Idrofoil
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RINGRAZIAMENTI
Desidero qui ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato nella stesura di questo lavoro o che per
me rappresentano un punto di riferimento.
La professoressa Giuliana Mattiazzo, Relatore della tesi e responsabile del Polito Sailing Team, ha
reso possibile questa esperienza in team e mi ha guidato nella definizione della mia figura
professionale.
Il professor Ugo Icardi, Co-relatore, che mi ha seguito nell' approfondimento dei vari aspetti teorici
analizzati. Il suo supporto e quello del Prof. Andrea Urraci sono stati per me preziosi.
Il professor Luca Ridolfi che per primo mi ha introdotto alla fluidodinamica e mi ha guidato alla sua
scoperta.
Un ringraziamento particolare va a tutti i colleghi ed agli amici del Sailing Team con cui sono
cresciuto come ingegnere e soprattutto come persona e con cui ho condiviso un'esperienza
indimenticabile.
Ringrazio i miei amici di una vita, che per me rappresentano una seconda famiglia, senza di loro
sarebbe tutto completamente diverso.
Ringrazio infine le persone a me più care, i miei genitori, che mi hanno sempre permesso di
scegliere, nello studio e nella vita, quello che più mi appassiona.
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INTRODUZIONE
Il lavoro della presente tesi è nato da una fortunata coincidenza: l’aver scoperto per caso, quattro
anni fa, che esisteva all’interno del PoliTo, un sailing team che si proponeva di progettare,
realizzare e condurre prototipi di skiff (sail keep it fast and flat).
Appassionato da sempre alla pratica della vela ho deciso con entusiasmo di far parte del progetto.
Seguire i propri sogni ed assecondare le proprie passioni è la cosa più importante nella vita, non
importa se uno è costretto a lasciare porti sicuri o a mettere in discussione quello che ha fatto fino
a quel momento.
È così che è nata questa tesi, dalla volontà di formarsi e reinventarsi in un altro campo, cosa in cui
gli ingegneri, come ci insegna la storia, sono maestri.
Ho così ridefinito la mia figura professionale e personale, ho aggiunto al mio piano di studi
approfondimenti specifici legati alla fluidodinamica e oggi esco dal Politenico con una laurea in
Ingegneria Civile e tanta voglia di mettermi in gioco in un campo che non è quello specificamente
previsto dal percorso di studi che ho seguito.
Per quattro anni, infatti, ho conciliato il mio percorso scolastico con l’attività del Sailing Team,
cercando di crearmi conoscenze e competenze necessarie per lavorare nel mondo della vela.
Questa è l’ottica in cui il nostro gruppo si è migliorato di anno in anno, ottimizzando i processi di
lavorazione, sperimentando sandwich sempre diversi, modificando le geometrie di scafo e vele in
base alle condizioni di mare e di vento attese dal campo di regata.
Coerentemente con l’esperienza descritta, la mia tesi tratta dell’ interazione fluido-struttura degli
hydrofoil, le appendici dell’imbarcazione che le permettono di “volare” sopra l’acqua esattamente
come un aereo.
Il problema è molto complesso e di interesse sia per il mondo universitario che industriale: negli
ultimi anni, infatti, la diffusione degli hydrofoil ha avuto un forte boom e sono nate tantissime
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nuove imbarcazioni che sfruttano questo principio per una navigazione più veloce ed efficiente.
La modellazione di tali appendici risulta un compito estremamente complesso: il fenomeno è
multi-fisico e l’interazione tra la struttura e il fluido introduce una serie di problematiche che
devono essere accuratamente modellate per ottenere una soluzione corretta.
Per effettuare l’interazione fluido struttura è possibile utilizzare alcuni software commerciali che
permettono di fare analisi multi-fisiche, oppure si possono accoppiare due solutori differenti, uno
che si occupa solamente della parte fluidodinamica e uno che si occupa della sola parte
strutturale, andando poi a definire un algoritmo per il trasferimento delle informazioni tra i due
software.
Nell’ambito di questa tesi ho deciso di sfruttare la seconda opzione e di utilizzare software open
source: questo tipo di licenza permette infatti di accedere al cosiddetto codice sorgente del
programma e di andare a modificarlo nel caso ce ne sia bisogno. La possibilità di utilizzare questo
tipo di software senza dover pagare una licenza risulta allettante per la maggior parte degli
utilizzatori medio-piccoli e quindi degna di considerazione e di studio. Da parte mia l’interesse per
questo argomento non si esaurisce con lo studio presentato e spero che il futuro mi offra la
possibilità di ulteriori approfondimenti sul tema.
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INDICE:
1. Sommario pag. 7
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1. SOMMARIO
Lo scopo della seguente tesi è quello di sviluppare, utilizzando software open source ed un
Tale interazione è necessaria ogni qual volta si abbia a che fare con elementi sottili e deformabili
sottoposti a carichi fluidodinamici esterni, variabili quindi in funzione della geometria stessa della
struttura. I campi di applicazione di questo tipo di analisi sono molteplici, così come gli approcci
testati negli ultimi decenni, sia dal mondo universitario che da quello industriale.
L' analisi condotta consiste nel trovare la soluzione ad un problema fluidodinamico per poi
la si importa nel solutore fluidodinamico e si inizia un ciclo iterativo finché due diverse deformate
non differiscono tra loro meno di una certa soglia prestabilita. In quel momento anche i carichi
raggiunta la convergenza.
necessario effettuare un’analisi di interazione fluido struttura, in quanto la forma disegnata a CAD
e non soggetta ai carichi sarà sensibilmente diversa dalla geometria finale deformata, come
Nei casi di interazione fluido struttura la potenza di calcolo necessaria è sempre un problema di
computazionalmente molto pesanti: bisogna iterare più volte entrambi i solutori, sia quello
fluidodinamico che quello strutturale, prima di raggiungere la convergenza sotto certe condizioni
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È quindi necessario, volendo tempi e potenza di calcolo contenuti, che il singolo solutore, sia dal
lato strutturale che da quello fluidodinamico, utilizzi una teoria semplificata e veloce. Con questa
idea in mente, ho deciso di utilizzare un elemento piastra per la parte strutturale e un modello a
pannelli dal lato fluidodinamico. I dati di output vengono poi corretti per una migliore accuratezza
dei risultati.
Un approccio di questo tipo permette di avere un ridotto costo computazionale e consente quindi
di esplorare rapidamente lo spazio di design; il tool è pensato infatti per una fase preliminare di
progetto dove è importante riuscire ad indagare su una casistica ampia, al prezzo di una minore
Per la correzione degli output del solutore ad elementi finiti, si è utilizzata la teoria di spostamento
ZZA applicandola e adattandola al caso in questione. Questa permette di ottenere risultati simili ai
La complessità dell’obiettivo prefissato e del problema fisico in esame, hanno portato a trascurare
alcuni effetti che saranno oggetto di un futuro approfondimento; nel capitolo finale si descrivono
tali approssimazioni e si evidenzia cosa sarebbe da implementare per migliorare alcuni aspetti
dell’analisi.
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2. CONCETTI BASE SUI FOIL
Negli ultimi anni, nel mondo della vela, l’utilizzo dei foil si è molto diffuso su barche di ogni tipo e
concezione: dalle piccole derive per singolo o doppio atleta fino alle imbarcazioni oceaniche di
oltre 20 metri.
Nel momento in cui i materiali compositi ad alta prestazione e le tecnologie realizzative del
processo sono diventati accessibili ad un’utenza più vasta, sono nate molte nuove classi che
sfruttano il principio degli hydrofoil per ottenere una navigazione più stabile e veloce.
Questo principio è ormai molto diffuso anche sulle tavole wind e kite surf ed è ormai chiaro come
il mondo della nautica e della vela in particolare stia spingendo in questa direzione.
Nonostante il grande sviluppo sia avvenuto negli ultimi 20 anni, già pochi anni dopo la creazione
del primo aeroplano, nel 1906 Enrico Forlanini sul lago di Como, era riuscito per la prima volta a
far “volare” l'idroplano, progenitore dei moderni aliscafi grazie appunto ad un sistema di foil.
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Il funzionamento di un hydrofoil è infatti lo stesso di un’ala di un aereo che genera portanza in
direzione verticale, con la differenza di essere immersa in un liquido mille volte più pesante. Le
superfici e soprattutto le velocità saranno di conseguenza ridotte rispetto a quelle di un aereo per
Si può in effetti notare come una barca durante la navigazione con foil sia effettivamente molto
più simile ad un aereo che ad una classica imbarcazione dislocante o planante; si perdono i classici
fenomeni legati all’interazione tra lo scafo e l’acqua e quindi legati al numero di Froude e alla
lunghezza, larghezza e forma dello scafo, mentre diventa più importante l’equilibrio al beccheggio
che, se non soddisfatto, può causare conseguenze non volute e a volte catastrofiche.
Foto 2: Team New Zealand ingavona durante l’ultima edizione dell’America’s Cup alle Bermuda
La velocità massima raggiungibile dalla barca non è più limitata dall’attrito generato dallo scafo
che, raggiunta una certa velocità, esce completamente dall’acqua, bensì dall’attrito generato dai
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foil. Un’ala ha un’efficienza molto superiore a quella di uno scafo che, oltre a generare la forza
verticale richiesta, deve anche avere una forma dove sia possibile muoversi, ed avrà quindi un
La funzione dei foil è quindi quella di sollevare l’imbarcazione dall’ acqua in maniera da avere
In questo modo l’attrito è ridotto al minimo, la forza di Archimede e la portanza generate dal
volume immerso dello scafo, che servono a tenere sollevata la barca sull’acqua, sono sostituite
Nelle due successive foto si osserva come due imbarcazioni che hanno velocità di avanzamento e
Nel caso del Volvo Ocean Race sotto, la scia è pronunciata e si nota come per raggiungere tali
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Foto 4: AC 50 in vento leggero
Sopra invece due catamarani volanti durante l’America’s Cup del 2013 che veleggiano in acque
calme e vento molto leggero. Nonostante nella foto il vento sia minimo le barche avanzano ad una
velocità sorprendente essendo in grado di procedere a circa tre volte la velocità del vento, finché
questo non aumenta troppo. La scia, indice della resistenza della barca, è molto ridotta e
In tutte le barche a vela, al contrario degli idrovolanti e aliscafi, non esiste una velocità di regime
che viene raggiunta e mantenuta, infatti il vento è variabile e la velocità della barca funzione di
esso. La portanza da generare è però sempre la stessa ed equivalente al peso della barca e
dell’equipaggio.
Osservando la classica formula della portanza prodotta da un’ala, risulta quindi ovvio che non
potendo andare a modificare l’area ed essendo la velocità condizione imposta ambientale, deve
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essere modificato il 𝐶𝐿 cambiando l’angolo di attacco per rendere possibile la navigazione con i foil
È per questo motivo che tutte le imbarcazioni fornite di foil sono anche munite di un sistema di
controllo (che può essere attivo, passivo o sfruttare entrambi i principi) per modificare in funzione
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3. CONCETTI BASE DELL’INTERAZIONE FLUIDO STRUTTURA
3.1 Modellazione
Il problema dell'interazione tra fluidi e solidi si pone, sotto diverse vesti, in molti campi applicati
dell’ingegneria, dalla biomedica alla nautica, dall’aereospaziale alla civile; i concetti alla base dei
Sebbene sia ampiamente studiata in letteratura, a causa della sua complessità, l’interazione fluido-
struttura è ancora oggetto di un'indagine intensiva. Una revisione completa della letteratura
esistente va ben oltre lo scopo di questo lavoro; qui vorrei semplicemente menzionare i diversi
approcci che possono essere scelti e le ragioni alla base di queste scelte.
La prima classificazione è legata al fatto che si sia interessati solo alla soluzione di equilibrio o
all'intero comportamento transitorio. Nel caso della FSI di un foil non siamo interessati allo studio
del transitorio, perché le frequenze proprie principali del foil sono molto diverse dalle frequenze
principali della forzante. Il problema può quindi essere studiato con un approccio quasi-statico
Inoltre, la soluzione finale a cui converge il foil sotto certe condizioni al contorno, non dipende in
maniera forte dalle condizioni iniziali imposte, purché queste siano verosimili, come potrebbe
accadere invece nel caso di una bandiera al vento (che rappresenta un caso di interazione fluido
struttura forte).
l'effetto della massa aggiunta: nel caso di soluzione non stazionaria, infatti, il flusso esercita sul
corpo una forza proporzionale alla sua accelerazione. È come se una massa virtuale di fluido
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dovesse essere spostata per consentire al corpo di muoversi: per tale motivo si parla di effetto di
massa aggiunta (che va a modificare i modi propri della struttura). Questo determina la strategia di
In caso di piccole deformazioni e / o alto rapporto di massa tra solido e fluido, un semplice
accoppiamento può essere utilizzato, il cosiddetto approccio “partitioned weakly coupled”, in cui i
due risolutori possono essere eseguiti separatamente (cioè senza mai assemblare la matrice del
Nel nostro caso, con la trattazione quasi statica, andiamo a trascurare completamente l’effetto
della massa aggiunta che nel caso del foil rimane comunque di importanza secondaria.
transitorio deve essere preso in considerazione, è stato dimostrato che l’interazione “debole”
L'approccio “strongly coupled” consiste nel diminuire il passo temporale ed introdurre fattori di
rilassamento ad ogni ciclo tra i due risolutori. Lo svantaggio di questo approccio è che il numero di
sub-iterazioni può diventare grande, dell'ordine di qualche decina a seconda del caso, e quindi il
costo computazionale può aumentare molto rapidamente. Questa rimane comunque la strada da
percorrere se siamo di fronte ad un importante effetto di massa aggiunta come per esempio nel
caso dell’interazione fluido-struttura di una vela per andature portanti (gennaker, spinnaker...).
Un'alternativa è lo schema monolitico in cui risolviamo il problema accoppiato non lineare tutto in
una volta.
In questo caso, un sistema lineare globale viene assemblato e risolto per tutte le incognite del
dell'interfaccia).
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L'intero sistema fluido-solido deve essere risolto nel suo complesso e simultaneamente.
Potrebbero tuttavia sorgere problemi legati alla memoria a causa delle dimensioni della matrice
globale. Inoltre, è necessario un solutore unico ad hoc e non è possibile accoppiare due software
Quando si fa un’analisi con interazione fluido struttura, se non si utilizza un approccio monolitico,
descrivendo i modelli fenomeni diversi, è consigliabile utilizzare anche una diversa discretizzazione
Questo è il motivo per cui deve essere condotta un'analisi sull'interpolazione dei dati da mesh non
conformi. Quando si passano le forze da due diverse mesh infatti, è importante conservare almeno
l'energia dell'intero sistema in modo che sia possibile rispettare il Principio dei lavori virtuali e non
Per diminuire il tempo di calcolo, è necessario considerare quale livello di accuratezza sia
necessario per la simulazione delle parti fluide e solide e se qualsiasi modello semplificato possa
Ad esempio, nel caso di un foil che lavora a bassi angoli di attacco non è solitamente
indispensabile risolvere le equazioni complete di Navier-Stokes; anzi, modelli più semplici, come
quello basato sul flusso potenziale, sono abbastanza precisi da ottenere campi di flusso accurati.
Considerazioni simili possono essere applicate alla parte strutturale, in cui assunzioni come il
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Figura 1: flow chart che descrive il processo di interazione fluido-struttura.
Date le ipotesi sulla tipologia di interazione fluido-struttura in analisi ho optato per accoppiare due
solutori open source esistenti, in maniera che sia possibile, volendo, accedere al codice sorgente e
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4. MODELLAZIONE FLUIDODINAMICA
Come solutore fluidodinamico ho scelto XFLR5, software open source rilasciato con licenza GNU.
analisi viscide e inviscide anche 3D; è previsto un modello addizionale a due equazioni integrali per
la trattazione dello strato limite. Inoltre è possibile indagare sul punto di transizione turbolenta del
normale RANS solver. Questo lo rende un candidato ideale per essere accoppiato con un solver
strutturale: si parla infatti di mesh di decine di migliaia di pannelli contro mesh di milioni di
Lavorando con angoli di attacco bassi che garantiscono un flusso attaccato al profilo per la maggior
parte di esso, un metodo a potenziale risulta essere accurato nella predizione del lift e anche nella
distribuzione delle pressioni lungo la corda dell’ala, nonostante le forti ipotesi semplificative
adottate.
Risulta invece completamente errato il calcolo sul 𝐶𝑑 , che viene regolarmente sottostimato
proprio a causa delle ipotesi che andrò ad esporre nelle righe seguenti.
Nell’ottica di voler sviluppare un tool per un progetto preliminare, dove non interessa eseguire
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Segue una rapida descrizione delle ipotesi semplificative adottate nel metodo a potenziale, delle
4.2 Mesh
L’ala è meshata in un numero finito di pannelli e un vortice o una doppietta e sorgente sono
associati ad ogni pannello. Sul quarto anteriore di ogni pannello è presente un punto di controllo
È raccomandabile aumentare la densità della mesh alle estremità di ogni sezione geometrica
dell’ala e soprattutto lungo la corda avvicinandosi al bordo di attacco e di fuga del profilo per
meglio descrivere i gradienti di pressione. Per evitare errori numerici e migliorare la stabilità del
solutore è consigliabile usare pannelli con forma in pianta quadrata o quasi; se le dimensioni del
pannello sono molto differenti nelle due direzioni si va incontro ad errori numerici.
Figura 2: Discretizzazione dell’ala e disposizione dei vortici e dei control point nel VLM method.
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4.3 Solutori
La novità in XFLR5 sta nel fatto di aggiornare questi algoritmi classici (rendendoli non lineari) con i
risultati di analisi 2D viscose effettuate precedentemente su XFOIL (noto software open source per
l’analisi di profili 2D, a partire dal quale è stato sviluppato XFLR5 che ne rappresenta l’estensione
3D) col fine di stimare anche la parte viscosa dell’attrito e non solo la componente di pressione.
Nella classica teoria della linea portante la relazione 𝐶𝐿 − 𝛼 è lineare e gli effetti viscosi non sono
tenuti in conto. In XFLR5 è stata implementata una LLT non lineare: la teoria si basa sul fatto che
un’ala possa essere sostituita da una linea portante e da un distacco incrementale di vortici lungo
il bordo di fuga dell’ala stessa lungo linee dritte e nella direzione della velocità in ingresso al
contorno.
La forza di questi vortici di estremità, che si staccano dal bordo di fuga, è proporzionale al
gradiente della portanza lungo l’ala. Questi vortici inducono una velocità aggiuntiva normale alla
direzione del flusso. Di conseguenza l’angolo di attacco di ogni sezione dell’ala è differente dal
geometrico angolo di attacco di una quantità che è appunto l’angolo indotto dalla velocità.
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L’angolo di attacco effettivo è quindi legato alla distribuzione della portanza tramite l’angolo
indotto. In più l’angolo di attacco effettivo è legato al Cl della sezione tramite interpolazione su
I vincoli imposti dalla LLT lineare e l’interpolazione sulle polari precedentemente generate su
XFOIL devono essere soddisfatte contemporaneamente; si procede quindi con un loop iterativo al
- le ipotesi alla base della teoria sono le stesse della teoria di Prandlt, quindi calcoli eseguiti su ali
- la forma in pianta dell’ala dovrebbe giacere nel piano XY, quindi con un dietro assente o molto
ridotto.
Il metodo VLM è stato implementato come un’alternativa per l’analisi delle geometrie che
Il principio alla base del VLM è quello di modellare la perturbazione generata dall’ala con una
somma di vortici distribuiti sulla geometria della stessa. La forza di ogni vortice è calcolata in
• condizione di non penetrabilità del pannello dove la velocità su di esso deve essere
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• condizione di Kutta che impone velocità e pressioni uguali al bordo di fuga per due
Il metodo è applicabile a qualsiasi geometria di ala, comprese quelle con forte freccia, basso
allungamento e dietro pronunciato (con possibilità di modellare quindi winglet o hydrofoil con
forme a L o J)
La risoluzione del VLM richiede l’inversione di una matrice quadrata (effettuata con il metodo di
Gauss) che è della dimensione del numero dei pannelli; come sempre in questi casi il costo
computazionale del problema (che va circa col quadrato del numero dei pannelli) può essere
rifinire i risultati della LLT e del VLM, tenendo di conto il reale spessore dell’ala e non soltanto la
linea media del profilo nonché dare una migliore descrizione della distribuzione del 𝐶𝑝 sulle
superfici dell’ala.
Il principio alla base del metodo ai pannelli sta nel modellare la perturbazione generata dall’ala
Una descrizione completa delle teorie alla base di XFLR5 è oltre lo scopo di questa trattazione.
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Figura 3: Curve di lift di XFLR5 e dati sperimentali
L’assunzione più discutibile delle teorie sovraesposte sta nell’ usare i risultati di XFOIL, trovati per
Il metodo consiste nell’interpolare, utilizzando le polari generate da XFOIL, il 𝐶𝐿 di output del 3D,
per trovare la componente viscosa dell’attrito associata a tal coefficiente; ovviamente questa
risulta un’approssimazione senza nessun tipo di sostegno teorico, in quanto gli effetti 3D sono
importanti, che può però portare a risultati non lontani dalla realtà quanto più l’ala si avvicina ad
un’ala infinita.
Come accade solitamente quando si trasferiscono dei risultati dal 2D al 3D l’attrito, e in particolare
la sua parte viscosa, viene ampiamente sottovalutato, e questo tipo di analisi può portare ad
assunzioni troppo ottimistiche con un’ala che ha un’efficienza nella realtà molto minore.
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Tra le altre limitazioni è da notare come XFLR5 non possa predire il comportamento di un’ala
quando si utilizzano angoli di attacco vicini allo stallo (anche se questo non è il caso di un hydrofoil
dove ci si tiene ampiamente nella parte lineare del grafico 𝐶𝐿 − 𝛼), quando è presente
interferenza tra piano principale e piano di coda o volendo indagare su fenomeni come la
cavitazione o la ventilazione.
Si evidenzia come sia possibile effettuare su XFLR5 un’analisi di stabilità del volo: il programma è
infatti pensato per analizzare interi aeromodelli, e non solamente ali isolate.
Questo tipo di analisi risulta particolarmente utile nell’ottica di voler descrivere il reale
comportamento di un’imbarcazione che naviga con foil; è possibile fissare una portanza che deve
essere generata, nel nostro caso uguale al peso della barca, e il programma cambia
Inoltre, assegnando alle ali dei valori di massa concentrata che permettano di rappresentare il
reale baricentro del modello, si valuta l’angolo di attacco da conferire al piano principale e al piano
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5. CONFRONTO TRA STAR-CCM+ E XFLR5
Nell’ottica di indagare l’accuratezza dei vari metodi disponibili su XFLR5, tenendo conto delle varie
limitazioni imposte dalle teorie sopracitate, si sono eseguite differenti analisi su un modello
geometrico liberamente ispirato alle forme ad L utilizzate nelle ultime edizioni della America’s Cup
riferimento affidabile e accurato, anche se computazionalmente molto più pesante, per verificare
quale fosse il reale grado di accuratezza di XFLR5 e in quali situazioni fosse lecito utilizzare il
modello a potenziale (nel caso per esempio si voglia indagare su alti angoli di attacco vicini allo
Foto 5: Team USA nell’edizione dell’ AC del 2013. In particolare, si vede il foil sopravvento fuori dall’acqua mentre
quello sottovento è completamente immerso.
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La geometria scelta è un’ala con forte diedro e quindi una superficie portante che genera sia una
La forza verticale deve essere in ogni momento uguale al peso della barca in maniera che questa
possa navigare sempre sollevata dall’acqua con un attrito che viene ridotto al minimo; la forza
laterale deve essere paragonabile alla forza laterale prodotta dalle vele al fine di mantenere una
rotta dritta.
Nonostante nel caso di ali simmetriche sia consigliabile studiare solamente metà dominio per
Oltre ad avere un angolo di attacco rispetto al piano XY imposto con dei controlli in maniera attiva,
i foil hanno un angolo di attacco, dello stesso ordine di grandezza, anche rispetto al piano YZ,
dovuto al moto proprio dell’imbarcazione. Infatti, il flusso in ingresso che sentono i foil non è
dovuto alla sola velocità di avanzamento della barca ma anche alla componente di velocità
laterale, chiamata scarroccio, che fa sì che anche la parte verticale del foil abbia un angolo di
La distribuzione di carico sui due foil sarà quindi diversa in quanto nell’ala a sinistra vediamo il
campo di bassa pressione sempre dal lato “interno”, mentre in quella a destra il campo di bassa
pressione è interno per la parte orizzontale ma esterno per la parte verticale; la seconda
configurazione risulta meno efficiente rispetto alla prima in quanto nella parte centrale e inclinata
L’angolo di attacco imposto nell’analisi è stato di 3 gradi sia per la parte orizzontale che verticale
del foil.
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Figura 4: Modello completo su XFLR5
Figura 5: Dettaglio della mesh: distribuzione coseno della densità dei pannelli lungo la corda dell’ala
Per il paragone con Star-ccm+ ho preso in considerazione l’ala con la bassa pressione tutta sul lato
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Ho plottato il 𝐶𝐿 per i tre differenti pezzi in cui è divisa l’ala ed ho eseguito il paragone con il 𝐶𝐿 di
Star; inoltre in alcune sezioni significative è stato eseguito il confronto del 𝐶𝑝 in maniera da essere
sicuri non solo di avere la stessa risultante di carico ma anche una distribuzione delle pressioni
Mi sono concentrato su questi due parametri che vanno a definire il carico da applicare al solutore
strutturale. Purtroppo, date le ipotesi semplificative su cui si basano le varie teorie utilizzate dal
sconsiglia di affidarsi a XFLR5 per uno studio sull’efficienza dell’ala (almeno nel range di Reynolds
indagato).
Si nota comunque come le stesse approssimazioni vengano applicate nello stesso modo a tutti i
modelli studiati; risulta quindi possibile effettuare studi di tipo comparativo (soprattutto se le
condizioni al contorno e le geometrie sono simili) anche se la precisione di questi ultimi rimane
Figura 6: Distribuzione del 𝐶𝑝 adimensionale per Star-ccm+ e per XFLR5 (in rosso Star)
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Figura 7: Distribuzione della portanza calcolata su XFLR5
Va oltre lo scopo di questa tesi descrivere accuratamente il modello realizzato sul solutore Star-
ccm+ in quanto è stato utilizzato solamente come fonte di validazione e non è parte attiva
Si riportano comunque di seguito alcune foto che mostrano come sia stata ottenuta una buona
convergenza della soluzione e che quindi sia lecito proseguire utilizzando i valori restituiti da Star-
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Figura 8: Coefficiente di portanza all’aumentare delle iterazioni: da questa e dalla successiva immagine si può notare
come la simulazione effettuata sia andata a convergenza.
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Figura 10: Scena di pressione con tracciamento delle linee isobariche
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Figura 12: Dettaglio della mesh fluidodinamica
Figura 13: Valori di y+ che vanno a determinare il tipo di legge a parete utilizzata nel solutore.
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5.3 CONCLUSIONI:
Osservando i risultati appena mostrati in tabella, si conclude che il solutore XFLR5 possa essere
usato, nel range di condizioni al contorno di interesse, per trovare la distribuzione di pressioni
lungo un’ala anche in caso di bassi allungamenti e marcati angoli di dietro, la differenza sul 𝐶𝐿 è
risultata essere < 3% e la distribuzione del 𝐶𝑝 praticamente identica, rispetto agli output di Star-
ccm+.
Quindi, nonostante il calcolo sull’ attrito risulti sottostimato (spesso il 𝐶𝑑 calcolato è la metà di
quello reale), si è deciso di utilizzare comunque XFLR5 in quanto per trovare una deformata
A livello di solutore è stato scelto il VLM2 in quanto garantisce una buona accuratezza con un peso
Le limitazioni imposte sulla LLT mi hanno portato ad escludere tale modello che non permette di
Si evidenzia come i due differenti approcci utilizzati, i volumi finiti ed il metodo a pannelli,
necessitino di tempi di calcolo molto differenti tra di loro: XFLR5 conclude un’analisi nel giro di
decine di secondi o pochi minuti mentre Star-ccm+ impiega due o tre ore per la stessa analisi.
resistenza fluidodinamica.
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6. MODELLAZIONE STRUTTURALE
Per pannello a sandwich (o struttura a sandwich) si intende un elemento costituito da due strati
resistenti, detti pelli o facce, distanziati tra loro e collegati rigidamente ad un elemento connettivo
Il core è in genere una schiuma leggera e poco resistente oppure una struttura a nido d’ape, che
Le pelli sono adibite alla distribuzione dei carichi nel piano, la presenza del core è invece utile ad
aumentare il valore della rigidezza flessionale del pannello, che dipende dalla distanza delle lamine
dal piano medio, ovvero dall’inerzia della sezione. L'impiego di tale struttura è quindi paragonabile
al concetto della trave con sezione a L, dove l'anima serve ad aumentare la rigidezza flessionale
costituito soltanto da uno spessore di materiale pari a quello delle due facce, con un grande
Per queste ragioni negli ultimi quaranta anni nell'industria aerospaziale e navale si è sempre più
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Figura 14: Pannello sandwich realizzato in fibra di carbonio e core in pvc espanso
materiali con caratteristiche meccaniche profondamente diverse, come nel caso di un sandwich.
Fintanto che si vanno a modellare pannelli laminati monolitici composti quindi da strati con
orientazione variabile delle fibre ma assenza di core, la teoria della sezione omogenizzata
equivalente (ESL) riproduce fedelmente il comportamento strutturale. Tale teoria consiste nel
modellare l’intero pannello con un solo elemento piastra e nel trovare la rigidezza equivalente che
Nel momento che si introduce un core con scarse caratteristiche meccaniche tra le due pelli, la
teoria della sezione omogenizzata diventa imprecisa, da correggere e comunque “case sensitive”.
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Attualmente, l’approccio più corretto, anche se computazionalmente pesante, consiste
nell’andare a modellare il core con elementi solidi 3D e le pelli esterne con elementi piastra 2D. I
gradi di libertà coinvolti da questi elementi permettono infatti di tenere conto del complesso
campo deformativo e tensionale che caratterizza questo tipo di strutture. Si nota comunque che
usando elementi standard dispacement-based, non sono soddisfatte le condizioni al contorno sulla
continuità della tensione alle interfacce, che comunque diventano sempre meno importanti al
Si evidenzia quindi come un approccio che vada a utilizzare solamente elementi 3D risulti inadatto
alla descrizione meccanica del sandwich in quanto gli elementi 3D non hanno tutti i gradi di libertà
necessari a descrivere il comportamento delle pelli (infatti, solitamente, gli elementi 3D hanno più
nodi ma ammettono solamente le tre traslazioni mentre i nodi degli elementi piastra ammettono
Durante i miei studi ho deciso comunque di provare ad utilizzare la teoria della sezione
veloce.
Gli elementi piani, infatti, presentano solamente 4 nodi per elemento con 5 gradi di libertà per
ogni nodo ed è possibile utilizzare un solo elemento lungo lo spessore della struttura rimanendo
quanto si ottengono sistemi con un numero di gradi di libertà che è di circa un ordine di grandezza
inferiore.
Andando ad utilizzare però la teoria della sezione omogenizzata si ottengono risultati sbagliati e
spesso troppo ottimistici, inoltre si ha una descrizione del campo deformativo e tensionale
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questa direzione, soprattutto nel caso di pannelli sandwich che presentano campi tensionali e di
Figura 15: Spostamento in direzione x lungo lo spessore per sandwich simmetrico composto da pelli in carbonio e core
in pvc espanso. Il campo di spostamento in figura è stato trovato dopo l’applicazione della ZZA al pannello sandwich
del test 4 (pg. 50 )
Come solutore FEM ho scelto Code_Aster, software libero (licenza GNU GPL) di simulazione
numerica dei materiali e delle strutture meccaniche, sviluppato principalmente dal dipartimento
Électricité de France.
Segue la descrizione, riportata dalla documentazione di Code Aster, dell’elemento finito utilizzato
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6.4 Elemento DST
Questo tipo di modellazione con elementi piastra è pensato per essere usato in campo di piccole
deformazioni e spostamenti. I DST sono elementi piani che non tengono conto della curvatura
geometrica della struttura essendo elementi con solo 4 nodi, al contrario degli elementi shell che
La conseguenza è che potrebbero nascere delle tensioni parassite che possono essere ridotte
libertà ridotto.
6.5 CINEMATICA
rimane perpendicolare alla stessa a deformazione avvenuta. Da questo approccio deriva un campo
di spostamenti che varia linearmente lungo lo spessore della piastra. Questi elementi utilizzano un
Campo di spostamento:
38
𝜕𝑢 𝜕𝛽𝑦
𝑒𝑥𝑥 = 𝑘𝑦𝑦 =
𝜕𝑥 𝜕𝑦
𝜕𝑣 𝜕𝛽𝑥 𝜕𝛽𝑦
𝑒𝑦𝑦 = 2𝑘𝑥𝑦 = +
𝜕𝑦 𝜕𝑦 𝜕𝑥
𝜕𝑣 𝜕𝑢 𝜕𝑤
2𝑒𝑥𝑦 = + 𝛾𝑥 = 𝛽𝑥 +
𝜕𝑥 𝜕𝑦 𝜕𝑥
𝜕𝛽𝑥 𝜕𝑤
𝑘𝑥𝑥 = 𝛾𝑦 = 𝛽𝑦 +
𝜕𝑥 𝜕𝑦
dove le 𝑒𝑥𝑥 sono deformazioni membranali della superficie media, le 𝛾 sono le deformazioni
trasversali associate al taglio verticale, le K sono le curvature della superficie media e le 𝛽 sono le
rotazioni della superficie media. In questo modello cinematico le gamma risultano costanti lungo
lo spessore, e di conseguenza i tagli; ciò viola le condizioni al contorno sulle tensioni a taglio
trasversali in quanto sulle facce libere non caricate avremo comunque degli stress non nulli,
mentre lo dovrebbero essere. Questo implica che compiendo un lavoro sulle deformazioni si ha
un’energia associata errata che genera a sua volta una deflessione scorretta; devono pertanto
Date le ipotesi semplificative appena annunciate, per descrivere in maniera più corretta gli sforzi di
taglio cioè le 𝜎𝑥𝑧 e le 𝜎𝑦𝑧 , è stato a priori determinato un fattore di correzione K tramite
39
equivalenze energetiche con modelli 3D più raffinati, in maniera che la rigidezza trasversale del
modello composto da elementi piastra sia il più vicino possibile alla realtà.
la variazione degli sforzi membranali è supposta lineare lungo lo spessore della piastra nel caso
della teoria di Hencky, dove questo deriva dalla variazione lineare delle 𝜀𝑥𝑥 e 𝜀𝑦𝑦 lungo lo
spessore.
Nell’ambito del modello cinematico di Hencky le 𝛾𝑥𝑧 e 𝛾𝑦𝑧 sono costanti lungo lo spessore ma
questo, come già detto, va a violare le condizioni al contorno; è però possibile usare le equazioni di
equilibrio per determinare attraverso queste la variazione degli stress trasversali lungo lo spessore
della piastra.
Si utilizza un modello che, indagando sulla conservazione dell’energia interna, dopo un confronto
con una teoria 3D, restituisce, per un materiale elastico lineare, una relazione tra gli sforzi
Nel caso di comportamento membranale e flessionale non accoppiati valgono quindi le seguenti
equazioni costitutive:
40
Si introduce il coefficiente moltiplicativo K col valore di 5/6 nella relazione che lega gli sforzi di
Date le ipotesi semplificative applicate nelle teorie degli elementi appena descritti sembrerebbe
possibile utilizzarli solamente in alcune situazioni dove gli effetti 3D non sono predominanti.
Per testare le reali possibilità di applicazione di questi elementi al caso in esame, sono stati
eseguiti sul software Code Aster (attraverso la piattaforma Salome) alcuni benchmark di cui è nota
I risultati ottenuti sono stati confrontati con lo stesso modello 2D creato sul software commerciale
MSC Nastran e con la soluzione corretta nota da letteratura o fornita da un FEM mixed 2D/3D
Nei benchmark analizzati gli effetti tensionali e deformativi 3D, tipici di un sandwich, vengono
studiati utilizzando geometrie e condizioni vincolari e di carico tali che detti effetti vengano
evidenziati.
Le piastre studiate infatti, soprattutto le più spesse, presentano una deformazione tridimensionale
importante e permettono di capire quando i classici modelli 2D vanno in errore con previsioni
Nel caso di una reale ala questi effetti tridimensionali saranno minori rispetto alle piastre in
esame, anche se, nel caso di rapporti di allungamento alare bassi, sicuramente non trascurabili. Ho
reali capacità del modello nelle condizioni peggiori, all’interno delle quali sicuramente ricadono i
L=100mm;
Materiale: dural
E=73000 MPa,
ν=0.3,
G=E/(2(1+ν))=28076 MPa.
Mesh usata: ogni lato è stato suddiviso in 120 elementi, quindi i nodi sono in totale
121*121=14641.
42
Figura 16: mesh usata nei test 1, 2, 3
Condizioni di vincolo: i quattro lati della piastra hanno bloccato soltanto lo spostamento lungo z,
di contro i vertici del quadrato sono vincolati anche in x e y per far sì che la matrice di rigidezza
Carico: ho simulato il carico distribuito discretizzandolo con piccoli carichi concentrati, con valore
* il valore 0.625 è stato trovato utilizzando il PLV per trasformare delle pressioni in forze nodali
equivalenti; lo stesso principio si utilizzerà poi per passare dalle forze di pressione del solutore
43
RISULTATI:
Figura 17: Spostamento in direzione perpendicolare al piano della piastra per L/H=10
Nel test 1, l’elemento finito piastra è stato in grado di descrivere perfettamente il problema anche
in caso di piastre particolarmente spesse, L/h=4, dove il taglio gioca un ruolo importante.
44
L’elemento DST, infatti, tenendo in conti degli sforzi trasversali tramite il fattore K=5/6 permette di
Si nota inoltre con piacere come il software Code Aster, a differenza del Nastran, sia in grado di
cogliere gli spostamenti nelle direzioni x e y con grande precisione; una piastra appoggiata caricata
Questo effetto di contrazione diventa importante nel caso di piastre sottili dove gli sforzi
membranali sono dello stesso ordine di grandezza di quelli flessionali; andando a trascurare
questo tipo di effetto si ottengono risultati molto errati anche per quel che riguarda la freccia.
L=100mm;
E11=172400 MPa
E22=E33=6890 MPa
G12=G13=3450 MPa
G23= 1378MPa
Laminazione: [0/90/0] -> gli angoli sono calcolati rispetto l’asse x; i 3 strati hanno lo stesso
Mesh usata: ogni lato è stato suddiviso in 120 elementi, quindi i nodi sono in totale
45
121*121=14641.
Carico: ho simulato il carico distribuito discretizzandolo con piccoli carichi concentrati, con valore
RISULTATI:
Figura 18: Spostamento in direzione perpendicolare al piano della piastra per L/H=10 (mesh visibile)
46
Anche nel caso di laminato simmetrico la modellizzazione utilizzata si è dimostrata in grado di
cogliere una freccia e degli spostamenti in x e y corretti per tutti i rapporti L/H testati.
L=100mm;
E11=172400 MPa
E22=E33=6890 MPa
G12=G13=3450 MPa
G23= 1378MPa
Laminazione: [0/90] -> gli angoli sono calcolati rispetto l’asse x; i 2 strati hanno lo stesso identico
Mesh usata: ogni lato è stato suddiviso in 120 elementi, quindi i nodi sono in totale
121*121=14641.
Carico: ho simulato il carico distribuito discretizzandolo con piccoli carichi concentrati, con valore
47
RISULTATI:
Anche in questo caso la modellizzazione utilizzata si è dimostrata in grado di cogliere una freccia
corretta per tutti i rapporti L/H testati. Si può concludere quindi che finché si analizzano laminati
multistrato, anche spessi e asimmetrici, con orientazione qualsiasi delle fibre, i risultati rimangono
accurati, a patto di utilizzare sempre lo stesso materiale per tutti gli strati.
Ciò è dovuto alla semplificazione che applica il codice di considerare la sezione composita come
“omogenizzata”.
48
Test 4: piastra in sandwich semplicemente appoggiata
Figura 20: sandwich del test 4 composto da core di 8mm e pelli di 1mm.
E11=132380 MPa
E22=E33=10760 MPa
ν23=0.49
G12=G13=5650 MPa
E=35 Mpa
G=12.3 Mpa
ν=0.4
49
Laminazione: [0/ISO/90] -> gli angoli sono calcolati rispetto l’asse x; le due pelli hanno lo stesso
identico spessore, pari ad 1mm, l’altezza del core è di 8mm, per un’altezza totale della sezione
composita di 10 mm.
Nel momento che si va a modellizzare un composito con caratteristiche dei materiali che
compongono i vari strati molto differenti tra di loro, il modello cade drasticamente in errore.
Si sono infatti realizzati tre differenti modelli utilizzando elementi finiti diversi: un modello 2D
classico, un modello 2D con offset e un modello ibrido con facce 2D e core 3D.
Il primo modello, come nei test case precedenti, utilizza un solo elemento piastra per tutto lo
spessore e per tutti i materiali coinvolti: va a creare una sezione omogenea. Ovviamente tale
metodo risulta un’approssimazione troppo forte che non permette di indagare il comportamento
50
di un sandwich spesso, soprattutto al variare dello spessore del core si ottengono risultati molto
lontani dal reale e poco affidabili anche per un design preliminare. La freccia massima è 2.7 mm
Il secondo modello utilizza elementi piastra sovrapposti uno sopra l’altro. Ogni strato è
rappresentato da un solo elemento piastra: si realizza quindi la mesh definita nei casi precedenti e
si procede poi a copiarla per due volte e ad imporre un offset delle pelli rispetto al core. Si ottiene
Si impone che gli spostamenti verticali e le rotazioni associate ai nodi che condividono le
perfetto e di continuità tra i vari strati, nonché ad imporre una deformazione trasversale nulla nel
core. Risulta quindi che le due pelli rimangono sempre distanti di quanto è stato imposto con
l’offset come se tra di loro vi fosse un materiale estremamente rigido cioè indeformabile.
Ciò produce notevoli errori per quanto riguarda la freccia sotto carico.
L’utilizzo dell’offset implica quindi un aumento dell’inerzia della sezione che va con il cubo
dell’altezza della stessa, in quanto il materiale resistente si trova sulle facce; ovviamente questo
comportamento è molto lontano dalla realtà in quanto una sezione composta da materiali con
caratteristiche meccaniche altamente differenti non si deforma come una piastra sottile
omogenea. Inoltre, nella teoria degli elementi piastra si fa l’ipotesi di 𝜎𝑧 trascurabili, nonché di
stato di deformazione piano: non è possibile quindi cogliere la compressibilità trasversale del
sandwich e in particolare del core che diventa un fenomeno importante. Nella realtà il distacco
delle due pelli tramite l’inserimento di un core migliora particolarmente le performance del
aumentare la resistenza della sezione con il cubo dell’altezza. Intervengono infatti fenomeni di
51
tipo 3D, come appunto lo schiacciamento del core, che vengono completamente trascurati nella
Per tenere conto degli effetti dovuti alla presenza di un core con caratteristiche meccaniche
estremamente inferiori a quelle delle pelli, si è descritto nel terzo approccio il core utilizzando
computazionalmente molto più pesante. Se infatti per gli elementi piastra si possono avere
elementi con forme anche molto lontane dalla piastra (es. nei test precedenti per L/H=4
l’elemento piastra era un parallelepipedo a base quadrata di lato 0.8mm e alto 25 mm), nel caso di
elementi solidi 3D è necessario avere forme che non si distaccano troppo dal cubo per mantenere
Ciò porta a discretizzare il core con 10 elementi lungo lo spessore, per mantenere una forma
cubica dell’elemento, e ad aumentare quindi drasticamente il numero di nodi che passa da 45.000
a circa 150.000 con un conseguente aumento del tempo computazionale e della memoria richiesta
dal software.
In questo modo è però possibile indagare a fondo il comportamento del materiale lungo lo
spessore della sezione in quanto si dispone di molti più punti per imporre le condizioni fisiche del
problema.
Anche in questo caso ibrido 2D/3D è stata usata la tecnica di offset imponendo che spostamenti
dei nodi con stessa x e y fossero coincidenti. Queste condizioni sono però state imposte solamente
tra la pelle superiore e lo strato superiore di elementi 3D, e allo stesso modo tra la pelle inferiore e
lo strato inferiore di elementi solidi. A differenza di prima ora esistono altri 8 elementi solidi a
descrivere il core che non sono vincolati a muoversi come le pelli e possono quindi rappresentare
52
un comportamento tridimensionale. La massima freccia ottenuta con questo approccio è stata di
4,3 mm.
Si conclude quindi che non risulta possibile all’interno di Code Aster utilizzare solamente elementi
caratteristiche meccaniche profondamente diverse da quelle delle pelli esterne; in questi casi è
necessario utilizzare elementi solidi per il core oppure un sistema di post processing che permetta
Si evidenzia come sia invece possibile descrivere laminati ortotropi multilayer anche spessi purché
il materiale degli strati sia lo stesso; il problema è dato dall’insorgere di effetti 3D che mal vengono
descritti dagli elementi piastra che hanno alla base una teoria 2D.
Nell’ ottica quindi di utilizzare comunque elementi 2D, data la convenienza dal punto di vista
Questa teoria partendo dagli spostamenti del modello semplificato del FEM, restituisce,
53
8. CORREZIONE MODELLO STRUTTURALE
8.1 Introduzione
quelle delle teorie classiche come la FSDT prima esposta, che corrisponde all’elemento DST).
Queste una volta soddisfatte, permettono di determinare in forma chiusa e ben approssimata le
I moltiplicatori di Lagrange rappresentano nuovi gradi di libertà del sistema. Con un aumento del
di tipo variazionale; si studiano i massimi e i minimi vincolati di una funzione a più variabili in
riferimento ad un vincolo espresso tramite una o più equazioni. La potenza di tale metodo consiste
nell'ottenere come risultato il valore numerico dei moltiplicatori, anche se questi non
Si osserva infine che tale metodo fornisce condizioni necessarie ma non sufficienti per la
determinazione dei punti di stazionarietà del funzionale: permette infatti di identificarli ma non di
locale.
54
8.3 Metodo di Rayleigh-Ritz
soluzione esatta quando questa non può essere calcolata per via analitica. È un metodo molto
usato che si può applicare ogni volta che le equazioni da risolvere si possono porre in forma
variazionale. Il principio del metodo è il seguente: sia ψ un elemento di uno spazio di Hilbert H a
cui appartengono le soluzioni dell’equazione che vogliamo studiare. Si suppone che tali soluzioni
siano elementi di H per cui un certo funzionale E[ψ] sia stazionario. Si utilizzano delle funzioni di
potenziale totale del sistema (pertanto tale tipo di formulazione prende nome anche di metodo
energetico, o del minimo dell’energia potenziale), somma del potenziale totale dei carichi applicati
55
8.4 Modello di spostamento ZZA
𝛼 = 𝑥, 𝛽 = 𝑦, 𝜁 = 𝑧:
( x, y)( z − zk ) H k ( z ) + Cuj ( x, y) H j ( z ) c
k
k =1 j =1
ni
u ( x, y, z ) = w ( x, y )
0
0 +
F (z) i + k ( x, y)( z − zk )H k ( z ) +
k =1
ni n
( x, y)( z − z ) H ( z) + C ( x, y)H ( z)
k =1
k
k
2
k
j =1
j
j c
Il primo termine [… ]0 , ha contributo lineare per 𝑢𝛼 e costante per 𝑢𝜁 ,ed è lo stesso della teoria di
Reissner-Mindlin e introduce gli unici cinque gradi di libertà funzionali della ZZA: 𝑢0 , 𝑣 0 , 𝑤 0 , 𝛤𝑥0 , 𝛤𝑦0
ovvero le tre traslazioni e le rotazioni rispetto agli assi x e y. Il secondo contributo [… ]𝑖 contiene
F ( z) i = bi ( x, y) z + c i ( x, y) z 2 + d i ( x, y) z 3 + ei ( x, y) z 4 + (Oz 5 ...) i = 4
~
(. ) i +
(Oz 5 ...) i
un'interpolazione che valga solo all'interno di ogni singolo strato della struttura. Si mantengono i
cinque gradi di libertà funzionali classici e si calcolano i rimanenti coefficienti del modello di
56
spostamento in funzione dei primi, tramite calcolo simbolico. L’ appellativo "adattivo" deriva dalla
spostamento u che w.
Le espressioni di 𝐶𝛼𝑖 , 𝐷𝛼𝑖 e dei coefficienti da 𝑏𝑖 a 𝑒 𝑖 sono determinate tramite l'imposizione delle
condizioni al contorno alle tensioni, sia per la faccia superiore che inferiore. Alle già descritte
delle equazioni di equilibrio locale sempre per punti scelti attraverso lo spessore.
, + , + z , z = b ;
, + , + , = b
Il terzo termine […]c, rappresenta dei contributi ulteriori, detti layerwise, che determinano la
continuità delle tensioni fuori dal piano e del gradiente della tensione trasversale normale, lungo
Questi ultimi sono espressi come prodotto di funzioni zig-zag (𝑧 − 𝑧𝑘 )𝐻𝑘 (𝑧) e (𝑧 − 𝑧𝑘 )2 𝐻𝑘 (𝑧) e
Tali ampiezze vengono determinate imponendo le seguenti condizioni al contorno: continuità della
tensione a taglio trasversale, continuità della tensione trasversale normale e del suo gradiente:
(( k ) z + ) = (( k ) z − ) ;
((k ) z + ) = ((k ) z − ) ;
, (( k ) z + ) = , (( k ) z − )
57
𝑗 𝑗
Le condizioni di continuità degli spostamenti alle interfacce sono legate ai termini 𝐶𝛼 𝐶𝑢 e 𝐶𝜁 i
quali sono indipendenti dai gradi di libertà; tali condizioni possono essere espresse come
u ( ( k ) z + ) = u ( ( k ) z − ) ;
u (( k ) z + ) = u (( k ) z − )
zag parabolica di Icardi; il termine 𝐻𝑘 (𝑧) rappresenta la Heaviside unit step function. Le ampiezze
zig-zag provvedono a garantire il giusto cambio di pendenza degli spostamenti alle interfacce degli
La potenza di tale modello consiste nel fornire risultati accurati senza ricorrere a tecniche di post-
processing facendo utilizzo delle sole equazioni costitutive; è quindi possibile affermare che il
8.5 ZZA*
È inoltre possibile dimostrare come, ridefinendo i coefficienti delle funzioni che descrivono il
campo di spostamento lungo lo spessore, non ci sia più bisogno che i suddetti contributi ZZ
appaiano in maniera esplicita: è solamente necessario un polinomio di ordine minimo n che sia
È quindi possibile sostituire tali funzioni ZZ con dei polinomi e trovare i coefficienti tramite
58
8.6 Costruzione di soluzioni analitiche
Si ottengono soluzioni in forma chiusa per l'equazione di governo, indipendentemente dalla teoria
m
= Ai i ( x, y)
i =1
Le ampiezze restanti sono determinate derivando il funzionale rispetto alle ampiezze ancora
incognite e imponendolo uguale a zero; all’interno del funzionale è considerato il lavoro delle forze
di inerzia:
In questo modo, si ottiene un sistema algebrico, la cui soluzione fornisce il valore numerico di
calcolati. Per definire le funzioni di forma, a seconda del reale caso in analisi, si vanno poi ad
Per esempio, in corrispondenza del bordo incastrato delle travi a sbalzo, vengono applicate le
seguenti condizioni:
Per garantire che la forza risultante dalla forza di taglio trasversale sia uguale alla forza di vincolo,
si impongono le seguenti condizioni meccaniche sul taglio agli estremi della trave:
h/2
−h / 2
xz (0, z)dz = T
59
h/2
−h / 2
xz ( L, z )dz = 0
Si noti che le precedenti condizioni al contorno vengono applicate utilizzando i metodi dei
h/2
−h / 2
xz (0, z) zdz = M
h/2
−h / 2
xz ( L, z ) zdz = 0
Qualsiasi altra condizione al contorno potrebbe essere applicata allo stesso modo, semplicemente
Nel caso in cui questo non sia possibile, o per soddisfare le condizioni meccaniche, si applica il
metodo dei moltiplicatori di Lagrange. In questo modo è possibile ottenere una soluzione in forma
chiusa con uno sforzo computazionale ridotto, anziché ricorrere alla FEA come spesso accade per
tali casi.
Gli spostamenti allora devono essere descritti da funzioni di classe C0, continue attraverso le
interfacce del materiale, atte a simulare e riprodurre in modo efficace l'effetto zig-zag, invece che
La scelta delle prime rende possibile la descrizione dell'inversione di pendenza degli spostamenti
alle interfacce, soddisfacendo così le condizioni di equilibrio locale per il campo di tensioni, la
continuità del taglio trasversale, degli sforzi normali trasversali e del gradiente di questi ultimi.
60
9. CORREZIONE DEL TEST 4 CON APPLICAZIONE DELLA ZZA
precedenti studi di Icardi e Urraci, si utilizzano gli spostamenti nodali del FEM degli elementi
appartenenti ad un asse della piastra per ricreare, con un polinomio di ordine 6, le funzioni di
Si è notato infatti come queste funzioni differiscano dalla reale deformata solamente in ampiezza
e non in forma, questo può essere corretto imponendo ulteriori condizioni al contorno fisiche.
Si utilizzano quindi gli spostamenti nodali del FEM per ricostruire le funzioni di forma nei casi in cui
Andando però a plottare tali funzioni ci si accorge come queste siano leggermente disturbate al
contorno da effetti di bordo, soprattutto risultano “sporcate” le derivate prima e seconda che
Fig 22: w(x) del Test 4 (normalizzata con la freccia massima della modellazione 2D): estratta dal
aggiuntivi che impongono il rispetto delle condizioni al contorno meccaniche; così si può
correggere questo errore nel comportamento dovuto alla modellazione ad elementi finiti e,
ottenendo un campo di spostamento corretto, raggiungere l’accuratezza delle teorie più avanzate.
Nel caso in questione (est 4) di piastra semplicemente appoggiata soggetta a carico bisinusoidale si
sono imposte le seguenti condizioni che hanno permesso di modificare il polinomio che
𝑤(𝑥, 0) = 𝑤(𝑥, 𝐿𝑦 ) = 0 𝐿𝑥
𝑤,𝑥 ( , 𝑦) = 0
2
𝑤(0, 𝑦),𝑥𝑥 = 0
𝐿𝑦
𝑤,𝑦 (𝑥, )=0
𝑤(𝑥, 0),𝑦𝑦 = 0 2
𝑤(𝐿𝑥 , 𝑦),𝑥𝑥 = 0
Si nota come, in questo caso semplice, a causa delle condizioni geometriche, di vincolo e carico, la
deformata e quindi le condizioni aggiuntive da imporre fossero note a priori: infatti, ancor prima di
svolgere l’analisi, era possibile immaginare una deformata sinusoidale per detta piastra.
Nei casi reali con geometrie o condizioni di vincolo e carico variabili, la funzione di forma è
interpolata dagli spostamenti nodali del FEM e corretta con termini aggiuntivi per risolvere il
Procedendo in tal senso risulta che, modificando la formulazione della soluzione, è possibile che si
aggiungano ulteriori gradi di libertà fisici ma non strutturali per i quali è necessario definire
62
Figura 23: stratigrafia di riferimento per la formulazione delle condizioni al contorno
Per determinare i coefficienti di ZZA si impongono le seguenti condizioni al contorno sulle tensioni
ℎ
𝜎𝑧 (𝑥, 2) = 𝑞 (𝑥, 𝑦)
ℎ
𝜎𝑧 (𝑥, − 2) = 0
ℎ
𝜎𝑧,𝑧 (𝑥, ± 2) = 0
ℎ
𝜏𝑥𝑧 (𝑥, ± 2) = 0
impone la continuità:
ℎ ℎ
𝜎𝑧𝑖 (𝑥, 2𝑖 ) = 𝜎𝑧𝑖+1 (𝑥, − 𝑖+1
2 )
ℎ ℎ
𝑖
𝜏𝑥𝑧 (𝑥, 2𝑖 ) = 𝜏𝑥𝑧
𝑖+1
(𝑥, − 𝑖+1
2 )
ℎ𝑖 ℎ
𝑢𝑖 (𝑥, ) = 𝑢𝑖+1 (𝑥, − 𝑖+1 )
2 2
ℎ ℎ
𝑤 𝑖 (𝑥, 2𝑖 ) = 𝑤 𝑖+1 (𝑥, − 𝑖+1
2 )
𝜎𝑥,𝑥 + 𝜎𝑥𝑧,𝑧 = 0
𝜎𝑧,𝑧 + 𝜎𝑥𝑧,𝑥 = 0
Si riportano di seguito nelle immagini tensioni e spostamenti lungo lo spessore di una sezione di
Si nota come la freccia massima, parametro di riferimento per tutti i benchmark, sia pressoché la
stessa del fem mixed 2D/3D universitario, nonché dei casi riportati in letteratura.
Fig. 26: Spostamento in direzione y lungo lo spessore 𝐹𝑖𝑔 27: σyz lungo lo spessore
64
Fig. 28: Spostamento verticale lungo lo spessore
9.1 Conclusioni
Si è dimostrato come la ZZA sia in grado di cogliere il campo tensionale e deformativo anche nel
caso di sandwich spessi; l’accuratezza di questa modellazione è simile a quella del FEM mixed 2D/3D.
La difficoltà nel trovare una soluzione in forma chiusa e ben accurata risiede nel soddisfare le
condizioni al contorno meccaniche le quali comportano problemi soprattutto nel caso in cui siano
presenti vincoli di semplice appoggio. Si nota, infatti, come in corrispondenza di tale vincolo gli
spostamenti estratti dal FEM e soprattutto le derivate prima e seconda risultino sporcate da effetti
Lo studio svolto si è mosso in una direzione che rispetti intrinsecamente le condizioni al contorno
meccaniche comprese quelle con condizioni di vincolo relativamente arbitrarie; i coefficienti delle
polinomiali in z, variabili strato per strato, soddisfano le condizioni fisiche quali continuità,
Si osserva come l'utilizzo del calcolo simbolico in ambiente MATLAB abbia permesso un approccio
più rapido al problema posto: non c’è bisogno di imporre restrizioni al campo di spostamento,
65
tensioni e deformazioni al fine di ovviare alle difficoltà algebriche, poiché queste sono a carico del
simbolico. In tal modo si perviene ad una formulazione generalizzata dove l’utente può inserire
Una volta trovati, tramite l’applicazione della ZZA, i campi tensionali e deformativi corretti è
possibile andare a creare un elemento ESL (equivalent single layer) che restituisca la stessa freccia
distorsioni trasversali.
Andando quindi a tarare i coefficienti della matrice di rigidezza di un elemento ESL, in maniera che
si realizzino due modelli energeticamente equivalenti, è possibile ottenere risultati corretti almeno
per quanto riguarda il campo di spostamento. Non è comunque possibile ottenere maggiori
informazioni sul campo tensionale utilizzando un elemento ESL che non ha i gradi di libertà per
66
10. ALA INCASTRATA
Si è deciso di eseguire un test per una geometria assimilabile ad un hydrofoil, cioè una trave
incastrata ad un estremo e libera sull’altro; il carico, uniformemente distribuito, agisce sulla faccia
superiore. Non volendo in questa sede analizzare un reale hydrofoil ma semplicemente testare
l’affidabilità della modellazione usata, si è scelta una stratigrafia asimmetrica che permettesse di
evidenziare gli effetti 3D e layerwise e di mettere in crisi la ZZA: una teoria in grado di descrivere il
asimmetrico, sarà sicuramente anche in grado di cogliere dei valori corretti nel sotto caso
Si è proceduto ad imporre le diverse condizioni, le quali coinvolgono il giusto valore del taglio
all'incastro poiché, essendo in quella sezione nulli gli spostamenti e le rotazioni, risulterebbe nullo
anche il taglio stesso; stessa cosa per il momento. Inoltre, si impone il valore del taglio = 0
sull’estremo libero.
Si osserva che le condizioni meccaniche sono state implementate nel calcolatore tramite il metodo
ℎ/2
∫ 𝜎𝑥𝑧 (0, 𝑧)𝑑𝑧 = 𝑇
−ℎ/2
67
ℎ/2
∫ 𝜎𝑥𝑧 (𝐿, 𝑧)𝑑𝑧 = 0
−ℎ/2
ℎ/2
∫ 𝜎𝑥 (0 , 𝑧)𝑧 𝑑𝑧 = M
−ℎ/2
ℎ/2
∫ 𝜎𝑥 (𝐿𝑥 , 𝑧)𝑧 𝑑𝑧 = 0
−ℎ/2
Inoltre, per assicurare che le precedenti condizioni valgano per tutto lo spessore si impone anche:
Si sono inoltre aggiunte le seguenti condizioni alle interfacce per determinare i coefficienti di ZZA:
ℎ ℎ
𝜎𝑧𝑖 (𝑥, − 2𝑖 ) = 𝜎𝑧𝑖+1 (𝑥, 𝑖+1
2 )
ℎ ℎ
𝑖
𝜏𝑥𝑧 (𝑥, − 2𝑖 ) = 𝜏𝑥𝑧
𝑖+1
(𝑥, 𝑖+1
2 ) 𝑝𝑒𝑟 𝑖 = 1, … . . , 𝑛𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑓𝑎𝑐𝑐𝑒
𝑖 (𝑥, − ℎ𝑖 ) = 𝜎 𝑖+1 (𝑥, ℎ𝑖+1 )
𝜎𝑧,𝑧 2 𝑧,𝑧 2
ℎ ℎ
𝑢𝑖 (𝑥, − 2𝑖 ) = 𝑢𝑖+1 (𝑥, 𝑖+1
2 )
ℎ ℎ
𝑤 𝑖 (𝑥, − 2𝑖 ) = 𝑤 𝑖+1 (𝑥, 𝑖+1
2 )
68
-Condizioni al bordo sulle tensioni:
ℎ
𝜎𝑧 (𝑥, + 2) = 𝑞(𝑥 )
ℎ
𝜎𝑧 (𝑥, − 2) = 0
ℎ
𝜎𝑧,𝑧 (𝑥, ± 2) = 0
ℎ
𝜏𝑥𝑧 (𝑥, ± 2) = 0
𝜎𝑥,𝑥 + 𝜎𝑥𝑧,𝑧 = 0
𝜎𝑧,𝑧 + 𝜎𝑥𝑧,𝑥 = 0
Si riportano nelle immagini seguenti alcune delle grandezze che caratterizzano lo stato tensionale
e deformativo della struttura: in blu il risultato del FEM 2D/3D mixed, in rosso la ZZA.
Si nota come i risultati siano stati normalizzati per renderne più immediata la lettura ed ottenere
una freccia unitaria; l’accuratezza di ZZA è praticamente la stessa del FEM mixed restituendo
69
Fig. 30: U(z) per x =L/2
Fig. 31: W(x) normalizzato con la freccia massima del FEM mixed 2D/3D
70
10.1 Conclusioni
I risultati ottenuti tramite il modello attuale sono praticamente coincidenti con quelli ottenuti
tramite la FEA-2D/3D mixed la quale è stata già dimostrata essere una soluzione molto accurata.
La FSDT risulta essere inappropriata per la descrizione di tale problema poiché la propria
definizione del campo di spostamenti comporta risultati che non rappresentano in modo accurato
gli effetti tridimensionali, soprattutto la compressibilità del core. Risulta quindi conveniente
Nello studio effettuato si è partiti da un solutore ad elementi finiti utilizzando varie teorie
associate a diversi tipi di elementi. Si è dimostrato come in alcuni casi (definiti da geometria
semplice come per esempio una piastra, una trave, un’ala o un foil) sia possibile determinare ed
utilizzare una soluzione analitica in forma chiusa invece di un modello ad elementi finiti,
ottenendo oltre ad un’ottima accuratezza dei risultati, anche un tempo computazionale ridotto.
Questo implica però di dover definire tale soluzione per parti se la geometria è data dalla
successione di componenti elementari (tante travi incastrate una dopo l’altra) come nel caso del
nostro hydrofoil.
Infatti, la soluzione analitica è funzione della geometria e delle condizioni al contorno di partenza
Volendo velocizzare e rendere più flessibile tale tipo di modellazione sarebbe opportuno andare a
definire un nuovo elemento finito basato sul modello analitico implementato. In questo modo la
comporre soluzioni analitiche ognuna definita su una parte differente del dominio.
71
La definizione di un elemento finito che vada a riprodurre i risultati del modello analitico
comporterebbe un numero di gradi di libertà associati all’elemento tale che sia possibile rispettare
Tale elemento dovrebbe avere un numero di nodi lungo la verticale atto a garantire una corretta
Un’alternativa è utilizzare la modellazione ZZA solamente per tarare i termini della matrice di
rigidezza di un elemento ESL equivalente al composito in analisi; questo garantisce una freccia ed
un’energia associata alle deformazioni corretta ma non permette di indagare sul campo
tensionale.
Per soddisfare i complessi criteri di rottura inerenti ad un sandwich sarà comunque necessario
72
11. TRASFERIMENTO DEI DATI TRA LE DUE DIVERSE MESH
Il principio dei lavori virtuali (spesso indicato come PLV) afferma che il lavoro virtuale svolto dalle
forze esterne su un corpo solido è uguale a quello svolto dalle forze interne. Il termine "virtuale"
indica che il teorema è valido per lavori calcolati per un dato sistema qualsiasi di forze esterne
(forze di superficie e di volume) equilibrato con tensioni unitarie, e per un qualsiasi campo
Il teorema dei lavori virtuali può essere esteso a sistemi discreti di corpi (internamente continui)
Solitamente, nei casi di interazione fluido struttura si lavora con due mesh differenti, per i due
differenti solutori. Infatti, i due diversi problemi fisici, strutturale e fluidodinamico, richiedono, al
fine di mantenere l’errore di discretizzazione sotto una certa soglia prestabilita, una diversa mesh.
Nel caso fluidodinamico è necessario infittire la mesh nei pressi del bordo di attacco e di fuga di un
profilo aereodinamico in quanto in quelle zone si hanno i gradienti più forti. Nel caso strutturale
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La mesh strutturale è quindi una mesh uniforme (che si infittisce nei pressi del vincolo), mentre
coseno nella direzione della corda andandosi ad infittire sul bordo di attacco e di fuga.
Inoltre, anche supponendo una mesh uniforme per entrambi i casi, è difficile ottenere lo stesso
numero di celle al fine di mantenere approssimativamente uguali gli errori di discretizzazione del
Quando si vanno a trasferire le forze di pressione dalla mesh fluidodinamica alla mesh strutturale
bisogna far sì che i due sistemi di carico siano equivalenti dal punto di vista energetico cioè che
non si sia creato o eliminato lavoro trasferendo le forze da una mesh all’altra.
Si va quindi ad applicare il principio dei lavori virtuali e deve valere la seguente equivalenza
W1=W2
W1→ è il lavoro delle forze della mesh fluidodinamica per gli spostamenti nodali dei nodi della
stessa. Il problema è che dalla soluzione del FEM non si ottengono gli spostamenti nodali della
Esistono comunque varie soluzioni per trovare, dati gli spostamenti nodali della mesh strutturale,
gli spostamenti nodali della mesh fluidodinamica. Nello specifico ne sono stati indagati due:
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Il primo consiste nell’ utilizzare le funzioni di forma degli elementi finiti per sapere, una volta
mesh.
Nel secondo, in alternativa, è possibile far passare un polinomio interpolante f(x,y) (definito nel
sistema di riferimento locale appartenente al piano del pannello) per la deformata della mesh
Si è notato come questo secondo approccio risulti migliore e fornisca risultati più precisi a patto di
utilizzare ai fini dell’interpolazione un dominio più grande di quello a cui si è realmente interessati:
infatti lungo i bordi del dominio la soluzione del polinomio risulta leggermente sporcata da effetti
di bordo.
W2 → è il lavoro delle forze equivalenti a quelle del solutore fluidodinamico, trasferite sulla mesh
Quando si vanno a trasferire le forze da una mesh all’altra è necessario introdurre davanti ad esse
un coefficiente moltiplicativo che tenga conto di due cose: la differente area dell’elemento (sia nel
caso di forze di pressione che di forze nodali) e il diverso lavoro che viene compiuto a
deformazione avvenuta. Infatti, pur utilizzando due sistemi di forze la cui risultante è equivalente,
L’applicazione del PLV permette proprio di trovare il coefficiente moltiplicativo che devono avere
le forze nodali affinché il sistema di carico sia energeticamente equivalente e non si vada ad
aggiungere o togliere del lavoro quando si trasferiscono le forze rispetto alla reale condizione di
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Lo stesso processo è alla base della definizione del coefficiente 0.625 applicato ai benchmark
effettuati su Code Aster per passare da forze di pressione a forze nodali equivalenti. Si è utilizzato
tale coefficiente dopo aver fatto uno studio sulla conservazione del lavoro svolto per un caso
La funzionalità PROJ_CHAMP di Code Aster può trasferire delle forze da una mesh ad un’altra
affidandosi a considerazioni energetiche basate sul principio dei lavori virtuali e potrebbe essere
Ultima via da testare è usare una mesh strutturale uguale alla mesh fluidodinamica definita su
XFLR5. Andando infatti a correggere gli output del solutore ad elementi finiti si riesce a mantenere
una buona accuratezza della soluzione anche utilizzando una mesh che non risulta ideale o
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11.3 Code Aster -> XFLR5
La creazione di un’ala con relativa mesh in XFLR5 è un processo abbastanza semplice che si può
intuire guardando la sottostante tabella che definisce, per pezzi, la geometria dell’ala in analisi.
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Il procedimento consiste nell’assemblare una serie di pannelli rettangolari piani uno dopo l’altro.
Tra un pannello e il successivo può esserci un cambiamento di corda, freccia, diedro, angolo di
attacco e profilo aereodinamico. In questo modo si va a ricreare una geometria molto simile a
quella reale con l’utilizzo di pochi punti fondamentali (basta infatti utilizzare i 4 vertici di ogni
Dopodichè è sufficiente assegnare il numero di pannelli e la distribuzione di questi ultimi per ogni
Si nota come sia anche possibile importare in XFLR5 una geometria in formato .stl che viene poi
Ho deciso comunque di non sfruttare questa funzionalità in quanto la modellazione sul FEM è
basata su un modello 2D che non tiene conto del reale profilo aereodinamico; sarebbe quindi
inutile esportare un .stl deformato da Code Aster in quanto sarebbe la deformata di un modello
Matlab che dia gli input ad XFLR5 per costruire la tabella che definisce l’ala a deformazione
avvenuta.
Gli unici parametri che risultano fondamentali per definire l’ala deformata sono: l’angolo di diedro
che corrisponde alla deformazione flessionale e l’angolo di attacco che corrisponde alla
Per definire l’ala in questo modo ci si può concentrare solamente sugli spostamenti nodali dei
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L’algoritmo sviluppato è il seguente:
piano di due nodi appartenenti ad un lato lungo del rettangolo, fratto la lunghezza del
rettangolo stesso.
piano, per due punti appartenenti al lato corto del rettangolo, fratto la corda dell’ala.
79
11.4 UPDATED LAGRANGIAN APPROACH
I foil sotto carico sono soggetti a grandi deformazioni e sarebbe quindi necessario utilizzare un
Questo approccio consiste nel meshare ad ogni iterazione la geometria per ripartire da un modello
differenza con la condizione precedente e non il contributo intero, non si esce dal campo lineare
Nell’ approccio “Total Lagrangian” infatti, le equazioni discrete sono formulate nella
iterazione si aggiorna il sistema di riferimento e le equazioni discrete vengono scritte rispetto alla
Utilizzando questo tipo di approccio è necessario controllare, rispetto alla configurazione iniziale,
se qualche criterio di rottura sia stato soddisfatto: guardando rispetto all’ultima configurazione
deformata ed applicando solamente una differenza di carichi, non si arriverebbe infatti mai a
rottura.
Si usa quindi una teoria lineare e poi si controlla se le deformazioni e tensioni rispetto alla
configurazione a riposo sono tali da provocare la rottura del materiale o si può proseguire con
l’analisi.
80
Figura 34: Flow chart che descrive il ciclo iterativo completo
81
12. CONCLUSIONI FINALI
• Si può affermare che tale metodologia risulta una scelta efficace ed accurata per la
Si sottolinea come uno studio che utilizzi come base un metodo a potenziale sia
sempre sottostimato anche nel caso di angoli di attacco bassi ed ali allungate e
rettilinee.
• La teoria ZZA utilizzata ha prodotto risultati praticamente coincidenti con quelli del
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• Il modello pone comunque le basi per la costruzione di una soluzione che consideri
delle ulteriori condizioni sul momento torcente per uscire dalla ZZA con una
• Si evidenzia come nel nostro caso questo tipo di implementazione risulti essere di
variazioni di angolo di attacco tra una deformata e l’altra, essendo queste ultime le
geometria indeformata.
elemento ESL per ottenere un modello equivalente almeno dal punto energetico
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13. SVILUPPI FUTURI
Purtroppo il tempo necessario per sviluppare per intero ed efficacemente un tool del genere
eccede quello che è possibile dedicare ad una tesi magistrale. Ritengo tuttavia auspicabili ulteriori
approfondimenti dello studio condotto e mi auguro di riuscire in futuro a lavorare ai vari aspetti
del processo elaborato per incrementarne l’accuratezza e la facilità di utilizzo. Magari per far sì che
possa essere utilizzato anche dal mondo industriale e non solo da quello della ricerca universitaria.
Le implementazioni più importanti da realizzare prima che il processo venga utilizzato per
• modificare la modellazione analitica di ZZA per far si che possa tenere conto del
comportamento torsionale
• andare a creare un elemento finito da aggiungere ad un FEM che sia basato sulla teoria
analitica ZZA, in maniera da poter modellare qualsiasi geometria che non sia
• Testare in maniera più approfondita i diversi modi che sono stati precedentemente
descritti per definire il coefficiente correttivo per trasferire le forze da una mesh
all’altra.
• Tradurre i codici MATLAB utilizzati in un linguaggio base più adeguato all’ HPC (high
performance computing)
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14. ELENCO FOTO E FIGURE
Foto 2: Team New Zealand ingavona durante l’ultima edizione dell’America’s Cup alle Bermuda pag. 10
Figura 2: Discretizzazione dell’ala e disposizione dei vortici e dei control point nel VLM method pag. 19
Foto 5: Foto 5: Team USA nell’edizione dell’AC del 2013. In particolare, si vede il foil sopravvento
Figura 5: Dettaglio della mesh: distribuzione coseno della densità dei pannelli lungo la
Figura 6: Distribuzione del 𝐶𝑝 adimensionale per Star-ccm+ e per XFLR5 (in rosso Star) pag. 28
immagine si può notare come la simulazione effettuata sia andata a convergenza. pag. 30
Figura 9: Andamento dei residui delle equazioni del modello su Star-ccm+ pag. 30
Figura 10: Scena di pressione con tracciamento delle linee isobariche pag. 31
Figura 11: Scena di pressione con tracciamento delle linee isobariche pag. 31
Figura 13: Valori di y+ che vanno a determinare il tipo di legge a parete utilizzata nel solutore pag. 32
Figura 14: Pannello sandwich realizzato in fibra di carbonio e core in pvc espanso pag. 35
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Figura 15: Spostamento in direzione x lungo lo spessore per sandwich simmetrico composto
Figura 17: Spostamento in direzione perpendicolare al piano della piastra per L/H=10 pag. 45
Figura 23: stratigrafia di riferimento per la formulazione delle condizioni al contorno pag. 64
Figura 31: W(x) normalizzato con la freccia massima del FEM mixed 2D/3D pag. 71
Figura 34: Flow chart che descrive il ciclo iterativo completo pag. 82
86
15. LISTA SIGLE
AC = America’s Cup
𝑪𝑫 = Coefficient di drag
𝑪𝑳 = Coefficient di lift
𝑪𝑷 = Coefficiente di pressione
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16. BIBLIOGRAFIA
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M. Sacher, Naval Academy Research Institute, France, [email protected]
M. Durand, K-Epsilon, Groupama Team France, Sirli Innovations, France
E. Berrini, MyCFD, Universit´e Cˆote d’Azur, INRIA, CNRS, France
F. Hauville, Naval Academy Research Institute, France
R. Duvigneau, Universit´e Cˆote d’Azur, INRIA, CNRS, France
O. Le Maitre, LIMSI - CNRS, France
J. A. Astolfi, Naval Academy Research Institute, France
https://hal.archives-ouvertes.fr/hal-01583591/file/20-Sacher_flexible_foil_optimisation.pdf
https://web.stanford.edu/group/ctr/ResBriefs02/crook2.pdf
3) A VELOCITY PREDICTION PROCEDURE FOR SAILING YACHTS WITH A HYDRODYNAMIC MODEL BASED ON
INTEGRATED FULLY COUPLED RANSE-FREE-SURFACE SIMULATIONS
Christoph BÖHM
https://pdfs.semanticscholar.org/32b7/0815195513a61ba7df58fcc4e457d1c64bdd.pdf
4) Computational Methods for Hydrofoil Design - A composite analysis using panel code and RANS
Gilberto Besana
University of Southampton - Thesis · January 2015
Elisa Berrini: National Institute for Research in Computer Science and Control
Bernard Mourrain: National Institute for Research in Computer Science and Control
Régis Duvigneau: National Institute for Research in Computer Science and Control
https://hal.archives-ouvertes.fr/hal-01524287/document
88
7) Numerical simulation of sailing boats: dynamics, FSI, and shape optimization
Matteo Lombardi, Nicola Parolini, Alfo Quarteroni and Gianluigi Rozza
https://infoscience.epfl.ch/record/175879/files/PaerErice-Lombardi-parolini-quarteroni-Rozza.pdf
https://www.k-epsilon.com/uploads/pdf/papiers/HPYD5_Presentation.pdf
http://fn.iust.ac.ir/files/fnst/ssadeghzadeh_52bb7/files/EB__Mechanics_of_Laminated_Composite
_Plates_and_Shells_-JN_Reddy.pdf
11) Free and forced vibration of laminated and sandwich plates by zig-zag theories differently accounting
for transverse shear and normal deformability.
https://doi.org/10.3390/aerospace5040108
deformability and lower-order counterparts assessed by old and new elastostatic benchmarks.
https://www.code-aster.org/spip.php?rubrique19
89
14) Documentazione di XFLR5
https://sourceforge.net/projects/xflr5/files/
https://www.plm.automation.siemens.com/global/it/products/simcenter/STAR-CCM.html
https://it.wikipedia.org/wiki/Pannello_a_sandwich
17) I Kreja, "A literature review on computational models for laminated composite and sandwich panels,"
Central European Journal of Engineering, vol. 1, pp. 59 - 80, 2011.
https://ntrs.nasa.gov/archive/nasa/casi.ntrs.nasa.gov/19760021075.pdf
https://it.wikipedia.org/wiki/Teorema_dei_lavori_virtuali
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