La Fotografia, L - Impressionismo, Manet, Monet, Renoir, Degas
La Fotografia, L - Impressionismo, Manet, Monet, Renoir, Degas
La Fotografia, L - Impressionismo, Manet, Monet, Renoir, Degas
Foro Stenopeico
L'antenato della macchina fotografica era il foro
stenopeico, ovvero un buco su una parete (di solito di
diametro variabile da 1 a 4 cm); attraverso questo foro
la luce poteva entrare nella camera e così facendo essa
proiettava gli oggetti, gli sfondi e in generale proiettava
lo sfondo esterno sulla parete opposta al foro (il
risultato era una proiezione della realtà però
capovolta).
Per verificare la corretta messa a fuoco dell'immagine che viene proiettata bisognava
mettere in rapporto il raggio del foro e la distanza di esso dalla parete opposta.
Questo principio, oltre ad essere l'equivalente dell'obiettivo della macchina fotografica, è lo
stesso meccanismo che avviene nell'occhio umano.
Niépce
Niépce cominciò a studiare i composti fotosensibili e sperimentò una tecnica per
imprimere le immagini su una tavola.
Daguerre
Niépce ha reso possibile la realizzazione della prima fotografia, ma ha dei difetti.
Uno dei quali era la difficoltà di realizzazione, e non solo per la questione dei materiali, ma
anche del tempo di scatto; i soggetti non sarebbero dovuti muovere per 8 ore.
La persona che sviluppò il primo procedimento fotografico fu Louis Daguerre.
Con il suo Dagherrotipo 1838, riuscì a fare una foto in un tempo che andava
dai 5 ai 10 minuti. Le prime persone vennero immortalate in foto, ma questo
avvenimento fu casuale, infatti durante lo scatto (che immortalava una strada di
Parigi), 2 persone rimasero ferme per tutta la durata dello scatto, erano un
lustratore di scarpe e un suo cliente.
La dagherrotipia
A Daguerre si deve il brevetto di quella rappresentazione fotografica che consisteva nel
impressionare con la luce, di una camera ottica, una lastra di rame argentata (prima
trattata con dei vapori di iodio).
L'argento tendeva così a ossidarsi, quindi diventare più scuro, in presenza della luce; sulla
lastra rimaneva impressa la scena ripresa al negativo, cioè con le zone di luce annerite e le
zone in ombra che rimanevano chiare.
L'impiego di speciali sali di mercurio serviva a invertire l'immagine, cioè riconvertendo gli
scuri in chiari e viceversa e a fissarla, cioè a stabilizzare in modo definitivo i livelli di luce e
di annerimento.
Il limite dell'invenzione è che ogni fotografia una volta invertita e fissata costituiva un vero
e proprio originale e non era più possibile realizzarne delle copie, poiché il negativo
impressionato dalla luce veniva distrutto dai sali di mercurio.
Talbot
Talbot mette a punto un negativo realizzato in carta, resa sensibile e traslucida grazie ai
trattamenti chimici e stampabile più di una volta.
Inventa la calotipìa, ovvero una tecnica grazie alle quali si potevano sviluppare le foto in
negativo e questo voleva dire che si sarebbe potuta avere la replica illimitata delle
immagini; per fare questo bastava fotografare nuovamente il negativo per invertire
l'immagine, traducendola così in positivo.
Usa come negativo la lastra stessa, quindi del vetro reso sensibile alla luce dopo essere
stato spalmato con composti chimici a base di albumina.
La luce proveniente dall'obiettivo colpisce lo strato impressionandolo in base all'intensità
luminosa.
Lo sviluppo successivo serve a rendere visibili in negativo le immagini riprese, nelle quali
le ombre appaiono chiare, le luci scure e i toni intermedi in tutta la gamma del chiaroscuro.
Dai negativi si possono poi ricavare diverse stampe su carta chimica preparata, nelle quali
luci e ombre tornano invertirsi.
Per sviluppare una fotografia in negativo si utilizzava una carta ai sali di argento.
Herschel e Muybridge
Nonostante tutte queste migliorie rimasero 2 problemi:
• rendere durature le immagini catturate, che tendevano col nuovo procedimento
rapidamente a sbiadire.
• ridurre i tempi di posa, ancora troppo lunghi per poter utilizzare in maniera pratica la
nuova tecnica.
Cavallo al galoppo-Muybridge
Muybridge esegue le prime fotografie di soggetti animali in
movimento, riuscendo a bloccarne e analizzarne le varie fasi.
Per la serie cavallo al galoppo utilizza una batteria di 24
apparecchi fotografici uguali ed equidistanti, montati alla
stessa altezza su treppiedi disposti parallelamente alla pista
che il cavallo avrebbe percorso.
Gli otturatori venivano fatti scattare in sequenza tramite dei
fili strappati dagli zoccoli del cavallo stesso; per poter usare
tempi di esposizione veloci erano impiegate delle nuove
lastre fotografiche nelle quali era stato messo del bromuro
d'argento.
Marey e il fucile fotografico
Marey è il creatore del fucile fotografico, che proprio grazie a quest'ultimo fu una
persona di fondamentale importanza per lo sviluppo della progettazione aeronautica
(Marey si basò sul moto di diversi animali, come per esempio il volo degli uccelli).
Fotografia e Pittura
La macchina fotografica svolge il ruolo della pittura (la rappresentazione della realtà) in
maniera più fedele e rapida; al tempo stesso la fotografia non viene considerata un'arte.
Le prime persone che fecero delle foto a scopo artistico furono Paul Tol Strand e Garry
Winogrand;
Per le riprese in esterni vengono via via sperimentati dei modelli portatili più piccoli e
maneggevoli.
L'IMPRESSIONISMO
Parigi consolida il proprio aspetto borghese e festoso; questo sarà il periodo chiamato Belle
Epoque.
La notte viene rischiarata da un impianto di lampioni a gas tecnologicamente
all'avanguardia che hanno contribuito a consolidare la fama di Parigi come Ville lumière.
È in questa grande città che maturano i presupposti per la più grande novità artistica del
secolo.
Nonostante sia verso il progresso tecnico scientifico e di cultura modesta e conservatrice,
la classe borghese era ancora legata alla produzione artistica di tipo accademico (basata
quindi sul seguire le regole, la bellezza estetica, per niente reale, ma piacevole); gli
impressionisti si scaglieranno contro questo tipo di produzione artistica con
convinzione.
Infatti prediligono produzioni che abbiano un'attinenza sul mondo reale, come un vagone
di terza classe o degli spaccapietre.
Gli impressionisti si concentrano sulla realizzazione di opere dove si vede la vita mondana
e il paesaggio.
Il movimento
L'impressionismo è privo di una base culturale omogenea, in quanto i vari membri
avevano formazione culturale, esperienze artistiche e realtà sociali, abbastanza differenti.
Il movimento non è organizzato, ma si costituisce per aggregazione spontanea, senza
manifesti o teorie che ne spieghino le tematiche o ne indichino le finalità.
I personaggi al suo interno, avevano in comune la voglia di fare e una forte
insofferenza per la pittura ufficiale del tempo.
Iniziarono a riunirsi in un locale parigino: il Cafè Guerbois; il caffè diventa quindi il luogo
di incontro e di confronto.
Le varie abolizioni
L'impressionisti aboliscono quasi totalmente la prospettiva geometrica; non è più
ammesso imprigionare gli spazi della rappresentazione pittorica.
Ciò che più conta è l'impressione che uno stimolo esterno suscita nell'artista, che partendo
dalle proprie sensazioni, opera per arrivare a cogliere la sostanza delle cose e delle
situazioni, nel tentativo di trovare l'impressione pura.
Si ha l'abolizione anche del disegno e delle linee che contornano gli oggetti definendo le
forme volumi.
Per il colore, gli impressionisti tendono ad abolire i forti contrasti chiaroscurali e a
rendere il colore locale, cioè quello proprio dei singoli oggetti, mediante accostamenti di
colori puri.
Nessun colore esiste di per sé ma solo in rapporto agli altri colori che avvicino e intorno,
per cui la definizione del colore locale non può che scaturire dall'interazione di tutti questi
fattori.
La luce
È la luce che determina la percezione dei vari colori, e ogni colore appare più o meno
scuro in relazione alla quantità di luce che lo colpisce e alla presenza o meno di altri
colori che ne esaltino one smorzino la vivacità.
La pittura vuole dare conto di questa variabilità dei colori con immediatezza, cercando di
cogliere un attimo fuggente, ossia le sensazioni di un istante con la precisa consapevolezza
che l'istante successivo potrà generare sensazioni del tutto diverse.
Egli deve essere il più rapido possibile nell'esecuzione del dipinto, così da evitare
che le condizioni che determinano in lui tali impressioni vengano meno.
Le pennellate non sono fluide e lungamente studiate, piuttosto sono pennellate veloci,
tocchi, trattini e picchiettature.
Si usano pochi colori puri e si ha praticamente l'esclusione del nero, non tanto del bianco.
Nel momento in cui l'artista dipinge è interessato alle sensazioni che essa gli
suscita.
Molti pittori impressionisti prediligono dipingere all'aria aperta: affinché i colori possono
rivelare tutte le loro potenzialità occorre che essi siano illuminati dalla luce del giorno, in
quanto è l'unica che può restituire loro quel senso di verità e di brillantezza che solo la
natura possiede.
La realtà è soggetta a un'evoluzione continua e non costituisce uno stato definitivo e
acquisito ma un incessante divenire.
Ciò avviene con la giustapposizione di colori puri che si fondono nella retina dell'occhio
consentendo al cervello di percepirli come colori omogenei di intensità e brillantezza
enormemente superiori a quelle che avrebbero i corrispondenti colori già premiscelati sulla
tavolozza.
Nuove possibilità
I progressi della chimica industriale avevano reso possibile i primi colori a olio in tubetto
metallico, facili da trasportare e immediati da usare sulla tavolozza senza di essi la pittura
alla riaperta non sarebbe stata neanche possibile.
A John Rand, nel 1841, venne l'idea dei tubetti di metallo morbido (gli stessi che
conosciamo).
Fece questo cosi per sostituire certi pacchetti dove venivano fino ad allora
conservati i colori a olio. Una confezione che non riusciva a evitare che seccassero in fretta.
conservanti: acido citrico e aceto; grazie a questa invenzione è ora possibile dipingere
all'aria aperta.
Nascono anche le prime fotografie erotiche.
Consideriamo il 15 aprile 1874: alcuni giovani artisti, le cui opere erano state ripetutamente
rifiutate dalle principali esposizioni ufficiali i Salons, decisero di organizzare una mostra
alternativa dei loro lavori.
Si presentano al pubblico come società anonima degli artisti.
La mostra, che vide esposte 163 opere si risolse in un vero e proprio fallimento.
Il gruppo ebbe infine il nome con il quale sarebbe poi passato alla storia, ossia
impressionisti.
La breve e intensissima stagione impressionista dura sino al 1886, anno dell'ottava e
ultima esposizione.
I contrasti ideologici e le rivalità artistiche avevano portato vari componenti del gruppo a
maturare scelte autonome e a partecipare individualmente ai salons, che piano piano
iniziaci ad accettare anche i loro dipinti.
L'impressionismo non era un movimento destinato a durare a lungo; tutti gli artisti del
gruppo ne avevano piena consapevolezza e ciascuno cercò di dare maggiore consistenza
artistica alla fugacità dell'impressione.
·
stampe giapponesi
All'affermarsi delle teorie impressioniste non è stata estranea anche la diffusione delle
Stampe giapponesi
Do All'afferirai delle teorie impressioniste non è stata estranea anche la diffusione delle
stampe giapponesi.
Queste sono realizzate a più colori con matrici xilografiche in legno.
Tali stampe giunte massicciamente in Europa grazie all'intensificarsi dei commerci con
l'estremo Oriente pur essendo state realizzate artisti contemporanei si ricollegano all'unica
antica tradizione pittorica nipponica dell'ukiyo-e, da sempre più sensibile all'armonia dei
colori e all'accordo delle forme, piuttosto che la definizione dei volumi.
L'uso di un disegno semplice netto, privo di forti interazioni chiaroscurali, la stesura dei
colori in campiture omogenee e smaglianti, rendevano queste stampe estremamente
decorative, poiché ogni soggetto, per quanto reale fosse, veniva immediatamente
trasfigurato in una dimensione immobile e fiabesca, aldilà di qualsiasi possibile
riferimento spaziale o temporale.
Tutti gli impressionisti furono dunque appassionati collezionisti di tali stampe e rimasero
spesso affascinati dal rigore compositivo e dalla incidenza delle giustapposizioni di colore.
I giapponesi non sanno utilizzare la prospettiva, quindi tutte le loro opere sono
bidimensionali. Ma quando iniziano a vedere le opere degli artisti e vogliono attuare anche
loro la prospettiva. Cercano di farlo, ma non sanno le regole matematiche per riuscire
nell'intento.
La cosa che stupisce è che l'arte orientale è così lontana da quella occidentale, che gli
occidentali vedendo opere totalmente diverse dalle e solite, ne rimangono impressionati.
ukiyo-e : immagini della vita che passa, del mondo fluttuante, genere fiorito in Giappone
tra l'inizio del XVII e la fine del XIX secolo che per le diceva la rappresentazione di scene di
vita quotidiana del mondo contemporaneo con un taglio ardito è prossimo a quello che
oggi definiamo fotografico.
ÉDUARD MANET
Manet è un pittore, non è un impressionista, ma si può dire però che è il suo precursore e che lo ha
reso possibile.
Ammira molto Delacroix, al quale chiede il permesso di copiare la sua barca di Dante; da questo ne
ricava due diversi dipinti al fine di studiare e comprendere meglio la tecnica dei colori. La prima è
una coppia molto rispettosa dell'originale, mentre nella seconda i colori sono stesi più liberamente,
quasi prefigurando quella che sarà la tecnica prediletta negli anni successivi.
Ritrae personaggi che trova per strada, rappresenta quindi l'opposto delle opere accademiche.
Basta pensare a "il chiterreo" oppure un altro esempio può essere il bevitore di assenzio'; si
sviluppano quindi delle scene senza personaggi aristocratici e religiosi, in più sono opere che non
hanno bisogno di commissioni.
• Nel 1861 conosce Degas, con il quale stringe una profonda amicizia.
• Nel 1869 Manet intensifica la propria produzione all'aria aperta.
• Quando nel 1874 gli impressionisti danno vita alla loro prima esposizione, lui non partecipa
direttamente, ma la sua presenza morale e il suo influsso appaiono indiscutibili.
Colazione sull'erba
Venne esposto nel 1863 nel salone dei rifiutati, e si trovò subito al centro di uno scandalo.
Parigi rimase indignata dal crudo realismo con il quale l'artista aveva realizzato il nudo femminile
in primo piano e i critici lo accusarono essere volgare.
La scena è ambientata poco a nord di Parigi, nella radura erbosa di un boschetto; rappresenta una
donna nuda in primo piano (ha posato Victorine Louise Meurent, pittrice e modella prediletta
dell'artista) e accanto a lei è seduto un uomo, uno dei fratelli di Manet, mentre il secondo
personaggio è il futuro cognato di Manet. Una seconda ragazza, più lontananza, si sta lavando in
uno specchio d'acqua. Tra l'altro quest'ultima ragazza è ritenuta fuori dalla prospettiva perché è
troppo grande per stare lì, questo crea problemi e presa in giro ovviamente.
Manet viene criticato dal punto di vista della tecnica pittorica; viene accusato di non aver
saputo usare né la prospettiva né il chiaro scuro.
Si nota come personaggi e sfondo siano trattati in modo diverso, quasi che i primi siano ritagliati e
incollati sul secondo, come se si trattasse di figure prive di un volume di una consistenza propri.
Il senso della profondità prospettica è dato dai piani successivi degli alberi e delle fronde, creando
così zone di luce e di ombra più per sovrapposizione che grazie alla tecnica del chiaro scuro.
I colori sono stesi con pennellate veloci, giustapponendo toni caldi e freddi in modo da creare quel
contrasto simultaneo che li rende reciprocamente più vivaci e squillanti.
L'atmosfera è fresca e luminosa.
Olympia
L'opera è stata realizzata nel(1863), ma venne presentata al Salon del 1865.
Manet si riconferma il portatore indiscusso di un nuovo modo, anti convenzionale, di
fare arte.
Il dipinto rappresenta con realismo una donna nuda semi sdraiata sul letto disfatto, riprendendo
anche il tema della Maya Desnuda di Goya.
Il corpo acerbo e quasi sgraziato della ragazza per la quale posa sempre Victorine, appare privo
delle sinuosità morbide con le quali pittori accademici caratterizzavano tutti nudi femminili.
"Olympia" era molto diffuso come nome d'arte di prostitute e ballerine parigine dell'epoca,
diciamo che questo in aggiunta con quello detto prima è uno schiaffo alla morale borghese.
Inoltre nel mazzo di fiori Manet è già impressionista: le macchie disordinate e incoerenti di colore,
stese con tocchi rapidi, se osservate da lontano, acquistano nel loro insieme un effetto di
restituzione del vero naturale.
Il bar delle Folies Bergère
Realizzato tra il 1881 al 1882.
Nel 1881 l'artista ne anticipa il tema con un bozza; la tela definitiva fu accettata al Salon del 1882 e
ne costituisce un significativo testamento spirituale.
Attraverso lo specchio, Manet, riesce a mostrare anche il vasto e affollato salone, un locale di
varietà allora molto frequentato dalla borghesia parigina.
I rapidi tocchi di colore osservati dalla giusta distanza, ricostruiscono la descrizione della sala,
gremita di dame e gentiluomini e anche la sua atmosfera chiassosa, inondata dalla luce di globi di
vetro bianco e di lampadari di cristallo; l'atmosfera è rallegrata anche dall'esercizio di un acrobata
al trapezio di cui si vedono i piedi nell'angolo superiore sinistro del dipinto, questo sta significare
che ormai lo spettacolo è tra le persone e non sopra un palco.
Si dimostra molto capace nell'ambito della pittura e la zia riesce a farlo andare a studiare a Parigi; li
frequenta ambienti artistici vicini al più anziano e già noto Manet.
Nel 1861 va in africa e osservazione della luce e dei colori contribuiscono a sviluppare in lui la
passione per la natura.
L'anno dopo torna a Parigi e frequenta il Café Guerbois.
Trova stimolanti le sperimentazioni sulla luce e sulla percezione dei colori, come appare in diverse
sue opere (la gazza, immerso nell'atmosfera nevosa o anche Ville di Bordighera, dove notiamo la
vegetazione mediterranea).
L'incontro di Manet e gli altri artisti del Café arricchiscono il bagaglio di esperienze di Monet.
• Si dipinge non si disegna.
• Non c'è il contorno.
• Il colore locale dipende dalla luce e da come viene visto l'oggetto; non c'è un oggetto che ha un
colore di appartenenza perché la luce cambia continuamente (il mondo è in mutamento e non c'è
una verità, per questo motivo non c'è un colore appartenente.
• Si passa da un'arte oggettiva è una soggettiva.
• Visto che la luce cambia, bisogna essere molto veloci a dipingere.
• Abbiamo una composizione retinica.
• Eliminano il nero per le ombre e usano il blu, ma non eliminano il bianco.
• Non abbiamo le linee di contorno e non abbiamo un disegno preparatore.
• Le forme sono create solamente dal colore.
• L'aria è aperta quindi vediamo i paesaggi.
Quelli a seguire sono anni duri per l'artista, lavora tantissimo ma ha davvero poche soddisfazioni e
molte delusioni. Decide di trasferirsi a nord ovest della capitale per dipingere, isolato dal mondo e
dai problemi, immerso completamente nella natura e nelle sensazioni che essa gli suscita.
Dopo il 1880 il successo sembra arrivare.
Monet è ormai l'uomo simbolo dell'Impressionismo e il giusto successore di Manet, già stanco e
malato.
Intorno alla sua casa, a Giverny, si è fatto costruire un giardino dalle dimensioni inimmaginabili.
Decide questo cosi da avere sempre vicino a lui un frammento della natura, cosi da farsi suggerire
atmosfere e sensazioni sempre nuove e diverse.
La casa è quasi un oasi di pace.
Monet vuole trasmettere le sensazioni da lui provate osservando l'aurora sul porto di
Le Havre.
Non vuole descrivere la realtà, ma vuole cogliere l'impressione dell'attimo, diversa e autonoma
rispetto a quella dell'attimo immediatamente precedente o successivo.
L'uso giustapposto di colori caldi e freddi rende in modo suggestivo il senso della nebbia dal del
mattino. Attraverso il suo manto, si fa strada un sole inizialmente debole, i cui primi riflessi
aranciati guizzano sul mare, evidenziati con incisività da pochi e sapienti tocchi di pennello dati a
spessore, come se il colore stesso avesse un proprio volume e una consistenza materica.
Le "serie"
Negli anni novanta, sempre più entusiasmato dai problemi della luce e dalle sensazioni di colore, si
dedica a diverse serie, nelle quali ritrae un medesimo soggetto in decine di tele successive.
Il punto di ripresa è quasi sempre lo stesso, o varia di poco, mentre quello che cambia
completamente sono: condizioni stagionali, atmosferiche e di luce.
Questo per dimostrare che un soggetto possa essere sufficiente a destare nuove, diverse e
infinite sensazioni e emozioni.
Soprattutto il tema dell'acqua si ricollega ai centinaia di dipinti aventi per soggetto le ninfee.
Ricorrente è il tema dell'acqua, che per sua stessa natura non si acquieta mai,
permettendo agli artisti di sbizzarrirsi nel riprodurre le 1000 possibili increspature
di colore.
Monet sottolinea come per lui la pittura non sia una semplice attività artistica, ma
per lui è proprio un'esigenza interiore.
PIERRE AUGUST RENOIR
Renoir è il rappresentante più spontaneo e convinto del movimento.
Amico di Monet, ma hanno interessi diversi.
Renoir non rappresenta i paesaggi, più che altro tende a rappresentare i personaggi.
Diciamo che è un artista importante all'inizio, perché le sue opere sono molto belle, solo che poi
crea delle schifezze. Critica le opere accademiche e poi lui stesso le fa.
Per lui la pittura è gioia di vivere, capacità di stupirsi ogni giorno di fronte alle meraviglie del
creato, voglia di farsi travolgere dalle emozioni e dei colori.
È sempre affascinato dalla luce e dai giochi di colore che essa sa creare.
Rappresenta le cose che non avremmo visto, ad esempio la nascita dello svago.
Relativamente all'esperienza artistica lo entusiasma il ciclo degli affreschi vaticani di Raffaello; ed è
la riflessione sulla saggezza pittorica di Raffaello che mette in crisi la sua visione impressionista
della realtà, nella quale tutto si limita all'apparenza e alla sensazione di un attimo.
Agli inizi del novecento è ormai stimatissimo e affermato anche a livello europeo.
Purtroppo iniziano a manifestarsi i primi sintomi di una malattia che lo porterà alla paralisi
completa degli arti inferiori e alla semi paralisi di quelli superiori.
Nonostante questo la sua produzione è frenetica e oltre che alla pittura si dedicherà poi anche la
scultura.
Osservando le due coppie danzanti di sinistra si nota come i vestiti delle ragazze spiccano contro gli
abiti maschili per la diversa luminosità. L'apparente casualità della rappresentazione nasconde
un'attenta valutazione compositiva, frutto evidente dello studio dei classici.
Nessun personaggio risulta isolato, in quanto inserito in un determinato gruppo.
L'insieme di questi gruppi determina la profondità prospettica dell'intera scena nella quale il
disegno gioco ormai ruolo estremamente marginale.
Colazione dei canottieri
Il dipinto di grande formato, risalate al 1881, rappresenta una colazione al ristorante la Fournaise.
L'atmosfera che ne deriva è quella di una straordinaria naturalezza, resa ancora più viva e festosa
dal complesso gioco di sguardi che lega espressivamente tra di loro i vari personaggi.
L'apparecchiatura della tavola costituisce un dipinto nel dipinto.
Si propone una superba natura morta, in essa alla leggerezza delle bottiglie dei cristalli fa riscontro
la massa compatta della frutta e della botticella di cognac.
L'ambientazione all'aperto sulla terrazza prospiciente uno specchio d'acqua è un tema ricorrente
in Renoir in quanto gli permette di giocare con i colori l'atmosfera.
EDGAR DEGAS
La prima formazione pittorica avviene in ambiente accademico e il principale punto di riferimento
è rappresentato inizialmente da Ingres, del quale Degas ammira in primo luogo la straordinaria
purezza del disegno.
Continua lo studio dei classici, ai quali si sente ormai di aggiungere, il romantico Delacroix.
Appare evidente che Degas abbia una personalità artistica molto articolata. Nonostante l'impegno
impressionista, egli rimase sempre un convinto sostenitore del disegno della pittura in atelier;
secondo l'artista anche l'impressione di un istante è così complessa e ricca di significati che
l'immediatezza della pittura all'aria aperta non può che coglierla in modo riduttivo e superficiale.
Alla metà degli anni 60 la sua pittura, pur rimanendo sempre fedele all'ideale del disegno del
lavoro in atelier, si caratterizza non tanto per la volontà di rappresentare le cose o le persone così
come appaiono, ma piuttosto come si conoscono per averli visti tante volte in diversi contesti, al
fine di stregare la realtà, nella consapevolezza che l'artista può riuscire a dare il senso del vero solo
agendo in modo del tutto innaturale.
Gli ultimi anni della vita di Degas sono tristissimi; ormai quasi cieco, viene anche sfrattato dal suo
atelier museo e solo grazie l'interessamento di qualche amico può trovare un nuovo alloggio.
Dei vecchi amici di un tempo c'è solamente Monet, mal fermo e quasi cieco a sua volta.
La lezione di danza
L'opera realizzata tra il 1875-1876 è ambientata all'interno del caffè e si presenta come una
composizione volutamente squilibrata verso destra, quasi a dare il senso di una visione improvvisa
e casuale.
La scena è costruita in modo estremamente rigoroso: abbiamo una prospettiva obliqua secondo cui
sono orientati i caratteristici tavolini di marmo, quasi come se l'artista volesse introdursi nel locale
seguendo il loro allineamento sghembo.
I
Campo da corsa
Do Quest'opera è stata ultimato solo nel 1887 nonostante gli fosse stata commissionato da un
collezionista oltre 10 anni prima (situazione comunque anomala, in quanto la produzione
impressionista non fu praticamente mai su commissione); l’opera si allaccia alla grande passione di
Degas per il mondo dell’ippica.
L'inquadratura allude alla volontà di Degas di apparire come un osservatore marginale, mentre in
realtà è perfettamente bilanciata, anche dall'attento uso del colore.