La Rivoluzione Astronomica

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LA RIVOLUZIONE ASTRONOMICA

La rivoluzione scientifica prende avvio dalla rivoluzione astronomica. Tale “rivoluzione” si


crede sia dovuta a Copernico (la cosiddetta “rivoluzione copernicana”, con la quale si
passa da una visione geocentrica ad una visione eliocentrica). In realtà ciò è vero solo in
parte, poiché Copernico ha solo dato inizio a un processo di pensiero. Anzi, quella che
viene chiamata “visione copernicana dell’universo”, più che essere il frutto del solo
Copernico o di altri astronomi e fisici come Keplero e Galileo, è il prodotto di intuizioni e
deduzioni teoriche che risalgono per lo più a Giordano Bruno, il vero filosofo della nuova
visione del mondo.
 
L’UNIVERSO DEGLI ANTICHI E DEI MEDIEVALI
Per comprendere la rivoluzione astronomica, bisogna ricordare i punti essenziali del
millenario “sistema del mondo” chiamato universo aristotelico-tolemaico.
L’universo di Aristotele e Tolomeo era:
• UNICO, in quanto pensato come il solo universo esistente;
• CHIUSO, perché immaginato come una sferra limitata dal cielo delle stelle fisse;
• Essendo chiuso, l’universo era anche FINITO.
Tale universo era fatto di sfere concentriche intese come qualcosa di solido e di reale, su
cui erano incastonate le stelle e i pianeti. Si avevano così, oltre alla sfera delle stelle fisse,
i cieli di Saturno, Giove, Marte, Mercurio, Venere, Sole e luna. Al di sotto di quest’ultima
stava la zona dei quattro elementi, con la Terra immobile al centro di tutto. Questo
universo era diviso in due parti qualitativamente distinte:
• Mondo sopralunare, costituito da un elemento eterno e incorruttibile, l’etere, il cui unico
movimento era di tipo circolare e uniforme, senza inizio e senza fine;
• Mondo sublunare, formato dai quattro elementi (terra, acqua, aria e fuoco) dotati di un
moto rettilineo (dal basso verso l’altro e viceversa) che avendo un inizio e una fine dava
origine ai processi di generazione e corruzione.
Questa visione astronomica è durata circa duemila anni (da Aristotele, IV secolo a.C., alla
metà del Cinquecento). Tale concezione durò tanto perché:
- appariva conforme al senso comune e alla sua quotidiana osservazione dell’immobilità
della terra e del moto dei cieli,
- appariva conforme alla mentalità “metafisica” prevalente
- era stata “sacralizzata” dal cristianesimo.
La testimonianza dei sensi, l’autorità di Aristotele, i teoremi della metafisica e la parola
divina della Bibbia avevano quindi finito per convergere in una comune attestazione della
validità assoluta del sistema tolemaico.
 
DAL GEOCENTRISMO ALL’ELIOCENTRISMO
La prima scossa decisiva al sistema geocentrico tradizionale, venne dal polacco Niccolò
Copernico. Studioso di fisica celeste, Copernico, che era soprattutto un teorico e un
matematico, riteneva la dottrina tolemaica “antieconomica” e quindi errata per il fatto
stesso di essere troppo complessa. Cercando nei libri degli antichi delle soluzioni
alternative al geocentrismo, Copernico si imbatté nell’idea eliocentrica- ideata già da alcuni
pitagorici- secondo la quale al centro dell’universo, sostituito dalla Terra sta, immobile, il
Sole; attorno al Sole ruotano i pianeti, la Terra prende posto tra questi e gira su se stessa,
originando così il moto apparente, attorno ad essa, del Sole, dei pianeti e delle stelle; la
luna ruota attorno alla Terra; infine, lontano dal sole e dai pianeti, stanno fisse le stelle.
Tuttavia, questa nuova visione del cosmo, pur essendo di per sé rivoluzionaria, non
scalzava la vecchia immagine dell’universo, in quanto l’universo di Copernico rimaneva
sferico, unico, chiuso e costituito da sfere cristalline che si muovono di moto circolare
uniforme. Fu l’astronomo danese Tycho Brahe a negare l’esistenza delle sfere solide e
reali, sostituendo il concetto fisico di orbe con quello matematico di orbita.
Giovanni Keplero (1571-1630), sulla base dell’osservazione di Brahe, giunge alle tre leggi
dei movimenti dei pianeti:
1. Le orbite descritte dai pianeti intorno al Sole sono ellissi di cui il Sole occupa uno dei
due fuochi
2. Le aree descritte dal raggio vettore (il segmento di retta che congiunge il pianeta al
Sole) sono proporzionali al tempo impiegato a descriverle
3. I quadrati dei tempi impiegati dai diversi pianeti a percorrere interamente la loro orbita
stanno tra loro come i cubi degli assi maggiori delle ellissi descritte dai pianeti.
 
DAL MONDO “CHIUSO” ALL’UNIVERSO “APERTO”
Il mondo di Copernico, a parte l’eliocentrismo, è ancora fondamentalmente un mondo del
passato poiché l’universo è pensato unico e finito, essendo limitato da un’ultima sfera che
contiene tutte le cose. L’idea dell’infinità dell’universo ebbe origine presso i Greci, in
particolare, essa era stata propugnata da Democrito e difesa da Lucrezio nel suo
capolavoro poetico-filosofico De rerum naturae.
Nel Medioevo, la prima affermazione dell’infinità del mondo è attribuita a Cusano. Tuttavia
egli, pur negando che l’universo sia finito e racchiuso tra le mura delle sfere celesti, non ne
afferma la positiva infinità, in quanto il suo universo, più che infinito, è indeterminato. Si è
attribuita l’affermazione ad altri studiosi, ma in realtà, soltanto Giordano Bruno deve
essere considerato come il rappresentante principale della dottrina di un universo
decentrato, infinito e infinitamente popolato poiché egli diede per primo una compiuta
enunciazione dei motivi  grazie ai quali essa sarebbe stata poi accettata dal grosso
pubblico.

Essendo Giordano Bruno “figlio” della scolastica, la sua teoria sembra essere confermata
da un principio teologico presente nell’ultima scolastica, secondo il quale il mondo, avendo
la sua causa in un essere infinito deve per forza essere infinito.
Le tesi cosmografiche rivoluzionarie dell’età moderna presenti in Bruno sono cinque:
1. abbattimento delle mura esterne dell’universo: distruzione dell’idea secolare dei confini
del mondo;
2. pluralità dei mondi e loro abitabilità: pluralità illimitata di sistemi solari, che Bruno ritiene
popolati da creature viventi, senzienti e razionali;
3. identità di struttura tra cielo e terra: superamento del “dualismo astronomico” tolemaico
fra mondo sopralunare e mondo sublunare e unificazione del cosmo in una sola immensa
regione;
4. geometrizzazione dello spazio cosmico: carattere unitario, omogeneo e infinito dello
spazio cosmico, che viene quindi geometrizzato sulla base del modello euclideo;
5. infinità dell’universo.
Gli astronomi del tempo (Tycho Brahe, Keplero, Galileo) accolsero freddamente o
rifiutarono in gran parte le tesi di Giordano Bruno, respingendo soprattutto l’idea della
pluralità dei mondi e dell’infinità dell’universo.
Un colpo decisivo alla cosmologia di bruno verrà dalla fisica del Novecento, in particolare
da Einstein, che è tornato a riproporre l’idea di un universo finito. Infatti, secondo Einstein,
la materia si “incurverebbe” su se stessa, per cui il mondo sarebbe illimitato ma finito,
simile a una sfera illimitatamente percorribile, anche se finita. Di conseguenza, mentre nel
modello euclideo di spazio è possibile tracciare una retta che va all’infinito, nel cosmo di
Einstein una retta all’infinito tende a ripiegarsi su se medesima, dando origine a una sorta
di circolo. Sul problema dell’infinità del mondo la scienza moderna è dunque tornata a
proporre un modello cha appare più vicino a quello di Aristotele e Tolomeo che a quello di
Bruno. La scoperta delle geometrie non euclidee e la loro applicazione nella fisica ha
messo in crisi anche la “geometrizzazione” dello spazio cosmico, ossia il pregiudizio che lo
spazio dell’universo reale sia di tipo euclideo, lasciando la questione “in sospeso” anche
su questo punto. In conclusione, tre sono i punti tuttora problematici della visione
“moderna” dell’universo:
1. l’esistenza di altre creature viventi e razionali;
2. la struttura ultima dello spazio cosmico;
3. la questione dell’infinità dell’universo.

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