97.a Legione CC - NN. - Jugoslavia, 1941 - 1943

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18/3/2020 97.a Legione CC.NN.

| Jugoslavia, 1941 - 1943

INDICE LA COSTITUZIONE IL CONSOLIDAMENTO IL CONSENSO AFRICA VERSO LA GUERRA JUGOSLAVIA 8 SETTEMBRE ALBO D'ONORE MOBILITATI MILITARIA INFORMAZIONI

La Jugoslavia
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L'Italia era entrata in guerra da quasi dieci mesi, e già si erano verificati i primi rovesci sul fronte dell'Africa Settentrionale e
lungo la frontiera greco-albanese, quando il 20 marzo 1941 il 97° battaglione, mobilitato il 20 febbraio per impiego
operativo, ricevette l’ordine di trasferimento per Fiume; tre giorni dopo, ricevuta la fiamma di combattimento nella
Elenco dei mobilitati
ricorrenza della fondazione dei Fasci di combattimento, il reparto si apprestò a lasciare Siena per il trasferimento in linea.
Alla guida della Legione intanto si era appena insediato il nuovo comandante Seniore Ferruccio Ciliberti, in sostituzione
del Primo Seniore Carlo Federigo Degli Oddi, passato al comando del reparto in partenza per il fronte. Alla figura del Operazioni di guerra sul fronte italo-
comandante Degli Oddi è legato un particolare aneddoto che coniuga idealmente l'asta della bandiera del 97° battaglione jugoslavo, 1941
d'assalto in Jugoslavia dal 1941 al 1943 e quello della I brigata d'assalto SS italiana impegnata sul fronte di Nettuno nel Operazioni di guerra in Balcania (territori
1944, il cui III battaglione era al comando dello stesso Degli Oddi. Al momento di ricevere la fiamma di combattimento ex jugoslavi), 1941 - 1943
l'ufficiale collocò sulla parte finale dell'asta un pezzo di stoffa rossa proveniente da uno stendardo dell'epoca della
Repubblica di Siena di proprietà della sua famiglia (1). 97° battaglione CC.NN. d'Assalto
La fiamma, recante il motto "A non piegar l'insegna Siena insegna" venne consegnata al reparto il 23 marzo 1941, alla 97.a Compagnia CC.NN. mitraglieri
vigilia della partenza per il fronte giulio, nel corso di una breve ed austera cerimonia a Siena (2). Indiretta conferma che
non si fosse trattato di un particolare artificiosamente leggendario, teso ad imprimere uno spirito di ammirazione e di
meraviglia, sia la considerazione che esso è ricordato nelle memorie del conte Pio Filippani Ronconi, ufficiale sul fronte di
Nettuno nel gennaio 1944, comandante di plotone nel battaglione di Degli Oddi (3).
Lasciata Siena il 28 marzo 1941, il 97° battaglione d'assalto e la 97.a compagnia mitraglieri vennero trasferiti a mezzo
ferrovia nell'area di Fiume, accantonandosi nei locali del mobilificio Berger di Mattuglie il primo ed in baracche presso
l’abitato di Giordani la seconda ed unirsi quindi all'89° battaglione camicie nere di Volterra, guidato dal Seniore Federigo
Innocenti. Con il battaglione Etrusco, già accantonato presso la caserma “Savoia” di Fiume fin dalla prima settimana di
marzo, costituirono la LXXXIX legione divisionale CC.NN., al comando del Console Libano Olivieri e formalmente Il Diario Storico-militare
inquadrata nella divisione di fanteria Bergamo; l'unità, incorporata nel V Corpo d'Armata e forte di circa milletrecento
effettivi, si trovava schierata nella Venezia Giulia, in posizione di vigilanza e controllo della frontiera orientale, lungo la della 89.a Legione CC.NN.
linea Fiume - Bresa - S. Rocco di Clana (4).
I 766 mobilitati tra graduati e truppa, 29 sottufficiali e 29 ufficiali compresi nei due reparti provenienti dalla 97.a legione
appartene-vano alle classi di leva comprese tra quella del 1901 (due militi) e quella del 1916 (un milite), concentrati
principalmente nelle classi 1914 (103 mobilitati), 1912 (91 mobilitati) e quella 1909 (89 mobili-tati), che si univano ai 14
ufficiali, 21 sottufficiali e 325 graduati e truppa dell’89° Battaglione; sia per quanto concerne la provenienza, pressoché
uniforme, dal territorio provinciale, sia per la predominanza degli appartenenti alle classi sociali meno elevate, le
caratteristiche dei legionari mobilitati non si discostarono da quelle del precedente impegno in Africa Orientale: anche per i
reparti impegnati in Jugoslavia la percentuale di coloni ed operai superò l'80%, con una ridotta presenza di impiegati,
appena il 10% ed ancor più marginale di studenti, inferiore al 3%. Tra le fila degli appartenenti alla compagnia mitraglieri
era inve-ce una predominanza di militi provenienti dall'area della Valdichia-na, che aveva mobilitato 97 legionari su 167,
con 34 dei quali provenienti dalla sola città di Montepulciano, mentre sui 494 mobilitati nelle compagnie fucilieri del
battaglione spiccavano i 42 militi provenienti da Abbadia San Salvatore, tutti inquadrati nella 3.a compagnia; 112 legionari,
principalmente quelli delle classi 1909 e 1910, tornavano ad essere mobilitati con il 97° battaglione a distanza di quattro
anni dalle operazioni di polizia coloniale in Africa Orientale.
I primi giorni di aprile, trascorsi in un clima rigido ed inclemente, videro infatti i reparti schierati in attesa lungo la linea di
confine, impegnati nei lavori per approntare e migliorare le opere difensive e serrare le posizioni lungo la linea tra Castua
e Mattuglie ed ansiosi di cimentarsi in combattimento dopo l'attesa di dieci mesi trascorsi ad assistere agli echi delle
battaglie in Libia ed in Grecia.(5).
Il 9 aprile 1941 il battaglione ricevette il proprio battesimo del fuoco. Una pattuglia di 12 uomini del plotone esploratori del
97° battaglione, al comando del capo manipolo Licurgo Bartalucci, ricevuto l'ordine di effettuare puntate esplorative oltre il
confine, si inoltrava in territorio nemico dopo essersi aperto un varco tra i reticolati e si dirigeva verso l'abitato di Bubesj
(6). Nello scontro a fuoco che si era acceso con le guardie di frontiera jugoslave cadeva infatti la camicia nera Ettore Neri
di Siena, classe 1912, decorato con la Medaglia di bronzo al valore militare alla memoria; a conferma dello spirito con cui
era atteso il battesimo di fuoco del battaglione, la prima operazione bellica, che aveva rappresentato un semplice scontro
tra pattuglie contrapposte, venne salutata con toni trionfalistici, non soltanto dalla propoganda della cronaca locale, ma
persino nella relazione ufficiale del comando di legione alla Prefettura (7).
Il giorno 11 giunse finalmente ai reparti del V Corpo d'Armata l'ordine di avanzare; preceduto da una prima ondata di
assalto, della quale faceva parte la 97.a compagnia mitraglieri, il battaglione, al completo delle proprie compagnie, varcò il
confine a Muini con l'ordine di riunirsi a Giordani con il comando della 89.a Legione per occupare la linea di confine
rappresentata dagli abitati di Costanje, Berzaki, Stefanj, Marinici, Svet Matej, e con obiettivo finale il paese di Castua,
situato sulle alture che dominavano Fiume (8). Il movimento, inizialmente ostacolato dal tiro dei centri di fuoco nemici che Il diario storico militare della 89.a Legione
operavano da una favorevole posizione sul costone prospiciente la costa adriatica, travolse ben presto la sottile linea d'Assalto CC.NN.
difensiva rappresentata dalle guardie di frontiera jugoslave, che abbandonarono le posizioni ripiegando verso l'interno: alle (Archivio Storico dello Stato Maggiore
ore 22 le prime colonne del battaglione entravano nel paese (9). dell'Esercito, Roma)
Il giorno 12 i reparti erano ancora in azione, impegnati ad avanzare sull'itinerario Svetj Matej - Susak - Val Braga –
Vitosevo, raggiunta in tarda serata; alle prime ore dell'alba del mattino successivo il battaglione al completo partiva Autorizzazione alla pubblicazione del diario
all'assalto da Pobri, frazione di Abbazia, occupando Volosca e dopo un rapido aggira-mento delle ultime resistenze storico militare della 89.a Legione d'Assalto
nemiche, penetrava nell'abitato di Sussak e nei giorni auccessivi effettuava puntate fino a venti chilometri dalla costa di CC.NN. sul sito www.97legione.siena.it :
Buccari, verso Skrilievo e Jelovka . Con un ultimo sbalzo il giorno 15 prendeva posizione nella zona di Giurici, per una n. M_D E0012000 0088611 08-06-2015
sosta in attesa di riorganizzare i reparti, mentre iniziavano le trattative di armistizio che sarebbe stato siglato due giorni dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore
dopo; il 16 aprile il comando del V corpo d'armata ordinava alle colonne della Bergamo, che aveva appena occupato dell'Esercito.
l'abitato di Zuta Lovka, di cessare l'inseguimento.
La campagna jugoslava rappresentò per la II Armata uno sforzo poco impegnativo, concluso in meno di due settimane;
l'esercito jugoslavo, travolto dalle colonne tedesche penetrate sia dalla frontiera settentrionale che dalla Romania, si Il Diario Storico Militare
sciolse quasi istantaneamente, trasformando anche l'avanzata dei reparti italiani lungo la costa adriatica in una rapida della 89.a Legione CC.NN.
rincorsa per tentare di aggianciare l'avversario in ritirata.
Nel corso della rapida campagna la M.V.S.N. impegnò in totale 41 battaglioni di camicie nere, sedici dei quali inquadrati
direttamente nelle unità divisionali dell'esercito e dieci battaglioni autonomi alle dipendenze del comando d'Armata lungo il

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fronte giulio, e quindici battaglioni inquadrati in due raggruppamenti autonomi lungo quello albanese.
Il territorio jugoslavo sarebbe stato smembrato, con l'annessione diretta di alcune regioni alla Germania, all'Italia,
all'Ungheria e alla Bulgaria e la creazione di entità statali direttamente sottoposti all'influenza delle potenze dell'Asse; oltre
alla regione di Lubiana e dei territori limitrofi al vecchio confine, l'Italia ottenne il Montenegro ed il Kossovo, che vennero
Le corrispondenze di Dino
uniti al teritorio albanese. Corsi dalla Balcania
La Croazia divenne un'entità formalmente indipendente, sotto il governo filo-tedesco presieduto da Ante Pavelic, capo del
movimento ustasha e che per una curiosa combinazione, aveva trascorso parte degli anni trenta in esilio proprio a Siena,
da dove, con la protezione ed il sostegno del regime fascista, aveva mantenuto la guida della propria organizzazione; il
figlio Velimir aveva persino militato per alcuni anni nelle fila della 259.a legione avanguardisti "Rino Daus", partecipando ai Balcania: 1941
corsi ed alle esercitazioni premilitari condotte dagli ufficiali della 97.a Legione. Il territorio croato venne suddiviso in due
aree di influenza e di controllo militare: la regione dalmata e della Erzegovina sotto il controllo italiano, quella bosniaca e
della Croazia più interna sotto il controllo tedesco.
Ai reparti italiani della II Armata venne quindi affidato il compito di procedere al dispiegamento lungo le aree di
competenza di Dalmazia ed Erzegovina; il 26 aprile, mentre venivano ultimati i dettagli per delimitare le aree di controllo
militare del territorio occupato, dal comando d'Armata venne impartito l'ordine di movimento alla divisione Bergamo di
prendere posizione nell'area di Spalato, Livno, Imotski e Makarska.
A causa del clima rigidissimo e della neve, il battaglione potè iniziare il movimento solo dopo alcuni giorni, giungendo a Approfondimenti
Vzovine il 7 maggio, in attesa di riprendere il trasferimento a mezzo ferrovia in direzione di Spalato. Proprio nell'abitato di
Vzovine, il 9 maggio, durante la sosta per il riordino dei reparti, quattro appartenenti al 97° battaglione e uno alla
compagnia mitraglieri furono responsabili di una aggressione ad un sottufficiale della Bergamo che era accantonata nel
(1) La Rivoluzione Fascista - Foglio
paese ; i cinque militi, due dei quali veterani dei cicli operativi in Africa Orientale nel triennio 1937-1939, vennero deferiti al
Tribunale Militare e trasferiti il 27 maggio presso il carcere militare di Fiume. Con sentenza emessa il 1 luglio 1941, il d'ordini della Federazione senese dei
Fasci di combattimento del 30 marzo
Tribunale Militare della II Armata ne condannò due alla pena di cinque anni e sei mesi di reclusione e gli altri alla pena di
1941, "L'affettuoso saluto di Siena alle
tre anni di reclusione per "insubordinazione e vie di fatto contro un superiore" e condotti presso il carcere militare di Gaeta;
tutti i condannati vennero cancellati dai ruoli della M.V.S.N. il 9 maggio 1942. balde CCNN del 97° battaglione
d'assalto".
L'ultima parte del trasferimento venne completata nella seconda metà di maggio; il giorno 11 i reparti lasciavano Spalato
per raggiungere la zona di Sinj, circa 30 chilometri nell'interno, destinazione del 97° battaglione e quella di Zrnovnica,
posta sulle alture a ridotto della costa, dove prendeva posizione la compagnia mitraglieri in appoggio all'89° battaglione (2) Il Telegrafo del 27 marzo 1941, D.
Corsi: "A non piegar l'insegna Siena
camicie nere, ultimando lo spiegamento il 27 maggio.
Appare rilevante l’approfondimento di un aspetto che caratterizzò lo spirito delle camicie nere durante i primi mesi insegna".
dell'occupazione italiana dei territori della ex-jugoslavia, ed in particolare modo le aree della Dalmazia: le operazioni
(3) Acta della Fondazione della R.S.I.-
contro il Regno jugoslavo ed ancor più l'occupazione delle aree lungo la costa adriatica vennero connotate dalla
propaganda italiana come continuazione ideale della lotta per la redenzione di territori italiani finalmente liberati dal giogo Istituto Storico, "Legionario dell'onore".
serbo. Nell'animo delle camicie nere e più in generale dei reparti italiani impiegati, si proiettava una meccanica continuità
ideale con l'epopea della Grande Guerra e il mito dell'irredentismo (10). (4) Il Telegrafo del 11 aprile 1941, D.
Corsi: "Ricordando le nostre donne".
Il mito della redenzione dalmata accompagnò i primi mesi dell'occupazione, stimolato e alimentato dal negativo giudizio
nei confronti dei serbi, che la propaganda aveva trattaggiato con le peggiori connotazioni. Nel corso dei decenni
(5) Il Telegrafo del 17 luglio 1941, D.
precedenti il linguaggio politico e la retorica nazionalista si erano espressi con alcuni stereotipi che erano stati
Corsi "Giornate di guerra dei legionari
profondamente interiorizzati da tutti gli strati della popolazione; la missione storica della latinità in Dalmazia era permeata
di mentalità razzista, principale supporto ideologico come nelle imprese coloniali e faceva parte del patrimonio culturale senesi dal fronte giulio".
con il quale i militari italiani avevano affrontato la guerra in Jugoslavia. In un certo senso quindi echeggiava persino
(6) Il Telegrafo del 9 maggio 1941,
quell'immagine, che era stata nel corso propria della conquista dell'Etiopia, tesa a presentare il soldato italiano come
D.Corsi "Gli esploratori varcato il confine
portatore di civiltà e di redenzione dalla barbarie (11).
hanno fatto conoscere l'anima dei figli di
A Siena intanto il 16 giugno, su iniziativa delle donne fasciste del gruppo rionale Alessandro Mini, al quale appartenevano
Siena".
molti militi della compagnia mitraglieri, veniva celebrata presso il santuario cateriniano di Fontebranda una cerimonia per
la benedizione della fiamma di combattimento della compagnia mitraglieri; dopo essere stata consacrata, la fiamma venne
offerta al comandante per mezzo di alcuni militi che si trovavano in città per una licenza; la figura di Santa Caterina aveva (7) Promemoria del Comando della 97.a
Legione alla Prefettura di Siena, 1941
accompagnato anche la partenza del battaglione nel marzo precedente, quando ai militi in procinto di raggiungere il fronte
giulio la federazione dei Fasci e l'O.N.D. provinciale avevano donato un braccialetto con una medaglia riproducente l'effige
della patrona d'Italia. (8) Comando II Armata - Operazioni
offensive alla frontiera orientale - Aprile
Le settimane iniziali di occupazione, scandite da una incruenta attività di presidio e di ricognizione sul territorio,
1941
confermarono nei reparti l'immagine proposta dalla propaganda ed alimentarono l'illusione di operare in una regione
finalmente ricongiunta all'Italia, pacificata e bisognosa di una presenza apprezzata e necessaria; lo scenario mutò
(9) La Rivoluzione Fascista - Foglio
rapidamente all'inizio dell'estate, con i primi segnali di ciò che avrebbe rappresentato negli anni successivi l'occupazione
d'ordini della Federazione senese dei
dei territori della ex-Jugoslavia. Il neonato stato croato, retto dal movimento filonazista di Pavelic, stava lentamente e
faticosamente imprimendo la propria pre-senza nei territori sottoposti al suo governo; già nel giugno 1941 tuttavia, nel Fasci di combattimento del 18 maggio
1941, "Le CCNN del 97° battaglione
rapporto redatto dal quartier generale italiano sulla situazione politica ed economica della NDH (Nezavisna Drzava
d'assalto alla conquista di Castua".
Hrvastska), come era ufficialmente denominata la nazione croata, comparivano i primi accenni al comportamento tenuti
dagli ustasha nei confronti della popolazione di etnia serba.
La debolezza strutturale dello stato croato aveva di fatto reso necessario il ricorrere all'organizzazione di Pavelic, meglio (10) Il Telegrafo del 23 maggio 1941, D.
Corsi, "Dalla Dalmazia redenta".
organizzata ed attrezzata dell'esercito, per irrobustire l'apparato amministrativo e quello relativo all'ordine pubblico;
evidenziando gli abusi e le vessazioni che venivano perpetrati dai croati, la relazione paventava che la reazione, limitata al
momento ad una forma di ostilità repressa e malcelata disapprovazione, potesse presentarsi in breve tempo in forme più (11) Il Telegrafo del 4 giugno 1941, D.
Corsi, "E' nata all'ombra del Tricolore,
decise di resistenza.
Romana Vittoria...".
Fin dall'estate del 1941 i reparti della II Armata si trovarono a confrontarsi con una situazione etnica particolarmente
complicata, determinata dalla presenza, quasi sempre conflittuale, di differenti etnie all'interno del territorio di competenza:
(12) MVSN Comando Generale .
croati, cattolici, ortodossi e musulmani, serbi ed ebrei, tra i quali gli attriti irruppero subito violentemente. A questa
Servizio politico. Pratica Dalmazia.
situazione caotica, per la quale le truppe italiane non erano preparate, il governo croato seppe rispondere solo con
l'acuirsi della repressione da parte delle milizie ustasha, che sfociò quasi immediatamente in una vera e propria pulizia Promemoria per il Capo di Stato
Maggiore.
etnica ed in una strategia di sterminio della popolazione serba, denunciata dai primi rapporti dalla Dalmazia al Comando
Generale della Milizia che non lasciavano spazio ad interpretazioni (12).
Il movimento di resistenza nacque proprio in un continuo e contradditorio incrocio di istanze e rivendicazioni di carattere (13) Il Telegrafo del 26 agosto 1941,
"Alcuni particolari sulla gloriosa morte del
etnico, politico, sociale ed ideologico, condotte su di una sedimentazione conflittuale secolare. Al momento
caposquadra R. Nigi".
dell'occupazione militare tedesca ed italiana, iniziarono a muoversi dinamiche del tutto indipendenti, ognuna delle quali
generata da un differente soggetto che, perseguendo il proprio interesse e le proprie finalità, finirono per determinare un
conflitto frammentato in lotta di liberazione, vera e propria guerra civile, scontro etnico e cieca repressione degli occupanti. (14) Relazione del comandante dei
CC.RR. di Zara del 18 agosto 1941
Di fronte alla complessità dell'incerto panorama generato con la frantumazione della ex Jugoslavia, la risposta politica
data dal comando italiano fu altrettando incerta: se gli ustasha erano alleati ufficiali delle nazioni occupanti, si trovavano in
contrasto aperto con il movimento nazionalista serbo dei cetnici, il quale, opponendosi sia all'occupazione tedesca ed (15) La Nazione del 29 agosto 1941,
"L'episodio in cui Rodolfo Nigi ascese nel
italiana, furono anzitutto impegnati a contrastare i partigiani comunisti, trovando in questa prospettiva una forte
cielo degli eroi".
convergenza con gli italiani. In questo intreccio di dinamiche, emerse infine il ruolo egemonico del movimento comunista
di Josip Broz Tito, capace in pochissimo tempo di coniugare l'istanza delle rivendicazioni sociali con quella della lotta di
(16) Ordine di battaglia del 97°
liberazione e che trovò ulteriore capacità di attrarre adesione e partecipazione nella lotta contro l'Asse a seguito
battaglione CC.NN. al 25 agosto 1941
dell'attacco contro l'Unione Sovietica nel giugno 1941.
Attingendo ad una sedimentazione razziale che si era formata agli anni inizi degli anni venti e successivamente maturata
(17) Estratto della relazione del VI Corpo
con l'affermazione del fascismo nei confronti delle popolazioni slovene e croata di Istria e Dalmazia, le truppe di
d'Armata al Comando II Armata del 19
occupazione si confrontarono con la complessità propria dei territori croati e dalmati senza direttive politiche di qualche
Dicembre 1941
utilità, che permettessero cioè di guadagnare la fiducia delle popolazioni dei territori occupati, le truppe italiane si
approcciarono alla frammentata realtà jugoslava con l'unica prospettiva generata dalla propaganda di affermare e
(18) MVSN Comando Generale. Servizio
difendere la italianità su quei territori. In un tale scenario i reparti furono sostanzialmente spettatori; le compagnie del 97°
politico. Pratica Dalmazia. Colonnello De

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battaglione e la compagnia mitraglieri per tutte le settimane dei mesi di giugno e luglio rimasero presso i propri Rienzi - S.I.M.
accantonamenti di Sinj e Zernovica impegnati in esercitazioni serrate di istruzioni, tiri tattici di compagnia, ginnastica da
cam-pagna ed addestramenti. (19) I rastrellamenti operati dalla Milizia
Il 7 luglio intanto, una comunicazione dattiloscritta dal comando della II Armata, a firma del generale Ambrosio, informava i
reparti subordinati che nel corso della notte ignoti avevano tagliato le linee telefo-niche militari presso Karlovac, e che (20) La Rivoluzione Fascista - Foglio
reparti italiani avevano scoperto dell'esplosivo lungo la linea ferroviaria Sussak-Skrljevo, a cinquecentro metri dalla d'ordini della Federazione senese dei
stazione della città. A questo primo segnale di rivolta armata fecero seguito in rapida successione altri episodi di Fasci di combattimento del 16 marzo
sabotaggio ma soprattutto la rivolta che assunse i connotati di vera e propria insurrezione armata, destinata ad infiammare 1942, "La lettera della madre della
il Montenegro per alcune settimane. Camicia Nera Scelta Adolfo Quercini al
In Dalmazia nella notte tra il 18 ed il 19 luglio un attentato dinamitardo faceva deragliare un convoglio ferroviario a otto Comandante il Battaglione".
chilometri dalla stazione di Kastel Stari, sobborgo di Spalato, e pochi giorni dopo venivano abbattuti i pali della linea
telegrafica tra la città e Zara, nei pressi dell'aereoporto di Divulje. Si trattava di sabotaggi diretti per il momento (21) Ordine di battaglia del 97°
esclusivamente contro le infrastrutture utilizzate dai comandi italiani, ma il quadro si sarebbe rapidamente aggravato nelle battaglione CC.NN. al 10 febbraio 1942
settimane successive.
Appena due giorni dopo, il comando della II Armata trasmetteva un'allarmata relazione ai comandi divisionali sulla (22) I combattimenti di Ribarica e Koljane
situazione nelle regioni dalmate, nella quale veniva evidenziata la minaccia rappresentata da una crescente agitazione di del 21 - 22 febbraio 1942
ideologia comunista, sostenuta anche da eventuali elementi nazionalisti dalmati e croati che si opponevano alla presenza
italiana nella regione. La relazione, stilata del generale Dalmazzi, imputava il sentimento anti italiano alla propaganda (23) I combattimenti del 7 - 8 aprile 1942
diffusa da agenti al soldo di Gran Bretagna e Unione Sovietica, e si concludeva con le istruzioni impartite ai comandi di a Vjestica Gora
operare una costante vigilanza allo scopo di impedire il movimento di elementi pericolosi e sovversivi, di mantenere a
disposizione reparti di pronto intervento per contrastare azioni di aperta ribellione e di reprimere con il massimo rigore ogni (24) La Nazione del 14 aprile 1942,
occasione di agitazione o sedizione. "Bruno Crocchi è caduto per la Patria".
Negli accantonamenti di Zernovica e Sinj tutti i reparti rimanevano consegnati, pronti ad intervenire in caso di richiesta per
ordine pubblico e contestualmente il Comando di Legione ordinava di intensificate ed aumentate le pattuglie di (25) La Nazione del 19 aprile 1942,
perlustrazione e di vigilanza e di assumere le misure difensive a sbarramento delle principali rotabili. Durante la notte del "L'albo della gloria. Nello Viti".
21 luglio infine un plotone dell'89° battaglione in servizio di perlustrazione era stato fatto segno a colpi d'arma da fuoco
provenienti da una casa dell'abitato di Mravince; grazie all'intervento di altre pattuglie del 4° reggimento artiglieria della (26) La Nazione del 10 maggio 1942, "Il
divisione Bergamo e dei Carabinieri l’edificio veniva accerchiato e si provvedeva all'arresto delle persone trovate in casa. popolo di Torrenieri glorifica i suoi caduti.
Le istruzioni del comando, più o meno tempestive che si fossero rivelate, non impedirono che l'attività dei gruppi ribelli Centurione Bruno Crocchi e Camicia
subisse un incremento di intensità e di qualità, accompagnando le sperimentate azioni di sabotaggio con agguati ed Nera Nello Viti".
imboscate, dapprima contro reparti croati isolati, e poi perfino lungo le vie di comunicazione; anche il settore di
competenza della divisione Bergamo, delimitato dai capisaldi di Sinj, Makarska, Imotski e della LXXIX Legione, con i (27) Gioventù Senese - Foglio d'Ordini
presidi di Zrnovica e Vojnic tenuti rispettivamente dall'89° battaglione e dal 97° battaglione, ebbe a subire le prime del Comando Provinciale G.I.L.,
iniziative dei gruppi partigiani che si erano radunati lungo le dorsali montuose tra Dalmazia ed Erzegovina. novembre 1942, "La lettera del V.C.M.
Il 14 agosto 1941 nei pressi del villaggio di Turjaci, lungo la strada tra Trilj e Signj, una pattuglia del 97° battaglione, di Rosi alla vedova Parisini".
supporto ad un reparto croato in ricognizione, si scontrava con un gruppo di ribelli: veniva colpito il capo squadra Rodolfo
Nigi di Siena, classe 1905, che sarebbe deceduto il giorno 16 presso l'ospedale da campo n. 134 di Sinj per le ferite (28) Il Telegrafo del 21 luglio 1943,
riportate (13), ed a cui sarebbe stata assegnata la medaglia d'argento al valore militare. Nello scontro a fuoco venne "Presenti alla bandiere".
ucciso un ufficiale croato, oltre a cinque feriti, tra i quali la camicia nera Nello Bianchi di Siena, decorato con la
concessione della medaglia di bronzo al valore militare. A testimonianza dell'asprezza degli scontri che si protrassero per (29) Il Telegrafo dell' 8 aprile 1943, "Per
alcuni giorni nella zona, il 14 agosto il vice capo squadra Mario Berti otteneva la promozione sul campo per la una Camicia nera dichiarata dispersa".
determinazione con la quale aveva guidato l'assalto del proprio reparto contro il fianco dello schieramento avversario,
permettendo la cattura di alcuni ribelli. Alcune delle salme dei caduti del 97°
Il gruppo partigiano, forte di circa 200 uomini, secondo la relazione dei carabinieri di Zara al Governatore della Dalmazia, battaglione d'assalto vennero riportate in
si era trasferito nella zona da alcune settimane, proveniente dalla zona costiera; nel corso delle operazioni di patria nel corso degli anni sessanta per
rastrellamento sulle alture vicine 42 ribelli furono catturati e subito trasferiti a Spalato per essere fucilati (14). Nei giorni la traslazione nei cimiteri delle località di
successivi il feretro del capo squadra Nigi, deposto su un carro d'artiglieria e fiancheggiato dalla scorta d'onore del origine:
battaglione CC.NN. e da una squadra di ustasha, dopo l'appello fascista venne tumulato nel cimitero di Sinj, all'interno di 3° trasporto, aprile 1962 (dal cimitero di
una cappella privata concessa da una donna di origini italiane là residente, di fronte al battaglione schierato al completo Spalato):
dei reparti (15). camicia nera Dante Bianconi, Centurione
Per tutto il corso dell'estate nel settore occupato dalla divisione Bergamo e dal 97° battaglione le azioni di sabotaggio Bruno Crocchi, camicia nera Giuseppe
contro le linee telefoniche e le infrastrutture si protrassero senza sosta; le settimane trascorsero in uno stillicidio di Falsetti, camicia nera scelta Adolfo
interventi per ripristinare comunicazioni e servizi interrotti da gruppi ribelli che si rifugiavano velocemente sulle alture e nei Quercini, caposquadra Olinto Medaglini,
boschi dell'interno, mentre i reparti si trovarono impegnati in continui servizi di scorta armata alle autocolonne lungo strade caposquadra Rodolfo Nigi, camicia nera
divenute pericolose. La necessità di rinforzare i presidi lungo le principali direttrici di collegamento e di creare gruppi mobili Eufemio Sassetti, camicia nera Redento
di pronto intervento costrinse inoltre ad un riposizionamento delle unità in un ampio triangolo tra l'Erzegovina e la Saturni, camicia nera Nello Viti.
Dalmazia interna. Ai primi di ottobre, mentre il 25° reggimento della Bergamo dislocava le compagnie tra Imotski e 4° trasporto, settembre 1962 (dal
Makarska, il 26° reggimento concentrò i propri reparti tra Sinj e Livno, ove prese posizione anche il comando della LXXIX cimitero di Spalato):
legione con i due battaglioni camicie nere, schierati rispettivamente a Glamoc e Mlinista (16) ed impegnati in continue camicia nera Antonio Calabresi, camicia
operazioni di rastrellamento a breve raggio alternate alla necessità di sgombero della neve lungo le direttrici. nera Brunetto Granai, camicia nera
Il 12 novembre, nel corso di un’operazione di rastrellamento nella zona del Vjestica Gora condotta dal 97° battaglione, Francesco Guidarelli.
rinforzato da un plotone della compagnia mitraglieri e con il supporto dell’artiglieria della divisione Bergamo, dopo che la 6° trasporto, 22 maggio 1963 (dal
colonna della 2.a compagnia, raggiunti gli obiettivi solo a tarda ora, rallentata dal buio e dalle condizioni climatiche cimitero di Cosala):
proibitive, iniziava la marcia di rientro agli accantonamenti, la camicia nera scelta Dante Bianconi di Sinalunga, classe camicia nera Ermelindo Garoni, camicia
1907, precipitava in un pozzo dolinico. I soccorsi, giunti sul posto il mattino successivo, non riuscirono a salvare il milite, la nera Sestilio Guerranti, camicia nera
cui salma venne recuperata solo con fatica nel tardo pomeriggio, per essere trasportata all’ospedale 134 di Sinj. Giuseppe Marconi, vice caposquadra
I rastrellamenti, condotti sempre con il supporto di plotoni mortai e di artiglieria divisionali, continuarono per tutto il mese di Igino Martini.
novembre, pur con risultati poco significativi: due sospetti catturati il 12 novembre, il sequestro di alcune armi a Bracev il
13, quattro sospetti arrestati nell’area del monte Cetina il 22, senza tuttavia entrare in contatto con i gruppi partigiani che si (30) Relazione dei RR.CC. della
aggiravano nella regione. Il 28 novembre alcuni colpi di fucile vennero sparati all'indirizzo di una colonna in ricognizione, Dalmazia del 23 aprile 1942
senza tuttavia provocare danni: erano le avvisaglie dei sanguinosi agguati che alcuni giorni dopo avrebbero avuto come sull'offensiva contro le unità partigiane di
oggetto reparti in attività di ricognizione lungo la strada tra Kupres e Livno. Mosar
Nel pomeriggio del 3 dicembre una colonna composta da reparti del 26° reggimento fanteria della divisione Bergamo
venne attaccata con fucili automatici e bombe a mano nei pressi del villaggio di Blagaj, con alcuni tentativi di aggiramento (31) La Rivoluzione Fascista - Foglio
che vennero inizialmente respinti; alle quattro del pomeriggio, trovandosi in condizioni di inferiorità numerica, lontano dalle d'ordini della Federazione senese dei
proprie basi e in prossimità dell'imbrunire, il comandante del reparto decise di disimpegnarsi per rientrare verso il presidio Fasci di combattimento del 15 giugno
per non esporre il reparto ad ulteriori perdite. Lungo il percorso di ripiegamento la colonna venne nuovamente attaccata 1942, L. Concato "La guerriglia: un
con mitragliatrici e colpi di mortaio; pur riuscendo a respingere ancora una volta l'attacco, il reparto riuscì a rompere il fenomeno tipicamente criminale".
contatto riparando a Kupres solo dopo le ore venti, dovendo subire pesanti perdite, con tre morti, tra cui un ufficiale, sei
feriti e ventidue dispersi, di cui un ufficiale. (32) Ordine operativo del XVIII C.d.A. del
Dopo appena due giorni una colonna vuota composta di due autocarri e 5 autocarrette partita da Kupres e diretta a Livno 15 luglio 1942
scortata da un reparto del 26° reggimento al comando del Centurione Bartalucci del 97° battaglione, mentre si trovava nei
pressi del villaggio di Malovan a quindici chilometri circa da Kupres venne fatta oggetto di aggressione da parte dei (33) La Nazione del 24 novembre 1942,
partigiani; sulla colonna viaggiavano anche alcuni legionari del battaglione che si recavano a Livno per ragioni di servizio. "La morte di un valoroso".
Parte della colonna venne circondata, mentre l'altra, respingendo gli attacchi del nemico che cercava un aggiramento,
riuscì a disimpegnarsi, ripiegando verso Sujica al prezzo di altre perdite, tra le quali un caduto, nove prigionieri tra i quali il (34) Relazione del Comando del V Corpo
comandante del reparto di camicie nere Bartalucci e undici feriti, tra i quali erano il capo manipolo Mario Friscelli e le d'Armata sull'attività operativa - ottobre
camicie nere Guido Arruffoli di San Quirico d'Orcia e Angelo Vannini di Buonconvento; per il comportamento tenuto 1942
durante l'aspro combattimento la camicia nera Gino Mancini di Torrenieri ottenne l'encomio solenne del comando della
LXXXIX legione (17). (35) La Rivoluzione Fascista - Foglio
d'ordini della Federazione senese dei
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L'esito della cattura del centurione Bartalucci, rilasciato dai partigiani alcuni mesi dopo, rappresentò un'eccezione nel Fasci di combattimento del 9 novembre
comporta-mento dei partigiani nei confronti delle camicie nere catturate; i casi nei quali le camicie nere catturate nel corso 1942, "Lettere del Comandante della
degli scontri a fuoco o nelle imboscate non venissero fucilate o, peggio, brutalmente seviziate prima di essere uccise, Divisione Bergamo al I Seniore Degli
furono particolarmente rari. Verosimilmente perché utile per uno scambio di prigionieri, e probabilmente per essersi Oddi".
verificato nelle prime fasi della guerra partigiana, la vicenda del centurione Bartalucci rappresentò in questo senso un
evento eccezionale; ai primi di febbraio del 1942 un dispaccio del comando Carabinieri al comando della II Armata (36) Ordine di battaglia del 97°
informava infatti che il 6 febbraio i partigiani avevano restituito il capitano Bartalucci e 15 soldati catturati il 5 dicembre battaglione CC.NN. al 1 novembre 1942
presso Malovan.
Anche se una parte della storiografia ha recentemente prodotto la tesi di una differenza di trattamento cui erano destinati i (37) La celebrazione del Ventennale
soldati dell'esercito e le camicie nere catturate, è necessario specificare che essa non rappresentò la regola. Numerosi della eroica Milizia Fascista
furono i casi di soldati prigionieri o feriti che vennero torturati e seviziati prima che altri reparti potessero portare loro [Il Telegrafo del 2 febbraio 1943]
soccorso; si veda a tal proposito le vicende dei feriti del 122° reggimento della divisione Macerata o del 2° reggimento
della divisione Re nella seconda metà del 1942. Episodi di un comportamento benevolo nei confronti dei soldati italiani (38) Relazione del Comando del XVIII
devono piuttosto riferirsi ai casi di diserzione da parte di singoli elementi o gruppi di militari che decisero di unirsi ai gruppi Corpo d'Armata, 10 luglio 1943
partigiani o che semplicemente abbandonarono i propri reparti; in questo senso il comportamento tenuto dai partigiani fu
necessariamente conciliante nei confronti di casi che, dapprima isolati, andarono progressivamente aumentando con il (39) Relazione del Comando del XVIII
trascorrere dei mesi di operazioni. La differenza di comportamento nei confronti dei prigionieri che provenissero dai reparti Corpo d'Armata, 14 luglio 1943
di camicie nere o dai carabinieri rispetto ai soldati dell’Esercito, quando essi fossero caduti nelle mani del nemico,
rappresentava un elemento certamente noto ai vertici militari, sia per il morale che si diffondeva nei reparti, sia per l’effetto (40) La M.V.S.N. a Siena la mattina del
psicologico ch’esso poteva provocare, come riportato nelle relazioni inviate al Comando della M.V.S.N. da parte del 26 luglio 1943 nei ricordi di Piero
Servizio Informativo sulla situazione in Dalmazia del giugno 1942, che evidenziavano un clima di scollamento e di scarso Ciabattini
spirito bellico nelle unità dell’Esercito (18).
Per la coscienza dell'opinione pubblica in patria e per gli stessi militari si trattava di un brusco richiamo alla realtà delle
cose; appariva evidente che non si trattava più di celebrare la presenza italiana in un territorio finalmente redento; al di là
della commozione per la morte di legionari della provincia, veterani della campa-gna in Africa Orientale e molto conosciuti
a Siena e nella provincia, non poteva essere ignorato il fatto che nei territori occupati la situazione fosse ben diversa da
quella paventata dalla propoganda. Il contenuto di alcune corrispondenze inviate dai militari alla famiglie dalle zone di
impiego e sottoposte alla censura militare rappresenta il paradigma dell’offuscamento del mito della presenza italiana
come apportatrice di benessere e civiltà. Carlo Federigo
Una testimonianza del comportamento delle camicie nere della legione e delle conseguenze dei metodi adottati nel corso
dei rastrellamenti viene dalle parole di un soldato della 15.a compagnia mortai da 81 della Bergamo in una lettera al padre
Degli Oddi
in provincia di Mantova o nelle memorie del cappellano militare della divisione Granatieri, che condivise dal settembre al
novembre 1942 le settimane d'impiego nel corso di un ciclo operativo descrivendo le conseguenze dei rastrellamenti (19).
Ad una visione di generalizzata condanna nei confronti di tutte le truppe italiane nei Balcani, suffragata dalla attività di Carlo Federigo Degli Oddi
raccolta di dati e memorie a sostegno degli episodi nei quali gli italiani si macchiarono di crimini contro la popolazione (Alessandria d'Egitto, 3 febbraio 1895 -
civile, si contrappone infatti la documentazione che testimonia le vessazioni delle quali i militari italiani catturati vennero Belvedere Marittimo, 1970)
fatti oggetto con torture e sevizie da parte dei partigiani.
Il comportamento più diffuso del militare italiano nei territori occupati, genericamente tipico di tutti i reparti, ma Nato nel 1895 ad Alessandria d'Egitto e
spiccatamente caratteristico dei reparti di camicie nere, fu quello, come abbiamo visto dai due brani precedenti, del trasferitosi a Milano, prese parte alla prima
saccheggio e dell'incendio delle case e dei villaggi. Questa condotta, che faceva somigliare le truppe italiane a colonne di guerra mondiale come ufficiale. Nel
moderni lanzichenecchi e della quale rimane una imponente memorialistica, rimase pressochè costante per tutti i mesi di dopoguerra come ufficiale in servizio
occupazione; rappresentava la risposta, del tutto controproducente, da un lato all'attività dei gruppi partigiani e dei loro permanente effettivo prese parte alla
fiancheggiatori, dall'altro, altrettanto controproducente, alla penuria di viveri e materiali che sembrava colpire campagna di pacificazione di Libia assumendo
sistematicamente i reparti. poi il comando di un reparto delle Legioni
Dopo alcune azioni di rastrellamento nell’area di Malovan allo scopo di individuare il gruppo partigiano là operante, Libiche Permanenti.
responsabile dell’imboscata del 3 dicembre e del rapimento del capo manipolo Bartalucci e degli altri militari, le compagnie Dopo aver preso parte alla campagna in Africa
della LXXIX Legione si limitarono alla sorveglianza delle direttrici tra Spalato, Sinj e Livno, alternando i servizi di Orientale assunse nel 1938 il comando della
protezione per le autocolonne in transito alla vigilanza degli accantonamenti di Sinj e Kupres ove erano alloggiati i due 97.a Legione della MVSN, incarico che
battaglioni e la compagnia mitraglieri. mantenne fino all'inizio del 1941 quando venne
La mattina del 3 gennaio 1942, lungo la strada tra i villaggi di Briga e Trnava Poljane, veniva assaltato l'autoveicolo del
servizio postale usato dagli italiani tra Sinj e Livno ed un’autocorriera al seguito. Un gruppo di 17 partigiani aprì il fuoco
contro il mezzo, costringendolo ad arrestarsi ed uccidendo gli occupanti: due carabinieri, il colonnello Vito D'Aloia, ufficiale
della divisione Bergamo e la camicia nera scelta Adolfo Quercini di Siena, classe 1905 (20).
L’autocolonna dei soccorsi, giunta sul luogo dell’agguato dopo alcune ore, riuscì a catturare alcuni civili che fuggivano
dalle case di Vlaka, nei pressi delle quali vennero recuperati i corpi ancora all’interno degli automezzi; nel corso del
successivo rastrellamento, condotto da tre plotoni dell’89° battaglione, gli abitati di Vlaka e Trnava Poljane, trovato
abbandonato dalla popolazione e sospettati di aver ospitato gruppi di partigiani, vennero circondati ed incendiati per
rappresaglia. Nel corso del tragitto di rientro a Sinj, la colonna ebbe modo di raccogliere 10 militari, tra i quali tre feriti,
catturati dai ribelli e rilasciati probabilmente al momento dell’inizio del rastrellamento e dell’incendio dei villaggi. In una
rincorsa affannosa a presidiare ogni principale centro abitato lungo le direttrici di comunicazione dell'entroterra dalmata
contro le imboscate dei gruppi partigiani, il comando italiano decise per un nuovo riposizionamento dei reparti: le
compagnie dei reggimenti 25° e 26° vennero dislocati in una serie di presidi lungo l'intero tracciato delle strade, da Sinj a
Tomislavgrad, Prozor, Livno, Rujani, Sujica, Glamoc, Bugojno e Imotski. Il 97° battaglione venne concentrato a Kupres,
eccetto la 2.a compagnia di supporto a Glamoc, e l'89° battaglione posizionato a Sinj con la 97.a compagnia mitraglieri di
supporto (21); così disposti, i reparti avrebbero atteso il miglioramento delle condizioni climatiche per riprendere l'iniziativa
contro i partigiani, contenendo la propria attività all’addestramento al combattimento ed a limitate azioni di rastrellamento
nelle località più prossime ai presidi.
Durante il mese di gennaio i gruppi partigiani si limitarono a sporadiche incursioni in villaggi isolati, tali da non consentire
una reazione immediata da parte dei reparti dislocati nei centri principali della zona; nelle settimane successive tuttavia si
verificò una crescente attività dei ribelli, costringendo il comando italiano ad intensificare le azioni i rappresaglia, mediante
l’incendio delle case dei villaggi di Udovicic e Ovrlja il 6 ed il 7 febbraio e con la cattura di alcuni ostaggi civili come
deterrente. A partire al mese di febbraio infatti la strategia più frequentemente adottata dai partigiani prevedeva di
organizzare imboscate ed agguati che provocassero l'arrivo dai presidi più vicini di reparti di soccorso o in attività di
ricognizione per poi accettare l'ingaggio in caso di superiorità numerica oppure ripiegare velocemente verso le proprie basi
in caso di condizioni ritenute sfavorevoli. nominato comandante del 97°Battaglione
Una prima concreta applicazione di questa strategia coinvolse nel febbraio 1942 le camicie nere dell'89° battaglione tra i CC.NN d'Assalto prendendo parte alle
villaggi di Ribarica e Koljane: il 19 febbraio un camion in transito lungo la strada tra Vrlicka e Sinj venne fatto oggetto di un operazioni contro la Jugoslavia del marzo
intenso fuoco di mitragliatrici e costretto a fermarsi. Dopo aver catturato un ufficiale e quindici domobrani presenti 1941 ed ai cicli oeprativi contro le formazioni
sull'automezzo, immediatamente condotti a Svilaj, i partigiani attesero l'arrivo dei reparti italiani. partigiane in Croazia, Bosnia e Dalmazia.
Due compagnie inviate in soccorso tentarono l'ascesa alle alture sopra l'abitato di Krunic, incappando in un sistema di In seguito all'armistizio passò con tutto il
campanelli d'allarme mimetizzati nelle neve: ne nasce un furioso scontro a fuoco che costa la vita a due militi dell'89° battaglione alle dipendenze della 114.a Jàger-
battaglione, il vice Caposquadra Marino Pellegrini di Guardistallo e la camicia nera scelta Adolfo Bandini, oltre a numerosi Division tedesca in un reparto che assunse la
feriti (22). denominazione di Miliz-Regiment "De Maria".
Alla tattica delle incursioni nei confronti dei villaggi isolati e degli agguati alle autocolonne in transito lungo le strade, i Rientrato in Italia, dopo un periodo di
partigiani affiancarono un crescente utilizzo dei blocchi stradali, realizzati con l’abbattimento degli alberi o sempre più addestramento presso il campo di Munsingen
frequentemente con la tattica di minare la sede stradale, costringendo i reparti italiani a faticose operazioni di bonifica e in Germania, degli Oddi assunse il comando
riassetto delle rotabili; la minaccia di agguati ed imboscate, inoltre, obbligava a fornire una robusta scorta alle unità del del I battaglione del 1° Reggimento Milizia
genio incaricate dei lavori, incombenza sovente affidata alle compagnie dei battaglioni CC.NN. che sottraeva ulteriormente Armata di stanza a Milano.
efficacia alla capacità di reazione dei presidi. Durante uno dei servizi di scorta e protezione ai reparti che ope-ravano sul
fondovalle lungo la strada, il 14 marzo rimaneva ferita la camicia nera Alidio Martini di Montalcino allorchè il proprio

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reparto, in località Kalapic, in un primo momento accerchiato dal nemico causa la nebbia ed il terreno boscoso, riusciva a Acta della Fondazione della R.S.I.-
disimpegnarsi solo dopo un lungo scontro a fuoco. Istituto Storico, "Legionario dell'onore".
L’insidia rappresentata dalle imboscate ed il costante stato di allarme proclamato fin dal 16 marzo dal comando della
divisione Bergamo costringevano ad un quotidiano utilizzo di tutte le compagnie della Legione disponibili; nelle ultime
settimane del mese infatti vennero assegnati continui servizi di scorta ad autocolonne ed operazioni di rastrellamento nei
villaggi nei quali era stata segnalata la presenza di partigiani o elementi sospetti. Le opera-zioni, condotte con le
compagnie di camicie nere autocarrate e con il supporto di mezzi blindati ed artiglieria divisionale, si spingevano lungo
l’intera area di competenza divisionale, attraverso villaggi abbandonati dalla popolazione civile e che venivano dati
sistematicamente alle fiamme: Podgreda il 23 marzo, Dolac il 24, Kukovic il 25, Vagali due giorni dopo, Katici ed i villaggi
vicini il giorno 31, dopo che era stato necessario persino occupare il monastero di Dragovic, che i partigiani avevano
fortificato con trincee e muri di pietra per sbarrare la rotabile. Immagini
Fu tuttavia il successivo mese di aprile 1942 a segnare l'episodio più sanguinoso della storia del 97° battaglione d'assalto;
negli scontri attorno al massiccio del Vjestica Gora il reparto lamentò sette caduti, sei dispersi e ventuno feriti, che valsero
ai suoi militi tre medaglie al valore militare, tre croci di guerra, due promozioni sul campo e otto encomi. Nella notte del 6
aprile un gruppo formato da circa cinquanta partigiani si era infiltrato lungo la strada tra Vrlika e Sinj per azioni di
sabotaggio: secondo la consueta tattica, dopo aver divelto 107 pali del telegrafo e fatto crollare un ponte sull'affluente
Debar del fiume Cetina, i ribelli si erano preparati ad una imboscata vicino al villaggio di Koljane nei confronti degli
ustascia e degli italiani che fossero presto giunti a riparare i danni; un drappello di otto parti-giani si era trincerato vicino
alla strada sul lato destro del fiume, mentre gli altri si erano schierati sulla riva sinistra su di una posizione elevata, da cui
potevano meglio controllare la strada.
L’indomani venne fermata una corriera in transito sulla strada e tirati fuori a forza due ustasha che vi viaggiavano come
passeggeri; dopo essere stati minacciati, vennero lasciati andare in direzione di Sinj, affinchè avvertissero il locale
comando che la strada era occupata dai partigiani. Alle ore 13 si mosse infatti da Sinj una colonna di trenta automezzi,
composta dal 97° battaglione rinforzato da una squadra mitraglieri e una sezione di mortai da 81, diretta verso le alture a Jugoslavia, aprile 1941 - settembre 1943
nord di Sinj, per effettuare un rastrellamento lungo la rotabile per Vrlika-Vjestica Gora-Razdolje.
All'altezza del villaggio di Maljkova, la colonna si divise in due gruppi: mentre il più consistente, con ventiquattro mezzi, Siena, 1943
proseguì per Vrlika, dove il giorno prima erano stati strappati e divelti i pali telefonici isolando i collegamenti e dove erano
stati segnalati partigiani ancora nell'area, i rimanenti sei camion continuarono la marcia lungo il lato destro del fiume. Il
gruppo degli otto partigiani in agguato aprirono immediatamente il fuoco con fucili e mitragliatrici, incendiando il camion di
testa e costringendo la colonna a interrompere la marcia, per poi ritirarsi gradualmente verso Svilaja: la colonna principale,
che stava percorrendo la strada verso Vrlica, appena uditi gli spari e accortisi dell'imboscata, si venne a trovare sotto il tiro
dei partigiani trincerati sulla collina sulla riva sinistra (23).
Nell'imboscata caddero colpiti a morte il centurione Bruno Crocchi di Torrenieri, classe 1893, cui venne conferita la
medaglia di bronzo alla memoria, il capo squadra Olinto Medaglini di Montalcino, classe 1910, le camicie nere Eufemio Militaria
Sassetti di Montalcino, classe 1912 e Nello Viti di Trequanda, classe 1908, deceduto il giorno 8 all'ospedale da campo n.
134 di Sinj per le ferite riportate (25); rimasero invece feriti i capo squadra Francesco Pellati di Siena e Angiolo Giannini di
Chiusi, il vice capo squadra Crescenzo Antonini di Torrenieri, la camicia nera scelta Mario Brocchi di Casole d'Elsa, e le
camicie nere Umberto Becatti e Mario Chini di Siena, Arturo Marchi di Casole d'Elsa e Mosè San-telli di Montepulciano.
La scomparsa del centurione Crocchi colpì profondamente la federazione fascista provinciale: proveniente da una famiglia
di industriali che aveva già visto cadere due fratelli nel corso della prima guerra mondiale, aveva rappresentato per la
comunità di Torrenieri, una frazione del comune di Montalcino, un imprescindibile punto fermo della vita economica e
sociale (24). Pur esonerato dal servizio attivo come dirigente di stabilimento industriale ausiliario , si era arruolato
volontario con il 97° battaglione assieme ad altri suoi dipendenti nella vita privata, la camicia nera Nello Viti, caduto
assieme a Crocchi ed il vice capo squadra Crescenzio Antonini, che rimase ferito nella stesso scontro (26); nel corso del
combattimento, colpito a morte il centurione Crocchi, il disimpegno del reparto sotto il fuoco nemico era stato completato
dal capo squadra Francesco Pellati, il quale, benchè seriamente ferito, per la sua determinazione ricevette la promozione
sul campo.
All'indomani i combattimenti ripresero ancora più intensi: confidando di aver assestato un colpo durissimo al nemico, il Medaglia di bronzo al Valor Militare alla
gruppo partigiano non si ritirò sulle alture del Vjestica Gora, dove aveva posto il comando, ma, imbaldanzito dal successo, Camicia Nera Carlo Mencatelli
pose il proprio campo nella pianura che costeggiava il villaggio di Razdolje per trascorrervi la notte. La colonna giunse nei
pressi del villaggio mentre i partigiani erano ancora intenti a dormire nelle stalle: avvertiti da un pastore che gli italiani Cartolina militare
stavano risalendo quota 1272 a sud del campo per aggirare le posizioni lungo il crinale, i partigiani si schierarono 97.a Compagnia mitraglieri - P.M. 73
frettolosamente occupando le alture circostanti.
La sorpresa e la lenta reazione dei ribelli non vennero adeguatamente sfruttate dalle camicie nere, che non riuscirono ad Cartolina del 97° Battaglione d'assalto
occupare anche la quota 1290 e chiudere così la ritirata: con l'arrivo di un altro gruppo partigiano, guidato dal comandante CC.NN.
Vicka Krstulovic e che portò il numero dei combattenti a circa cento unità seguì un feroce scontro a fuoco. Sfruttando i
pendii rocciosi del Vjestica Gora i partigiani respinsero per tutta la mattina gli assalti portati lungo un fronte di circa dieci
chilometri, contrattaccando le unità che si erano spinte troppo avanti.
Alle 10 del mattina la 2.a compagnia comunicava di essere accerchiata e sottoposta all'attacco da tre lati; in suo soccorso
accorreva la prima compagnia, che si venne subito a trovare bloccata sulle medesime alture. Cominciando a scarseggiare
le munizioni ed impossibilitati a resistere, i reparti iniziarono il ripiegamento verso q.1251 e lo sgombro dei feriti, incalzati
dai partigiani. Prima che le due compagnie riuscissero a disimpegnarsi ed a ripiegare nel villaggio di Zasiek, il
combattimento aveva provocato circa venti tra morti, dispersi e feriti oltre alla cattura del comandante del reparto, il Documenti
centurione Lavinio Vivarelli (27); la notizia giunse a Siena alla famiglia i giorni immediatamente successivi alla battaglia di
Vjestica Gora e per alcuni giorni venne mantenuta la speranza di una possibile liberazione attraverso uno scambio con
alcuni prigionieri.
Il comando partigiano, intenzionato inizialmente ad utilizzare Vivarelli per uno scambio di prigionieri e di restituirlo agli
italiani in cambio degli esponenti del Partito Comunista jugoslavo Rade Koncar, detenuto nel carcere di Spalato, che
sarebbe stato fucilato alcuni mesi dopo, e Ivo Lavcevic, trasferì immediatamente i prigio-nieri nelle retrovie, temendo un
prossimo contrattacco italiano.
Questo si limitò solo ad un bombardamento di artiglieria che, pur colpendo la zona, non individuò i fienili dove si erano
rifugiati i partigiani; ripresa la marcia di trasferimento, durante una sosta nei pressi del villaggio di Sajkovici, il capo del
locale distaccamento partigiano Cvijo Orescic decise invece che il Vivarelli dovesse essere ucciso, per evitare che una
volta tornato libero egli potesse indicare quel villaggio come una base dei partigiani, provocando rappresaglie. La notizia
della morte dell'ufficiale venne portata al comando di battaglione da un pope della zona, senza che fosse possibile
individuarne il cadavere.
Caddero, colpiti a morte, il centurione Goliardo Parisini di Bologna, classe 1908, vice comandante provinciale della G.I.L. Relazione del Comando dei RR.CC. di
di Siena, la camicia nera scelta Nello Bruni di Siena, classe 1906 e la camicia nera Arturo Bernardoni di Siena, classe Zara sull'agguato all'autocolonna del 4
1908, attendente dell'ufficiale e dipendente del Parisini presso il Comando Provinciale di Siena della G.I.L. che cercò dicembre 1942
disperatamente di riportare il cadavere del superiore verso le linee italiane, prima di essere a sua volta colpito
mortalmente. Cinque furono i dispersi, tra cui il vice capo manipolo Giuseppe Montini di Gaeta, classe 1914, oltre alle Comando del XVIII Corpo d'Armata -
camicie nere Gilberto Pinzuti di Sinalunga, classe 1909, Serafino Nencini di Casole d'Elsa, classe 1910, Aldo Cappelli di Comunicato 14 luglio 1943
Pienza, classe 1911 e Giuseppe Negrini di Siena, classe 1909; i feriti furono invece tredici, l'aiutante Aldo Bartoli di Siena,
il capo squadra Galeazzo Floridi di Casole d'Elsa, il vice capo squadra Gregorio Giliotti di Cetona, la camicia nera scelta
Elvio Goracci di Torrita di Siena, e le camicie nere Marino Baiocchi, Giuseppe Nocci e Assuero Prezzolini di Abbadia San
Salvatore, Giuseppe Fanti e Umberto Monaci di Montalcino, Giovanni Giovannetti di Siena, Delfino Fe' di Sarteano,
Giovanni Paradisi di Piancastagnaio e Giuseppe Mangiavacchi di Torrenieri, anch'egli dipendente di Bruno Crocchi nella
vita privata.
Per il proprio comportamento, alla camicia nera Bernardoni venne assegnata alla memoria la medaglia d'argento al valore
militare,mentre il centurione Parisini venne decorato con la medaglia di bronzo al valore militare alla memoria. Alle

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memoria delle due figure, molto note a Siena per l'attività in seno alla G.I.L., venne riservata una commossa celebrazione;
più di anno più tardi, nella immediata vigilia del crollo del regime fascista, la stessa organizzazione giovanile utilizzò la
morte dei due militi come esempio iconografico in uno degli ultimi appelli alla gioventù senese (28).
Anche ad altri militi vennero concesse decorazioni per la determinazione mostrata durante i combattimenti, a
Albo d'onore della
testimoniarne l'asprezza: il vice capo manipolo Giuseppe Montini, disperso nella giornata dell'8 aprile, venne promosso sul 89.a Legione Etrusca
campo per meriti di guerra, analogamente al vice capo manipolo Sergio Rosi, che alla morte degli altri ufficiali, aveva
condotto il ripiegamento ordinato del reparto, proteggendolo dalla minaccia di accerchiamento. Vennero inoltre decorati
con la croce di guerra al valore militare le camicie nere Quinto Serafini, Elvio Goracci e Alvaro Meliciani, mentre il
comportamento nel corso dei furiosi combattimenti valse inoltre l'encomio da parte del comando di legione ai vice capo Elenco dei caduti
squadra Dino Gambarotta di Chiusi e David Gambassi di Radda in Chianti, ed alle camicie nere Amelio Mammoletti,
Corrado Capecchi e Ruggero Sbrolli di Abbadia S.Salvatore, Gabriello Mancini di Radda in Chianti, Alessandro Cami e
Giovanni Brugnoli di Chiusi.Oltre al caso del centurione Vivarelli, del quale non venne ritrovato il corpo, anche per gli altri
dispersi e le loro famiglie non fu possibile recuperare le salme dei legionari. (29)
Ad appena pochi giorni di distanza dai sanguinosi combattimenti del Vjestica Gora, le compagnie del 97° battaglione si
trovarono nuovamente impegnate in combattimento: il 14 aprile entrambi i battaglioni della LXXXIX legione, rinforzati da
una compagnia carri leggeri e supportati da una compagnia mortai e due batterie reggimentali vengono inviati in
operazione di rastrellamento della zona a nord ovest della catena del Mosar, ove era stata segnalata una banda partigiana
in movimento (30).
Dopo aver provveduto al rastrellamento della zona di Dugopolje, Ragosica, Staje e Jurenica nel corso del 15, il giorno
successivo i reparti entrano in contatto con i ribelli, da cui ben presto si trovano attaccati e minacciati di accerchiamento.
Costretti a sostare all'addiaccio sulle posizioni occupate, i reparti passano la notte a respingere tentativi di infiltrazione ed
accerchiamento che costano la vita alla camicia nera Giuseppe Falsetti di Castiglione d'Orcia, classe 1911, decorato con
la medaglia di bronzo alla memoria, oltre al ferimento di un milite dell'89° battaglione e della camicia nera Aldo Rocchi di
Chiusi appartenente alla 97.a compagnia mitraglieri.
Rientrati il 19 aprile presso gli accantonamenti di Signo, i reparti della Legione vennero impegnati per tutto il resto del
mese e nelle successive settimane fino a luglio in continui servizi di scorta alle autocolonne dirette a Spalato ed a Livno; a
tali incombenze si alternavano le consuete periodiche operazioni di rastrellamento ordinate dal comando divisionale nelle
zone in cui era stata segnalata la presenza di gruppi partigiani.
La metodologia repressiva condotta da parte dei reparti italiani nel corso dell’estate 1942 mantenne le consuete
caratteristiche: nel corso del rastrellamento nella zona del Kasmenica effettuato tra il 16 ed il 18 maggio, dopo aver
catturato decine di civili che non erano riusciti a fuggire in tempo, vennero bruciate tutte le case e capanne sospette di
avere alloggiato i ribelli, nel corso delle operazioni contro le pendici del Vjestica Gora dal 10 al 14 luglio i villaggi dell’area
tra Jelenic e Debolo Bic vennero pesantemente colpiti da un intenso bombardamento di artiglieria. Una reazione quindi
che veniva ad essere considerata legittima da parte delle forze armate, ed infine giustificata agli occhi dell'opinione
pubblica; una intensa attività di propoganda venne messa in moto per descrivere i ribelli jugoslavi come sanguinari
criminali (31).
Il 10 luglio le alture del Vjestica Gora furono ancora il teatro di un'operazione di rastrellamento operato da una compagna
di ustasha, novanta miliziani cetnici e reparti italiani interdivisionali composti dal secondo e terzo battaglione del 152°
reggimento, del terzo battaglione del 151° reggimento della divisione Sassari, il secondo del 25° reggimento ed il secondo
del 26° reggimento della Bergamo, una compagnia del 97° battaglione di rinforzo all’89° battagalione, due batterie dell'81°
reggimento di artiglieria e un plotone lanciafiamme: ripartite in colonne distinte, le forze italiane, croate e cetniche,
quest'ultime guidate personalmente dai pope Dujic e Bugonovic, cercarono di circondare il Vjestica Gora e di attaccare da
direzioni differenti (32).
La prima colonna di attacco da nord, attraversando i villaggi di Peulje, Crni Lug, Kazanci e Sajkovici, la seconda
dall'abitato di Koljane ad ovest, la terza infine da sud-est proveniendo da Hrvace, tutte con il compito di strigere
progressivamente l'anello attorno al Vjestica Gora ed alle bande partigiane; la quarta colonna avrebbe dovuto infine
chiudere ogni via di fuga verso i villaggi di Vrdova e Kamesnici. Dopo aver preso contatto con i partigiani all’alba del giorno
12, con il supporto dell'artiglieria e di uno spezzonamento aereo i reparti mossero iniziarono l'attacco, occupando i villaggi
di Vrdova, Razdolje e Bravceva Dolca che, trovati abbandonati dalla popolazione, vennero incendiati; il lento movimento di
avvicinamento alle alture del Vjestica Gora, rallentato dalle pessime condizioni atmosferiche e l'accanita resistenza dei
gruppi partigiani ritardarono la progressione e l’efficacia della manovra, fino al completo arresto dell'avanzata al calar della
sera.
Nel corso della notte, i partigiani sfondarono la linea di accerchiamento nel settore tenuto dai cetnici, tra Kazanci e Crni
Lug, riuscendo a sfilare quasi interamente; circa 800 partigiani riuscirono a sfuggire al rastrellamento e riparare nella zona
di Koljane, dove rinforzarono le posizioni del 2° battaglione dalmata . Nel corso dell’operazione, nei pressi del villaggio di
Gradina, elementi della 2.a compagnia del 97° battaglione avevano recuperato la salma del capo manipolo Parisini caduto
negli scontri dell’8 aprile precedente ; rientrati agli accantonamenti di Sinj, i reparti della Legione ripresero i consueti
servizi di scorta alle autocolonne dirette a Spalato.
Veniva intanto costituita la Compagnia Divisionale Arditi, deno-minata “Frecce Nere”, formalmente la prima compagnia
dell’89° battaglione CC.NN. Etrusco rinforzata da due plotoni del 97° battaglione e da un plotone mitraglieri della 97.a
compagnia, a disposizione del comando divisionale ed utilizzata per compiti di esplorazione ed intervento rapido; il
battesimo del fuoco dell’unità avvenne il 26 agosto, durante il rastrellamento dell'area di Biakovo e del passo Sv.Ilija
(Sant’Elia) dove era stata segnalata la presenza di una banda partigiana. Nell’attacco cadeva la camicia nera Ivo Contorni
di Abbadia San Salvatore, classe 1911, falciato mentre assaltava una posizione di mitragliatrici posizionata su di un
costone; veterano della campagna in Africa Orientale, ed in quella di Spagna era stato tra i primi ad entrare a Castua nella
prima operazione del battaglione nel corso della campagna jugoslava, gli venne conferita la medaglia di bronzo al valore
militare alla memoria (33).
L'asprezza dello scontro e la determinazione mostrata dai militi valsero l'encomio solenne del comandante del Corpo
d'Armata al vice capo squadra Adamo Betti ed alle camicie nere Corrado Emilio Gori e Roberto Maccari, tutti di Sarteano
ed appartenenti alla compagnia mitraglieri. Vennero inoltre premiati con un encomio solenne da parte del comando della
divisione Bergamo in data 28 agosto 1942 e del comando di battaglione in data 4 settembre le camicie nere Corrado
Fineschi di Montalcino, Ugo Gagliardini di Rapolano e Igino Piccinetti di Abbadia San Salvatore, impegnati presso il
presidio di Zrnovica.
Occupato il passo e posto in sicurezza la zona, le camicie nere della compagnia Arditi procedettero al rastrellamento
anche nei giorni successivi, incendiando i villaggi della zona di Draga e Malj Vrk trovati abbandonati dalla popolazione
civile in attesa di congiungersi con le avanguardie della Divisione Messina destinata a dare il cambio al reparto; il 2
settembre infine il comando Legione ed i reparti dipendenti si dispiegavano tra Makarska e Zadvarje, in prossimità della
litoranea Spalato-Almissa. Nelle prime settimane del mese le operazioni compiute dalle compagnie del 97° battaglione si
dispiegarono infatti lungo la costa dalmata: oltre alle operazioni di rastrellamento divenute consuetudinarie, effettuate per
via ordinaria e più raramente autocarrati, frequenti furono persino i trasferimenti con motozattere e velieri con partenza da
Almissa e San Martino per effettuare rastrellamenti e ricognizioni nei villaggi costieri di Vranjca, Gustrina e Vrsine.
Seguendo quella che fu l'abituale inclinazione del comando ita-liano a spostare i reparti di camicie nere e posizionarli in
base alle esigenze e alle necessità del momento, dal mese di settembre 1942 al successivo novembre il 97° battaglione
passò organicamente sotto il comando del V corpo d'Armata, composto dalle divisioni di fanteria Re, Lombardia e
Granatieri, con cui prese parte a due cicli operativi nell'Erzegovina: il 19 settembre il reparto parte da San Martino per la
zona di Grahac e successivamente a mezzo ferrovia per Perusic, ove si accantonò il giorno 22 in attesa dell’inizio del ciclo
operativo.
Nel corso dell'inizio delle operazioni di rastrellamento della zona del monte Korcula, il battaglione si lancia all'assalto di
quota 564, dovendo resistere dopo quattro ore di accanito combattimento, per il quale ottenevano l'encomio solenne del
Comandante del V Corpo d'Armata il vice capo squadra Aldo Ricci di Gracciano di Montepulciano e la camicia nera Dino

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Favilli di Siena, respinti dall'accanita resistenza del reparto partigiano e dalla natura del terreno impervio.
Ad inizio del mese di ottobre 1942, una giornata seconda per asprezza solo a quelle dei combattimenti sul Vjestica Gora,
avrebbe preteso dal battaglione un nuovo pesante tributo di sangue. L'attività dei gruppi partigiani si era intensificata in
tutto il settore di competenza del V corpo d'armata: scontri a fuoco venivano segnalati con reparti del terzo battaglione del
74° reggimento di fanteria della divisione Lombardia nei pressi della torre di guardia di Ogulin il giorno 1 e con quelli del
terzo battaglione del 122° reggimento fanteria della divisione Macerata lungo la strada tra Delnica e Brod na Kupi il giorno
seguente. Nel settore della divisione Granatieri il 2 ottobre alcuni reparti partigiani erano stati protagonisti di attacchi
contro i presidi attorno all'abitato di Medak lungo la strada, mentre il terzo battaglione del 151° reggimento aveva dovuto
combattere duramente per respingere un attacco tra Risovac e Metlaci; l' XI reggimento bersaglieri infine era stato
impegnato da una forte resistenza sulle alture tra i villaggi di Smiljan e Brezovo (34).
Nella notte tra il 2 ed il 3 ottobre un'altra azione di sabotaggio aveva seriamente danneggiato un tratto di ferrovia tra
Gospic e Ribnik; all’alba il 97° battaglione si diresse dal presidio di Lesce dapprima a mezzo ferrovia a Gospic e
successivamente nella zona di Bilaj per verificare la situazione e proteggere i reparti del Genio incaricati di effettuare le
riparazioni della linea ferroviaria e stradale. Avvisato che un forte contingente partigiano si trovava ancora nell’area, il
comando divisionale della Re dispose l’immediato ordine di attacco alle tre compagnie rinforzatecda un plotone
esploratori; dopo tre ore di strenuo combattimento, i reparti ricevono l'ordine di ripiegare.
Negli scontri caddero il vice caposquadra Igino Martini di Mon-talcino, classe 1914, la camicia nera Sestilio Guerranti di
Monteriggioni, classe 1908, e le camicie nere Ermenegildo Garoni di Montalcino, classe 1909, Gilberto Marini di
Arcidosso, classe 1914, Giuseppe Marconi di Montalcino, classe 1907, questi ultimi tutti appartenenti, assieme a Martini,
al Fascio di Castelnuovo dell'Abate, piccola frazione di Montalcino. Rimasero invece ferite le Camicie Nere Giacinto
Beligni e Artemio Mazzeschi di Sinalunga, Pietro Palmieri e Marino Guerrini di Castiglione d'Orcia, Carlo Medaglini e
Arturo Ferretti di Montalcino. Alla memoria del vice caposquadra Martini sarebbe stata assegnata la medaglia di bronzo al
valore militare.
Lo stillicidio di perdite dell’ottobre 1942 non si arrestò con la battaglia di Ribnik: oltre alle sporadiche operazioni di
rastrellamento, anche i servizi di scorta ad autocolonne in transito e di protezione ai reparti del Genio per la riparazione di
strade e linee telegrafiche rappresentavano un costante esporsi ad imboscate ed agguati sempre più intraprendenti. Il
giorno 18, nel corso di un servizio ordinario di ricognizione, i reparti della Legione furono coinvolte in uno scontro a fuoco;
assieme al capomanipolo dell’89° battaglione Paolo Losa, classe 1906 e alla camicia nera Mario Perini di Lari, classe
1908, cadeva la camicia nera Francesco Guidarelli di S. Casciano dei Bagni, classe 1912, appartenente alla 97.a
compagnia mitraglieri, decorato alla memoria con la croce di guerra al valore militare. Un'analoga asprezza
contraddistinse la giornata del 21 ottobre, quando tutti i reparti della Legione vennero impegnati in scontri ed agguati nelle
zona Studencj, Arzane e Zelevo; per la determinazione dimostrata veniva assegnato al I° capo squadra Settimio Mazzuoli
di Radicofani un encomio solenne da parte del comando della divisione Bergamo.
I giorni seguenti il 97° battaglione venne impegiato in operazioni di rastrellamento e ricognizione a breve raggio, durante le
quali vennero occupati i centri abitati di Dugopolje, al solito abbandonato dai civili all’approssimarsi delle camicie nere, e di
Zelovo, dove vennero incendiate le case rimaste illese dal cannoneggiamento delle batterie dell’artiglieria; nei villaggi
attraversati durante la marcia i militi si occuparono anche di cancellare le scritte di propaganda comunista che
campeggiavano sulla maggioranza dei muri. Esaurito finalmente il proprio compito nelle operazioni nell'Erzegovina, alla
fine di ottobre il 97° battaglione rientrò organicamente entro i reparti del VI corpo d'Armata, di nuovo alle dipendenze
dirette della divisione Bergamo.
Alla vigilia dell'inverno ed a causa dell'intensificarsi degli episodi di imboscate e sabotaggi da parte delle formazioni
partigiane, il comando italiano si persuase a dispigare i reparti su di un settore molto più ridotto rispetto all'anno
precedente, a protezione di Spalato. Ad inizio novembre, terminato l'arretramento della linea di-fensiva attorno alla città,
ove era posizionato il comando divisionale della Bergamo, il comando della LXXXIX Legione ed il terzo battaglione del 25°
reggimento, le guarnigioni vennero concentrate come presidio delle principali località: a Sinj il primo ed il secondo
battaglione del 25° assieme all'89° battaglione CC.NN., a Zadvarje il secondo battaglione del 26° reggimento, ad Imotski,
a 40 chilometri ad est di Spalato il primo battaglione del 26°, a Livno il terzo del 26° reggimento, a Makarska il 97°
battaglione camicie nere ed a Klis, appena a 15 chilometri a nord di Spalato, la 97.a compagnia mitraglieri (36).
Malgrado la riduzione del territorio di competenza dei reparti e la loro concentrazione in presidi meno isolati, che nel
disegno dei comandi avrebbe dovuto permettere un maggior contrasto all'attività delle bande partigiane, l'effetto più
immediato che questa produsse fu l'abbandono ed il disimpegno dalle aree più periferiche dell'entroterra dalmata e della
Erzegovina, nelle quali si infiltrarono rapidamente i gruppi ribelli. Il disegno tattico di poter meglio presidiare un territorio
più ridotto e conseguentemente meno esposto alle imboscate lungo le strade che si inerpicavano lungo le alture ed i
boschi dell'entroterra non venne raggiunto, dal momento che l'aggressività delle attività di sabotaggio e di imboscata dei
partigiani si spostò progressiva-mente fino ai sobborghi di Spalato.
I reparti della Legione trascorsero l’intero mese di novembre in continui servizi di pattugliamento, sorveglianza di presidi e
capisaldi e scorta per la quotidiana attività di riparazione delle vie di comunicazione, sottoposti ad un costante pericolo
rappresentato dall’intraprendenza delle unità partigiane; il 15 novembre un plotone della prima compagnia del 97°
battaglione dovette intervenire in soccorso del caposaldo di Makarska sud, attaccato durante la notte da un gruppo di
ribelli, il 20 in un agguato ad un'autocolonna di genieri presso Klis veniva ferita la camicia nera Alberto Bambini di
Montepulciano del plotone mitraglieri in servizio di scorta.
I due episodi fecero da prologo alla giornata del 4 dicembre 1942, quando la Legione subì un durissimo colpo nel corso di
un'imboscata lungo la strada litoranea tra Spalato e Makarska, tra i villaggi di Krilo e San Martino, quando rimasero uccisi
due ufficiali e ventuno camicie nere, oltre a sedici feriti tra i quali un ufficiale; alle ore 8 un plotone della 3.a Compagnia
dell'89° Btg.CC.NN. rinforzato da una squadra della 97.a Compagnia Mitraglieri CC.NN. partito autocarrato per recarsi in
località Grljevac a scorta alla squadra dei tagliatori del bosco vennero investiti da raffiche di armi automatiche e fucili
provenienti dalle quote dominanti e da tutti i lati della strada nei pressi di S. Martino. L'allarme dato da una postazione
vicina al villaggio fece mobilitare i reparti del caposaldo e quelli giunti di supporto, senza tuttavia riuscire a prendere
contatto con il reparto partigiano che riusciva a rifugiarsi nelle alture oltre Podstrana.
I caduti dell'89° battaglione furono il Centurione Vincenzo Lessi, il Capomanipolo Giovanni Grassullini, il Sotto
Capomanipolo Diego Fagioli, il caposquadra Spartaco Franchi, le camicie nere scelte Mario Giacomelli, Goffredo Bertini,
Gino Bertelli e Amos Gasperini, le camicie nere Libero Fedi, Gabriello Bellucci, Secondo Burgalassi, Rizieri Bientinesi,
Remo Bianchi, Guido Ferretti, Dino Iacoponi Dino, Nicola Lombardi, Dante Maggini, Salvatore Marsella, Corrado Vanni,
Duilio Falugi, Nello Orlandini, Ernesto Turini. Tra i militi appartenenti alla 97.a compagnia mitraglieri di scorta
all'autocolonna, caddero il caposquadra Bruno Mencattelli di Montepulciano, classe 1911 e la camicia nera Carlo
Mencatelli di Montepulciano, classe 1912, mentre rimasero ferite le camicie nere Zelindo Bianchini di Pienza, Archimede
Cittadini di Montepulciano e Olivie-ro Boldrini di Radicofani. Alla camicia nera Carlo Mencatelli venne concessa alla
memoria la medaglia di bronzo al valore militare ed al capo squadra Bruno Mencattelli venne concessa alla memoria la
croce di guerra al valore militare; per il comportamento tenuto nel corso del combattimento, alla camicia nera scelta
Quinto Barbieri di Piancastagnaio venne tributato l'encomio solenne da parte del comando della legione.
Dopo appena due giorni il 97° battaglione perdeva inoltre le camicie nere Brunetto Granai di Asciano, classe 1906 e
Antonio Calabresi di Montepulciano, anch'egli della classe 1906; di presidio nel villaggio di Baska Voda, posto lungo la
litoranea a sud di Spalato, i due militi trovarono la morte nel corso della notte per le esalazioni di monossido di carbonio da
una rudimentale stufa utilizzata per ripararsi dal freddo.
Le località teatro delle azioni di sabotaggio o delle imboscate erano sempre più vicine alla città di Spalato ed in tutto il
litorale veniva segnalata la continua presenza di gruppi di ribelli: il 9 dicembre solo il pronto intervento dei capisaldi tenuti
dalla 97.a compagnia mitraglieri di Makarska riusciva a respingere un attacco in pieno giorno condotto dai partigiani ad
una batteria del 4° reggimento della Bergamo, uscita imprudentemente dal posto di blocco per allenare i cavalli.
L’intraprendenza e la capacità di infiltrazione dei partigi anche nei centri urbani presidiati dai reparti italiani è testimoniata
dall’encomio ricevuto dai caposquadra Giulio Datteroni di Sinalunga e Abramo Piazzi di Cetona da parte del comando

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della divisione Bergamo per aver permesso la cattura di un gruppo di fiancheggiatori a Makarska durante le ore di libero
uscita.
La necessità di proteggere le principali linee di comunicazioni era divenuta impellente, dopo che il 15 dicembre la linea
ferroviaria Spalato-Knin era stata resa inutilizzabile per giorni a causa di una mina che aveva fatto deragliare un treno
blindato scortato da due plotoni della Compagnia Arditi Frecce Nere; la dinamica dell’imboscata organizzata dai partigiani
presso Kastel Stari (Castelvecchio) aveva palesato la vulnerabilità delle linee di comunicazioni anche in prossimità dei
principali centri abitati: durante un servizio di scorta sul treno blindato sul tratto Spalato-Knin, la locomotiva urtava una
mina posta sulla strada ferrata appena dopo la stazione, mentre dai roccioni soprastanti i partigiani aprivano un nutrito
fuoco di fucileria, lancio di bombe a mano e grossi macigni che vengono fatti rotolare sul tetto dei carri blindati e
bloccando la linea per un giorno intero. Il 19 dicembre l’intero 97° battaglione riceveva ordine di trasferimento per l’area di
Kastel Stari, nodo cruciale per le comunicazioni ferroviarie posto a pochi chilometri da Spalato tra la costa e le alture
prospicienti che si elevavano a quote superiori ai 500 metri: la prima e la terza compagnie provvedevano ad attendarsi sui
costoni ed iniziavano i lavori di fortificazione. Uno dei presidi, appena una settimana dopo, subiva un attacco simultaneo
da tre lati operato da un gruppo di circa duecento partigiani, che provocava il ferimento di tre legionari della terza
compagnia, il vice caposquadra Rinaldo Tarloni e le camicie nere Metello Nucci e Niccolino Ciacci, entrambi di Asciano.
Il 1942 si chiudeva per il 97° battaglione e per l'intera legione divisionale con un bilancio pesante in termini di perdite; in
dodici mesi di attività di contrasto ai partigiani, la LXXXIX legione lamentava cinquantanove tra caduti e dispersi e
ottantadue feriti, pari ad circa il 15% degli effettivi presenti in forza. Da un raffronto con altri battaglioni della Milizia
impegnati nei territori della ex-Jugoslavia possiamo valutare che l'entità delle perdite, molto rilevanti, risultava comunque
omogeneo rispetto a quelle di altri reparti di camicie nere presenti: la XLIX Legione, formata dal 49° e dal 53° battaglione
camicie nere ed aggregata alla divisione Marche in Bosnia, ebbe nel medesimo periodo circa sessanta tra morti e dispersi
ed oltre sessanta feriti, ed analoghe perdite ebbe la LXXXVI legione, formata dal 134° e dal 137° battaglione camicie nere
ed aggregata alla divisione Lombardia in Croazia.
La Milizia pagò uno pesante tributo alle condizioni nelle quali fu chiamata a combattere, che affondavano le proprie radici
nella contradditoria politica operata nei confronti dei reparti dal fascismo; con un addestramento limitato ed un
equipaggiamento carente in termini di potenza di fuoco, solo formalmente coesi con i corrispettivi reparti dell’esercito, i
militi si trovarono ad affrontare un conflitto duro e spietato, contro un avversario che faceva della propria prerogativa la
capacità di ingaggiare il nemico con una forza d'urto improvvisa e disimpegnarsi poi con agilità, muo-vendosi tra boschi e
montagne che favorivano una guerra di logoramento ed ingigantivano gli effetti delle imboscate.
Dopo i rovesci militari in Africa Settentrionale ed in Russia il morale delle truppe era generalmente molto basso, persino
incline allo scoramento tra le fila dell'esercito; le sorti della guerra apparivano inesorabilmente segnate e l'andamento delle
operazioni nella ex-Jugoslavia non incoraggiavano l'ottimismo; i proclami della propaganda, cui per forza di cose le
camicie nere apparivano maggiormente sensibili, non erano sufficienti a modificare lo spirito dei combattenti, costretti ad
una guerra di logoramento in un territorio ostile e lontano dalla Patria, prossimo prevedibile obiettivo dell'attacco nemico.
L'indebolimento del morale dei combattenti al fronte andava di pari passo con quello della popolazione nella madrepatria,
sottoposta quotidianamente a condizioni di vita sempre più dure e alle devastazioni prodotte dai bombardamenti, in una
reciprocità di causa ed effetto favorita dalla corrispondenza o dal ritorno a casa per una licenza.
I reparti della Legione continuavano intanto le proprie operazioni di rastrellamento, con obiettivi sempre limitati, anche a
cauda dell’inclemenza del tempo che rendeva difficoltose iniziative ad ampio raggio; per tutto il mese di gennaio le
compagnie fucilieri vennero impiegate in servizi che alle consuete scorte armate ai treni in transito nell’area di Spalato
alternavano brevi incursioni all’interno del territorio dove erano stati segnalati movimenti partigiani
Lo scenario che si presentava ai legionari era sempre quello di villaggi abbandonati dalla popolazione maschile, con i muri
delle abitazioni inneggianti ai partigiani e contro gli italiani. Perquisite le case, venivano spesso rinvenuti i materiali troppo
pesanti per poter essere evacuati e munizioni: così il giorno 3 durante il rastrellamento di Verbani, dove vennero
incendiate le abitazioni dei partigiani, a Sv.Anna e Sv.Grad dove entrambi i villaggi vennero dati alle fiamme; l’11 nella
zona di Segit, quando vennero catturati oltre venti civili che non erano riusciti a fuggire all’arrivo dei primi plotoni ed
incendiate le case dei villaggi. Ancora il 25, quando la Compagnia Arditi viene inviata di supporto sull’isola di Brazza per
un rastrellamento durante il quale nel paese di Sv.Peter (S.Pietro di Brazza) vennero passati per le armi alcuni partigiani
catturati.
Il 1 febbraio la 97.a Legione celebrava, nel suo ventennale, quella che sarebbe stata l'ultima celebrazione della ricorrenza
della propria fondazione, con una sobria cerimonia a Siena presso il Sacrario dei Martiri Fascisti nella cripta della Basilica
di S. Domenico a Siena (37), mentre a Kastel Stari e Salona i reparti ricevevano la visita del Federale di Spalato e dei
rappresentanti dei Fasci locali; appena tre giorni prima proprio i capisaldi di Kastel Stari e quota 488, posti a difesa dei
binari ad appena dieci chilometri dallo smistamento ferroviario di Spalato, avevano subito un violento ed improvviso
attacco notturno che aveva impegnato due compagnie prima di essere respinto.
Il giorno 14, nel corso di un’operazione di rastrellamento condotta dalla Compagnia Arditi nell’area di Vojvodici, un violento
scontro a fuoco impose un nuovo tributo di sangue alla Legione, che dovette registrare sette caduti, sei dispersi e sei feriti,
tra cui le camicie nere Italo Anichini di Casole d’Elsa e Luigi Savelli di Lucignano d’Arbia: ricevuto l'ordine di rastrellare i
villaggi di Pavicici e Vojvodici, il reparto legionale venne a trovarsi completamente esposto su un costone nei pressi dei
villaggi ed immediatamente attaccato da un numeroso gruppo partigiano, che indossava elmetti e divise italiane, rendendo
impossibile l'intervento dell'artiglieria di supporto. Il ripiegamento, effettuato sotto la pressione nemica, fu inevitabilmente
lento e difficile, costando la vita al capomanipolo Gino Nannetti di Volterra, ed altri sei legionari dell'89° battaglione, oltre a
sei dispersi e sei feriti, tra i quali Italo Anichini di Casole d’Elsa e Luigi Savelli di Lucignano d’Arbia.
L'andamento delle operazioni sul territorio si trascinava sull'inerzia dei mesi precedenti, con una ridotta attività di
ricognizione che si limitava alle principali strade di comunicazione; lo stesso comando del XVIII Corpo d'Armata del 20
febbraio 1943, che informava sull'attività nel proprio settore: nei pressi degli abitati di Nojevi e di Vranjica, sobborghi della
città di Spalato, distanti solo pochi chilometri dal porto, alcune pattuglie della divisione Bergamo in attività di ricognizione
erano state attaccate da gruppi ribelli, che poi si erano dileguati senza subire perdite. Ultimate intanto le opere di
fortificazione a quota 488 e Kastel Stari e ricevuto il cambio a difesa dei capisaldi dal 151° reggimento della divisione
Sassari, il 97° battaglione ricevette ordine di trasferimento e giunse l’11 marzo a Salona, dove da alcune settimane era
accantonata in baracche la compagnia mitraglieri, in attesa dell’inizio del nuovo ciclo operativo.
Pochi giorni dopo infatti, il battaglione riceveva l’ordine di spostamento, per via ordinaria a Grlo, da dove avrebbero avuto
inizio le operazioni congiunte con l’89° battaglione CC.NN. e reparti dell’esercito in una vasta area tra le montagne situate
a nord e nord-est di Spalato; con il supporto di un plotone carri leggeri e con l’obiettivo di liberare e riattivare la rotabile
interrotta in vari punti, la colonna formata dalla Legione incontrò fin dall’inizio della manovra i primi ostacoli: blocchi
stradali e mine costringono il reparto ad abbandonare i mezzi e proseguire a piedi il rastrellamento. Dopo aver occupato
acuni villaggi della zona, ed averne incendiate le case degli appartenenti partigiani, il 97° battaglione prosegue il
movimento, rallentato da piccoli scontri a fuoco che lo costringono a continue soste ed alla messa in sicurezza delle
posizioni, e nei quali rimane ferita la camicia nera scelta Gino Mancini.
Nei giorni seguenti le compagnie del battaglione non riuscirono a prendere contatto con i partigiani operanti nell’area,
capaci di disimpegnarsi agevolmente e di ripiegare sulle alture più interne; nei villaggi di Glavi-com, Postinje e Roljne
Staje, trovati durante lo svolgimento delle operazioni al solito abbandonati dalla popolazione maschile, vennero requisiti
capi di bestiame e dati alle fiamme le case dei sospetti partigiani. Dopo una sosta a Muc, il 97° battaglione riprese il
movimento, proseguendo il 26 le operazioni di rastrel-lamento dei villaggi di Malec, Skole e Nisko, ancora senza
incontrare resistenza e potendo procedere solo alla consueta e sistematica requisizione del bestiame. L’impossibilità di
prendere contatto con i partigiani e l’assenza di risultati concreti si mantennero costanti anche nel resto del ciclo operativo,
che si concluse l’11 aprile quando i reparti, dopo le ultime operazioni di rastrellamento tra Viljak e Liubitovic, si portarono a
Kastel Stari.
Nel corso dello svolgimento nel ciclo operativo, il battaglione lamentava un’altra perdita, quella della camicia nera Redento
Saturni di Castiglione d'Orcia, classe 1909, appartenente alla compagnia mitraglieri, deceduto il 23 marzo presso

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l'ospedale da campo n. 349 per una grave infezione contratta nelle settimane precedenti; per la 97.a Legione si sarebbe
trattato dell’ultimo caduto sul teatro operativo.
Il 12 aprile a Siena il comando della 97.a legione veniva intanto assunto assunto dal Console Antonio Niccoli, proveniente
dalla 168.a legione di Ragusa, che subentrava al Primo Seniore Giovanni Granai, già comandante della Coorte Territoriale
durante il suo impiego nei primi mesi di guerra sull’appennino pistoiese ; dalla nomina del Console Alberto Borgia nel
1923, Niccoli sarebbe stato il nono ed ultimo comandante della Legione.
Anche il regime mostrava di aver compreso che la parificazione della Milizia alle altre forze armate e la fascistizzazione
dell'esercito non solo non erano state realizzate; se la prima mancata realizza-zione aveva intaccato il morale dei reparti di
camicie nere e gene-rato un senso di diffuso e mai sopito sentimento di rivalsa ed inferiorità, la seconda aveva contribuito
ad allontanare definitivamente il fascismo dai soldati e dalla popolazione, creando una frattura che le vicende della guerra
avevano reso irrimediabile. Nel 1943 l'esercito italiano, esclusa qualche isolata eccezione, non aveva alcuna motivazione
politica a continuare una guerra, se mai ne avesse avuta una negli anni precedenti; accettato l'ingresso in guerra per un
calcolo speculativo e pragmatico, le forze armate non avevano palesato alcun interesse nella connotazione politica della
guerra fascista, distinguendosi nettamente in questo dalle camicie nere. La spaccatura tra esercito e regime, acuita già
dopo i primi rovesci militari, era divenuta insanabile.
Sul campo, pur potendo contare su di una forza effettiva che si era ridotta a meno di novecento effettivi, i reparti della
Legione venivano distribuiti in compiti di mero supporto operativo; persino nel corso del ciclo operativo 20 marzo - 11
aprile, mentre partecipava con reparti divisionali alle operazioni a nord di Spalato, almeno una compagnia continuava ad
essere impiegata come scorta alle squadre di genieri incaricate di riparare le linee telefoniche lungo la ferrovia litoranea.
Concluso il ciclo operativo, la Legione ricevette l’ordine di trasferimento, dapprima per via ordinaria a Spalato, e poi a
mezzo ferrovia dalla città con destinazione Drnis, ove giunse il giorno 18 aprile per dare il cambio al 152° reggimento della
divisione Sassari, prendendo in consegna i vari capisaldi ed i posti di blocco della cittadina. La permanenza dell’intera
Legione nella zona di Drnis si protrasse fino all’inizio del mese di luglio, per oltre dieci settimane durante le quali i reparti
godettero di una relativa tranquillità che non aveva avuto riscontro fin dalla fine dell’anno 1941; nel corso del mese di
maggio il Comando della Legione fu in grado di organizzare ben dieci spettacoli cinematografici per i legionari e per i
militari del presidio di Drnis liberi dal servizio. Collocate tra i caposaldi di Dnis e Siveric a pochi chilometri di distanza, posti
lungo la linea ferroviaria tra Spalato e Knin ed in direzione della Bosnia, le compagnie assolsero quotidianamente al
compito di scorta ai treni in percorrenza nel tratto tra Drnis e Per-kovic e alla sorveglianza del lavoro compiuto dal Genio
impegnato in continue riparazioni alle linee telefoniche a causa dei sabotaggi effettuati da gruppi partigiani durante la
notte.
Il 19 maggio a Siena riceveva intanto l'ordine di mobilitazione per un periodo di istruzioni la coorte complementi, destinata
a fornire i rimpiazzi per il battaglione al fronte; alla sede del comando di legione si presentava, riuscendo ad ottenere
l'arruolamento nella coorte, la camicia nera scelta Angelo Conti di Castiglione d'Orcia, appartenente alla classe 1883,
veterano della oramai lontana Campagna in Africa Orientale.
Il 31 maggio 1943 il Console Libano Olivieri prendeva commiato dai reparti che aveva guidato per due anni; al suo posto,
ed il 14 giugno si insediava a Drnis il Console Paolo De Maria, che avrebbe comandato la Legione nelle caotiche giornate
del 25 luglio e dell’8 settembre; ufficiale proveniente da XXX, De Maria era stato collocato nella riserva della M.V.S.N.,
decisione contro la quale aveva impugnato e vinto due ricorsi contro il Consiglio di Stato l’8 luglio 1941 e il 27 ottobre 1942
in via definitiva, ottenendo dal Comando Generale della Milizia la rimmissione in servizio ed il comando della Legione negli
ultimi mesi di guerra.
Nei primi giorni dall’insediamento, il nuovo comandante ebbe subito l’occasione di confrontarsi con il teatro tattico,
guidando personalmente i reparti in due rastrellamenti operati il 25 ed il 27 giugno nell’area della stazione di Zitnic a
seguito di segnalazioni di infiltrazioni di gruppi partigiani lungo la linea ferroviaria. Le due operazioni non dettero esito, non
riuscendo a prendere contatto con i ribelli che dopo aver tentato di danneggiare i binari e di abbattere i pali telegrafici,
avevano ripiegato senza perdite sulle alture della zona.
Il 6 luglio 1943, dopo settimane di relativa tranquillità, la Legione ricevette l’ordine di movimento per l’inizio di quello che
avrebbe rappresentato l’ultimo ciclo operativo di contrasto all’attività partigiana; ricevuto come rinforzo alcuni battaglioni di
bersaglieri, il 9 luglio la compagnia mitraglieri, in appoggio al 31° battaglione bersaglieri, occupava l'abitato di Zrnovica.
Posta su un'altura nei pressi della strada costiera, si trattava della medesima località che aveva visto l'arrivo nel maggio
1941 delle prime unità legionarie, salutate dalla popolazione civile con un atteggiamento non ostile, tanto da dare alla
propaganda l'occasione di celebrare la redenzione della Dalmazia (38). Dopo aver sorpreso un gruppo partigiano
all'interno del villaggio, l'abitato venne circondato; ne nacque uno scontro a fuoco che costò il ferimento della camicia nera
Settimio Perugini di Sinalunga e la morte di un bersagliere, e che venne risolto solo grazie all'intervento dell'artiglieria ;
occupato il villaggio e ricacciati i partigiani sulle alture circostanti, i militi recuperarono al suo interno sessantatre caduti, tra
cui anche molti civili coinvolti nei combattimenti, oltre a fucili, bombe a mano e munizioni, mentre per rappresaglia
ventisette case venivano date alle fiamme. La camicia nera Perugini, che già il 2 giugno aveva ricevuto l'encomio solenne
da parte del comando di legione per avere, assieme ad altri camerati, bloccato e consegnato ai carabinieri della stazione
di Sinj tre individui sorpresi a lanciare volantini invitanti alla resa, venne decorato della croce di guerra al valore militare.
Proseguendo nell’operazione finalizzata a liberare la strada co-stiera dalla presenza di gruppi partigiani, quattro giorni
dopo una compagnia del 97° e una compagnia dell'89° battaglione operava-no una puntata esplorativa congiuntamente a
reparti di miliziani croati nell'area di Makarska, circa cinquanta chilometri a sud di Spalato, occupando le alture dominanti
la litoranea (39). Dopo aver superato la resistenza di un gruppo di partigiani in uno scontro a fuoco che costava la perdita
di un caduto e dieci feriti, tra i quali la camicie nera Rodi Romani di Abbadia San Salvatore, i reparti provvedevano al
rastrellamento del villaggio di Kositina e ne incendiavano per rappresaglia le case. Nel corso dell'operazione, protrattasi
anche durante il giorno successivo, venivano uccisi quindici ribelli, otto dei quali passati per le armi dopo essere stati
catturati presso il villaggio di Bogomolje; il 23 luglio l'operazione, con il supporto di due batterie di artiglieria risultava
ancora in corso tra i villaggi di Dubci e di Skrabici.
In questo quadro giunse ai presidi dell'area di Spalato occupati dalle camicie nere la notizia del colpo di stato del 25 luglio
e delle dimissioni di Benito Mussolini; i risvolti politici degli avvenimenti del Gran Consiglio esulano da questa ricerca,
tuttavia appare importante sottolineare che la fine del regime fascista non implicò la contemporanea fine della M.V.S.N.
Eccetto i resoconti relativi alla divisione corazzata M nei pressi di Roma, esistono poche e frammentarie memorie sulla
maggior parte degli altri reparti della Milizia, compreso il 97° battaglione; è plausibile ritenere, in base al comportamento
tenuto dalle camicie nere senesi nei giorni successivi, almeno per come esso è stato descritto dalle memorie del
sottotenente Aldo Parmeggiani, che tra le fila dei reparti la notizia venne accolta con rabbia e sospetto e che questi non
sfociarono in aperta ribellione solo per la mancanza di direttive da parte dei comandi della Milizia. Le strutture e gli
apparati del partito sembravano essersi dissolti senza alcuna resistenza, sia a livello periferico che a livello centrale; a
Siena, come nella quasi totalità delle città italiane, le sedi e i comandi delle organizzazioni sembrarono deserti e quasi
abbandonati. Nel ricordo di un giovane volontario, destinato a presentarsi alla sede del Comando della 97.a Legione in
Piazza Umberto I per l'arruolamento la mattina del 26 luglio 1943, riecheggia il ricordo di una atmosfera irreale Nelle
parole di Pietro Ciabattini, destinato a presentarsi alla sede della Milizia in Piazza Umberto I per l'arruolamento come
volontario la mattina del 26 luglio 1943, riecheggia il ricordo di quella inconsueta atmosfera (40).
Il governo Badoglio, insediatosi dopo l'arresto di Mussolini, si preoccupò immediatamente di porre la Milizia nella
condizione di non opporsi agli avvenimenti politici ed alle loro conseguenze; scartata l'ipotesi del disarmo o, peggio, dello
scioglimento dei reparti nel timore di una possibile insubordinazione, il nuovo esecutivo approfittò dell'iniziale
sbandamento che aveva paralizzato tutte le organizzazioni fasciste e la stessa M.V.S.N. per imbrigliarne i reparti mediante
il trasferimento organico all'interno delle forze armate.
Espressione armata del Fascismo, proiezione del regime e concretizzazione della figura della figura del soldato politico, la
M.V.S.N. aveva fallito militarmente; non per la mancanza di abne-gazione e di spirito combattivo da parte dei suoi
legionari, capaci di slancio ed episodi di eroismo in Africa e nei Balcani, ma per la manifesta irrealizzazione del sogno di
rappresentare una entità autonoma rispetto all’esercito. Comandanti espressione di una limpida e ferrea ideologia politica

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18/3/2020 97.a Legione CC.NN. | Jugoslavia, 1941 - 1943
ma impreparati ad una adeguata conduzione tattica, un addestramento insufficiente, equipaggia-mento largamente
incompleto ed un utilizzo spesso in posizione di totale subalternità rispetto alle unità dell’esercito, avevano decreta-to il
fallimento nella sua dimensione militare. Ed analogo fallimento era avvenuto come guardia armata della Rivoluzione e
come esercito politico, dal momento che le sue istituzioni ed i suoi comandi si dissolsero all’indomani del 25 luglio,
incapaci di reagire ad un colpo di stato che aveva esautorato Mussolini; non già i reparti impiegati al fronte, dislocati in
regioni lontane, logorati da tre anni di guerra antipartigiana ed organicamente immersi nelle unità dell’esercito, ma i
comandi territoriali che rimasero passivamente spettatori degli avvenimenti a Siena e in provincia.
A Siena militi della coorte complementi e del Comando Legione ricevettero l'ordine di sostituire sulle uniformi i fasci con la
stellette e di indossare il grigio-verde dell'esercito al posto della camicia nera, ma soprattutto si procedette al loro
inquadramento nella fila delle forze armate; nel pomeriggio di giovedì 29 luglio, nel piazzale della caserma Lamarmora, i
reparti della 97.a Legione, inseriti organicamente entro le unità dell'esercito, prestavano giuramento.

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