Cartagine Intra Muros Corriere

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“L’archeologia cristiana di Cartagine: il caso delle basiliche cristiane.

Stato della questione. Nuovo scavo e valorizzazione”.

1. INTRODUZIONE

Sono consapevole che parlare dell’archeologia cristiana di Cartagine sia un compito molto
delicato e complesso. Fin dal 1875, anno in cui cominciarono le prime scoperte archeologiche
cristiane, la produzione scritta su quest’argomento fu abbontante1. Spesso però sono state formulate
ipotesi non sempre sufficientemente giustificate, ma allo stesso tempo dotate di una notevole
suggestività che entusiasmava i cuori cristiani più fervorosi. Altrettanto numerose furono le
discussioni tenutesi tra archeologi e storici, ma lo spirito di ricerca che le animava non sempre fu
sincero e rispettoso2.
A ciò occorre aggiungere che iniziative esagerate da una parte e pregiudizi dall’altra fecero
sì che questo prezioso patrimonio cadesse pian piano nell’oblio. Molto materiale archeologico
cristiano andò perduto ed i monumenti furono progressivamente abbandonati alla vegetazione che
in alcuni casi ne fece quasi perdere le tracce.
Mentre scrivo queste pagine sono oramai quasi vent’anni che l’archeologia cristiana di
Cartagine non vede più un modo di lavorare sistematico e ben organizzato. Ciò non toglie che negli
ultimi anni, qualche sporadica scoperta ha mantenuto accesa in me ed in altri miei colleghi tunisini
e stranieri, la fiamma della speranza che un giorno, ci auguriamo non molto lontano, i lavori di
ricerca e soprattutto di valorizzazione dei monumenti della Cartagine cristiana possano riprendere.
L’oggetto di questa relazione è presentare i lavori archeologici paleocristiani effettuati a
Cartagine durante quasi tre secoli (XIX - XX - XXI). Ma non si tratterà di dare in questa sede un
resoconto dettagliato delle scoperte effettuate. Non si tratterà neppure di elaborare una valutazione
esaustiva dei contributi scientifici di queste missioni archeologiche. Occorrerebbe intraprendere
un’opera ben più vasta della presente che giustificherebbe in se stessa un nuovo tema di richerca e
di tesi. Come detto sopra una bibliografia molto nutrita è disponibile su questo argomento3.
Con il presente lavoro preferirei piuttosto un approccio intermedio, una sorta di “status
quæstionis”, limitato al tema delle basiliche cristiane di Cartagine. Vorrei semplicemente attirare
l’attenzione su ciò che resta del ricco patrimonio paleocristiano di questa grande metropoli
dell’antichità, affinché possa essere giustamente conservato e valorizzato.
Questo lavoro presenterà dunque un riassunto storico dell’archeologia paleocristiana
cartaginese; una descrizione delle basiliche cristiane ancora esistenti, con le principali scoperte e il
loro stato attuale, infine la presentazione di un nuovo progetto di scavo e valorizzazione
archeologica paleocristiana a Cartagine.

1
Nel libro di A. Ennabli “Les travaux et les jours” pubblicato nel 2020, si possono contare per la sola archeologia
cristiana di Cartagine più di 140 publicazioni scientifiche, senza considerare tutte le publicazioni di P. Delattre.
2
Si veda BACHA 2017.
3
Credo che, riprendendo un’idea di N. Duval, bisogna fare un serio lavoro di riorganizzazione di tutta la bibliografia,
che preveda allo stesso tempo un’opera di semplificazione condotta certamente con criteri storici e archeologici
adeguati. Studiando da molti anni le pubblicazioni scientifiche sull’archeologia della Cartagine cristiana ho cercato di
capire quali testi fossero quelli più importanti, direi quasi imprescindibili, arrivando ad un nucelo che credo ci aiuti
notevolmente, malgrado i limiti naturali di questi studi, a capire il vasto mondo dell’archeologia cristiana di Cartagine.
Evidentemente questi testi fondamentali che riprendono tutti gli studi più antichi, non escludono poi le pubblicazioni
specifiche su ogni singolo monumento durante la campagna dell’UNESCO. Ecco dunque la bibliografia in francese che
io ritengo fondamentale e consigliabile : ENNABLI 2020 ; BARATTE, BEJAOUI 2014, 103-149 ; FREED 2008, 67-100 ;
ENNABLI 2000, 161-183 ; ENNABLI 1997 ; DUVAL 1997, 309-350 ; DUVAL 1972, 1071-1125.

1
2. RIASSUNTO STORICO DELL’ARCHEOLOGIA CRISTIANA A CARTAGINE NEI SECOLI XIX E XX

Come afferma N. Duval4, senza dubbio Cartagine occupa un posto importante nella storia
dell’archeologia e della storia cristiana, dopo Roma e Costantinopoli. Essa deve questo ruolo al suo
passato di capitale regionale dell’Africa, alla fama che si è guadagnata nella storia della Chiesa,
grazie ai numerosi martiri, alle lotte donatiste e agli scritti di Tertulliano, o dei grandi vescovi come
San Cipriano, Sant’Agostino, San Fulgenzio di Ruspe, ecc., ma anche all’opera, di Padre Louis
Alfred Delattre5 che, dal 1875 al 1932 anno della sua morte, lavorò sul posto come lo fece a Roma
Giovanni Battista De Rossi, fondatore dell’archeologia cristiana o Monsignore Buliç a Salone in
Turchia. Questo padre Bianco6, al di là del suo metodo archeologico e delle sue competenze, ha
sicuramente salvato una parte della storia cristiana della Tunisia sepolta da tempo7.

2.1 Il Cardinale Lavigerie, padre Delattre e la scoperta della Cartagine cristiana8

Dei principali monumenti cristiani dell’antica Cartagine, nulla era visibile e non se ne
conosceva nemmeno l’ubicazione esatta. «Ad essere scomparsa è soprattutto la Cartagine
cristiana», scriveva il console di Francia in Tunisia nel 18779. Dunque, per trovare le tracce dei
monumenti cristiani si poteva contare solamente sugli scavi. Questa fu in qualche modo l’intuizione
del Cardinale Charles Lavigerie (1825-1892) (fig. 1). Ottenuta, nel 1875, dalla Santa Sede e dal
Governo francese la custodia del santuario di San Luigi costruito sulla collina di Birsa a Cartagine
(costruito nel 1840 e distrutto nel 1950), vi inviò i suoi missionari, i padri bianchi, raccomandando
loro con apposita lettera10 di coniugare la ricerca archeologica con l’esercizio della carità, che
doveva essere la loro principale occupazione. La scelta da parte del Cardinale per la direzione dei
lavori di richerca archeologica cadde su P. Delattre (fig. 1), giovane pretre arrivato a Cartagine nei
primi giorni di novembre dell’anno 1875.

Fig. 1 : Cardinale Lavigerie e P. Luis Alfred Delattre. (Archivio Diocesi di Tunisi)

4
DUVAL 1972, 1071.
5
Nato il 26 giugno 1850 a Rouen e deceduto il 12 gennaio 1932 a Cartagine. Il suo corpo si trova attualmente nel
cimitero dei padri Bianchi di Cartagine accanto alla basilica Damous el Karita.
6
Padri Bianchi : nome dato alla congregazione “Missionari d’Africa” fondata dal Cardinale Lavigerie in Algeria nel
1868.
7
MORENO 2013, 53-56.
8
DELATTRE, LAPEYRE 1932. Quest’opera fu preceduta da un’introduzione che riportava la vita e l’opera di P. Delattre
che era appena venuto a mancare.
9
DE SAINTE-MARIE 1877.
10
LAVIGERIE 1881. In questa lettera, il cardinale designa P. Delattre come suo rappresentante, definendone il ruolo e il
programma di lavoro.

2
2.2 Come sono state scoperte le rovine cristiane di Cartagine?

Il primo nucleo di scoperte cristiane vide la luce in modo molto semplice. Padre Delattre si
occupava in particolare di curare gli indigeni malati che si recavano a San Luigi; altre volte era lui
stesso che si recava alle loro povera casa. Essi in cambio per dimostrargli la loro gratitudine, gli
portavano iscrizioni o oggetti che avevano raccolto nei loro campi. Molte di esse erano dei reperti
cristiani. Nacque così nel 1875, per iniziativa del P. Delattre, il “Museo di San Luigi” (fig. 2), detto
in seguito “di Lavigerie” e infine oggi conosciuto con il nome di “Museo di Cartagine”11. Alcuni
anni dopo, sempre su suolo cartaginese, nel 1880, scoprì la prima basilica cristiana chiamata più
tardi “Damous el Karita”. Infatti prima di iniziarne gli scavi, il P. Delattre trovò su quel terreno,
sempre con la collaborazine degli arabi, 1493 pezzi di marmo con fragmenti di epigrafia cristiana.
Dopo gli scavi della basilica ne trovò ancora altri 600.

Fig. 2: Museo Lavigerie a Cartagine. Sala punica. (Archivio Padri Bianchi)

A quest’epoca il museo conteneva circa 6347 pezzi ritrovati a Cartagine tra cui 1530 erano
iscrizioni cristiane12. P. Delattre compilò un catalogo del museo dividendolo in tre grandi periodi
storici: punico, pubblicato nel 1900; romano, pubblicato nel 1899 e cristiano, pubblicato nel 1899.
Questi cataloghi non erano però completi, poiché vi erano stati inseriti solamente i pezzi più
importanti13.
Egli farà rivivere, per così dire, sotto i nostri occhi, soprattutto la “Cartagine cristiana” con il
suo anfiteatro dove morirono le martiri Perpetua e Felicita ed alcune delle sue più belle basiliche (ne

11
« Delattre a été responsable du musée à partir de 1875, et ses collections ainsi que les fouilles qu’il a entreprises
sont à l’origine de presque toutes les pièces et objets conservés sur place, jusqu’à sa mort en 1932. […] Depuis ses
débuts en 1875, ce Musée connut de nombreux développements, des changements, des crises aussi, déjà du vivant même
de Delattre sous le nom de Musée Saint-Louis de 1875 à 1899, puis Musée Lavigerie de 1899 à 1956. En 1964 le
Vatican légua le site et ses collections à la Tunisie qui en fit le centre de l’actuel Musée National de Carthage. La
majeure partie des découvertes de Delattre y est encore exposée, bien que certaines séries qu’il avait soigneusement
préservées soient perdues ». Cf. FREED 2008, 75-76 ; GANDOLPHE 1952, 151-178, fig. 1-7.
12
LAVIGERIE 1881, 10.
13
ENNABLI 2020, 65-66. Vedi anche NABLI 2021, 51-52.

3
ritrovò 5 in tutto14). In effetti, sotto la sua direzione, furono effettuati gli scavi di grandi cimiteri
cristiani e di basiliche su terreni affittati o acquistati dai Padri Bianchi. Padre Delattre portò avanti
quest’opera da solo fino al 192815. Fu poi assistito fino alla morte, avvenuta nel 1932, da padre
Châles. Padre G.G. Lapeyre proseguì i lavori a Cartagine dal 1932 al 1947, ma la malattia ben
presto gli impedì di portarli a termine16.
Con queste scoperte padre Delattre mostrò quanto fossero infondate le affermazioni di
alcuni archeologi che sostenevano che non fosse più possibile, dopo secoli di devastazioni e rovine,
riportare alla luce le vestigia cristiane di Cartagine.

Fig. 3: Iscrizioni frammentarie e sarcofagi cristiani nei giardini del museo di San Luigi. (Sayadi
2007, 101)

14
Basilica Damous el Karita; Basilica Maiorum; Basilica de San Cipriano; Basilica Bir Ftouha; Basilica Bir Kenissia.
15
L’opera di P. Delattre è stata molto criticata lungo gli anni. Non condivido molte di esse poiché avevano un tono direi
più diffamatorio che costruttivo, frutto di una ideologia anticolonialista e anticlericale. Sfortunatamente, P. Delattre non
aveva una formazione archeologica di base, ma conosciamo bene gli sforzi sostenuti per avere le conoscenze necessarie
in questa disciplina. C’è anche da dire che, a quell’epoca, il metodo stratigrafico non era ancora del tutto sviluppato e i
monumenti di Cartagine erano particolarmente deteriorati. Senza dubbio questo stato di cose ha certamente complicato
notevolmente la presentazione e l’interpretazione delle rovine per le generazioni successive. Ma anche se P. Delattre
aveva metodi di scavo propri del suo tempo, mirati soprattutto al ritrovamento di iscrizioni e oggetti, senza dubbio fece
grandi sforzi per salvare molte mura e documenti e con buona volontà e sacrificio portò a termine una missione che gli
era stata affidata. Ecco cosa dice a tal proposito J. Freed : « Comme archéologue Delattre fut formé par Lavigerie selon
l’esprit qui prévalait à la fin du XIXe siècle, à une époque où l’archéologie commençait tout juste à se développer
comme science. Jusque-là, l’épigraphie restait le domaine privilégié des chercheurs dans le domaine du monde
classique, du fait que les inscriptions mettaient en évidence l’usage de l’écriture. Les autres matériaux témoins de la
culture classique ne venaient qu’en second. Les archéologues ne manifestaient alors qu’un intérêt limité pour la
stratigraphie et l’étude des niveaux de constructions. La mise à jour systématique des sites en accordant la priorité à la
collection des objets matériels qu’ils recelaient restait la caractéristique de l’époque, et la méthode de travail de
Delattre s’inscrit dans ce contexte et ne déroge pas aux limites de son époque ». Cf. FREED 2008, 70.
16
« …Au cours de cette période il devint dépendant de la collaboration d’autres personnes pour ses travaux de fouilles,
en particulier du père Châles qui était son vicaire à Carthage et qui l’aidait comme bibliothécaire, archiviste,
rédacteur, comptable et secrétaire, ainsi que du père Lapeyre. Ce dernier, qui devait succéder au père Delattre comme
archiprêtre de la primatiale et comme directeur du Musée, fut nommé à Carthage en 1930 et travailla dès cette année
aux fouilles de Bit Ftouha ». Cf. FREED 2008, 94.

4
Padre Delattre fece conoscere le sue scoperte, a volte in modo molto semplice e breve, in un
gran numero di pubblicazioni, la maggior parte delle quali illustrate. J. Freed che ha studiato la
figura e la produzione scritta del padre bianco afferma che essa ammonta a circa 600 titoli17. Infatti
non possiamo dimenticare che P. Delattre era una persona estremamente coscienzosa : pubblicò
quasi tutto ciò che trovò e classificò accuratamente nel suo museo, solitamente prendendo la
precauzione di fissarli nella muratura (fig. 3), le iscrizioni spesso frammentarie che raccoglieva
(come ancora si può vedere nei giardini del museo di Cartagine)18.
Attualmente, grazie ai nuovi scavi, nonché alle avanzate metodologie di studio e alle nouve
ipotesi di lavoro, tutte queste pubblicazioni obsolete, sono divenute la base e il punto di partenza per
la comprensione storica degli scavi dei monumenti cristiani di Cartagine tra la fine del XIX secolo e
l’inizio del XX. In effetti, molti siti tra quelli gestiti da Delattre sarebbero stati completamente
distrutti dall’impatto dello sviluppo urbano se egli non avesse accettato lo sforzo di metterli in
cantiere.
Per concludere, credo che Delattre, che era prima di tutto un sacerdote, un uomo di fede e
poi uno studioso, ci abbia lasciato un ingente capitale da mettere a frutto in termini di analisi e che
la sfida consista più nell’inventariare tutto ciò di cui era venuto a conoscenza, piuttosto che criticare
lui e i suoi metodi.

2.3 L’archeologia cristiana di Cartagine nel progetto dell’UNESCO per la salvaguardia di


Cartagine19

Dopo gli anni ‘40, le ricerche e le scoperte cristiane a Cartagine diminuirono notevolmente.
Fu solo nel 195020 che nuovi ritrovamenti nel campo del cristianesimo primitivo si aggiunsero a
quelli precedenti. Infine, durante la campagna internazionale per la salvaguardia di Cartagine
promossa dall’UNESCO tra il 1972 e il 1992 (senza cessare completamente, proseguirà fino al 2002
sotto altre forme con una seconda generazione di archeologi), diverse equipes internazionali si sono
interessate alle vaste rovine cristiane di Cartagine, con un’attenzione particolare alle basiliche21.
In questo contesto vorrei segnalare alcuni studi fondamentali che riguardano le basiliche
cristiane di Cartagine (si veda la nota 2): il primo è quello di Noël Duval (1929-2018), uno dei più
grandi specialisti dell’antichità tardiva dell’Africa, sulla topographia cristiana di Cartagine con le
sue critiche e ipotesi, realizzato nel 1972 a Ravenna, nei corsi di Cultura sull’Arte Ravennate e
Bizantina, coincidendo con l’inizio della campagna dell’UNESCO22. In realtà N. Duval l’aveva
concepito in vista ad offrire agli eventuali partecipanti della Campagna Internazionale di Cartagine
una sintesi agevole della troppo complessa bibliografia francese23.

17
FREED 1996, 119-155 : Bibliographie des publications d’Alfred-Louis Delattre.
18
ENNABLI 1975, 5.
19
ENNABLI 1987, 407-438.
20
Per esempio il monumento circolare scavato da A. Lézine nel 1951 o le scoperte di N. Duval nel settore del liceo di
Cartagine nel 1957.
21
« Le site de Carthage devient un immense chantier de fouilles menées par de nombreuses équipes internationales,
chacune intervenant sur un secteur déterminé, utilisant des méthodes propres à sa formation, bénéficiant d’une
autonomie d’action scientifique totale, mais l’ensemble des actions étant coordonnées par l’autorité tunisienne
responsable. De cette activité prodigieuse qui s’est étalée sur près de trente ans, avec persévérance et continuité, il en est
résulté un approfondissement et un renouvellement de la connaissance du site. Des dizaines d’études et d’articles ont
rapporté les résultats. Un ouvrage collectif édité en 1992 en coédition entre l’UNESCO et l’INAA de Tunis donne un
aperçu propre à chaque mission archéologique avec la bibliographie afférente et une bibliographie générale exhaustive.
Parallèlement à ces résultats scientifiques, une multitude d’actions ont été entreprises, en particulier des opérations de
restaurations, de mise en valeur de nombreux secteurs. Et aussi plusieurs mesures juridiques portant sur la protection du
site ». Cf. ENNABLI 2020, 36-37.
22
DUVAL 1972, 1071-1125.
23
Si può anche leggere con molto profitto un altro articolo di questo autore scritto nel 1979 : DUVAL 1979, 377-381.

5
In secondo luogo vorrei sottolineare l’opera specifica di Liliana Ennabli24, storica,
archeologa ed epigrafista. Durante questa campagna si concentrò particolarmente su tre monumenti:
la chiesa di Bir el Knissia, la basilica di Cartagenna e il monastero di Bigua con il locus dei sette
monaci martiri di Gafsa25. Negli anni successivi lavorò, sotto la guida del Duval, sui vari cataloghi
dell’epigrafia cristiana di Cartagine pubblicati in tre volumi (Inscriptiones Christianae
Karthaginis), rispettivamente nel 1975 la basilica di santa Monica (che divenne la sua tesi di terzo
ciclo), nel 1982 la basilica de Mcidfa e nel 1991 le iscrizioni di Cartagine intra ed extra muros.
Purtroppo quest’opera è rimasta incompiuta mancando le iscrizioni cristiane della Basilica di
Damous el Karita26.
Il suo celebre studio sulla Cartagine cristiana pubblicato nel 1997 ci offre un panorama quasi
completo di circa 35 monumenti cristiani di natura molto diversa27. Nello stesso anno N. Duval
pubblica un articolo nel quale commenta scientificamente ed in modo molto critico questo lavoro
della Ennabli, dando ad intendere che il suo studio presenta delle conclusioni a volte arbitrarie e
delle ipotesi d’indentificazione senza fondamento28.
Tre anni dopo, nel 2000, L. Ennabli pubblicò su Antiquités Africaines n°36 un nuovo
articolo sulla Cartagine cristiana con gli aggiornamenti sugli scavi e sulle scoperte effettuati tra il
1988 e il 200029. Questo documento è molto importante perché ci offre un resoconto dettagliato
delle diverse missioni archeologiche portate avanti in quegli anni, mettendo alla luce alcune
scoperte particolari che ci aiutano a capire meglio la cronologia e il significato di certi monumenti
cristiani, particolarmente le basiliche. Logicamente alcuni di questi aggiornamenti recenti non erano
stati publicati nel suo studio del 1997. Con questa nuova publicazione la Ennabli colse l’occasione
per affrontare e smentire alcune critiche riguardanti la basilica di Dermech I rivoltele da N. Duval.
Concludo citando altre due opere recenti sullo studio della Cartagine cristiana e che
meritano di essere qui menzionate. La prima è il ‘corpus’ delle basiliche cristiane della Tunisia
pubblicato nel 2014 da Francois Baratte, Fethi Bejaoui e altri 30. Uno studio senz’altro molto
interessante, completo e attuale che combina storia degli scavi, architettura, descrizione dei
monumenti, immagini e bibliografia. La seconda s’intitola “Carthage, les travaux et les jours”
pubblicato nel 2020 da Abdelmagid Ennabli, archeologo tunisino31, che ha diretto la campagna
dell’UNESCO. Questo libro ha il merito di essere allo stesso tempo un resconto storico e
bibliografico di tutte le missioni archeologiche portate avanti durante quasi 30 anni ed una sintesi di
tutte le scoperte e richerche fatte in campo archeologico a Cartagine dal 1831 al 201632.

24
Nata il 1 agosto 1939 in Francia. Risiede attualmente a Cartagine insieme al suo coniuge Abdelmagid Ennabli. In
questi anni ho potuto beneficiare della sua amicizia, dei suoi consigli e della sua esperienza.
25
ENNABLI 1987. Voir également ENNABLI 1992.
26
Gli epitaffi sono conservati nelle riserve del museo di Cartagine, mentre le note et lo studio di L. Ennabli si trovano
ad Aix in Provenza.
27
ENNABLI 1997.
28
DUVAL 1997, 309-350.
29
ENNABLI 2000, 161-183.
30
BARATTE, BEJAOUI 2014, 103-149.
31
Già conservatore del sito di Cartagine e direttore del museo di Cartagine.
32
Personalmente non condivido affatto la presentazione e la critica che A. Ennabli rivolge in questo libro ai padri
Bianchi dell’epoca e sopratutto al P. Delattre (25-27). Nella nota 6 ho espresso la mia opinione su P. Delattre. Per la
parte delle basiliche cristiane di questo libro si vedano le seguente pagine: I padri bianchi, 25-27; Museo de Cartagine,
64-66; Basilica civil e Mandracium, 90-91; Monumento circolare e basilica con triconco, 138-139; Basilica di Damous
el Karita, 161-167; Basilica di San Cipriano e santa Monica, 193-194; Basiliche di Dermech, 222-224; Basilica di
Cartagenna, 241-242 e 252 per il museo paleocristiano; Basilica di Bir Messaouda, 251; Basilica di Bir el Knissia,
289; Basiliche di Bir Ftouha e Mcidfa, 323-327.

6
3.2 Le basiliche cristiane di Cartagine tra il XIX e il XX secolo – contesto archeologico

Come ho precedentemente chiarito non è mia intenzione entrare in tutti i dettagli (che
d’altronde si possono consultare nella bibliografia già menzionata) e nelle disquisizioni relative alle
scoperte o alle ipotesi su ogni basilica, ma vorrei piuttosto fare un riassunto storico-archeologico
precisando lo stato attuale delle basiliche visibili ancor oggi et che possono essere oggetto di un
eventuale restauro e/o valorizzazione.
Ci concentreremo sulle basiliche intra muros. Lascio quindi da parte la basilica di Bir
Ftouha e di Bir Knissia oramai sparite (furono studiate e scavate da Susan Stevens33) e le basiliche
II, III et IV del parco delle Terme di Antonino che hanno purtroppo subito la stessa sorte. Di tutte e
ciascuna è possibile trovare le rispettive referenze nel corpus delle basiliche della Tunisia.
Nella mappa topografica di Cartagine (fig. 4) seguiamo l’ordine delle basiliche così come è
presentato in questa relazione, lasciando per ultimo il monumento circolare con la basilica e il
nuovo progetto di scavo e restauro (n° 8).

Fig. 4: Topografia della Cartagine cristiana. (Moreno, S.)

3.2.1 Basiliche intra muros :

Le chiese nell’attuale “Parco archeologico delle Terme di Antonino”: grazie allo studio
quasi completo di quest’area, ben quattro chiese sono state ritrovate fra il 1899 et il 1952 e che
presero il nome di “Dermech” I, II, III, IV dal luogo in cui furono scoperte (fig. 5). Di queste

33
STEVENS 1992 (critica di DUVAL 1995) ; 1998, 7-12 ; 2005. Una parte dei mosaici della basilica Bir Ftouha è
conservata nel museo del Bardo e l’altra parte nel museo del Louvre (si veda MORENO 2021).

7
quattro chiese solo Dermech I si conserva ancora oggi (si veda infra), delle altre tre non ne è
rimasto nulla : Dermech II, scoperta da G. Picard nel 1943 è forse l’unica che potrebbe essere
ancora oggetto di studio e di scavo, ma non senza poche difficoltà (le rovine non sono quasi più
visibili); Dermech III, sparita completamente, chiamata anche “basilica di Marina” grazie al
mosaico funerario di Marina ritrovato in un abside portato alla luce da C. Piccard nel 1952 e
trasferito poi al museo di Cartagine; Dermech IV rinvenuta da P. Gauckler nel 1899, ma distrutta
immediatamente per poter proseguire gli scavi che terminarono con il ritrovamento di alcune tombe
puniche34.
Attualmente possiamo avere una conoscenza più dettagliata di questa area cristiana del
parco archeologico delle Terme di Antonino, grazie al notevole studio dell’équipe del corpus di
mosaici della Tunisia composta da specialisti tunisini e americani che vi hanno lavorato tra il 1991 e
il 2000. Studiare e datare i mosaici ivi rinvenuti era l’obiettivo della loro missione35.

Fig. 5 : A sinistra : le chiese nel parco archeologico delle Terme di Antonino. (Alexander et al.
1996, fig. 1). A destra : la necropoli punica e la chiesa sparita Dermech IV. (Gauckler 1915, fig.
I.)

- Dermech I: La chiesa con doppio abside e battistero (N°1). È senza dubbio la chiesa più
importante del suddetto parco archeologico36. È stata anche la prima chiesa ad essere scoperta
dentro le mura della città. Fu scoperta da Gauckler nel 189937 quando stava cercando le necropoli
puniche. Fortunatamente è stata conservata nella sua integralità (fig. 6).

34
BARATTE, BEJAOUI 2014, 113-121.
35
ALEXANDER, ET AL. 1996, 361-368.
36
Attualmente in questo parco archeologico si può vedere anche la capella funeraria di Asterius. Questa capella fu
ritrovata nel settore del liceo e palazzo presidenziale e trasferita posteriormente al parco archeologico.
37
GAUCKLER 1915.

8
Fig. 6. Dermech I: vista della chiesa bizantina e il battistero (Moreno, S.)

L’archittetura attuale risale al periodo bizantino. Ma gli studi dell’equipe tunisino-americano


hanno fatto notare che questa basilica presenta un modello di costruzione risalente alla fine del IV
secolo o inizio del V, con tre navate e un abside rivolto a occidente, al quale agli inizi dell’epoca
bizantina, si aggiunse un abside orientato a est. Siamo dunque in presenza di due absidi
contemporanei. Solo verso la fine della seconda metà del VI secolo la chiesa subisce diverse
modifiche: distruzione dell’abside meridionale, estensione della navata centrale, aggiunta di due
navate laterali, di un battistero e di una cappella (fig. 7).

Fig. 7: Dermech I. Fasi di costruzione della basilica (Moreno, S.)


Planimetria de Sadoux (Gauckler 1913, fig. I)

9
Il fatto quasi unico che l’abside primitivo sia stato distrutto dall’ultima ricostruzione
bizantina ci fa capire le diverse fasi dell’evoluzione architettonica della basilica e mostra
l’abbandono dell’abside orientato a occidente. Non bisogna dimenticare che in Tunisia molte chiese
di epoca bizantina con un riorientamento di abside posteriore, conservarono l’orientazione originale
dell’abside a ovest utilizzato come luogo di culto funerario o martiriale.
Lo studio più completo attualmente esistente di questa chiesa si trova nelle relazioni
dell’equipe del Corpus des mosaïques e nella pubblicazione di L. Ennabli del 2000 con una
planimetria attualizzata della basilica e delle sue fasi successive, e con un tentativo d’identificazione
della stessa che è necessario considerare sempre con prudenza38.
Oggi questa chiesa con il suo battistero e la capella laterale sono ancora visibili e fanno parte
del circuito turistico di Cartagine (anche se è da notare l’assenza di panelli di segnalazione ed il
fatto che la sua esistenza e storia sia sconociuta da alcune guide turistiche locali). I mosaici sono
stati quasi tutti prelevati. Non sono rimasti che pochi frammenti e per di più assai deteriorati (fig. 8).
Il battistero e la capella sono purtroppo coperti dalla vegetazione e rischiano la distruzione
completa. Un tentativo di conservazione e di valorizzazione della basilica con il personale del parco
archeologico di Cartagine è in corso.

Fig. 8: Dermech I : i mosaici (Sinistra : Ennabli 2000b, 48) - (Destra : Moreno, S.)

- La basilica di Bir Messauda con battistero39 (N° 2). Ubicata nella zona centrale di
Cartagine, è stata portata alla luce nel 1997 da un equipe britannico guidato dal Dr. Richard Miles40.
Le ricerche consistettero nella pulizia del battistero (fig. 9) scavato solo parzialmente nel 1978 da
N. Harrazi. Di forma esagonale con vasca circolare e posizionato su un monumento di epoca
romana, a sua volta poggiante su suolo residenziale punico, il battistero ha conosciuto tre fasi, delle
quali la seconda e la terza sono di epoca bizantina.
Gli scavi molto complessi (fig. 10), proseguiti fino al 2004, hanno messo in luce il rapporto
tra questo battistero ed una grande basilica cristiana costruita in due fasi, dal V secolo fino all’epoca
bizantina seguendo anche lo stile dei mosaici (fig. 11 et 12). Curiosamente sono state anche
ritrovate presso questa basilica due cisterne di epoca romana riutilizzate all’epoca bizantina a scopi
probabilmente funerari: croci dipinte sui muri ne decorano l’interno (fig. 13). Addirittura, secondo
gli archeologi un ambone potrebbe essere stato costruito nella navata centrale41. La notizia riportata
da A. Ennabli offre un’idea molto chiara del monumento42.

38
ENNABLI 2000, 161-183.
39
MILES 2006, 199-226. Si veda anche la pubblicazione definitiva: MILLES 2016.
40
ENNABLI 2000, 163 – 164.
41
BARATTE, BEJAOUI 2014, 127-129.
42
ENNABLI 2020, 251 : « L’origine du bâtiment consiste en une structure architecturale longue de 51 m nord-sud et de
17 m est-ouest, venue s’implanter au Vs. sur une plate-forme remblayée dans la partie basse orientale de l’insula où

10
La mancanza di testimonianze archeologiche non permettono di poter identificare questa
basilica con quelle citate dalle fonti letterarie.
Purtroppo le vestigia non sono mai state valorizzate e dunque furono nuovamente sepolte ed
il terreno abbandonato (fig. 14). Quest’ultimo è oggi protetto da un recinto e appartiene all’Istituto
Nazionale del Patrimonio.
Anche se questa basilica non è più visible, ho voluto parlarne poiché ritengo importante la
ripresa degli scavi e soprattutto la valorizzazione di un monumento che suscita non poco interesse
dal punto di vista architettonico e probabilmente anche storico.

Fig. 9 : Bir Messaouda: il battistero (Miles 2006, fig.18 ; Ennabli 1997, fig. 27)

Fig. 10: Bir Messaouda: scavi della basilica (Miles 2006, fig. 14)

existaient auparavant des habitations. Cette structure présente deux rangées de colonnes qui déterminent trois nefs, la
nef centrale étant plus large, avec à l’extrémité sud un vestibule. Le sol de ce bâtiment était couvert d’une mosaïque. Au
début du VI s., une abside est construite à l’extrémité de la structure. Puis au milieu du VI s., une importante
transformation s’opère. Cette structure orientée nord-sud reçoit sur son côté est, donnant sur le KE X, une grande abside
s’ouvrant à l’ouest et se prolongeant par une nef axiale, large de 7,88 m. accostée de chaque côté de deux nefs. Elle
occupe ainsi la largeur de l’insula, pour se terminer le long du KE IX, par un narthex de 3,30 m de large. Cette
extension, qui vient croiser perpendiculairement l’ancienne structure, agrandit notablement l’édifice. L’allongement de
l’édifice du Ve s. vers le sud (terminé par trois absides au nord et, peut-être, à son extrémité sud par une nouvelle
abside) et l’adjonction de l’abside orientale le transforment en une basilique à transept orientée. Dans sa partie
occidentale, le monument est accolé au nord-ouest à une crypte installée dans une citerne réutilisée, et, au sud-ouest, à
une grande salle carrée de 17,70 m de côté comportant au centre une cuve baptismale de 3,70 × 4,10 m ».

11
Fig. 11 : Bir Messaouda: fasi di costruzione e resti di mosaici. Periodo romano; periodo cristiano
fase I; periodo cristiano fase II, periodo cristiano fase III (Miles 2006, fig. 6-8)

Fig. 12 : Bir Messaouda: i mosaici bizantini (Miles 2006, fig. 9 e 22)

Fig. 13 : Bir Messaouda: la cripta di epoca bizantina (Miles 2006, 23, 27, 28)

12
Fig. 14 : Bir Messaouda: il terreno attuale della basilica (Moreno, S.)

- La Basilica di Cartagenna con il battistero43 (N° 3). Nell’ambito della campagna


internazionale di scavi dell’UNESCO per la salvaguardia di Cartagine quest’area, che si trova pochi
metri più a sud della precedente basilica di Bir Messaouda, fu divisa tra due equipe differenti:
quello di L. Ennabli con i membri della Conservazione del museo di Cartagine i quali studiarono il
complesso basilicale (fig. 15) e quello del Pr. John Humphrey dell’Università del Michigan che si
occuparono del battistero e delle sale anesse. Gli scavi, che in parte erano già stati effettuati sia nel
1957 che nel 1969, coprirono un arco di tempo di sei anni (dal 1978 al 1984).

Fig. 15: Basilica di Carthagenna: vista della navata centrale con i due absidi (Moreno, S.)

L’edificio primitivo ritrovato (semplice edificio a colonne) sembra possa essere datato alla
fine del IV secolo grazie ai mosaici ivi ritrovati (fig. 16), ma la funzione di luogo di culto cristiano
non è completamente certa. Nessuna istallazione liturgica è stata ritrovata.
Questo primo edificio venne distrutto all’epoca vandala. All’epoca bizantina su 1,20 m di
terra si ricostruì un grande basilica cristiana a cinque navate, con due absidi contemporanei,

43
ENNABLI, L., La basilique de Carthagenna et le Loculus des sept moines de Gafsa. Nouveaux édifices chrétiens de
Carthage. Paris : CNRS Éditions, 2000. Études d’Antiquités africaines.

13
fiancheggiata a nord-est da una piccola cappella con un’abside e a sud-ovest da un battistero (fig.
17).
Basandosi sullo stile del mosaico, la Ennabli attribuisce la chiesa al VI secolo e data la
cappella al VII secolo. La chiesa sarebbe stata abbandonata nel corso della seconda metà del VII
secolo prima di subire una rioccupazione domestica da parte di popolazioni alquanto povere.
Nelle pubblicazioni sulla Cartagine cristiana del 1997 e di questa basilica nel 2000, L.
Ennabli, riconobbe apertamente la difficoltà di attribuire un nome a questa chiesa, ma a causa della
sua posizione centrale, le sue dimensioni e un elemento epigrafico ritrovato à 150 m di distanza
verso il nord, volle comunque identificarla con la cattedrale cattolica di Cartagine dove i vescovi
avevano la loro residenza44. L’ipotesi s’avvera molto fragile ed è contestata da N. Duval45, ma è
vero anche che a quell’epoca L. Ennabli non conosceva tutti i risultati degli scavi della grande
basilica di Bir Messaouda.
Attualmente quest’area fa parte del circuito turistico di Cartagine. È stata recintata e presa a
carico dai servizi dell’INP che ne assicurano la custodia ed il mantenimento. Le rovine una volta
liberate dalla vegetazione, sono state consolidate e restaurate. La basilica dunque è ancora visibile,
ma non il fonte battesimale.
Accanto alle vestigia si trova il piccolo museo paleocristiano (fig. 18) ideato da J. Humphrey
e allestito per raccogliere una selezione del materiale archeologico recuperato durante gli scavi
(mosaici, lucerne, monete, ceramiche, ecc) e che è stato poi didatticamente esposto per facilitarne la
comprensione da parte dei visitatori. Si tratta certamente di un’iniziativa eccezionale realizzata con
il solo scopo di introdurre il pubblico nella conoscenza e nell’intendimento dei metodi e delle
procedure delle ricerche archeologiche46.

Fig. 16: Basilica di Carthagenna: mosaici in situ della prima fase di costruzione (sinistra Moreno,
S. ; destra Ennabli 2000, fig. 47)

44
ENNABLI 1997, 69-70.
45
DUVAL 1997, 320-321.
46
HUMPHREY 1985, 127-136 e 141.

14
Fig. 17: Basilica di Carthagenna: fasi di costruzione secondo L. Ennabli.

Fig. 18 : Museo paleocristiano (Moreno, S.)

- La grande basilica a doppio abside47 sulla collina di Byrsa (N° 4). Durante la campagna
dell’UNESCO dal 1977 al 1980, fu portata alla luce da Pierre Gros e il suo equipe francese la
monumentale basilica civile romana. La terza più grande nel mondo romano. Prima della fine del
periodo vandalico, nella seconda metà del V secolo, la basilica giudiziaria fu completamente rasa al
suolo. L’edificio venne ricostruito in epoca bizantina con due absidi per diventare secondo Gros “un

47
GROS, DENEAUVE 1980, 299-332 ; GROS 1985, 113-126.

15
luogo di culto cristiano” con una possibile identificazione con il monastero fortificato bizantino
chiamato “Mandracium”. Ma questa ipotesi è molto fragile. N. Duval la contesta e il Corpus delle
basiliche della Tunisia richiama alla prudenza non solo sull’identificazione di questo edificio, ma
anche sulla sua utilizzazione cristiana.
Quest’ultimo si trova dietro il museo di Cartagine che ospita anche il monumento funerario
di San Luigi Re di Francia (fig. 19). Attualmente sono visibili solo il posto occupato dalle
fondamenta e dai muri laterali di cui sono giunti a noi solo alcuni blocchi.

Fig. 19 : Carthage. Acropolis de Birsa: 1 Cattedrale di San Luigi e San Cipriano ; 2 Museo di
Cartagine (già seminario dei Padri Bianchi) ; 3 e 4 Grande basilica civile [basilica cristiana?]
(Morel 2011, fig. 1)

4. UN PROGETTO DI SCAVO E VALORIZZAZIONE ARCHEOLOGICA

L’ultimo monumento cristiano di Cartagine che desidero presentare in queste pagine si trova
intra muros ed è l’oggetto privilegiato di un nuovo progetto di scavo e valorizzazione.

- Il monumento circolare con la basilica sul colle del Teatro48 (N° 8). Durante la
campagna dell’UNESCO un equipe canadese dell’Università Trois-Rivières guidato dal professor
Pierre Senay, ha lavorato dal 1976 al 1982 su un monumento cristiano circolare a nord-ovest della
collina del teatro. Si tratta molto probabilmente di un martyrium di tipo bizantino a pianta
circolare49. Nel 1994 ripresero gli scavi, e poi di nuovo nel 1996 fino all’anno 2000. Il loro scopo
era quello di verificare l’esistenza, tra il monumento circolare e il cardo maximus, di una basilica
attigua all’edificio circolare, i cui elementi (un’abside) erano stati riportati alla luce durante i primi
scavi da A. Lézine, che fu il primo a lavorare sul sito nel 1951. P. Senay trovò altri due absidi,
quindi un triconco, risultando così evidente che si trattava dei resti di una basilica che aveva
approssimativamente lo stesso asse e la stessa datazione della memoria (monumento circolare).
Nonostante i molteplici rilievi effettuati ed il ritrovamento delle diverse fasi storiche con la
cronologia relativa dal II secolo a. C. fino al VI secolo d. C., gli scavi purtroppo rimasero
incompiuti e la basilica non fu portata alla luce. Il terreno che fu in un primo momento (dopo il
2000) integrato nel circuito del parco archeologico di Cartagine all’occasione della costruzione
della grande Moschea, fu poi abbandonato e invaso dalla vegetazione (fig. 31).

48
ENNABLI 1997, 99-102 e critica di DUVAL 1997, 334-335 ; BARATTE, BEJAOUI 2014, 130 -132 ; ENNABLI 2020, 138-
139.
49
SENAY 1996, 147-163.

16
Fig. 31 : Monumento circolare : 1. Monumento circolare (restauro) ; 2. Triconco absidiale
(restauro) ; 3. Basilica ? (scavi).

Considerando l’importanza di questo sito, insieme al Pr. Umberto Pappalardo e Alessandro


Abrignani, archeologi nonché cari amici, abbiamo concepito un progetto archeologico presentato
quest’anno all’INP, che ha per titolo: “Recupero urbanistico e valorizzazione dell’area
archeologica del ‘monumento circolare, triconco e basilica cristiana’ di Cartagine”.
Si tratta di proseguire e completare gli scavi e le scoperte effettuate dal Prof. Pierre Sanay.
L’archeologia, infatti, - specialmente quando gli scavi restano incompleti - suole spesso lasciare i
terreni in un notevole e deleterio stato di abbandono. A tal proposito, questa disciplina, che mira ad
arricchire il patrimonio nazionale, appare talvolta agli occhi delle persone come un ostacolo allo
sviluppo turistico e civile della società. Ed è proprio questa l’impressione che si ha visitando
attualmente l’area archeologica del monumento circolare, alle spalle del teatro romano. Impressione
molto probabilmente condivisa dagli abitanti di questa zona residenziale.
Il nostro obiettivo è quindi dimostrare che l’archeologia può e deve essere un elemento di
arricchimento urbanistico e al tempo stesso favorire lo sviluppo sociale e turistico della città e del
paese stesso. Per questo il nostro progetto consiste innanzitutto nel ripulire l’area archeologica in
questione e restaurare i monumenti visibili (la rotonda e il triconco). Bisognerà poi procedere allo
scavo stratigrafico della basilica paleocristiana: siamo infatti convinti che occorra riprendere i lavori
per riconoscere questo nuovo edificio, ritrovarne la totalità della planimetria, precisarne la datazione
e ovviamente offrirgli il giusto valore, considerando che si tatta di un monumento paleocristiano
quasi unico in Tunisia. Infine procedere all’allestimento di un giardino e di un percorso luminoso
intorno ai monumenti dotato di pannelli esplicativi che possano promuovere il turismo culturale
locale ed estero.

P. Silvio Moreno, ive


[email protected]

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