Diritto Civile PDF
Diritto Civile PDF
Diritto Civile PDF
1. La norma giuridica
LO STATO E IL DIRITTO
Qualsiasi forma di aggregazione sociale richiede l’esistenza di norme che ne disciplinano il
funzionamento e di organi preposti a garantire l’osservanza anche coattiva di tali norme. A tal fine, ogni
associazione ha bisogno di un organizzazione che imponga ai consociati, attraverso dei comandi,
determinate condotte ed allo stesso tempo disciplini i consociati, attribuendo a ciascuno una determinata
posizione. In quella particolare associazione che è lo S tato, vi sono i seguenti elementi strutturali:
● l’organizzazione è detta ordinamento giuridico;
● i comandi che essa impone sono le norme giuridiche;
● i rapporti che essa disciplina, sono definiti rapporti giuridici;
● le posizioni di ciascun consociato sono dette situazioni giuridiche soggettive.
Lo Stato è una forma di associazione di individui che su un dato territorio, si da una serie di regole
comuni (diritto), per organizzare la vita della collettività stessa; il diritto costituisce quell’insieme di
regole che lo Stato impone ai consociati e di cui garantisce l’osservanza.
Il diritto si distingue tra oggettivo, ovvero l’insieme delle regole che disciplinano in astratto la condotta
dei consociati e soggettivo, ovvero il potere di agire che in concreto viene riconosciuto ad un soggetto
per la soddisfazione dei suoi specifici interessi. Le caratteristiche del c omando giuridico sono:
● l’alterità, ovvero il diritto che regola rapporti sociali che perciò divengono rapporti giuridici;
● la statualità, lo Stato crea norme giuridiche e garantisce l’osservanza dell’ordinamento giuridico;
● l’obbligatorietà, l’ordinamento giuridico si manifesta attraverso una serie di norme, la cui
applicazione può essere assicurata anche mediante ricorso alla forza.
Il diritto oggettivo, si distingue tra diritto pubblico, che concerne l’organizzazione della collettività e
regola la formazione e l’organizzazione dello Stato e degli altri enti pubblici ed i suoi rapporti con i
cittadini e diritto privato, ovvero il complesso di norme che disciplinano i rapporti giuridici tra i membri
della collettività mediante la fissazione di presupposti e di limiti agli interessi dei singoli, i quali vengono a
trovarsi in una situazione di parità, che regola i diritti delle persone.
LA NORMA GIURIDICA
E’ il comando generale ed astratto rivolto a tutti i consociati, con il quale si impone ad essi una
determinata condotta, sotto la minaccia di una determinata reazione, detta sanzione.
Le caratteristiche delle norme giuridiche sono:
● la generalità, in quanto le norme sono rivolte alla comunità nella sua interezza;
● l’astrattezza, in quanto la norma non prevede un singolo caso, ma una situazione generale ed
astratta;
● l’obbligatorietà, in quanto l’osservanza della norma è garantita con la forza, con la previsione di
una sanzione per chi non la rispetta.
La norma è composta da due elementi: il precetto, ovvero il comando contenuto nella norma e la
sanzione, cioè la minaccia di una reazione da parte dell’ordinamento giuridico per l’ipotesi di violazione
del precetto.
Per fonti delle norme giuridiche si intendono quegli atti o fatti dai quali traggono origine le norme
giuridiche, che valgono a formare il diritto oggettivo. Le fonti si distinguono in fonti di produzione, fonti
cognizione, fonti atto (che trovano la loro formazione in un testo normativo) e fonti fatto (ad esempio
la consuetudine). L’art. 1 delle disposizioni sulla legge in generale sancisce che sono fonti del diritto le
leggi, i regolamenti, le norme corporative e gli usi.
Al vertice della gerarchia delle fonti di produzione vi è la Costituzione, entrata in vigore il 1 Gennaio
1948, che è la legge fondamentale dello Stato e rappresenta il principale punto di riferimento di tutto il
sistema normativo. La Costituzione nel nostro ordinamento è la fonte principale dell’ordinamento stesso,
è fonte di produzione in quanto in essa sono enunciati i principi fondamentali su cui l’ordinamento
poggia e fonte sulla produzione in quanto disciplina il procedimento legislativo. La Costituzione
enuclea i principi fondamentali anche del diritto privato, che fissano i parametri politici, economici e
sociali cui il legislatore deve ispirarsi e che deve rispettare nella produzione legislativa. Tra essi vi sono:
la tutela dei diritti fondamentali e della personalità (art. 2 Cost.), il principio di uguaglianza, il diritto di
agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi soggettivi, il dovere per i genitori di mantenere,
istruire ed educare i figli, libertà di impresa, riconoscimento della proprietà privata.
Le leggi costituzionali sono poste sullo stesso piano della Costituzione, in quanto emanate dal
Parlamento mediante l’adozione di una procedura più complessa, rispetto alle leggi ordinarie.
Per legge si intende qualsiasi atto normativo posto in essere dagli organi competenti nei modi e nei
tempi previsti dalla Costituzione; equiparati alla legge sono il decreto legislativo delegato e il decreto
legge, che non possono mai porsi in contrasto con la Costituzione. L’organo preposto è la Corte
Costituzionale. Sotto la legge, quali fonti secondarie, vi sono i regolamenti, che sono atti formalmente
amministrativi ma sostanzialmente normativi, non possono porsi in contrasto ne con la Costituzione ne
con la legge, competente a giudicare l’eventuale contrasto è qualsiasi giudice per la disapplicazione, il
giudice amministrativo per l’annullamento. Quali fonti terziarie vi sono gli usi e consuetudini, che
prevedono la presenza di un elemento oggettivo (per cui il comportamento deve essere tenuto in
maniera costante ed uniforme nel tempo) e un elemento soggettivo (per cui deve sussistere la
convinzione della giuridica doverosità di quel comportamento, gli usi possono regolamentare solo
materie non disciplinate dalla legge).
L’efficacia di una norma giuridica è circoscritta sia da limiti di tempo che spaziali: entra in vigore dopo la
promulgazione da parte del Presidente della Repubblica, la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e il
decorso di un certo periodo di tempo (15 giorni dalla pubblicazione), dopo il quale la legge diventa
obbligatoria per tutti e nessuno può invocarne l’ignoranza (ad eccezione dell'ignoranza inevitabile). Il
conflitto tra più fonti, dotate della stessa forza giuridica ma adottate in tempi diversi, viene risolta
attraverso l’abrogazione della norma precedente in favore di quella successiva, che si realizza per:
dichiarazione espressa o tacita del legislatore, referendum popolare (art. 75 Cost.), dichiarazione di
illegittimità costituzionale e causa intrinseche. Vi è il principio dell’irretroattività delle norme giuridiche:
la legge non dispone che per l’avvenire, essa non ha effetto retroattivo.
L’interpretazione della norma si realizza in due fasi:
1. quella letterale, volta a valutare il significato proprio delle parole utilizzate, secondo la loro
connessione;
2. quella logica, volta a stabilire il vero contenuto della norma, ovvero l’intenzione del legislatore.
Spesso il giudice si trova di fronte a casi pratici che nessuna norma prevede e disciplina; in questo caso
può sopperire alle deficienze legislative applicando la disciplina giuridica dettata per un caso simile o per
una materia analoga. L’analogia è ammissibile quando il caso in questione non è previsto da alcuna
norma, deve esistere almeno un elemento di identità tra la fattispecie prevista dalla legge e quella non
prevista, mentre non è ammissibile rispetto alle leggi sfavorevoli al reo e rispetto alle leggi eccezionali.
L’analogia non va confusa con l’interpretazione estensiva, in quanto con questa si rimane sempre
nell’ambito della norma.
2. I rapporti giuridici
IL RAPPORTO GIURIDICO
E’ rapporto giuridico ogni relazione tra due o più soggetti regolata dal diritto. Vi è un soggetto attivo,
colui al quale l’ordinamento giuridico attribuisce determinati poteri e un soggetto passivo, colui su cui
grava il corrispondente obbligo o su cui incombe una soggezione. Il rapporto giuridico si ha quando un
rapporto si costituisce e il titolare acquista il diritto. Tale acquisto può essere a titolo originario, se sorge
senza essere stato trasmesso da un precedente titolare o a titolo derivativo, se viene trasmesso da un
soggetto ad un altro, si ha in questo caso il fenomeno di successione che può essere a titolo universale
o a titolo particolare. Il rapporto può subire modificazione, che consiste o nella limitazione o nella
variazione di un soggetto o dell’oggetto ed estinzione, che si verifica quando il diritto viene meno
definitivamente nei confronti di tutti. Particolare importanza ha il decorso di tempo che può determinare il
venire meno di un diritto o la perdita di un potere, in virtù degli istituti della prescrizione e della
decadenza.
LE SITUAZIONI SOGGETTIVE ATTIVE
Sono situazioni giuridiche di vantaggio, le più importanti sono:
● il diritto soggettivo, viene definito come il potere di agire, per il soddisfacimento del proprio
interesse, protetto dall’ordinamento giuridico;
● la potestà, costituiscono dei poteri attribuiti ad un soggetto per la realizzazione di interessi che
non fanno capo direttamente a lui;
● l’aspettativa, è la posizione in cui si trova il soggetto a favore del quale viene maturando un
diritto soggettivo;
● il diritto potestativo, è il potere di modificare a proprio vantaggio, con un atto unilaterale, la
situazione giuridica di un altro soggetto, che rispetto a tale diritto è in posizione di soggezione;
● l’interesse legittimo, è quella situazione soggettiva che si sostanzia nella pretesa alla legittimità
dell’azione amministrativa riconosciuta a quel soggetto che, in relazione ad un dato potere della
P.A., si trova in una posizione differenziata rispetto agli altri soggetti, che trae origine da un
precedente rapporto di diritto privato o di diritto pubblico;
● gli status, costituiscono un complesso di diritti che fanno capo ad un individuo in relazione alla
posizione che esso occupa in un gruppo sociale;
● gli interessi diffusi e collettivi.
LE SITUAZIONI SOGGETTIVE PASSIVE
Sono situazioni giuridiche di svantaggio, le più importanti sono:
● l’obbligo giuridico, consiste nel dovere di tenere un comportamento di contenuto specifico, che
risulti funzionalmente rivolto alla realizzazione di un interesse altrui;
● il dovere generico di astensione, consiste nella situazione giuridica di chi si deve limitare a
rispettare una situazione di supremazia altrui;
● l’onere, consiste nel sacrificio di un interesse proprio, imposto ad un soggetto come condizione
per ottenere o conservare un vantaggio giuridico;
● la soggezione, consiste nella sottoposizione di un soggetto alle conseguenze dell’esercizio
dell’altrui diritto potestativo senza potere in alcun modo reagire.
INCAPACITA’ TOTALE DI AGIRE: LA MINORE ETA’
La minore età da luogo ad una figura di incapacità legale assoluta, nel senso che esclude ogni
attitudine del soggetto al compimento di quegli atti per i quali la legge richiede la capacità di agire. Il
minore è invece abilitato al compimento di quegli atti per i quali la legge ritiene sufficiente il
conseguimento di una seppur minima capacità di intendere e volere, quindi non può compiere gli atti di
natura negoziale, ne può stare in giudizio, può però compiere gli atti giuridici in senso stretto, risponde
delle conseguenze dell’atto illecito purchè quando commesso era nella condizione di intendere e volere.
La dottrina ha elaborato il concetto di atti minuti di vita quotidiana, con riferimento a quegli atti che pur
essendo considerati negozi giuridici non richiedono la generale capacità di agire, ma in considerazione
della loro quotidianità presuppongono in chi li compie la capacità di comprendere e valutarne il
significato.
L’INTERDIZIONE GIUDIZIALE
Si ha quando colui che si trova affetto da abituale infermità di mente, è dichiarato con sentenza incapace
di provvedere ai propri interessi, ed è necessaria una vera e propria alterazione delle facoltà mentali.
Con la L. n.6/2004 non è più obbligatoria ma disposta solo qualora ciò si riveli necessario ai fini
dell’adeguata protezione dell’incapace. Il giudice competente è il Tribunale, l’iniziativa del procedimento
spetta all’interessato medesimo, alle persone che sono in rapporto di coniugio, di stabile convivenza e
parentela fino al quarto grado e affinità fino al secondo grado. Dalla sentenza di interdizione deriva
l’incapacità totale di porre in essere, da parte dell’interdetto, negozi patrimoniali e familiari; comunque
tale principio non è inderogabile in quanto il giudice nella sentenza può dispensare l’incapace
dall’intervento o dall’assistenza del tutore per il compimento di taluni atti di ordinaria amministrazione.
Sulla base della sentenza di interdizione, il giudice nomina con decreto il tutore definitivo e tutti gli atti
giuridici compiuti dall’interdetto dopo il provvedimento sono annullabili su istanza del curatore o degli
eredi. L’interdizione può essere revocata quando viene a mancare totalmente l’incapacità e può
tramutarsi in inabilità.
L’INTERDIZIONE LEGALE
E’ quella prevista dalla legge come pena accessoria per effetto della condanna all’ergastolo o alla
reclusione non inferiore a 5 anni per reato doloso. La differenza tra le interdizioni sta nel fatto che quella
legale non rappresenta una forma di protezione ma è una pena: l’annullabilità degli atti compiuti
dall’interdetto legale è assoluta, mentre quella degli atti compiuti dall’interdetto giudiziale è relativa,
l’interdetto legale può fare testamento ed è limitata agli atti di natura patrimoniale. Accanto
all’interdizione legale, la legge ha previsto altre figure di pene accessorie, l’interdizione temporanea dagli
uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese e l’incapacità di contrattare con la P.A.
L’AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO
Colui il quale sia incapace di provvedere ai propri interessi a causa di infermità anche parziale o
temporanea, ovvero di menomazione fisica o psichica, può ricorrere al giudice tutelare affinchè nomini
con decreto un'amministrazione di sostegno, che ha la finalità di offrire, a chi si trovi nell’impossibilità
di provvedere ai propri interessi, uno strumento che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità
di agire. A differenza dell’interdetto, il beneficiario dell’amministrazione di sostegno conserva la capacità
di agire per tutti gli atti che non richiedono la necessaria rappresentanza o l’assistenza
dell’amministrazione di sostegno.
5. I diritti della personalità
I DIRITTI DELLA PERSONALITA’
La Costituzione italiana riconosce e garantisce i diritti dell’uomo e ne sancisce l’inviolabilità. I diritti della
personalità sono:
● essenziali, in quanto mirano a garantire le ragioni fondamentali della vita e dello sviluppo fisico e
morale della persona;
● personalissimi, in quanto hanno ad oggetto un modo di essere di una persona;
● originari, se sorgono con la nascita;
● derivati, se si acquistano durante la vita (status di coniuge);
● non patrimoniali, in quanto non possono assumere un valore di scambio;
● assoluti, perché possono essere fatti valere nei confronti di tutti;
● indisponibili, in quanto al soggetto non è consentito alcun potere dispositivo su di essi;
● intrasmissibili, in quanto si estinguono con la morte;
● imprescrittibili, in quanto non si estinguono per non uso;
● irrinunziabili.
Sono tutelati sia in sede penale che civile ove vengono in rilievo l’azione inibitoria con la quale si chiede
al giudice la cessazione del fatto lesivo e l’azione di risarcimento.
DIRITTO ALLA VITA E ALL’INTEGRITA’ FISICA
Tale diritto è protetto sia dal diritto penale che civile; l’art. 2043 c.c. prevede infatti l’obbligo di
risarcimento dal danno a carico di colui che compiendo un fatto con dolo o colpa, abbia cagionato ad altri
un danno ingiusto. E’ un diritto irrinunziabile e indisponibile, l’art. 5 c.c. prevede infatti che gli atti di
disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionano una diminuzione permanente dell’integrità
fisica, è quindi consentita la donazione del sangue ma non il trapianto di cornea da persona vivente. La
Costituzione prevede il diritto all’integrità fisica come fondamentale diritto dell’individuo da intendere
come diritto al rispetto dell’integrità fisica, diritto all’assistenza sanitaria e come protezione del
consumatore contro i prodotti nocivi.
DIRITTO ALL’ONORE E ALL’INTEGRITA’ MORALE
Tutela sia il sentimento della propria dignità personale sia la considerazione di cui una persona gode. Si
riconosce un autonomo diritto alla riservatezza, che assicura una zona al riparo dalle indiscrezioni
altrui, una sfera di intimità sottratta alla curiosità degli estranei. Attuale è la problematica inerente la
riservatezza con riferimento alla gestione di informazioni mediante computer, per il quale il legislatore ha
stabilito una normativa il cui principio fondamentale è il diritto alla protezione dei dati personali che lo
riguardano (art. 1 D.Lgs. n.196/1993). Essa garantisce che il trattamento dei dati personali si svolga nel
rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato. Godono di una tutela
rafforzata i c.d. dati sensibili (consenso scritto dell’interessato e previa autorizzazione del garante)
ovvero quelli idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro
genere, le opinioni pubbliche, l’adesione a partiti, sindacati associazioni od organizzazioni a carattere
religioso politico o filosofico, nonché i dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale. E’
riconosciuto inoltre il diritto all’immagine che tutela l’interesse di ciascun individuo a che il proprio
ritratto non sia esposto pubblicamente senza il suo consenso quando la riproduzione non sia giustificata
o rechi pregiudizio alla persona ritratta.
IL CONCETTO DI FAMIGLIA
Il codice civile non da una definizione di famiglia. La Costituzione (art. 29 Cost.) si limita ad affermare
che la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, quindi la
famiglia è una formazione sociale fondata sul matrimonio, con i caratteri della esclusività, della stabilità e
della responsabilità. I rapporti che legano tra loro i componenti sono il rapporto di coniugio, che lega
marito e moglie, il rapporto di parentela, costituisce un legame di sangue tra persone che discendono
da comune capostipite, riconosciuto fino al sesto grado. Il grado di parentela si calcola contando le
persone fino allo stipite comune senza calcolare il capostipite, quindi:
● i fratelli sono parenti di secondo grado: fratello, padre (non si conta), fratello;
● i cugini sono parenti di quarto grado: cugino, zio, nonno (non si conta), zio cugino.
Si distingue inoltre tra:
● parentela in linea retta (padre e figlio);
● parentela in linea collaterale (pur avendo uno stipite in comune, non discendono le une dalle
altre come i fratelli);
● rapporto di affinità (che lega tra loro il coniuge ed i parenti dell’altro coniuge; nessun rapporto
lega invece gli affini di un coniuge con quelli dell’altro coniuge).
LA FAMIGLIA DI FATTO
Dalla famiglia fondata sul matrimonio, o famiglia legittima, si distingue la c.d. famiglia naturale o di
fatto, costituita da persone di sesso diverso che convivono more uxorio. Per la famiglia di fatto non
esiste un’espressa regolamentazione, esistono solo una serie di norme di recente emanazione,
sporadiche e prive di coordinamento, che attribuiscono isolati effetti giuridici. La Corte Costituzionale pur
affermando costantemente che l’unione libera, per quanto diffusa, non è un fenomeno che può rientrare
nella previsione di cui all’art. 29 Cost., ha comunque sostenuto che l’art. 2 Cost., che si riferisce alla
tutela dei diritti delle persone anche nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità, comprende
anche le convivenze di fatto, purchè caratterizzate da un certo grado di stabilità. In ordine alla rilevanza
giuridica della famiglia di fatto vanno considerati tre aspetti:
● i rapporti tra i conviventi di fatto, che non hanno diritti e doveri reciproci alla coabitazione,
all’assistenza morale e materiale, alla fedeltà così come tra i coniugi (la reciproca assistenza
materiale è considerata adempimento di un’obbligazione naturale);
● i rapporti tra genitori e figli, sono equiparati a quelli intercorrenti nella famiglia legittima, in
particolare i genitori hanno il diritto e l’obbligo di mantenere, istruire ed educare i figli nati fuori dal
matrimonio (art. 30 Cost.);
● i rapporti con i terzi, il familiare di fatto ha diritto al risarcimento dei danni non solo morali, ma
anche patrimoniale nei confronti del terzo che abbia illecitamente causato la morte del
convivente.
A seguito della L. n.76/2016, nell'ordinamento italiano è stata introdotta la normativa sulla c.d. unioni
civili. La legge disciplina le unioni civili e le convivenze di fatto, dove:
● per unioni civili si intendono specifiche formazioni sociali costituite da persone maggiorenni
dello stesso sesso;
● con il termine convivenze di fatto, invece, si fa riferimento a tutte le coppie formate da due
persone maggiorenni (sia etero che omosessuali) non legate da vincoli giuridici ma da un legame
affettivo e che possono regolare i propri rapporti patrimoniali attraverso un "contratto di
convivenza".
Le maggiori novità riguardano soprattutto le unioni civili tra persone dello stesso sesso, nel dettaglio:
● si costituisce tra persone dello stesso sesso con una dichiarazione di fronte all'ufficiale di stato
civile, alla presenza di due testimoni, e va registrata nell'archivio dello stato civile;
● i partner acquistano gli stessi diritti e assumono gli stessi doveri: hanno l'obbligo reciproco
all'assistenza morale e materiale, alla coabitazione ed entrambi sono tenuti a contribuire ai
bisogni comuni, in base alle proprie possibilità;
● entrambi concordano l'indirizzo della vita familiare e la residenza comune, esattamente come
avviene per le coppie sposate;
● in assenza di indicazioni diverse, si applica la comunione dei beni;
● se l'unione dovesse cessare, le parti hanno diritto all'eredità, alla pensione di reversibilità e al
mantenimento;
● la separazione avviene davanti all'ufficiale di stato civile, quando le parti ne manifestano la
volontà (anche disgiunta).
Invece, le principali novità per i conviventi di fatto (sia etero che omosessuali) sono:
● i conviventi assumono solo alcuni dei diritti e dei doveri riconosciuti alle coppie sposate:
l'assistenza ospedaliera, penitenziaria e gli alimenti a fine convivenza (nel caso in cui uno dei due
non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento);
● se il proprietario della casa di comune residenza dovesse morire, il convivente avrebbe diritto a
continuare ad abitare nella stessa casa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se
superiore ai due anni e comunque non oltre i cinque anni;
● se l'intestatario del contratto di affitto della casa di comune residenza dovesse morire o dovesse
recedere, il convivente di fatto può subentrare nel contratto;
● i conviventi possono scegliere di gestire i propri rapporti patrimoniali con un "contratto di
convivenza" e quindi indicare la residenza, le modalità di contribuzione alla vita comune, la
comunione dei beni (voce che può comunque essere modificata in qualunque momento);
● oltre che in caso di morte o di matrimonio, la convivenza si risolve per accordo delle parti o per
volontà unilaterale.
IL REGIME PATRIMONIALE DI FAMIGLIA
E’ costituito dalla comunione dei beni, anche se la legge ammette che mediante un’apposita
convenzione i coniugi possano accordarsi per la separazione dei beni, di comunione convenzionale
ovvero per la costituzione di un fondo patrimoniale. L’autonomia dei coniugi incontra i seguenti limiti: il
divieto di derogare ai diritti e ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio e il divieto di
costituzione della dote
LE CONVENZIONI MATRIMONIALI
Le parti posso derogare al regime legale di comunione mediante la stipula della convenzione
matrimoniale, mediante atto pubblico a pena nullità che può essere stipulata in ogni tempo ed è in
qualsiasi momento modificabile.
LA COMUNIONE LEGALE
Costituiscono oggetto della comunione:
● gli acquisti compiuti insieme o separatamente durante il matrimonio;
● i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi percepiti e non consumati allo scioglimento della
comunione;
● i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi se allo scioglimento della comunione non
sono stati consumati;
● le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio;
● i beni destinati e gli incrementi derivanti dall’esercizio dell’impresa di uno dei coniugi.
Non cadono in comunione e sono beni personali di ciascun coniuge:
● i beni acquistati dal coniuge prima del matrimonio;
● i beni acquistati dopo per effetto di donazione o successione;
● i beni di uso strettamente personale;
● i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge;
● i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno.
L’amministrazione del patrimonio in comunione spetta ad entrambi i coniugi in applicazione del principio
di uguaglianza. La comunione si scioglie in presenza delle seguenti cause: morte di uno dei coniugi,
sentenza di divorzio, dichiarazione di assenza o morte presunta di uno dei coniugi, annullamento del
matrimonio. La separazione giudiziale dei beni può essere ottenuta in caso di interdizione di uno dei
coniugi, in caso di cattiva amministrazione, quando uno dei coniugi non contribuisce ai bisogni della
famiglia. La divisione dei beni si effettua ripartendo in parti uguali l’attivo e il passivo.
I REGIMI PATRIMONIALI
La comunione convenzionale può escludere alcuni beni dalla comunione e includere dei beni che non
sarebbero compresi nella comunione legale: i coniugi con espressa convenzione, possono pattuire che
ciascuno conservi la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio e in caso di separazione,
se la titolarità non è provata, i beni si considerano di proprietà indivisa per pari quota per entrambi i
coniugi.
L’IMPRESA FAMILIARE
La riforma del diritto di famiglia ha introdotto l’istituto dell’impresa familiare, che è quella in cui prestano
attività di lavoro continuativa il coniuge dell’imprenditore, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il
secondo, questi acquisiscono il diritto al mantenimento e il diritto di partecipazione agli utili dell’impresa
familiare.
IL MATRIMONIO
L’art. 29 Cost. riconosce il matrimonio come fondamento della famiglia. Il matrimonio è l’atto che ha per
effetto la costituzione dello stato coniugale e per causa la comunione di vita materiale e spirituale tra i
coniugi. La parola matrimonio può essere intesa in due sensi, come atto giuridico (atto costitutivo della
famiglia) e come rapporto giuridico.
Il matrimonio come atto giuridico può essere regolato dal diritto civile ovvero dal diritto canonico;
l’accordo tra Stato e Chiesa (nuovo Concordato del 1984) consente ai cittadini la libera scelta tra
matrimonio civile, celebrato davanti all’Ufficiale di Stato civile e matrimonio concordatario, celebrato
davanti al Ministro di culto cattolico, secondo la disciplina del diritto canonico. Il matrimonio celebrato dal
Ministro di culto acattolico è considerato matrimonio civile.
Il matrimonio come rapporto giuridico è regolato unicamente dal diritto civile e una volta scelta
liberamente la forma di celebrazione, la società coniugale rimane disciplinata dalle leggi civili.
Vi sono diverse teorie per la natura giuridica del matrimonio:
● una teoria pubblicistica, per la quale il matrimonio è un atto amministrativo emanato dall’ufficiale
di stato civile;
● una teoria contrattuale, sostenuta dai canonisti, per i quali il matrimonio è contemporaneamente
un sacramento ed un contratto tra le parti;
● una teoria negoziale, per la quale il matrimonio è un negozio giuridico bilaterale, perfezionata col
consenso dei nubendi;
● una teoria della fattispecie complessa, per la quale il matrimonio è una fattispecie particolare, in
cui intervengono tre soggetti (nubendi e ufficiale) che da luogo da un lato ad un negozio giuridico
bilaterale, dall’altro ad un atto amministrativo.
LA PROMESSA DI MATRIMONIO
L’ordinamento giuridico tutela la libertà matrimoniale, sicchè la promessa di prendersi reciprocamente
come marito e moglie. La promessa non è giuridicamente vincolante, in quanto non obbliga a contrarre
matrimonio, tuttavia la legge tiene in considerazione la situazione di chi ha sostenuto spese e assunto
obblighi, quindi se la promessa risulta da atto scritto o dalla richiesta delle pubblicazioni, se il promittente
si rifiuta di sposarsi senza giusta causa è obbligato a risarcire il danno.
CONDIZIONI PER LA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO
Occorre la presenza dei seguenti requisiti:
● il raggiungimento dell’età minima di 18 anni, che con decreto del Tribunale può essere abbassata
a 16 anni;
● la sanità mentale, per cui l’interdetto giudiziale non può contrarre matrimonio;
● la mancanza di un vincolo di matrimonio, salvo che il precedente sia stato annullato o sciolto.
E’ necessaria inoltre l’assenza di circostanze ostative, ossia gli impedimenti dirimenti in presenza dei
quali il matrimonio contratto è nullo e sono: l’esistenza di vincoli di parentela o affinità tra gli sposi, tra
ascendenti in linea retta, legittimi o naturali, tra fratelli e sorelle siano essi germani (figli degli stessi
genitori), consanguinei (figli dello stesso padre), uterini (figli della stessa madre), tra zii e nipoti salvo
dispensa, tra affini in linea retta (suocero e nuora) e tra cognati, salvo dispensa da parte del Tribunale. Il
c.d. impedimentum criminis vieta il matrimonio tra il condannato per tentato o consumato omicidio ed il
coniuge della vittima.
Gli impedimenti impedienti invece rendono solo irregolare il matrimonio che resta valido ma con una
sanzione per gli sposi e sono: la mancanza del decorso del tempo che va sotto il nome di lutto vedovile
per cui la donna non può contrarre matrimonio prima di 300 giorni dalla cessazione degli effetti civili del
precedente matrimonio (tale divieto tende ad impedire che nascano figli generati nel primo matrimonio
dopo le nozze del secondo) e l’omissione di pubblicazione salvi i casi di esonero concessi dal Tribunale
per motivi gravissimi e di matrimonio celebrato in imminente pericolo di vita.
IL MATRIMONIO PUTATIVO
L’annullamento del matrimonio produce effetti retroattivi, pertanto i coniugi riacquistano il loro stato di
libertà. Si ha matrimonio putativo quando almeno uno dei coniugi ha in buona fede contratto un
matrimonio successivamente dichiarato invalido, reputandolo valido. Se il matrimonio è stato contratto in
buona fede, sono fatti salvi tutti gli effetti nel frattempo prodottisi, anche rispetto ai figli nati o concepiti
durante il matrimonio, nel caso di malafede, questo ha gli effetti del matrimonio valido, rispetto ai figli nati
o concepiti durante lo stesso, tranne i casi di bigamia o incesto.
L’ADOZIONE INTERNAZIONALE
La L. n.476/1998 ha modificato profondamente le norme della L. n.184/1983 in materia di adozione di
minori stranieri, istituendo una Commissione per le adozioni internazionali presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri ed attribuendo importanti competenze ad enti senza scopo di lucro, iscritti in
apposito albo.
Le persone residenti in Italia che intendono adottare un minore straniero residente all’estero, devono
presentare dichiarazione di disponibilità al Tribunale per i minorenni e chiedere che lo stesso dichiari la
loro idoneità all’adozione. Se il Tribunale non dispone dei requisiti richiesti, inoltra la domanda ai servizi
socio-assistenziali degli enti locali, per le successive indagini. Ottenuta l’idoneità i coniugi devono
conferire incarico presso un ente autorizzato che curerà le pratiche di adozione presso le competenti
autorità del paese estero. L’adozione può essere disposta dalla competente autorità del paese estero; in
questo caso la Commissione valutate le conclusione dell’ente incaricato, dichiara che l’adozione
risponde all’interesse superiore del minore e ne autorizza l’ingresso e la residenza permanente in Italia,
così il minore acquista la cittadinanza italiana. Se l’adozione deve perfezionarsi in Italia il Tribunale per i
minorenni riconosce il provvedimento dell’autorità estera come affidamento preadottivo, decorso tale
periodo, il Tribunale, sussistendone i presupposti, pronuncia l’adozione e la trascrizione nei registri civili.
L’ADOZIONE DEI MAGGIORENNI
Riservata sostanzialmente a tutelare aspettative successorie, è permessa alle persone che abbiano
compiuto i 35 anni e che superino di almeno 18 anni l’età di coloro che intendono adottare; per essa
valgono le seguenti regole:
● i figli nati fuori dal matrimonio non possono essere adottati dai loro genitori;
● è ammessa l’adozione di più persone, anche con atti successivi;
● perché possa aversi l’adozione occorre il consenso dell’adottato e dell’adottante e l’assenso dei
genitori dell’adottando e del coniuge dell’adottante e dell’adottando, se coniugati e non
legalmente separati.
Il tribunale prima di provvedere alla domanda di adozione deve assumere le opportune informazioni sulla
domanda di adozione, poi deve compiere un’indagine di legittimità sulla sussistenza delle condizioni
volute dalla legge e di merito, sulla convenienza dell’adozione per l’adottando. A seguito di decreto,
l’adottando assume il cognome dell’adottante e lo antepone al proprio. Non nasce alcun rapporto tra la
famiglia dell’adottato e dell’adottante, l’adozione non attribuisce alcun diritto di successione all’adottante,
mentre l’adottato acquista i normali diritti successori spettanti ai figli legittimi.
L’AFFIDAMENTO TEMPORANEO DI MINORI
Disciplinato dalla L. 184/1983, può farsi luogo all’affidamento quando il minore, nonostante gli interventi
di sostegno e di aiuto alle famiglie previsti dalla legge, sia temporaneamente privo di un ambiente
familiare idoneo. In sostanza la legge consente l’affidamento ogni volta che non si possa attuare il diritto
del minore ad un’esistenza serena. Possono essere oggetto di affidamento tutti i minori che si trovino nel
territorio dello Stato. La situazione che legittima l’affidamento deve essere temporanea e non duratura.
Possono diventare affidatari di minori: un’altra famiglia, una persona singola o una comunità di tipo
familiare.
I FRUTTI
Sono beni che provengono da un altro bene e si distinguono in due categorie:
1. frutti naturali, quelli che provengono direttamente da un altro bene (ad esempio, prodotti
agricoli, legna) e diventano beni autonomi solo con la loro separazione, i frutti naturali
appartengono al proprietario della cosa che li produce, tuttavia la proprietà può essere attribuita
ad altri dalla legge (ad esesempio, all’usufruttuario);
2. frutti civili, quelli che provengono indirettamente da un altro bene e rappresentano il
corrispettivo del godimento che altri ha su questo bene (ad esempio, interessi, corrispettivo delle
locazioni), essi si acquistano giorno per giorno, in ragione della durata del diritto.
MANCANZA DI VOLONTA’
I casi in cui possa manifestarsi la mancanza di volontà sono:
● le dichiarazioni non serie, aventi un contenuto solo apparentemente giuridico, ma che non
hanno alcun valore in quanto mancano di quei caratteri necessari per attribuire ad una condotta
umana il valore di un impegno (ad esempio, dichiarazioni fatte per scherzo o durante una
rappresentazione teatrale);
● la violenza fisica, che ricorre quando un soggetto emette una manifestazione di volontà
negoziale perché costretto a forza da un altro soggetto.
DIVERGENZA TRA VOLONTA’ E DICHIARAZIONE
Si ha riserva mentale quando il soggetto intenzionalmente dichiara cosa diversa da quella che si vuole,
senza alcuna intesa col destinatario, il negozio in questo caso è valido ed efficace.
L’errore ostativo è l’errore del dichiarante e cade sulla dichiarazione (ad esempio, dico 100 e volevo
dire 1000), sulla trasmissione della dichiarazione stessa (ad esempio, volevo trasmettere 10, per
errore del telegrafo invio 100), in questo caso il negozio è annullabile.
Il dissenso è un caso di divergenza tra volontà e manifestazione tipico dei contratti e ricorre quando in
seguito ad errore sulla natura od identità dell’oggetto del contratto o a causa di fraintendimento delle
dichiarazioni di una parte, la controparte aderisce senza che in realtà si sia avuto un incontro di volontà e
può portare all’annullabilità in caso di errore ostativo e alla nullità negli altri casi.
La simulazione costituisce il caso più rilevante e frequente di divergenza tra volontà e dichiarazione e si
sostanzia in una divergenza voluta dalle parti.
LA SIMULAZIONE
Si ha quando le parti, d’accordo, pongono in essere dichiarazioni difformi dal reale intento; gli elementi
della simulazioni sono tre:
1. la divergenza voluta;
2. l’accordo simulatorio;
3. l’intenzione di ingannare terzi.
La simulazione può essere assoluta o relativa: nel primo caso ricorre quando le parti pongono in essere
un dato negozio ma in realtà non vogliono alcun negozio, nel secondo caso ricorre quando le parti
pongono in essere un dato negozio ma in realtà vogliono un negozio diverso ed a sua volta sin distingue
tra soggettiva (c.d. interposizione fittizia, ossia quando la parte sostanziale del contratto è diversa da
quella formale) ed oggettiva (che riguarda la natura del negozio ed un suo elemento). La simulazione
può aver luogo nei contratti e nei negozi unilaterali. L’accordo simulatorio è un’intesa reciproca delle
parti sulla divergenza tra il negozio stipulato ed il loro effettivo rapporto, tale elemento serve a
distinguere la simulazione dalla riserva mentale in cui manca un’intesa tra i soggetti.
EFFETTI DELLA SIMULAZIONE
Tra le parti, in caso di simulazione assoluta il negozio simulato non produce effetto alcuno, in caso di
simulazione relativa il negozio simulato (fittizio) non produce alcun effetto, invece il negozio dissimulato
(occulto) produce effetti se non è vietato dalla legge.
Rispetto a terzi, il problema degli effetti della simulazione va risolto in base al principio di tutela
dell’affidamento per cui, i terzi pregiudicati dal contratto simulato sono interessati a dedurre la
simulazione e possono farne dichiarare la nullità, i terzi subacquirenti in buona fede sono tutelati in
quanto avendo fatto affidamento sulla dichiarazione e hanno acquistato i diritti dal titolare apparente.
Nei confronti dei creditori:
● i creditori del simulato alienante hanno interesse a far valere il carattere simulato perché
altrimenti non potrebbero agire sui beni apparentemente usciti dal patrimonio del loro debitore;
● i creditori del simulato acquirente invece non hanno interesse a che la simulazione venga alla
luce, in quanto guadagnerebbero la possibilità di far valere i loro diritti anche su beni fittiziamente
entrati nel patrimonio del loro debitore.
Il conflitto tra creditori ricorre quando i creditori del simulato alienante e del simulato acquirente vogliono
entrambi soddisfarsi sui beni oggetto del contratto simulato, in tal caso la legge tutela i creditori del
simulato alienante quando il loro credito è anteriore all’atto simulato e tutela i creditori dell’acquirente
simulato quando il loro credito è successivo all’atto simulato.
L’AZIONE DI SIMULAZIONE E PROVA DELLA SIMULAZIONE
Per far accertare la simulazione, il soggetto interessato deve adire l’Autorità Giudiziaria con una
speciale azione, la c.d. azione di simulazione: azione di mero accertamento tendente a far valere la
realtà contro l’apparenza, cioè l’inefficacia del negozio simulato.
LA RAPPRESENTANZA
Può definirsi come quella figura di sostituzione per cui un determinato soggetto (rappresentante) ha il
potere di agire in nome e per conto di un altro soggetto (rappresentato). Caratteristica peculiare della
rappresentanza è dunque l’intervento del rappresentante nella gestione di un affare altrui. Si distingue
tra:
● Rappresentanza diretta: si ha quando il rappresentante agisce non solo per conto del
rappresentato, ma anche nel nome di questo. Le caratteristiche sono la spendita del nome altrui
e il verificarsi degli effetti del negozio giuridico direttamente ed unicamente nella sfera giuridica
del rappresentato. Il rappresentante è parte in senso formale del negozio, il rappresentato è parte
il senso sostanziale.
● Rappresentanza indiretta: si ha quando il rappresentante agisce solo per conto, ma non nel
nome del rappresentato. Non è quindi la vera e propria ipotesi di rappresentanza in quanto
manca il carattere dell’agire per nome di oltre che per conto altrui. Le caratteristiche sono la
mancata spendita del nome altrui e il realizzarsi degli effetti del negozio giuridico nella sfera
giuridica del rappresentante, per cui sarà necessaria una ulteriore attività affinchè tali effetti
possano rilevarsi definitivamente in capo al rappresentato. Per ulteriore attività si intende che
nella rappresentanza indiretta, al contrario di quella diretta, il rappresentato non diviene parte del
contratto, ma i relativi effetti si riversano nel patrimonio del rappresentante che ha agito a nome
proprio e che ha l’obbligo di trasferimento in favore del rappresentato (interposizione reale di
persona).
● Rappresentanza legale: la sua funzione è quella di rendere possibile all’incapace di agire il
compimento di atti che gli sarebbero preclusi; trova la sua fonte esclusivamente nella legge e nei
soli casi previsti dalla legge, ad esempio i genitori hanno la rappresentanza legale dei figli di
minore età, così come un potere di rappresentanza legale è riconosciuto al tutore, al protutore e
al curatore dello scomparso.
● Rappresentanza volontaria: trova la sua fonte esclusivamente nella volontà dei soggetti, essa è
conferita attraverso un apposito negozio, la procura. La sua funzione è strettamente legata a
criteri di opportunità del rappresentato (agevolare e snellire affari, compimento di più atti
contemporaneamente a distanza)
● Rappresentanza organica: non c’è alcuna scissione tra ente e persona che lavora a suo nome,
ma tra di essi si instaura un rapporto di compenetrazione, che vale ad escludere una sostituzione
dell’organo all’ente, costituendo il primo parte integrante del secondo, cui andrà imputata ogni
attività svolta dall’organo nell’esercizio delle sue funzioni.
NEGOZI NEI QUALI E’ ESCLUSA LA RAPPRESENTANZA
La rappresentanza volontaria non è ammessa in tutti quei negozi che per legge possono essere
compiuti esclusivamente dal titolare del diritto, che vengono definiti personalissimi e sono: il testamento,
la donazione, il matrimonio e i negozi familiari.
LA PROCURA
E’ il negozio col quale una persona conferisce ad un’altra il potere di rappresentarla; è un atto a
rilevanza esterna, poiché incide sui rapporti esterni tra rappresentato e terzi. Deve essere conferita con
la stessa forma prescritta dalla legge ad substantiam o ad probationem per il negozio che il
rappresentante deve concludere, può essere conferita anche verbalmente o per comportamenti
concludenti. E’ un negozio giuridico unilaterale, recettizio e preparatorio e può essere:
● Espressa, se l’interessato conferisce ad un soggetto il potere di rappresentanza.
● Tacita, se risulta da fatti concludenti (il commesso addetto alle vendite è autorizzato a vendere).
● Generale, se riguarda tutti gli affari del rappresentato.
● Generica, se riguarda una specifica categoria di atti.
● Speciale, se riguarda solo uno o più affari determinati.
● Revocabile, lo è generalmente.
● Irrevocabile, è la procura conferita anche nell’interesse del rappresentante.
Il rappresentante, in base alla procura, non ha l’obbligo ma solo la facoltà di gestire l’affare in nome e
per conto del rappresentato, il quale per ovviare a questo inconveniente accompagnerà alla procura un
rapporto di mandato o gestorio, in base al quale la gestione diviene obbligatoria. La rappresentanza
diretta implica l’esistenza di due rapporti tra rappresentante e rappresentato, ossia la procura e il
mandato, che si differenziano in quanto il mandato è un contratto costitutivo di diritti e di obblighi per le
parti, mentre la procura è un negozio unilaterale costitutivo di poteri per il rappresentante.
CAPACITA’, VIZI DELLA VOLONTA’ E STATI SOGGETTIVI
La capacità di diventare titolare di rapporti giuridici negoziali deve essere valutata con riferimento alla
persona del rappresentato poiché è nella sua sfera che si produrranno gli effetti giuridici prodotti dal
rappresentante. Il rappresentato deve essere capace di agire, per il rappresentante è sufficiente la
capacità di intendere e volere. Per accertare vizi della volontà o stati soggettivi, si guarda alla persona
del rappresentante, il negozio è annullabile se la volontà del rappresentante si è formata in modo viziato
(per errore, violenza, dolo).
ABUSO, ECCESSO, DIFETTO DI POTERE
Il contratto concluso dal rappresentante in nome e per conto del rappresentato, vincola costui soltanto se
il primo ha agito nei limiti delle facoltà concessegli. I casi in cui i limiti siano stati superati sono:
● Abuso di potere: si ha quando il rappresentante abbia fatto cattivo uso del potere concessogli,
agendo per un fine diverso da quello per cui gli era stato conferito, perseguendo un interesse
proprio o di terzi in contrasto con quello del rappresentato. Vi sono due casi in cui si manifesta
abuso di rappresentanza:
1. nel caso di un contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi col
rappresentato;
2. nel caso di contratto concluso dal rappresentante con se stesso.
● Eccesso e difetto di potere: si ha eccesso quando il rappresentante abbia agito superando i
limiti fissati dalla procura, si ha difetto quando si sia finto rappresentante senza averne i poteri
(c.d. falsus procurator). Secondo la giurisprudenza l’atto compiuto in tal caso è inefficace. In
entrambi i casi, colui che ha compiuto il negozio è tenuto a risarcire a titolo di responsabilità
precontrattuale al terzo contraente.
LA RATIFICA
E’ un negozio unilaterale e recettizio, con cui il rappresentato conferisce efficacia al negozio compiuto in
suo nome dal falsus procurator o dal rappresentante che abbia ecceduto nei limiti della procura,
accettandone gli effetti nella propria sfera. Costituisce una sorta di procura successiva ed ha effetto
retroattivo.
LE MODIFICAZIONI NEL LATO PASSIVO DEL RAPPORTO: L’ESPROMISSIONE
E’ il contratto con il quale un soggetto (espromittente) si assume verso il creditore il debito di un altro
soggetto (espromesso) senza l’intervento di quest’ultimo (ad esempio, padre che paga debito del figlio).
Caratteristica fondamentale dell'espromissione è la spontaneità e bisogna distinguere tra due casi:
● l’espromissione cumulativa, in cui l’espromittente è obbligato in solido col debitore originario;
● l’espromissione liberatoria, se il creditore espressamente dichiara di liberare il debitore
originario.
LE MODIFICAZIONI NEL LATO PASSIVO DEL RAPPORTO: L’ACCOLLO
E’ un contratto fra debitore (accollato) e un terzo (accollante), con il quale il terzo si assume il debito
dell’altro, a tale accordo non partecipa il creditore (accollatario). L’accollo può essere interno (quando
l’accordo tra debitore e accollante non è manifestato al creditore), oppure esterno (quando il creditore
aderisce alla convenzione). L'accollo è cumulativo quando il creditore, all’atto di aderire alla
convenzione non dichiara di liberare il debitore il quale rimane obbligato in solido nei confronti del terzo,
oppure liberatorio, quando il creditore dichiara espressamente di liberare il debitore.
LA CESSIONE DEL CONTRATTO
Si ha la sostituzione di una persona (cedente) con un’altra (cessionario) in tutti i rapporti nascenti da un
contratto, per cui il terzo cessionario assume, rispetto all’altro contraente (contraente ceduto), la stessa
posizione giuridica occupata dal cedente. Può avvenire soltanto in materia di contratti con prestazioni
corrispettive, ovvero quelle in cui ciascun contraente è ad un tempo creditore e debitore (ad esempio, il
venditore creditore del prezzo e debitore della consegna della cosa). Occorre il consenso del contraente
ceduto se le prestazioni non sono state ancora eseguite che può essere data anche in via preventiva.
L’INADEMPIMENTO
Perché il creditore possa essere considerato soddisfatto è necessario che il debitore effettui la
prestazione dovuta alla scadenza prevista. Si ha inadempimento quando il debitore non esegua affatto
la prestazione o la esegua in modo inesatto, oppure la esegua oltre il termine stabilito. L’inadempimento
è quindi ogni comportamento del debitore difforme da quello al quale è obbligato. Un rimedio stabilito dal
legislatore a tutela del creditore è il risarcimento del danno. L’inadempimento può dipendere da cause
imputabili al debitore, il quale sarà responsabile in proposito (responsabilità contrattuale) o da cause non
imputabili al debitore, in tal caso si parlerà di impossibilità sopravvenuta non imputabile ed il debitore
sarà liberato dall’obbligo senza alcuna responsabilità.
L’IMPUTABILITA’
Indica l’insieme dei presupposti soggettivi (capacità di intendere e volere, volontarietà dell’atto) perché
un’azione o gli effetti di un evento possano essere attribuiti alla persona che ha compiuto l’una o ha reso
possibile il verificarsi degli altri. I presupposti oggettivi si concretano nel rapporto di causalità, accertata
l’esistenza di tali presupposti incombe sull’inadempiente la responsabilità.
IMPOSSIBILITA’ SOPRAVVENUTA PER CAUSA NON IMPUTABILE AL DEBITORE
Quando il mancato pagamento non è imputabile al debitore, la legge (art. 1256 c.c.) prevede che il
debitore non sia tenuto al risarcimento del danno in quanto, mancando il dolo o la colpa, non sussiste
una responsabilità contrattuale. L’obbligazione si estingue perché viene meno la possibilità di eseguire la
prestazione. L’impossibilità di eseguire la prestazione deve essere: sopravvenuta (giunta dopo la
formazione del rapporto), l’inadempimento deve essere assoluto (tale da non consentire in alcun
modo di adempiere), definitivo, totale (intera prestazione) e oggettivo ( tale da impedire a chiunque la
prestazione).
INADEMPIMENTO IMPUTABILE AL DEBITORE
Se la causa è imputabile al debitore, si guarda all’intensità con cui la volontà dello stesso interviene
nell’atto e si distingue tra dolo (predeterminata intenzione di non adempiere all’obbligo) o colpa (ogni
negligenza o trascuratezza nell’adempimento dell’obbligo). L’inadempimento in questo caso può
essere:
● assoluto, quando l’esecuzione è divenuta impossibile a causa del debitore, purché sia decorso il
termine essenziale entro il quale l’obbligazione andava adempiuta (obbligo di risarcire il danno in
sostituzione alla prestazione originaria dovuta);
● relativo o “mora”, consiste nel ritardo ingiustificato dell’adempimento rispetto alla scadenza (il
debitore è obbligato al risarcimento del danno prodotto dal ritardo).
Ove sia materialmente possibile, si fa luogo all’adempimento coattivo in forma specifica (creditore
ottiene medesima prestazione dedotta in obbligazione), qualora non sia possibile, il debitore è obbligato
al risarcimento del danno.
LA MORA DEL DEBITORE
Consiste in un ritardo ingiustificato, ossia nella violazione dell’obbligo di adempiere tempestivamente.
Perché sia abbia mora devono verificarsi i seguenti presupposti:
● l’esigibilità del credito (scadenza obbligazione);
● il ritardo nell’adempimento dovuto al debitore;
● la costituzione in mora (constatazione formale del momento dal quale ha inizio l’inadempimento
del debitore).
Il debitore può cadere in mora di diritto (debitore in mora senza alcuna attività del creditore) o mora ex
persona, mediante intimazione formale ad adempiere.
IL SEQUESTRO CONSERVATIVO
Ha lo scopo di impedire al debitore la disposizione dei beni per i quali sia stato chiesto e ottenuto il
sequestro. E' una misura cautelare preventiva che il creditore può chiedere quando ha fondato timore di
perdere le garanzie del proprio credito.
L’ESECUZIONE FORZATA
Il creditore per conseguire ciò che gli è dovuto, può far espropriare i beni del debitore; oggetto di tale
espropriazione è tutto il patrimonio del debitore, il creditore non può soddisfare da solo il suo diritto ma
dovrà rivolgersi ad un’autorità superiore. Organo dell’esecuzione è lo Stato.
L’ESECUZIONE COLLETTIVA
Si ha nei casi di crisi dell’imprenditore commerciale ed ha lo scopo di liquidare all’attivo dell’imprenditore
tutti i suoi creditori.
LA CESSIONE DEI BENI AI CREDITORI
E’ il contratto con cui il debitore incarica tutti o alcuni creditori di liquidare tutte o parti delle sue attività e
di ripartirne tra di loro il ricavato, in soddisfacimento dei rispettivi crediti. E' un contratto che va fatto per
iscritto a pena di nullità e ad ha effetti limitati ai soggetti che vi partecipano.
L’ANTICRESI
E’ un contratto con cui il debitore si obbliga a consegnare un immobile al creditore, affinché questi ne
percepisca i frutti, imputandoli agli interessi se dovuti e quindi al capitale; la sua durata non può superare
il decennio per evitare che il proprietario resti troppo a lungo spossessato del bene.
MODI SATISFATTORI: LA COMPENSAZIONE
Si ha nel caso in cui due soggetti siano contestualmente creditore e debitore l’uno dell’altro; si distingue:
● compensazione legale: opera automaticamente se i debito sono omogenei, liquidi ovvero
determinati ed esigibili (non sottoposti a termine o condizione);
● compensazione giudiziale: opera per effetto di una sentenza, si ha quando il debito opposto in
compensazione non è liquido ma è di facile liquidazione;
● compensazione volontaria: si ha in seguito ad un accordo tra le parti. Alcuni crediti (ad
esempio, gli alimenti) non ammettono compensazione.
MODI SATISFATTORI: LA CONFUSIONE
Si ha quando le qualità del creditore e debitore vengono a riunirsi in capo alla stessa persona. Può
avvenire per atto tra vivi (ad esempio, cessione di azienda verso la quale il cessionario aveva debiti) e
mortis causa (ad esempio, creditore diviene erede del debitore)
MODI NON SATISFATTORI: LA NOVAZIONE
E’ il contratto con il quale le parti sostituiscono all’obbligazione originaria, che si estingue, una nuova
obbligazione con titolo od oggetto diverso. Si ha novazione soggettiva quando la nuova obbligazione
presenta una diversità di soggetti, si ha novazione oggettiva quando fra gli stessi soggetti si costituisce
un nuovo rapporto diverso dal precedente o nell’oggetto (dare una cosa al posto di un’altra) o nel titolo
(invece di dare somma a titolo di risarcimento danni, la si trattiene a titolo di mutuo). I requisiti della
novazione sono:
● l’esistenza dell’obbligo novanda, ovvero la novazione è senza effetto se non esisteva
l’obbligazione originaria;
● l’aliquod novi, ossia un mutamento dell’oggetto o del titolo;
● l’animus novandi, ossia la volontà di estinguere l’obbligazione precedente creandone una
nuova.
MODI NON SATISFATTORI: LA REMISSIONE DEL DEBITO
E’ una rinuncia del creditore, in tutto o in parte, al suo diritto; essa comporta l’estinzione dell’obbligazione
e dunque la liberazione del creditore e può essere:
● espressa, quando il creditore dichiara di rimettere il debito con comunicazione al debitore;
● tacita, quando il comportamento del creditore sia incompatibile con la volontà di far valere il suo
diritto.
I SOGGETTI DELL’OBBLIGAZIONE
L’aspetto soggettivo dell’obbligazione è caratterizzato da due principi fondamentali:
● il principio di dualità dei soggetti: il rapporto intercorre tra due distinti titolari, portatori di
interessi contrapposti (i soggetti possono essere anche più di due);
● il principio della determinatezza dei soggetti: essi devono essere determinati dal momento
della nascita dell’obbligazione o quanto meno determinabili.
L’OBBLIGAZIONE PARZIARIA
E’ un obbligazione con più soggetti, ciascuno dei quali è portatore di un diritto o obbligo parziale
proporzionato alla sua partecipazione al vincolo obbligatorio.
L’OBBLIGAZIONE SOLIDALE
E’ un obbligazione con pluralità di soggetti in cui ogni creditore ha il diritto di pretendere la prestazione
per intero (solidarietà attiva), oppure ogni debitore ha l’obbligo di eseguire la prestazione per intero
(solidarietà passiva). I presupposti delle obbligazioni solidali sono: una pluralità di soggetti, unicità della
prestazione ed un'unica causa di obbligazione.
La solidarietà attiva ha la funzione di agevolare l’esercizio del diritto di credito e il pagamento da parte
del debitore; nel caso della solidarietà passiva, il creditore vede notevolmente rafforzato il vincolo
obbligatorio, in quanto può ottenere da ciascuno dei debitori l’intera prestazione, senza escutere gli altri.
Per la solidarietà attiva le fonti sono la volontà delle parti o la legge (deve essere sempre espressamente
stabilita e non si presume). Per la solidarietà passiva la fonte è la legge (i condebitori si presumono
sempre solidalmente obbligati rispetto al creditore, se dalla legge o dal titolo non risulti diversamente).
Il debitore solidale, si rivolgerà con l’azione di regresso agli altri condebitori per ottenere da ciascuno il
rimborso delle rispettive quote di debito. Se si verifica un fatto o un atto sfavorevole ad uno dei debitori o
creditori solidali, gli effetti non si comunicano agli altri e viceversa.
OBBLIGAZIONI DIVISIBILI
E’ divisibile l’obbligazione che ha per oggetto una prestazione suscettibile di divisione per natura o
perché tale è stata considerata dalle parti contraenti.
OBBLIGAZIONI INDIVISIBILI
E’ indivisibile quando la prestazione ha ad oggetto un bene che per sua natura o per volontà delle parti
non è suscettibile di frazionamento in parti omogenee. L’art. 1317 c.c. prescrive che le obbligazioni
indivisibili sono regolate dalle stesse norme delle obbligazioni solidali, con la conseguenza che ogni
debitore è obbligato ad eseguire per intero la prestazione al creditore ed ogni creditore può esigere
l’intera prestazione del debitore.
12. Il contratto e fonti di obbligazione
NOZIONE DI CONTRATTO
Il nostro codice ha previsto una disciplina generale del contratto e non del negozio giuridico, di cui il
contratto costituisce la principale ma non l’unica figura e viene definito: l’accordo di due o più parti per
costituire, regolare o estinguere tra loro, un rapporto giuridico patrimoniale. Da ciò si deduce che il
contratto ha sempre contenuto patrimoniale ed è un negozio giuridico necessariamente bilaterale o
plurilaterale. L’autonomia contrattuale prevede che le parti possano concludere contratti non previsti
dalla legge, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela. Il regime giuridico dei contratti è
dettato dalla legge, dagli usi e dalla volontà delle parti, il contratto è un negozio giuridico e come tale
presenta degli elementi essenziali e accidentali, ovvero:
● l’accordo o consenso delle parti;
● la causa (la funzione economica sociale cui il contratto adempie);
● l’oggetto, che deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile;
● la forma, quando è richiesta ad substantiam.
La capacità di contrattare è in sostanza un aspetto della capacità di agire e l’idoneità a compiere atti
produttivi di effetti giuridici, che deve esistere al momento della dichiarazione. In alcuni casi occorre la
capacità di disporre, l’inabilitato non può possederla.
L’oggetto del contratto è rappresentato dalla cosa o dal comportamento che è materia di scambio, della
promessa o del conferimento e sono richiesti al momento dell’efficacia del negozio, deve essere
possibile (se è un oggetto deve esistere, se è un comportamento umano deve essere compatibile con
le capacità dell’individuo), lecito (cioè non contrario alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume),
determinato o determinabile (certo o individuabile nel momento dell’esecuzione). Il contenuto del
contratto è dato da tutto ciò che viene stabilito dalle parti per regolare i loro privati interessi.
LA CLASSIFICAZIONE DEI CONTRATTI
I contratti vengono classificati:
● riguardo al perfezionamento del vincolo contrattuale, vi sono:
1. i contratti consensuali che costituiscono la maggioranza e si perfezionano col semplice
consenso;
2. i contratti reali richiedono per il loro perfezionarsi, oltre al consenso delle parti, anche la
consegna della cosa.
● riguardo al tempo dell’esecuzione, vi sono:
1. i contratti ad esecuzione istantanea che esauriscono i loro effetti in un solo istante o
all’atto della conclusione del contratto;
2. i contratti di durata la cui esecuzione si protrae nel tempo o in modo continuo o ad
intervalli.
● riguardo agli effetti del contratto, vi sono:
1. i contratti ad effetti reali o traslativi sono quelli che producono come effetto il
trasferimento della proprietà di un bene determinato o la costituzione o il trasferimento di
un diritto reale su un bene determinato;
2. i contratti ad effetti obbligatori sono quelli che danno luogo alla nascita di un rapporto
obbligatorio (ad esempio, locazione).
● riguardo al nesso tra le attribuzioni patrimoniali, vi sono:
1. i contratti a prestazioni corrispettive caratterizzati dal fatto che il contratto genera due
attribuzioni patrimoniali contrapposte e ciascuna delle parti è tenuta ad una prestazione, tra
le due prestazioni si stabilisce uno speciale nesso di corrispettività;
2. i contratti con prestazione unica sono quei contratti che pur implicando l’esistenza di due
parti e due distinte prestazioni, generano l’obbligo della prestazione per una sola parte, che
si trova nella posizione del debitore (ad esempio, contratti unilaterali).
● riguardo al rapporto tra corrispettivi, vi sono:
1. i contratti commutativi nei quali fin dal momento della conclusione ciascuna delle parti
conosce l’entità del vantaggio e del sacrificio che riceverà dal contratto;
2. i contratti aleatori sono quelli in cui all’atto della stipulazione non è nota l’entità del
sacrificio e l’entità del vantaggio a cui ciascuna parte si espone.
● riguardo alla sussistenza o meno di reciproco sacrificio vi sono:
1. i contratti a titolo oneroso se alla prestazione di una parte corrisponde un sacrificio
dell’altra;
2. i contratti a titolo gratuito se la prestazione eseguita da una parte è fatta per spirito di
liberalità, senza che all’altra parte sia imposto alcun sacrificio.
● riguardo alla causa, vi sono:
1. i contratti tipici costituiscono un modello previsto e disciplinato dalla legge;
2. i contratti atipici che non rientrano in un dato tipo previsto dal legislatore;
3. i contratti misti più contratti tipici che si fondono in un’unica causa o una pluralità di cause
tipiche concorrenti nell’unicità del rapporto;
4. i contratti collegati pluralità di contratti interdipendenti.