Progettazione Di Un Attuatore Piezo

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ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI

XXXIV CONVEGNO NAZIONALE — 14–17 SETTEMBRE 2005, POLITECNICO DI MILANO

PROGETTAZIONE DI UN ATTUATORE PIEZOELETTRICO


PER APPLICAZIONI INTERFEROMETRICHE

L. Bruno*,G. Felice, A. Poggialini

Dipartimento di Meccanica – Università della Calabria


Via Bucci – cubo44C
87036 Arcavacata di Rende – Cosenza

Sommario
Oggetto del presente lavoro è la progettazione, la realizzazione e la messa a punto di un dispositivo
capace di applicare spostamenti con risoluzione nanometrica, particolarmente utile per applicazioni
interferometriche. La soluzione adottata consiste in un elemento elastico in acciaio inossidabile
realizzato con utensili per asportazione di truciolo al quale viene imposta una deformazione elastica
mediante tre ceramici piezoelettrici in PZT. L’utilizzo di tre attuatori piuttosto che uno singolo è stata
una scelta dettata dall’esigenza di realizzare un dispositivo capace di imporre una traslazione ad uno
specchio senza che si verifichino rotazioni apprezzabili. I tre attuatori sono alimentati mediante un
amplificatore di carica la cui tensione di input è fornita da un convertitore digitale/analogico
interfacciato col calcolatore per mezzo di una porta parallela. La tensione massima applicabile ad ogni
singolo attuatore è stata fissata mediante una resistenza variabile in modo da ottenere la stessa corsa su
ogni piezoelettrico con elevata precisione.

Abstract
The aim of the present paper is the design, the construction and the adjustment of a piezoelectric
actuator with nanometric accuracy for interferometric applications. The solution adopted is a stainless
steel case deformed by three PZT ceramics. By means of three actuators it was possible to compensate
the spurious rotations which arise during the expansion of the single actuators. The power supply is a
charge amplifier whose input voltage is provided by a D/A converter interfaced with a PC by a parallel
port. In order to set the stroke with high accuracy, the maximum voltage applied to each actuator was
fixed by a variable resistance.

Parole chiave: PZT, attuatori piezoelettrici, tecniche interferometriche, phase-shifting.

1. INTRODUZIONE

Le tecniche interferometriche sviluppatesi nell’ambito della meccanica sperimentale negli ultimi


trenta anni [1-3] hanno sempre avuto come proprio punto di forza la capacità di fornire informazioni a
pieno campo. Tuttavia tale potenzialità non risulta sfruttabile appieno se non si adotta un sistema per
misurare direttamente la fase. I sistemi di frange, infatti, che normalmente si ottengono attraverso tali
tecniche sono frange di intensità e quindi forniscono informazioni esatte solo in corrispondenza dei

* Corresponding author: Tel.: +39 0984 494839; Fax.: +39 0984 494673; E-mail: [email protected]
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centri-frangia, mentre sulle aree non attraversate da tali curve le informazioni possono essere
ricostruite soltanto mediante interpolazione.
Tale limitazione può essere superata utilizzando tecniche di phase-shifting [4]. Queste tecniche,
basate sull’introduzione di perturbazioni note di fase, richiedono la modifica dei set-up sperimentali
mediante dispositivi capaci di introdurre tali perturbazioni. Fra le tante possibili soluzioni una delle
più utilizzate è quella basata sull’utilizzo di attuatori piezolettrici, i quali introducono uno shift di fase
attraverso una variazione di cammino ottico. Questa tipologia di dispositivi, reperibile sul mercato
presso diversi rivenditori di attrezzature scientifiche [5,6], risultano di semplice utilizzo, ma allo stesso
tempo il loro costo può incidere in maniera significativa e risultare quindi non giustificabile per un
particolare apparato sperimentale.
Diversi ricercatori che operano nel campo dell’interferometria hanno pubblicato alcune possibili
soluzioni al fine di ottenere dispositivi capaci di competere con quelli commerciali a costi molto più
contenuti [7-10]. Tali soluzioni proposte in letteratura, tuttavia, molto spesso risultano non
sufficientemente robuste da poter essere esportate al di fuori dei laboratori dove sono state messe a
punto.
Lo scopo del presente lavoro è la progettazione e la realizzazione di un dispositivo che risponda
adeguatamente ai requisiti funzionali richiesti ad un attuatore piezoelettrico per applicazioni
interferometriche e che, allo stesso tempo, risulti sufficientemente facile da utilizzare e stabile da poter
essere impiegato anche al di fuori del laboratorio dove è stato messo a punto. Inoltre tale dispositivo è
stato interfacciato con il calcolatore mediante la porta parallela al fine di poter sfruttare tutti i vantaggi
connessi con la gestione computerizzata delle diverse fasi sperimentali. L’utilizzo della porta parallela
permette di controllare il dispositivo direttamente con un qualsiasi computer, pertanto non è richiesta
alcuna scheda di interfaccia fra attuatore e calcolatore, come normalmente accade per la maggior parte
dei dispositivi controllati dal computer.

2. FORMULAZIONE ANALITICA

La calibrazione di un attuatore per la variazione della fase può essere effettuata inserendo tale
dispositivo lungo un braccio di un interferometro: registrando le variazioni cicliche di intensità
luminosa è possibile risalire alle variazioni di fase imposte dall’attuatore. In particolare assumendo
come input la tensione di alimentazione dell’attuatore e come output l’intensità luminosa in un
generico punto di coordinate (x,y) del piano di rilevazione sul quale avviene l’interferenza dei due
fasci, si ha che:

I ( x, y, ϕ ) = A( x, y ) + B( x, y ) cos[α ( x, y ) + ϕ (V )] (1)

con I(x,y,ϕ) intensità luminosa, A(x,y) intensità media, B(x,y) modulazione, α(x,y) differenza di fase
fra i due fasci interferenti e ϕ(V) variazione di fase indotta da una variazione dalla tensione V applicata
all’attuatore. Tutte queste quantità sono funzioni delle coordinate spaziali (x,y) tranne la differenza di
fase ϕ(V), la quale è costante su tutto il piano di rilevazione a patto che l’espansione dell’attuatore sia
uniforme. Calcolando la media spaziale sul quadrato della differenza di intensità luminosa S(V) fra una
condizione di riferimento I0(x,y,ϕ0) e una generica I(x,y,ϕ) si ha che:

S (V ) =< ( I − I 0 ) 2 >=< B 2 {cos[α ( x, y ) + ϕ (V )] − cos[α ( x, y ) + ϕ 0 ]}2 > (2)

dove il simbolo <.> indicata la media spaziale. Nella (2) si è assunto che la differenza di fase ottenuta
in ogni punto dell’immagine (e quindi l’espansione dell’attuatore) è costante, ovvero indipendente
dalle coordinate (x,y). Mediante opportuni sviluppi trigonometrici dalla (2) si arriva alla seguente
espressione:
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S (V ) =< B 2 > {1− < cos[2α ( x, y )] > cos[ϕ (V ) − ϕ 0 ] +


(3)
+ < sin[ 2α ( x, y )] > sin[ϕ (V ) − ϕ 0 ]}{1 − cos[ϕ (V ) − ϕ 0 ]}

Se il valor medio sul piano (x,y) delle quantità sin[2α(x,y)] e cos[2α(x,y)] è nullo (cosa che si verifica
in presenza di un campo speckle o nel caso in cui l’interferogramma sul piano di rilevazione sia
caratterizzato da un elevato numero di frange), allora, si ottiene un andamento sinusoidale della
quantità S(V) [8]:

S (V ) =< ( I − I 0 ) 2 >=< B 2 > {1 − cos[∆ϕ (V )]} (4)

con ∆ϕ(V) = ϕ(V)–ϕ0 variazione di fase introdotta dalla variazione di tensione applicata all’attuatore.
Pertanto al fine di effettuare la calibrazione dell’attuatore è necessario ricavare la funzione ∆ϕ(V).
Se tale relazione è lineare, è possibile, mediante le formule trigonometriche di addizione e sottrazione,
effettuare un fitting lineare sui dati sperimentali ed ottenere la suddetta funzione. Se invece la funzione
è non lineare, come nel caso degli attuatori piezoelettrici, è richiesta una regressione non lineare. In
quest’ultimo caso, oltre alle difficoltà computazionali connesse con l’ottimizzazione non lineare risulta
cruciale la scelta del tipo di funzioni da utilizzare nel fitting. La scelta più semplice consiste
nell’adottare un polinomio, scelta che però spesso mostra scarsa versatilità, oltre che una eventuale
instabilità, soprattutto al crescere del grado della polinomiale.
Nel presente lavoro è stata adottata una modellazione basata su una curva B-spline [11]. Questa
tipologia di curva presenta una elevata versatilità, che, però, si paga in termini di complessità di
calcolo. Secondo tale approccio la curva viene modellata attraverso delle funzioni pesate definite in un
particolare intervallo dell’intero campo di esistenza della curva. Tali funzioni sono definite a tratti
mediante delle polinomiali il cui grado è scelto a discrezione dell’operatore. Il processo di
ottimizzazione consiste nell’andare a calcolare i pesi di tali funzioni. Oltre a poter scegliere il grado è
possibile definire il numero di queste funzioni, ovvero il numero dei punti di controllo, e la relativa
spaziatura. In definitiva la curva di calibrazione assumerà la seguente forma:

N
∆ϕ (V ) = ∑C F
i =0
i i ,k (V ) (5)

Dove N+1 sono i punti di controllo, k-1 è il grado delle polinomiali e Ci sono i parametri da
determinare attraverso la regressione non lineare. Nel presente lavoro sono state utilizzati polinomiali
di grado 3 (k=4) e 6 punti di controllo (N=5) equispaziati nell’intervallo [0.3,9.9] V. La forma di tali
funzioni peso è riportata in Fig.1. La procedura di fitting è stata implementata nell’ambiente
Mathematica® utilizzando la funzione predefinita NonlinearRegress [12-14], alla quale, oltre ai dati
sperimentali ed al modello non lineare, è necessario fornire i valori di partenza dei parametri da
stimare. La scelta di tali valori è fondamentale sia per accelerare la fase di calcolo sia per evitare
eventuali minimi locali.

Figura 1: Funzioni peso per N=5 e k=4.


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3. SET-UP SPERIMENTALE DI CALIBRAZIONE

La calibrazione dell’attuatore è stata effettuata inserendo il dispositivo lungo un braccio di un


interferometro di Michelson. L’interferometro è alimentato mediante un laser He-Ne da 10 mW il
quale è espanso mediante un obiettivo da microscopio. Il fascio è quindi intercettato da due
polarizzatori e da un diaframma. Mediante i due polarizzatori è possibile scegliere accuratamente
l’intensità luminosa degli interferogrammi. Inoltre uno dei polarizzatori presenta una superficie
smerigliata e ciò permette di trasformare il fascio sferico uscente dall’obiettivo in un fascio speckle.
Agendo sul diaframma, infine, è possibile modificare la dimensione degli speckle. Gli
interferogrammi sono acquisiti mediante una telecamera Sony B&W modello XC-77RR-CE la quale
genera un segnale video standard CCIR che viene convertito da un frame grabber National Instrument
modello PCI 1408 connesso alla scheda madre di un personal computer. Le immagini vengono
acquisite, pre-processate e salvate in ambiente LabVIEWTM. Uno schema del set-up sperimentale è
riportato in Fig.2. In Fig.3 è riportata una foto dello stesso, in cui sono visibili i tre trimmer per
l’allineamento dell’attuatore e i tre interruttori per escludere l’alimentazione su uno o più
piezoelettrici. È inoltre presente un altro trimmer per dare un offset di tensione costante a tutti e tre i
piezoelettrici.

Figura 2: Schema del set-up sperimentale.


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Figura 3: Foto del set-up sperimentale.

4. L’ATTUATORE PIEZOELETTRICO

L’attuatore piezoelettrico messo a punto è un dispositivo realizzato mediante una cassa in acciaio
inossidabile che funge da elemento elastico, deformato elasticamente mediante tre ceramici in PZT
multistrato a basso voltaggio. Si è ottenuto, così, un dispositivo a tre gradi di libertà: una traslazione
lungo l’asse di espansione dei piezoelettrici e due rotazioni intorno agli assi contenuti in un piano
perpendicolare al suddetto asse. In Fig.4 è riportata la soluzione meccanica adottata per la cassa. Sulla
superficie superiore sono stati realizzati 6 fori filettati, tre per il fissaggio di uno specchio o di un
qualunque dispositivo che si intende traslare e tre in corrispondenza delle tre cave, ottenute mediante
fresature a disco, dove vengono fissati i piezoelettrici. Quest’ultime tre filettature permettono di
ottenere un precarico mediante l’utilizzo di grani i quali applicano una compressione sui ceramici
attraverso un blocchetto di acciaio super rapido (HSS) con la stessa sezione dei piezoelettrici
sottostanti (Fig.5a). Quest’ultimi, a loro volta, sono stati incollati sulla cassa. In Fig.4b è riportata una
sezione longitudinale della cassa in cui è possibile notare la parte cedevole opportunamente sagomata
che rende mobile la parte superire rispetto alla parte inferiore. Inoltre si può osservare un foro centrale
cieco in cui sono alloggiati tutti i cavi elettrici che arrivano ai piezoelettrici. Tali cavi sono poi fatti
passare attraverso altri tre fori effettuati nel tappo inferiore bloccati diametralmente attraverso dei
grani. L’intero dispositivo presenta un diametro di 23 mm nella parte superiore ed uno di 25 mm nella
parte inferiore, l’altezza totale è pari a 20 mm.

a) b)

Figura 4: Modello 3D della cassa dell’attuatore: a) complessivo, b) sezione longitudinale.

Questo tipo di soluzione è stata adottata non per poter sfruttare tutti i 3 gradi di libertà, bensì per
poter compensare espansioni non uniformi dei PZT. Infatti espansioni accompagnate da rotazioni
indesiderate possono avere effetti estremamente dannosi qualora tali dispositivi vengano impiegati in
set-up interferometrici, come decorrelazione dei campi speckle o formazione di sistemi di frange spuri.
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Al fine di compensare tali rotazioni spurie è stata realizzato un opportuno circuito elettrico il quale
permette di variare singolarmente la tensione di alimentazione su ogni singolo piezoelettrico. La
tensione di alimentazione è impostata mediante PC il quale, attraverso la porta parallela e sfruttando
alcune funzione predefinite in LabVIEW, invia un’istruzione ad un convertitore D/A a 16 bit. Il
convertitore genera una tensione fra 0 e 10 V la quale viene amplificata di un fattore 10 mediante un
amplificatore di carica della Physik Instrumente modello E660.OE. Tale tensione viene quindi chiusa
su un partitore di corrente composto da tre rami su ognuno dei quali è inserita una resistenza fissa di
100 kΩ e una variabile fra 0 e 10 kΩ. Ogni piezoelettrico (Physik Instrumente modello PL033.20,
dimensioni 3x3x2 mm), quindi, è chiuso su una resistenza variabile fra 100 e 110 kΩ, pertanto la sua
corsa, direttamente proporzionale alla tensione applicata può essere variata di circa il 10%, margine
sufficiente per eguagliare le tre corse e quindi impostare la rettilineità della corsa complessiva
dell’attuatore. È bene puntualizzare, inoltre, che in questo modo è possibile compensare altri eventuali
effetti spuri come lavorazioni imperfette della cassa o posizionamento impreciso dei singoli ceramici.
Nella parte bassa al centro della Fig.2 è riportato schematicamente il circuito realizzato su una scheda
per circuiti stampati.
In Fig.5 sono riportati alcuni particolari dell’attuatore. In Fig.5a è visibile il ceramico in PZT, nella
parte inferiore con i cavi elettrici saldati e nella parte superiore con incollato il blocchetto in acciaio
super rapido. In Fig.5b è visibile la posizione che andrà ad occupare il singolo piezoelettrico e sono
visibili i tre grani per il precarico. Infine in Fig.5c sono visibili i collegamenti elettrici per
l’applicazione della tensione di alimentazione ai piezoelettrici: in particolare è messo in evidenza
l’unico ceramico collegato, mentre per gli altri due le saldature devono ancora essere effettuate.

a) b) c)
Figura 5: Foto dell’attuatore: a) il singolo piezoelettrico; b) la posizione del singolo piezoelettrico nella cassa; c) i
collegamenti elettrici.

5. ALLINEAMENTO E CALIBRAZIONE DELL’ATTUATORE

Prima di ricavare la curva tensione-spostamento dell’attuatore, come più volte detto, è stato
necessario eliminare eventuali rotazioni spurie che nascono durante l’espansione dei ceramici. Tale
procedura di allineamento, interamente condotta in ambiente LabVIEWTM, si articola nei seguenti
passi. Una prima fase consiste nel suddividere l’intero campo speckle acquisito dalla telecamera in un
certo numero di sottomatrici, nel presente lavoro l’immagine è stata suddivisa in 3x4 sottomatrici.
Quindi per ognuna di esse viene applicata la procedura descritta: variando la tensione di alimentazione
in maniera tale da ottenere 1-2 cicli per ogni sottomatrice viene effettuato un fitting sinusoidale sui
dati e ricavata una frequenza per ogni sinusoide in termini di cicli per volt. Infine riportando tali
frequenze sul baricentro di ognuno delle sottoimmagini ottenute dall’immagine principale e cercando
l’equazione del piano che meglio approssima tali frequenze, si visualizza l’eventuale rotazione spuria
presente. Se infatti non c’è rotazione le suddette frequenze calcolate risultano praticamente identiche,
se invece è presente una rotazione le frequenze variano linearmente sul piano dell’immagine. Se è
rilevata una rotazione significativa si agisce sui trimmer, quindi si ripete la procedura fino a non
rilevare una rotazione apprezzabile.
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Figura 6: Pannello di controllo per l’allineamento dell’attuatore.

Il pannello di controllo dello strumento virtuale messo a punto per tale scopo è riportato in Fig.6.
Mediante tale strumento è possibile impostare i voltaggi iniziale (Start voltage) e finale (End
voltage) e il numero di passi (Step number) con cui suddividere tale intervallo di tensione. Durante
l’esecuzione viene visualizzato il voltaggio attuale (Current voltage), mentre alla fine
dell’esecuzione vengono visualizzati sia la sinusoide dell’intera immagine, sia il piano di regressione
ottenuto sulle frequenze delle varie sottomatrici (CPV%). In quest’ultimo grafico gli assi nel piano
indicano i pixel dell’immagine acquisita, mentre l’asse verticale esprime in termini percentuali la
differenza del numero di cicli per volt rispetto ad un valore medio. Nell’esempio riportato in figura si
vede come la differenza ottenuta è al di sotto dell’1%; per diminuire ulteriormente tali effetti spuri si
può eventualmente inserire un altro trimmer con una resistenza totale minore del trimmer già saldato
sulla scheda.
Una volta eliminata tale rotazione si passa alla calibrazione vera e propria dell’attuatore.
Inizialmente viene fissato un intervallo di variazione della tensione, tale intervallo è scelto in maniera
tale da sfruttare al massimo la corsa del ceramico evitando fenomeni di saturazione o soglia (sia del
ceramico che dell’elettronica di controllo) tipicamente presenti negli estremi. Quindi si decide in
quanti passi suddividere tale intervallo ovvero di quanto incrementare la tensione di input.
Eventualmente è possibile anche stabilire di effettuare i calcoli non sull’intera immagine acquisita ma
su una parte di essa, quindi si applica la relazione (4). Se l’attuatore presenta una rotazione spuria
significativa si ottiene una sinusoide smorzata tipo quella riportata in Fig.7a, in cui l’entità dello
smorzamento è tanto maggiore quanto maggiore è la rotazione, anche se non è stata cercata una
correlazione fra questi parametri. Se invece non sono visibili effetti spuri, la sinusoide presenta una
ampiezza costante e l’andamento è tipo quello riportato in Fig.7b. Dalla forma della sinusoide è
possibile inoltre notare, quanto meno qualitativamente, se c’è un comportamento non lineare. Se infatti
la risposta dell’attuatore presenta delle non linearità la frequenza della sinusoide risulta non costante.

a) b)
Figura 7: Dati sperimentali: a) rotazione spuria non trascurabile, b) rotazione spuria trascurabile.
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Figura 8: Sinusoide in salita (curva continua) ed in discesa (curva tratteggiata).

Nel presente lavoro è stato scelto un’intervallo di tensione fra 0.3 V e 9.9 V e gli incrementi di
tensione non inferiore a 0.1 V. Come segnale di ingresso è stata data una tensione in salita ed in
discesa su tutto il suddetto intervallo. Quindi sono state ricavate una sinusoide per la fase in salita e
una per quella in discesa e su entrambe è stata effettuata una regressione non lineare così da ottenere la
curva di calibrazione. Dalla osservazione delle sinusoidi di salita e di discesa (Fig.8) è possibile notare
la distorsione del passo di tali sinusoidi a testimonianza della non linearità dell’attuatore. Inoltre la non
coincidenza del tratto di salita e di discesa evidenzia l’esistenza di un ciclo di isteresi, tipicamente
presente in gran parte dei dispositivi piezoelettrici.
In Fig.9 sono riportate tre curve di calibrazione dell’attuatore e le rispettive pendenze ottenute in
tempi molto ravvicinati. È possibile notare l’elevata ripetibilità delle curve di calibrazione (Fig.9a),
infatti l’errore massimo, minore di 5 nm su una corsa complessiva di circa 1.6 µm, si ha in
corrispondenza di una tensione di ingresso pari a 9.9 V. È inoltre possibile dall’osservazione della
derivata prima delle curve di calibrazione (Fig.9b) identificare i tratti in cui il comportamento
dell’attuatore può ritenersi lineare. In corrispondenza di una tensione di ingresso pari a circa 6.3 V
delle curve di salita e 3.5 V delle curve di discesa, infatti, tali curve presentano un flesso e quindi una
derivata prima costante. Nell’intorno di tali valori della tensione di ingresso sono stati evidenziati in
Fig.9a i tratti in cui la risposta dell’attuatore può ritenersi lineare, tali tratti sono stati presi in maniera
tale da abbracciare un intervallo di circa 250 nm, corsa tipicamente necessaria per effettuare il phase-
shifting in un interferometro che opera nello spettro del visibile.

a) b)
Figura 9: a) Curve di calibrazione dell’attuatore, b) Pendenza delle curve di calibrazione.

6. CONCLUSIONI

Nel presente lavoro è stata condotta la progettazione, la realizzazione e la calibrazione di un


attuatore piezoelettrico a basso voltaggio a ciclo aperto. L’attuatore è costituito da un elemento
elastico, realizzato in acciaio inossidabile alle macchine utensili, deformato da tre ceramici
piezoelettrici in PZT. L’attuatore risulta autocontenuto (un cilindro altro 20 mm e con un diametro
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massimo di 25 mm) e presenta sulla superficie mobile tre filettature per il fissaggio di uno specchio o
comunque di un altro dispositivo.
La calibrazione è stata condotta inserendo l’attuatore lungo un braccio di un interferometro di
Michelson, utilizzando come fasci interferenti due campi speckle, uno emergente da uno specchio
fisso, l’altro da un secondo specchio montato sull’attuatore. Mediante l’utilizzo di tre piezoelettrici
alimentati con la stessa tensione che può essere variata indipendentemente su ogni piezoelettrico di
una percentuale di circa il 10%, è stato possibile ottenere su ogni ceramico la stessa corsa e quindi una
compensazione di eventuali rotazioni spurie, che sempre accompagnano l’espansione di questo tipo di
ceramici. La tensione di alimentazione è stata ottenuta utilizzando un convertitore D/A a 16 bit
interfacciato direttamente con la porta parallela di un PC, senza quindi dover passare per una scheda di
acquisizione dati o comunque per un qualche dispositivo di input/output specifico. Sia la procedura di
allineamento che di calibrazione sono state condotte in ambiente LabVIEWTM, mentre alcune delle
elaborazioni dei dati sperimentali sono state condotte in ambiente Mathematica®.
Le curve di calibrazione ottenute hanno mostrato una elevata ripetibilità, infatti su una corsa
complessiva di circa 1.6 µm lo scostamento massimo fra due qualsiasi curve non supera mai i 5 nm.
Inoltre su tali curve sono stati identificati tratti a comportamento lineare in cui si potrebbe
eventualmente lavorare qualora si intendesse applicare un algoritmo di phase-shifting nell’ambito di
applicazioni interferometriche.
Non sono state condotte analisi circa il comportamento dinamico dell’attuatore, né è stato studiato
il comportamento completo a isteresi. Tali indagini saranno oggetto di lavoro futuro.

BIBLOGRAFIA

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