Corrente Elettrica Stazionaria 2

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Corrente elettrica

stazionaria
Corrente elettrica stazionaria
Sin qui ci siamo occupati di elettrostatica, ossia dello studio di campi elettrici e potenziali
elettrici generati da cariche considerate a riposo. Ora affrontiamo il caso in cui le cariche
sono in moto.

Fenomeni stazionari riguardano situazioni in cui le cariche sono in movimento, con


caratteristiche che possono anche essere diverse da punto a punto, ma che sono
invarianti nel tempo in ciascun punto (quindi tipicamente se v = v ( r ) è indipendente
dal tempo). Perché ciò avvenga, tenendo conto che le cariche vengono fermate nel loro
moto dalle interazioni con il reticolo del conduttore, occorre intervenire costantemente
sul sistema in modo da conservare la situazione che provoca il moto delle cariche.

La corrente elettrica è da intendersi come un flusso di cariche in movimento, ma bisogna


sottolineare che non tutte le cariche in movimento originano una corrente elettrica.
Quando una corrente passa attraverso una superficie deve esserci, attraverso tale
superficie, un flusso netto di carica.

Se prendiamo un filo di rame isolato abbiamo che gli elettroni liberi di conduzione al suo
interno si muovono in modo casuale con velocità dell’ordine di 106 m/s. Se prendiamo
una superficie immaginaria che interseca il filo, vediamo che gli elettroni di conduzione
si muovono in entrambi i sensi passando attraverso la superficie (si parla, come ordine
di grandezza, di molti miliardi di elettroni al secondo). Il flusso netto di carica, però, è
nullo e dunque non c’è alcuna corrente.
∑ vi
In altre parole, il valore medio del vettore velocità vale ⟨ v ⟩ = =0.
n
Ma il modulo della velocità dei singoli elettroni è | v i | ≠ 0 in quanto si muovono con un moto
termico casuale, che è caratterizzato dalla temperatura del materiale.

( n )
2
∑ vi
La velocità quadratica media è pari a ⟨v ⟩ = e dipende dalla temperatura secondo

3 1 2
la seguente espressione: ⟨ϵ⟩ = KBT = mv
2 2
Quindi la velocità di queste particelle in assenza di un campo elettrico a temperatura ambiente

2
3KBT
(T = 27°C = 300K) è ⟨v ⟩ = ≅ 105 m/s ≅ 100 km/s
me

Se consideriamo anche effetti quantistici otteniamo v ≅ 106 m/s ≅ 1000 km/s.


La presenza di un campo elettrico non nullo all’interno del conduttore determina, per i portatori di
carica dello stesso segno, un movimento collettivo aggiuntivo in una determinata direzione,
caratterizzato da una velocità di deriva vD molto piccola (qualche mm/s), parallela a E, che si somma
vettorialmente alla velocità di agitazione termica. Di conseguenza, il valore medio della velocità
diventa ⟨v⟩ = vD.
La velocità di propagazione del campo elettrico è vE ≅ c ≅ 3 × 108 m/s quindi la
velocità di propagazione del campo elettrico è estremamente maggiore rispetto alla
velocità del moto per agitazione termica e la velocità di deriva.

Se abbiamo una spira di rame isolata in equilibrio elettrostatico abbiamo l’intera


spira allo stesso potenziale e quindi il campo elettrico è nullo in tutti i punti all’interno
del rame e sulla sua superficie. Gli elettroni di conduzione sono disponibili ma non vi
è alcuna forza elettrica che agisce su di loro e quindi non c’è corrente elettrica.

Aggiungendo una batteria si introduce nella spira una differenza di potenziale che
genera un campo elettrico e quindi impone un verso di percorrenza agli elettroni di
conduzione che, a loro volta, generano una corrente elettrica.

i
i
E
i
i + - i
Si definisce intensità di corrente (di conduzione) i la grandezza che esprime la quantità
di carica (netta) che attraversa la superficie orientata S (superficie orientata = S ⋅ n)̂
nell’unità di tempo

dQ
i=
dt

Consideriamo ora un tubo di flusso, ricavato all’interno di un conduttore, e calcoliamo la


carica complessiva presente al suo interno.
L = vD ·t

i i

a b c

dQ = ρdV = nqdV = nq[( v D ⋅ n)̂ dt] dS

J = nq v D densità di corrente elettrica


dQ
∫S ∫S
Nel caso di un conduttore di superficie S
i= ̂ = J ⋅ dS
= nqvD ⋅ ndS (caso finito), la corrente elettrica è il
dt flusso del vettore J attraverso S

J = ρvD

Il modulo di J misura il rapporto tra l’intensità della corrente che percorre un


conduttore e l’area della sua sezione normale alla velocità di deriva dei portatori di
carica.

L’unità di misura della corrente elettrica nel SI è il coulomb al secondo o ampere


(A), per cui si ha:

1 ampere = 1 A = 1 coulomb al secondo = 1 C/s

si noti che l’ampere è una delle sette grandezze fondamentali del SI.

La densità di corrente J si misura in A/m2.


Dall’espressione che definisce la corrente elettrica possiamo ricavare la carica che
attraversa la sezione della superficie in un intervallo temporale tra 0 e t integrando la
relazione precedente. Ossia:

t t

∫0 ∫0
Q= dq = idt

Si tenga presente che, in generale, in tale integrale la corrente può o meno variare nel
tempo.

Se siamo in condizioni stazionarie, ossia se la corrente non è funzione del tempo, la


corrente i attraverso il conduttore ha lo stesso valore nei piani a, b e c,
indipendentemente dalla loro posizione e orientamento.
Lo stesso accadrebbe se la geometria della sezione del conduttore non fosse uniforme
lungo il conduttore.

La carica si conserva. Infatti in condizioni di stazionarietà un elettrone deve entrare da


un capo del conduttore per ogni elettrone che esce dall’altro capo.
Si noti infine che la corrente elettrica è una grandezza scalare e ciò non deve
meravigliare perché anche se usiamo (come nell’esempio della spira di rame) una
freccia per indicare il verso in cui le cariche si muovono, tali frecce non rappresentano
vettori.

Infatti se consideriamo un conduttore, ad esempio un filo, che si divide in due rami

i1
i0

i2

si osserva, poiché la carica si conserva, che la somma delle intensità delle correnti
che si dipartono dal nodo nei due rami deve dare la corrente nel tratto del conduttore
prima del nodo, cioè

i0 = i1 + i2

Ciò è vero anche se, ad esempio, annodiamo o riorentiamo i fili nello spazio.
Conservazione della carica elettrica
Abbiamo visto che, in condizioni statiche, la carica elettrica totale contenuta all’interno di un
fissato volume resta costante nel tempo (legge di conservazione della carica elettrica).
Questa legge vale anche in presenza di una corrente elettrica.

Se consideriamo una superficie gaussiana S, la corrente totale uscente è data dal flusso
del vettore J attraverso di essa. La legge di conservazione della carica elettrica ci
garantisce che se una carica dQ è uscita attraverso la superficie S, allora la carica
contenuta all’interno della superficie deve essere diminuita della medesima quantità,
ovvero:

dQ
∮S
J ⋅ dS = −
dt

d
∫V dt ∫V
∇J dV + ρdV = 0

∫V ( dt )

∇J + dV = 0
Conservazione della carica elettrica

dρ equazione di continuità della carica


∇J + =0
dt elettrica in forma differenziale

Nel caso di correnti stazionarie la carica non dipende dal tempo ∇J = 0

ΦSC(J) = 0
Conservazione della carica elettrica
In condizioni stazionarie quindi ∇ J = 0:

1. il vettore J è solenoidale
2. le sue linee di campo sono chiuse (non abbiamo una sorgente di linee di campo)
3. ΦSC(J) = 0

In condizioni non stazionarie vengono meno le proprietà solenoidali di J. Ricordando la


ρ
forma locale della legge di Gauss ∇ ⋅ E = possiamo riscrivere:
ϵ0

d ∂E
∇ J + (ϵ0 ∇ E ) = ∇ J + ϵ0 =0
dt ∂t

∂E ∂E
In condizioni non stazionarie quindi è solenoidale il vettore J + ϵ0 . Il vettore ϵ0
∂t ∂t
prende il nome di densità di corrente di spostamento.
Resistenza e resistività
Consideriamo un conduttore e applichiamo ai suoi estremi un differenza di potenziale
(ddp) mantenuta costante attraverso un generatore di tensione. Si osserva
sperimentalmente che, a temperatura costante, l’intensità della corrente che attraversa il
conduttore è proporzionale alla differenza di potenziale secondo la legge lineare:

ΔV = Ri

Questa legge è nota come (prima) legge di Ohm. La quantità R prende il nome di
resistenza elettrica. Infatti, se si esprime la legge di Ohm come

ΔV
i=
R
si vede che, data una certa d.d.p., più grande è la resistenza che si oppone al fluire
delle cariche libere e minore è l’intensità della corrente che attraversa il conduttore.

L’unità di misura della resistenza nel SI è l’ohm (Ω) che non è altro che il volt su ampere
come si deduce dall’espressione che definisce R. Ossia

1 ohm = 1 Ω = 1 volt/ampere = 1 V/A


Resistenza e resistività
Per un qualunque componente elettrico, la relazione che lega la corrente I che passa
attraverso il componente stesso alla differenza di potenziale ∆V ad esso applicata è
detta caratteristica (I, ∆V) del componente considerato.

Dunque la legge di Ohm ci dice che la caratteristica di un conduttore ohmico (detto


anche resistore) è una retta passante per l’origine, la cui pendenza vale:

1
tgα = = G
R
La costante G = 1/R prende il nome di conduttanza del conduttore in oggetto.
I

tg𝛼 = 1/R
𝛼

∆V
Resistenza e resistività
La resistenza elettrica di un conduttore ohmico dipende dalla geometria e dal materiale,
oltre che dalle condizioni fisiche (e in particolare dalla temperatura).

Per conduttori omogenei a sezione costante (sbarra, cilindri, fili, …) la resistenza può
essere espressa nella forma

l 1 l seconda legge empirica


R = ρR =
S σC S di Ohm

dove l è la lunghezza valutata nella direzione della corrente ed S la sezione; 𝜌R è detta


resistività elettrica del materiale e il suo inverso 𝜎C = 1/𝜌R è detta conducibilità elettrica.

La resistività si misura in 𝛺∙m.


Resistenza e resistività

La resistività 𝜌R dipende dalla natura del materiale.

Intorno alla temperatura ambiente, l’andamento di 𝜌R con la temperatura centigrada T è


ben descritto da uno sviluppo al primo ordine del tipo

ρR(T ) = ρR(T0)(1 + αΔT )

nel quale ∆T = T - T0. Il coefficiente 𝛼 prende il nome di coefficiente di temperatura, ed


esprime la variazione relativa della resistività al variare della temperatura.
Resistenza e resistività
Materiale Resis*vità 𝞀 ( 𝝮m) Coefficiente termico di resis*vità 𝝰 (K-1)
Metalli (pici
Argento 1,62 x 10-8 4,1 x 10-3
Rame 1,69 x 10-8 4,3 x 10-3
Alluminio 2,75 x 10-8 4,4 x 10-3
Tungsteno 5,25 x 10-8 4,5 x 10-3
Ferro 9,68 x 10-8 6,5 x 10-3
Pla(no 10,6 x 10-8 3,9 x 10-3
SemiconduEori (pici
Silicio puro 2,5 x 103 -70 x 10-3
Silicio di (po n (fosforo) 8,7 x 10-4
Silicio di (po p (alluminio) 2,8 x 10-3
Isolan( (pici
Vetro 1010 - 1014
Quarzo da fusione 1016
Forma locale della legge di Ohm
E

dl
VA VB

Consideriamo, all’interno di un conduttore qualsiasi percorso da corrente, un cilindro


infinitesimo di altezza dl (parallela a J) e di sezione dS. All’interno del conduttore il
campo elettrico E deve essere costante (condizioni stazionarie).

E = − ∇V
dl
VA − VB = ΔV = E ⋅ dl = Rdi = (ρR ) ( J ⋅ dS) = ρR J ⋅ dl
dS

forma locale della


E = ρR J J = σC E legge di Ohm
Resistenze in serie e in parallelo
I circuiti elettrici contengono solitamente sistemi di resistenze. La resistenza equivalente di
un sistema di resistenze è quella di una singola resistenza che, in luogo del sistema,
produce il medesimo effetto esterno.

R1 R2

V = IR1 + IR2 = I(R1 + R2)


I
V
R12 = = R1 + R2
I

Resistenze in serie


R= Ri
i=1
Resistenze in serie e in parallelo
I circuiti elettrici contengono solitamente sistemi di resistenze. La resistenza equivalente di
un sistema di resistenze è quella di una singola resistenza che, in luogo del sistema,
produce il medesimo effetto esterno.

( R1 R2 )
V V 1 1
R1 I= + =V +
R1 R2
I
1 I 1 1
= = +
R12 V R1 R2
R2

Resistenze in parallelo

n
1 1
R ∑
=
R
i=1 i
Forza elettromotrice
Consideriamo la circuitazione del campo elettrostatico lungo un circuito. Per la sua
natura conservativa, la circuitazione di ES è pari a zero.

∮l
Es ⋅ dr = 0

Se il campo E lungo il circuito fosse E = ES risulterebbe:

∮ ∮ ∮
J ⋅ dr = σc E ⋅ dr = σc Es ⋅ dr = 0 → J = 0

Per avere il passaggio di una corrente stazionaria, occorre che nel circuito sia inserito
un componente circuitale detto generatore in cui si originano forze non conservative
(quindi non elettrostatiche —> chimiche, meccaniche,…) in grado di mantenere una
ddp costante tra i suoi estremi.
Forza elettromotrice
Le forze che spostano cariche all’interno del generatore (ad es. sottrazione di cariche
negative da uno dei poli e trasferimento sull’altro polo) non sono di natura
elettrostatica: agiscono in verso opposto alle forze elettrostatiche che cercherebbero di
ristabilire l’equilibrio, annullando la differenza di potenziale.

Queste forze agiscono solo all’interno del generatore. Definiamo in maniera analoga al
caso elettrostatico un campo per queste forze, definito come il rapporto tra la forza e la
carica che ne subisce l’azione. Chiamiamo questo campo E m campo elettromotore.

Questo campo è diverso da zero solo all’interno del generatore, mentre vale 0 nelle
restanti parti del circuito.

A
++++++++++++++++++++++

generatore di tensione
Em

B —————————————
Esempi: pila Daniell
• lamina di zinco (Zn) immersa in una soluzione acquosa
di solfato di zinco (ZnSO4). In acqua, il solfato di zinco si
dissocia in Zn2+ e SO42- .

• lamina di rame (Cu) immersa in una soluzione acquosa


di solfato di rame (CuSO4). In acqua, il solfato di rame si
dissocia in Cu2+ e SO42- .
V- V+
- +
• lo zinco presente nella lamina subisce un processo di
ossidazione
• Zn → Zn2+ + 2e-
• il rame presente in soluzione subisce un processo di
riduzione
• Cu2+ + 2e- → Cu
• La reazione di ossido-riduzione per via elettrochimica
può avvenire solo se è possibile riequilibrare
continuamente lo sbilanciamento delle cariche causato
dal trasferimento di elettroni da una semipila all’altra. Per
assicurare ciò è sufficiente collegare le due soluzioni con
un serbatoio di ioni, positivi e negativi, che non
partecipino però ai processi di ossido-riduzione
Esempi: cella fotovoltaica
Campo Elettrico
dE ρ ρ
∇E = = =
dx ϵ0ϵr ϵ
x
eNA eNA x eNA
∫−W [
E(x) = − dx = − x] =− (x + W1) ; − W1 < x < 0
1
ϵ ϵ −W1 ϵ

x
eND eND x eND
∫W ϵ [
E(x) = dx = x] = (x − W2) ; 0 < x < W2
2
ϵ W2 ϵ
Potenziale
dV
E = − ∇V = −
dx

ϵ (2 )
eNA x 2
V(x) = − + W1x + c ; − W1 < x < 0

ϵ (2 )
eND x 2
V(x) = − W2 x + c ; 0 < x < W2

e
ΔV = (NDW22 + NAW12)

Esempi: cella fotovoltaica
Forza elettromotrice
A differenza del campo elettromotore, il campo elettrostatico E s è non nullo sia dento
che fuori dal generatore.

Il campo elettrico totale presente nel circuito è dato dalla somma dei campi
elettromotore e elettrostatico:

E = Em + Es
Forza elettromotrice
Schematizziamo il generatore di tensione come una scatola entro cui agisce il campo
Em che mantiene tra i poli A e B una differenza di potenziale VA - VB > 0. Il campo
elettrostatico ES è diretto nel circuito da A verso B, sia all’interno che all’esterno del
generatore.

A B
Es

Em

Come sappiamo, il campo elettrostatico è conservativo, per cui l’integrale di E s ⋅ d l


tra i punti A e B non dipende da quale percorso (interno o esterno al generatore) viene
calcolato. Quindi:
B B

∫A ∫A
Es ⋅ d l = Es ⋅ d l
int est
Forza elettromotrice
Se ora calcoliamo la circuitazione del campo elettrico E lungo un percorso che passa
nel generatore e nel circuito esterno, abbiamo:

∮ ∮ ∫B
E ⋅dl = (E m + E s) ⋅ d l = Em ⋅ d l = ε
int

La circuitazione del campo E


ε= E ⋅dl

è chiamata forza elettromotrice (ma dimensionalmente è un potenziale e si misura in


volt).
Forza elettromotrice
Per comprendere il significato fisico di ε mettiamoci nel caso in cui i poli del generatore
siano aperti. Allora risulta Em = − Es .

A A

∫B ∫B
ε= Em ⋅ d l = − E s ⋅ d l = V(A) − V(B)
int int

La forza elettromotrice di un generatore ha lo stesso valore della differenza di


potenziale ai suoi capi quando questo non eroga corrente (circuito aperto).
Forza elettromotrice
Se invece passa corrente, avremo che V(A) − V(B) = ε − ri con r resistenza
interna al generatore (in pratica si applica la legge di Ohm all’interno del generatore).

In pratica ogni generatore reale può essere schematizzato come un generatore


(ideale) con in serie una (piccola) resistenza interna.

A B
+ — r

ε ΔV = V(A) − V(B) = Ri

R V(A) − V(B) = ε − ri

Quindi:

ε = (R + r)i
Energia elettrica e potenza
Quando in un elemento di circuito circola una corrente le cariche elettriche si spostano
tra punti a potenziale differente con conseguente variazione della loro energia
potenziale. Questa energia può trasformarsi in maniera non immediatamente
reversibile (in calore, si parla quindi di energia dissipata) o in energia che può essere
immediatamente recuperata (si parla di energia immagazzinata, nel campo elettrico o
in quello magnetico).

Consideriamo l’energia che viene trasformata quando una resistenza di valore R è


percorsa da una corrente di intensità I.

Va

Vb

a b
Energia elettrica e potenza
In un intervallo di tempo ∆t, un dato numero di portatori con carica totale ∆Q entra
nella resistenza nel punto a in cui il potenziale è Va e un numero di portatori con la
stessa carica totale ∆Q esce dalla resistenza nel punto b in cui il potenziale è Vb
(Va > Vb). La variazione dell’energia potenziale elettrica dei portatori è

ΔU = VbΔQ − VaΔQ = − (Va − Vb)ΔQ = − VΔQ

Va

Vb

a b
Energia elettrica e potenza
La grandezza ∆U è negativa perché il potenziale diminuisce nel senso della corrente.
La rapidità con cui i portatori perdono energia elettrica è —∆U/∆t; chiamiamo questa
rapidità potenza PR dissipata nella resistenza. Quindi:

ΔU ΔQ
PR = − =V
Δt Δt

Poiché I = ∆Q/∆t

PR = VI

Le dimensioni di P sono [energia]/[tempo]. L’unità di misura della potenza nel SI è il


watt (W)

1W = 1J / 1s
Energia elettrica e potenza
Combinando l’espressione trovata in precedenza con la legge di Ohm troviamo altre
due espressioni che esprimono la legge di Joule:

PR = I 2R

V2
PR =
R

Effetto Joule: quando una resistenza è percorsa da una corrente elettrica, la sue
temperatura tende ad aumentare per via degli urti tra gli elettroni e gli atomi del
materiale. In condizioni stazionarie, l’energia persa dagli elettroni viene ceduta con
continuità all’ambiente sotto forma di calore. Questa catena di eventi viene descritta in
modo conciso dicendo che l’energia elettrica viene dissipata sotto forma di calore.
Leggi di Kirchhoff
Nodo 1
Ramo

maglia 2
Nodo 2

Nodo: punto di confluenza di almeno 3


maglia 1 conduttori.

Ramo: parte del circuito compresa tra


due nodi.

Maglia: insieme di rami di un circuito


maglia 3 che formano un circuito chiuso.
Leggi di Kirchhoff
Primo Principio di Kirchhoff (legge dei nodi): in ogni nodo la somma delle correnti
entranti è uguale alla somma di quelle uscenti.
Questo principio riafferma praticamente la conservazione della carica elettrica.

Secondo principio di Kirchhoff (legge delle maglie): circolando in una maglia in uno
qualsiasi dei due versi, la somma delle cadute di potenziale relative agli elementi del
circuito è nulla.
Questa legge è l’analogo della legge di Ohm.

∑ ∑
fi = Ri Ii
i i

Se in un circuito ci sono L rami, ci sono allora L correnti. Se N è il numero di nodi, il


numero di correnti indipendenti tra loro è:

M=L-N+1
i1 RB i2 f1 = 100 V
RA f2 = 50V
RC RA = 10 𝛺
RD RB = 20 𝛺
RC = 30 𝛺
f1
+ RD = 40 𝛺
+ f2 i3
- RE = 50 𝛺
- RE

Nel circuito abbiamo:


• 4 nodi
• 6 rami (—> 3 correnti indipendenti)
• 3 maglie indipendenti

Per convenzione, la corrente i è positiva quando il senso della corrente corrisponde alla
direzione di moto dei portatori positivi
i1 RB i2 f1 = 100 V
RA f2 = 50V
RC RA = 10 𝛺
RD RB = 20 𝛺
RC = 30 𝛺
f1
RD = 40 𝛺
f2 i3
RE = 50 𝛺
RE

f1 − f2 = i1RA + (i1 − i2)RB


0 = (i2 − i1)RB + i2RC + (i2 − i3)RD
f2 = (i3 − i2)RD + i3RE

50V + i2 ⋅ 20Ω
i1(RA + RB) = f1 − f2 + i2RB ; i1 =
30Ω
50V + i2 ⋅ 40Ω
i3(RE + RD) = f2 + i2RD ; i3 =
90Ω
50 + 20i2 50 + 40i2
20i2 − ⋅ 20 + 30i2 + 40i2 − ⋅ 40 = 0
30 90
i2 = 0.943
i1 = 2.295
i3 = 0.975
i = i1 - i2 = 1.352A
∆V = 27V

i = i2 = 0.943A
i = i1 = 2.295A ∆V = 28.3V
∆V = 23V
i = i2 - i3 = -0.03A
∆V = 1.3V

100V
50V
i = i3 = 0.975A
∆V = 48.7V
Ponte di Wheatstone

Di Rhdv - Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2888809

Il ponte di Wheatstone permette di misurare il valore di una resistenza (supponiamo R4)


noto il valore delle altre resistenze del ponte (in questo caso R1, R2, R3).

In condizione di equilibrio la corrente misurata dal Galvanometro è nulla. Quindi VD = VB

i1R1 = i2R3
Rx R2 R2
i1R2 = i2Rx → = → Rx = R3
R3 R1 R1
Fenomeni quasi-stazionari

Supponiamo di metterci in una situazione in cui le sollecitazioni elettriche (ad esempio il


potenziale applicato ai capi di una resistenza) non siano costanti nel tempo.

Se le variazioni non sono così rapide da produrre effetti apprezzabili nel tempo impiegato
dai segnali elettromagnetici per propagarsi da un capo all’altro del circuito, ad ogni
istante, la configurazione delle grandezze elettriche ha tempo per aggiustarsi a
soddisfare le relazioni proprie del caso stazionario prima che intervengano variazioni
apprezzabili delle grandezze stesse. In parole semplici, la corrente i(t) non è costante nel
tempo, ma ha comunque lo stesso valore in ogni punto del circuito.
Si dice che il circuito opera in condizioni quasi-stazionarie.

In condizioni quasi-stazionarie valgono le leggi caratteristiche del caso stazionario (leggi


di Ohm, leggi di Kirchhoff,…)
Circuiti RC
Aggiungiamo alla lista de gli elementi presenti in un circuito (alimentatori e resistenze) i
condensatori. Un condensatore è un dispositivo che può immagazzinare la carica sulle
proprie armature: una carica +Q su un’armatura e una carica -Q sull’altra. La differenza di
potenziale tra le armature di un condensatore carico è ΔV = Q/C dove C è la capacità del
condensatore.
Carica di un condensatore
Posizionando il commutatore nella
posizione A abbiamo il processo di carica
del condensatore.

La legge di Kirchhoff applicata alla maglia


permette di scrivere:

ε = iR + ΔV

Inizialmente il condensatore è scarico. Quando il circuito viene chiuso, il generatore inizia


a trasferire portatori di carica sulle armature del condensatore. Ricordiamo che:

dq
i=
dt
q
ΔV =
C
Quindi possiamo scrivere:

dq q
ε−R − =0
dt C
dq q dq dt
R =ε− , =
dt C Cε − q RC
q t
dq dt
q(t) = Cε (1 − e )
∫0 Cε − q ∫0 RC
t
− RC
= →
Quando t = 0, la carica sul condensatore vale q = 0. Per t = RC, la carica vale
q = 𝜀C(1 - e-1) = (0.63)𝜀C. Quando t →∞, q = 𝜀C.

Il prodotto RC determina la rapidità con cui il


condensatore si carica. Esso viene chiamato
costante di tempo del circuito RC e viene
indicato con il simbolo 𝜏.

L’intensità di corrente di trova derivando


l’espressione della carica rispetto al tempo:

dq(t) ε −t
i(t) = = e RC
dt R
Scarica di un condensatore
Posizionando il commutatore nella
posizione B abbiamo il processo di scarica
del condensatore.

La legge di Kirchhoff applicata alla maglia


permette di scrivere:

0 = iR + ΔV

dq q
R + =0
dt C
q t
dq dt dq dt
∫Cε q ∫0 RC
=− , = −
q RC
q t t
− RC
ln =− → q(t) = Cε e
Cε RC
Quando t = 0, la carica sul condensatore vale q = 𝜀C. Per t = RC, la carica vale
q = 𝜀C(e-1) = (0.37)𝜀C. Quando t →∞, q = 0.

Il prodotto RC determina la rapidità con cui il


condensatore si scarica. Esso viene chiamato
costante di tempo del circuito RC e viene
indicato con il simbolo 𝜏.

L’intensità di corrente di trova derivando


l’espressione della carica rispetto al tempo:

dq(t) ε −t
i(t) = = − e RC
dt R
ε = ΔVC + ΔVR
Simultaneamente i processi di carica/
scarica si presentano nel modo seguente:

• supponiamo di accendere e spegnere il


generatore di tensione ad intervalli
q(t) regolari 𝛥t:
ΔVC =
C
1.la differenza di potenziale ai capi del
condensatore 𝛥VC cresce in modo
esponenziale fino ad un valore che
dipende da RC quando il generatore
è acceso, quando è spento decresce
ΔVR = r ⋅ i(t) in maniera esponenziale;

2.la differenza di potenziale ai capi del


condensatore 𝛥VR vale invece R i(t).
Filtri passa basso
Δ𝑡 ≫ 𝑅𝐶 basse frequenze il condensatore si carica quasi istantaneamente (quindi ai lati del
capacitore troviamo la differenza di potenziale che abbiamo fornito con il generatore).
Filtro passa alto
Δ𝑡 ≪ 𝑅𝐶 alte frequenze tutto il segnale rimane sulla resistenza come se il capacitore non ci
fosse. (quindi ai lati della resistenza troviamo la differenza di potenziale che abbiamo fornito
con il generatore)

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