Relatività Ristretta Parte 1

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Relatività ristretta

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Albert Einstein, autore della teoria della relatività ristretta (foto del 1921)

La teoria della relatività ristretta (o relatività speciale), sviluppata da Albert Einstein nel


1905, è una riformulazione ed estensione delle leggi della meccanica. In particolare essa è
necessaria per descrivere eventi che avvengono ad alte energie e a velocità prossime a
quella della luce, riducendosi alla meccanica classica negli altri casi.
La teoria si basa su due postulati:

 le leggi della meccanica, dell'elettromagnetismo e dell'ottica sono le stesse in tutti


i sistemi di riferimento inerziali;
 la luce si propaga nel vuoto a velocità costante  indipendentemente dallo stato
di moto della sorgente o dell'osservatore.
Il primo postulato, noto anche come principio di relatività speciale, riafferma ed estende
il principio di relatività di Galileo, mentre il secondo può derivarsi dal primo ed elimina la
necessità dell'etere luminifero, dando il giusto significato all'esperimento di Michelson-
Morley.
Dai due postulati discende che nell'universo descritto dalla relatività speciale, le misure di
intervalli temporali e di lunghezze spaziali effettuate da osservatori inerziali non
corrispondono necessariamente fra loro, dando luogo a fenomeni come la dilatazione del
tempo e la contrazione delle lunghezze, che sono espressione dell'unione dello spazio
tridimensionale e del tempo in un'unica entità quadridimensionale nella quale si svolgono
gli eventi, chiamata cronotopo o spaziotempo. In questo ambito lo strumento matematico
che consente il cambio di sistema di riferimento sono le trasformazioni di Lorentz, che si
riducono alle trasformazioni di Galileo della fisica classica nel limite di basse velocità. Dai
postulati della relatività si ricava anche che l’energia di un corpo include un termine
additivo, indipendente dalla velocità del corpo e proporzionale alla sua massa, dato dalla
nota formula E=mc².
La riscrittura delle leggi della meccanica operata dalla relatività ristretta portò a una
radicale svolta nella comprensione del mondo fisico e a una grande fama del suo autore
anche al di fuori del contesto scientifico, mentre la relazione E=mc² è divenuta la più
famosa equazione in assoluto, entrando a far parte della cultura in generale.

Storia[modifica | modifica wikitesto]
La meccanica classica e lo spazio e il tempo assoluti[modifica | modifica
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La fisica classica, ovvero la fisica newtoniana, postula l'esistenza dello spazio e del tempo assoluti, che
hanno cioè proprietà determinate indipendentemente dal sistema di riferimento utilizzato e in cui la
misurazione di distanze spaziali e intervalli temporali fornisce gli stessi risultati in qualunque sistema di
riferimento. Allo stesso modo, in meccanica classica, due eventi simultanei in un sistema di riferimento,
cioè con la stessa coordinata temporale, lo sono in ogni sistema di riferimento inerziale. In particolare, il
principio della relatività galileiana presuppone l'esistenza di sistemi di riferimento inerziali rispetto ai
quali sono validi i tre principi della dinamica di Newton, legati fra loro attraverso le trasformazioni di
Galileo. In base al primo principio, l'esistenza di uno spazio e di un tempo assoluti in cui si muovono i
corpi nell'universo non implica però l'esistenza di uno stato di moto o di un sistema di riferimento
assoluti: non esiste alcun punto di osservazione privilegiato nell'universo rispetto al quale sia possibile
misurare in termini assoluti le distanze o le velocità, dato che in ogni sistema di riferimento inerziale,
indipendentemente dalla sua velocità relativa, valgono sempre le stesse leggi della fisica. Il concetto di
stato di quiete è allo stesso modo solo relativo ad un osservatore, non esiste alcun esperimento in
grado di verificare se un osservatore è fermo in senso assoluto. Come scrisse Galileo Galilei:

«Rinserratevi con qualche amico nella maggiore stanza che sia sotto coverta di alcun gran navilio, e quivi
fate d'aver mosche, farfalle e simili animaletti volanti: siavi anco un gran vaso d'acqua, e dentrovi de' pescetti;
sospendasi anco in alto qualche secchiello, che a goccia a goccia vada versando dell'acqua in un altro vaso
di angusta bocca che sia posto a basso; e stando ferma la nave, osservate diligentemente come quelli
animaletti volanti con pari velocità vanno verso tutte le parti della stanza. [..] Osservate che avrete
diligentemente tutte queste cose, benché niun dubbio ci sia mentre il vascello sta fermo non debbano
succedere così: fate muovere la nave con quanta si voglia velocità; ché (pur di moto uniforme e non
fluttuante in qua e in là) voi non riconoscerete una minima mutazione in tutti li nominati effetti; né da alcuno di
quelli potrete comprendere se la nave cammina, o pure sta ferma.»
(Salviati, Giornata seconda.[1])

La luce, la teoria dell'elettromagnetismo e l'etere[modifica | modifica


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Fin dagli sviluppi della fisica classica nel XVII e nel XVIII secolo, ci fu un intenso dibattito circa la natura
profonda della luce e si erano formate due scuole di pensiero che proponevano due ipotesi opposte. La
prima ipotesi sosteneva che la luce fosse composta da corpuscoli di natura particellare, mentre per la
seconda ipotesi la luce ha una natura ondulatoria. In base alle conoscenze dell'epoca, era ferma l'idea
dell'onda che si origina come vibrazione meccanica e che si propaga necessariamente in un mezzo,
[2]
 come ad esempio le onde sonore nell'atmosfera. Ipotizzando una natura ondulatoria della luce, fu
quindi concepito un mezzo, l'etere, in cui potesse propagarsi:
(EN) (IT)
«Hypothesis I: A luminiferous Ether pervedes the «Ipotesi I: Un etere luminifero pervade l'universo,
Universe, rare and elastic in high degree. [...] altamente rarefatto ed elastico. [...] Ipotesi II: Non
Hypothesis II: Undulations are excited in this ether appena un corpo diventa luminoso, sono emesse
whenever a body becomes luminous. [...] Hypothesis ondulazioni in questo etere. [...] Ipotesi III: La
III: The Sensation of different Colours depends on percezione di diversi colori dipende dalla diversa
the different frequency of Vibrations, excited by light
in the retina.» frequenza delle vibrazioni, eccitate dalla luce nella
retina.»
(Thomas Young[3])

Numerose verifiche sperimentali, come l'esperimento di Young, confermarono la natura ondulatoria


della luce. La teoria dell'elettromagnetismo, giunta a completamento con le equazioni di Maxwell, sancì
il completamento della vittoria dell'ipotesi della natura ondulatoria della luce. [4] Le equazioni di Maxwell
ammettono infatti soluzioni ondulatorie, le onde elettromagnetiche, che si propagano alla velocità della
luce.[5] La scoperta che la luce non è altro che un'onda elettromagnetica in un determinato intervallo
di lunghezze d'onda permise di unificare l'ottica e l'elettromagnetismo in una unica teoria. L'etere
divenne quindi non solo il mezzo attraverso il quale si propaga la luce, ma anche il mezzo attraverso il
quale si propagano i fenomeni e la forza elettromagnetica. Come scrisse Maxwell, si pensò che un
unico mezzo che fosse in grado di spiegare l'ottica e l'elettromagnetismo rafforzasse l'idea
dell'esistenza dell'etere luminifero, che non avrebbe dovuto più essere considerato un mero artificio
introdotto ad-hoc solo per pura convenienza teorica:
(EN) (IT)
«In several parts of this treatise an attempt has «In diverse parti di questo trattato si è cercato di
been made to explain electromagnetic phenomena spiegare i fenomeni elettromagnetici per mezzo di
by means of mechanical action transmitted from one un'azione meccanica trasmessa da un corpo all'altro
body to another by means of a medium occupying grazie ad un mezzo che occupa lo spazio tra di loro.
the space between them. The undulatory theory of Anche la teoria ondulatoria della luce presuppone
light also assumes the existence of a medium. We l'esistenza di un mezzo. Dobbiamo ora mostrare che
have now to shew that the properties of the le proprietà del mezzo elettromagnetico sono
electromagnetic medium are identical with those of identiche a quelle del mezzo luminifero.
the luminiferous medium.
Riempire tutto lo spazio con un nuovo mezzo ogni
To fill all space with a new medium whenever any volta che un nuovo fenomeno deve essere spiegato
new phenomenon is to be explained is by no means non è affatto razionale, ma se lo studio di due diversi
philosophical, but if the study of two different rami della scienza ha suggerito indipendentemente
branches of science has independently suggested l'idea di un mezzo e se le proprietà che devono
the idea of a medium, and if the properties which essere attribuite al mezzo per spiegare i fenomeni
must be attributed to the medium in order to account elettromagnetici sono dello stesso tipo di quelli che
for electro magnetic phenomena are of the same attribuiamo al mezzo luminifero per spiegare i
kind as those which we attribute to the luminiferous fenomeni di luce, l'evidenza dell'esistenza fisica del
medium in order to account for the phenomena of mezzo sarà notevolmente rafforzata.»
light, the evidence for the physical existence of the
medium will be considerably strengthened.»
(James Clerk Maxwell[6])

L'esistenza dell'etere implicava di fatto un sistema di riferimento privilegiato, quello in quiete rispetto
all'etere, rispetto al quale le equazioni di Maxwell sono valide nella loro forma. In altri termini, due
osservatori inerziali avrebbero dovuto usare equazioni diverse per descrivere gli stessi fenomeni
elettromagnetici.[7] Una misura della velocità della luce avrebbe potuto determinare lo stato di moto
dell'osservatore rispetto all'etere. Prendendo come esempio le onde sonore, queste si propagano
nell'atmosfera alla velocità di circa 330 metri al secondo; un ipotetico viaggiatore che sia in grado di
superare questa velocità, non sarebbe mai raggiunto dalle onde emesse dietro di lui rispetto alla
direzione del moto, come effettivamente succede per gli aerei supersonici che si lasciano alle spalle
il boom sonico. Secondo il principio di relatività galileiana, la velocità misurata da un osservatore in
moto deve rispettare la legge di trasformazione delle velocità di Galileo, per cui la velocità di
propagazione di un'onda effettivamente misurata dipende dallo stato di moto dell'osservatore rispetto al
mezzo in cui si propaga.

Crisi del concetto di etere[modifica | modifica wikitesto]


Vi erano comunque delle difficoltà nel postulare che la propagazione del campo
elettromagnetico avvenisse in un sistema di riferimento privilegiato e assoluto, solidale con il mezzo di
propagazione delle onde elettromagnetiche chiamato etere. Questo mezzo avrebbe dovuto avere infatti
caratteristiche molto particolari, come, per esempio, permeare tutto lo spazio senza offrire
nessun attrito apprezzabile al moto dei corpi immersi in esso, attrito che, altrimenti, avrebbe avuto
come conseguenza immediatamente visibile il rallentamento del moto dei pianeti e dei corpi celesti.
Mancava tuttavia una teoria che spiegasse l'interazione fra l'etere e la materia ordinaria. L'aberrazione
celeste, ossia lo spostamento apparente delle stelle nella volta celeste, poteva essere spiegata con il
moto di rivoluzione della Terra attorno al Sole come proposto da James Bradley fin dagli inizi del XVIII
secolo.[8] La deviazione relativa dei raggi luminosi in arrivo sulla Terra dalle stelle suggeriva che l'etere
non fosse trascinato dal moto della Terra. Al contrario, l'esperimento di Fizeau suggeriva che l'etere e
la luce fossero parzialmente trascinati dal moto della materia. [9][10] Infine, gli esperimenti condotti
da François Arago nel 1810 sembravano invece mostrare che la materia fosse in grado di trascinare
completamente con sé l'etere in essa contenuto, dato che la velocità della luce proveniente dalle stelle
era risultata essere sempre la stessa indipendentemente dallo stato di moto della Terra. [11] L'ipotesi
dell'esistenza dell'etere portava quindi a risultati contraddittori.

L'Interferometro di Michelson. L'esperimento originale utilizzò più specchi di quelli mostrati, la luce veniva riflessa
avanti e indietro diverse volte prima di ricombinarsi.

Dal punto di vista storico, il più famoso esperimento che mise in crisi il concetto di etere fu condotto
da Albert Abraham Michelson e Edward Morley nel 1887.[10] L'esperimento di Michelson-Morley non
mostrò alcuna significativa differenza della velocità della luce nella direzione parallela e perpendicolare
alla velocità terrestre, in violazione della legge di composizione delle velocità classiche. Secondo la
fisica classica infatti, la velocità della luce avrebbe dovuto sommarsi a quella della Terra nel percorrere
un tragitto nella direzione del moto di rivoluzione e di rotazione terrestre. Anche quando l'esperimento
fu ripetuto sei mesi dopo, con la Terra in moto in direzione opposta rispetto a un sistema solidale col
Sole, si ottenne lo stesso risultato: la velocità della luce era sempre la stessa entro i limiti degli errori
sperimentali:
(EN) (IT)
«It appears, from all that precedes, reasonably «Sembra ragionevolmente certo, da tutto quello che
certain that if there be any relative motion between precede, che se c'è un moto relativo fra la Terra e
the earth and the luminiferous ether, it must be small l'etere luminifero, deve essere piccolo [...]»
[...]»
(Michelson e Morley[10])

Il "fallimento" dell'esperimento di Michelson nel raggiungere l'obiettivo prefissato, cioè di dimostrare il


moto relativo fra la Terra e l'etere, portò Hendrik Lorentz a formulare una teoria secondo la quale
l'interazione fra la materia e l'etere fosse responsabile dello schiacciamento degli strumenti di misura,
accorciando quindi il tragitto che la luce avrebbe dovuto percorrere. [12] Le trasformazioni di
Lorentz sviluppate negli anni successivi sono la base della teoria della relatività ristretta, anche se
furono ideate nel tentativo di salvare la teoria dell'etere.

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