaria amministrazione, può compiere atti personali come il matrimonio, mentre per gli atti
eccedenti l’ordinaria amministrazione è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare e il consenso del
curatore​, può inoltre essere autorizzato all’esercizio di un’impresa commerciale a condizione che si tratti
di continuazione di un’attività già intrapresa.


INCAPACITA’ TOTALE DI AGIRE: LA MINORE ETA’
La ​minore età da luogo ad una figura di ​incapacità legale assoluta​, nel senso che esclude ogni
attitudine del soggetto al compimento di quegli atti per i quali la legge richiede la capacità di agire. Il
minore è invece abilitato al compimento di quegli atti per i quali la legge ritiene sufficiente il
conseguimento di una seppur minima capacità di intendere e volere, quindi non può compiere gli atti di
natura negoziale, ne può stare in giudizio, può però compiere gli atti giuridici in senso stretto, risponde
delle conseguenze dell’atto illecito purchè quando commesso era nella condizione di intendere e volere.
La dottrina ha elaborato il concetto di ​atti minuti di vita quotidiana​, con riferimento a quegli atti che pur
essendo considerati negozi giuridici non richiedono la generale capacità di agire, ma in considerazione
della loro quotidianità presuppongono in chi li compie la capacità di comprendere e valutarne il
significato.


L’INTERDIZIONE GIUDIZIALE
Si ha quando colui che si trova affetto da abituale infermità di mente, è dichiarato con sentenza incapace
di provvedere ai propri interessi, ed è necessaria una vera e propria alterazione delle facoltà mentali.
Con la L. n.6/2004 non è più obbligatoria ma disposta solo qualora ciò si riveli necessario ai fini
dell’adeguata protezione dell’incapace. Il giudice competente è il Tribunale, l’iniziativa del procedimento
spetta all’interessato medesimo, alle persone che sono in rapporto di coniugio, di stabile convivenza e
parentela fino al quarto grado e affinità fino al secondo grado. Dalla sentenza di ​interdizione deriva
l’incapacità totale di porre in essere, da parte dell’interdetto, negozi patrimoniali e familiari; comunque
tale principio non è inderogabile in quanto il giudice nella sentenza può dispensare l’incapace
dall’intervento o dall’assistenza del ​tutore per il compimento di taluni atti di ordinaria amministrazione.
Sulla base della sentenza di interdizione, il giudice nomina con decreto il tutore definitivo e tutti gli atti
giuridici compiuti dall’interdetto dopo il provvedimento sono annullabili su istanza del curatore o degli
eredi. L’interdizione può essere revocata quando viene a mancare totalmente l’incapacità e può
tramutarsi in inabilità.


L’INTERDIZIONE LEGALE
E’ quella prevista dalla legge come pena accessoria per effetto della condanna all’ergastolo o alla
reclusione non inferiore a 5 anni per reato doloso. La differenza tra le interdizioni sta nel fatto che quella
legale non rappresenta una forma di protezione ma è una pena: l’annullabilità degli atti compiuti
dall’interdetto legale è assoluta, mentre quella degli atti compiuti dall’interdetto giudiziale è relativa,
l’interdetto legale può fare testamento ed è limitata agli atti di natura patrimoniale. Accanto
all’interdizione legale, la legge ha previsto altre figure di pene accessorie, l’interdizione temporanea dagli
uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese e l’incapacità di contrattare con la P.A.

INCAPACITA’ NATURALE O DI FATTO


L’​incapacità naturale è l’incapacità di intendere e di volere dovuta a qualsiasi causa anche transitoria e
consiste nell’effettiva reale inettitudine psichica in cui viene a trovarsi un soggetto, normalmente capace
nel momento in cui compie un determinato atto (ad esempio, infermità di mente, sonnambulismo,
suggestione ipnotica, delirio febbrile). Secondo la giurisprudenza è necessario che le facoltà intellettive e
volitive del soggetto siano, a causa della malattia, perturbate al punto di impedirgli una seria valutazione
del contenuto e degli effetti del negozio. L'atto posto in essere dall’incapace è sempre annullabile ma
essendo l’incapacità naturale uno stato dell’individuo non preventivamente accertato mediante sentenza,
si pone il problema di tutelare la persona che in buona fede ha contrattato con l’incapace naturale. Per
gli atti unilaterali, l’annullabilità è ammessa in tutti i casi in cui dall’atto possa derivare un grave
pregiudizio per colui che ha contrattato in stato di incapacità naturale, per i contratti l’annullabilità è
ammessa solo quando sussiste la malafede dell’altro contraente.


LA POTESTA’ DEI GENITORI
Consiste nel potere-dovere, spettante ai genitori, di proteggere, educare, istruire i figli minorenni non
emancipati e di curarne gli interessi patrimoniali. E’ esercitata dai genitori di comune accordo e in caso di
contrasto su questioni di particolare importanza, ciascuno dei genitori può ricorrere al giudice, presso il
Tribunale dei minorenni. Il contenuto della potestà genitoriale è di ​natura personale e comprende il
dovere dei genitori di proteggere la sicurezza, la salute e la moralità del minore, di ​natura patrimoniale
e comprende la rappresentanza legale del minore, l’amministrazione dei suoi beni, l’usufrutto legale dei
suoi beni. La ​potestà comune dei genitori non cessa quando a seguito di separazione, di scioglimento,
di annullamento del matrimonio, il minore venga affidato ad uno dei genitori. L'art. 323 c.c. elenca una
serie di atti assolutamente vietati ai genitori che non possono rendersi acquirenti di beni e diritti del
minore e non possono diventare cessionari di alcuna ragione o credito verso il minore stesso.


LA TUTELA
Ai minori, cui i genitori siano morti o per altre cause non siano in grado di esercitare la potestà sui loro
figli, nonché agli interdetti giudiziali o legali, deve essere immediatamente nominato un ​tutore​. La tutela
può essere:
● volontaria​, quando la destinazione della tutela è compiuta dallo stesso genitore;
● legittima​, quando mancando la designazione la tutela è affidata ai parenti prossimi o affini del
minore;
● dativa​, quando mancando la designazione la tutela è affidata ad altre persone, non parenti,
scelte dal giudice tutelare;
● assistenziale​, quando è affidata ad un ente di assistenza.
Il giudice tutelare dispone anche la figura del ​protutore che rappresenta il minore quando l’interesse di
costui sia in contrasto con l’interesse del tutore e compie, quando viene a mancare il tutore, gli atti
conservativi e urgenti di amministrazione e promuove la nomina di un nuovo tutore. Il tutore compie da
solo gli atti di ordinaria amministrazione del patrimonio e necessari per il mantenimento del pupillo, gli
atti eccedenti l’ordinaria amministrazione li compie solo con autorizzazione del giudice tutelare.


LA CURATELA
La volontà dell’inabilitato e del minore emancipato viene integrata dall’intervento di un ​curatore. La
curatela si distingue dalla tutela perché il curatore non ha funzioni di rappresentanza ma di assistenza,
non sostituisce ma integra la volontà dell’emancipato e dell’inabilitato, inoltre il curatore cura solo
interessi di natura patrimoniale e la sua attività viene in rilievo solo per alcuni atti.

L’AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO
Colui il quale sia incapace di provvedere ai propri interessi a causa di infermità anche parziale o
temporanea, ovvero di menomazione fisica o psichica, può ricorrere al giudice tutelare affinchè nomini
con decreto un'​amministrazione di sostegno​, che ha la finalità di offrire, a chi si trovi nell’impossibilità
di provvedere ai propri interessi, uno strumento che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità
di agire. A differenza dell’interdetto, il beneficiario dell’amministrazione di sostegno conserva la capacità
di agire per tutti gli atti che non richiedono la necessaria rappresentanza o l’assistenza
dell’amministrazione di sostegno.
5. I diritti della personalità
I DIRITTI DELLA PERSONALITA’
La Costituzione italiana riconosce e garantisce i diritti dell’uomo e ne sancisce l’inviolabilità. I ​diritti della
personalità ​sono:
● essenziali​, in quanto mirano a garantire le ragioni fondamentali della vita e dello sviluppo fisico e
morale della persona;
● personalissimi​, in quanto hanno ad oggetto un modo di essere di una persona;
● originari​, se sorgono con la nascita;
● derivati​, se si acquistano durante la vita (status di coniuge);
● non patrimoniali​, in quanto non possono assumere un valore di scambio;
● assoluti​, perché possono essere fatti valere nei confronti di tutti;
● indisponibili​, in quanto al soggetto non è consentito alcun potere dispositivo su di essi;
● intrasmissibili​, in quanto si estinguono con la morte;
● imprescrittibili​, in quanto non si estinguono per non uso;
● irrinunziabili​.
Sono tutelati sia in sede penale che civile ove vengono in rilievo l’azione inibitoria con la quale si chiede
al giudice la cessazione del fatto lesivo e l’azione di risarcimento.


DIRITTO ALLA VITA E ALL’INTEGRITA’ FISICA
Tale diritto è protetto sia dal diritto penale che civile; l’art. 2043 c.c. prevede infatti l’obbligo di
risarcimento dal danno a carico di colui che compiendo un fatto con dolo o colpa, abbia cagionato ad altri
un danno ingiusto. E’ un diritto irrinunziabile e indisponibile, l’art. 5 c.c. prevede infatti che gli atti di
disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionano una diminuzione permanente dell’integrità
fisica, è quindi consentita la donazione del sangue ma non il trapianto di cornea da persona vivente. La
Costituzione prevede il ​diritto all’integrità fisica come fondamentale diritto dell’individuo da intendere
come diritto al rispetto dell’integrità fisica, diritto all’assistenza sanitaria e come protezione del
consumatore contro i prodotti nocivi.


DIRITTO ALL’ONORE E ALL’INTEGRITA’ MORALE
Tutela sia il sentimento della propria dignità personale sia la considerazione di cui una persona gode. Si
riconosce un autonomo ​diritto alla riservatezza​, che assicura una zona al riparo dalle indiscrezioni
altrui, una sfera di intimità sottratta alla curiosità degli estranei. Attuale è la problematica inerente la
riservatezza con riferimento alla gestione di informazioni mediante computer, per il quale il legislatore ha
stabilito una normativa il cui principio fondamentale è il ​diritto alla protezione dei dati personali che lo
riguardano (art. 1 ​D.Lgs. n.196/1993​). Essa garantisce che il trattamento dei dati personali si svolga nel
rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato. Godono di una tutela
rafforzata i c.d. ​dati sensibili (consenso scritto dell’interessato e previa autorizzazione del garante)
ovvero quelli idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro
genere, le opinioni pubbliche, l’adesione a partiti, sindacati associazioni od organizzazioni a carattere
religioso politico o filosofico, nonché i dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale. E’
riconosciuto inoltre il ​diritto all’immagine che tutela l’interesse di ciascun individuo a che il proprio
ritratto non sia esposto pubblicamente senza il suo consenso quando la riproduzione non sia giustificata
o rechi pregiudizio alla persona ritratta.

DIRITTO ALLA LIBERTA’


La Costituzione protegge la libera esplicazione dell’attività e personalità dell’individuo, riconoscendo la
libertà di locomozione, la libertà di residenza, di comunicare e corrispondere, di riunione, di
associazione, di professare la propria religione, la libertà di pensiero e di parola, libertà matrimoniale,
contrattuale e commerciale, testamentaria e di scelta del proprio lavoro.


DIRITTO AL NOME
E’ riconosciuto in quanto il nome rappresenta il segno legale distintivo della persona e si compone di
prenome o nome e cognome che designa l’appartenenza alla famiglia. Anche lo pseudonimo gode di
tutela, occorre comunque che il soggetto sia noto soprattutto con questo.


DIRITTO AL NOME COMMERCIALE
E’ riconosciuto al fine di differenziare l’attività commerciale di un imprenditore da quella di altri,
distinguiamo:
● ditta​, è il nome che l’imprenditore spende nel commercio;
● ragione sociale​, è il nome delle società commerciali personali e deve contenere l’indicazione di
almeno uno dei soci;
● denominazione​, è il nome delle società di capitali e può essere anche di fantasia.


DIRITTO ALL’IDENTITA’ SESSUALE
E’ tutelato l’interesse del soggetto al godimento della propria identità sessuale e cioè al riconoscimento
del proprio sesso. La possibilità di modificare il proprio sesso è stata riconosciuta dalla L. n.164/1982 e
accertata dal Tribunale con sentenza, che comunque deve autorizzare la relativa rettificazione degli atti
dello stato civile una volta accertata la mutazione del sesso.


DIRITTO ALLA BIGENITORIALITA’
Anche in caso di separazione dei genitori, il figlio minore ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e
continuativo con entrambi i genitori, ha diritto di ricevere cura ed educazione da entrambi e di conservare
rapporti significativi con gli ascendenti e parenti di ciascun ramo genitoriale.
6. Le persone giuridiche
LA SEDE GIURIDICA DELLA PERSONA
La sede in cui le persone vivono e svolgono la loro attività è rilevante giuridicamente perché è
necessario conoscere il luogo in cui una persona opera e può essere reperito. Le relazioni territoriali
della persona sono la ​dimora​, ovvero il luogo nel quale il soggetto si trova occasionalmente ed ha
scarso rilievo giuridico e viene presa in considerazione solo quando non si conosca la ​residenza​, che
come la dimora è una situazione di fatto, ma richiede l’effettiva e abituale presenza del soggetto. La
residenza può essere scelta liberamente ma deve essere denunciata nei modi prescritti dalla legge ed
ha autonomo rilievo giuridico in materia di pubblicazioni, celebrazione del matrimonio e adozioni. Il
domicilio è il luogo ove il soggetto stabilisce la sede principale dei propri affari ed interessi; in dottrina si
distinguono ​domicilio volontario, necessario, generale o eletto​.


LE PERSONE GIURIDICHE
Si intende quel complesso organizzato di persone e di beni, rivolto ad uno scopo, al quale la legge
riconosce espressamente la qualifica di soggetto di diritto. Le persone giuridiche si dividono in:
● corporazioni ed istituzioni: ​la ​corporazione è il complesso organizzato di persone fisiche; gli
elementi costitutivi sono una pluralità di persone, uno scopo comune e un patrimonio sufficiente e
si dividono in ​associazioni (se lo scopo sociale non è di natura economica) e ​società (se invece
perseguono uno scopo lucrativo). L​’istituzione invece è il complesso organizzato di beni e gli
elementi costitutivi sono la persona fondatrice e le persone che ricoprono gli organi direttivi, uno
scopo, il patrimonio e si distingue in ​fondazioni (caratterizzate dalla destinazione di un
patrimonio privato ad un determinato scopo di pubblica utilità) e ​comitati (generalmente costituiti
per la raccolta di fondi vincolati ad una determinata finalità). Le differenza principali tra istituzioni
e fondazioni riguardano il patrimonio: per le fondazioni è l’elemento costitutivo essenziale, mentre
per le associazioni costituisce un elemento di minore importanza rispetto a quello delle persone,
anche se è uno strumento atto ad arrivare ad un determinato scopo che per le fondazioni è
esterno in quanto consiste nella realizzazione di un vantaggio per altri, mentre nelle associazioni
è interno in quanto il vantaggio è per i soci.
● pubbliche e private: ​la persone giuridiche pubbliche perseguono interessi generali propri dello
Stato mentre le persone giuridiche private perseguono fini che pur se comuni a molti soggetti non
sono propri dello Stato.
● civili ed ecclesiastiche: ​quelle civili sono tutte le persone giuridiche private, quelle
ecclesiastiche sono quelle che perseguono fini di culto e come tali sono disciplinate dal diritto
canonico.
● nazionali e straniere: ​sono nazionali quelle riconosciute dallo Stato Italiano, sono straniere
quello non riconosciute dalla Stato Italiano.
Per l’acquisizione della personalità giuridica è necessario il ​riconoscimento che viene attribuito dalla
Regione per le persone che operano nell’ambito di una Regione, mentre viene attribuito dal Prefetto per i
restanti casi. Le società commerciali invece acquistano la personalità giuridica con l’iscrizione nel
registro delle imprese. La caratteristica principale delle persone giuridiche è l’autonomia patrimoniale
perfetta che indica insensibilità del patrimonio dell’ente ai debiti personali dei partecipanti, si intende
quindi il fatto che il patrimonio della persona giuridica rimane nettamente distinto dal patrimonio dei suoi
componenti e di conseguenza i beni della persona giuridica appartengono ad essa e non ai singoli soci,
mentre il creditore del singolo socio non è creditore verso la persona giuridica e in caso di inadempienza
non può rivalersi sul patrimonio della persona giuridica.


CAPACITA’ GIURIDICA E CAPACITA’ DI AGIRE
Le persone giuridiche godono di una capacità illimitata e generale. In relazione alla loro particolare
natura l’ordinamento non riconosce quei diritti strettamente attribuibili alle sole entità fisiche (quindi nel
campo dei diritti personali) essendo priva di un organismo fisico non può far valere i diritti e le situazioni
collegati ad esso (ad esempio, diritti alimentari, matrimonio, ecc.). Nel campo dei diritti patrimoniali, nei
quali il limite principale era la necessità di un’autorizzazione governativa per l’acquisto di immobili a titolo
oneroso o l’accettazione di eredità o donazioni, tale limite è stato rimosso con l’art. 13 L. n.127/1997
(c.d. ​semplificazione amministrativa​), con la quale è stata scelta la liberalizzazione abrogando l’art. 17
c.c. (c.d. "manomorta", ovvero accumulo presso persona giuridica di beni conseguenzialmente sottratti al
mercato per motivi politici o di ordine pubblico).
Le persone giuridiche hanno piena capacità di agire, tuttavia esse non sono idonee a formare ed
esprimere una volontà se non attraverso persone fisiche e gli ​amministratori che costituiscono gli
organi fisici della persona giuridica. Si parla di ​rappresentanza organica per indicare il rapporto tra
persona giuridica ed il soggetto che agisce, con il quale si instaura un rapporto di compenetrazione. Gli
organi delle persone giuridiche sono quindi gli amministratori, che sono organi esecutivi comuni ad ogni
persona giuridica mediante i quali la persona giuridica manifesta la propria volontà ed entra in relazioni
giuridiche con altri soggetti.
In tema di responsabilità delle persone giuridiche, il D.Lgs. n.231/2001 ha stabilito che gli enti devono
considerarsi responsabili per i reati commessi nel loro interesse o vantaggio da parte di coloro che
rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione, direzione e controllo, nonché da parte di persone
sottoposte alla direzione o vigilanza dei predetti soggetti. La responsabilità cui va incontro l’ente è di
carattere amministrativo e le sanzioni sono di natura pecuniaria e interdittiva.


VICENDE DELLE PERSONE GIURIDICHE
Affinchè la ​persona giuridica possa entrare a far parte del mondo di diritto, il riconoscimento deve
essere preceduto dalla costituzione o formazione dell’ente. La ​costituzione delle associazioni si ha
attraverso:
● l’​atto costitutivo​, che è il negozio in forza del quale si costituisce l’associazione;
● lo ​statuto​, che è invece il documento redatto nella forma dell’atto pubblico, che contiene le
norme che regoleranno la vita dell’ente.
La costituzione delle fondazioni invece si ha attraverso:
● il ​negozio di fondazione​, che ha come contenuto la volontà del fondatore a che sorga la
fondazione e può essere racchiuso sia in un atto pubblico tra vivi che in un testamento;
● l’​atto di donazione​, che opera invece l’attribuzione di beni a titolo gratuito al futuro ente da
costruire e lo statuto.


ESTINZIONE DELLE PERSONE GIURIDICHE
Vi sono ​cause di estinzione​ comuni ad ogni persone giuridica e sono:
● quelle previste dalla volontà degli associati o del fondatore;
● venire meno allo scopo;
● lo scioglimento disposto dall’autorità governativa.
Poi vi sono cause di estinzione proprie delle sole associazioni che sono il venir meno di tutti gli associati
e lo scioglimento disposto dall’assemblea.
La ​devoluzione dei beni della persona giuridica è il trasferimento ad un nuovo soggetto dell’eventuale
residuo netto del patrimonio dopo la liquidazione della persona giuridica. I beni residuali sono devoluti
secondo le disposizioni dell’atto costitutivo o dello statuto, in mancanza di tali disposizioni provvede
l’autorità competente, che assegna i beni ad altro ente con uguale scopo.
L’AMMISSIONE, IL RECESSO E L’ESCLUSIONE DEGLI ASSOCIATI
La qualità di associato può essere acquisita simultaneamente alla costituzione dell’associazione o
successivamente ad essa. Lo statuto o l’atto costitutivo deve infatti indicare le condizioni per
l’ammissione degli associati, manca però un diritto all’ammissione per i terzi che ne abbiano i requisiti.
L’associato può recedere dall’associazione ma in tal caso non ha alcun diritto sul patrimonio di essa.
L’esclusione può essere decretata solo per gravi motivi dall’assemblea.


LE ASSOCIAZIONI NON RICONOSCIUTE
Costituiscono un fenomeno molto diffuso nella vita moderna (ad esempio, partiti politici, sindacati, circoli
sportivi). Si tratta di complessi di soggetti i quali, pur essendo dotati dello stesso substrato delle persone
giuridiche, non hanno chiesto un formale riconoscimento, ma la cui realtà non può essere disconosciuta
dall’ordinamento. Sono regolate dagli accordi degli associati e il mancato riconoscimento comporta
conseguenze di ordine patrimoniale rispetto a quei componenti dell’associazione che agiscono per conto
dell’ente, i quali sono sempre personalmente responsabili (insieme all’ente) delle obbligazioni assunte. I
contributi degli associati e i beni acquistati dall’ente costituiscono il c.d. ​fondo comune e su di esso si
possono eventualmente soddisfare i terzi creditori dell’associazione. Anche in tali tipi di associazioni
esiste un’autonomia patrimoniale, definita imperfetta perché pur esistendo un fondo comune, sono
responsabili solidamente e personalmente coloro che hanno agito in nome e per conto dell’associazione
medesima. La capacità processuale delle associazioni non riconosciute è riconosciuta espressamente
dal codice (art. 36 c.c.) e la legittimazione attiva o passiva al giudizio spetta a coloro che rivestono la
carica di presidente o direttore dell’associazione.


I COMITATI
E’ un ente di fatto composto da un gruppo di persone che attraverso un’aggregazione di mezzi materiali
si propone il raggiungimento di uno scopo altruistico, generalmente di interesse pubblico ed a tal fine
cerca contributi per mezzo di pubbliche sottoscrizioni o inviti ad offrire. Il ​fondo del comitato si
costituisce con le offerte dei singoli sottoscrittori. Anche il comitato ha autonomia patrimoniale imperfetta
in quanto i fondi raccolti non appartengono ne agli oblatori ne agli appartenenti al comitato, ma sono
irrevocabilmente destinati allo scopo per cui sono stati raccolti. Per quanto riguarda la responsabilità, i
componenti del comitato sono responsabili personalmente e solidamente verso gli oblatori della
conservazione del patrimonio e della sua destinazione allo scopo stabilito, inoltre tutti i componenti del
comitato sono responsabili solidamente e personalmente delle obbligazioni assunte dal comitato.


L’IMPRESA SOCIALE
Il D.Lgs. n.255/2006 ha introdotto la figura dell’​impresa senza scopo di lucro​. In sostanza si ammette
la possibilità di prevedere strutture imprenditoriali che perseguono finalità diverse da quelle del profitto.
Possono acquisire la qualifica di impresa sociale le ​organizzazioni private​, comprese le società e gli
enti che esercitano in via stabile un’attività economica organizzata per la produzione e lo scambio di beni
e servizi di utilità sociale con finalità di interesse generale e che sono in possesso dei requisiti richiesti;
inoltre possono acquisire questa qualifica le imprese che esercitano attività al fine dell’inserimento
lavorativo di soggetti che siano lavoratori svantaggiati o lavoratori disabili. L’impresa sociale si
costituisce con atto pubblico che deve espressamente indicare il carattere sociale dell’impresa ed in
particolare l’oggetto sociale e l’assenza di scopo di lucro.
7. Il diritto di famiglia
IL DIRITTO DI FAMIGLIA
Comprende l’insieme delle norme che hanno per oggetto gli status familiari (coniuge, padre, figlio, ecc.)
e i rapporti giuridici che si riferiscono alle persone che costituiscono la ​famiglia​. Le relazioni che sorgono
in tale ambito presentano caratteri del tutto particolari in quanto il diritto di famiglia, più che tutelare
l’interesse individuale dei singoli componenti, prende in considerazione l’interesse superiore dell’intero
gruppo familiare. Il ​diritto di famiglia si distacca dalle rimanenti branche del diritto privato in quanto
tutela un interesse collettivo e non un interesse del singolo ed è regolato da numerose norme di ordine
pubblico (dopo matrimonio si debbono accettare in toto le norme che lo caratterizzano); le norme che
fanno capo a tale diritto sono spesso prive di sanzione, si parla nel diritto di famiglia di rapporti costituiti
da diritti-doveri reciproci e di uguale contenuto (ad esempio, educazione dei figli).
Dai rapporti familiari derivano, in capo ai componenti della famiglia, dei diritti soggettivi che presentano
caratteristiche del tutto particolari, tali diritti sono assoluti, indisponibili, imprescrittibili, personalissimi,
oggetto di una particolare tutela penale e di ordine pubblico.
Con la L.n.151/1975, il legislatore, rifacendosi al principio di uguaglianza tra coniugi, ha modificato la
disciplina relativa ai rapporti familiari, abrogando numerose disposizioni del codice civile in aperto
contrasto con la costituzione. Punti fondamentali della riforma sono:
● la completa parità giuridica tra coniugi;
● il riconoscimento ai figli naturali riconosciuti di identici diritti successori rispetto ai figli legittimi;
● un più incisivo intervento del giudice nella vita della famiglia;
● la scomparsa dell’istituto della dote e del patrimonio familiare;
● l’istituzione della comunione legale dei beni tra coniugi;
● l’introduzione della potestà genitoriale ad entrambi i genitori in luogo della patria potestà attribuita
esclusivamente al padre;
● la qualifica di erede anziché usufruttuario ​ex lege conferita al coniuge superstite.

IL CONCETTO DI FAMIGLIA
Il codice civile non da una definizione di famiglia. La Costituzione (art. 29 Cost.) si limita ad affermare
che la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, quindi la
famiglia è una formazione sociale fondata sul matrimonio, con i caratteri della esclusività, della stabilità e
della responsabilità. I rapporti che legano tra loro i componenti sono il ​rapporto di coniugio​, che lega
marito e moglie, il ​rapporto di parentela​, costituisce un legame di sangue tra persone che discendono
da comune capostipite, riconosciuto fino al sesto grado. Il grado di parentela si calcola contando le
persone fino allo stipite comune senza calcolare il capostipite, quindi:
● i fratelli sono parenti di secondo grado: fratello, padre (non si conta), fratello;
● i cugini sono parenti di quarto grado: cugino, zio, nonno (non si conta), zio cugino.
Si distingue inoltre tra:
● parentela in linea retta​ (padre e figlio);
● parentela in linea collaterale (pur avendo uno stipite in comune, non discendono le une dalle
altre come i fratelli);
● rapporto di affinità (che lega tra loro il coniuge ed i parenti dell’altro coniuge; nessun rapporto
lega invece gli affini di un coniuge con quelli dell’altro coniuge).

LA FAMIGLIA DI FATTO
Dalla famiglia fondata sul matrimonio, o famiglia legittima, si distingue la c.d. ​famiglia naturale o di
fatto​, costituita da persone di sesso diverso che convivono ​more uxorio. Per la famiglia di fatto non
esiste un’espressa regolamentazione, esistono solo una serie di norme di recente emanazione,
sporadiche e prive di coordinamento, che attribuiscono isolati effetti giuridici. La Corte Costituzionale pur
affermando costantemente che l’unione libera, per quanto diffusa, non è un fenomeno che può rientrare
nella previsione di cui all’art. 29 Cost., ha comunque sostenuto che l’art. 2 Cost., che si riferisce alla
tutela dei diritti delle persone anche nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità, comprende
anche le convivenze di fatto, purchè caratterizzate da un certo grado di stabilità. In ordine alla rilevanza
giuridica della famiglia di fatto vanno considerati tre aspetti:
● i ​rapporti tra i conviventi di fatto​, che non hanno diritti e doveri reciproci alla coabitazione,
all’assistenza morale e materiale, alla fedeltà così come tra i coniugi (la reciproca assistenza
materiale è considerata adempimento di un’obbligazione naturale);
● i ​rapporti tra genitori e figli​, sono equiparati a quelli intercorrenti nella famiglia legittima, in
particolare i genitori hanno il diritto e l’obbligo di mantenere, istruire ed educare i figli nati fuori dal
matrimonio (art. 30 Cost.);
● i ​rapporti con i terzi​, il familiare di fatto ha diritto al risarcimento dei danni non solo morali, ma
anche patrimoniale nei confronti del terzo che abbia illecitamente causato la morte del
convivente.
A seguito della ​L. n.76/2016​, nell'ordinamento italiano è stata introdotta la normativa sulla c.d. ​unioni
civili.​ La legge disciplina le unioni civili e le convivenze di fatto, dove:
● per ​unioni civili si intendono specifiche formazioni sociali costituite da persone maggiorenni
dello stesso sesso;
● con il termine ​convivenze di fatto​, invece, si fa riferimento a tutte le coppie formate da due
persone maggiorenni (sia etero che omosessuali) non legate da vincoli giuridici ma da un legame
affettivo e che possono regolare i propri rapporti patrimoniali attraverso un "​contratto di
convivenza​".
Le maggiori novità riguardano soprattutto le unioni civili tra persone dello stesso sesso, nel dettaglio:
● si costituisce tra persone dello stesso sesso con una dichiarazione di fronte all'ufficiale di stato
civile, alla presenza di due testimoni, e va registrata nell'archivio dello stato civile;
● i partner acquistano gli stessi diritti e assumono gli stessi doveri: hanno l'obbligo reciproco
all'assistenza morale e materiale, alla coabitazione ed entrambi sono tenuti a contribuire ai
bisogni comuni, in base alle proprie possibilità;
● entrambi concordano l'indirizzo della vita familiare e la residenza comune, esattamente come
avviene per le coppie sposate;
● in assenza di indicazioni diverse, si applica la comunione dei beni;
● se l'unione dovesse cessare, le parti hanno diritto all'eredità, alla pensione di reversibilità e al
mantenimento;
● la separazione avviene davanti all'ufficiale di stato civile, quando le parti ne manifestano la
volontà (anche disgiunta).
Invece, le principali novità per i conviventi di fatto (sia etero che omosessuali) sono:
● i conviventi assumono solo alcuni dei diritti e dei doveri riconosciuti alle coppie sposate:
l'assistenza ospedaliera, penitenziaria e gli alimenti a fine convivenza (nel caso in cui uno dei due
non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento);
● se il proprietario della casa di comune residenza dovesse morire, il convivente avrebbe diritto a
continuare ad abitare nella stessa casa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se
superiore ai due anni e comunque non oltre i cinque anni;
● se l'intestatario del contratto di affitto della casa di comune residenza dovesse morire o dovesse
recedere, il convivente di fatto può subentrare nel contratto;
● i conviventi possono scegliere di gestire i propri rapporti patrimoniali con un "contratto di
convivenza" e quindi indicare la residenza, le modalità di contribuzione alla vita comune, la
comunione dei beni (voce che può comunque essere modificata in qualunque momento);
● oltre che in caso di morte o di matrimonio, la convivenza si risolve per accordo delle parti o per
volontà unilaterale.


IL REGIME PATRIMONIALE DI FAMIGLIA
E’ costituito dalla ​comunione dei beni​, anche se la legge ammette che mediante un’apposita
convenzione i coniugi possano accordarsi per la ​separazione dei beni​, di comunione convenzionale
ovvero per la costituzione di un fondo patrimoniale. L’autonomia dei coniugi incontra i seguenti limiti: il
divieto di derogare ai diritti e ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio e il divieto di
costituzione della dote


LE CONVENZIONI MATRIMONIALI
Le parti posso derogare al regime legale di comunione mediante la stipula della ​convenzione
matrimoniale​, mediante atto pubblico a pena nullità che può essere stipulata in ogni tempo ed è in
qualsiasi momento modificabile.


LA COMUNIONE LEGALE
Costituiscono oggetto della comunione:
● gli acquisti compiuti insieme o separatamente durante il matrimonio;
● i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi percepiti e non consumati allo scioglimento della
comunione;
● i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi se allo scioglimento della comunione non
sono stati consumati;
● le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio;
● i beni destinati e gli incrementi derivanti dall’esercizio dell’impresa di uno dei coniugi.
Non cadono in comunione e sono beni personali di ciascun coniuge:
● i beni acquistati dal coniuge prima del matrimonio;
● i beni acquistati dopo per effetto di donazione o successione;
● i beni di uso strettamente personale;
● i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge;
● i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno.
L’amministrazione del patrimonio in comunione spetta ad entrambi i coniugi in applicazione del principio
di uguaglianza. La comunione si scioglie in presenza delle seguenti cause: morte di uno dei coniugi,
sentenza di divorzio, dichiarazione di assenza o morte presunta di uno dei coniugi, annullamento del
matrimonio. La ​separazione giudiziale dei beni può essere ottenuta in caso di interdizione di uno dei
coniugi, in caso di cattiva amministrazione, quando uno dei coniugi non contribuisce ai bisogni della
famiglia. La divisione dei beni si effettua ripartendo in parti uguali l’attivo e il passivo.


I REGIMI PATRIMONIALI
La ​comunione convenzionale può escludere alcuni beni dalla comunione e includere dei beni che non
sarebbero compresi nella comunione legale: i coniugi con espressa convenzione, possono pattuire che
ciascuno conservi la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio e in caso di separazione,
se la titolarità non è provata, i beni si considerano di proprietà indivisa per pari quota per entrambi i
coniugi.


L’IMPRESA FAMILIARE
La riforma del diritto di famiglia ha introdotto l’istituto dell’​impresa familiare​, che è quella in cui prestano
attività di lavoro continuativa il coniuge dell’imprenditore, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il
secondo, questi acquisiscono il diritto al mantenimento e il diritto di partecipazione agli utili dell’impresa
familiare.
IL MATRIMONIO
L’art. 29 Cost. riconosce il matrimonio come fondamento della famiglia. Il matrimonio è l’atto che ha per
effetto la costituzione dello stato coniugale e per causa la comunione di vita materiale e spirituale tra i
coniugi. La parola ​matrimonio può essere intesa in due sensi, come ​atto giuridico (atto costitutivo della
famiglia) e come ​rapporto giuridico​.
Il matrimonio come atto giuridico può essere regolato dal ​diritto civile ovvero dal ​diritto canonico;
l’accordo tra Stato e Chiesa (nuovo Concordato del 1984) consente ai cittadini la libera scelta tra
matrimonio civile​, celebrato davanti all’Ufficiale di Stato civile e ​matrimonio concordatario​, celebrato
davanti al Ministro di culto cattolico, secondo la disciplina del diritto canonico. Il matrimonio celebrato dal
Ministro di culto acattolico è considerato matrimonio civile.
Il matrimonio come rapporto giuridico è regolato unicamente dal diritto civile e una volta scelta
liberamente la forma di celebrazione, la società coniugale rimane disciplinata dalle leggi civili.
Vi sono diverse teorie per la natura giuridica del matrimonio:
● una teoria pubblicistica, per la quale il matrimonio è un atto amministrativo emanato dall’ufficiale
di stato civile;
● una teoria contrattuale, sostenuta dai canonisti, per i quali il matrimonio è contemporaneamente
un sacramento ed un contratto tra le parti;
● una teoria negoziale, per la quale il matrimonio è un negozio giuridico bilaterale, perfezionata col
consenso dei nubendi;
● una teoria della fattispecie complessa, per la quale il matrimonio è una fattispecie particolare, in
cui intervengono tre soggetti (nubendi e ufficiale) che da luogo da un lato ad un negozio giuridico
bilaterale, dall’altro ad un atto amministrativo.


LA PROMESSA DI MATRIMONIO
L’ordinamento giuridico tutela la libertà matrimoniale, sicchè la promessa di prendersi reciprocamente
come marito e moglie. La promessa non è giuridicamente vincolante, in quanto non obbliga a contrarre
matrimonio, tuttavia la legge tiene in considerazione la situazione di chi ha sostenuto spese e assunto
obblighi, quindi se la promessa risulta da atto scritto o dalla richiesta delle pubblicazioni, se il promittente
si rifiuta di sposarsi senza giusta causa è obbligato a risarcire il danno.


CONDIZIONI PER LA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO
Occorre la presenza dei seguenti requisiti:
● il raggiungimento dell’età minima di 18 anni, che con decreto del Tribunale può essere abbassata
a 16 anni;
● la sanità mentale, per cui l’interdetto giudiziale non può contrarre matrimonio;
● la mancanza di un vincolo di matrimonio, salvo che il precedente sia stato annullato o sciolto.
E’ necessaria inoltre l’assenza di ​circostanze ostative​, ossia gli ​impedimenti dirimenti in presenza dei
quali il matrimonio contratto è nullo e sono: l’esistenza di vincoli di parentela o affinità tra gli sposi, tra
ascendenti in linea retta, legittimi o naturali, tra fratelli e sorelle siano essi germani (figli degli stessi
genitori), consanguinei (figli dello stesso padre), uterini (figli della stessa madre), tra zii e nipoti salvo
dispensa, tra affini in linea retta (suocero e nuora) e tra cognati, salvo dispensa da parte del Tribunale. Il
c.d. ​impedimentum criminis vieta il matrimonio tra il condannato per tentato o consumato omicidio ed il
coniuge della vittima.
Gli ​impedimenti impedienti invece rendono solo irregolare il matrimonio che resta valido ma con una
sanzione per gli sposi e sono: la mancanza del decorso del tempo che va sotto il nome di lutto vedovile
per cui la donna non può contrarre matrimonio prima di 300 giorni dalla cessazione degli effetti civili del
precedente matrimonio (tale divieto tende ad impedire che nascano figli generati nel primo matrimonio
dopo le nozze del secondo) e l’omissione di pubblicazione salvi i casi di esonero concessi dal Tribunale
per motivi gravissimi e di matrimonio celebrato in imminente pericolo di vita.

LA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO


Il matrimonio costituisce una fattispecie a forma progressiva composta dai seguenti atti:
● la ​pubblicazione (che precede la celebrazione vera e propria), che consiste nell’affissione alla
porta della casa comunale di residenza dei due nubendi, per un periodo di tempo di almeno 8
giorni consecutivi, di un atto in cui siano indicate le complete generalità degli sposi ed il luogo
dove intendono sposarsi e la sua funzione è quella di portare tutti a conoscenza dell’intenzione
dei nubendi di contrarre matrimonio, affinchè chi ne abbia interesse possa fare opposizione.
● la ​celebrazione​, avviene pubblicamente dinanzi all’ufficiale civile alla presenza di due testi, i
nubendi non possono opporvi ne condizioni ne termini, è ammessa la celebrazione per procura
se uno degli sposi risiede all’estero, in tempo di guerra per i militari.
● la ​prova​, che può essere data solo con l’atto di celebrazione, estratto dai registri dello stato
civile, solo tale atto attribuisce lo status di coniuge.


INVALIDITA’ DEL MATRIMONIO
● Irregolarità​, avviene nei casi di impedimenti impedienti e quindi per l’ipotesi di inosservanza del
divieto di nozze prima che sia trascorso il periodo di lutto vedovile e violazione delle norme sulla
pubblicazione.
● Inesistenza​, quando nella fattispecie manchi anche quel minimo di elementi necessari, come la
mancanza della celebrazione, quando il matrimonio è celebrato tra persone dello stesso sesso e
quando manca il consenso degli sposi.
● Nullità​, per i casi più gravi come il matrimonio contratto sotto violenza fisica, per il quale non è
prevista sanatoria e la legittimazione è accordata a chiunque ne abbia interesse ed
● Annullabilità​, che può essere relativa (si prescrive nel termine di 10 anni, la legittimazione è
accordata solo ad alcune persone determinate e prevede la possibilità di sanatoria) o assoluta (si
prescrive nel termine di 10 anni, la legittimazione è accordata a chiunque ne abbia interesse e
prevede la possibilità di sanatoria).
I casi di ​invalidità possono essere corrispondenti agli impedimenti matrimoniali, ovvero il vincolo di
precedente matrimonio (nullità assoluta e insanabile), il vincolo di parentela ad affiliazione (nullità
assoluta e insanabile), ​impedimentum criminis (nullità assoluta e insanabile), violazione dei limiti di età
previsti (annullabilità relativa e sanabile), interdizione (annullabilità relativa e sanabile), incapacità di
intendere e volere (annullabilità relativa e sanabile).
I casi di invalidità possono essere corrispondenti inoltre ai vizi del consenso e possono essere: la
violenza morale esercitata su uno dei coniugi e l’errore che cade sull’identità dell’altro coniuge o su
qualità personali dello stesso; nel dettaglio:
● Violenza (art. 122 c.c.): il matrimonio può essere impugnato dal coniuge il cui consenso sia stato
estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne
allo sposo.
● Errore (art. 122 c.c.): definito essenziale quando si accerti che il coniuge non avrebbe prestato il
consenso se fosse stato a conoscenza di determinate condizioni dell’altro coniuge come malattie
croniche, delinquenza abituale e stato di gravidanza altrui.
● Simulazione (art. 123 c.c.): solo quando i coniugi abbiano deciso di non adempiere agli obblighi
e di non esercitare i diritti discendenti, entro un anno.

IL MATRIMONIO PUTATIVO
L’annullamento del matrimonio produce effetti retroattivi, pertanto i coniugi riacquistano il loro stato di
libertà. Si ha ​matrimonio putativo quando almeno uno dei coniugi ha in buona fede contratto un
matrimonio successivamente dichiarato invalido, reputandolo valido. Se il matrimonio è stato contratto in
buona fede, sono fatti salvi tutti gli effetti nel frattempo prodottisi, anche rispetto ai figli nati o concepiti
durante il matrimonio, nel caso di malafede, questo ha gli effetti del matrimonio valido, rispetto ai figli nati
o concepiti durante lo stesso, tranne i casi di bigamia o incesto.

IL MATRIMONIO CANONICO CON EFFETTI CIVILI


Al fine di far conseguire effetti civili al matrimonio religioso, la normativa statuale predispone un
c​ollegamento tra celebrazione canonica ed ordinamento statale​, che si attua mediante un
procedimento amministrativo. Le attività poste in essere sono:
● le pubblicazioni, affisse alla porta della chiesa e del comune;
● eventuali opposizioni, qualora non siano presenti l’ufficiale deve rilasciare un certificato, qualora
ci siano decide il tribunale civile;
● celebrazione, avviene secondo la disciplina canonica alla presenza del sacerdote competente
che leggerà gli articoli del codice civile che stabiliscono diritti e doveri dei coniugi;
● trascrizione, deve essere compiuta dall’ufficiale entro 24 ore dal ricevimento dell’atto di
matrimonio.


IL MATRIMONIO COME RAPPORTO GIURIDICO
Art. 29 Cost.: il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, che acquistano gli
stessi diritti ed assumono gli stessi doveri, i più importanti sono:
● la ​coabitazione​, che consiste nella normale convivenza di marito e moglie e cioè nella
comunione di casa e di vita sessuale, tale obbligo viene meno in caso di separazione, mentre la
sua violazione è determinata dall’allontanamento senza giusta causa dalla casa coniugale;
● la ​fedeltà​, che consiste nell’obbligo per i coniugi di astenersi da rapporti sessuali con altra
persona, l’inosservanza di esso è privo di rilevanza penale;
● l’​assistenza​, ciascun coniuge deve far fronte alle esigenze anche materiali dell’altro allorchè
questi non è in grado di provvedervi;
● la ​collaborazione​, nell’interesse della famiglia, la contribuzioni ai beni della famiglia e l’obbligo di
mantenere istruire ed educare la prole.


SCIOGLIMENTO DEL MATRIMONIO
Le ​cause di scioglimento del matrimonio sono: la morte di uno dei coniugi, la dichiarazione di morte
presunta, il divorzio e la sentenza di rettificazione di attribuzione del sesso. La morte costituisce il caso
tipico di scioglimento del vincolo matrimoniale.


IL DIVORZIO
Il ​divorzio è ammissibile solo quando il giudice, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione dei
coniugi, accerta che la comunione spirituale e materiale non può essere mantenuta o ricostruita. Vi sono
della cause tassative di cui far conto:
● quando sia stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale tra
coniugi e siano trascorsi almeno tre anni dalla comparizione innanzi al giudice;
● quando un coniuge sia condannato all’ergastolo o a pena detentiva per reati di particolare
gravità;
● quando uno dei coniugi abbia ottenuto all’estero l’annullamento del matrimonio;
● quando il matrimonio non sia stato consumato.
La ​sentenza del divorzio produce lo scioglimento del matrimonio con conseguente possibilità di
contrarre nuovo matrimonio e la moglie perde il cognome del marito. Quanto agli effetti patrimoniali, dal
divorzio discende la perdita dei diritti successori, lo scioglimento della comunione legale e l’obbligo per
uno dei coniugi di corrispondere un assegno periodico all’altro, in proporzione alle proprie sostanze ed ai
propri redditi.


LA SEPARAZIONE PERSONALE DEI CONIUGI
E’ la situazione di legale sospensione dei doveri reciproci dei coniugi e si differenzia dal divorzio in
quanto non determina lo scioglimento del vincolo ed ha carattere transitorio. Per effetto della
separazione cessano l’obbligo di coabitazione, l’obbligo di fedeltà mentre permangono l’obbligo di
assistenza morale, l’obbligo di mantenimento e può essere di tre tipi:
1. separazione di fatto​: è l’interruzione della convivenza, senza l’intervento di alcun provvedimento
del Tribunale ed è priva di effetti giuridici;
2. separazione consensuale​: avviene per accordo delle parti e per aver efficacia deve essere
omologata dal Tribunale;
3. separazione giudiziale​: è quella pronunciata dal Tribunale, ad istanza di uno o di entrambi i
coniugi, a seguito di fatti che rendano intollerabile la prosecuzione della convivenza o rechino
grave pregiudizio all’educazione della prole.
Per quanto riguarda i provvedimenti relativi ai figli, vi è il ​principio di affidamento condiviso​, visto il
diritto del figlio alla bigenitorialità. Il mantenimento diretto prevede che ciascuno dei genitori provveda al
mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito.


GLI ALIMENTI
Fra le obbligazioni di carattere patrimoniale che possono nascere nell’ambito familiare assume
particolare importanza l’​obbligazione degli alimenti​. Fondamento di tale obbligazione è il diritto
all’assistenza materiale della persona priva di mezzi e che prima veniva mantenuta dalla famiglia. E’ un
principio derivante dalla solidarietà familiare, è un diritto personalissimo, non può essere oggetto di
cessione, di compensazione, non può essere sottoposto ad esecuzione forzata, è intrasmissibile,
irrinunciabile ed imprescrittibile.
Sono presupposti dell’obbligazione degli alimenti un rapporto di parentela, affinità, adozione o
un’intervenuta donazione, tra alimentato e alimentando, lo stato di bisogno dell’avente diritto
accompagnato dall’impossibilità al proprio mantenimento, la capacità economica dell’obbligato. Occorre
quindi che l’alimentante abbia possibilità di prestare gli alimenti e le sue capacità economiche devono
perciò essere superiori a ciò che occorre per soddisfare le esigenze primarie sue e della sua famiglia.
Quanto alla misura, gli alimenti devono essere assegnati in proporzione al bisogno di chi li comanda e
alle condizioni economiche di chi li deve somministrare, non devono tuttavia superare quanto sia
necessario per la vita dell’alimentando, avuto riguardo alla sua posizione sociale. La scelta circa il modo
di somministrazione è rimessa all’obbligato, il quale può pagare un assegno periodico anticipato ovvero
accogliere presso di se l’alimentando e provvedere al suo sostentamento. L’autorità giudiziaria può
disporre il modo di somministrazione e nei casi previsti obbligare anche uno solo tra quelli obbligati,
inoltre finché non ci sia accordo sul modo, può disporre un assegno preliminare. Tenute agli alimenti
sono le persone legate da vincolo di parentela o adozione o affinità con l’alimentando, fra queste esiste
un ordine gerarchico a seconda dell’intensità del vincolo, da tale obbligazione è escluso chi ha ricevuto
una donazione a causa di matrimonio e chi ha ricevuto una donazione remuneratoria. L’obbligo agli
alimenti può essere assunto anche con contratto, l’obbligo volontario può derivare anche da testamento,
il c.d. legato alimentare.

LA FILIAZIONE
Si intende il rapporto tra genitore e le persone da lui procreate, si distingue tra ​figli legittimi (in costanza
di matrimonio), ​figli naturali e adulterini​ (fuori dal matrimonio), ​figli incestuosi​ (tra parenti o affini).


LO STATUS DI FIGLIO LEGITTIMO
E’ legittimo il figlio partorito da donna sposata, generato dal marito in seguito a concepimento avvenuto
in costanza di matrimonio. In base al principio che solo la madre è certa, per accertare che il figlio è stato
concepito legittimamente dal marito ci si affida a due presunzioni, quella di paternità e la presunzione di
concepimento durante il matrimonio, in base alla quale si ritiene concepito nel matrimonio il figlio nato
non prima dei 180 giorni dalla sua celebrazione e non dopo 300 giorni dal suo scioglimento. Tale
presunzione è assoluta, anche se in entrambi i casi si può reclamare lo status di figlio legittimo, qualora
si dia prova di tale status. La maternità si prova con l’​atto di nascita e il matrimonio tra genitori si prova
col certificato di matrimonio, con tali documenti si prova lo status di ​figlio legittimo​. Il figlio assume il
diritto di essere educato istruito e mantenuto, di successione e agli alimenti, mentre ha il dovere di
obbedienza ai genitori, l’assoggettamento alla potestà genitoriale e l’instaurazione di parentela coi
parenti dei genitori.


IL DISCONOSCIMENTO DELLA PATERNITA’
Si mira a far cadere la presunzione di paternità del marito ed è consentita solo nei casi in cui:
● i coniugi non hanno coabitato nel periodo compreso tra il 300esimo e il 180esimo giorno prima
della nascita;
● se durante il tempo predetto il marito era affetto da impotenza;
● se nel detto periodo la moglie ha commesso adulterio o ha tenuto celata al marito la sua
gravidanza e la nascita del figlio.
La sola dichiarazione della madre non esclude la paternità; sono legittimati ad agire: il padre entro un
anno dalla nascita, la madre entro sei mesi ed il figlio entro un anno dalla maggiore età.


LA FILIAZIONE NATURALE
Sono figli naturali quelli nati da genitori non sposati tra di loro. Il ​figlio naturale riconoscibile è quello
nato da persone che o non sono sposate o erano già unite in matrimonio con altra persona al momento
del concepimento; il ​figlio naturale irriconoscibile è quello nato tra persone legate dal vincolo di
parentela. Il riconoscimento consiste nella dichiarazione fatta da uno o da entrambi i genitori che una
data persona è proprio figlio naturale, può essere fatto solo da chi abbia compiuto 16 anni, se avviene
per un figlio ultrasedicenne, serve l’assenso di questi.


STATUS DI FIGLIO NATURALE RICONOSCIUTO
E’ un dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli anche se nati fuori dal matrimonio
(art. 30 Cost.); questi hanno gli stessi diritti patrimoniali dei figli legittimi, la legge assicura loro ogni tutela
giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. Il ​riconoscimento è l’atto
formale mediante il quale il dichiarante assume di essere genitore del proprio figlio nato al di fuori del
matrimonio, può essere effettuato o nell’atto di nascita o con apposita dichiarazione posteriore alla
nascita resa davanti all’ufficiale di stato civile.


L’AZIONE PER LA DICHIARAZIONE GIUDIZIALE DI MATERNITA’ O PATERNITA’ NATURALE
Se i genitori non hanno riconosciuto il figlio naturale, questi può agire in giudizio per ottenere la
dichiarazione giudiziale di maternità o paternità naturale ed è sempre esperibile nei casi in cui è
ammesso il riconoscimento. La prova può essere data con ogni mezzo, la sola dichiarazione della madre
e la sola esistenza di rapporti col preteso padre all’epoca del concepimento non costituiscono prova
della paternità naturale. Il figlio naturale può acquisire lo status di figlio legittimo attraverso la
legittimazione​, che avviene in due modi: per susseguente matrimonio o per provvedimento del giudice.


LEGGE N.184/1983
Si definisce ​adozione il rapporto di filiazione giuridica costituito tra soggetti non legati da filiazione di
sangue.
La ​L. n.184/1983 ha riformato l’istituto dell’adozione che in origine il Codice del 1942 prevedeva
esclusivamente come mezzo per procurare una discendenza a chi non poteva avere figli; in particolare:
1. ha eliminato la distinzione tra adozione ordinaria ed adozione speciale, quest’ultima diretta non a
procurare una discendenza, ma a garantire una sistemazione familiare ai minori abbandonati;
2. ha eliminato dal codice civile la disciplina dell’adozione dei minori che adesso è dettata soltanto
nella legge speciale;
3. ha regolato la cd adozione internazionale, vale a dire quella riguardante i minori stranieri ed ha
eliminato l’istituto dell’affiliazione, già regolato dal codice civile.


ADOZIONE DEI MINORI
Gli artt. 6 e 7 della L. n.184/1983 richiedono requisiti soggettivi degli adottanti e del minore da adottare.
Quelli relativi agli ​adottanti​ sono:
● devono essere uniti in matrimonio da almeno tre anni e non deve aver avuto luogo tra gli stessi
una separazione personale, neanche di fatto (il requisito della stabilità si configura anche quando
i coniugi prima del matrimonio hanno convissuto in modo stabile per almeno tre anni);
● la loro età deve superare di almeno 18 e non oltre 45 anni l’età dell’adottando (tali limiti possono
essere superati se il Tribunale per i minorenni accerti che dalla mancata adozione derivi un
danno grave e non evitabile in altro modo per il minore);
● i coniugi devono essere effettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori
che intendono adottare.
I requisiti soggettivi dell’adottando:
● l’adozione è consentita per tutti i minori, non essendo rilevante la loro età;
● il minore che abbia compiuto 14 anni deve prestare personalmente il proprio consenso
all’adozione;
● il minore che ha compiuto 12 anni deve essere sentito, mentre se ha un età inferiore deve essere
sentito in considerazione della sua capacità di discernimento;
● il minore deve essere dichiarato in ​stato di adottabilità​. Lo stato di adottabilità presuppone una
situazione di abbandono che si concreta nella mancanza di assistenza morale o materiale da
parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, sussiste anche se il minore si trovi in istituti di
assistenza o comunità, mancanza che non deve essere dovuta ad una causa di forza maggiore
di carattere transitorio (è dichiarato dal Tribunale per i minorenni con sentenza emessa dalla
camera di consiglio, sentito il P.M., il rappresentante dell’istituto, il tutore e il minore se ha
compiuto 12 anni).
La segnalazione della situazione di abbandono può essere fatta da chiunque alla pubblica autorità, è
invece obbligatoria per i pubblici ufficiali, gli incaricati di pubblico servizio e gli esercenti di pubblica
necessità, nonché per chiunque abbia accolto un minore stabilmente per un periodo superiore a sei mesi
presso la propria abitazione. I coniugi che intendono adottare un minore devono presentare domanda al
Tribunale per i minorenni, il quale deve individuare la coppia maggiormente in grado di corrispondere
alle necessità del minore, svolgendo indagini in merito ai requisiti richiesti. Il minore adottato acquista lo
stato di figlio legittimo degli adottanti e ne assume il cognome, cessano i rapporti tra l’adottato e la
famiglia d’origine, salvo i divieti matrimoniali.

L’ADOZIONE INTERNAZIONALE
La ​L. n.476/1998 ha modificato profondamente le norme della L. n.184/1983 in materia di ​adozione di
minori stranieri​, istituendo una Commissione per le adozioni internazionali presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri ed attribuendo importanti competenze ad enti senza scopo di lucro, iscritti in
apposito albo.
Le persone residenti in Italia che intendono adottare un minore straniero residente all’estero, devono
presentare dichiarazione di disponibilità al Tribunale per i minorenni e chiedere che lo stesso dichiari la
loro idoneità all’adozione. Se il Tribunale non dispone dei requisiti richiesti, inoltra la domanda ai servizi
socio-assistenziali degli enti locali, per le successive indagini. Ottenuta l’idoneità i coniugi devono
conferire incarico presso un ente autorizzato che curerà le pratiche di adozione presso le competenti
autorità del paese estero. L’adozione può essere disposta dalla competente autorità del paese estero; in
questo caso la Commissione valutate le conclusione dell’ente incaricato, dichiara che l’adozione
risponde all’interesse superiore del minore e ne autorizza l’ingresso e la residenza permanente in Italia,
così il minore acquista la cittadinanza italiana. Se l’adozione deve perfezionarsi in Italia il Tribunale per i
minorenni riconosce il provvedimento dell’autorità estera come affidamento preadottivo, decorso tale
periodo, il Tribunale, sussistendone i presupposti, pronuncia l’adozione e la trascrizione nei registri civili.


L’ADOZIONE DEI MAGGIORENNI
Riservata sostanzialmente a tutelare aspettative successorie, è permessa alle persone che abbiano
compiuto i 35 anni e che superino di almeno 18 anni l’età di coloro che intendono adottare; per essa
valgono le seguenti regole:
● i figli nati fuori dal matrimonio non possono essere adottati dai loro genitori;
● è ammessa l’adozione di più persone, anche con atti successivi;
● perché possa aversi l’adozione occorre il consenso dell’adottato e dell’adottante e l’assenso dei
genitori dell’adottando e del coniuge dell’adottante e dell’adottando, se coniugati e non
legalmente separati.
Il tribunale prima di provvedere alla domanda di adozione deve assumere le opportune informazioni sulla
domanda di adozione, poi deve compiere un’indagine di legittimità sulla sussistenza delle condizioni
volute dalla legge e di merito, sulla convenienza dell’adozione per l’adottando. A seguito di decreto,
l’adottando assume il cognome dell’adottante e lo antepone al proprio. Non nasce alcun rapporto tra la
famiglia dell’adottato e dell’adottante, l’adozione non attribuisce alcun diritto di successione all’adottante,
mentre l’adottato acquista i normali diritti successori spettanti ai figli legittimi.


L’AFFIDAMENTO TEMPORANEO DI MINORI
Disciplinato dalla L. 184/1983, può farsi luogo all’​affidamento quando il minore, nonostante gli interventi
di sostegno e di aiuto alle famiglie previsti dalla legge, sia temporaneamente privo di un ambiente
familiare idoneo. In sostanza la legge consente l’affidamento ogni volta che non si possa attuare il diritto
del minore ad un’esistenza serena. Possono essere oggetto di affidamento tutti i minori che si trovino nel
territorio dello Stato. La situazione che legittima l’affidamento deve essere temporanea e non duratura.
Possono diventare affidatari di minori: un’altra famiglia, una persona singola o una comunità di tipo
familiare.

8. I fatti e gli atti giuridici


I FATTI GIURIDICI
Sono quegli accadimenti, naturali o umani, ai quali l’ordinamento ricollega la produzione di effetti
giuridici. ​Fatti giuridici possono essere tanto accadimenti naturali quanto i fatti compiuti volontariamente
dall’uomo. Vi sono ​fatti giuridici in senso stretto (in cui manca la volontà umana o tale volontà è
irrilevante) e gli ​atti giuridici (caratterizzati da attività umana consapevole e voluta, posta in essere da
soggetto capace di intendere e volere).
Gli atti si suddividono in leciti, se non contrastano l’ordinamento e illeciti. In relazione al rapporto tra
volontà del soggetto agente e le conseguenze giuridiche che l’atto produce, si suddividono in atti giuridici
in senso stretto e negozi giuridici:
● Gli ​atti giuridici in senso stretto sono quei comportamenti consapevoli e volontari i cui effetti
sono determinati dalla legge anche se il loro autore non li abbia voluti, generalmente si
suddividono in atti materiali (modificazione del mondo esterno) e dichiarazioni di scienza e di
verità (soggetto dichiara di avere conoscenza di un fatto giuridico). La volontà dell’agente ha ad
oggetto il compimento dell’atto e non la determinazione degli effetti.
● I ​negozi giuridici sono quegli atti consapevoli e volontari, le cui conseguenze giuridiche sono
volute e determinate nei limiti del rispetto delle norme imperative, dai soggetti agenti. In tali atti la
volontà dell’agente è volta non solo al compimento dell’atto ma anche alla determinazione dei
suoi effetti.
La differenza principale tra atti giuridici in senso stretto e atti negoziali è che i primi sono esclusivamente
disciplinati dalla legge, per i secondi invece è consentito ai privati creare nuove figure non previste dalla
legge.
I fatti giuridici sono positivi (se si concretano in azioni) o negativi (se si concretizzano in omissioni).


CONCETTO DI FATTISPECIE
La fattispecie può essere semplice, complessa o a formazione progressiva. Bisogna distinguere tra
l’ipotesi astratta del verificarsi di un fatto giuridico che il legislatore prevede e disciplina (​fattispecie
astratta​) e il concreto verificarsi del fatto (​fattispecie concreta​). Quest’ultima se porta all’acquisto di un
diritto ne costituisce il titolo, che può essere originario se manca un rapporto di trasmissione da un
sogegtto all’altro o derivativo se il diritto viene acquistato da persona legittimata.


LA PUBBLICITA’ DEI FATTI GIURIDICI
In relazione agli effetti si distinguono:
● la ​pubblicità notizia​, ha lo scopo di rendere determinati fatti giuridici conoscibili da chiunque, ma
la sua omissione, pur potendo dare luogo a sanzioni penali o pecuniarie, non incide sulla validità
o sull’opponibilità di terzi, del fatto che ne costituisce oggetto.
● la ​pubblicità dichiarativa​, ha lo scopo di rendere opponibile ai terzi il fatto giuridico
pubblicizzato, in sua mancanza l’atto resta valido tra le parti, ma è inopponibile a terzi.
● la ​pubblicità costitutiva​, si ha quando la pubblicità è un requisito necessario per la costituzione
di un rapporto giuridico.
Per i ​beni mobili​, la pubblicità è data dal ​possesso​, per i ​beni mobili registrati ai fini della pubblicità è
necessaria l’​iscrizione in appositi registri, per i ​beni immobili è necessaria la ​trascrizione nei registri
immobiliari; per i crediti vige il sistema di notificazione al debitore.


LA TRASCRIZIONE
E’ un mezzo di pubblicità relativo agli immobili ed ai beni mobili registrati, che assicura la conoscibilità
delle vicende relative a tali beni. La sua funzione si ricollega direttamente ad una precisa esigenza di
mercato che è quella della circolazione dei beni nell’ambito di una società organizzata e della
conoscibilità di tale circolazione.
Gli atti soggetti a trascrizione e non trascritti tempestivamente non possono essere opposti a chi ha
acquistato e trascritto tempestivamente il suo titolo, non possono avere effetto nei confronti di chi ha
trascritto tutte le successive iscrizioni o trascrizioni di diritti acquistati dallo stesso autore (​priorità della
trascrizione​ su uno stesso diritto immobiliare trasferito a più soggetti).
La ​trascrizione​, avendo natura dichiarativa non è un obbligo per le parti stipulanti, bensì un semplice
onere. La mancata trascrizione non comporta un vizio dell’atto stesso che resta valido ed efficace in toto,
ma espone l’acquirente alla possibilità di vedersi sottrarre quanto legittimamente acquistato. Per la sua
natura di onere, la trascrizione non è soggetta a prescrizione o decadenza, è effettuabile in qualsiasi
momento ed ha efficacia ​ex nunc (cioè dal momento in cui si trascrive). Il principio della continuità delle
trascrizioni si ispira all’esigenza di realizzare il c.d. ​stato civile degli immobili e di generare la certezza
sulla consistenza giuridica della proprietà medesima.
La trascrizione deve essere eseguita presso l’Ufficio dei registri immobiliari nella cui circoscrizione sono
ubicati i beni oggetto degli atti da trascrivere. Per la trascrizione di un atto ​inter vivos occorrono: copia
del titolo in forza del quale si richiede la trascrizione, duplice copia della nota di trascrizione, l’atto di
riferimento e gli estremi del bene in oggetto. Per l’atto ​mortis causa occorre: l’atto di accettazione
dell’eredità, il certificato di morte del ​de cuius, la copia del testamento, la duplice nota con gli estremi
previsti. Le spese per la trascrizione gravano su colui a cui favore la trascrizione opera.


I REGISTRI IMMOBILIARI
La conservatoria dei ​registri immobiliari è il luogo in cui vengono effettuate tutte le trascrizioni afferenti
beni immobili. Per individuare un immobile non è sufficiente averne gli estremi catastali, ma occorre
individuare almeno due dei presenti o passati proprietari, perché sarà a nome di questi che risulterà
registrato il bene.


MODI DI ESSERE DEI FATTI GIURIDICI
Il tempo e lo spazio rappresentano concetti utili per l’individuazione di vicende umane e per il diritto e
vanno considerati come ​modi di essere dei fatti giuridici​.
Il ​luogo costituisce la dimensione spaziale in cui si colloca il fatto giuridico, il ​tempo rappresenta la
dimensione temporale in cui si realizza il fatto giuridico (il tempo utile è quello escluso i giorni festivi, il
tempo continuo comprende i festivi). Il decorso del tempo può determinare l’acquisto (usucapione o
prescrizione acquisitiva) o l’estinzione di un diritto o la perdita di un potere (prescrizione estintiva e
decadenza).


LA PRESCRIZIONE
Può essere definita come la perdita del diritto soggettivo per effetto dell’inerzia o del non uso da parte
del titolare di esso, protrattosi per un periodo di tempo determinato dalla legge; i presupposti sono: un
diritto soggettivo, il mancato esercizio di tale diritto e il decorso del tempo previsto dalla legge. Il
fondamento è ravvisato nell’esigenza di certezza dei rapporti giuridici.


INDEROGABILITA’
La ​prescrizione è un istituto di ordine pubblico e la sua disciplina è inderogabile, quindi è nullo ogni
patto diretto a modificare la disciplina legale della prescrizione. Le parti non possono rinunciare alla
prescrizione prima che questa si compia, mentre è ammissibile dopo che si compia. Sono imprescrittibili:
● il diritto di proprietà;
● diritto di rivendica;
● diritto di agire per far dichiarare la nullità di un atto;
● il diritto della personalità;
● i diritti di stato;
● la potestà di diritto familiare;
● le facoltà.
La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere; la prescrizione
ordinaria si realizza col decorso di 10 anni, le prescrizioni brevi si realizzano col decorso di tempo più
breve di 10 anni, si prescrivono in 5 anni il diritto al risarcimento e in un anno i diritti derivanti da contratti
di mediazione e le prescrizioni presuntive. La prescrizione presuppone un’inerzia ingiustificata, quindi se
l’inerzia è giustificata si ha la sospensione della prescrizione, se l’inerzia viene a mancare si ha
l’interruzione.


LA DECADENZA
E’ un istituto collegato al decorso del tempo e si sostanzia nella perdita della possibilità di esercitare un
diritto per il mancato compimento di una determinata attività o di un dato atto, nel termine perentorio
previsto dalla legge. L’unico modo per evitare la ​decadenza è il compimento dell’atto e non sono
previste sospensione o interruzione.
La ​decadenza legale è prevista dalla legge ed è sempre eccezionale perché deroga al principio
secondo cui l’esercizio dei diritti soggettivi non è sottoposto a limiti di tempo. La d​ecadenza
convenzionale o negoziale​, stabilisce che anche la volontà privata può stabilire casi e termine di
decadenza.
Le differenze sostanziali tra prescrizione e decadenza sono:
● la prescrizione ha riguardo alle condizioni soggettive del titolare del diritto, mentre nella
decadenza si ha riguardo solo al fatto obiettivo;
● la prescrizione ha la sua unica fonte nella legge, mentre la decadenza può anche essere stabilita
dalla volontà delle parti;
● nella prescrizione il tempo è considerato come durata, nella decadenza come distanza.
9. I beni e i diritti reali
CONCETTO DI BENE E DI COSA
L’art. 810 c.c. definisce i ​beni come le cose che possono formare oggetti di diritti. Esistono cose che non
sono beni e non possono formare oggetti di diritto (ad esempio, lo spazio, la luce) e vi sono beni che non
sono cose (ad esempio, opere dell’ingegno). Per ​cosa deve considerarsi una parte separata della
materia circostante, per ​bene invece si intende tutto ciò che è capace di arrecare utilità agli uomini ed è
suscettibile di appropriazione. Si distingue tra cose in senso giuridico e cose in senso non giuridico, che
costituiscono la categoria dei beni.


CLASSIFICAZIONE DEI BENI
● i beni corporali sono i beni del mondo esterno dotati di materialità corporea;
● i beni incorporali sono quei beni privi di materialità;
● i beni immobili per natura sono il suolo, le sorgenti, i corsi d’acqua, gli alberi, le case, tutto
ciò che è naturalmente o artificialmente incorporato al suolo;
● sono beni mobili tutti gli altri beni, in particolare le energie naturali che hanno valore
economico.
Per quanto concerne la ​forma degli atti​, per i beni immobili si richiede atto scritto, per i beni mobili vige
il principio della libertà di forma; ​pubblicità per i beni immobili sono trascritte su pubblici registri, per i
beni mobili vale il possesso; ​garanzia per i beni immobili l’ipoteca, per i beni mobili il pegno. Vi sono poi i
beni mobili registrati, che sono le navi, gli aerei e i veicoli.


COSE SPECIFICHE E COSE GENERICHE
Sono ​specifiche le cose individuate con caratteri propri (ad esempio, il poliziotto Tizio), sono ​generiche
quelle non individuate singolarmente, ma come appartenenti ad un genere senza ulteriore specificazione
(ad esempio, un poliziotto).


COSE FUNGIBILI ED INFUNGIBI​LI
Sono ​fungibili le cose che si pesano, si contano, si misurano e che possono essere sostituite con altre
dello stesso genere, ​infungibili sono quelle cose che non possono essere indifferentemente sostituite
con altre, in quanto individuate dalle parti in relazione ad un dato rapporto; la fungibilità delle cose non
dipende solo dalle qualità intrinseche delle cose ma anche dalla volontà dei soggetti. La cosa fungibile
per eccellenza è il denaro.


COSE CONSUMABILI E INCONSUMABILI
Sono ​cose consumabili quelle che non possono essere utilizzate senza essere consumate (ad
esempio, cibo, combustibile), sono ​inconsumabili quelle cose che si prestano ad una utilizzazione
continuata senza che restino distrutte o alterate (ad esempio, un fondo) ed indipendentemente dal fatto
che con l’uso si deteriorino (ad esempio, vestiti).


COSE DIVISIBILI ED INDIVISIBILI
Sono ​divisibili le cose che possono essere frazionate in modo omogeneo (ad esempio, denaro, edificio
diviso per piani), sono ​indivisibili tutte le altre; l’indivisibilità di un bene deriva dalla natura dello stesso
(ad esempio, animale vivo), dalla volontà delle parti o dalla legge.


BENI PRODUTTIVI E DI CONSUMO
I ​beni produttivi sono quelli destinati ad un procedimento diretto alla trasformazione di altre cose (ad
esempio, materie prime), i ​beni di consumo sono quelli utilizzati per il soddisfacimento immediato di
interessi e bisogni.

I RAPPORTI DI CONNESSIONE TRA LE COSE


Oltre che nella loro individualità, le cose possono presentarsi come risultato dell’unione di più elementi;
si distingue tra:
● cose semplici​, quelle in in cui gli elementi sono talmente compenetrati tra loro che non possono
staccarsi senza alterare la fisionomia del tutto (ad esempio, pianta, animale, fiore);
● cose composte​, sono quelle invece in cui più cose complementari formano un nuovo bene, che
viene ad avere funzione e valore economico diverso da quello delle cose che lo compongono (ad
esempio, casa);
● cose connesse​, si ha la connessione quando due o più cose vengono poste in una determinata
relazione tra di esse, per cui è possibili distinguere tra cosa principale e cosa accessoria.
Figure di connessione sono:
● l’incorporazione, che si ha quando una cosa mobile (accessoria) è naturalmente o artificialmente
compenetrata in un altro immobile (cosa principale) ed entrambe devono appartenere alla stessa
persona (ad esempio, statua in una nicchia);
● le pertinenze, le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa (ad
esempio, gli strumenti rurali sono pertinenze del fondo) e non è necessario che la pertinenza
appartenga al proprietario della cosa; nel fenomeno pertinenziale la cosa principale gode già di
piena autonomia e la pertinenza si trova in posizione di subordine conferendo alla prima
maggiore utilità (ad esempio, garage quale pertinenza dell’abitazione).


L’UNIVERSALITA’
Accanto alle cose composte ed alle pertinenze è da considerare l’ipotesi della c.d. ​universalità di
mobili​, cioè di quel complesso di cose che appartengono alla stessa persona ed hanno una
destinazione unitaria (ad esempio, un gregge, una biblioteca). Si distinguono dalle cose composte
perché mancano di quella coesione fisica tra loro e dalla pertinenze in quanto non configurano quel
rapporto di subordinazione. Gli elementi dell’universalità sono: una pluralità di cose mobili, una
destinazione unitaria e l’appartenenza al medesimo soggetto. Le singole cose che compongono
l’universalità non perdono, per effetto dell’unitarietà, la loro destinazione e la loro autonomia, per cui
possono tornare oggetto di separati atti e rapporti giuridici.


IL PATRIMONIO
E’ costituito da un insieme di rapporti giuridici (attivi e passivi) facenti capo ad una persona e valutabili
economicamente. In senso giuridico è titolare di un ​patrimonio anche chi ha solo debiti, in quanto è
soggetto passivo di rapporti giuridici. Il patrimonio separato è costituito da quei beni che in virtù di una
particolare destinazione devo essere considerati staccati del restante patrimonio di un soggetto ma che
continuano ad appartenere a questi (ad esempio, il fondo patrimoniale familiare). Il patrimonio autonomo
è quello che distaccatosi dal proprio titolare, viene attribuito ad un nuovo soggetto, mediante la
creazione di una persona giuridica.

I FRUTTI
Sono beni che provengono da un altro bene e si distinguono in due categorie:
1. frutti naturali​, quelli che provengono direttamente da un altro bene (ad esempio, prodotti
agricoli, legna) e diventano beni autonomi solo con la loro separazione, i frutti naturali
appartengono al proprietario della cosa che li produce, tuttavia la proprietà può essere attribuita
ad altri dalla legge (ad esesempio, all’usufruttuario);
2. frutti civili​, quelli che provengono indirettamente da un altro bene e rappresentano il
corrispettivo del godimento che altri ha su questo bene (ad esempio, interessi, corrispettivo delle
locazioni), essi si acquistano giorno per giorno, in ragione della durata del diritto.

I BENI APPARTENENTI ALLO STATO O AD ENTI PUBBLICI


L’art. 822 c.c. individua i beni che fanno parte del ​demanio pubblico​, essi sono: il lido del mare, la
spiaggia, i porti, i fiumi , i torrenti i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia nonché
le opere destinate alla difesa nazionale. Detti beni fanno parte del ​demanio necessario in quanto
devono appartenere necessariamente allo Stato. C’è poi il ​demanio eventuale che comprende: le
strade, le autostrade e le strade ferrate, gli aerodromi, gli acquedotti, gli immobili riconosciuti di interesse
storico, musei, archivi (detti beni fanno parte del demanio solo se appartengono allo Stato a ad altri enti
pubblici territoriali). I beni che fanno parte dello Stato sono inalienabili e non possono formare oggetto di
diritto a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano.


CARATTERISTICHE DEI DIRITTI REALI
Sono reali quei diritti tipici che assicurano al titolare un potere immediato ed assoluto su un bene e
presentano le seguenti caratteristiche:
● l’immediatezza;
● diretta signoria sul bene;
● assolutezza;
● si fanno valere nei confronti di terzi;
● tipicità;
● sono tutti previsti dalla legge.
Attribuiscono al titolare il c.d. ​diritto di sequela​, esso esprime il potere di perseguire la cosa presso
qualunque soggetto si trovi, poiché il diritto è collegato al bene e non alla persona del titolare.


DISTINZIONE DEI DIRITTI REALI
● Diritto di proprietà​: la proprietà fra i diritti reali è quella che consente la più ampia sfera di
facoltà che l’ordinamento riconosce ai soggetti sulle cose.
● Diritti reali su cosa altrui​: tali diritti assicurano ai titolari delle facoltà inerenti a cose di proprietà
altrui e si caratterizzano per un contenuto più limitato rispetto al diritto di proprietà e si
distinguono tra ​diritti reali di godimento (sono quelli che limitano il potere di godimento del
proprietario della cosa e sono la superficie, l’enfiteusi, l’usufrutto, l’uso, l’abitazione e la servitù;
sono autonomi e possono avere durata indefinita) e ​diritti reali di garanzia ​(sono quelli
consistenti in un vincolo giuridico imposto su un bene a garanzia di un credito e sono il pegno e
l’ipoteca; sono accessori ed hanno durata limitata). I diritti reali sono caratterizzati
dall’immediatezza e possono essere fatti valere contro chiunque, i diritti di credito o di
obbligazione possono essere fatti valere solo nei confronti del soggetto obbligato. Il possesso è
tipico nei diritti reali mentre è inconcepibile per i diritti di credito.


OBBLIGAZIONI REALI
Consistono in ​prestazioni accessorie ad un diritto reale e ad esso strumentalmente collegate (ad
esempio, proprietario del fondo tenuto a prestazioni accessorie, come ad esempio per il rifacimento del
manto stradale).


ONERI REALI
Sono ​prestazioni a carattere periodico che sono dovute da un soggetto in quanto è nel godimento di
un determinato bene e consistono nel dare o nel fare qualche cosa.


IL DIRITTO DI PROPRIETA’
La Costituzione Repubblicana afferma che la ​proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge,
che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e
di renderla accessibile a tutti. La Costituzione conferisce al legislatore il potere di porre regole e limiti allo
scopo di assicurare la funzione sociale della proprietà e di renderla accessibile a tutti. L’art. 832 c.c.
afferma che il proprietario ha il diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, gli
vanno quindi riconosciuti il diritto di godere (se, come e quando utilizzare la cosa) e il potere di disporre
della cosa. Il diritto di proprietà presenta i seguenti caratteri:
● la ​pienezza​, la proprietà costituisce un diritto che consente al proprietario ogni lecita utilizzazione
del bene, i limiti possono essere un atto di disposizione del privato o disposizioni di legge;
● l’​elasticità​, quando i poteri sono limitati dalla costituzione di altri diritti, il diritto di proprietà rimane
potenzialmente integro, riprendendo la sua ampiezza non appena venga meno il vincolo che lo
comprime;
● l’​autonomia ed indipendenza​, non presuppone l’esistenza di un parallelo diritto altrui di portata
maggiore;
● l’​esclusività​, potere di escludere chiunque altro dal godimento del bene ed impossibilità di
coesistenza sulla stessa cosa di più diritti di proprietà;
● l'​imprescrittibilità​, non si può perdere per non uso;
● la ​perpetuità​, tale carattere è ancora discusso.
La proprietà temporanea è ammessa dalla dottrina dominante in quanto, esclusa la perpetuità, ha tutti gli
altri caratteri.

LIMITI LEGATI AL DIRITTO DI PROPRIETA’


Bisogna distinguere tra limite e limitazione.
Con il termine ​limitazione si vogliono indicare quelle fattispecie giuridiche che limitano e comprimono la
proprietà nel vero senso della parola, cioè i diritti reali su cosa altrui, che eventualmente concorrano sulla
cosa. Tali limitazioni hanno natura convenzionale e non sono reciproche, in quanto sacrificano
l’interesse di un solo individuo a vantaggio di un altro, sono estrinseche, in quanto non nascono al
momento della costituzione di un diritto di proprietà ma eventualmente in seguito e sono concrete, in
quanto hanno rilevanza solo le parti che ne determinano il contenuto.
I ​limiti sono invece quelli imposti dalla legge alla proprietà considerata in astratto e nei suoi vari tipi e
categorie, sono diretti ad assicurare la funzione sociale del diritto ed hanno come fondamento quello di
regolare i rapporti di buon vicinato. I caratteri dei limiti sono l’​astrattezza (valgono a delimitare il confine
dei poteri di un proprietario rispetto ad un altro), l'​essenzialità (i limiti sono essenziali al concetto stesso
di proprietà, in quanto ne delineano e definiscono il concetto) e l'​intrinsecità (i limiti nascono col diritto di
proprietà e non sono autonomi, la perpetuità). I limiti possono essere nell’interesse pubblico o
nell’interesse privato. Nell’​interesse pubblico sono definiti vincoli e sono l’espropriazione per pubblica
utilità, l’occupazione e la requisizione e al proprietario spetta un’indennità. Nell’​interesse privato
regolano i rapporti tra vicini e sono espressione del c.d. ​potere conformativo​, ma gli interventi
conformativi non possono dar luogo a forme di indennizzo ed in particolare riguardano:
● la ​distanza nelle costruzioni (almeno tre metri): regolata sia dai regolamenti comunali che dal
codice civile, per quanto riguarda la comunione forzosa del muro, se si trova sul confine o a
distanza minore di un metro e mezzo diventa comune, previo pagamento del valore della metà
del suolo e del muro.
● le ​luci e vedute: le disposizioni in materia prevedono sia l’esigenza del proprietario di ricevere
aria e luce, sia l’esigenza del proprietario vicino di non essere esposto alla curiosità altrui, le
finestre si distinguono in luci (quelle che danno solo passaggio alla luce e all’aria e possono
essere aperte senza rispettare le distanze legali) e vedute o prospetti (sono quelle che
permettono di affacciarsi e per queste è prevista la distanza legale).
● le ​acque private​: appartengono al proprietario del suolo su cui esistono, la loro importanza è
scarsa dal momento che tutte le acque sotterranee appartengono al demanio dello Stato.
● lo ​stillicidio​: il proprietario deve costruire i tetti in modo tale che le acque piovane scolino nel suo
terreno.
● l'accesso al fondo: in casi previsti dal legislatore, il proprietario di un fondo è tenuto a permettere
l’esercizio sul fondo di attività giuridicamente permesse e disciplinate.
● le ​immissioni​: ciascun proprietario dovrebbe evitare di arrecare disturbo al vicinato con l’uso
della propria cosa, il limite insormontabile dell’immissione è dato dalla normale tollerabilità, i cui
criteri sono la comparazione tra le esigenze della produzione e le ragioni proprietarie e la c.d.
prevenzione.
● gli ​atti di emulazione​: il proprietario non può fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello
di nuocere o recare molestia ad altri.


ESTENSIONE DEL DIRITTO DI PROPRIETA’
In ​senso verticale la proprietà teoricamente si estende all’infinito, ossia al sottosuolo e allo spazio
sovrastante il suolo; viene tenuto conto dello sfruttamento utile, quindi il proprietario non può opporsi ad
attività che si svolgano o ad un altezza o ad una profondità che non ne pregiudichino le caratteristiche.
In ​senso orizzontale si estende nell’ambito dei propri confini, tuttavia deve permettere l’accesso a terzi
nel fondo, per l’esercizio della caccia, per il compimento di opere necessarie del vicino, per il recupero
del suo vicino di cose accidentalmente cadute.

MODI DI ACQUISTO DELLA PROPRIETA’


Si distinguono tra modi d’acquisto ​a titolo originario (l’acquisto non dipende da un eguale diritto del
precedente proprietario) o ​a titolo derivativo (dipendono dall’esistenza del diritto di un precedente
proprietario; ad esempio, la compravendita).
I modi di acquisto a titolo originario sono:
● l'​occupazione​: è la presa di possesso di cose mobili, accompagnata dall’animo di farle proprie;
riguarda in particolare le cose che non siano di proprietà di nessuno e trattandosi di mero atto
giuridico, la dottrina dominante prevede solo la capacità di intendere e volere.
● l'​invenzione​: si intende il ritrovamento delle cose smarrite che devono essere consegnate al
proprietario o se ignoto al sindaco. Dopo un anno, la cosa smarrita se non reclamata al
ritrovatore spetta il diritto di proprietà, se il proprietario si presenta deve un premio pari al 10% del
valore della cose. Se si trova una cosa sotterrata, il tesoro appartiene al proprietario del fondo
dove è stata trovata se la trova costui, oppure al 50% tra ritrovatore e proprietario a meno che
non si tratti di cose di interesse storico, archeologico che appartengono sempre al patrimonio
indisponibile dello Stato.
● l’​accessione​: si verifica quando una proprietà preesistente (ad esempio, il suolo) attira nella sua
orbita altre cose che prima erano estranee (ad esempio, gli alberi), queste saranno sempre di
proprietà del proprietario della cosa principale.
● la ​specificazione​: è un modo di acquisto a titolo originario, è il modo di acquisto della proprietà
della materia altrui da parte di chi la adopera per formare una nuova cosa; ad esempio, scultore
che fa statua con marmo altrui ne diventa proprietario e paga la materia.
● l’​usucapione: è un modo di acquisto della proprietà di una cosa o di altro diritto reale di
godimento della stessa, mediante il possesso della cosa stessa per un periodo di tempo stabilito
dalla legge.
I modi di acquisto a titolo derivativo sono:
● i negozi traslativi della proprietà (compravendita);
● i trasferimenti coattivi (espropriazione);
● la successione a titolo di eredità.

LE AZIONI A DIFESA DELLA PROPRIETA’


Sono dette ​petitorie in quanto mirano ad accertare ed affermare la titolarità del diritto di proprietà contro
chi la contesti direttamente o indirettamente e sono le seguenti:
● la ​rivendica​: è l’azione con cui il proprietario rivendica la cosa propria da chiunque la possiede o
la detiene senza titolo. E’ un azione di condanna che tende a far ottenere al proprietario il bene
indebitamente posseduto da altri. Legittimato attivamente è chi sostiene di essere il proprietario,
che si trova in posizione gravosa in quanto deve dimostrarne la proprietà (se il bene è un
immobile occorre che l’attore dimostri di aver posseduto il bene per un tempo utile ad usucapirlo,
se invece è mobile è sufficiente la prova di aver ricevuto il bene in buona fede). Legittimato
passivamente è chi detiene la cosa abusivamente, meno gravosa è la sua posizione in quanto
non deve dimostrare nulla. Le conseguenze sono che il possessore dovrà restituire la cosa con i
suoi frutti, ha diritto al rimborso per le spese di riparazioni straordinarie, nonché indennità per
miglioramenti apportati.
● l’​azione negatoria​: è quell’azione con cui il proprietario tende a far dichiarare l’inesistenza dei
diritti affermati da altri sulla cosa quando ha motivo di temerne pregiudizio o a far cessare le
turbative o le molestie che arrechi al suo diritto. Legittimato attivamente è il proprietario e
passivamente colui che afferma di essere titolare di diritti reali sulla cosa o arreca molestie.
● l’​azione di regolamento sui confini​: mediante la quale ciascuno dei proprietari di un fondo
confinante può chiedere che sia stabilito giudizialmente il confine tra i due fondi; quando tale
confine sia obiettivamente incerto, sono entrambi legittimati.
● l’​azione per opposizione di termini​: ciascuno dei proprietari limitrofi può chiedere quando sia
certo il confine tra i fondi che siano posti o ripristinati a spese comuni i segni materiali o tangibili
di tale confine; sono entrambi legittimati attivamente e passivamente in quanto hanno l’onere di
dare la certezza del confine.
La differenza tra azione di rivendica e azione di accertamento di proprietà sta nel fatto che la prima è
un’azione di condanna, la seconda di mero accertamento; inoltre la prima presuppone che il proprietario
sia stato spogliato del suo bene la seconda no.


LA PERDITA DELLA PROPRIETA’
Comporta l’​estinzione del diritto di proprietà​, si configura a seguito dell’acquisto da parte di terzi della
proprietà del bene a titolo originario. La proprietà si estingue per ​abbandono​, che consiste
nell’intenzione di rinunciare ad un bene ed al diritto su di esso, per parlarsi di abbandono occorre la
perdita di possesso e l’intenzione di rinunziare al diritto, la cosa abbandonata si distingue da cosa
smarrita e dalla cosa dimenticata. Per i beni mobili l’abbandono comporta la perdita di proprietà, per i
beni immobili, che diventano di proprietà dello Stato, occorre un atto di rinuncia scritto.


IL POSSESSO
Il ​possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della
proprietà o di un altro diritto reale. Si concreta in una relazione di fatto tra un soggetto ed un bene e gli
elementi sono:
● il ​corpus possessionis, il comportamento materiale che il soggetto assume nei confronti del
bene (elemento oggettivo);
● l’​animus possidendi, che si identifica nella volontà del possessore di esercitare sul bene i poteri
del proprietario o del titolare di un altro diritto reale (elemento soggettivo).
Sono suscettibili di possesso i beni materiali, le energie naturali, le universalità di cose, i mobili registrati,
i titoli di credito, mentre non sono suscettibili di possesso le universalità giuridiche (l’eredità o l’azienda),
le parti non separabili di cose composte, le pertinenza, lo spazio aereo e i beni demaniali.
La detenzione può definirsi come un mero potere di fatto sulla cosa non accompagnato dall’intenzione di
esercitare un’attività corrispondente ad un diritto reale, ovvero il detentore si trova in un rapporto di
contiguità fisica con la cosa ma è consapevole di non poter vantare alcun diritto su di essa. La
detenzione prevede l’elemento dell’​animus detinendi, può essere nell’interesse proprio o altrui. La
detenzione può tramutarsi in possesso solo nel caso in cui la causa provenga da un terzo, il quale
affermi di essere il proprietario del bene e trasferisca il diritto di proprietà al detentore o con l’opposizione
del detentore, il quale comunica al proprietario l’intenzione di non essere più detentore bensi di voler
tenere il bene a nome e per conto proprio.
L’acquisto del possesso può essere ​originario e si realizza con l’apprensione fisica della cosa o
derivativo e si realizza con la consegna della cosa o la successione. La perdita del possesso si verifica
quando viene meno uno degli elementi, ​corpus o ​animus. La legge prevede:
1. la ​successione nel possesso​, alla morte del possessore il possesso continua nel suo erede con
gli stessi caratteri che aveva col defunto;
2. l’​accensione del possesso​, il successore a titolo particolare può unire al proprio possesso
quello del suo autore ai fini dell’usucapione.
Il possesso può essere legittimo e deve essere continuo, non interrotto, non violento e non clandestino,
può essere di buona fede (è quello di chi possiede ignorando di ledere l’altrui diritto, la buona fede si
presume ed è sufficiente che sussista al tempo dell’acquisto).
Nei confronti del possessore, il proprietario della cosa può agire per far riconoscere il suo diritto ad
ottenere la restituzione del bene, se lo domanda è accolta il possessore è tenuto a riconsegnare la cosa
con i suoi frutti; nel caso di ​possessore di buona fede deve riconsegnare i frutti percepiti dal momento
della domanda, nonché quelli che avrebbe potuto percepire se avesse avuto la diligenza da buon padre
di famiglia; nel caso di ​possessore mala fede deve restituire tutti i frutti, percepiti e percipiendi, fin dal
momento in cui ha iniziato a possedere.


ACQUISTO IMMEDIATO DELLA PROPRIETA’ DI BENI MOBILI
In materia mobiliare vige il ​principio che il possesso vale titolo. Il possesso dell’acquirente è,
unitamente alla sua buona fede, il principale elemento costitutivo per l’acquisto della proprietà del bene
mobile; occorre anche un titolo idoneo per trasferire la proprietà del bene (ad esempio, un contratto, un
provvedimento dell’autorità amministrativa). Se taluno, con contratti successivi, aliena a più persone il
medesimo bene mobile, tra questi è preferito il primo che ha acquistato in buona fede a norma dell’art.
1155 c.c., i cui presupposti sono che l’oggetto deve essere un bene mobile non registrato, l’avente causa
deve ricevere il possesso ed essere in buona fede al momento della consegna, il titolo deve essere
valido.
Il possesso, benchè sia una situazione di fatto, riceve protezione dall’ordinamento giuridico per
un’esigenza di ordine collettivo, basti pensare che se ognuno si impossessasse di ciò che altri possegga
senza esserne proprietario, l’ordine pubblico sarebbe pregiudicato. Per questo motivo vi sono le ​azioni
possessorie​, ovvero rimedi giudiziari a tutela del possesso contro qualsiasi turbativa. Si distinguono:
● l’​azione di reintegrazione​: è l’azione con cui il possessore, privato del bene, chiede entro l’anno
dal sofferto spoglio, di essere reintegrato nel possesso dello stesso. Lo spoglio di cui il
possessore è stato vittima deve avere i requisiti della violenza e della clandestinità. Legittimati
attivamente alla reintegra sono il possessore ed il detentore, legittimato passivo è l’autore
materiale dello spoglio.
● l’​azione di manutenzione​: è diretta a tutelare i possessori contro le molestie o le turbative, è
concessa contro lo spoglio non violento e non clandestino. Con questa azione è tutelabile
soltanto il possesso avente ad oggetto un bene immobile o un’universalità di mobili; legittimato
attivamente è il possessore, passivamente l’autore della molestia o dello spoglio.
Vi sono poi le ​azioni di nunciazione​, ossia sono azioni affini alle possessorie e sono azioni cautelari
che tendono alla conservazione di uno stato di fatto mirando a prevenire un danno o un pregiudizio che
può derivare da una nuova opera o una nuova cosa altrui e sono:
● la ​denuncia di nuova opera​: è l’azione con cui il proprietario denunzia un’opera da altri
intrapresa e non ancora terminata quando abbia ragione di temere che da essa possa derivare
danno alla cosa che forma oggetto del suo diritto o possesso.
● la ​denuncia di danno temuto​: è quella con cui il proprietario si rivolge all’Autorità Giudiziaria
quando teme che da un albero, una costruzione, ecc., stia per derivare un danno grave o
prossimo alla cosa che forma oggetto del suo diritto.


LA COMUNIONE
Rientra nel concetto di contitolarità di diritti e ricorre quando un diritto appartiene a due o più persone e si
distingue tra:
● comunione volontaria (accordo tra partecipanti) e ​incidentale (atto indipendente dalla volontà;
ad esempio, eredità);
● comunione ordinaria (ogni partecipante può chiedere la divisione) e ​forzosa (suddetta facoltà è
negata);
● comunione propria (oggetto è suscettibile di godimento) e ​impropria (l’oggetto non ha la
suddetta caratteristica).


DISCIPLINA GIURIDICA DELLA COMUNIONE
Le fonti della ​comunione sono il titolo (cioè la volontà delle parti), le norme legislative speciali per i vari
tipi di comunione e le norme generali. I diritti dei singoli comunisti sono:
● il diritto all’uso comune della cosa;
● il diritto di disposizione della quota;
● il diritto al godimento degli utili;
● la gestione della cosa comune;
● il diritto a chiedere la divisione della cosa comune.
Per le decisioni si applica il principio di maggioranza: semplice per gli atti di ordinaria amministrazione,
qualificata (ossia i 2/3) per innovazioni ed atti eccedenti l’ordinaria amministrazione. La cessazione della
comunione si attua con la divisione, per contratto o su sentenza del Tribunale se non si trova l’accordo.

IL CONDOMINIO NEGLI EDIFICI


E’ una particolare forma di comunione forzosa e perpetua, nasce dal fatto che necessariamente nel caso
di più proprietà divise per piani, vi sono delle parti che non possono non essere in comune, quindi il
singolo condomino oltre ad essere esclusivo proprietario di casa è anche comproprietario di questi beni.
Gli organi fondamentali del condominio sono:
● l’​assemblea dei condomini​ che è l’organo deliberativo;
● l’​amministratore​ che è l’organo esecutivo ed è necessario se vi siano più di 4 condomini.
L’assemblea per avere valore deve avere un minimo di partecipanti e l’invito deve essere rivolto a tutti i
condomini, le decisioni vengono prese per maggioranza semplice, tranne che per casi ove occorre il
consenso di tutti. Ogni condominio con più di 10 condomini deve avere un regolamento in cui siano
fissate le norme d’uso dei vari beni, agisce a mezzo amministratore nei confronti di terzi, questi ha anche
la rappresentanza processuale. Il condominio ha durata perpetua fino al momento in cui tutti gli
appartamenti non diventino di unica proprietà.


LA MULTIPROPRIETA’
Ricorre quando lo stesso immobile viene separatamente alienato a più soggetti. A ciascuno è attribuito il
diritto di godere di quella frazione immobiliare in modo esclusivo ma per periodi di tempo limitati a turno
con gli altri proprietari della medesima frazione immobiliare.


LA SUPERFICIE
Il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di
altri che ne acquista la proprietà, può alienare la proprietà della costruzione già esistente, separatamente
dalla proprietà del suolo. E’ una deroga al principio per il quale tutto ciò che sta sopra al suolo
appartiene al proprietario. L’art. 952 c.c. prevede il cd. ​diritto del superficiario sul suolo​, cioè il diritto
di erigere e mantenere una costruzione su suolo altrui e il diritto dello stesso superficiario sulla
costruzione. Il diritto di superficie può sorgere per contratto o negozio e per testamento, legittimato a
costituire il diritto è soltanto il proprietario del suolo, può essere costituito in perpetuo o per un tempo
determinato, quando è a tempo determinato il proprietario del suolo, una volta scaduto il termine, di
diritto diventa proprietario anche della costruzione. Oltre che per scadenza del termine il diritto di
superficie può estinguersi per prescrizione, ma se la costruzione è già stata eseguita non potrà esserci,
se invece non è stata costruita il diritto di eseguirla si estingue se non esercitato nei 20 anni dalla sua
costruzione. Come tutela il superficiario è legittimato ad esperire una azione rivolta a far cessare le
turbative che ostacolano la realizzazione della costruzione.


L’ENFITEUSI
Costituisce quel diritto reale di godimento su cose altrui che attribuisce al titolare lo stesso potere di
godimento del fondo che spetta al proprietario, salvo l’obbligo di migliorare il fondo e di pagare al
proprietario concedente un canone periodico. Può essere costituita sia su fondi agricoli che urbani. Può
sorgere per usucapione, testamento e contratto, può essere costituita in perpetuo o a tempo
determinato, che non può essere inferiore a 20 anni.
Il ​concedente ha diritto al canone, al miglioramento del fondo e ha l’obbligo di rimborsare, quando cessa
l’​enfiteusi​, i miglioramenti effettuati.
L’​enfiteuta ha diritto sui frutti del fondo, al rimborso dei miglioramenti, ha l’obbligo di pagare le imposte e
gli altri pesi che gravano sul fondo, di pagare il canone periodico al concedente, di migliorare il fondo.
L’art. 968 c.c. fa espressamente divieto all’enfiteuta di costituire, a sua volta, enfiteusi sul fondo.
L’enfiteuta ha diritto all’​affrancazione​, e attraverso il suo esercizio può diventare proprietario del fondo
mediante il pagamento di una somma di denaro pari a 15 volte il canone annuo; in caso di mancata
adesione del proprietario può adire vie legali e richiedere sentenza costitutiva. La ​devoluzione è invece
un diritto del proprietario, il quale può ottenere la liberazione del fondo, chiedendo all’Autorità Giudiziaria
una pronunzia costitutiva di caducazione dell’enfiteusi, con conseguente riespansione del diritto di
proprietà se l’enfiteuta deteriora il fondo, non adempie nell’obbligo di migliorarlo o non paga da due anni.
L’enfiteusi si estingue per decorso del tempo, per perimento del fondo, per confusione, quando
l’enfiteuta diventa anche proprietario, per non uso ventennale del diritto da parte dell’enfiteuta o per
effetto di affrancazione o devoluzione.


LE SERVITU’ PREDIALI
La ​servitù consiste nel peso (o limitazione) imposto sopra un ​fondo per l’utilità di un altro fondo
appartenente a diverso proprietario. La servitù è quindi diretta a realizzare l’utilizzazione di un fondo
(​dominante​) per il servizio di un altro fondo (​servente​), creando una situazione di vantaggio per il
proprietario del fondo dominante. E’ posta a vantaggio del fondo e non del proprietario, sicchè questi
riceve il vantaggio della servitù appunto attraverso il suo bene. La servitù presenta i seguenti caratteri:
● appartenenza dei due fondi a proprietari diversi;
● indivisibilità (la servitù si estende ad ogni parte del fondo ed è indivisibile da esso);
● ambulatorietà attiva e passiva (le servitù si trasferiscono automaticamente e congiuntamente al
trasferimento del fondo dominante o servente cui accedono);
● impossibilità di consistere in un facere.
Le servitù possono essere:
● apparenti​ (si manifestano con opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio);
● non apparenti​ (quelle per le quali non sono richieste tali opere);
● affermative (per le quali è richiesto un comportamento attivo del proprietario del fondo
dominante, che il proprietario del fondo servente deve sopportare);
● negative (comportano un non facere a carico del proprietario del fondo servente; ad esempio,
non costruire oltre una certa altezza);
● volontarie o coattive​ (per volontà dei singolo o per legge);
● t​emporanee o perpetue​ in base alla durata.


LE SERVITU’ COATTIVE
Sono quelle che trovano il loro titolo nella legge e sono tipiche, cioè sono soltanto quelle previste dalla
legge. Le principali figure sono: la ​servitù di acquedotto coattivo (consiste nel diritto di far passare
acque proprie attraverso fondi altrui), la ​servitù di passaggio coattivo (consiste nel diritto al passaggio
sul fondo vicino per accedere alla pubblica via, nel caso di interclusione assoluta o relativa del fondo).


COSTITUZIONE SERVITU’ VOLONTARIE
I modi di acquisto comuni a tutte le servitù sono il ​contratto tra il proprietario del fondo dominante e
del fondo servente e il ​testamento​. I modi di acquisto delle servitù apparenti sono l’​usucapione
ordinaria o abbreviata​ e la ​destinazione del padre di famiglia.
Le servitù si estinguono:
● per confusione, quando dominante e servente sono lo stesso proprietario;
● per prescrizione estintiva ventennale (non uso);
● scadenza del termine;
● abbandono del fondo servente;
● rinuncia del proprietario del fondo dominante;
● totale perimento di uno dei due fondi,
Le azioni a tutela sono: il mero accertamento, l’azione confessoria mirante alla cessazione di turbative
alla servitù e azioni possessorie.


L’USUFRUTTO
Si concreta nel diritto riconosciuto all’​usufruttuario di godere ed usare della cosa altrui, traendo da essa
tutte le utilità che può dare, con l’obbligo di non mutarne la destinazione economica. La ​nuda proprietà
è la situazione del proprietario del bene gravato da ​usufrutto al quale è sottratto il potere di usare il
bene stesso e di farne propri i frutti. Oggetto dell’usufrutto può essere qualunque specie di beni, in linea
generale deve trattarsi di beni infungibili ed inconsumabili, stante l’obbligo dell’usufruttuario di restituire lo
stesso bene alla fine dell’usufrutto; per le cose consumabili è previsto il ​quasi usufrutto​, che prevede la
restituzione di beni dello stesso genere e qualità.
A differenza degli altri diritti reali, è caratterizzato dalla temporaneità, infatti non può eccedere la vita
dell’usufruttuario o i 30 anni se si tratta di persona giuridica. Non esiste l’usufrutto successivo ma esiste
quello congiuntivo, che si estingue alla morte dell’ultimo usufruttuario. L’usufrutto può acquistarsi per
legge, per contratto, per testamento o per usucapione. L’usufruttuario ha diritto di conseguire possesso
della cosa, di far suoi i frutti e ad un’indennità per i miglioramenti apportati al fondo, di cedere il proprio
usufrutto, di concedere ipoteca sull’usufrutto e di locare il bene. Gli obblighi dell’usufruttuario sono legati
all’obbligo di restituire la cosa al termine dell’usufrutto, a tale fine deve fare a sue spese l’inventario dei
beni e prestare idonea cauzione per prendere possesso della cosa, non modificare la destinazione
economica del bene oggetto dell’usufrutto e nell’esercizio del suo diritto usare la ​diligenza del buon
padre di famiglia​, sostenere le spese e gli oneri relativi alla custodia, all’amministrazione ed alla
manutenzione ordinaria del bene, pagare imposte e canoni, denunciare al proprietario usurpazioni. Gli
obblighi del nudo proprietario sono curare le riparazioni straordinarie e far fronte ai contributi di miglioria
non annuali. L’usufrutto può estinguersi per morte dell’usufruttuario, prescrizione a seguito di non uso
ventennale, totale perimento del bene, abuso del diritto da parte dell’usufruttuario, rinuncia
dell’usufruttuario, scadenza termini, annullamento, rescissione, risoluzione del contratto. A tutela
dell’usufruttuario vi sono le azioni possessorie, di rivendica, negatorie e di mero accertamento.


L’USO E L’ABITAZIONE
Il ​diritto di uso attribuisce al suo titolare il potere di servirsi di un bene, se esso è fruttifero di
raccoglierne i frutti, ma solo limitatamente a quanto occorre ai bisogni suoi e della sua famiglia.
Il ​diritto di abitazione conferisce al titolare solo il diritto di abitare una casa limitatamente ai bisogni suoi
e della sua famiglia.
Entrambi hanno carattere personalissimo e non possono essere ceduti o locati.
10. Il negozio giuridico
ELEMENTI ESSENZIALI DEL NEGOZIO: LA VOLONTA’
Primo elemento è la ​volontà​, che passa attraverso un processo di formazione e un momento di
esteriorizzazione; durante tali fasi possono sorgere elementi di disturbo che cagionano la volontà viziata
o una divergenza tra volontà dichiarata e volontà interna. Può accadere che la dichiarazione sia stata
emessa senza che esista alcuna volontà del soggetto, vi sia una volontà ma non corrisponda a quella
dichiarata oppure che la dichiarazione corrisponda alla volontà ma questa si è formata in maniera
anormale per effetto di elementi perturbatori. Il legislatore ha accolto quindi come principio generale la
teoria dell’affidamento​, la quale ha riguardo alla situazione del destinatario: se questi non era in grado
di rendersi conto della divergenza tra volontà e dichiarazione, facendo affidamento sulla dichiarazione
stessa, il negozio è valido, se invece il destinatario sapeva che la dichiarazione non corrispondeva alla
volontà effettiva il negozio è invalido.

MANCANZA DI VOLONTA’
I casi in cui possa manifestarsi la mancanza di volontà sono:
● le ​dichiarazioni non serie​, aventi un contenuto solo apparentemente giuridico, ma che non
hanno alcun valore in quanto mancano di quei caratteri necessari per attribuire ad una condotta
umana il valore di un impegno (ad esempio, dichiarazioni fatte per scherzo o durante una
rappresentazione teatrale);
● la ​violenza fisica​, che ricorre quando un soggetto emette una manifestazione di volontà
negoziale perché costretto a forza da un altro soggetto.


DIVERGENZA TRA VOLONTA’ E DICHIARAZIONE
Si ha riserva mentale quando il soggetto intenzionalmente dichiara cosa diversa da quella che si vuole,
senza alcuna intesa col destinatario, il negozio in questo caso è valido ed efficace.
L’​errore ostativo è l’errore del dichiarante e cade sulla ​dichiarazione (ad esempio, dico 100 e volevo
dire 1000), sulla ​trasmissione della dichiarazione stessa (ad esempio, volevo trasmettere 10, per
errore del telegrafo invio 100), in questo caso il negozio è annullabile.
Il ​dissenso è un caso di divergenza tra volontà e manifestazione tipico dei contratti e ricorre quando in
seguito ad errore sulla natura od identità dell’oggetto del contratto o a causa di fraintendimento delle
dichiarazioni di una parte, la controparte aderisce senza che in realtà si sia avuto un incontro di volontà e
può portare all’annullabilità in caso di errore ostativo e alla nullità negli altri casi.
La ​simulazione costituisce il caso più rilevante e frequente di divergenza tra volontà e dichiarazione e si
sostanzia in una divergenza voluta dalle parti.

LA SIMULAZIONE
Si ha quando le parti, d’accordo, pongono in essere dichiarazioni difformi dal reale intento; gli elementi
della simulazioni sono tre:
1. la divergenza voluta;
2. l’accordo simulatorio;
3. l’intenzione di ingannare terzi.
La ​simulazione può essere assoluta o relativa: nel primo caso ricorre quando le parti pongono in essere
un dato negozio ma in realtà non vogliono alcun negozio, nel secondo caso ricorre quando le parti
pongono in essere un dato negozio ma in realtà vogliono un negozio diverso ed a sua volta sin distingue
tra ​soggettiva (c.d. ​interposizione fittizia​, ossia quando la parte sostanziale del contratto è diversa da
quella formale) ed ​oggettiva (che riguarda la natura del negozio ed un suo elemento). La simulazione
può aver luogo nei contratti e nei negozi unilaterali. L’​accordo simulatorio è un’intesa reciproca delle
parti sulla divergenza tra il negozio stipulato ed il loro effettivo rapporto, tale elemento serve a
distinguere la simulazione dalla riserva mentale in cui manca un’intesa tra i soggetti.


EFFETTI DELLA SIMULAZIONE
Tra le parti, in caso di ​simulazione assoluta il negozio simulato non produce effetto alcuno, in caso di
simulazione relativa il negozio simulato (fittizio) non produce alcun effetto, invece il negozio dissimulato
(occulto) produce effetti se non è vietato dalla legge.
Rispetto a terzi, il problema degli effetti della simulazione va risolto in base al principio di tutela
dell’affidamento per cui, i terzi pregiudicati dal contratto simulato sono interessati a dedurre la
simulazione e possono farne dichiarare la nullità, i terzi subacquirenti in buona fede sono tutelati in
quanto avendo fatto affidamento sulla dichiarazione e hanno acquistato i diritti dal titolare apparente.
Nei confronti dei creditori:
● i ​creditori del simulato alienante hanno interesse a far valere il carattere simulato perché
altrimenti non potrebbero agire sui beni apparentemente usciti dal patrimonio del loro debitore;
● i ​creditori del simulato acquirente invece non hanno interesse a che la simulazione venga alla
luce, in quanto guadagnerebbero la possibilità di far valere i loro diritti anche su beni fittiziamente
entrati nel patrimonio del loro debitore.
Il conflitto tra creditori ricorre quando i creditori del simulato alienante e del simulato acquirente vogliono
entrambi soddisfarsi sui beni oggetto del contratto simulato, in tal caso la legge tutela i creditori del
simulato alienante quando il loro credito è anteriore all’atto simulato e tutela i creditori dell’acquirente
simulato quando il loro credito è successivo all’atto simulato.


L’AZIONE DI SIMULAZIONE E PROVA DELLA SIMULAZIONE
Per far accertare la ​simulazione​, il soggetto interessato deve adire l’Autorità Giudiziaria con una
speciale azione, la c.d. ​azione di simulazione: azione di mero accertamento tendente a far valere la
realtà contro l’apparenza, cioè l’inefficacia del negozio simulato.

I VIZI DELLA VOLONTA’


Sono quegli elementi che si inseriscono nel processo della volontà, fuorviandola e determinandone una
formazione anormale. In presenza di un ​vizio​, la ​volontà non manca ne è difforme dalla dichiarazione,
ma nasce semplicemente malata ed i vizi, cui la legge attribuisce rilevanza sono: l’errore, il dolo e la
violenza.


L’ERRORE
Costituisce una falsa rappresentazione della realtà, ad esso è equiparata l’ignoranza, ovvero la
mancanza di qualsiasi nozione di un dato fatto. L’​errore può essere ​ostativo ed è quello che cade sulla
dichiarazione o sulla sua trasmissione, determinando un inconsapevole divergenza tra volontà e
dichiarazione (ad esempio, nel contrattare in lingua straniera, voglio acquistare una cosa ma ne compro
altra) e l’​errore-vizio che è quello che incide sul processo formativo della volontà e può distinguersi tra
errore di fatto e di diritto che consiste nell’ignoranza circa l’esistenza e l’applicabilità di una norma
giuridica. Il codice vigente ha equiparato gli effetti prodotti dall’errore ostativo e l’errore-vizio: entrambi
determinano l’annullabilità in caso di contratti ed hanno rilevanza solo se riconosciuti dall’altro contrente.
L’errore per essere causa di annullabilità deve essere ​essenziale (cioè tale da determinare la parte a
concludere il negozio) e ​riconoscibile (si considera tale quando in relazione al contenuto, alle
circostanze o alle qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo).

IL DOLO
Si intende per ​dolo ogni artificio o raggiro con cui un soggetto induce un altro soggetto in errore,
determinandolo a porre in essere un negozio che altrimenti non sarebbe stato concluso o lo sarebbe
stato a condizioni differenti. Si ha ​dolo commissivo (comportamento attivo della controparte) e ​dolo
omissivo (menzogna e reticenza OD omessa comunicazione di cosa vera). Il dolo in questione è il dolo
vizio della volontà, mentre il dolo come carattere generale costituisce un elemento di carattere
psicologico che si concreta nella corrispondenza tra un programma e l’azione posta in essere, il dolo
quale vizio della volontà si concreta in una particolare azione, l’azione di chi inganna o raggira.
Dolus malus è quello che vizia il negozio, ​dolus bonus è la normale esaltazione pubblicitaria del
proprio prodotto e non ha rilevanza sulla validità del negozio. Il ​dolo determinante è quello senza del
quale il negozio non sarebbe stato concluso, il ​dolo incidente è quello con il quale il negozio sarebbe
stato lo stesso concluso, ma a condizioni meno gravose.


LA VIOLENZA MORALE
Consiste nella minaccia di un male ingiusto e notevole posta in essere per determinare un soggetto a
compiere un negozio, in tal caso il negozio è annullabile. Agisce sulla volontà negoziale del minacciato,
differisce dalla violenza fisica e dal ​timore reverenziale (che si ha quando un soggetto nutre, a
prescindere da specifiche minacce esterne, nei confronti di un soggetto), in tal caso il negozio non è
annullabile. I requisiti della ​violenza morale per causare l’annullamento sono: la minaccia di un male
notevole (di un certo livello), ingiusto (antigiuridico) e diretto alla persona o ai beni dello stesso
contraente.


GLI ELEMENTI ACCIDENTALI DEL NEGOZIO GIURIDICO
Si dicono ​accidentali quegli elementi che le parti possono liberamente apporre ad un negozio giuridico,
influenzandone in tal modo l’efficacia. Sono elementi che una volta inseriti diventano per le parti
vincolanti ed essenziali. Sono: la condizione, il termine, il modus (o onere) e si distinguono in generali e
particolari; ​generali sono quelli che possono essere introdotti in tutte le categorie negoziali (ad esempio,
condizione, termine, modus), ​particolari sono quelli previsti solo per alcuni tipi di negozio (ad esempio,
clausola penale e caparra).


LA CONDIZIONE
Si intende un avvenimento futuro ed incerto al cui verificarsi le parti subordinano l’inizio (​condizione
sospensiva​) o la cessazione (​condizione risolutiva​) dell’efficacia del negozio. La ​condizione deve
riguardare un avvenimento futuro (e quindi non ancora verificatosi) e incerto, occorre quindi che al
momento in cui la condizione è apposta, sia obiettivamente impossibile prevedere con certezza il suo
verificarsi o meno, inoltre la condizione deve essere possibile e lecita. Della condizione possono farsi
varie distinzioni legate a:
- riguardo all’evento​: l’avvenimento dedotto in condizione potrà essere determinato nel tempo (ad
esempio, tizio diventa maggiorenne) o indeterminato nel tempo (ad esempio, tizio si sposerà);
- riguardo agli effetti​:
● condizione sospensiva, è quella da cui dipende l’inizio di efficacia del negozio (ad esempio, ti
regalo l’orologio se ti laurei),
● condizione risolutiva, è quella da cui dipende la cessazione degli effetti del negozio (ad esempio,
ti regalo l’orologio, ma se ti bocciano, me lo restituisci);
- rispetto alla causa produttrice dell’avvenimento​:
● condiziona casuale, il cui verificarsi dipende dal caso o dalla volontà di terzi, (ad esempio, se
verrà la nave dall’Asia),
● condizione formale, il cui verificarsi dipende in parte dalla volontà di un terzo e in parte dalla
volontà di una delle parti (ad esempio, ti farò un regalo se l’esame andrà bene),
● condizione potestativa, che può essere propria e si riferisce ad un interesse per la parte (ad
esempio, se apre un negozio, ti assumerò),
● condizione meramente potestativa, il cui compimento o mancanza dipende da mero arbitrio della
parte (ad esempio, se vorrò, se mi piacerà).


PENDENZA E MANCANZA DELLA CONDIZIONE
Si ha ​pendenza finché perdura una situazione di incertezza: la condizione non si è verificata ma può
ancora verificarsi. Se la condizione è sospensiva gli effetti del negozio non si producono, se è risolutiva,
si producono immediatamente con la conclusione del negozio. L’art. 1358 c.c. sancisce l’obbligo per
ciascuna parte di comportarsi, durante la pendenza, in buona fede, per conservare integre le ragioni
dell’altra parte.
Si ha ​mancanza quando l’evento dedotto in condizione non si è verificato ed è certo che non può
verificarsi. Se la condizione è sospensiva il negozio resta definitivamente inefficace, se è risolutiva gli
effetti del negozio diventano definitivi.


IL VERIFICARSI DELLA CONDIZIONE: RETROATTIVITA’
Quando la condizione si verifica, la situazione giuridica diventa definitiva con ​efficacia retroattiva; se la
condizione è sospensiva gli effetti del negozio si considerano prodotti dal momento della formazione del
negozio, non da quello del verificarsi della condizione (​ex tunc), se la condizione è risolutiva gli effetti del
negozio cadono ed essa retroagisce facendo venir meno gli effetti prodotti.

ILLICEITA’ ED IMPOSSIBILITA’ DELLA CONDIZIONE


La condizione è ​illecita quando contraria a norma imperative, all’ordine pubblico o al buon costume;
negli atti tra vivi rende nullo il negozio, negli atti di ultima volontà si ha per non apposta a meno che non
risulti come motivo unico determinante della disposizione.
L’​impossibilità della condizione può essere fisica (ad esempio, se tocchi il cielo con un dito) o giuridica
(ad esempio, se mi vendi un bene demaniale) se è su atti tra vivi, se è sospensiva rende nullo il negozio,
se è risolutiva si considera non apposta. Negli atti di ultima volontà si ha per non apposta a meno che
non risulti come motivo unico determinante della disposizione.


AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA CONDIZIONE
Esistono determinati negozi che non tollerano la condizione e tali atti sono: il matrimonio, i negozi di
diritto familiare, l’accettazione e la rinunzia all’eredità, l’accettazione e la girata cambiaria.


IL TERMINE
Può definirsi un avvenimento futuro (non ancora verificatosi) e certo (sicuramente si verificherà) dal
quale le parti fanno dipendere l’inizio o la cessazione di efficacia del negozio giuridico. In relazione alla
certezza dell’evento si distinguono condizione e termine; del termine possono farsi varie distinzioni:
● termine di efficacia, ​è quello da cui si fanno dipendere gli effetti del negozio e che si distingue a
sua volta tra termine iniziale (indica il momento dal quale debbano prodursi gli effetti del negozio)
e termine finale (indica il momento fino al quale debbano prodursi gli effetti del negozio);
● termine di scadenza, ​è quello che riguarda il momento in cui l’obbligazione deve essere
eseguita in presenza di un negozio immediatamente efficace;
● termine del diritto, ​è quello fissato dalle parti relativamente ai diritti che non hanno durata
perpetua.


GLI EFFETTI DEL TERMINE
Si distingue tra ​pendenza del termine e si ha finché il termine non si è ancora verificato e scadenza del
termine, ed è in questo momento che si verificano gli effetti del negozio (termine iniziale) o vengono
meno (termine finale). Il termine non ha effetti retroattivi in quanto è stata la volontà delle parti a voler
differire l’efficacia del negozio.


AMBITO ED APPLICAZIONE DEL TERMINE
Vi sono alcuni negozi che non ammettono l’apposizione di un termine e sono: il matrimonio, i negozi di
diritto familiare, la disposizioni testamentarie a titolo universale, l’accettazione e la rinunzia all’eredità.


IL MODUS
E’ una ​clausola accessoria che si appone solo agli atti di liberalità (ad esempio, istituzione di erede,
donazione) allo scopo di limitarne gli effetti (ad esempio, ti dono un immobile con l’obbligo di portare
ogni mese dei fiori sulla mia tomba). Il ​modus quando è impossibile o illecito, si ha per non apposto sia
negli atti di liberalità tra vivi che ​mortis causa a meno che non risulti come motivo unico determinante
della liberalità.
Il modus si distingue dalla condizione sospensiva (in quanto obbliga ma non sospende l’efficacia del
negozio) e dalla condizione risolutiva (in quanto la condizione di liberalità per inadempimento del modo
agisce ​ex nunc e quindi saranno salvi gli acquisti effettuati da terzi). L’adempimento del modus o onere,
può essere richiesto tanto nella donazione, quanto nelle disposizioni testamentarie, da chiunque sia
interessato e da chi abbia l’incarico di gestire attribuzioni di liberalità.


IL NEGOZIO GIURIDICO
Si intende quella particolare figura di atto giuridico lecito i cui effetti non sono prestabiliti dalla legge, ma
sono liberamente determinabili dalle parti, in conformità alla volontà manifestamente espressa ed alla
causa che l’atto stesso è capace di raggiungere. E’ definito un ​atto giuridico (umano, consapevole e
volontario), ​lecito (conforme alle prescrizioni dell’ordinamento), ​consistente in una dichiarazione di
volontà e produttivo di effetti giuridici; costituisce la manifestazione più importante dell’autonomia
privata, cioè il potere riconosciuto a soggetti privati di regolare da se i propri interessi. Ogni soggetto può
curare i propri interessi attraverso atti e negozi giuridici e tale possibilità è definita ​autonomia negoziale​,
che può assumere sia il significato di autonomia come vincolo (intesa come irrevocabilità dell’impegno)
che di autonomia come libertà (consistente nella possibilità per i privati di determinare l’effetto del
negozio attraverso la scelta del tipo contrattuale, del contenuto e di farsi sostituire nella conclusione del
negozio).
La teoria del negozio giuridico nacque nel '700, come principale espressione della libertà patrimoniale
dei privati. Il codice civile del 1942 non ha recepito questa categoria, disciplinando il contratto in generale
e non il negozio giuridico. Il legislatore del 1942 ha recepito il principio della tutela dell’affidamento,
dando particolare rilievo alla dichiarazione: la teoria della dichiarazione prevede che non conta quello
che il soggetto effettivamente voleva, ma ciò che è apparso all’esterno.
Elementi essenziali​ del negozio giuridico sono:
● uno o più soggetti;
● la volontà;
● la forma;
● la causa.
Gli ​elementi naturali sono quelli previsti dalla legge al fine di completarne la disciplina (ad esempio,
nella compravendita sono naturali la garanzia per i vizi della cosa), gli ​elementi accidentali sono quelli
che possono essere liberamente apposti dalle parti (non incidono sulla completezza del negozio ma ne
condizionano solo l’efficacia, i principali sono il termine, la condizione e il modo).
Sono altresì richiesti requisiti oggettivi e soggettivi, ovvero: la ​capacità giuridica di agire e la
legittimazione​ (ossia il potere di un soggetto di disporre di una determinata situazione giuridica).
I negozi giuridici possono classificarsi come segue:
- ​In relazione ai soggetti: la distinzione dei negozi giuridici si fonda sul numero delle parti, intese non
come singolo soggetto, bensì come ciascun centro di interessi. All’interno di ciascuna parte può avere
rilevanza il numero di persone che la compongono, a seconda delle quali si distingue tra:
● negozi unilaterali​ (composti da una sola parte),
● bilaterali ​(composti da due parti),
● plurilaterali ​(composti da più di due parti).
I negozi unilaterali si distinguono a loro volta tra ​negozi soggettivamente semplici (manifestazione di
volontà proviene da una persona) e ​negozi unilaterali pluripersonali (volontà da più persone che
costituiscono un’unica parte).
Inoltre si distinguono in:
● negozi ricettizi (quelli che per produrre effetti devono essere portati a conoscenza di una
determinata persone; ad esempio, la disdetta);
● negozi non ricettizi​ (producono effetti in virtù solo della volontà; ad esempio, il testamento).
- ​In relazione alla natura dei rapporti​: si distingue tra non patrimoniali, generalmente nella sfera
familiare e patrimoniali, ovvero i rapporti economicamente valutabili (ad esempio, tutti i contratti).
- ​In relazione al corrispettivo​: possono essere ​onerosi quando all’attribuzione in favore di un soggetto
faccia riscontro un corrispettivo a carico dello stresso (ad esempio, compravendita) o ​gratuiti quando
manchi tale corrispettivo essendo il negozio diretto ad accrescere il patrimonio altrui senza
controprestazione (ad esempio, donazione, mutuo gratuito).
- ​In relazione all'evento morte​: si distingue tra ​negozi a causa di morte (il nostro ordinamento
prevede solo un negozio mortis causa ed è il testamento) e ​negozi ​inter vivos ​(tutti gli altri che
prescindono da tale presupposto della morte).


LA CAUSA
Figura tra gli elementi essenziali del negozio giuridico, la cui mancanza comporta quindi la nullità
dell’atto. Vi sono la ​teoria soggettiva ed oggettiva​. In quella soggettiva la ​causa viene fatta coincidere
con lo scopo che induce ciascun contraente ad assumere il vincolo giuridico, con l’esaltazione della
volontà individuale a discapito di una valutazione globale dello scopo concreto che si mira a realizzare;
in quella oggettiva il concetto di causa è visto sia come funzione economico-sociale dello strumento
negoziale adoperato dai privati sia come funzione economica-individuale.
Va distinta dai ​motivi​, in quanto la causa è l’elemento impersonale ed oggettivo, i motivi invece sono
elementi personali e soggettivi, la causa è l’elemento essenziale del negozio ed è rilevante a molteplici
fini, i motivi sono normalmente irrilevanti salvo particolari eccezioni.
Alla base della causa si distinguono:
● i ​negozi tipici​, quelli corrispondenti ai tipi fissati dalla legge, forniti di una propria denominazione
e di una specifica ed autonoma disciplina;
● i ​negozi atipici​, quei negozi posti in essere dai soggetti e non corrispondenti ai tipi disciplinati
dalla legge (sono soggetti a norme e principi generali dell’ordinamento e devono essere diretti a
realizzare un interesse meritevole di tutela), questi subiscono un controllo di liceità e di
meritevolezza;
● i ​negozi misti​, il risultato della fusione delle cause di due o più negozi tipici;
● i ​negozi collegati​, quando la funzione economica si realizza con il ricorso a più negozi, ciascuno
dei quali produce gli effetti propri ma che concorrono ad un unico risultato.
La causa in un negozio giuridico può mancare ​ab origine (difetto genetico della causa) o in un momento
successivo (difetto funzionale). Motivo di nullità del negozio (al pari della mancanza della causa) è
l​’illiceità della causa​, che si verifica quando questa sia contraria a norme imperative, all’ordine pubblico
o al buon costume.
I motivi che determinano le parti a compiere il negozio sono di norma irrilevanti, tranne chi in alcuni casi
previsti dalla legge, è nullo il contratto quando le parti si siano determinate a concluderlo esclusivamente
per un motivo illecito comune ad entrambe (ad esempio, casa locata per essere adibita a casa
d’appuntamenti): in tale circostanza la causa è lecita (scambio tra canone e godimento dell’abitazione),
ma il motivo è illecito. E’ nullo il negozio concluso in frode alla legge poiché la causa è reputata illecita,
cioè il negozio che costituisce il mezzo per eludere una norma imperativa.


LA FORMA
Il mezzo con cui si manifesta la volontà negoziale è la ​forma​, considerata un elemento essenziale in
quanto non può mancare in nessun negozio giuridico. A seconda dei modi con cui viene manifestata si
distingue tra:
● dichiarazione espressa​, si attua con parole, scritti, cenni;
● manifestazione tacita​, consiste in un comportamento che non costituisce direttamente un
mezzo di espressione o di comunicazione, ma che presuppone e realizza una volontà e così
indirettamente la manifesta.
Il silenzio, secondo la dottrina, può essere considerato un contegno equivoco e neutro, insuscettibile di
dar vita ad un negozio, ma può essere anche considerato un’espressione di volontà nel caso di un
precedente accordo tra le parti. Inoltre può essere fatto valere come manifestazione tacita di consenso,
quando vi siano circostanza tali da renderlo significativo di una precisa intenzione delle parti.
Nel nostro ordinamento vige il ​principio della libertà di forma che consente al dichiarante di
manifestare la propria volontà nella forma che preferisce. In alcuni casi però l’ordinamento subordina la
volontà del negozio all’uso di una forma determinata per due motivi:
1. richiamare l’attenzione del dichiarante sull’atto che compie e predisporre una documentazione;
2. dare certezza all’atto che si compie, in questi casi la legge richiede un atto pubblico o una
scrittura privata. Questa forma richiesta per alcuni negozi è un onere per il dichiarante, che senza
l’osservanza di essa, non può realizzare l’intento negoziale, infatti il negozio privo della forma
necessaria è nullo (ad esempio, compravendita di immobili, testamento).
Per alcuni negozi, la ​forma scritta è richiesta solo per la prova del negozio, in questo caso
l’inosservanza non influisce sulla validità del negozio ma solo sulla possibilità di provarlo.
La problematica relativa agli atti giuridici si è dovuta adeguare alla rivoluzione telematica, ha fatto così la
sua comparsa il c.d. ​documento informatico​, cioè la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati
giuridicamente rilevanti che il legislatore ha provveduto a disciplinare dichiarandone l’efficacia giuridica.
L’atto è valido a norma di legge se sottoscritto con firma digitale, che ha il valore proprio della scrittura
privata, fino a prova contraria, ma riveste un efficacia probatoria incerta, in quanto spetta al giudice di
volta in volta attribuirgli un valore probatorio.


LA PATOLOGIA NEL NEGOZIO GIURIDICO
Ai negozi stipulati da privati l’ordinamento attribuisce valore se essi rispettano i limiti che l’ordinamento
stesso pone. In particolare la legge richiede che i negozi giuridici e gli altri atti di autonomia privata
presentino determinati elementi o requisiti. Se uno di tali elementi manca o è viziato, il negozio è
difforme dalla legge, e conseguenza immediata della difformità della legge è che il negozio non è in
grado di produrre i suoi effetti o, se questi si producono egualmente, non possono permanere, per cui il
negozio è destinato a divenire ​inefficace​.


L’INESISTENZA DEL NEGOZIO
Si ha quando questo non è semplicemente viziato, ma manca addirittura di quel ​minimum di elementi
necessari per poter essere concepito, qualificato o identificato come negozio giuridico. Gli effetti
dell’​inesistenza non sono identici a quelli della nullità, infatti la ​nullità può eccezionalmente essere
eliminata, il negozio inesistente non ammette mai convalida, il negozio nullo può produrre in alcuni casi
determinati effetti, il negozio inesistente non produce effetti, nemmeno indiretti, il negozio nullo può
convertirsi, quello inesistente no. Ad esempio: un testamento olografo scritto a macchina non sarà
inesistente, ma nullo, perché almeno è stato rispettato un minimo di forma, anche se non è quella
richiesta dalla legge, che prevede la scrittura a mano. Se invece è fatto a voce, manca anche quel
minimum richiesto e sarà quindi inesistente.


LA NULLITA’ DEL NEGOZIO
E’ l’aspetto più grave che può assumere l’invalidità del negozio. Per il codice il negozio è ​nullo​ quando:
● manca uno degli elementi essenziali (accordo, causa, oggetto);
● la causa è illecita;
● il motivo è illecito;
● l’oggetto è impossibile, illecito, indeterminato, indeterminabile;
● è contrario a norme imperative.
Il negozio nullo non produce effetti, di conseguenza se il negozio è stato eseguito le prestazioni già
effettuate costituiscono un indebito in quanto prive di titolo e per questo devono essere restituite; la
dichiarazione di nullità di regola ha rilievo anche nei confronti dei terzi, infatti se un terzo ha acquistato
un diritto da colui al quale il diritto stesso è stato trasferito in base ad un negozio nullo, la sentenza che
ha dichiarato la nullità del trasferimento travolge anche il diritto del terzo. La ​nullità totale è quella che
riguarda l’intero negozio, la ​nullità parziale​ si riferisce ad una o più clausole del negozio.
I caratteri tipici della nullità sono:
● l’improduttività di effetti, il negozio non produce gli effetti della categoria cui appartiene;
● l’assolutezza, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse;
● le rilevabilità d’ufficio dal giudice;
● l’insanabilità, il negozio nullo non può sanarsi ne per convalida ne per prescrizione dell’atto;
● l'imprescrittibilità, non è soggetta a limiti di tempo;
● efficacia retroattiva della dichiarazione di nullità;
● natura dichiarativa.
La ​conversione è il fenomeno per cui un negozio nullo può produrre gli effetti di un negozio diverso, del
quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, il fondamento di esse si deve ravvisare nel principio di
conservazione del negozi. I requisiti della conversione sono:
● un ​elemento soggettivo​, deve potersi presumere che le parti avrebbero voluto il negozio da cui
da luogo conversione, se fossero state a conoscenza della nullità del negozio che hanno posto in
essere;
● un ​elemento oggettivo​, il negozio deve contenere i requisiti di sostanza e di forma del negozio
in cui dovrà essere convertito.

L’ANNULLABILITA’ DEL NEGOZIO


E’ l’altro aspetto che può assumere l’invalidità del negozio e si ha per quei negozi che pur essendo
difformi dall’ordinamento, non meritano una sanzione grave come la nullità. Il negozio è annullabile in
caso di vizio di consenso, incapacità legale o naturale della parte, in tutti gli altri casi previsti dalla legge.
Le caratteristiche dell’​annullabilità​ sono:
● l’efficacia interinale del negozio annullabile, il negozio finché non viene annullato produce i suoi
effetti;
● la relatività, l’annullamento può essere domandato di regola soltanto dalla parte nel cui interesse
è stabilito dalla legge;
● l’irrilevabilità d’ufficio, il giudice non può rilevare senza domanda di parte;
● la sanabilità, il negozio annullabile può sanarsi per effetto di convalida;
● la prescrittibilità, l’azione di annullamento è soggetta a prescrizione quinquennale;
● la natura costitutiva dell’azione di annullamento che mira a modificare una situazione giuridica
preesistente.
L’annullamento ha efficacia retroattiva ​ex nunc tra le parti, colui che ha ricevuto una prestazione in base
al negozio annullabile è tenuto a restituirla per intero, l’incapace deve restituire solo quanto della
prestazione è stato rivolto a suo vantaggio, per quanto riguarda gli effetti della retroattività nei confronti
dei terzi, se l’annullamento dipende da incapacità legale, gli effetti retroattivi dell’annullamento si
esplicano anche nei confronti dei terzi, se l’annullamento deriva da altre cause, (ad esempio, vizi della
volontà) la sentenza di annullamento non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi in buona
fede. Il negozio annullabile può essere sanato con una successiva manifestazione di volontà: la
convalida che sarebbe il negozio col quale il soggetto legittimato a proporre l’azione di annullamento,
rinuncia al diritto di annullamento, sanando il negozio stesso. La convalida può essere ​espressa
(quando la parte manifesta la volontà con un’apposita dichiarazione che deve contenere indicazione del
negozio annullabile, indicazione del motivo di annullabilità e la dichiarazione che si intende convalidare il
negozio) oppure può essere ​tacita (quando la parte da esecuzione volontaria al negozio conoscendo i
motivi di annullabilità).


LA TUTELA DELL’AFFIDAMENTO
E’ uno dei principi generali del nostro ordinamento e indica la preferenza accordata alla buona fede del
destinatario di una dichiarazione negoziale che sia viziata nella volontà.


IL PRINCIPIO DI CONSERVAZIONE
E’ un principio generale dell’ordinamento secondo il quale il prodotto dell’autonomia negoziale, deve
mantenersi in vigore il più possibile.


INEFFICACIA IN SENSO AMPIO E STRETTO
In ​senso ampio comprende i casi in cui la mancanza di effetti deriva da un vizio che inficia il negozio
nella sua stessa struttura o consistenza e che consiste in una situazione permanente o patologica; in
senso stretto​ sono caratterizzati da inettitudine transitoria e non patologica.


L’IRREGOLARITA’
Il negozio giuridico si dice ​irregolare quando pur essendo perfettamente valido ed efficace, abbia
tuttavia violato qualche comando legislativo, la cui sanzione non si riflette sull’atto, ma consiste in una
pena per chi lo ha posto in essere (ad esempio, mancata pubblicazione nozze, inosservanza lutto
vedovile).

LA RAPPRESENTANZA
Può definirsi come quella figura di sostituzione per cui un determinato soggetto (​rappresentante​) ha il
potere di agire in nome e per conto di un altro soggetto (​rappresentato​). Caratteristica peculiare della
rappresentanza è dunque l’intervento del rappresentante nella gestione di un affare altrui. Si distingue
tra:
● Rappresentanza diretta​: si ha quando il rappresentante agisce non solo per conto del
rappresentato, ma anche nel nome di questo. Le caratteristiche sono la spendita del nome altrui
e il verificarsi degli effetti del negozio giuridico direttamente ed unicamente nella sfera giuridica
del rappresentato. Il rappresentante è parte in senso formale del negozio, il rappresentato è parte
il senso sostanziale.
● Rappresentanza indiretta​: si ha quando il rappresentante agisce solo per conto, ma non nel
nome del rappresentato. Non è quindi la vera e propria ipotesi di rappresentanza in quanto
manca il carattere dell’agire per nome di oltre che per conto altrui. Le caratteristiche sono la
mancata spendita del nome altrui e il realizzarsi degli effetti del negozio giuridico nella sfera
giuridica del rappresentante, per cui sarà necessaria una ulteriore attività affinchè tali effetti
possano rilevarsi definitivamente in capo al rappresentato. Per ulteriore attività si intende che
nella rappresentanza indiretta, al contrario di quella diretta, il rappresentato non diviene parte del
contratto, ma i relativi effetti si riversano nel patrimonio del rappresentante che ha agito a nome
proprio e che ha l’obbligo di trasferimento in favore del rappresentato (interposizione reale di
persona).
● Rappresentanza legale​: la sua funzione è quella di rendere possibile all’incapace di agire il
compimento di atti che gli sarebbero preclusi; trova la sua fonte esclusivamente nella legge e nei
soli casi previsti dalla legge, ad esempio i genitori hanno la rappresentanza legale dei figli di
minore età, così come un potere di rappresentanza legale è riconosciuto al tutore, al protutore e
al curatore dello scomparso.
● Rappresentanza volontaria​: trova la sua fonte esclusivamente nella volontà dei soggetti, essa è
conferita attraverso un apposito negozio, la procura. La sua funzione è strettamente legata a
criteri di opportunità del rappresentato (agevolare e snellire affari, compimento di più atti
contemporaneamente a distanza)
● Rappresentanza organica​: non c’è alcuna scissione tra ente e persona che lavora a suo nome,
ma tra di essi si instaura un rapporto di compenetrazione, che vale ad escludere una sostituzione
dell’organo all’ente, costituendo il primo parte integrante del secondo, cui andrà imputata ogni
attività svolta dall’organo nell’esercizio delle sue funzioni.


NEGOZI NEI QUALI E’ ESCLUSA LA RAPPRESENTANZA
La ​rappresentanza volontaria non è ammessa in tutti quei negozi che per legge possono essere
compiuti esclusivamente dal titolare del diritto, che vengono definiti personalissimi e sono: il testamento,
la donazione, il matrimonio e i negozi familiari.

LA PROCURA
E’ il negozio col quale una persona conferisce ad un’altra il potere di rappresentarla; è un atto a
rilevanza esterna, poiché incide sui rapporti esterni tra rappresentato e terzi. Deve essere conferita con
la stessa forma prescritta dalla legge ​ad substantiam o ​ad probationem per il negozio che il
rappresentante deve concludere, può essere conferita anche verbalmente o per comportamenti
concludenti. E’ un negozio giuridico unilaterale, recettizio e preparatorio e può essere:
● Espressa​, se l’interessato conferisce ad un soggetto il potere di rappresentanza.
● Tacita​, se risulta da fatti concludenti (il commesso addetto alle vendite è autorizzato a vendere).
● Generale​, se riguarda tutti gli affari del rappresentato.
● Generica​, se riguarda una specifica categoria di atti.
● Speciale​, se riguarda solo uno o più affari determinati.
● Revocabile​, lo è generalmente.
● Irrevocabile​, è la procura conferita anche nell’interesse del rappresentante.
Il rappresentante, in base alla ​procura​, non ha l’obbligo ma solo la facoltà di gestire l’affare in nome e
per conto del rappresentato, il quale per ovviare a questo inconveniente accompagnerà alla procura un
rapporto di mandato o gestorio​, in base al quale la gestione diviene obbligatoria. La rappresentanza
diretta implica l’esistenza di due rapporti tra rappresentante e rappresentato, ossia la ​procura e il
mandato​, che si differenziano in quanto il mandato è un contratto costitutivo di diritti e di obblighi per le
parti, mentre la procura è un negozio unilaterale costitutivo di poteri per il rappresentante.


CAPACITA’, VIZI DELLA VOLONTA’ E STATI SOGGETTIVI
La capacità di diventare titolare di rapporti giuridici negoziali deve essere valutata con riferimento alla
persona del rappresentato poiché è nella sua sfera che si produrranno gli effetti giuridici prodotti dal
rappresentante. Il ​rappresentato deve essere capace di agire, per il ​rappresentante è sufficiente la
capacità di intendere e volere. Per accertare vizi della volontà o stati soggettivi, si guarda alla persona
del rappresentante, il negozio è annullabile se la volontà del rappresentante si è formata in modo viziato
(per errore, violenza, dolo).


ABUSO, ECCESSO, DIFETTO DI POTERE
Il contratto concluso dal rappresentante in nome e per conto del rappresentato, vincola costui soltanto se
il primo ha agito nei limiti delle facoltà concessegli. I casi in cui i limiti siano stati superati sono:
● Abuso di potere​: si ha quando il rappresentante abbia fatto cattivo uso del potere concessogli,
agendo per un fine diverso da quello per cui gli era stato conferito, perseguendo un interesse
proprio o di terzi in contrasto con quello del rappresentato. Vi sono due casi in cui si manifesta
abuso di rappresentanza:
1. nel caso di un ​contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi col
rappresentato;
2. nel caso di ​contratto concluso dal rappresentante con se stesso​.
● Eccesso e difetto di potere: ​si ha ​eccesso quando il rappresentante abbia agito superando i
limiti fissati dalla procura, si ha ​difetto quando si sia finto rappresentante senza averne i poteri
(c.d. ​falsus procurator). Secondo la giurisprudenza l’atto compiuto in tal caso è inefficace. In
entrambi i casi, colui che ha compiuto il negozio è tenuto a risarcire a titolo di responsabilità
precontrattuale al terzo contraente.


LA RATIFICA
E’ un negozio unilaterale e recettizio, con cui il rappresentato conferisce efficacia al negozio compiuto in
suo nome dal ​falsus procurator o dal rappresentante che abbia ecceduto nei limiti della procura,
accettandone gli effetti nella propria sfera. Costituisce una sorta di procura successiva ed ha effetto
retroattivo.

11. I diritti di obbligazione


IL RAPPORTO OBBLIGATORIO
Il codice non da una definizione del concetto di ​obbligazione​, esso si ricava dall’interpretazione delle
norme che regolano il ​rapporto obbligatorio​. Sono due le concezioni principali, ​concezione personale
e ​concezione patrimoniale: nel primo caso viene individuato l’oggetto dell’obbligazione nella
prestazione quale attività dovuta dal debitore, nel secondo caso l’oggetto è individuato nel bene che il
debitore deve al creditore.
Il legame che nasce con l’obbligazione crea un vincolo giuridico fra le parti differenziando l’obbligazione
da altri obblighi che nascono dal costume, dalla morale e dalla religione. L’obbligazione si scompone in
debito​, ossia il dovere di adempiere la prestazione e ​responsabilità​, consistente nell’assoggettamento
del patrimonio del debitore al potere coattivo del creditore (la responsabilità più che un elemento
costitutivo dell’obbligazione è una conseguenza dell’inadempimento del debitore).
Secondo la tesi classica la differenza tra diritti reali ed obbligazione sta nel fatto che i diritti reali sono
assoluti, ossia verso tutti, le obbligazioni sono diritti relativi, ovvero verso determinate persone.


LE FONTI DELL’OBBLIGAZIONE
E’ fonte dell’obbligazione ogni fatto giuridico dal quale trae origine l’obbligazione stessa, alcune hanno
natura negoziale (volontà del soggetto), altre non negoziale (non occorre la volontà) e le singole fonti
sono i contratti, i fatti illeciti e ogni altro fatto idoneo a produrre un obbligazione.


GLI ELEMENTI DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO
Il ​debito è la posizione giuridica passiva del rapporto obbligatorio ed ha come suo contenuto il dovere di
adempiere ad una determinata prestazione.
Il ​credito è il diritto all’adempimento, ossia la pretesa giuridicamente tutelata dal creditore ad ottenere la
prestazione.
L’oggetto consiste nella ​prestazione​, ossia nel comportamento tenuto dal debitore; la prestazione deve
presentare il requisito:
● della patrimonialità (ovvero la prestazione deve poter essere valutata economicamente);
● della possibilità;
● dellla liceità (non deve quindi essere contraria a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon
costume);
● della determinatezza o determinabilità (quindi la prestazione se non determinata dall’inizio, deve
essere accertata mediante un processo oggettivo e logico).
L’interesse del creditore, può essere anche soltanto scientifico, culturale, ideale o d’affezione, purché
socialmente apprezzabile e come tale degno di tutela giuridica.


IL DOVERE DI CORRETTEZZA
Il debitore ed il creditore devono comportarsi secondo le ​regole della correttezz:​, è un principio di
ordine etico elevato a dovere giuridico. Tale norma costituisce il principio di buona fede nell’esercizio dei
propri diritti e nell’adempimento dei propri doveri.


OBBLIGAZIONI NATURALI
Vi sono obbligazioni cui l’ordinamento riconosce solo alcuni aspetti tipici della disciplina del rapporto
obbligatorio, queste sono dette ​obbligazioni imperfette​, tra esse la figura tipica è quella
dell’​obbligazione naturale​. Ricorre questa fattispecie quando l’ordinamento riconosce rilevanza
giuridica a semplici doveri morali e sociali. Queste obbligazioni non sono munite di azione per
costringere il debitore al pagamento. Casi previsti sono il debito di gioco o l’esecuzione spontanea di una
disposizione fiduciaria; i caratteri sono l’​incoercibilità (in quanto nessuno può essere costretto
giudizialmente ad eseguire l’obbligo) e l’​irripetibilità (ossia l’impossibilità di farsi restituire quanto
spontaneamente prestato).


RESPONSABILITA’ PATRIMONIALE
Si manifesta come conseguenza dell’inadempimento del debitore. l’assoggettamento è su tutti beni
presenti e futuri del debitore e tutti i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del
debitore.


IL PRIVILEGIO
E’ un titolo di prelazione che la legge accorda al creditore in considerazione della particolare natura o
causa del credito. Si distinguono:
● privilegio generale​, che è solo mobiliare, si fa valere sul ricavato della vendita coattiva, eseguita
su tutti i beni mobili del debitore;
● privilegio speciale​, che può essere mobiliare o immobiliare, grava soltanto su determinati beni
del debitore.

I DIRITTI REALI IN GARANZIA (PEGNO E IPOTECA)


Sono cause legittime di prelazione e in quanto diritti reali presentano i requisiti dell’immediatezza,
assolutezza e diritto di sequela. Il ​pegno ha per oggetto beni mobili, l’​ipoteca beni immobili e diritti reali
immobiliari, con il pegno si trasferisce materialmente il bene al creditore, invece il bene oggetto di
ipoteca rimane in godimento del proprietario.


IL PEGNO
E’ un diritto reale di garanzia che si perfeziona con la consegna materiale della cosa; oggetto del pegno
possono essere i beni mobili, le universalità di mobili, i crediti ed altri diritti aventi per oggetto beni mobili.
Il ​pegno si costituisce mediante contratto di pegno, tra creditore e debitore, che ne è temporaneamente
spossessato a garanzia del pagamento del debito. Il possesso della cosa passa al creditore, ma non
l’uso e la disponibilità, salvo che il concedente abbia consentito l’uso o questo sia necessario per la
conservazione dell’oggetto di pegno. Il creditore è tenuto a custodire la cosa ed a restituirla quando il
credito sia stato interamente soddisfatto.


L’IPOTECA
E’ un diritto reale di garanzia concesso dal debitore su un bene a garanzia del credito, che attribuisce al
creditore il potere di espropriare il bene e di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato.
Possono essere oggetto di ​ipoteca i beni immobili con le loro pertinenze, i beni mobili registrati (ad
esempio, navi, autoveicoli), l’usufrutto, il diritto di superficie, il diritto dell’enfiteuta e quello del
concedente sul fondo enfiteutico, le rendite dello Stato. Il diritto di ipoteca si costituisce mediante
iscrizione nell’apposito registro presso l’ufficio dei registri immobiliari. L’ipoteca può essere:
● legale, ​quando la legge attribuisce ad alcuni creditori il diritto ad ottenere l’iscrizione ipotecaria
senza il concorso della volontà del debitore;
● giudiziale, ​chi ha ottenuto una sentenza di condanna al pagamento di una somma o
all’adempimento di un’altra obbligazione o al risarcimento del danno ha titolo per iscrivere ipoteca
sui beni del debitore;
● volontaria, ​nasce da contratto o da dichiarazione unilaterale di volontà da parte del concedente.
L’ordine di preferenza delle ipoteche dipende dalla data in cui vi è stata la registrazione, questa
determina il grado dell’ipoteca che è imprescrittibile ma il cui effetto dura 20 anni, dopo di che vi deve
essere rinnovo.


LA FIDEIUSSIONE
Si costituisce mediante un contratto con il quale un terzo si obbliga personalmente verso il creditore,
garantendo l’obbligazione altrui. La ​fideiussione costituisce un’obbligazione accessoria e sussiste un
rapporto di solidarietà tra debitore e fideiussore, il quale diviene obbligato in solido col debitore garantito.
La fideiussione può essere presta anche per un’obbligazione futura, particolare tipo è la ​fideiussione
omnibus che si ha quando un soggetto si obbliga a garantire l’adempimento di ogni obbligazione già
sorta o che sorgerà a carico di un altro soggetto, senza la previsione ne di limiti di durata, ne di limiti
quantitativi.
L’​avallo è una dichiarazione cambiaria con la quale taluno garantisce il pagamento della cambiale per
uno degli obbligati cambiari.
Il ​mandato di credito prevede che una persona dia ad un’altra l’incarico di far credito ad una terza
persona.
Il ​diritto di ritenzione prevede che talvolta il creditore possa trattenere una cosa che egli avrebbe
dovuto restituire al proprietario, al fine di indurre quest’ultimo a soddisfare un suo debito.


L'ADEMPIMENTO: MODI DI ESTINZIONE DELLE OBBLIGAZIONI
I modi di estinzione delle obbligazioni si distinguono in ​modi satisfattori (che fanno conseguire al
creditore la prestazione e sono adempimento, dazione in pagamento, confusione, compensazione) e
modi non satisfattori (che determinano la liberazione del debitore senza che il creditore riceva la
prestazione e sono novazione, remissione del debito, impossibilità sopravvenuta).
L’​adempimento consiste nell’esatta esecuzione della prestazione, estingue sia l’obbligo del debitore sia
il diritto del creditore, il creditore può rifiutare l’adempimento parziale tranne nei casi previsti dalla legge,
al debitore è imposta la diligenza del buon padre di famiglia che oltre ad individuare la modalità della
prestazione, indica lo sforzo cui il debitore è tenuto per evitare di incorrere nell’inadempimento o
nell’inesattezza dell’adempimento.
Il pagamento dell’obbligazione può essere fatto al creditore che abbia la capacità di ricevere (se
incapace al legale rappresentante), al rappresentante del creditore, alla persona indicata dal creditore,
alla persona autorizzata dalla legge. Il luogo dell’adempimento è determinato dalla volontà delle parti,
dagli usi e dalla natura della prestazione e infine dalle norme suppletive ex art. 1182 c.c. (obbligazione di
consegnare cosa certa va adempiuta nel luogo ove si trovava la cosa quando l’obbligazione è sorta;
obbligazione con somma di denaro presso il domicilio del creditore alla scadenza; tutte le altre al
domicilio del debitore alla scadenza). Il tempo dell’adempimento è il termine di scadenza
dell’obbligazione, in mancanza di fissazione del termine, l’obbligazione può esigersi immediatamente, se
è fissato un termine questo si presume a favore del debitore. L’adempimento del terzo si ha quando la
prestazione è effettuata da un terzo anziché dal debitore, il creditore può opporsi solo nel caso in cui
abbia interesse che il debitore esegua personalmente la prestazione o quando il debitore gli abbia
manifestato la sua opposizione.
L’istituto dell’indicazione dei pagamenti avviene quando il debitore ha più debiti nei confronti del
creditore, in questo caso si da la priorità a debiti scaduti (tra i quali hanno a loro volta la priorità quelli
meno garantiti), tra quelli ugualmente garantiti è preferito il più oneroso per il debitore (tra i quali il più
antico).
Quando il creditore lo consente, il debitore può liberarsi eseguendo una prestazione diversa da quella
dovuta, in tal caso l’obbligazione si estingue mediante l’effettiva esecuzione della prestazione diversa da
quella originaria. Oggetto della prestazione può essere anche la cessione di un credito, l’obbligazione si
estingue con l’effettiva riscossione del credito ceduto.
LE MODIFICAZIONI NEL LATO ATTIVO DEL RAPPORTO: LA SUCCESSIONE NEL CREDITO IN
GENERALE
Nella concezione giuridica il credito è considerato un elemento liberamente trasferibile, tale trasferimento
comporta una successione nel lato attivo dell’obbligazione che può avvenire a titolo universale (ad
esempio, mediante testamento) o a titolo particolare, che può derivare da un atto di disposizione e allora
si parlerà di cessione del credito.


LE MODIFICAZIONI NEL LATO ATTIVO DEL RAPPORTO: LA CESSIONE DEL CREDITO
E’ il contratto con cui il creditore (​cedente​), trasferisce ad un altro soggetto (​cessionario​) il proprio
diritto di credito, è quindi il contratto per mezzo del quale si effettua il trasferimento del credito. La
cessione è perfetta, indipendentemente dal consenso del debitore; l’art. 1260 c.c. esclude la cedibilità
per i crediti strettamente personali, per i crediti il cui trasferimento è vietato per legge e i crediti la cui
cessione è esclusa dalle parti. Per avere efficacia, la cessione del credito deve essere accettata dal
debitore, al quale deve essere notificata, nei confronti di terzi se uno stesso credito è stato ceduto a più
soggetti, l’acquisto si verifica solo a favore di chi per primo lo ha notificato al debitore e per primo ha
avuto l’accettazione di questi, se la cessione è a titolo oneroso il cedente è tenuto a garantire l’esistenza
del credito, se è a titolo gratuito la garanzia dell’esistenza è dovuta solo nei casi in cui la legge pone a
carico del donante la garanzia per evizione. La cessione può essere:
● pro soluto: ​quando il cedente non deve rispondere dell'eventuale inadempienza (solvibilità) del
debitore; garantisce solamente dell'esistenza del credito;
● pro solvendo: ​quando invece il cedente risponde dell'eventuale inadempienza del debitore.


LE MODIFICAZIONI NEL LATO ATTIVO DEL RAPPORTO: LA SURROGAZIONE DEL TERZO NEI
DIRITTI DEL CREDITORE
Il pagamento del terzo, quando è consentito, estingue l’obbligazione; in alcuni casi previsti dalla legge, il
pagamento del terzo realizza solo una modificazione soggettiva attiva del rapporto obbligatorio. La
surrogazione​ può aversi:
● per volontà del creditore che ricevendo un pagamento da parte di terzi, dichiari espressamente
di volerlo far subentrare nei propri diritti verso il debitore;
● per volontà del debitore che prendendo a mutuo una somma per pagare il creditore, può
surrogare il mutuante nella posizione del creditore pagato;
● per volontà della legge nei casi in cui la legge autorizzi il terzo a surrogarsi nei diritti del
creditore, indipendentemente dalla volontà del debitore e del creditore.


LE MODIFICAZIONI NEL LATO PASSIVO DEL RAPPORTO: LA SUCCESSIONE NEL DEBITO IN
GENERALE
Può aversi sia ​mortis causa che per atti tra vivi. Nella prima ipotesi il debito si trasmette all’erede insieme
con tutto il patrimonio del defunto, tra vivi è invece necessario il consenso del creditore.


LE MODIFICAZIONI NEL LATO PASSIVO DEL RAPPORTO: LA DELEGAZIONE
E’ l’istituto giuridico che realizza l’aggiunta o sostituzione di un altro creditore o di un altro debitore. Si
avrà ​delegazione attiva quando si delega la posizione del creditore assegnando al debitore un altro
creditore, si avrà ​delegazione passiva quando si delega la posizione del debitore assegnando al
creditore un altro debitore.
La delegazione passiva prevede due casi:
1. la ​delegazione di pagamento​, quando il debitore delega un terzo ad eseguire il pagamento al
creditore;
2. la ​delegazione di debito​, quando il debitore delega un terzo a promettere il pagamento entro
una certa scadenza futura.
La delegazione può essere ​cumulativa quando il nuovo debitore si aggiunge all’originario o ​liberatoria
(o privativa) quando il debitore originario è sostituito da un nuovo debitore.


LE MODIFICAZIONI NEL LATO PASSIVO DEL RAPPORTO: L’ESPROMISSIONE
E’ il contratto con il quale un soggetto (​espromittente​) si assume verso il creditore il debito di un altro
soggetto (​espromesso​) senza l’intervento di quest’ultimo (ad esempio, padre che paga debito del figlio).
Caratteristica fondamentale dell'​espromissione​ è la spontaneità e bisogna distinguere tra due casi:
● l’​espromissione cumulativa​, in cui l’espromittente è obbligato in solido col debitore originario;
● l’​espromissione liberatoria​, se il creditore espressamente dichiara di liberare il debitore
originario.


LE MODIFICAZIONI NEL LATO PASSIVO DEL RAPPORTO: L’ACCOLLO
E’ un contratto fra debitore (​accollato​) e un terzo (​accollante​), con il quale il terzo si assume il debito
dell’altro, a tale accordo non partecipa il creditore (​accollatario​). L’​accollo può essere ​interno (quando
l’accordo tra debitore e accollante non è manifestato al creditore), oppure ​esterno (quando il creditore
aderisce alla convenzione). L'accollo è ​cumulativo quando il creditore, all’atto di aderire alla
convenzione non dichiara di liberare il debitore il quale rimane obbligato in solido nei confronti del terzo,
oppure ​liberatorio​, quando il creditore dichiara espressamente di liberare il debitore.


LA CESSIONE DEL CONTRATTO
Si ha la sostituzione di una persona (​cedente​) con un’altra (​cessionario​) in tutti i rapporti nascenti da un
contratto, per cui il terzo cessionario assume, rispetto all’altro contraente (​contraente ceduto​), la stessa
posizione giuridica occupata dal cedente. Può avvenire soltanto in materia di contratti con prestazioni
corrispettive, ovvero quelle in cui ciascun contraente è ad un tempo creditore e debitore (ad esempio, il
venditore creditore del prezzo e debitore della consegna della cosa). Occorre il consenso del contraente
ceduto se le prestazioni non sono state ancora eseguite che può essere data anche in via preventiva.


L’INADEMPIMENTO
Perché il creditore possa essere considerato soddisfatto è necessario che il debitore effettui la
prestazione dovuta alla scadenza prevista. Si ha ​inadempimento quando il debitore non esegua affatto
la prestazione o la esegua in modo inesatto, oppure la esegua oltre il termine stabilito. L’inadempimento
è quindi ogni comportamento del debitore difforme da quello al quale è obbligato. Un rimedio stabilito dal
legislatore a tutela del creditore è il risarcimento del danno. L’inadempimento può dipendere da cause
imputabili al debitore, il quale sarà responsabile in proposito (responsabilità contrattuale) o da cause non
imputabili al debitore, in tal caso si parlerà di impossibilità sopravvenuta non imputabile ed il debitore
sarà liberato dall’obbligo senza alcuna responsabilità.


L’IMPUTABILITA’
Indica l’insieme dei presupposti soggettivi (capacità di intendere e volere, volontarietà dell’atto) perché
un’azione o gli effetti di un evento possano essere attribuiti alla persona che ha compiuto l’una o ha reso
possibile il verificarsi degli altri. I presupposti oggettivi si concretano nel rapporto di causalità, accertata
l’esistenza di tali presupposti incombe sull’inadempiente la responsabilità.


IMPOSSIBILITA’ SOPRAVVENUTA PER CAUSA NON IMPUTABILE AL DEBITORE
Quando il mancato pagamento non è imputabile al debitore, la legge (art. 1256 c.c.) prevede che il
debitore non sia tenuto al risarcimento del danno in quanto, mancando il dolo o la colpa, non sussiste
una responsabilità contrattuale. L’obbligazione si estingue perché viene meno la possibilità di eseguire la
prestazione. L’impossibilità di eseguire la prestazione deve essere: ​sopravvenuta (giunta dopo la
formazione del rapporto), l’​inadempimento deve essere assoluto (tale da non consentire in alcun
modo di adempiere), ​definitivo​, ​totale (intera prestazione) e ​oggettivo ( tale da impedire a chiunque la
prestazione).


INADEMPIMENTO IMPUTABILE AL DEBITORE
Se la causa è imputabile al debitore, si guarda all’intensità con cui la volontà dello stesso interviene
nell’atto e si distingue tra ​dolo (predeterminata intenzione di non adempiere all’obbligo) o ​colpa (ogni
negligenza o trascuratezza nell’adempimento dell’obbligo). L’​inadempimento in questo caso può
essere:
● assoluto​, quando l’esecuzione è divenuta impossibile a causa del debitore, purché sia decorso il
termine essenziale entro il quale l’obbligazione andava adempiuta (obbligo di risarcire il danno in
sostituzione alla prestazione originaria dovuta);
● relativo o “mora”​, consiste nel ritardo ingiustificato dell’adempimento rispetto alla scadenza (il
debitore è obbligato al risarcimento del danno prodotto dal ritardo).
Ove sia materialmente possibile, si fa luogo all’​adempimento coattivo in forma specifica (creditore
ottiene medesima prestazione dedotta in obbligazione), qualora non sia possibile, il debitore è obbligato
al risarcimento del danno.


LA MORA DEL DEBITORE
Consiste in un ritardo ingiustificato, ossia nella violazione dell’obbligo di adempiere tempestivamente.
Perché sia abbia ​mora​ devono verificarsi i seguenti presupposti:
● l’​esigibilità del credito​ (scadenza obbligazione);
● il ​ritardo nell’adempimento dovuto al debitore​;
● la ​costituzione in mora (constatazione formale del momento dal quale ha inizio l’inadempimento
del debitore).
Il debitore può cadere in ​mora di diritto (debitore in mora senza alcuna attività del creditore) o ​mora ex
persona​, mediante intimazione formale ad adempiere.

LA MORA DEL CREDITORE


Si ha quando questi rifiuti, senza legittimo motivo, di ricevere il pagamento offertogli dal debitore, ovvero
ometta di compiere gli atti preparatori per il ricevimento della prestazione. Per aversi ​mora del
creditore​, il debitore deve fare offerta di adempiere la prestazione al creditore, offerta che deve essere
solenne, ovvero compiuta da pubblico ufficiale nei modi previsti dalla legge. La costituzione in mora del
creditore produce il rischio dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione non imputabile al debitore,
resta a carico del creditore, il debitore deve essere risarcito dei danni derivanti dalla mora e non è più
tenuto a corrispondere gli interessi e i frutti della cosa.

IL RISARCIMENTO DEL DANNO


Si intende per ​danno patrimoniale il pregiudizio che il creditore ha sofferto per inadempimento e si
concreta nel ​danno emergente (perdita subita per mancata prestazione) e ​lucro cessante (guadagno
che il creditore avrebbe realizzato se avesse utilizzato la prestazione ottenuta). Entrambe le
manifestazioni sono risarcibili purché siano dirette, ovvero conseguenza diretta ed immediata
dell’inadempimento e prevedibili al momento in cui è sorta l’obbligazione. In caso di concorso del
creditore nella causazione del danno, il risarcimento è diminuito in proporzione della gravità della colpa e
dell’entità delle conseguenze che ne sono derivate.


LA CLAUSOLA PENALE
Al fine di prevenire difficoltà che potrebbero sorgere nella valutazione del danno derivante
dall’inadempimento, la legge consente alle parti di determinare preventivamente una somma da pagare
o altra prestazione da eseguire nel caso di inadempimento. Questo patto accessorio è detto ​clausola
penale​. Il creditore può scegliere tra il pagamento della penale o per l’esecuzione coattiva della
prestazione, ma non può domandare entrambe.


LA CAPARRA
Per i soli contratti a prestazioni corrispettive, le parti possono convenire che una consegni nelle mani
dell’altra una ​caparra​, ossia una somma di denaro o una quantità di cose fungibili e si distingue tra:
● caparra confirmatoria​, in cui viene versata una somma di denaro al momento della costituzione
del rapporto e che deve essere restituita se il contratto viene adempiuto, se vi sarà inadempienza
a causa del debitore, il creditore può trattenere la caparra, se vi sarà inadempienza dovuta al
creditore, il debitore può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra;
● caparra penitenziale​, ovvero una somma di denaro che una parte da all’altra come corrispettivo
per l’attribuzione della facoltà di recesso dall’obbligazione contrattuale.


SOLVIBILITA’
Si intende la sufficienza dei beni del debitore a fungere effettivamente da garanzia generica delle sue
obbligazioni. Il creditore ha pertanto interesse ad impedire che il patrimonio del debitore possa subire per
negligenza o per dolo del debitore stesso, diminuzioni che incidano sulla ​solvibilità​.


L’AZIONE SURROGATORIA
Consente al creditore di sostituirsi al debitore nell’esercizio dei singoli diritti o azioni a lui spettanti.
Fondamento dell’istituto è l’interesse del creditore alla conservazione della garanzia del patrimonio del
debitore; è consentita solo nei diritti di natura patrimoniale.


L’AZIONE REVOCATORIA
E’ l’azione concessa al creditore a salvaguardia dell’integrità del patrimonio del debitore, nel presupposto
che quest’ultimo consapevolmente compia atti con i quali si spogli dei propri beni, sottraendoli così al
soddisfacimento del creditore.

IL SEQUESTRO CONSERVATIVO
Ha lo scopo di impedire al debitore la disposizione dei beni per i quali sia stato chiesto e ottenuto il
sequestro. E' una misura cautelare preventiva che il creditore può chiedere quando ha fondato timore di
perdere le garanzie del proprio credito.


L’ESECUZIONE FORZATA
Il creditore per conseguire ciò che gli è dovuto, può far espropriare i beni del debitore; oggetto di tale
espropriazione è tutto il patrimonio del debitore, il creditore non può soddisfare da solo il suo diritto ma
dovrà rivolgersi ad un’autorità superiore. Organo dell’esecuzione è lo Stato.


L’ESECUZIONE COLLETTIVA
Si ha nei casi di crisi dell’imprenditore commerciale ed ha lo scopo di liquidare all’attivo dell’imprenditore
tutti i suoi creditori.


LA CESSIONE DEI BENI AI CREDITORI
E’ il contratto con cui il debitore incarica tutti o alcuni creditori di liquidare tutte o parti delle sue attività e
di ripartirne tra di loro il ricavato, in soddisfacimento dei rispettivi crediti. E' un contratto che va fatto per
iscritto a pena di nullità e ad ha effetti limitati ai soggetti che vi partecipano.


L’ANTICRESI
E’ un contratto con cui il debitore si obbliga a consegnare un immobile al creditore, affinché questi ne
percepisca i frutti, imputandoli agli interessi se dovuti e quindi al capitale; la sua durata non può superare
il decennio per evitare che il proprietario resti troppo a lungo spossessato del bene.


MODI SATISFATTORI: LA COMPENSAZIONE
Si ha nel caso in cui due soggetti siano contestualmente creditore e debitore l’uno dell’altro; si distingue:
● compensazione legale​: opera automaticamente se i debito sono omogenei, liquidi ovvero
determinati ed esigibili (non sottoposti a termine o condizione);
● compensazione giudiziale​: opera per effetto di una sentenza, si ha quando il debito opposto in
compensazione non è liquido ma è di facile liquidazione;
● compensazione volontaria​: si ha in seguito ad un accordo tra le parti. Alcuni crediti (ad
esempio, gli alimenti) non ammettono compensazione.


MODI SATISFATTORI: LA CONFUSIONE
Si ha quando le qualità del creditore e debitore vengono a riunirsi in capo alla stessa persona. Può
avvenire per atto tra vivi (ad esempio, cessione di azienda verso la quale il cessionario aveva debiti) e
mortis causa (ad esempio, creditore diviene erede del debitore)


MODI NON SATISFATTORI: LA NOVAZIONE
E’ il contratto con il quale le parti sostituiscono all’obbligazione originaria, che si estingue, una nuova
obbligazione con titolo od oggetto diverso. Si ha ​novazione soggettiva quando la nuova obbligazione
presenta una diversità di soggetti, si ha ​novazione oggettiva quando fra gli stessi soggetti si costituisce
un nuovo rapporto diverso dal precedente o nell’oggetto (dare una cosa al posto di un’altra) o nel titolo
(invece di dare somma a titolo di risarcimento danni, la si trattiene a titolo di mutuo). I requisiti della
novazione​ sono:
● l’​esistenza dell’obbligo novanda​, ovvero la novazione è senza effetto se non esisteva
l’obbligazione originaria;
● l’​aliquod novi, ossia un mutamento dell’oggetto o del titolo;
● l’​animus novandi, ossia la volontà di estinguere l’obbligazione precedente creandone una
nuova.


MODI NON SATISFATTORI: LA REMISSIONE DEL DEBITO
E’ una rinuncia del creditore, in tutto o in parte, al suo diritto; essa comporta l’estinzione dell’obbligazione
e dunque la liberazione del creditore e può essere:
● espressa​, quando il creditore dichiara di rimettere il debito con comunicazione al debitore;
● tacita​, quando il comportamento del creditore sia incompatibile con la volontà di far valere il suo
diritto.


I SOGGETTI DELL’OBBLIGAZIONE
L’aspetto soggettivo dell’obbligazione è caratterizzato da due principi fondamentali:
● il ​principio di dualità dei soggetti​: il rapporto intercorre tra due distinti titolari, portatori di
interessi contrapposti (i soggetti possono essere anche più di due);
● il ​principio della determinatezza dei soggetti: essi devono essere determinati dal momento
della nascita dell’obbligazione o quanto meno determinabili.


L’OBBLIGAZIONE PARZIARIA
E’ un obbligazione con più soggetti, ciascuno dei quali è portatore di un diritto o obbligo parziale
proporzionato alla sua partecipazione al vincolo obbligatorio.


L’OBBLIGAZIONE SOLIDALE
E’ un obbligazione con pluralità di soggetti in cui ogni creditore ha il diritto di pretendere la prestazione
per intero (​solidarietà attiva​), oppure ogni debitore ha l’obbligo di eseguire la prestazione per intero
(​solidarietà passiva​). I presupposti delle obbligazioni solidali sono: una pluralità di soggetti, unicità della
prestazione ed un'unica causa di obbligazione.
La solidarietà attiva ha la funzione di agevolare l’esercizio del diritto di credito e il pagamento da parte
del debitore; nel caso della solidarietà passiva, il creditore vede notevolmente rafforzato il vincolo
obbligatorio, in quanto può ottenere da ciascuno dei debitori l’intera prestazione, senza escutere gli altri.
Per la solidarietà attiva le fonti sono la volontà delle parti o la legge (deve essere sempre espressamente
stabilita e non si presume). Per la solidarietà passiva la fonte è la legge (i condebitori si presumono
sempre solidalmente obbligati rispetto al creditore, se dalla legge o dal titolo non risulti diversamente).
Il debitore solidale, si rivolgerà con l’azione di regresso agli altri condebitori per ottenere da ciascuno il
rimborso delle rispettive quote di debito. Se si verifica un fatto o un atto sfavorevole ad uno dei debitori o
creditori solidali, gli effetti non si comunicano agli altri e viceversa.


OBBLIGAZIONI DIVISIBILI
E’ divisibile l’obbligazione che ha per oggetto una prestazione suscettibile di divisione per natura o
perché tale è stata considerata dalle parti contraenti.


OBBLIGAZIONI INDIVISIBILI
E’ indivisibile quando la prestazione ha ad oggetto un bene che per sua natura o per volontà delle parti
non è suscettibile di frazionamento in parti omogenee. L’art. 1317 c.c. prescrive che le obbligazioni
indivisibili sono regolate dalle stesse norme delle obbligazioni solidali, con la conseguenza che ogni
debitore è obbligato ad eseguire per intero la prestazione al creditore ed ogni creditore può esigere
l’intera prestazione del debitore.
12. Il contratto e fonti di obbligazione
NOZIONE DI CONTRATTO
Il nostro codice ha previsto una disciplina generale del ​contratto e non del ​negozio giuridico​, di cui il
contratto costituisce la principale ma non l’unica figura e viene definito: ​l’accordo di due o più parti per
costituire, regolare o estinguere tra loro, un rapporto giuridico patrimoniale​. Da ciò si deduce che il
contratto ha sempre contenuto patrimoniale ed è un negozio giuridico necessariamente bilaterale o
plurilaterale. L’autonomia contrattuale prevede che le parti possano concludere contratti non previsti
dalla legge, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela. Il regime giuridico dei contratti è
dettato dalla legge, dagli usi e dalla volontà delle parti, il contratto è un negozio giuridico e come tale
presenta degli elementi essenziali e accidentali, ovvero:
● l’accordo o consenso delle parti;
● la causa (la funzione economica sociale cui il contratto adempie);
● l’oggetto, che deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile;
● la forma, quando è richiesta ​ad substantiam.
La capacità di contrattare è in sostanza un aspetto della capacità di agire e l’idoneità a compiere atti
produttivi di effetti giuridici, che deve esistere al momento della dichiarazione. In alcuni casi occorre la
capacità di disporre, l’inabilitato non può possederla.
L’oggetto del contratto è rappresentato dalla cosa o dal comportamento che è materia di scambio, della
promessa o del conferimento e sono richiesti al momento dell’efficacia del negozio, deve essere
possibile (se è un oggetto deve esistere, se è un comportamento umano deve essere compatibile con
le capacità dell’individuo), ​lecito (cioè non contrario alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume),
determinato o determinabile (certo o individuabile nel momento dell’esecuzione). Il contenuto del
contratto è dato da tutto ciò che viene stabilito dalle parti per regolare i loro privati interessi.


LA CLASSIFICAZIONE DEI CONTRATTI
I contratti vengono classificati:
● riguardo al ​perfezionamento del vincolo contrattuale​, vi sono:
1. i ​contratti consensuali che costituiscono la maggioranza e si perfezionano col semplice
consenso;
2. i ​contratti reali richiedono per il loro perfezionarsi, oltre al consenso delle parti, anche la
consegna della cosa.
● riguardo al ​tempo dell’esecuzione​, vi sono:
1. i ​contratti ad esecuzione istantanea che esauriscono i loro effetti in un solo istante o
all’atto della conclusione del contratto;
2. i ​contratti di durata la cui esecuzione si protrae nel tempo o in modo continuo o ad
intervalli.
● riguardo agli ​effetti del contratto​, vi sono:
1. i ​contratti ad effetti reali o traslativi sono quelli che producono come effetto il
trasferimento della proprietà di un bene determinato o la costituzione o il trasferimento di
un diritto reale su un bene determinato;
2. i ​contratti ad effetti obbligatori sono quelli che danno luogo alla nascita di un rapporto
obbligatorio (ad esempio, locazione).
● riguardo al ​nesso tra le attribuzioni patrimoniali​, vi sono:
1. i ​contratti a prestazioni corrispettive caratterizzati dal fatto che il contratto genera due
attribuzioni patrimoniali contrapposte e ciascuna delle parti è tenuta ad una prestazione, tra
le due prestazioni si stabilisce uno speciale nesso di corrispettività;
2. i ​contratti con prestazione unica sono quei contratti che pur implicando l’esistenza di due
parti e due distinte prestazioni, generano l’obbligo della prestazione per una sola parte, che
si trova nella posizione del debitore (ad esempio, contratti unilaterali).
● riguardo al ​rapporto tra corrispettivi​, vi sono:
1. i ​contratti commutativi nei quali fin dal momento della conclusione ciascuna delle parti
conosce l’entità del vantaggio e del sacrificio che riceverà dal contratto;
2. i ​contratti aleatori sono quelli in cui all’atto della stipulazione non è nota l’entità del
sacrificio e l’entità del vantaggio a cui ciascuna parte si espone.
● riguardo alla ​sussistenza o meno di reciproco sacrificio​ vi sono:
1. i ​contratti a titolo oneroso se alla prestazione di una parte corrisponde un sacrificio
dell’altra;
2. i ​contratti a titolo gratuito se la prestazione eseguita da una parte è fatta per spirito di
liberalità, senza che all’altra parte sia imposto alcun sacrificio.
● riguardo alla ​causa​, vi sono:
1. i ​contratti tipici​ costituiscono un modello previsto e disciplinato dalla legge;
2. i ​contratti atipici​ che non rientrano in un dato tipo previsto dal legislatore;
3. i ​contratti misti più contratti tipici che si fondono in un’unica causa o una pluralità di cause
tipiche concorrenti nell’unicità del rapporto;
4. i ​contratti collegati​ pluralità di contratti interdipendenti.

FORMAZIONE DEL CONTRATTO


La formazione del ​contratto avviene con l’incontro delle volontà, è c.d. ​accordo tra le parti e riguarda
una volontà che propone (​proposta​) e una volontà che accetta (​accettazione​), sono queste le fasi in cui
il contratto si perfeziona. Di norma le parti se non concludono in modo rapido, vi è una fase di trattative
che impone alle parti il dovere di comportarsi secondo buona fede, ovvero con correttezza e lealtà
reciproca. La violazione del dovere di correttezza comporta una responsabilità, con il conseguente
dovere di risarcire il danno, che prende il nome di ​responsabilità precontrattuale​. Il danno risarcibile
comprende le spese e le perdite connesse con le trattative (​danno emergente​) e il vantaggio che la
parte avrebbe potuto procurarsi con altre contrattazioni (​lucro cessante​).
Le trattative iniziano con la proposta, che per essere idonea deve essere completa, ovvero contenere
tutti gli elementi essenziali del contratto cui è diretta. La proposta è un atto prenegoziale e un atto
unilaterale di volontà, in ogni caso il proponente può revocare la proposta finché il contratto non sia
concluso. Se l’accettante ha intrapreso in buona fede l’esecuzione del contratto, prima di avere notizia
della revoca, il proponente lo deve indennizzare delle spese e delle perdite subite per l’esecuzione. Il
proponente può rivolgere la stessa proposta a più persone, la proposta perde efficacia qualora
l’accettazione non intervenga entro il termine stabilito dal proponente. L’irrevocabilità può derivare o da
un impegno unilaterale o da un contratto di opzione.


L’OFFERTA AL PUBBLICO
L’​offerta al pubblico è un particolare tipo di proposta consistente in un’offerta diretta al pubblico e fatta
col sistema dei pubblici proclami affinché sia eventualmente accettata da persona cui essa convenga. E’
necessario che l’offerta contenga gli elementi essenziali del contratto alla cui conclusione è diretta.
L’espressione per ​pubblici proclami va intesa come ogni forma che renda l’offerta facilmente
conoscibile al pubblico, come la pubblicità sui giornali, l’affissione dei manifesti. E’ una proposta
revocabile e la revoca deve essere effettuata nella stessa forma dell’offerta.


L’ACCETTAZIONE
Diviene elemento perfezionativo del contratto quando è portata a conoscenza del proponente, deve
essere tempestiva e coincidente in pieno con tutte le clausole contenute nella ​proposta​, se è
parzialmente difforme o se giunge oltre i termini, vale solo come ​controproposta​. Si ha ​accettazione
tacita qualora l’esecuzione immediata del contratto sia richiesta dal proponente o dalla natura degli
affari, in questo caso il contratto si conclude nel tempo e nel luogo in cui ha inizio l’esecuzione ed il
proponente non potrà revocare la proposta dopo che l’altra parte abbia iniziato ad eseguire la proposta
richiesta.


CONCLUSIONE DEL CONTRATTO
Il contratto è concluso quando l’​accettazione sia giunta all’indirizzo del proponente, salvo che questi
dimostri che per colpa non sua, non ne abbia avuto conoscenza.


CONTRATTO PER ADESIONE
E’ definito ​contratto predisposto​, in quanto il proponente nel contenuto del contratto, ha inserito tutte le
clausole che l’altro contraente non può discutere, bensì è tenuto ad aderire in blocco alla proposta se
vuole stipulare il contratto. La funzione di questi contratti è di eliminare la fase delle trattative. Al fine di
garantire la speditezza nella conclusione dei contratti con l’esigenza di tutelare il contraente più debole,
la legge stabilisce che le condizioni generali di contratto sono efficaci se l’altro contraente, al momento
della conclusione del contratto, le ha conosciute usando l’ordinaria diligenza. Le ​clausole vessatorie​,
ovvero quelle particolarmente gravose per la controparte, hanno effetto solo se questi le abbia approvate
per iscritto; le clausole aggiunte ai moduli prevalgono su quelle predisposte qualora siano incompatibili
con esse.


IL CONTRATTO PRELIMINARE
E’ quello con cui le parti si obbligano a stipulare un futuro contratto detto definitivo. L’oggetto consiste in
una ​prestazione di facere (prestare un futuro consenso) mentre gli effetti concreti si produrranno nella
sfera giuridica delle parti con la stipula del contratto definitivo. E’ un contratto già perfetto e vincolante
per le parti, è nullo se non è stipulato nella stessa forma del contratto definitivo. Diverso è il c.d.
compromesso​, che contiene l’obbligo di riprodurre il consenso in forma determinata.
Se il soggetto obbligato a contrattare non adempie, l’altra parte può chiedere la risoluzione del ​contratto
preliminare per inadempimento, con la condanna dell’inadempiente al risarcimento del danno e può
provocare, mediante domanda giudiziale, l’emanazione di una sentenza costitutiva che produce gli stessi
effetti del contratto definitivo non concluso.


I CONTRATTI DEL CONSUMATORE
Consumatore è la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, mentre
professionista è la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività
imprenditoriale. Con l’entrata in vigore del ​Codice del consumo (D.Lvo. n.206/2005), il legislatore ha
provveduto alla semplificazione della normativa inerente i diritti del consumatore, il quale ha la possibilità
di consultare in un unico testo tutte le disposizioni dettate a tutela della sua posizione di contraente
debole.
L’art. 36 ribadisce la nullità delle clausole vessatorie, ovvero quelle che determinano a carico del
consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. La nullità delle
clausole è rilevante anche d’ufficio sempre a favore del contraente debole che è sempre tutelato anche
nel caso in cui le clausole riportate per iscritto non siano riportate in modo chiaro e comprensibile.
L’art. 139 dispone che le associazioni dei consumatori e degli utenti, inserite in apposito elenco, sono
legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori nelle ipotesi di violazione degli
interessi collettivi contemplati dal codice stesso.
Quanto alle c.d. ​class action, la legge finanziaria 2008 ha introdotto l’​azione collettiva risarcitoria:
un’associazione può promuovere da sola un’azione legale che eviti ai singoli consumatori di dover
azionare individualmente i propri diritti, conseguenti ad una medesima violazione.


CREAZIONE DEL VINCOLO
Il contratto ha efficacia tra le parti che lo hanno stipulato, ossia tra le persone contraenti ed una volta
concluso ha tra le parti la stessa forza vincolante della legge. Il contratto non può sciogliersi che a
seguito di un nuovo contratto (c.d. ​mutuo consenso​) oppure per le cause ammesse dalla legge.
L’efficacia dei contratti si estende nei confronti del successore a titolo universale di ciascun contraente o
nei confronti degli aventi causa o successori particolari.


IL RECESSO
E’ il diritto di sciogliersi dal contratto concluso mediante una dichiarazione unilaterale comunicata all’altra
parte. Tale diritto può essere:
● legale, se è previsto dalla legge;
● convenzionale, quando è previsto contrattualmente da apposita clausola.
L’art. 1373 c.c. prevede che il ​diritto di recesso possa essere esercitato finché il contratto non abbia
avuto un principio di esecuzione, mentre nei contratti di durata il relativo esercizio è ammesso anche
successivamente, ma in tal caso non si verifica alcun effetto riguardo alle prestazioni già eseguite.


CONTRATTI OBBLIGATORI
Sono quelli che non producono effetti traslativi ma solo effetti obbligatori, tra questi: il ​mandato​, il
deposito e la ​locazione​. Vi sono poi i contratti traslativi, aventi efficacia reale, questi possono essere
consensuali (ad esempio, compravendita) o reali (ad esempio, mutuo).


EFFETTI DEL CONTRATTO NEI CONFRONTI DI TERZI
Terzo è chi non è parte del contratto e chi non è parificato alla parte, nonché chi è estraneo al relativo
rapporto. La regola generale è che gli effetti del contratto siano limitati alle sole parti, non producendo
effetti rispetto al terzo.


IL CONTRATTO A FAVORE DEL TERZO
E’ un negozio in virtù del quale una parte (​stipulante​) designa un terzo quale avente diritto alle
prestazioni dovute dalla controparte (​promittente​). Lo stipulante deve avere un interesse anche soltanto
morale a che il terzo riceva un beneficio dal promittente. Le regole principale sono che:
● il terzo acquista il diritto verso il promittente sin dal momento della stipulazione del contratto;
● il terzo ha l’onere di dichiarare se vuole profittare del beneficio così come rifiutare la stipulazione
in suo favore;
● lo stipulante può modificare o revocare la stipulazione fino a quando il terzo non abbia dichiarato
di volerne profittare;
● il promittente può opporre al terzo solo le eccezioni fondate sul contratto.

IL CONTRATTO PER PERSONA DA NOMINARE


Si ha quando al momento della conclusione di un contratto, una parte si riserva la facoltà di ​nominare la
persona nella cui sfera giuridica il negozio deve produrre effetti. Tuttavia il contratto produce i suoi effetti
nei confronti del terzo solo se:
● la dichiarazione di nomina viene comunicata nel termine fissato dalle parti;
● la dichiarazione è accettata dalla persona nominata o dalla procura di questa (anteriore al
contratto);
● la dichiarazione è espressa nella stessa forma che le parti hanno usato per il contratto.
Mancando questi requisiti il contratto produce effetti nei confronti dello stipulante originario.

CONFLITTI TRA AVENTI DIRITTO SULLO STESSO OGGETTO


Si parla di ​conflitto quando una persona cede un suo diritto con successivi contratti a due soggetti, il
principio logico è quello di preferire colui al quale il diritto è stato attribuito per primo. Nel caso di acquisto
di beni mobili è preferito chi per primo ne ha acquisito il possesso in buona fede, nel caso dei diritti
immobiliari è preferito che per primo ha curato la trascrizione del titolo, nel caso di diritti personali di
godimento è preferito chi per primo ha conseguito il godimento della cosa. Il contraente sacrificato ha
diritto al risarcimento dei danni nei confronti della parte che ha attribuito ad altri lo stesso diritto.


INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO
Consiste nell’attività rivolta ad indagare e ricostruire il significato da attribuire alle dichiarazioni delle parti.
La legge detta una serie di regole da seguire nell’interpretazione dei contratti. Si distinguono:
● interpretazione soggettiva: ​occorre la comune intenzione delle parti e non il limitarsi al senso
letterale che emerge dalle parole usate, le clausole del contratto vanno interpretate le une per
mezzo delle altre attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto (criterio
logico), inoltre va tenuto conto del comportamento delle parti, sia anteriore che posteriore alla
conclusione dell’accordo (criterio temporale);
● interpretazione oggettiva: ​nel caso in cui l’indagine sulla comune volontà non abbia prodotto
risultati, hanno vigore le norme di interpretazione oggettiva che riguardano il c.d. principio di
conservazione del contratto (nel dubbio, il contratto e le singole clausole si devono interpretare
nel senso in cui possono avere qualche effetto), quindi le clausole ambigue si interpretano
secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo di conclusione del contratto e le espressioni
con più sensi devono essere intese nel significato più conveniente alla natura ed all’oggetto del
contratto. Le regole sull’interpretazione sono rette da un principio di gerarchia per cui le norme
sull’interpretazione soggettiva prevalgono su quelle dell’interpretazione oggettiva.
● interpretazione di buona fede: ​il contratto deve essere interpretato secondo buona fede, che
non va intesa in senso soggettivo, ma è rappresentata dal comportamento legale dei soggetti, da
apprezzarsi secondo la media conoscenza sociale.
● interpretazione del contratto oscuro: il codice detta una norma nel caso in cui il contratto,
nonostante l’applicazione delle norme interpretative, rimanga oscuro; se il contratto è a titolo
gratuito deve essere inteso nel senso meno gravoso per l’obbligato, se è a titolo oneroso va
interpretato in modo da realizzare un equo contemperamento degli interessi delle parti.


L’INTEGRAZIONE DEL CONTRATTO
Le parti sono tenute anche alle conseguenze che derivino dalla legge o in mancanza dagli usi e
dall’equità; quindi per quanto le parti non abbiano disposto o previsto, se vi è una norma di carattere
dispositivo, questa interviene a disciplinare quella parte del rapporto che non è stata oggetto della
specifica previsione.
RESCISSIONE E RISOLUZIONE
Rescissione e ​risoluzione sono legati entrambi ad un difetto del sinallagma e pertanto ricorrono solo
nelle ipotesi di contratti a prestazioni corrispettive. Se la causa del contratto è la funzione
economico-individuale del negozio, tale funzione dipende anche dal rapporto di proporzione che deve
intercorrere tra le due prestazioni, sicché ogni difetto di tale rapporto, detto ​sinallagma​, si ripercuote
sulla causa.


LA RESCISSIONE
E’ concessa nel caso in cui il contratto è stato concluso in stato di pericolo e in caso di lesione. L’azione
di ​rescissione lascia sussistere gli effetti giuridici del contratto rescindibile, finché non sia accertata la
rescindibilità con una pronuncia del giudice. Legittimata all’azione di rescissione è la parte danneggiata,
la rescissione si prescrive in un anno e si può evitare quando il contraente che si è avvantaggiato della
sproporzione, fa un offerta di modificazione del contratto, sufficiente a ricondurlo ad equità. La
rescissione si distingue in:
● rescissione in stato di pericolo: ​presupposti dell’azione sono lo stato di pericolo cui si trovava
uno dei contraenti o un’altra persona, deve trattarsi di un pericolo attuale e di un danno grave alla
persona, l’iniquità delle condizioni a cui il contraente in pericolo ha dovuto soggiacere per salvarsi
dallo stato di pericolo, la conoscenza dello stato di pericolo da parte di colui che ne ha tratto
vantaggio (ad esempio, tizio coinvolto in incidente, si impegna a pagare somma eccessiva a chi
lo accompagna in ospedale).
● rescissione per lesione: ​se c’è sproporzione tra la prestazione di una parte e quella dell’altra e
la sproporzione è dipesa dallo stato di bisogno di una e l’altra ne ha profittato per trarne
vantaggio, la parte danneggiata può chiedere la rescissione del contratto (ad esempio, Tizio
vende i beni perché in difficoltà economiche e Caio offre cifra irrisoria). Presupposti dell’azione
sono la lesione ​ultra dimidium (ossia la sproporzione superiore alla metà), lo stato di bisogno
della parte danneggiata (che va interpretato anche come difficoltà non economica),
l’approfittamento dello stato di bisogno (ossia la consapevolezza di tale stato e la convinzione di
trarne utilità economica).


LA RISOLUZIONE
Le legge la prevede quando si riscontrino anomalie nel funzionamento del sinallagma dopo la
conclusione del contratto. I casi di r​ isoluzione​ sono tre:
● inadempimento: ​se in un contratto a prestazioni corrispettive, una parte non adempie la
prestazione cui è tenuta, la parte adempiente può chiedere giudizialmente l’adempimento o
esercitare il diritto alla risoluzione, oltre a chiedere in entrambi i casi il risarcimento del danno,
una volta chiesta la risoluzione non può chiedere l’adempimento. La risoluzione può aversi:
1. di diritto, ​per effetto dell’inadempimento senza ricorso al giudice quando nel contratto è
inserita la clausola risolutiva espressa (è quindi stabilito nel contratto che questi si risolve in
caso di inadempienza);
2. quando vi sia diffida ad adempiere, con la quale l’inadempiente viene invitato ad
adempiere entro un termine congruo oltre il quale in contratto si intende risolto;
3. quando sia scaduto il termine essenziale, ​ovvero quando sia scaduto il termine per
adempiere a meno che la parte in cui favore è previsto il termine, non dichiari entro tre
giorni di esigere comunque l’adempimento.
La risoluzione inoltre può aversi per sentenza costitutiva in tutti gli altri casi.
I presupposti per la risoluzione sono l’inadempimento di una delle parti e che l’inadempimento non
sia di scarsa importanza, la risoluzione ha efficacia retroattiva, come se il contratto non fosse mai
stato concluso. Se una delle parti è inadempiente, l’altra parte prima di chiedere la risoluzione può
avvalersi di mezzi di tutela preventiva, ossia l’​eccezione di inadempimento (ciascun contraente
può rifiutarsi di eseguire la prestazione se l’altro non adempie contemporaneamente) e la
sospensione della prestazione per le mutate condizioni patrimoniale dei contraenti
(ciascuna delle parti può sospendere la prestazione se le condizioni dell’altro siano divenute tali da
mettere in pericolo il conseguimento della controprestazione).
La clausola del “​solve et repete”, è una clausola con cui le parti stabiliscono che una di esse non
può opporre eccezioni per evitare o ritardare la prestazione. Tale clausola per avere valore deve
essere specificatamente approvata per iscritto se è contenuta in un contratto predisposto
unilateralmente.
● impossibilità sopravvenuta della prestazione: ​l'impossibilità sopravvenuta per una causa non
imputabile estingue l’obbligazione con conseguente liberazione della parte che vi era tenuta; se
la prestazione è parzialmente impossibile, l’altra parte ha diritto ad una corrispondente riduzione
della prestazione ma può recedere dal contratto se non abbia interesse apprezzabile
all’adempimento parziale. Si attua di diritto.
● eccessiva onerosità: l'azione è prevista per ovviare ad una onerosità sopravvenuta e quindi ad
uno squilibrio tra le prestazione verificatosi dopo la conclusione del contratto (ad esempio,
commerciante vende merce da consegnare dopo tre mesi, ma a causa di un dato evento, il
prezzo della merce si innalza al punto di divenire sproporzionato). I limiti di questa azione sono
che:
1. si tratti di contratti nei quali è previsto il decorso del tempo nell’esecuzione (contratti di
durata);
2. che non si tratti di contratti aleatori;
3. che l’eccessiva onerosità si sia verificata successivamente alla conclusione del contratto;
4. che tale onerosità dipenda da avvenimenti straordinari ed imprevedibili.
La parte contro la quale è chiesta la risoluzione, può evitarla offrendo di modificare equamente le
condizioni del contratto. Si attua con la pronuncia del giudice.
13. Le obbligazioni da atti unilaterali
LE PROMESSE UNILATERALI
La ​promessa unilaterale è un negozio giuridico unilaterale consistente in una dichiarazione emessa da
una parte, che si obbliga ad effettuare una determinata prestazione verso un’altra senza che questa
debba accettare. Producono effetti solo nei casi previsti dalla legge e i caratteri fondamentali sono:
● l’​obbligatorietà​ (dovere di adempimento);
● l’​irrevocabilità​;
● l’​inapplicabilità del binomio onerosità-gratuità (la prestazione non acquista mai il carattere di
corrispettivo).
Tra le figure di promessa unilaterale vi sono la promessa di pagamento, la ricognizione di debito, la
promessa al pubblico e i titoli di credito.


PROMESSA DI PAGAMENTO E RICOGNIZIONE DI DEBITO
La ​promessa di pagamento è un atto unilaterale con il quale una persona si obbliga ad un determinato
pagamento verso un’altra persona.
La ​ricognizione di debito è un atto unilaterale con cui un soggetto riconosce l’esistenza di un proprio
debito verso un altro soggetto. Tali istituti costituiscono dichiarazioni unilaterali recettizie (sempre rivolte
ad un preciso destinatario), obbligatorie (si obbliga unilateralmente) e con effetti probatori.


LA PROMESSA AL PUBBLICO
E’ una promessa unilaterale a destinatario indeterminato che ha per contenuto una prestazione da
effettuarsi a favore di chi si trovi in una determinata situazione o compia una data azione. Diviene
vincolante per il promittente appena è portata a conoscenza del pubblico ed è revocabile purché
avvenga per giusta causa e sia resa pubblica nella stessa forma della promessa e non si sia verificata la
situazione considerata o non sia stata già compiuta l’azione prevista. L’obbligatorietà cessa se entro un
anno dalla promessa non sia stato comunicato al promittente l’avveramento della situazione.

14. Le obbligazioni da atto illecito


ILLECITO CIVILE E PENALE
I ​fatti illeciti rientrano tra le fonti di obbligazione, in quanto da essi deriva l’obbligo di risarcimento del
danno a carico del loro autore. L’art. 2043 c.c. definisce ​illecito qualsiasi fatto doloso o colposo che
cagioni ad altri un danno ingiusto, sancendo l’obbligo per colui che lo ha commesso, di risarcire il danno.
Tale norma costituisce il cardine della responsabilità extracontrattuale.
L’i​llecito penale è represso per finalità di ordine superiore (difesa sociale), mentre l’​illecito civile è
represso allo scopo di risarcire i danni prodotti o riparare i pregiudizi sofferti dai singoli. L’illecito penale è
necessariamente tipico poiché nessuno può essere punito per un fatto che non sia previsto dalla legge
come reato, mentre l’illecito civile è atipico, poiché comprende ogni possibile fatto dovuto ad una
condotta umana che cagioni ad altri danno ingiusto, i presupposti per l’imputabilità civile e penale sono
valutati diversamente.
La struttura dell’atto illecito è costituita dall’​elemento oggettivo (consistente in un fatto che cagiona un
danno ingiusto) e dall’​elemento soggettivo (consistente nel dolo e nella colpa, sul presupposto della
capacità di intendere e volere dell’agente).


IL FATTO
Il ​fatto​, ossia il comportamento dannoso, può consistere in un atto positivo (​commissivo​) dal quale il
soggetto avrebbe dovuto astenersi e in un fatto omissivo cioè in un’astensione (ai fini del risarcimento è
obbligato solo chi aveva il dovere giuridico di agire e non l’ha fatto). Per il sorgere della responsabilità
occorre un ​nesso di causalità: l’evento dannoso deve essere conseguenza immediata e diretta
dell’atto. Il nesso causale sussiste allorché il danno si verifica in dipendenza del fatto umano secondo
l’ordine naturale delle cose e non rappresenta il prodotto di circostanze eccezionali (c.d. causalità
adeguata).


L’IMPUTABILITA’ DEL FATTO
La responsabilità civile presuppone l’​imputabilità. Perché il fatto possa essere imputato all’agente, si
richiede la capacità di intendere e di volere al momento in cui lo ha commesso. In caso di danno
cagionato da persona incapace di intendere e di volere, il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla
sorveglianza dell’incapace.


LA COLPA E IL DOLO
Il ​dolo consiste nella volontaria trasgressione del dovere giuridico: l’atto è doloso se chi lo ha commesso
ha agito con coscienza e volontà di cagionare l’evento dannoso.
La ​colpa consiste nella violazione di un dovere di diligenza, cautela o perizia: l’atto illecito è colposo
quando l’evento non è voluto ma è cagionato per negligenza, imperizia o imprudenza, ovvero per
inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.


LA RESPONSABILITA’ OGGETTIVA
Si fonda sulla sola esistenza del nesso di causalità ed i casi più rilevanti sono la responsabilità per i
danni cagionati da cose in custodia, per i danni cagionati da animali, per i danni cagionati dalla rovina
degli edifici, per l’esercizio di attività pericolose, per i danni prodotti dalla circolazione dei veicoli.


LA RESPONSABILITA’ INDIRETTA
A volte l’obbligo di risarcire ricade su un soggetto diverso dall’autore del fatto; tra le forme di
responsabilità indiretta vi è:
● la ​responsabilità dei padroni e dei committenti​, per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro
domestici o commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti;
● la ​responsabilità del proprietario per i danni cagionati dal veicolo​, qualora il proprietario sia
persona diversa dal conducente;
● la ​responsabilità dei genitori​, per i danni cagionati dal fatto illecito dei figli minorenni che
abitano con essi.
La responsabilità è esclusa solo se gli interessati provano di non aver potuto impedire il fatto.


RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE ED EXTRACONTRATTUALE
Si ha ​responsabilità contrattuale nel caso di violazione di un dovere specifico, derivante da un
precedente rapporto obbligatorio (se il debitore non esegue esattamente la prestazione è tenuto al
risarcimento del danno).
Si ha ​responsabilità extracontrattuale nel caso di violazione del dovere generico di non ledere l’altrui
sfera giuridica.
La disciplina giuridica tra le due si differenzia:
● riguardo alla capacità (contrattuale: capacità di obbligarsi; extracontrattuale: capacità di
intendere e volere);
● riguardo all’onere della prova (contrattuale: bisogna dimostrare l’esistenza dell’obbligazione:;
extracontrattuale: bisogna dimostrare il fatto materiale, ovvero la condotta dell’agente);
● riguardo ai danni risarcibili (contrattuale: sono risarcibili solo i danni prevedibili;
extracontrattuale: sono risarcibili tutti i danni conseguenti alla condotta dell’agente);
● in materia di prescrizione (contrattuale: il diritto al risarcimento si prescrive nel termine di 10
anni; extracontrattuale: 5 anni).


IL DANNO E IL RISARCIMENTO
Danno​ è qualsiasi lesione di un interesse giuridicamente apprezzabile e tutelato dall’ordinamento.


DANNO PATRIMONIALE
E’ quello che si traduce in un pregiudizio al ​patrimonio e può consistere nella perdita, diminuzione o
danneggiamento di un bene patrimoniale, nella perdita di un guadagno o nella necessità sopravvenuta di
compiere delle spese e si distingue in:
● danno emergente​, consistente in una diminuzione del patrimonio;
● lucro cessante​, che si identifica nel mancato guadagno determinato dal fatto dannoso.


DANNO NON PATRIMONIALE
E’ ogni pregiudizio recato direttamente alla persona, senza colpire ne direttamente ne indirettamente il
patrimonio o la capacità produttiva della persona stessa. Sono risarcibili solo nei casi previsti dalla legge
quando il fatto illecito è previsto come reato. Quanto ai criteri di liquidazione del ​danno non
patrimoniale​, trattandosi di lesione di interessi privi di contenuto economico non potrà che avvenire in
base a valutazione equitativa. Il danno risarcibile è quello che costituisce conseguenza e immediata e
diretta del fatto illecito, deve inoltre essere attuale cioè certo ed effettivo al momento della pretesa al
risarcimento. Anche i danni futuri, anche se certi nell’esistenza ma incerti sull’ammontare, sono
risarcibili.

IL RISARCIMENTO DEL DANNO


Deve assumere il valore di una totale riparazione delle conseguenze dell’evento dannoso, può essere
corrisposto ​per equivalente (versamento somma di denaro corrispondente alla perdita subita e al
mancato guadagno) o ​in forma specifica (consiste nel ripristinare la situazione di fatto preesistente
mediante la restituzione del bene sottratto).
Casi di esclusione dell’antigiuridicità sono la l​ egittima difesa ​e lo ​stato di necessità​.
15. Le obbligazioni dalla legge
LA GESTIONE DI AFFARI ALTRUI
Si ha quando un soggetto (​gestore​) assume spontaneamente, senza averne avuto incarico
dall’interessato (​dominus), l’amministrazione di uno o più affari patrimoniali altrui. Oggetto della
gestione di affari​ possono essere sia atti giuridici sia atti materiali.
Requisiti sono:
● l’utilità iniziale della gestione;
● la mancanza di un divieto alla gestione da parte del d ​ ominus;
● la consapevolezza dell’alienità dell’affare;
● la liceità dell’affare;
● la capacità di agire del gestore;
● l’impedimento dell’interessato.
La gestione di affari produce:
● nei ​confronti del gestore​: l’obbligo di continuare la gestione intrapresa finché l’interessato non
sia in condizione di provvedervi da se;
● nei ​confronti del ​dominus: questi deve adempiere agli obblighi che gli derivano dai negozi
compiuti dal gestore in suo nome.


IL PAGAMENTO DELL’INDEBITO
E’ l’atto con cui taluno esegue un pagamento non dovuto; esso da luogo ad un’obbligazione di
restituzione.
Si ha ​indebito oggettivo quando chi paga (​solvens), paga un debito che assolutamente non esiste
oppure paga un debito cui è tenuto, ma ad una persona che non ha diritto al pagamento. In questo caso
il credito non esiste.
Si ha ​indebito soggettivo quando il ​solvens che non è debitore, paga ad un creditore quanto a costui è
dovuto da un terzo. In questo caso il credito esiste, ma chi paga non è il debitore.
Per la restituzione di quanto dato, nell’indebito oggettivo è necessario che il ​solvens fornisca la prova di
aver pagato un debito senza esservi tenuto, nell’indebito soggettivo, per la restituzione, la legge richiede
che il ​solvens abbia pagato per errore scusabile, cioè non dipendente nemmeno in minima parte da
omissione di diligenza.
Se colui che ha ricevuto il pagamento (​accipiens) è in buona fede, è tenuto a restituire oltre l’indebito,
anche i frutti e gli interessi maturati dal giorno della domanda giudiziale, se è in mala fede oltre l’indebito,
frutti ed interessi dal giorno del pagamento ricevuto, se è incapace, è tenuto alla restituzione solo di ciò
che sia stato rivolto in suo vantaggio.


L’INGIUSTIFICATO ARRICCHIMENTO
Si ha in tutti i casi in cui taluno converte in proprio profitto un bene altrui o si avvantaggia di un’attività
altrui, con altrui danno e senza alcuna ragione che ne giustifichi il profitto o il vantaggio. L’effetto
dell’​arricchimento senza causa è costituito dall’obbligazione dell’indennizzo da parte dell’arricchito in
favore del depauperato, tale azione è proponibile solo se al danneggiato non spetti altra azione
specifica, dunque è azione sussidiaria.
I presupposti per l’esperimento dell’azione sono:
● l’arricchimento di una persona;
● la diminuzione patrimoniale di un altro;
● il nesso causale tra arricchimento di una persona e diminuzione patrimoniale di un altro;
● la mancanza di causa giustificativa delle due.
Se l’arricchimento ha per oggetto una ​somma di denaro​, questa deve essere restituita in eguale
somma, se ha per oggetto una ​cosa determinata​, è tenuto a restituirla (se la restituzione non è
possibile, il depauperato può ottenere un indennizzo limitato alla somma minore tra l’impoverimento da
lui ricevuto ed il corrispondente arricchimento dell’altra persona).

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