Appunti Di Demografia
Appunti Di Demografia
Appunti Di Demografia
it
S E R I E D I D A T T I C A 2005/1
di Firenze
Antonio Santini
Antonio Santini
PARTE PRIMA
A - Osservazione continua.
B - Osservazione retrospettiva.
PARTE TERZA
sedicenni al 31.12.1961: poiché l'apporto dell'immigrazione netta è maggiore delle perdite per
morte, il contingente della generazione, pur invecchiando di un anno, aumenta.
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Tavola I.1 Popolazione femminile francese
Le cose vanno, ovviamente, in modo diverso nel gruppo che ha 88 anni al 31.12.1960:
a quell'età, essendo la mortalità molto elevata e debole la mobilità, sono importanti le perdite
per morte ed esiguo l'apporto positivo dell'immigrazione netta
Da questo semplice quadro, in cui si delineano dei semplici caratteri "contabili" del
bilancio demografico, possiamo trarre alcune importanti conclusioni:
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un'alta quota di anziani e pochi giovani: la natalità sarà debole e la mortalità elevata;
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demografiche vissute a livello individuale che possiamo ricavare gli elementi che ci
consentono di collocare correttamente nel tempo i fenomeni della popolazione e di risalire,
successivamente, agli opportuni metodi di misura.
Se è chiaro questo meccanismo dinamico, non sarà difficile comprendere che la
popolazione non tanto va pensata come un insieme di individui, quanto come un insieme di
biografie, di vicende individuali che nel tempo ininterrottamente si formano, si accavallano, si
estinguono.
Tuttavia, come i singoli individui anche le singole biografie non hanno un interesse
autonomo ai fini di uno studio demografico. Esse hanno però interesse come elementi della
storia collettiva del gruppo cui appartiene il soggetto considerato, gruppo che può essere
assunto come unità di studio. A tale gruppo la demografia assegna il nome di coorte.
In generale si definisce come coorte l'insieme di persone che hanno vissuto un certo
evento durante uno stesso periodo: un anno o, più raramente, un limitato numero di anni, in
modo tale che il tempo trascorso a partire da quell'evento sia per ogni componente
univocamente definibile.
Abbiamo già incontrato nel precedente paragrafo un particolare tipo di coorte, quella
costituita dalle persone nate nello stesso anno, che prende il nome di generazione. Molti altri
tipi ne possono esistere, ad esempio: quella formata dall'insieme di tutti i matrimoni celebrati
nello stesso anno - che viene spesso indicata col termine (di origine francese) promozione -; il
complesso dei divorziati in uno stesso anno; il gruppo delle donne che hanno raggiunto la
parità ima nello stesso anno; ecc.
In questa prospettiva, una popolazione può essere pensata anche come un insieme di
coorti che nel tempo, come le singole biografie, ininterrottamente si formano, si accavallano,
si estinguono. Così intesa una popolazione evolve nello stesso senso delle sue unità
elementari. La coorte è l'unità (macro) di studio nell'analisi delle popolazioni: gli eventi che a
livello individuale rappresentano tappe di singole biografie, nella coorte diventano gli
elementi costituenti un processo di popolazione.
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Il Diagramma di Lexis – su cui ci intratterremo più a lungo nel successivo capitolo – è semplicemente un piano
cartesiano dove si segnano: sull’asse delle ascisse le date del calendario (tempo astronomico) corrispondenti ai
momenti in cui i soggetti entrano nella popolazione, sull’asse delle ordinate le età-durate che misurano il tempo
intercorrente tra la data di ingresso e quella di osservazione degli individui stessi o degli eventi da questi vissuti.
4
s t
Età
W Z
90
U V
89
S T
88
R
Q
18
O P
17
M N
16
K L
15
J
G
3
E F
2
C D
1
Anni
I” H” A” B” I’ H’ A’ B’ I H A B
0 Coorti
1871 1872 1873 1944 1945 1946 1959 1960 1961
31.12. 31.12.
1960 1961
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l'aggregato ma produrranno una ulteriore modifica nella struttura delle viventi in PQ rispetto
a MO. Quei matrimoni, comunque, andranno a far parte dell'ammontare complessivo delle
prime nozze celebrate nel 1961 che formeranno la promozione di matrimoni di quell'anno.
Le donne della generazione 1872 che si osservano a 88 anni il 31.12.1960,
analogamente alle loro coeve di 1 o 2 anni, durante il 1961 non vivranno probabilmente
eventi diversi dalla morte e dalla migrazione. Fra di esse, tuttavia, si potranno produrre dei
mutamenti qualitativi in conseguenza di eventi occorsi in altre coorti (o in altre categorie di
popolazione della stessa coorte): le donne coniugate che subiranno la morte del compagno
muteranno "status" entrando a far parte della categoria delle vedove, e la struttura per stato
civile della popolazione in VZ differirà da quella in SU anche in conseguenza di questo
fenomeno.
Ma, lo si comprende facilmente, le strutture che si possono osservare lungo l'asse Bt
non sono funzione dei soli eventi prodottisi nell'anno 1961 - degli eventi, quindi, che
occupano il corridoio verticale As-Bt - ma anche degli eventi prodottisi negli anni
precedenti: in altre parole, esse sono funzione di tutta la storia passata delle coorti (e quindi
dei processi in esse prodottisi) che in quell'anno vengono colte in un particolare momento
della loro storia. Il numero di viventi, di nubili, di primipare che rileviamo ad esempio in TV
(le 88enni al 31.12.1961) sono funzione dell'ammontare iniziale, della nuzialità, della mobilità
e della fecondità della generazione 1873: ciò che osserviamo a quella data è un bilancio
della complessa storia della generazione fino all'età considerata.
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CAP II – Eventi, ammontare e struttura delle popolazioni: cenno alle fonti dei dati
demografici ed alla loro rappresentazione nel tempo.
2. Gli uffici delle Amministrazioni centrali dello Stato (Presidenza del Consiglio dei
Ministri e Ministeri) e delle Amministrazioni ed Aziende autonome dello Stato. Per gli enti
pubblici di informazione statistica vanno ricordati, tra i molti esistenti, quelli in grado di
fornire informazioni sulla popolazione: a) l’Istituto di studi per la programmazione
economica (ISPE); l’Agenzia per la protezione dell’ambiente (ANPA), il Consiglio Nazionale
delle Ricerche (CNR), l’Ente nazionale d’assistenza per gli agenti e i rappresentanti di
commercio (ENASARCO); l’Ente per le nuove tecnologie l’energia e l’ambiente (ENEA);
L’istituto nazionale per la nutrizione; l’Istituto nazionale per la previdenza sociale (INPS);
l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL).
3. Gli uffici di statistica delle regioni e delle province autonome.
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4. Gli uffici di statistica delle province, dei comuni (singoli o associati in consorzio), delle
aziende sanitarie locali, delle camere di commercio industria e artigianato e quelli
costituiti presso le prefetture.
I dati statistici sulla popolazione (ammontare, struttura, eventi) sono, di norma, forniti
– eccezion fatta, ovviamente, per certe indagini speciali e per le liste di iscritti a particolari
Enti, in conformità con quanto detto nel precedente paragrafo -, dall’Istituto Nazionale di
Statistica (ISTAT), (un tempo Direzione Generale di Statistica – DIRSTAT- e poi Istituto
Centrale di Statistica). Come si è detto, all’ISTAT è per legge devoluto il compito di rilevare,
controllare, rendere pubbliche tutte le informazioni riguardanti l’aggregato demografico, oggi
reperibili anche tramite strumenti informatici, ma per un lungo periodo attraverso Notiziari,
Bollettini mensili, Annuari che, nel corso degli anni, hanno assunto denominazioni differenti.
Per quanto ci riguarda, fino a pochissimi anni fa i dati del movimento della popolazione erano
inseriti negli “Annuari di Statistiche Demografiche”; oggi si preferisce dedicare specifici
volumi, sempre con riferimento annuale, ai “Decessi”, ai “Nati e Matrimoni”, ai “Movimenti
di Immigrazione ed Emigrazione”. I dati sullo “stato” della popolazione sono invece reperibili
nelle pubblicazioni, in vari volumi, dei risultati dei “Censimenti della Popolazione e delle
Abitazioni”. È opportuno subito aggiungere che, da molti anni, l’ISTAT ha organizzato e
conduce una serie di indagini su campioni di famiglie molto ampi (dapprima l’ “Indagine
sulle strutture e i comportamenti familiari”, poi inglobata in un più vasto disegno noto come
“Indagine multiscopo sulle famiglie”, che in modo ricorrente si è interessata a molteplici
aspetti della vita sociale, dagli stessi “comportamenti familiari”, al “tempo libero”, alle
“letture”, alla “microcrminalità”, ai “bilanci tempo”, ecc. facendo sempre riferimento ad uno
stesso quadro strutturale dell’unità familiare interessata), da cui è possibile trarre preziose
indicazioni sui caratteri e gli eventi dell’aggregato demografico.
Le rilevazioni statistiche sui nati, i decessi e i matrimoni si basano su quello che viene di
norma indicato come Sistema dello Stato civile e poggia sull’obbligo, sancito dalla legge, di
denuncia dell’evento occorso, da parte degli interessati, all’Ente preposto, solitamente il
Comune in cui l’evento stesso si è prodotto: sarà cura, poi, degli Ufficiali di trasmettere
notizia dell’evento al Comune di residenza (dimora abituale) dell’interessato. La denuncia
consiste nella presentazione all’Ufficio di Stato Civile di un documento attestante l’avvenuto
evento che, per i decessi, corrisponde al “certificato di morte” redatto dal medico che li ha
accertati; per i nati dal “certificato di assistenza al parto”, anch’esso redatto dal medico o
dall’ostetrica che hanno assistito la puerpera2; per i matrimoni dal “certificato di nozze”,
tramite gli uffici parrocchiali o quelli comunali. L’esistenza dell’obbligo di legge e lo stesso
interesse di coloro che procedono alla denuncia, garantiscono alle statistiche di stato civile un
elevatissimo grado di attendibilità. Gli uffici di statistica comunali, una volta raccolte le
2
Dal 1996, in seguito a provvedimento di legge, si fa divieto di trasferire il “certificato di assistenza al parto”
all’ufficiale di stato civile. Ciò ha significato una vera e propria rivoluzione nell’accertamento degli eventi
nascita e, contemporaneamente, la perdita di numerose preziosissime informazioni sulle caratteristiche del nato e
dei genitori, nonché la creazione di una dannosa “discontinuità” nella serie storica ad esse relative – che ben
pochi altri paesi potevano vantare – cui da anni L’ISTAT sta cercando di porre accettabili rimedi.
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numerose notizie riguardanti ciascun evento in apposite “schede” anonime (di nascita –
distinte per sesso -, di morte – anche per i decessi esistono più schede, a seconda che il
defunto sia maschio o femmina o sia deceduto nel primo anno di vita - e matrimonio),
provvedono, dopo un primo controllo, ad inviare le schede stesse all’ISTAT che procede,
successivamente, alla loro collazione, alla trascrizione e poi alla pubblicazione, come prima
indicato. È importante sottolineare che a) nelle “schede” sono inserite insieme alle
informazioni che riguardano l’evento in quanto tale, altre riferite all’individuo che l’ha vissuto
– nel caso di un nato, si tratta, ovviamente, dei genitori; b) i dati provenienti dallo Stato Civile
si riferiscono alla popolazione presente sul territorio comunale al momento della comparsa
dell’evento; c) le informazioni relative alla popolazione che è anche residente sul territorio
comunale di denuncia, vengono successivamente trasmesse dallo Stato Civile all’Ufficio
Anagrafe del Comune stesso, che cura appunto la registrazione e l’aggiornamento di tutti i
movimenti occorsi nella popolazione residente. L’Anagrafe della popolazione (un tempo
Registro della popolazione, che esiste in pochissimi paesi al mondo) è, in via di principio, una
fonte di informazione di straordinaria importanza in grado di fornire, staremo per dire senza
soluzioni di continuità, un aggiornamento perfetto dei mutamenti occorsi nella popolazione.
Di fatto, all’Anagrafe, insieme alle informazioni trasmesse dallo Stato Civile prima ricordate,
sono presentate le denunce di mutamento di residenza direttamente dagli interessati,
provenienti dallo stesso Comune, da altri Comuni del territorio nazionale e dall’estero:
l’Anagrafe è, dunque, la sola fonte statistica dei movimenti migratori. In realtà, come si sarà
già intuito, e tenuto conto della sua organizzazione, è potenzialmente ben più di questo. Infatti
l’organizzazione dell’Anagrafe prevede la creazione e il continuo aggiornamento di tante
“schede familiari” quante sono le “famiglie” propriamente dette, di vecchia o nuova
formazione, o, comunque quanti sono gli aggregati di individui che hanno dichiarato di
essere coresidenti. Se esistessero le condizioni effettive perché quell’aggiornamento fosse
realizzato, si potrebbe – entro certi limiti – evitare di ricorrere ai censimenti per conoscere la
consistenza numerica e la distribuzione della popolazione residente secondo molteplici
caratteri (il sesso, l’età, il luogo di nascita e quello di provenienza, il luogo di dimora abituale,
la composizione familiare) e insieme a quelli gli eventi da essa vissuti. La realtà,
sfortunatamente, è ben diversa: nonostante gli obblighi di legge, i cittadini non sempre sono
interessati a far iscrivere la nuova residenza nei registri anagrafici (mentre hanno un evidente
interesse alla registrazione delle nascite, dei decessi e dei matrimoni allo Stato Civile)
normalmente per motivi economico-pratici o per incuria; quando lo fanno non è raro che ciò
avvenga con notevole ritardo. Alle frequenti negligenze dei cittadini vanno aggiunte quelle,
anch’esse non infrequenti, degli Uffici pubblici: spesso i funzionari dell’anagrafe cui
compete, sempre a norma di legge, di comunicare al Comune di provenienza ogni nuova
iscrizione nelle proprie liste (in principio, dunque, solo per l’immigrazione c’è un
accertamento diretto; la registrazione dell’emigrazione deriva dall’espletamento di una prassi
burocratica interna alle Amministrazioni) assolvono il loro compito con ritardo e non è raro
che le notizie trasmesse siano incomplete o in parte errate. Per questi motivi la fonte
anagrafica è relativamente precisa e attendibile: ne è prova la differenza che si riscontra tra
ammontare e struttura rilevata a un Censimento e quelle ottenute aggiornando, attraverso i
dati anagrafici, i risultati del Censimento precedente – un esempio di questa differenza verrà
fornito nel prossimo capitolo -, anche se nel risultato di tale confronto si cumulano gli errori
censuari con quelli anagrafici.
In sintesi il Sistema di Stato Civile fornisce le informazioni di flusso che attengono alla
popolazione presente e che godono di elevata attendibilità; l’Anagrafe della popolazione
fornisce invece informazioni di stock relative ai cittadini residenti ed è affetta da errori e
imperfezioni di una certa rilevanza.
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II.2.2 - I Censimenti della popolazione.
II.2.2.1 – Definizioni.
Limitiamo l’attenzione alle procedure seguite nel nostro paese. Il metodo seguito per la
raccolta dei dati censuari prevede dapprima la consegna di un “foglio di famiglia” a ciascun
gruppo di individui definito tale 3: la consegna avviene con reperimento fisico diretto di tale
gruppo, casa per casa, da parte di un Ufficiale di Censimento responsabile di una delle “zone
di Censimento” in cui è ripartito il territorio comunale; prevede, poi, la compilazione delle
due sezioni in cui si divide il “foglio” stesso: la prima riguardante la famiglia nel suo
complesso, la seconda ciascuno degli individui componenti. In sostanza, unità di riferimento è
la famiglia, unità di rilevazione è il singolo individuo. L’Ufficiale di Censimento ha anche il
compito di ritirare, nei giorni successivi la data di riferimento della rilevazione, il “foglio di
famiglia” compilato in tutte le sue parti. Evidentemente ci sono dei legami stretti tra
informazioni riguardanti la famiglia nel suo complesso e quelle proprie dei singoli
componenti: tradizionalmente l’elemento “tramite” tra le due parti del questionario era un
tempo costituito dalla figura del capofamiglia: già ridefinito nel 1981 come “colui ritenuto
tale dalla famiglia”, negli ultimi Censimenti coincide con l’intestatario del foglio di famiglia
– che secondo l’ISTAT, dovrebbe “corrispondere, preferibilmente, alla persona a cui è
intestata la scheda di famiglia in Anagrafe” -.
Insieme al “foglio di famiglia” l’operazione censuaria si avvale anche del “foglio di
convivenza” intendendosi con tale termine riferirsi ad un insieme di persone che, senza essere
legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità e simili, conducono vita in comune per
3
Ai fini del Censimento il concetto di “famiglia” è diverso da quello usuale: lo scopo essendo quello di
individuare un complesso di persone abitualmente conviventi, la famiglia di censimento è stata sempre
caratterizzata dai seguenti requisiti: l’esistenza legami (parentali, affettivi o di altro tipo), la dimora abituale nel
Comune, la coabitazione, l’unità economica o di bilancio – quest’ultima caratteristica è stata abolita, però, col
Censimento 1991 -. Una famiglia censuaria può essere costituita anche da una sola persona.
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motivi religiosi, di cura, di assistenza, militari, di pena e simili – tra esse sono comprese le
persone addette alla convivenza per ragioni di lavoro che vi vivono abitualmente, purché non
costituiscano famiglia a sé stante -4.
Si sono già ricordati gli obbiettivi del Censimento: misurare la consistenza della
popolazione dello Stato e delinearne la struttura rispetto ad alcuni caratteri giudicati
qualificanti e meritevoli di attenzione – si deve trattare, come ben si comprende, soprattutto di
caratteri che siano segnati da elementi di “permanenza”, data la cadenza decennale della
rilevazione -. Il primo obbiettivo può essere raggiunto sia determinando la popolazione
residente che la popolazione presente, rispettivamente quella che ha dimora abituale nello
Stato –e ne costituisce, dunque, la popolazione legale (la cui conoscenza è fondamentale,
soprattutto ai fini dell’elezione delle rappresentanze politiche e delle funzioni degli
amministratori locali) – e quella che di fatto viene reperita alla data censuaria sul suo
territorio. Da notare che i due ammontari si diversificano spesso in maniera sensibile, con
conseguenze da non trascurare ai fini dell’analisi.
Il secondo obbiettivo prevede una ampia gamma di caratteristiche, che nel corso del
tempo sono, in genere, andate aumentando. Se ci riferiamo agli ultimi Censimenti, per ogni
soggetto si sono rilevati i seguenti caratteri: relazione di parentela con l’intestatario del foglio
di famiglia (o posizione nella convivenza), sesso, residenza, luogo e data di nascita, stato
civile ed eventuale data del matrimonio, cittadinanza, istruzione, condizione professionale o
non professionale (casalinga, studente, ecc.), luogo di presenza alla data del Censimento,
luogo di residenza e condizione professionale 5 anni prima di tale data, luogo di lavoro o di
studio con l’indicazione dei mezzi e dei tempi necessari per raggiungerlo.
Infine, dal Censimento 1991, è stato affiancato al foglio di famiglia o di convivenza un
questionario, redatto in più lingue, allo scopo di censire la popolazione straniera non
residente: il foglio individuale per stranieri non residenti in Italia, attraverso il quale si è
rilevato per ogni straniero temporaneamente presente la condizione abitativa ed eventuale
posizione nella convivenza, il sesso e la data di nascita, lo stato civile, la cittadinanza, la
durata della presenza in Italia, il grado di istruzione, il motivo della presenza in Italia,
l’eventuale presenza di altri parenti e la condizione lavorativa.
Nel prossimo capitolo tratteremo diffusamente dell’utilizzazione diretta delle risultanze
censuarie, in termini di ammontari e strutture, nella costruzione di quadri descrittivi in grado
di fornire delle indicazioni generali e di “primo approccio” sull’evoluzione di un aggregato
demografico e sui processi che al suo interno si manifestano e si sviluppano.
I risultati che scaturiscono dai Censimenti e dagli aggiornamenti che gli organismi
ufficiali di statistica ne fanno negli intervalli intercensuari, utilizzando i dati di flusso
concomitantemente agli opportuni controlli, costituiscono la base – su cui si opereranno gli
opportuni adattamenti - per costruire i denominatori (esposti al rischio) di quasi tutte le misure
che descrivono l’evoluzione demografica in termini di fenomeni e di processi. Attualmente,
essendo l’unica completa fonte di informazioni di stato, rappresentano, pertanto, uno
strumento indispensabile all’analisi demografica.
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I principali tipi di convivenza possono essere distinti in: istituti di istruzione,; istituti assistenziali; istituti di
cura pubblici e privati; istituti di prevenzione e di pena; conventi; case ed istituti scolastici e religiosi; caserme e
analoghe sedi; alberghi, pensioni, locande e simili; navi mercantili.
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II. 3 – La rappresentazione dei dati demografici rispetto al tempo: cenni allo schema di
Lexis.
Già nel primo capitolo si è fatto cenno allo diagramma di Lexis come strumento di
grande utilità per l’analisi di popolazione: sul significato e l’impiego delle figure, superfici e
linee, che in esso si costruiscono parleremo diffusamente nel Cap. IV. Qui ci limitiamo a
sottolinearne lo scopo e le elementari regole per la sua corretta costruzione secondo le due
ottiche di osservazione demografica, quella continua e quella retrospettiva.
durata
tempo astronomico
Fig. II. 1
Il diagramma di Lexis è uno schema grafico che la demografia utilizza per facilitare la
precisa collocazione nel tempo sia degli eventi, sia dei flussi, sia degli stock di popolazione. I
segmenti e le superfici che in esso si individuano non hanno significato geometrico.
Normalmente, o più frequentemente, si utilizza lo schema di Lexis sul piano cartesiano
a due dimensioni – primo quadrante – (fig. II.1), individuando su quella definita dalle ascisse
le date del calendario (tempo astronomico) – quindi la successione degli eventi come meglio
illustreremo nel Cap. IV – e su quella delle ordinate le età o le durate (col termine generico di
durata si indica l’intervallo tra evento osservato e evento-origine) – quindi si tratta del tempo
personale -.
Nel verso positivo (da sinistra a destra) ogni punto dell’asse delle ascisse rappresenta
una data del calendario (nel continuo, anche un istante infinitesimo) in corrispondenza della
quale verrà collocata – di fatto o idealmente – l’unità di popolazione (evento o individuo),
che precisamente in corrispondenza di quella data si manifesta o entra in osservazione ed ha,
quindi la dimensione temporale personale collocata sulla durata esatta 0. Se sull’asse delle
ordinate segniamo, non una generica durata, ma l’età il punto all’origine degli assi potrà
corrispondere – ad esempio per descrivere un processo che si sviluppa tra le età α e β −,
anziché a 0, all’età esatta α. L’intervallo di ordinata 0 - 1 o α – α+1, rappresenta un’età-
durata 0 o α compiuta.
Le statistiche correnti normalmente rilevano gli eventi demografici di anno in anno:
poniamo, allora, di scandire il tempo astronomico in anni di calendario t-a,…, t, …, t+a e di
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A B
A’ A B B’
0
1.1 1.1 1.1 1.1 1.1 1.1 1.1 1.1 1.1 1.1
t-a t-a-1 t-2 t-1 t t+1 t+2 t+3 t+a-1 t+a
Fig. II. 2
Dividiamo, allora l’asse delle ascisse (fig. II. 2) in tanti segmenti della misura adottata
quanti sono gli anni di osservazione – segmento A-B -, convenendo che ciascuno rappresenta
l’intervallo 1.1.t – 1.1. t+1 (o, secondo le preferenze, l’equivalente intervallo 31.12.t-1 –
31.12. t); se l’osservazione si riferisce ad un intervallo pluriennale daremo riferimento ad un
segmento comprendente tante unità convenzionali di misura quanti sono gli anni considerati
(per un quinquennio il segmento potrà corrispondere a A′-B′. Occorre comunque mantenere
sempre coerenza tra unità di misura convenzionali adottate per l’ascissa e quelle
corrispondenti in ordinata. Un caso non infrequente è quello rappresentato da eventi occorsi in
un anno di calendario ma classificati per età-durate inferiori all’anno: ad esempio le morti di
bambini nell’anno t classificate per età espressa i mesi compiuti. In questo caso il segmento di
ascissa rappresentante l’anno t dovrà essere pari a 12 volte quello adottato per indicare il
mese compiuto in ordinata. In generale, quando il periodo di osservazione nel tempo
astronomico non è di identica ampiezza di quello personale di età-durata, si dovranno adottare
multipli o sottomultipli, a seconda dei casi del segmento di misura convenzionalmente
adottato.
Tenendo conto di queste notazioni possiamo disegnare un diagramma completo (Fig.
II. 3) nella configurazione più semplice in cui il tempo astronomico in ascissa e quello
personale in ordinata procedono secondo moduli identici.
u w z m
I
3 H’ r
G’
I
Età-durata
H F’
2 B’ s
F E’ A’
1 v
D E A B C
0
t-2 t-1 t t+1
Calendario-Tempo astronomico
Fig. II.3
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Nel diagramma compaiono linee, “corridoi”, figure geometriche (triangoli, parallelogrammi,
quadrati), e la loro combinazione fornisce le indicazioni esatte per l’osservazione e la misura.
a) Linee e “corridoi”. Sulle linee perpendicolari all’asse delle scisse (Au, Bw, Cz) si
collocano soggetti e eventi osservati nel preciso giorno cui si riferisce il punto da cui parte la
linea stessa (ad esempio su Au si individuano soggetti presenti o eventi occorsi il 1.1. t). Esse
delineano anche dei “corridoi” all’interno dei quali si collocano soggetti e eventi osservati
nell’anno considerato (nel corridoio [Au-Bw] quelli dell’anno t, nel corridoi [Bw-Cz] quelli
dell’anno t+1). Soggetti e eventi osservati in un anno di calendario occupano sempre e
soltanto dei corridoi perpendicolari all’asse delle ascisse.
Sulle linee parallele all’asse delle ascisse (Fv, Hs, Ir) si collocano soggetti e eventi
osservati alla precisa età-durata indicata (ad esempio su Fv si individuano soggetti presenti o
eventi occorsi alla età-durata esatta 1 – o α+1 –). Esse delineano anche dei “corridoi”
all’interno dei quali si collocano soggetti e eventi osservati ad una età-durata compiuta (ad
esempio, nel corridoio [Fv - Hs] si osservano soggetti e eventi osservati alla età-durata
compiuta 1 – o α+1 , vale a dire tra le età-durate esatte 1 e 2 o (α+1 e α+2). Soggetti e eventi
osservati in una età-durata compiuta occupano sempre e soltanto dei corridoi paralleli
all’asse delle ascisse.
Sulle linee parallele alla bisettrice dell’angolo all’origine degli assi (Dm, En, Al) si
collocano le biografie che sono comparse nella popolazione a partire da uno stesso anno
(coorte) (ad esempio su Al si individuano le biografie formatesi il 1.1. t). Esse delineano
anche dei “corridoi” longitudinali all’interno dei quali si collocano tutte le biografie che
hanno in quell’anno la loro comune origine (nel corridoio [En-Al] si osservano tutte le
biografie formatesi nell’anno t-1). Soggetti e eventi che hanno una comune origine su un
segmento dell’asse delle ascisse occupano sempre e soltanto dei corridoi longitudinali.
L’intersezione dei tre tipi di corridoio dà origine alle figure geometriche prima ricordate il
cui contenuto è, ovviamente, coerente con le definizioni or ora precisate:
Per tener conto più fedelmente dei criteri di osservazione e rilevazione continua seguiti
dalla statistica ufficiale, a parità di età-durate, anni di osservazione e insieme di
biografie, gli individui si collocheranno su dei segmenti, gli eventi occuperanno delle
superfici.
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Semplificazione.
Nell’esporre nei capitoli che seguiranno i criteri di misura dei processi demografici,
quando occorrerà collocare esattamente nel tempo gli eventi e gli individui che ne sono
all’origine in un particolare gruppo di età-durata, non riproporremo il diagramma di Lexis
nella sua configurazione completa, ma soltanto le figure significative – i segmenti per i flussi
e gli stock di individui e le superfici per gli eventi - che da esso possiamo trarre. Nella
fattispecie quelle riportate nella Fig. II.4, che si conformano a quanto si è appena indicato.
G
x+1
F’
F’ B’ G’ H’ x
x+1 x+1
B
x-1
x x
E’ t A F t B’ t+1 E’ t
Fig. II. 4
Posto che il significato degli assi del diagramma non muta passando dall’osservazione
continua a quella retrospettiva, c’è solo da tener presente la differente ottica seguita. Per
rendere più semplice le notazioni seguiamo la Fig. II. 5.
Come mostra il grafico in questione, rappresenteremo gli eventi demografici rilevati
attraverso un’indagine individuando su una linea Ab perpendicolare all’asse delle ascisse –
così come era stato indicato nel Cap. I per le unità rilevate a un censimento – i soggetti
appartenenti a ciascun gruppo di età-durata nei segmenti QM, MN,…, relativi a questi ultimi;
partendo dai punti Q, M, N,…(età-durate esatte) tracceremo le linee parallele alla bisettrice
dell’angolo all’origine degli assi cartesiani fino ad incontrare l’ascissa, QO, MS…;
formeremo, così dei corridoi longitudinali che conterranno le biografie (e, quindi, gli eventi)
dei soggetti di un medesimo gruppo di età-edurata compiuta (e, quindi, di una data coorte)
all’indagine. Gli specifici caratteri temporali degli eventi che si collocano all’interno di tali
corridoi verranno individuati sfruttando le dimensioni del tempo – calendario e età-durate –
relative ai due assi, così come sono state definite in precedenza. Ad esempio, nella figura in
osservazione la superficie LcHd si riferisce agli eventi afferenti alla coorte che alla data
dell’indagine si trovava in età 35-39 anni compiuti, da questa vissuti nell’età 20-24 anni.
Chiaramente se dal punto L e dal punto H tracciamo le perpendicolari all’asse delle ascisse
individuiamo in quest’ultima l’intervallo del calendario in cui tali eventi si sono prodotti.
15
b
40
T
35
R
30
N
c H 25
M
L d 20
Q
15
Z V U S O A
t-40 t-35 t-30 t-25 t-20
Indagine
t
Coorte Periodo di manifestazione
osservata degli eventi
Fig. II. 5
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CAP III – Analisi elementare della popolazione.
È naturale che il primo sfruttamento delle fonti dei dati demografici si traduca in un quadro
descrittivo elementare, attraverso misurazioni semplici e di largo impiego, destinato a soddisfare
esigenze conoscitive che riguardano la popolazione nel suo complesso, in ammontare e struttura, e
gli eventi che di anno in anno in essa si manifestano.
Il primo quesito, cui è semplice rispondere, riguarda, com’è ovvio, la variazione nel tempo della
popolazione: l’aggregato demografico aumenta, diminuisce e quale è la sua velocità di variazione?
Se conosciamo l’ammontare della popolazione a due date successive Po e Pt, essendo t
l’intervallo di tempo considerato, ∆P = Pt - Po rappresenterà l’ incremento o il decremento assoluto
realizzato e ∆P / t sarà la variazione media. Informazione interessante ma non così significativa
come il conoscere di quante unità, o frazioni di unità, essa si accresce (o diminuisce) in un
determinato intervallo di tempo per ogni unità costitutiva: in sostanza è molto più importante
esprimere il numero di individui (o frazioni di individui) che si aggiungono (o si sottraggono)
durante un intervallo di tempo standard (l’anno) per ogni 1000 persone appartenenti alla
popolazione, che non una semplice differenza di frequenze assolute. Questa risposta ci viene fornita
dal tasso di incremento medio che, secondo la prassi, può assumere tre diverse configurazioni, a
seconda della popolazione iniziale cui ci si riferisce.
Dati i soggetti Po al tempo 0 e posto che (essi e solo essi) abbiano prodotto in t anni una
variazione di I unità, qual è stato nel corso dell’intervallo 0- t il contributo medio annuo r alla
crescita (o alla decrescita) demografica attribuibile ad ognuno dei Po individui iniziali? Questa
informazione viene facilmente fornita dal cosiddetto tasso di incremento medio aritmetico ra, che
appunto rappresenta una media aritmetica – che giustifica la sua denominazione - dei tassi rai (con i
= 0,1,…,t) ciascuno relativo a uno dei sottoperiodi in cui può essere suddiviso l’intervallo 0- t (ad
esempio l’anno rispetto all’intervallo decennale che separa i Censimenti). Avremo:
P −P
r1 = 1 0
P0
P −P
r2 = 2 1
P0
·····················
·····················
P − Pt −1
rt = t
P0
quindi
t
∑ri 1⎡P − P P −P P − Pt −1 ⎤
ra = i = 0 = ⎢ 1 0 + 2 1 + ⋅⋅⋅ + t ⎥
t t ⎣ P0 P0 P0 ⎦
In sostanza, qualunque sia t il contributo a I viene solo da Po con intensità media pari a ra. Si
accetta così un modello di crescita (o decrescita) proporzionale (lineare) per cui
17
Pt = P0 + (ra ⋅ t ⋅ P0 ) = P0 (1 + ra ⋅ t ) [III.1]
Ad una più attenta riflessione, tuttavia, l’ipotesi che sta alla base di ra non appare del tutto
realistica: alla variazione complessiva I dell’intervallo 0-t non contribuisce esclusivamente Po, ma –
quanto meno - tutte le diverse popolazioni Pi ≠ Po che si trovano all’inizio di ciascuno dei sotto
periodi in cui è suddivisibile l’intervallo 0-t. Per tener conto di ciò si può optare per un tasso di
incremento medio geometrico (o composto – secondo la terminologia finanziaria), consistente nella
media geometrica rg dei fattori di incremento (1+r´i) dove
P −P
r ′1 = 1 0
P0
P −P
r ′2 = 2 1
P1
························
························
P − Pt −1
r ′t = t
Pt −1
per cui
( )
P1 = P0 + P0 ⋅ r ′1 = P0 1 + r ′1
P2 = P1 + P1 ⋅ r ′ 2 = P0 (1 + r ′1 )⋅ (1 + r ′ 2 )
····························································
····························································
( )( ) ( )
t
Pt = Pt −1 + Pt −1 ⋅ r ′ t = P0 1 + r ′1 ⋅ 1 + r ′ 2 ⋅ ⋅ ⋅ (1 + r ′t ) = P0 ∏ 1 + r ′i
i =1
Per ottenere il tasso di incremento geometrico si sceglie il valore di r´ che, sostituito a ciascuno dei t
tassi annui r´i assicuri l’uguaglianza (proprietà dell’invarianza delle medie)
( )
t
Pt = P0 ∏ 1 + r ′i =P0 (1 + r ′)t per cui
i =1
P P P
(1 + r ′)t = 1 ; (1 + r ′) = t 1 ; r ′ = t 1 − 1 = rg [III.2]
P0 P0 P0
in sostanza, si determina il fattore di incremento (o decremento) (1+r´) come media geometrica (da
cui prende il nome il tasso) dei fattori (1+r´i)
(1 + r ′) = t ∏ (1 + r ′i )
t
i =i
18
Ma anche questo tipo di tasso è in qualche modo insoddisfacente. In realtà, la popolazione
evolve nel tempo senza discontinuità e l’incremento (o il decremento) deriva dai successivi
contingenti che si modificano negli intervalli infinitesimali che sono contenuti nel periodo 0-t.
Pertanto la soluzione più appropriata è quella di introdurre un tasso di incremento continuo.
Supponiamo di dividere ogni anno del periodo 0-t in m intervalli di ampiezza 1/m. Allora
mt
⎛ r ′′ ⎞
Pt = P0 ⋅ ⎜1 + ⎟
⎝ m⎠
⎡⎛ 1⎞ ⎤
se facciamo tendere m → ∞ (consideriamo, cioè, degli intervalli ⎢⎜ t − ⎟ − t ⎥ infinitesimi, perché
⎣⎝ m ⎠ ⎦
1
se m → ∞, → 0 ), avremo che
m
t
⎛ r ′′ ⎞
mt ⎡ ⎛ r ′′ ⎞ ⎤
m
Pt = lim P0 ⎜1 + ⎟ = P0 ⎢ lim ⎜1 + ⎟ ⎥ = P0 ⋅ e r ′′t [III.3]
m →∞ ⎝ m⎠ ⎢⎣m → ∞ ⎝ m ⎠ ⎥⎦
Qualche esempio1.
Si considerino i seguenti dati relativi alla popolazione italiana rilevata ai Censimenti del
1971 e del 1981:
P − P0
ra = t
P0 ⋅ t
avremo
(
Pt = P0 1 + rg t)
1
Gli esempi che seguono sono tratti da: M. Livi Bacci, Introduzione alla demografia, Torino, Loescher ed., 1999.
19
risolveremo attraverso i logaritmi decimali
(
Log( Pt P0 ) = t ⋅ Log 1 + rg )
Log( Pt P0 )
(
Log 1 + rg =) t
56.556.911
Log
( )
Log 1 + rg = 54.136.547 = 0,0189951 = 0,00189899
10,0027 10,0027
( )
Anti log 1 + rg = 1,00438
P0 ⋅ e rt
Pt
= e rt
P0
P
ln t
P P0
ln t = rt e r =
P0 t
quindi
56.556.911
rt = ln = ln1,0447085 = 0,0437378
54.136.547
0 ,0437378
r= = 0,00437 = 4 ,37 per 1000
10 ,0027
Come si vede, i risultati ottenuti con i tre metodi sono pressoché identici: ciò accade sempre
quando la variazione è di limitata consistenza e il tasso di incremento di poche unità per 1000
abitanti. In un paese in via di sviluppo, caratterizzato, invece, da variazioni importanti la situazione
sarebbe stata diversa. Prendiamo, ad esempio, la popolazione del Kenya in un periodo grosso modo
coincidente: secondo i tre procedimenti, avremmo ottenuto i seguenti risultati:
20
ra = 51,09 per 1000
b) Dato un certo tasso di incremento, può essere utile domandarsi dopo quanti anni una data
popolazione avrà un ammontare doppio, triplo ecc…Consideriamo il tasso prima utilizzato per la
popolazione mondiale nel periodo 1980-1990 e supponiamolo costante. Sappiamo che
Pt = P0 ⋅ e rt
21
avremo allora, molto semplicemente
2 = e rt
2 = e 0 ,01748× t
ln2 = 0,01748 ⋅ t
0,693147
t= = 39,65 anni 2
0,01748
In sostanza la popolazione della terra raggiungerebbe i 10.584 milioni di abitanti il 24 luglio 2029
(il che conferma l’insostenibilità del tasso di incremento).
Passiamo ad un caso opposto, cioè a quello di una popolazione in decrescita. La popolazione
della Liguria fece registrare al Censimento del 25.10.1981 un numero di abitanti pari a 1.807.903
unità. Al 31.3.1987, sfruttando le statistiche di movimento – nati, morti, saldo migratorio – essa fu
stimata in 1.735.753 unità, con un tasso di variazione negativo tra le due date pari a –0,00549. Se
questo tasso fosse destinato a rimanere costante nel futuro, quanto impiegherebbe la popolazione
della Liguria a dimezzarsi? Ripartiamo, ovviamente, dalla formula dell’incremento continuo
Pt = P0 ⋅ e rt
1
= e rt
2
1
= e - 0,00549⋅ t
2
1
ln = −0 ,00549 ⋅ t
2
- 0,693147
t= = 126 ,3 anni
- 0,00549
2
Dato il valore assunto da ln 2, per calcolare il tempo di raddoppio di una popolazione è sufficiente dividere 70 per r
espresso in %.
22
100 = 5,292 ⋅ e 0 ,01748× t
100
= e 0 ,01748× t
5,292
100
= e 0 ,01748× t
5,292
100
ln = 0,01748 ⋅ t
5,292
2,93897
t= = 168,1 anni
0 ,01748
Pt = P0 + N 0 ,t + I 0 ,t − M 0 ,t − E 0 ,t [III.4]
∆P = Pt − P0 = N 0 ,t + I 0 ,t − M 0 ,t − E 0 ,t
dove, N sono i nati, M i morti, I gli immigrati ed E gli emigrati. La [III.4] viene normalmente (e un
po’ pomposamente) indicata come equazione della popolazione. Dell’equazione della popolazione
si fa uso, ad esempio, per aggiornare l’ammontare della popolazione di età in età tra due date
censuarie come appare nella tavola seguente3 relativa alla popolazione complessiva della città di
Milano.
Peraltro l’equazione della popolazione è estendibile a qualunque età (si pensi al prospetto
I.1) per cui, di anno in anno, si ha per ciascuna età compiuta
3
La Tavola è tratta da G. Blangiardo, Elementi di demografia, Bologna, Il Mulino, 1987.
23
Tavola III.1. Movimento anagrafico nella città di Milano, 1981-1991
Periodi Popolazione Nati Morti Iscritti Cancellati Popolazione
iniziale (immigrati) (emigrati) finale
(1) +(2) -(3) +(4) -(5) (6)
25.10.81/31.12.81 1604773 1957 2891 1102 2318 1602623
1.1.82/31.12.82 1602623 11189 16272 26560 43290 1580810
1.1.83/31.12.83 1580810 10911 16691 28277 41869 1561438
1.1.84/31.12.84 1561438 10281 16256 26587 46328 1535722
1.1.85/31.12.85 1535722 10222 16267 29107 43551 1515233
1.1.86/31.12.86 1515233 9583 15880 26242 39916 1495260
1.1.87/31.12.87 1495260 9489 15020 29943 41167 1478505
1.1.88/31.12.88 1478505 10180 14762 30414 40210 1464127
1.1.89/31.12.89 1464127 10045 15181 26731 36319 1449403
1.1.90/31.12.90 1449403 10230 16017 29262 40684 1432184
1.1.91/31.12.91 1432184 7942 12321 22801 31877 1419729
102029 157558 277026 407541
e così via fino all’età compiuta ω-1. L’equazione della popolazione è il criterio di base che guida
anche le previsioni demografiche (evidentemente ciascuna posta del bilancio verrà in questo caso
stimata – proiettata nel futuro - attraverso appropriati modelli) e, in ogni caso, essa rappresenta un
criterio di facile esecuzione per controllare la coerenza tra combinazione delle rilevazioni statistiche
di movimento (delle cui precisione abbiamo accennato nel Cap. precedente) e risultanze censuarie. I
dati relativi alla città di Milano, cui si riferisce la Tavola prima riportata, forniscono un esempio
significativo di quanto andiamo dicendo. Infatti, il Censimento del 20.10.1991 ha rilevato a Milano
1369231 individui residenti, contro i 1418729 al 31.12 dello stesso anno, ottenuti a calcolo
utilizzando i dati del movimento della popolazione, cioè 49498 unità in meno. Pur considerando il
fatto che tra la data del censimento e la fine del 1991 intercorrono oltre due mesi, e tenendo conto
che il Comune osservato non ha subito, nel corso del decennio, variazioni territoriali, quella
differenza approssima il bilancio intercensuario tra errori e ritardi nelle registrazioni del
movimento della popolazione e gli eventuali errori (omissioni o duplicazioni) nei dati censuari.
Quello della coerenza tra informazioni correnti e rilevazioni di Censimento è un problema annoso e
di difficile soluzione (nel recente passato ha dato origine a vari tentativi di verifica e correzione),
ma non è il caso di affrontarlo in questa sede.
Riportando l’attenzione sui dati del movimento della popolazione – e supponendo, per
ragioni di comodo sufficientemente corretti i risultati del Censimento – poiché, di norma, come si è
detto nel precedente capitolo, le informazioni statistiche del movimento demografico su nascite e
24
morti sono precise, mentre molto incerta è l’attendibilità dei dati anagrafici sugli spostamenti
migratori, possiamo sfruttare l’equazione della popolazione per risalire indirettamente al saldo
migratorio (o meglio, una sua stima) rinunciando ad una separata evidenza (effettivamente di
dubbia validità) dei flussi in entrata e in uscita che l’hanno determinato. Dalla Tavola III.1 avremo:
∆P = N + I − M − E
∆P N I M E
= + − −
P P P P P
corrispondente a
r = n+i −m −e
25
E (t ) n E (t , t + a )
t (t ) = ⋅10 [III.7] o t (t + a ) = ⋅ 10 n [III.7.1]
P (t ) a ⋅ P (t , t + a )
che è in grado di concettualizzare l’apparire di una data categoria di eventi ogni 10n abitanti: in
questa prospettiva il significato di queste misure è perfettamente chiaro e ad esse si fa corrente
ricorso nelle sedi più disparate. In realtà si tratta di misure di facilissimo calcolo ma di altrettanto
difficile interpretazione (sui loro intriseci difetti ci intratterremo a lungo più avanti, riprendendo con
maggiori dettagli l’analisi demografica negli anni di calendario). Talvolta si cerca, rinunciando
peraltro alla loro chiarezza concettuale, di “raffinarli” rapportando gli eventi cui si riferiscono ad
anni-persona più appropriati. Ad esempio se una data categoria di eventi si manifesta in una sola
parte della popolazione (quella maschile o quella femminile) ed entro i limiti (naturali, legali o
convenzionali) di età α e β, si può ricorrere a dei tassi generali (sottospecie dei tassi generici) del
tipo
E (t ) E (t )
TG (t ) = ⋅10 n = ⋅10 n [III.8]
Psex (t ,α − β ) 1
[Psex (t ,α − β ) + Psex (t + 1,α − β )]
2
E (t , t + a ) E (t , t + a )
TG (t + a ) = ⋅10 n = [III.8.1]
Psex (t , t + a; α - β ) a
⋅ [Psex (t , α - β ) + Psex (t + a , α - β )]
2
N (t ) N (t )
TGF (t ) = ⋅10 n = ⋅10 n [III.9]
P f (t ,α − β ) 1
[
P f (t ,α − β ) + P f (t + 1,α − β ) ]
2
Quando gli eventi sono classificati per età (età di coloro che li hanno vissuti) e si dispone
anche della classificazione per età della popolazione (o della sottopopolazione) in gioco si possono,
invece, costruire dei tassi specifici a ciascuna età compiuta x:
E (x , t ) n E (x , t )
t (x , t ) = ⋅10 = [III.10]
P (x , t ) 1
[P (x ,t ) + P (x ,t + 1)]
2
t (t ) =
∑ x t (x , t ) ⋅ P (x , t ) ⋅ 10 n = t (x , t ) ⋅ P (x , t ) ⋅10 n = t (x , t ) ⋅ p(x , t ) ⋅ 10 n
∑x ∑x [III.11]
∑ x P (x , t ) P (t )
26
dove appunto
⋅ P (x , t )
p(x , t ) = [III.12]
P (t )
Qualche esempio.
Si abbiano per l’Italia i seguenti dati relativi al triennio 1992-94 (espressi in migliaia):
Anni Popol. Nati Morti Iscritti Cancellati Popol.
(t) 1.1.t N(t) M(t) I(t) E(t) 1.1.t+1
1992 56757 575 545 1267 1094 56960
1993 56960 553 555 1501 1321 57136
1994 57136 537 558 1414 1263 57268
Sfruttando i dati della Tav. seguente, tratti dalle statistiche francesi del 1962, possiamo
inoltre calcolare, oltre a n(t), TFG(t) e la serie dei tassi per età che chiameremo f(x,x+4;t):
27
Secondo la [III.7] avremo (la classificazione in classi quinquennali non implica alcuna
variazione nei calcoli)
N (t ) n 822055
n (t ) = ⋅10 = = 17 ,6 o / oo
P (t ) 46997703
secondo la [III.9]
N (t ) 822055
TFG (t ) = ⋅10n = ⋅10n = 79,37 0/ 00 (per n = 3)
P f (t,15 - 49) 10357652
utilizzando la [III.10]
N (x, x + 4; t )
f (x, x + 4; t ) = ⋅10n
P f (x, x + 4; t )
Prospetto III.1
Gruppi Tassi di fecondità
di età generale
15-19 21,97
20-24 168,07
25-29 180,09
30-34 107,30
35-39 53,41
40-44 18,80
45-49 1,19
III.4.1- Generalità.
In questo primo approccio allo studio della popolazione considerata nella sua globalità, in
riferimento agli anni di calendario, insieme ai criteri per determinare e seguire nel tempo la sua
consistenza numerica, può rivelarsi di grande interesse conoscitivo l’individuazione, la descrizione
e l’analisi delle sue caratteristiche strutturali. Come abbiamo già detto nei primi due capitoli, in
occasione dei Censimenti gli Organismi ufficiali di statistica rilevano molte informazioni
(demografiche e non demografiche) relative a tutti gli elementi costituenti l’aggregato demografico,
e da un loro opportuno sfruttamento è possibile disegnare il profilo della popolazione secondo varie
caratteristiche, considerate singolarmente o in combinazione con altre: l’età, il sesso, lo stato civile,
la condizione professionale, il livello di istruzione, la cittadinanza, la residenza, e così via. Lo Stato
della popolazione ad una certa data e in particolare la sua struttura, a seconda del carattere o dei
28
caratteri presi in considerazione, rappresenta un bilancio della storia passata delle coorti che lo
compongono (si riveda il Cap. I), e si identifica in qualche modo nello “specchio” delle vicende
180
160
140
120
Tassi (x 1000)
100
80
60
40
20
0
15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49
Gruppi di età
subite nel corso di molti decenni dai suoi componenti, cui – pur con larghe approssimazioni e
sempre sotto il profilo descrittivo – è possibile risalire. E’ opportuno aver sempre presente, inoltre,
ciò che si è già chiaramente stabilito circa l’interdipendenza tra struttura e movimento: la struttura
demografica dipende dai passati flussi di nati, morti, migranti, matrimoni e scioglimenti di unione,
ma a sua volta, combinandosi con i processi di natalità, mortalità, migratorietà, nuzialità e
divorzialità, ne condiziona la numerosità futura.
Tavola III.2 – Popolazione italiana residente per sesso e classi di età (1.1.1997)4
Età Maschi Femmine Totale Distribuzione % M/F
Maschi Femmine Totale Per 100
0-4 1.401.604 1.325.049 2.726.653 2.4 2,3 4,7 105,8
5-9 1.429.883 1.360.358 2.790.241 2,5 2,4 4,9 105,1
10-14 1.496.586 1.429.953 2.926.539 2,6 2,5 5,1 104,7
15-19 1.724.035 1.651.607 3.375.642 3,0 2,9 5,9 104,4
20-24 2.173.091 2.091.875 4.264.966 3,8 3,6 7,4 103,9
25-29 2.350.039 2.282.789 4.632.828 4,1 4,0 8,1 102,9
30-34 2.369.165 2.342.537 4.711.702 4,1 4,1 8,2 101,1
35-39 2.076.209 2.071.040 4.147.249 3,6 3,6 7,2 100,2
40-44 1.894.536 1.911.529 3.806.065 3,3 3,3 6,6 99,1
45-49 1.943.296 1.974.839 3.918.135 3,4 3,4 6,8 98,4
50-54 1.701.719 1.757.193 3.458.912 3,0 3,1 6,0 96,8
55-59 1.741.363 1.850.468 3.591.830 3,0 3,2 6,3 94,1
60-64 1.548.167 1.722.201 3.270.368 2,7 3,0 5,7 89,9
65-69 1.422.605 1.685.718 3.108.323 2,5 2,9 5,4 84,4
70-74 1.159.221 1.545.160 2.702.381 2,0 2,7 4,7 75,1
75-79 659.305 1.004.273 1.663.578 1.1 1,7 2,9 65,6
80-84 487.811 864.499 1.340.310 0,8 1,6 2,3 57,2
85-89 238.946 503.229 742.175 0,4 0,9 1,3 47,5
90-94 61.842 166.413 228.255 0,1 0,3 0,4 37,2
95-99 12.663 37.686 50.349 0,0 0,1 0,1 33,6
100-104 1.223 3.160 4.383 0,0 0,0 0,0 38,7
105-109 41 52 93 0,0 0,0 0,0 78,8
Totale 27.893.349 29.567.628 57.460.977 48,5 51,5 100,0 94,3
Il primo valore di sintesi normalmente ricavato dalla distribuzione per età di una
popolazione è la sua età media: consiste nella media ponderata dei valori centrali delle classi di età
con pesi pari alla frequenza dei soggetti appartenenti a ciascuna classe. Nel caso specifico si ha:
4
La Tavola III.2 e la seguente III.3 sono tratte da: M. Livi Bacci, Introduzione alla demografia, Torino, Loescher ed.,
1999.
30
x=
∑ x
(x + a )⋅ P (x , x + a ) ∑ x (x + a )⋅ P (x , x + a )
2 = 2 = 40 ,59 anni [III.12]
∑x P ( x , x + a ) P
x=
∑ x (x + 0,5)⋅ P (x ) = ∑ x (x + 0,5)⋅ P (x ) [III.12.1]
∑ x P (x ) P
cui si può affiancare l’età mediana, quella età, cioè, che bipartisce esattamente la popolazione
ordinata per età crescenti. Nel caso della Tav. III.2 essa corrisponde all’età della 28.730.488,5a
persona compresa tra le di età 40 e 44, e si calcola, secondo le regole della Statistica
P (65 + )
IV = ⋅ 100
P (0 - 14)
9.839.847
IV = ⋅100 = 116,54 [III.13]
8.443.433
Si tratta, come ben si comprende, di un indice assai grossolano, dotato di grande dinamicità,
visto che dipende sia dall’aumento degli anziani sia dal calo dei giovani (dipende, in sostanza, da
variazioni che interessano – per cause diverse – sia il numeratore che il denominatore). Anche per
questo motivo, per misurare l’invecchiamento si fa ricorso a indicatori più semplici (di cui
indichiamo anche i valori sulla base dei dati di Tav. III.2):
P (65 + ) 9.839.847
′ =
IV ⋅100 = ⋅100 = 17 ,12 [III.13.1]
P 57.460.977
oppure
P (60 + ) 13.110.215
′′ =
IV ⋅100 = ⋅100 = 22 ,82 [III.13.2]
P 57.460.977
31
P (0 - 14) + P (65 + ) 8.443.433 + 9.839.847
ID = ⋅100 = ⋅100 = 46,67 [III.14]
P (15 - 64) 39.177.697
che, spesso, viene presentato scisso nelle sue componenti indice di dipendenza dei giovani:
P (0 - 14) 8.443.433
I DG = ⋅100 = ⋅100 = 21,55 [III.14.1]
P (15 - 64) 39.177.697
P (65 + ) 9.839.847
I DA = ⋅100 = ⋅100 = 25,12 [III.14.2]
P (15 - 64) 39.177.697
P (40 − 64 ) 22.245.310
IS = ⋅100 = ⋅100 = 131,38 [III.15]
P (15 - 39) 16.932.387
Questo indice assume valori superiori a 100 solo in popolazioni tendenzialmente decrescenti
o, comunque, in regresso demografico (qual è ormai quella italiana, fatta salva un’influenza
parzialmente “correttiva” prodotta da massicci flussi di immigrazione straniera).
Per indicare la capacità delle leve di lavoro giovani nel sostituire numericamente quelle
destinate a uscire nel breve periodo dalla quota degli attivi, si utilizza l’indice di ricambio della
popolazione in età attiva. Esso è dato da:
L’indice, che considera solo due classi di età, è soggetto a fluttuazioni e quindi è molto variabile. Il
suo significato e la sua importanza soprattutto congiunturale è palese: indica una potenzialità di
nuovi impieghi prevalentemente in funzione delle uscite per pensionamento. Ed è chiaro che tanto
più l’indice tende ad abbassarsi tanto peggiori sono le prospettive per il mercato del lavoro
giovanile.
Ancora, si suole ricavare dalla distribuzione per età censuaria un ulteriore indicatore, diverso
nella tipologia e nel suo impiego dai precedenti. Si tratta dell’indice del carico di figli per donna
feconda, che si ottiene rapportando i bambini nati negli ultimi quattro anni alle donne – Pf – in età
feconda (15-44 o 15-49 anni) che nella gran maggioranza li hanno messi al mondo
P (0 − 4 ) 2.726.653
IC = .100 = ⋅100 = 22 ,08 [III.17]
Pf (15 − 44) 12.351.377
32
Questo indicatore, cui si fa più spesso ricorso per avere un apprezzamento della fecondità nei paesi
che non dispongono di statistiche correnti sulle nascite, quindi dei paesi in via di sviluppo, risente in
maniera importante dei fenomeni che, proprio in quei paesi, assumono valori elevati e variabili
influendo negativamente sia sui nati al numeratore – la mortalità infantile – sia sulla popolazione al
denominatore – una forte mobilità della popolazione femminile - : non è, dunque, un buon indice di
fecondità, e si giustifica solo per le ragioni sopraddette di carenza informativa.
Infine, un elemento che merita attenzione, e i cui valori si ritrovano nella Tav. III.2, è la
composizione per sesso ed età, importante sia sul piano demografico (per la manifestazione
differenziale di alcuni fenomeni – mortalità, nuzialità) sia sul piano economico e sociale. Essa si
può esprimere, come nella Tavola osservata, con il cosiddetto rapporto di mascolinità
P (x , x + a )
RM = M ⋅100 [III.18]
PF (x , x + a )
PM (x , x + a )
RS = ⋅100 [III.18.1]
PM (x , x + a ) + PF (x , x + a )
Il suo livello e il suo variabile andamento secondo l’età dipendono dall’azione congiunta di fattori
diversi.
Tav. III.3 –Popolazione per gruppi di età al 1985 e indici di struttura per età.
Gruppi Egitto Nigeria Brasile Messico Stati India Cina URSS Italia Liguria Campania
di età Uniti
POPOLAZIONE (migliaia)
0-14 18.596 45.941 49.366 33.331 52.083 279.371 315.030 69.218 10.218 210 1.354
15-39 18.969 34265 57.067 31.742 99.320 304.737 476.881 107.064 21.665 582 2.299
40-64 7.490 12.686 23.305 11.125 58.787 142.122 211.511 76.362 17.628 611 1.501
64 e + 1.865 2307 5.828 2.797 27.830 32.6987 56.078 25.974 7.887 347 575
Totale 46.911 95.199 135.566 78.996 238.020 758.928 1.059.500 278.618 57.398 1.750 5.729
Pf 15-44 10.186 19.207 31.663 17.377 56.576 163.700 253.670 59.595 12.566 341 1.303
POPOLAZIONE (%)
0-14 39,6 48,3 36,4 42,2 21,9 36,8 29,7 24,8 17,8 12,0 23,6
15-39 40,4 36,0 42,1 40,2 41,7 40,2 45,0 38,4 37,7 33,3 40,1
40-64 16,0 13,3 17,2 14,1 24,7 18,7 20,0 27,4 30,7 34,9 26,2
64 e + 4,0 2,4 4,3 3,5 11,7 4,3 5,3 9,3 13,7 19,8 10,0
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Pf 15-44 21,7 20,18 23,36 22,0 23,76 21,57 23,94 21,39 21,89 19,49 22,74
INDICI
ID 77,3 102,8 68,7 84,3 50,5 69,8 53,9 51,9 46,1 46,7 50,8
IS 39,5 37,0 40,8 35,0 59,2 46,6 44,4 71,3 81,4 105,0 65,3
IR 22,0 14,7 22,2 15,9 59,5 24,1 23,8 52,4 71,5 106,0 51,1
IV 10,0 5,0 11,8 8,4 53,4 11,7 17,8 37,5 77,2 165,2 42,5
IC 69,8 98,8 57,1 67,6 33,0 60,6 36,8 42,0 23,0 16,1 32,1
Età 24,3 20,9 25,5 23,1 34,5 25,8 28,2 33,4 37,9 43,3 33,5
media
In particolare:
- la frequenza delle nascite, la cui composizione per sesso si mantiene relativamente stabile
intorno a 104-106 nati maschi per ogni 100 femmine in tutte le popolazioni di ampiezza sufficiente
33
per poter escludere l’influenza di fattori casuali – ed escludendo il caso ben noto della Cina che alla
fine degli anni 90 registrava un RM pari a 113,9 – (al punto di far ritenere tale dato una costante
biologica);
- la manifestazione differenziale della mortalità tra i due sessi tende a favorire, col
trascorrere delle età il sesso femminile, che gode progressivamente di livelli di eliminazione più
bassi rispetto agli uomini (e la “forbice” tra mortalità maschile e femminile per età tende ancora ad
aumentare);
- il differente comportamento tra i sessi nei riguardi della propensione a migrare,
normalmente più accentuata per la popolazione maschile.
Per concludere questo paragrafo in cui si sono esposti gli indicatori di sintesi ricavabili dalla
struttura per età e sesso, presentiamo una Tavola (Tav. III.3) in cui si confrontano attraverso gli
stessi indicatori relativi al 1985 in realtà demografiche tra loro molto diverse, a dimostrazione di
come fondamentali divergenze possano scaturire anche attraverso misurazioni dal contenuto spesso
incerto
Uno strumento descrittivo di grande efficacia per comprendere alcuni fondamentali aspetti,
storico-demografici e bio-sociali dell’aggregato popolazione distintamente per sesso ed età (ma si
possono simultaneamente considerare altri caratteri) è costituito dalla rappresentazione grafica detta
piramide delle età, costruita attraverso istogrammi in cui i rettangoli, a pari età e per ciascun sesso
separatamente, anziché essere affiancati vengono contrapposti: in sostanza si pone l’età sull’asse
delle ordinate e, in corrispondenza di ciascuna età, sull’asse delle ascisse l’ammontare (in termini
assoluti o relativi) di individui, collocando a destra le femmine e a sinistra i maschi. Se per le donne
l’asse delle ascisse è orientato in modo classico, da sinistra a destra, per gli uomini, invece, si legge
da destra a sinistra. Per favorire la comprensione di quanto veniamo dicendo riportiamo di seguito
la piramide delle età della popolazione italiana censita nel 1991, evitando per il momento
qualsivoglia giudizio di merito.
34
Tale rappresentazione ha preso a suo tempo il nome di piramide perché nei regimi del passato
(o dei paesi in via di sviluppo) in cui erano sufficientemente elevate la natalità e la mortalità, e in
assenza di fenomeni straordinari o alterazioni patologiche, i contingenti nelle varie classi
risultavano, al crescere dell’età stessa, via via più ridotti conferendole, sia pur approssimativamente,
la forma triangolare tipica della faccia di una piramide. Nelle popolazioni attuali, in particolare nel
mondo sviluppato, tale forma è ormai scomparsa in conseguenza delle tendenze assunte nel corso
dell’ultimo mezzo secolo dalla fecondità e dalla mortalità (che hanno provocato una diminuzione
progressiva dei nati – e quindi una restringimento delle classi di età iniziali – e uno spostamento
della morte ad età progressivamente più anziane con un simultaneo spostamento in alto della forma
triangolare). Inoltre, una vasta gamma di eventi “straordinari” – diversamente da paese a paese e nel
corso del tempo – ha portato alla comparsa nella piramide stessa di irregolarità talvolta assai
marcate: in sostanza il termine di piramide non va ormai inteso in senso rigoroso, ma come mero
indicatore convenzionale dello strumento grafico di confronto combinato età-sesso. Le anomalie
nella forma della piramide delle età sono, comunque, estremamente indicative, poiché localizzano
le divergenze rispetto alla struttura regolare e inducono alla ricerca delle cause che le hanno
determinate. L’analisi della piramide delle età consente non solo una diagnosi demografica della
popolazione, ma aiuta anche a comprendere la sua storia ed a suggerire verosimili ipotesi sul suo
comportamento futuro. Vedremo tra breve alcuni esempi di “lettura” di particolari piramidi
attraverso la quale sarà agevole dedurre lo specifico “regime” demografico attraversato dalla
popolazione osservata e, nel contempo, risalire a puntuali vicende che l’hanno colpita nel corso del
secolo (circa) di cui è lo specchio.
E’, tuttavia, opportuno far precedere questa analisi dalla fissazione di alcuni accorgimenti
tecnici da rispettare nella costruzione di una piramide delle età perché questa sia statisticamente
corretta. Essi sono legati ai criteri di presentazione delle classi di età e alle finalità conoscitive del
ricercatore. Se le classi di età secondo le quali è ripartita la popolazione hanno un modulo costante
(non importa se annuale o pluriennale), non esistono problemi nella realizzazione degli istogrammi,
come è facile comprendere. Se, invece, come a volte accade, le età procedono per moduli di
ampiezza diversa, occorre trovare la corretta omogeneità grafica apportando una semplice
correzione: basterà, cioè, ponderare ogni ammontare per il reciproco del rapporto tra la dimensione
di ogni gruppo di età e quella del gruppo di età preso come riferimento. Poniamo di avere un caso
come quello riportato nel prospetto seguente, in cui il gruppo di riferimento è, naturalmente, quello
Tav. III.4 – Popolazione italiana al Censimento dei 1951, per sesso e gruppi di età eterogenei.
Gruppi di età Popolazione Coefficiente Valori in ascissa
Maschi Femmine Maschi Femmine
0 423.509 404.004 5 2.117.545 2.020.020
1-4 1.795.191 1.709.419 5/4 2.245.989 2.135.274
5-9 1.981.085 1.892.815 1 1.981.085 1.892.815
10-14 2.141.442 2.074.399 1 2.141.442 2.074.399
…… ………… ………… …. ………… …………
…… ………… ………… …. ………… …………
50-54 1.182.641 1.327.293 1 1.182.641 1.327.293
55-64 1.787.043 2.220.770 ½ 893.522 1.110.385
65-74 1.204.453 1.448.840 ½ 602.227 724.420
75-84 488.117 593.595 ½ 244.059 296.798
85 e + 65.572 94.608 1/3* 21.857 32.536
35
quinquennale. Con la correzione suggerita la piramide risulta quella della Fig. III.2 di seguito.
Per quanto riguarda gli scopi conoscitivi del ricercatore, l’opzione è tra una rappresentazione
di frequenze assolute e una di frequenze relative secondo la formula [III.12]. La piramide per età in
valori assoluti illustra la struttura per età e sesso, dando anche un’idea della dimensione della
popolazione totale, ma questa soluzione, se è molto utile quando si vogliano effettuare confronti tra
popolazioni diverse o seguire nel tempo la stessa popolazione, rappresenta uno svantaggio quando
oggetto del confronto sono proprio le caratteristiche strutturali delle popolazioni a confronto, o i due
sessi nella stessa popolazione (è chiaro che in forma tabellare si possono tener in conto ambedue gli
aspetti). Di seguito riportiamo alcune piramidi (Fig. III.3 e III.4) particolarmente significative per
quanto veniamo dicendo e che, nel contempo, dimostrano le potenzialità di questo strumento
descrittivo nell’evidenziare il “regime” demografico in cui le popolazioni interessate si collocano.
Di fatto, nella Fig. III.3, emerge non solo la grande differenza dimensionale tra le popolazioni a
confronto, ma anche le divergenze nei flussi demografici che le hanno caratterizzate nel corso
dell’ultimo secolo – più evidenti nella Fig. III.4) – e che hanno conferito all’India (paese in via di
sviluppo, con natalità e mortalità elevate) un aspetto piramidale “tipico” e a quelle della Russia e
della Francia una configurazione non più triangolare in cui emergono gli effetti del calo delle
nascite e delle morti (con evidente diversa mortalità fra i sessi) Insieme ad una serie di irregolarità
da far risalire a eventi storici specifici – ma su questo aspetto torneremo fra breve –.
36
Fig. III.3- Tre piramidi delle età a confronto in valori assoluti (migliaia): India, Russia e Francia,
nel 1995.
Fonte: Caselli et al., op. cit.
E’ chiaro che quanto più ristretta numericamente è una popolazione e “specifica” quanto a
caratteristiche dell’ambiente in cui vive e degli individui che la compongono, tanto più “atipica” è
la piramide della sua struttura. Emblematica in questo senso è la Fig. III.5 relativa a tre città,
ciascuna caratterizzata da una particolare storia che ne ha stravolto la struttura: Tolosa, in Francia
(1991), città tipicamente universitaria e ricca di industrie particolarmente moderne e dinamiche che
attirano flussi di giovani, Sun City (1980) città “riposo” per pensionati, Fiuminata (1991) paese
dell’Appennino che ha fortemente sofferto dello spopolamento rurale.
37
Fig. III.4 – Confronti tra le Piramidi di cui in Fig. III.3 in termini proporzionali
38
Fig. III.5 – Piramidi delle città di Tolosa (Francia), Sun City (Arizona) e Fiuminata (Italia)
39
Per quanto riguarda i già accennati “incidenti” della storia che segnano o hanno segnato più o meno
intensamente, riportiamo due esempi relativi il primo all’Italia del 1997, il secondo alla Russia del
1992 (lo stesso visto nella Fig. III.4, ma riferito a classi di età annuali.
Fig. III.6 – Piramide delle età della popolazione italiana nel 1997
Fonte: M. Livi Bacci, op. cit.
Fig. III.7 – Piramide delle età della popolazione russa nel 1992
Fonte: M. Livi Bacci, op.cit
Nella Fig. III.6 tali “incidenti” sono espressamente indicati. Nella Fig: III.7 essi sono numerati e
corrispondono a: (1) La caduta della natalità (quasi dimezzata) negli anni 1914-17, meno evidente
40
fra gli uomini che insieme a quelli delle generazioni precedenti (2) furono falcidiati dalla guerra; (3)
forte ripresa delle nascite dal 1918, nonostante la guerra; (4) effetti della collettivizzazione forzata e
della carestia di fame degli anni 1922-33; (5) abolizione delle norme che consentivano l’aborto; (6)
seconda guerra mondiale; (7) ripresa di reazione con (8) alterne vicende; (9) gravissima crisi
economica.
Fig. III.8 – Piramide della popolazione italiana del 1991, secondo lo stato civile.
Fonte: Caselli e al., op. cit.
Per concludere presentiamo altri due esempi diretti, questa volta a dimostrare un uso
“tridimensionale” della piramide (si è detto in precedenza che oltre al sesso e all’età una piramide
FigIII.9 – Piramide delle età dei docenti e dei ricercatori dell’Università italiana nel 1997.
Fonte: Caselli e al., op. cit.
può simultaneamente descrivere altre caratteristiche di struttura). Nella Fig. III.8 riportiamo la
piramide dell’Italia al 1991 in cui si tiene conto anche dello stato civile (di particolare interesse per
41
la percezione delle differenze di mortalità e del conseguente aumento delle vedove); nella Fig. III.9
è invece rappresentata la struttura dei docenti e dei ricercatori dell’Università italiana nel 1997, le
cui particolarità e anomalie sono talmente “straordinarie” da non richiedere particolari commenti.
42
Parte seconda
IV.1. Le biografie.
Nel Cap. I si è sottolineato come il movimento della popolazione derivi da una serie di
eventi che continuamente si manifestano nelle biografie delle sue unità elementari costituite dagli
individui, al fine di tener conto dell’intrinseco dinamismo che caratterizza la popolazione stessa e
per comprendere come si manifesti il passaggio del tempo. In questa prospettiva si è anche
proposto di considerare l’aggregato demografico non come un insieme di soggetti, ma come un
complesso di biografie e di osservarne le modalità di sviluppo temporale riconducendosi alle
singole esperienze biografiche individuali. Si notò allora, peraltro, che i singoli individui non
possono essere assunti come unità di studio: la demografia, di fatto, non si interessa alle vicende
individuali ma a quelle dell'aggregato. E', tuttavia, dall'osservazione delle singole biografie e dalle
caratteristiche reali delle esperienze demografiche vissute a livello individuale che possiamo
ricavare gli elementi che ci consentono di collocare correttamente nel tempo i fenomeni della
popolazione e di risalire, successivamente, agli opportuni metodi di misura.
I caratteri fondamentali di una biografia, per quanto riguarda il suo sviluppo temporale,
assumono due forme principali: la successione e la durata. Ogni evento vissuto in una biografia è
segnato da una data corrispondente al momento della sua apparizione: le date del calendario
segnano la successione degli eventi. Queste non sono sufficienti, tuttavia, a definire compiutamente
un'esperienza temporale: alla successione è necessario aggiungere la durata del periodo relativo di
manifestazione degli eventi stessi, la misura cioè dell'intervallo che separa ogni evento dal
precedente o, più in generale, da un evento assunto come origine. Se si osserva globalmente una
biografia, questa misura corrisponde all'età del soggetto, che appunto rappresenta la durata
intercorrente tra la data di nascita - inizio della biografia e, di norma, momento di "ingresso" nella
popolazione - e l'istante in cui nella biografia compare un qualsiasi altro evento.
Per maggiore chiarezza, affidiamoci ad un esempio elementare. Supponiamo di aver
ricostruito la biografia di sei donne immaginarie nate nello stesso giorno - Maria A., Anna B., Luisa
C., Carla D., Rosa E. e Bianca F.- e di aver rilevato, tra i molteplici eventi da esse vissuti nel corso
della loro esistenza, alcune esperienze che più interessano la demografia. La successione delle
vicende relative alle quattro donne sono riportate nel prospetto IV, 1.
Possiamo meglio fissare le modalità secondo le quali in ogni biografia si combinano i due
elementi temporali della successione e della durata, servendoci del diagramma di Lexis, strumento
descrittivo spesso indispensabile in demografia.
Tracciamo due classici assi cartesiani (Fig. IV, 1) e segniamo sull'asse delle ascisse le date
del calendario e simmetricamente su quello delle ordinate le età (in genere le durate) del soggetto al
manifestarsi degli eventi da lui vissuti.
43
Prospetto IV.1. Sei biografie immaginarie
Poiché esiste una relazione univoca tra date di calendario ed età cosicché:
col trascorrere del tempo una biografia si svilupperà lungo una linea che, partendo dal punto di
ascissa corrispondente alla data di nascita, si mantiene equidistante dall'asse delle ascisse e dalla
ordinata che passa per quel punto: in generale lungo una linea parallela alla bisettrice dell'angolo
all'origine degli assi. Essa viene indicata in demografia col termine di linea di vita.
Si consideri per il momento la sola biografia di Maria A.. Il momento della sua nascita sarà
rappresentato dal punto N sull'asse delle ascisse corrispondente al 23.9.1883: da quel punto avrà
inizio la sua linea di vita che, procedendo in senso longitudinale, terminerà nel punto D -
normalmente indicato come punto di morte - corrispondente alla data del decesso, avvenuto il
15.3.1953. Lungo la linea N-D collocheremo tutti gli altri eventi vissuti da Maria A.: basterà
individuarne la successione sull'asse delle ascisse e tracciare da ciascun punto la perpendicolare fino
44
ad incontrare N-D. Come mostra la fig. 1, segneremo nel punto M1 il primo matrimonio; in F1 la
nascita del primogenito;...; in V la vedovanza, e così via fino al decesso.
Età
70
•D
66
40
• M2
36
V
•
32
F3
28 •
F2
24 •
F1
M1
•
20 •
2
N
0 •
1883 1903 1915 1949 Anni
Date
23.9. 05.05 04.11 05.07. 13.08. 07.06. 10.01. 15.03.
1883 1904 1905 1908 1912 1917 1923 1953
45
6 giorni) - anche se a rigore questo non è un fatto demografico né deriva da un evento propriamente
detto - la collocherà tra le donne potenzialmente prolifiche (mutamento qualitativo); il suo primo
matrimonio la farà passare dalla categoria delle nubili a quella delle coniugate (mutamento
qualitativo); la nascita del primo figlio provocherà il suo ingresso nella categoria delle primipare ed
insieme farà aumentare di un'unità l'aggregato (mutamento qualitativo e quantitativo) dando inizio
ad una nuova biografia;...; di converso, il suo decesso toglierà un'unità all'aggregato e dal gruppo
delle coniugate (mutamento quantitativo e qualitativo).
Ma nella popolazione, parallelamente a quelle di Maria A. e delle altre donne del nostro
esempio, si sviluppano nel tempo altre storie individuali formatesi in periodi diversi, in un arco di
tempo pari grosso modo a duecento anni, e in ciascuna vengono vissuti, in momenti successivi e a
successive età, una serie di eventi demografici che provocano mutamenti qualitativi e quantitativi
nell'aggregato. Così, ad esempio, nel 1912 insieme con Maria A. e ad Anna B. altre donne, nate
prima, contemporaneamente o posteriormente, subiranno la nascita di un figlio e si tratterà del
primogenito (come per Anna B.), del terzogenito (come per Maria A.),..., dell'nmogenito.
Nell'aggregato l'insieme di queste nascite rappresenterà la componente positiva del bilancio
demografico di quell'anno e darà origine ad una differente struttura per numero di figli avuti (parità)
della popolazione femminile.
Le due ultime biografie - quelle di Rosa E. e di Bianca F. - presentano, tuttavia,
caratteristiche che le distinguono dalle altre e che è opportuno a questo punto rimarcare. L'inizio
della biografia di Rosa E. - ovviamente, la sua nascita - non coincide con la sua comparsa nella
popolazione osservata: il suo "ingresso" avviene, infatti, in conseguenza di una immigrazione.
Pertanto è solo da quel momento che gli eventi caratteristici di questa biografia iniziano a "contare"
per quella popolazione. La differente modalità di ingresso - importante dal punto di vista
dell'analisi, come si vedrà più avanti - non la rende, comunque, diversa dalle altre biografie per
quanto riguarda la successione, la durata e, quindi, la misura del tempo degli eventi. Analoghe
considerazioni valgono, a questo riguardo, per la biografia di Bianca F.. Qui le peculiarità da
rilevare sono due: a) la sua appartenenza alla popolazione osservata presenta una soluzione di
continuità: si tratta di un periodo di emigrazione temporanea, durante il quale gli eventi (nella
fattispecie la nascita del figlio primogenito) si producono in altra popolazione e che è rilevante solo
per l'analisi; b) anche se la vicenda demografica di Bianca F. non si interrompe fino al momento del
decesso, per la popolazione osservata la sua biografia si esaurisce con l'emigrazione definitiva: in
questo senso la data di uscita corrisponde a un punto di morte.
Il meccanismo dinamico che caratterizza il quadro qui delineato rende ancor più evidente
perché la popolazione, come si enunciava nel primo capitolo, non tanto va pensata come un insieme
di individui, quanto come un insieme di biografie, di vicende individuali che nel tempo
ininterrottamente si formano, si accavallano, si estinguono.
IV.2. Le coorti.
Come si è detto nel Cap. 1, le singole biografie non hanno un interesse autonomo ai fini di
uno studio demografico1. Esse tuttavia rappresentano gli elementi della storia collettiva del gruppo
cui appartiene il soggetto considerato, gruppo che può essere assunto come unità di studio cui, come
si è detto, la demografia assegna il nome di coorte.
Tale macro-unità, come già si sa, costituita dalle persone che hanno vissuto un certo evento
(evento origine) durante uno stesso periodo - un anno o, più raramente, un limitato numero di anni -,
è un’unità “di comodo” che si adotta affinché nel collettivo da essa definito il tempo trascorso a
partire da quell'evento sia per ogni componente univocamente definibile.
1
A meno che i processi demografici non vengano analizzati attraverso la Event History Analysis – in cui ciascuna
biografia viene statisticamente trattata come una variabile stocastica complessa – che è andata affermandosi in tempi
recenti, ma che non fa parte della cosiddetta “analisi classica”.
46
Vediamo subito con l'aiuto del diagramma di Lexis (Fig. IV.2) come si collocano nel tempo
le vicende demografiche di una coorte e quali problemi si presentino nella misurazione del tempo:
si deve, infatti, tenere presente che, se a livello individuale le singole biografie vengono identificate
con una data precisa, la coorte deve essere identificata con la sola indicazione dell'anno (o qualsiasi
altro periodo di tempo) in cui hanno origine le biografie che ne fanno parte.
Prendiamo in considerazione in particolare la generazione 1883, vale a dire l'insieme dei
bambini nati tra il 1.1.e il 31.12.1883. Le date di nascita di tali individui si collocano nel diagramma
sul segmento di retta AB. Seguiamo nel tempo i soggetti nati il 1.1.1883: la loro storia si collocherà
lungo una linea di vita comune corrispondente alla diagonale As. Parallelamente, sulla diagonale Bt
si collocheranno tutte le linee di vita dei
Età
x
s
t
12
11
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
A B
0
1883 1885 1890 1895
Anni-Coorti
bambini che hanno in comune la data di nascita del 31.12.1883. Evidentemente tutte le linee di vita
dei nati nel 1883 (generazione 1883) si svilupperanno nel corridoio longitudinale delimitato da As e
Bt.
Vediamo subito come si configurano sul diagramma di Lexis gli eventi vissuti dai membri di
una generazione e come questi ultimi vadano individuati nel corso della loro storia secondo le due
forme del tempo: la successione e la durata. Si comprende facilmente che, essendo ogni coorte
identificata nel tempo dalla sola indicazione dell'anno solare di formazione, la successione degli
eventi in essa vissuti verrà espressa da una sequenza di anni e non di date, mentre la durata verrà
47
individuata con delle età (o delle durate propriamente dette) annuali (o pluriennali, secondo i casi) e
non con delle età complete.
Per semplificare l'esposizione, poniamoci di fronte a un caso concreto. Seguiamo le vicende
della generazione 1883 e, prendendo a modello la biografia di Maria A., chiediamoci come vadano
identificati e come debbano essere rappresentati gli eventi e i membri della generazione. In
particolare:
s t
Età
30 Nascita III figlio
V
29 Q y
R
28 P
Vive al 31.12.1910
27 y
O
26 N
25 M
y L
24 Nascita II figlio
I
23 G
yH
22 Sopravvive all’età esatta 23
21 E
20 D
y F
C I Matrimonio
1
Nascita di Maria A.
0
y
A B Coorti
1883 1903 1904 1906 1908 1910 1912 Anni
- i primi matrimoni celebrati dai membri della generazione a 20 anni compiuti (cioè tra le
età esatte 20 e 21 anni);
- le nascite che provengono dai membri della coorte che hanno 29 anni compiuti nell'anno
1912;
48
- i primi matrimoni all'età compiuta 20 anni sono rappresentati da tutti i punti relativi a
eventi di tale categoria che cadono nel parallelogramma CDEF [la figura, infatti, si forma alla
confluenza del corridoio longitudinale As-Bt, in cui si collocano le linee di vita della generazione
1883, con il corridoio orizzontale delimitato dalle età esatte 20 e 21 anni in cui, si collocano i
segmenti di linee di vita di tutte le generazioni (eventualmente) osservate all'età compiuta 20];
- le nascite che provengono dai membri della coorte nell'anno 1908 sono rappresentate dai
punti relativi a tale categoria di eventi che cadono nel parallelogramma IMNL [tale figura, infatti, si
forma alla confluenza del corridoio longitudinale As-Bt con il corridoio perpendicolare
(trasversale) delimitato dal 1.1. e il 31.12.1908 in cui si collocano tutti gli eventi vissuti
(eventualmente) dalle varie generazioni in quell'anno];
- le nascite che provengono dai membri della coorte a 29 anni compiuti nel 1912 sono
rappresentati dai punti relativi a tale categoria di eventi che cadono nel triangolo QRV [tale figura
si forma, infatti, alla confluenza del corridoio longitudinale As-Bt, del corridoio orizzontale
delimitato dalle età esatte 29 e 30 anni e da quello trasversale individuato dal 1.1 e dal 31.12.1912];
- i membri della coorte all'età esatta 23 anni sono tutte le linee di vita che passano sul
segmento GH delimitato dalle due linee longitudinali As e Bt e situato sulla parallela all'asse delle
ascisse che parte dal punto di ordinata corrispondente all'età esatta 23 anni, e in GH si identifica
quindi quel flusso;
- i membri della coorte al 31.12.1910, analogamente, sono tutte le linee di vita che giungono
e vengono accertate sul segmento OP delimitato dalle due linee longitudinali As e Bt e situato sulla
perpendicolare all'asse delle ascisse corrispondente alla data in questione; in OP, quindi, si
identifica questo stock.
Da questo quadro possiamo trarre alcune notazioni generali. Alcune sono puntualizzazioni
di carattere tecnico, altre riguardano la concettualizzazione del tempo nel passaggio dai percorsi
biografici ai processi demografici delle coorti.
1) In generale sul diagramma di Lexis gli eventi occupano delle superfici mentre gli stock e i
flussi di popolazione dei segmenti. Superfici e segmenti non hanno, peraltro, significato geometrico.
49
Dunque, con l'aggregazione degli individui in coorti, si perde la possibilità di cogliere
unitariamente la sequenza delle diverse esperienze demografiche così come si manifestano nelle
singole biografie. Nella coorte ogni categoria di eventi viene separata dalle altre e definisce un
processo di popolazione e il concetto di successione non farà più riferimento al manifestarsi delle
varie esperienze demografiche lungo il ciclo di vita individuale, ma a quello degli eventi di una data
categoria nella storia collettiva della coorte.
Occorre, peraltro aver ben presente che un processo di popolazione, il cui sviluppo
temporale si identifica contabilmente con la distribuzione degli eventi per età durata dei membri che
li hanno vissuti, attiene alla coorte in quanto aggregato, ma nella funzione che lo rappresenta
l'argomento è comunque costituito dal tempo individuale. L'età-durata è, di fatto, la variabile
centrale di un processo demografico in quanto processo dinamico ed è l'elemento che assegna
l'individuo all'aggregato.
Sulla base di quanto si è detto nel precedente paragrafo, possiamo ora stabilire con maggior
rigore i criteri di base per una corretta misura dei processi demografici all'interno delle coorti.
Come si vedrà meglio più avanti, tali criteri tendono a prefigurare un quadro teorico di
riferimento unitario, cui possano venire ricondotti i problemi di misura di tutti i processi di
popolazione condizionatamente alla natura dei processi stessi ed alle specifiche modalità di
manifestazione.
Tali modalità a livello macro derivano dall'esperienza demografica vissuta a livello micro.
Di conseguenza è dalle singole biografie e dai caratteri fondamentali che le distinguono che si
possono agevolmente individuare i criteri di descrizione e misura dei processi di popolazione.
Torniamo nuovamente all'esempio delle storie individuali prima presentato. Dall'esame
comparativo delle sei biografie in questione emergono chiaramente gli elementi di base che le
caratterizzano:
1) Gli eventi (ivi compresi quelli che ne segnano l'inizio - e/o l'ingresso nella popolazione - e
la fine - e/o l'uscita dalla popolazione) che appaiono in ciascuna biografia oltre ad essere,
ovviamente, contraddistinti da una data, sono di diversa natura. Alcuni possono essere vissuti una
sola volta ed interrompono la biografia (la morte) o, in ogni modo, provocano la sua scomparsa
dalla popolazione (emigrazione definitiva): è la categoria degli eventi non rinnovabili e negativi (o
fatali). Tutti gli altri eventi possono essere vissuti più volte: così il matrimonio, la nascita di un
figlio, la migrazione, ecc. Essi formano la categoria degli eventi rinnovabili. Se agli eventi
rinnovabili di un particolare tipo si assegna, tuttavia, il numero d'ordine di apparizione nella
biografia individuale, la categoria degli eventi rinnovabili si configura come un insieme di eventi
che possono essere vissuti una sola volta e quindi non rinnovabili: il primo matrimonio, la nascita
del figlio primogenito, quella del secondogenito e così via.
2) Non tutte le biografie contengono gli stessi eventi, non rinnovabili o rinnovabili che
siano: Carla D. non si è sposata ne ha avuto figli. Non tutti i soggetti vivranno gli eventi rinnovabili
un ugual numero di volte: Maria A. si è sposata due volte ed ha avuto tre figli; Anna B. si è sposata
una sola volta ed ha avuto un solo figlio.
seguito, dando per implicita, appunto, la conoscenza della data di rilevazione, faremo riferimento a due informazioni
temporali necessarie: l’anno di formazione della coorte e l’età-durata.
50
sono protagonisti: in conseguenza del primo matrimonio un uomo passa dallo status di celibe a
quello di coniugato; in conseguenza della nascita del figlio secondogenito una donna passa dallo
status di "madre con parità 1" a quello di "madre con parità 2".
5) L'evento di una data categoria non apparirà allo stesso istante nelle varie biografie: ci
saranno alcuni che attenderanno più di altri prima di sposarsi o prima di avere figli - come accade a
Maria A. e ad Anna B. -, che spazieranno diversamente le nascite successive, che più a lungo
rimarranno in stato di vedovanza prima di contrarre un secondo matrimonio. Tali differenze nella
cronologia degli eventi di una stessa categoria possono essere evidenziate soltanto attraverso un
confronto tra data dell'evento vissuto e data dell'evento che ha dato origine alla biografia stessa
(l'età) o altro evento considerato come origine (generica durata).
6) Se può esistere tra biografia e biografia una forte variabilità nella cronologia degli eventi,
il loro ordine di apparizione è caratterizzato invece da una notevole rigidità: così una nascita
secondogenita non potrà mai precedere quella del primogenito; né il secondo matrimonio e il
divorzio potranno precedere il primo matrimonio. Ma, più in generale, ogni caratteristica
demografica che prevede una pluralità di status si manifesta secondo modalità rigide e
irreversibili: così l'età, lo stato civile, la parità, ecc.. In tal senso ogni status definisce o può definire
un segmento di popolazione - o sotto-popolazione - che procede nel tempo secondo le stesse
modalità della popolazione complessiva.
7) Spesso un dato evento non solo precede, ma condiziona l'apparizione di un altro evento:
così, il matrimonio è condizione necessaria per avere figli legittimi; la vedovanza o il divorzio per
contrarre un secondo matrimonio; la nascita di un figlio di ordine i per avere un figlio di ordine i+1.
Tale evento può assumere, pertanto, il ruolo di evento-origine rispetto a quello che ne rappresenta la
"naturale" conseguenza (e, quindi, evento-origine del relativo processo di popolazione). Da un
punto di vista demografico può essere più significativo osservare le differenze esistenti tra due
biografie nell'apparizione, ad esempio, della nascita di un figlio legittimo, misurando il tempo non
dalla data di inizio della biografia stessa, ma dalla data in cui si è manifestato l'evento-origine e cioè
il matrimonio. Si separa in tal modo dalla biografia di un soggetto un suo particolare segmento
(l'intervallo tra matrimonio e termine della vita feconda) e in tale segmento si osserva l'apparire
degli eventi.
8) Gli eventi demografici non rinnovabili e non negativi possono formare - in conformità
con quanto detto ai punti 1) e 7) - una "serie di eventi in successione" o una "serie di eventi a
catena". Gli eventi di una data categoria sono da considerarsi "in successione" quando la
manifestazione dell'evento di ordine i è condizionata dal verificarsi non solo dell'evento di ordine i-
1 della stessa categoria, ma anche di un evento di altra categoria che assume il ruolo di evento-
origine: ad esempio, i matrimoni per ordine rappresentano una successione poiché tra prime e
seconde nozze deve necessariamente prodursi o il divorzio o la vedovanza.
Gli eventi rinnovabili di ordine 1,2,...,i... sono da considerarsi, invece, "a catena" quando evento-
origine dell'evento di ordine i è quello di ordine i-1: le nascite successive di una coppia
rappresentano una "serie di eventi a catena".
51
IV.3.2. Manifestazione degli eventi demografici nelle coorti.
Trasferiamo ora alle coorti i caratteri differenziali delle modalità di sviluppo delle biografie
individuali al fine di individuare i fondamenti della misura dei processi demografici.
Schematicamente occorre fissare i seguenti punti:
52
differenti; ma ciò è raramente possibile - in particolare con riferimento ai caratteri biologici e
psicologici - e, in ogni caso, subordinato alle finalità conoscitive. Si può, in ogni modo, più spesso
operare qualificando la coorte con un elemento ulteriore di identificazione se da questo ci si attende
un effetto specifico il che, in pratica, implica che talvolta occorre tener conto di due eventi-origine:
quello che è specifico dell'evento studiato e la nascita (anno di formazione della coorte o età).
i) il numero medio di eventi per testa; se l'evento studiato può essere vissuto una sola volta,
il numero medio corrisponderà alla proporzione dei membri della coorte che vivono
l'evento;
ii) la distribuzione degli eventi secondo la scala delle durate propria della coorte in cui si
manifestano.
53
Per fissare l'intensità del processo potremo, dunque, indifferentemente affermare che la coorte in
questione si caratterizza per una primo-nuzialità (proporzione di coloro che hanno vissuto l'evento
studiato) pari al 90% o per un celibato definitivo (proporzione di coloro che non hanno vissuto
l'evento studiato) pari al 10%. Analogamente per quanto riguarda l'indice medio rappresentativo
della cadenza: l'età media al primo matrimonio concettualmente corrisponde al numero medio di
anni trascorsi in stato di celibato. Allo stesso modo, nel caso della mortalità: c'è identità tra il
concetto di età media al decesso e quello di numero medio di anni vissuti dai membri di una
generazione. Gli esempi potrebbero moltiplicarsi.
b) I dati di osservazione relativi agli eventi non consentono una misura "pura" dei
parametri descrittivi fondamentali. In accordo con quanto detto al punto 4, occorre tener sempre
presente che alcuni eventi impediscono al soggetto che li subisce di vivere certe esperienze
demografiche. I membri di una coorte sono sempre sottoposti simultaneamente a vari "rischi",
rischi che sono spesso in concorrenza tra loro. Un celibe che in quanto tale diventa membro di una
coorte di candidati al primo matrimonio, non cessa di essere sottoposto al rischio di subire allo
stesso tempo altri eventi come la morte o l'emigrazione. Di conseguenza egli può uscire
(definitivamente o temporaneamente) dalla coorte dei celibi sia per aver vissuto l'evento studiato -
il primo matrimonio, sia per aver subito l'evento caratteristico di un fenomeno "concorrente" - la
morte o l'emigrazione. In generale il numero di eventi di una data categoria che viene registrato
nel corso del tempo in una coorte è la risultante di due effetti concomitanti: quello derivante dalla
propensione a vivere tale categoria di eventi e quello prodotto dall'azione di "disturbo" di altri
fenomeni - i cosiddetti fenomeni perturbatori. I dati, così come vengono forniti dall'osservazione,
assai raramente consentono di pervenire direttamente ad una descrizione dei processi demografici
allo stato puro.
Si tenga ben presente che la qualifica di "perturbatore" non individua una categoria di eventi
o di fenomeni. Esprime invece un concetto relativo: ogni evento può assumere secondo i casi il
ruolo di evento studiato o di evento perturbatore. Ad esempio, l'emigrazione rappresenta un
fenomeno perturbatore nello studio della mortalità di una coorte; la mortalità e l'emigrazione sono
fenomeni perturbatori quando si studia la nuzialità; ma è la nuzialità, con l'emigrazione, ad agire
da fenomeno perturbatore se è la mortalità dei celibi a costituire oggetto di studio; così come sono
la mortalità e la nuzialità i fenomeni perturbatori nello studio dell'emigrazione dei celibi.
c) Scopo dell'analisi demografica. Tenendo conto di quanto è stato detto nei precedenti punti
a) e b), si può affermare che il primo obiettivo dell'analisi demografica è quello di pervenire alla
corretta misurazione dei parametri fondamentali dei processi demografici e di assicurare una non
distorta descrizione delle loro modalità di manifestazione nel tempo. Scopo principale dell'analisi
è, in altre parole, quello di ottenere delle misure di intensità e cadenza allo stato puro dei processi
di popolazione, al netto cioè delle interferenze prodotte dai fenomeni perturbatori. Molto spesso
tutto ciò implica che si operi un frazionamento nella "successione" o nella "catena" degli eventi
che caratterizzano un dato processo: così facendo la storia della coorte, relativamente a tale
processo, viene suddivisa in tappe che vanno dall'evento-origine all'evento E1, dall'evento E1 - a
sua volta evento-origine - all'evento E2 e così via. Un secondo obiettivo dell'analisi può essere
allora quello di ritrovare l'unitarietà del processo attraverso un’appropriata "ricomposizione" della
segmentazione. Questa operazione appare particolarmente importante per i processi definiti da una
serie di eventi in successione.
Come risalire alla storia delle coorti? Si intuisce facilmente che la risposta a questo
interrogativo varia in funzione dei criteri di raccolta dei dati. E' necessario, pertanto, distinguere
54
tra informazione raccolta in osservazione continua e quella ottenuta in osservazione retrospettiva
(Fig. IV.3).
(a)
(b)
Durata Durata
x-2
0 x-3
Coorte Tempo Tempo
Indagine
55
percorse dai suoi membri, utilizzando i caratteri temporali di classificazione con cui vengono
presentati i dati (Fig. IV,3a). Deve essere chiaro che in questo tipo di osservazione, visti i criteri di
raccolta dei dati, il legame tra eventi e caratteristiche delle storie individuali dei membri della
coorte è assicurato soltanto in relazione agli elementi di classificazione che accompagnano i dati
statistici. Questa circostanza rappresenta un evidente limite per l'analisi, poiché è impensabile di
poter disporre di classificazioni che tengano simultaneamente conto di tutti ( o di molti) fattori
individuali che condizionano l'apparizione degli eventi.
Età
25
24
23
22 I
21 F H
E C G
20
19 B D
A
18
17
16
15
1919 1920 Anni-Coorti
Coorte Coorte
1900 1901
56
l’emigrazione definitiva.
Si tenga presente che il tipo di osservazione adottato comporta problemi metodologici
particolari ed presuppone strumenti analitici specifici.
57
APPENDICE AL CAPITOLO IV.
Nel Quadro sinottico I vengono analizzati i processi demografici che sono all'origine dei
fondamentali mutamenti quantitativi e qualitativi della popolazione allo scopo di fissare, per
ciascuno di essi, i caratteri distintivi che devono guidare la ricerca dell'appropriato metodo di
misura. Di ciascun processo vengono, infatti, individuati, in conformità con quanto detto nel par.
I.4: gli eventi che lo caratterizzano; la loro natura, rinnovabile (R) o non rinnovabile (N.R),
distinguendo per questi ultimi la categoria: eventi negativi (en), "serie di eventi in successione"
(ss) o "serie di eventi a catena" (sc); l'evento-origine (o gli eventi-origine); la(le) coorte(i) di
studio; la(le) unità temporale(i) appropriata(e); gli eventi perturbatori.
58
Vedovanza Decessi di N.R. Matrimonio Matrimoni Morti di
(donne) coniugi (ss) Nascita del celebrati in Durata coniugate,
marito stesso anno Età del migrazioni
Anno di marito di coppie.
nascita del Divorzi.
marito
Mortalità Decessi N.R. Nascita Soggetti nati Età Migrazioni
generale (M o F) (en) nello
(M o F) stesso anno
Processo Eventi Natura Evento-origine Coorte Tempo Eventi pert.
59
CAP. V - Processi allo stato puro
II.1 - Premessa.
Come è stato detto nel par. IV.4.4 al punto c), il primo obbiettivo dell'analisi demografica
è quello di determinare intensità e cadenza dei processi demografici, una volta eliminati gli effetti
derivanti dalla concomitante azione dei fenomeni perturbatori. Si tratta, in sostanza, di valutare
delle misure allo stato puro. L'osservazione in nessun caso può fornire informazioni che non siano
perturbate - anche se quella retrospettiva per certi aspetti sembra avvicinarsi ad una situazione
"pura", poiché si basa sulle informazioni fornite da coloro che sono sfuggiti a tali fenomeni -:
quindi tale obbiettivo può essere raggiunto soltanto in via di approssimazione, accettando - anche
senza verifica empirica - ipotesi semplificatrici.
Per stabilire tuttavia dei criteri rigorosi che consentano di costruire attraverso i dati di
osservazione tratti dall’osservazione continua (o seguita) delle misure "pure" dei processi
demografici occorre procedere per gradi, considerando dapprima una situazione molto semplice,
ma astratta, nella quale:
b) le probabilità di subire l'evento studiato sono le stesse, a ciascuna durata, per tutti i
membri della coorte - in altre parole le coorti sono omogenee – e, condizione implicita
nelle due precedenti,
Questa ipotetica osservazione allo stato puro è destinata soltanto a fissare senza ambiguità
alcuni concetti fondamentali relativi alla intensità ed alla cadenza dei processi, a seconda che
questi siano caratterizzati da eventi rinnovabili o da eventi non rinnovabili.
Come si ricorderà, tutti processi demografici sono caratterizzati da eventi che possono
essere vissuti più di una volta (la fecondità, ad esempio, caratterizzata dall’evento nascita; o la
nuzialità o, in genere, le unioni di tipo coniugale, poiché è possibile contrarre legalmente il
matrimonio o unirsi more-uxorio più di una volta). Secondo la classificazione proposta al par.
I.4.2, si tratterà, comunque, di processi caratterizzati da "serie di eventi in successione" o da
"serie di eventi a catena" per i quali si può o meno prescindere dal rango.
Si abbia, dunque un certo processo Y (scindibile in tanti processi Yi) che interessa studiare in
una popolazione o in una sottopopolazione secondo i criteri precedentemente illustrati, all'interno
di una coorte definita da un certo evento-origine con ammontare iniziale *G0 riferito ad un anno
solare. Sarà *E l'evento che lo caratterizza - una serie di eventi *Ei (con i = 1,2,...,n) per i quali si
potrà o meno tener conto del rango - che si manifesterà (o si manifesteranno) all'interno dei limiti
temporali (durate), effettivi o convenzionali, α e β. Per semplicità espositiva e per poter
generalizzare, assegneremo ad α il valore di 0 e a β il valore di ω, mentre indicheremo con x una
generica durata all'interno dell'intervallo 0- ω.
60
Durate ω
)
,ϖ
−1
ω-1
(ϖ
E*
)
−1
,ω
ω-2
−2
(ω
Ε∗
x+1
1)
+
,x
(x
E*
x
2
)
,2
(1
E*
1
)
,1
(0
E*
Coorti
Diagramma V.1
In termini assoluti la misura di Y nella coorte *G0 tra gli estremi 0 e ω sarà ottenuta in base
al numero di eventi *E vissuti da *G0 ed alla loro distribuzione nel tempo tra i limiti fissati
(diagramma II.1).
Avremo quindi l’intensità complessiva pari a
ω −1
T= ∑ ∗ E (x, x + 1) [V.1]
x =0
e, ponendo
ω −1
∑ ∗ E i (x, x + 1) = T i [V.2]
x =0
ω −1 n
T= ∑ ∑ ∗ E i (x, x + 1) [V.2.1]
x = 0 i =1
61
apparizione di *E in *G0 dovrà essere tale - tenendo conto del valore centrale delle classi di età,
nonché della condizione di invarianza propria delle medie - che
ω −1 ω −1
∑ x⋅∗ E ( x, x + 1) = ∑ (x + 0,5)⋅∗ E (x, x + 1)
x =0 x =0
da cui
ω −1 ω −1
x⋅ ∑ ∗
E (x, x + 1) = ∑ (x + 0,5)⋅∗ E (x, x + 1) [V.3]
x =0 x =0
e quindi
ω −1 ω −1
∑ (x + 0,5)⋅∗ E (x, x + 1) ∑ (x + 0,5)⋅∗ E (x, x + 1)
x = x =0 = x =0
ω −1 T
∑ ∗ E (x, x + 1)
x =0
ω −1 ω −1
∑ (x + 0,5)⋅∗ E i (x, x + 1) ∑ (x + 0,5)⋅∗ E i (x, x + 1)
x i = x =0
ω −1
= x =0 [V.4]
∗ Ti
∑ i
E (x, x + 1)
x =0
otterremo la [V.5] come media ponderata dei valori espressi dalla [V.4] con pesi pari alle intensità
secondo la [V.2] relative a ciascun rango. Avremo, infatti
ω −1 n
∑ (x + 0,5) ⋅ ∑ ∗ E i (x, x + 1)
x= x =0 i =1 =
ω −1 n
∑ ∑ ∗ E i (x, x + 1)
x = 0 i =1
1 n i
T2 Ti x ⋅T i
= x1 ⋅
T
+ x2 ⋅ + ⋅⋅⋅ + xi ⋅ + ⋅⋅⋅ = ∑ [V.5]
T T T i =1
T
Ma in un'analisi comparativa (nel tempo o nello spazio), come di norma avviene, il diverso
ammontare delle coorti in gioco compromette la possibilità di un corretto e significativo
confronto. Converrà dunque depurare l'intensità dall'effetto "dimensione della coorte" e ricavare
62
un'intensità media. Basterà rapportare gli eventi al contingente iniziale *G0, costruire i cosiddetti
eventi ridotti e (con gli stessi criteri statistici appena visti) pervenire all’intensità media ed al valor
medio di cadenza
∗
E (x, x + 1)
e (x, x + 1) =
∗
⋅10 n = [V.6]
G0
∗ i
∑ E (x, x + 1)
[V.6.1]
= i
∗
⋅10 n = ∑i e i (x, x + 1)
G0
La somma tra 0 e ω di tali eventi ridotti, intensità media, corrisponderà al numero medio di
eventi per testa.
∗
E (x, x + 1)
τ = ∑ x e (x, x + 1) = ∑ x
∗
=
∗
1
∑ x ∗ E (x, x + 1) = [V.7]
G0 G0
= ∑ x ∑ i e i (x, x + 1) = ∑ i τ i [V.7.1]
essendo, ovviamente,
τ i = ∑ x e i (x, x + 1) [V.7.2]
x=
∑ x (x + 0,5) ⋅ e(x, x + 1) [V.8]
∑ x e(x, x + 1)
x i ⋅τ i
x = ∑i [V.8.1]
τ
dove xi è
63
x i
=
∑ x
(x + 0,5) ⋅ e i (x, x + 1)
[V.8.2]
τi
In sintesi, per misurare un processo caratterizzato da eventi rinnovabili allo stato puro è sufficiente
la serie degli eventi ridotti per singola durata.
Potremo ottenere, utilizzando gli eventi ridotti, una Tabella descrittiva per età (durate)
compiute tra α =0 e β=ω, come la seguente:
PROSPETTO V.1
Quando nei processi Y, siano essi "serie di eventi in successione" o "serie di eventi a
catena", si isola il processo Yi caratterizzato da eventi di rango i, si può tener conto e misurare
separatamente un processo a eventi non rinnovabili in cui l'evento che lo caratterizza può apparire
una sola volta nella biografia dei membri della coorte. Si comprende, pertanto, che processi a
eventi non rinnovabili sono la primo-nuzialità (l'evento essendo il primo matrimonio), la
fecondità per ordine di nascita (l'evento essendo la nascita di ordine i), ecc.. Generalmente si tiene
distinta da tali categorie quella dei processi a eventi negativi, in cui rientrano la mortalità e le
emigrazioni definitive, che pure sono processi caratterizzati da eventi non rinnovabili, per le
specificità teoriche ed analitiche che li caratterizzano e che verranno a suo tempo illustrate.
Tuttavia, sotto il profilo delle procedure, l'analisi dei processi a eventi negativi, nella
maggioranza dei casi, presenta problemi e prevede soluzioni di natura analoga a quella degli altri
processi a eventi non rinnovabili e, pertanto, non richiede una trattazione specifica nell'ambito
della esposizione di principi generali.
Per analizzare in una popolazione o in una sottopopolazione un dato processo Yi
caratterizzato da un evento non rinnovabile *Ei, indicheremo con *Gi0 l'ammontare iniziale della
coorte - scelta opportunamente in funzione dello specifico evento-origine - con base annuale;
porremo, inoltre, come in precedenza, α=0 e β=ω come limiti inferiore e superiore dell'intervallo
temporale in cui la coorte vive il processo studiato ed x una durata generica al suo interno.
In assenza di fenomeni perturbatori, e in coorti omogenee, la misura di Yi nella coorte *Gi0
tra gli estremi 0 e ω sarà ottenuta, secondo i criteri prima illustrati, in base al numero di eventi
* i
E vissuti dai membri della coorte alle successive età-durate ed alla loro distribuzione nel tempo.
In termini assoluti nulla cambia rispetto a quanto abbiamo precedentemente visto per quanto
attiene all’intensità complessiva e al valor medio di cadenza.Ovviamente anche in questo caso, per
64
motivi comparativi, converrà operare in base agli eventi ridotti, ma con una differenza, rispetto ai
processi caratterizzati da eventi rinnovabili: l’esperienza dell’evento Ei non può essere ripetuta e
fa uscire il soggetto interessato dalla coorte.
Nel calcolo degli eventi ridotti, dunque, si terrà conto dei membri iniziali della coorte, di un
contingente costante *Gi0, ma nella distribuzione del contingente stesso per età-durata,
contrariamente a quanto avveniva quando gli eventi potevano essere vissuti più volte, troveremo
soltanto i sopravviventi *Gix, i soggetti, cioè, che ancora non sono stati eliminati dalla coorte
per aver già vissuto l'evento studiato e rimangono, quindi, nello status iniziale definito dal
comune evento-origine.
Durate
* i
ω Gω
)
,ω
-1
(ω
i
ω-1
E
*
*
Giω-1
x+1 *
Gix-1
)
+1
,x
(x
E i
*
x *
Gix
2 *
G i2
)
,2
(1
E i
*
1 *
Gi1
)
,1
(0
E i
*
0 *
G i0
Coorti
Diagramma V.2
x −1
∗
G 0i − ∗ G xi = ∑ ∗ E i (y, y + 1)
y =0
x −1
∗
G xi = ∗ G 0i − ∑ ∗ E i (y, y + 1) [V.9]
y =0
∗
G xi − ∗ G xi +1 = ∗ E i (x, x + 1)
65
Inoltre, poiché
ω −1
* i * i
G0 − Gω = ∑ * E i (y, y + 1) [V.10]
y =0
l'intensità del processo può essere determinata direttamente dalla serie dei sopravviventi come
differenza tra contingente iniziale della coorte e numero di coloro che rimangono nello stato
iniziale alla durata in cui (per convenzione o per altro motivo) la manifestazione degli eventi *Ei si
interrompe definitivamente.
Calcoleremo, pertanto, gli eventi ridotti secondo la formula seguente:
∗
E i (x, x + 1)
e i (x, x + 1) =
∗ i
⋅10 n [V.11]
G0
In tale Tavola anche la serie dei contingenti *Gix , dato che il suo ammontare muta col succedersi
delle età-durate, dovrà essere ridotta al contingente iniziale *Gi0,
∗ i
Gx
g ix = ⋅ 10 n
∗ i
G0
per cui il contingente alla durata esatta 0 di questa nuova tavola va inteso come
∗ i
G0
g0i = ⋅ 10 n
∗ i
G0
che potrà essere convenzionalmente espresso come una potenza nma di 10, mentre appare utile e
opportuno (seppur non indispensabile, nelle condizioni astratte di assenza di eventi perturbatori)
costruire i rapporti tra eventi e sopravviventi alle singole durate rix che prendono il nome di
probabilità condizionate di eliminazione (rappresentano la proporzione di coloro che, essendo
66
ancora nello status iniziale, vivranno l’evento tra le età-durate x ed x+1, vale a dire il rapporto tra
casi favorevoli e casi possibili e sono quindi delle entità astratte, che esistono, cioè,
indipendentemente dalla loro determinazione empirica)
∗
E i (x, x + 1)
rxi =
∗ i
[V.12]
Gx
Quella che abbiamo di fronte si configura, dunque, come una Tavola di eliminazione (o tavola in
senso stretto), nel senso che descrive rigorosamente le modalità con cui il contingente iniziale *Gi0
di una coorte soggetta a vivere un particolare evento *Ei viene eliminato nel corso del tempo dalla
coorte stessa in conseguenza di tale evento (nel caso della mortalità e delle emigrazioni - con
riferimento alla popolazione oggetto di studio - in maniera definitiva; negli altri casi con un
semplice cambiamento di status e il passaggio, quindi, ad altra sottopopolazione).
Per l'analisi di un processo demografico caratterizzato da eventi non rinnovabili
l'opportuno strumento descrittivo è costituito, dunque, da una Tavola di eliminazione che consta
di tre serie fondamentali tra loro interdipendenti:
g ix = g ix - 1 − e i (x - 1, x)
e i (x, x + 1) = g ix ⋅ rxi
e, ovviamente,
e i (x, x + 1)
rxi =
g ix
g0i = 1
ei (0,1) = r0i
g1i = 1 − ei (0,1) = 1 − r0i
ei (1,2) = g1i ⋅ r1i = (1 − r0i ) ⋅ r1i
g 2i = g1i − ei (1,2) = (1 − r0i ) ⋅ (1 − r1i )
ei (2,3) = g 2i ⋅ r2i = (1 − r0i ) ⋅ (1 − r1i ) ⋅ r2i
ecc.
Da notare che
67
gi gi
g ix = x [V.13] e gωi = ω [V.14]
g 0i g0i
rispettivamente la proporzione del contingente iniziale unitario che alla durata esatta x e alla
durata finale ω non ha ancora vissuto l'evento studiato, rappresentano in questo caso anche la
probabilità che un soggetto della coorte rimanga nello stato iniziale fino alla durata esatta
indicata. Inoltre, il rapporto gix+1/gix rappresenterà (come *Gix+1/*Gix) la probabilità di non
vivere l'evento studiato tra x e x+1. Infatti
i
e i (x, x + 1) g i − e i (x, x + 1) g x + 1
1 − rxi = 1 − = x =
g ix g ix g ix
Da questa Tavola determineremo l'intensità del processo come numero medio di eventi per
testa o, conformemente alla [V.14], come complemento all'unità di coloro che non hanno
vissuto l'evento studiato. Avremo quindi:
τ i = ∑ x ei (x, x + 1)
oppure
τ i = 1 − gωi [V.15]
(nel caso della mortalità, essendo sempre giω=0, l'intensità è, ovviamente, sempre 1).
{g i
x +1 [ (
+ (0,5) ⋅ g xi - g xi +1 )]} = [g i
x +1 ]
+ (0,5) ⋅ e i (x, x + 1) [V.17]
68
( )
e, poiché il secondo membro della precedente equazione corrisponde a 0.5 ⋅ g ix + g ix +1 = G xi ,
continuando – per semplicità – a considerare α=0 e β= ω, avremo che il totale cercato è
V.4 - Esemplificazioni.
1) Intensità e cadenza in un processo definito da una serie di eventi a catena. Il caso della
fecondità di una coorte di matrimoni.
Prospetto E.1
*
Età Nl1 *
Nl2 *
Nl 3 *
Nl 4 *
Nl
0 1510 1510
1 976 122 1098
2 420 379 16 815
3 271 434 54 9 768
4 165 461 101 19 746
5 120 412 144 29 705
6 49 323 164 32 568
7 31 294 180 37 542
8 24 203 161 38 426
9 21 153 128 60 362
10 15 135 95 68 313
Prendiamo in esame il caso classico dello studio della fecondità dei matrimoni. In una
promozione composta da 4700 coppie si sono contate alle successive durate compiute i nati
legittimi (eventi Nl) distinguendoli per rango (eventi Nli), secondo quanto riportato nel prospetto
E.1. Si presume che il processo si concluda a durata esatta 11 anni, e che non si abbiano figli di
ordine superiore al quarto.
Per ricavare i parametri fondamentali di intensità e cadenza, procederemo innanzitutto a
calcolare gli eventi ridotti secondo la [V.6] e la [V.6.1] - chiamando nl le nascite legittime
ridotte e Dc le donne coniugate -ottenendo i valori riportati nel prospetto E.2 per durate compiute.
Avremo
69
Nl ( x, x + 1)
nl ( x, x + 1) =
Dc0
Prospetto E.2
Durata nl1 nl 2 nl 3 nl 4 nl
0 321.3 321.3
1 207.7 25.9 233.6
2 89.4 80.6 3.4 173.4
3 57.7 92.3 11.5 1.9 163.4
4 35.1 98.1 21.5 4.0 158.7
5 25.5 87.7 30.6 6.2 150.0
6 10.4 68.7 34.9 6.8 120.8
7 6.6 62.5 38.3 7.9 115.3
8 5.1 43.2 34.2 8.1 90.6
9 4.5 32.5 27.2 12.8 77.0
10 3.2 28.7 20.2 14.5 66.6
Totale 766.5 620.2 221.8 62.2 1670.7
70
in conformità con la [V.8.1.] risaliremo ad x
x=
(1,86)* (766,5) + (5,45)* (620,2) + (7,16)* (221,8) + (8,12)* (62,2) = 4,13 anni
1670,7
2) Descrizione di un processo a eventi non rinnovabili appartenente alla categoria dei processi
definiti da una "serie di eventi in successione".
In una coorte composta da 8800 donne si contano 8616 primi matrimoni così distribuiti
secondo l'età alle nozze:
Dopo i 40 anni non si registrano primi matrimoni. La coorte, pertanto, si ripartisce secondo
lo status e l'età come nel Prospetto E.4
Età Donne Nubili Donne coniugate Età Donne Nubili Donne coniugate
esatta (Dn) (Ds) esatta (Dn) (Ds)
18 8800 0 25 2155 6645
19 8228 572 26 1363 7437
20 7304 1496 27 1081 7719
21 5966 2834 28 843 7957
22 4769 4031 29 720 8080
23 3748 5052 30 562 8238
24 2745 6055 40 184 8616
71
Non esistendo alcun fenomeno perturbatore calcoleremo subito i primi matrimoni ridotti,
rapportando gli eventi prodottisi in ciascun intervallo di età al contingente iniziale *Gi18 = 8800
secondo la [V.11].
M 1 ( x, x + 1)
nu 1 ( x, x + 1) =
Ds18
Mediante i primi matrimoni ridotti potremo costruire la tavola di eliminazione (con gi18 = 1000), o,
comunque, pervenire direttamente alla intensità del processo e all'indice medio di cadenza.
τ 1 = ∑ x e1 (x , x + 1) = 65 + 105 + ⋅ ⋅ ⋅ + 43 = 979
TAVOLA DI PRIMO-NUZIALITA'
che, secondo la [V.15] corrisponde, ovviamente, alla differenza tra il contingente iniziale e
coloro che non hanno perso lo status di nubili
La cadenza della nuzialità, vale a dire la distribuzione per età degli eventi {ei(x,x+1)}, potrà
essere sintetizzata o dall'età media al primo matrimonio che si ottiene, ovviamente, secondo la
[V.16] come:
72
1 ∑ (0,5) ⋅ m1(x , x + 1) (18,5) ⋅ 65 + (19,5) ⋅105 + ⋅ ⋅ ⋅ + (35) ⋅ 43
x = x = = 23,0 anni
∑x m1(x , x + 1) 979
oppure secondo la [V.18] - tenendo conto che in questo caso a) α=18 e β= 40 e b) l'ultimo
intervallo di età considerato è decennale – ripartire gli anni vissuti in condizione di nubile tra
coloro che si sono sposate.
i
xm = 22 + 32 = 22,3 anni
116
⎛ g 125 ⎞⎟ ⎛ 245 ⎞
⎜1 − ⋅1000 = ⎜1 − ⎟ ⋅1000 = 775
⎜ 1 ⎟ ⎝ 1000 ⎠
⎝ g18 ⎠
(corrispondente, naturalmente, alla somma dei primi matrimoni ridotti fino a 24 anni compiuti),
oppure la probabilità di non sposarsi (di restare nello status iniziale) fino a 23 anni
g 123 426
= = 0,426
1 1000
g18
o tra 23 e 24 anni
g 124 312
= = 0,732
g 123 426
corrispondente a
73
CAP.VI. Processi allo stato perturbato
A- Osservazione continua.
VI.1 - Premessa.
Sia come in precedenza Y il processo che interessa studiare, caratterizzato dagli eventi E
che vengono vissuti dai G0 membri iniziali della coorte all'interno di un intervallo temporale 0- ω.
Durata
x+1 Gx+1
E(0,1)
D(x,x+1)
x Gx
M
M
M
2 G2
E(1,2)
D(1,2)
1 G1
E(0,1)
D(0,1)
0 G0
Coorti
Diagramma VI. 1
74
In una situazione reale non si potrà ricavare l'intensità e la cadenza di tale processo attraverso il
calcolo degli eventi ridotti al contingente iniziale: di fatto ciò che l'osservazione fornisce alle
successive età-durate x,x+1 non sono gli eventi *E(x,x+1), ma gli eventi E ( x, x + 1)≠ ∗ E (x, x + 1) ,
poiché parte dei G0 soggetti iniziali vengono progressivamente eliminati dalla coorte per aver
vissuto gli eventi perturbatori D(x,x+1) (diagramma VI.1).
In sostanza i Gx membri della coorte nell’intervallo x,x+1 sono esposti sia alla probabilità di
subire l’evento studiato sia a quelle relative agli eventi concorrenti (che possono essere molteplici,
in funzione delle caratteristiche del processo studiato e della conseguente natura della coorte
osservata): per semplicità espositiva terremo conto di un solo evento perturbatore, normalmente la
morte.
Occorre riconsiderare la condizione di omogeneità della coorte, che, secondo le definizioni
date nel capitolo precedente, impone che le probabilità di subire l'evento di una qualsiasi categoria
siano originariamente identiche per tutti i soggetti che la compongono: si deve anche verificare
che, in una situazione reale, nel tempo, quelle relative al fenomeno studiato e quelle del fenomeno
perturbatore - per natura a eventi non rinnovabili - agiscano sui soggetti della coorte osservata in
maniera indipendente. Per i processi demografici a eventi rinnovabili il contenuto di questa ipotesi
fondamentale di indipendenza si caratterizza per due aspetti:
1) i membri della coorte usciti dall'osservazione per aver subito il fenomeno perturbatore
hanno, nei confronti del fenomeno studiato, un comportamento identico a quello di coloro che
sono rimasti in osservazione; ciò significa che in ciascun intervallo di durata x,x+1 tutti i membri
della coorte - quelli ancora in osservazione e quelli usciti per aver subito l'evento perturbatore - si
caratterizzano per un numero medio di eventi pari a e(x,x+1) (vedi la relazione [V.6]);
2) il fatto che il contingente osservato alle successive durate sia composto da soggetti che,
per aver vissuto un differente numero di volte l'evento rinnovabile, posseggono uno "status"
diverso, non rappresenta un fattore selettivo nei confronti dell'evento perturbatore. In altre parole, il
rischio di vivere l'evento perturbatore è lo stesso per tutti i membri della coorte qualunque sia il
numero di eventi studiati da essi già vissuti. Riferendosi all'esempio della fecondità dei matrimoni,
ciò significa che l'aver avuto 0, 1, ..., n figli non comporta per le coppie un diverso rischio di venire
escluse dall'osservazione per effetto della morte (o del divorzio). Di conseguenza per ogni membro
della coorte esisterà un'unica probabilità, qx, di subire l'evento perturbatore.
Accettando tale ipotesi - che in linea teorica è suscettibile di verifica soltanto in relazione a
quanto postulato dal punto 2)- la distribuzione la valutazione degli eventi ridotti allo stato puro può
essere ottenuta facilmente
Siano Gx i membri della coorte sfuggiti all'evento perturbatore alla durata esatta x e Gx+1 quelli
giunti in x+1. Avremo:
G x − G x +1 = D( x , x + 1)
D(x,x+1)= Gx· qx eventi perturbatori. Se riflettiamo sullo schema seguente, e supponiamo per
semplicità che all’interno dell’intervallo di età-durata la progressione degli eventi avvenga con
linearità, e cioè che la permanenza nell’intervallo stesso di coloro colpiti da qx sia pari a 0,5 di anno
75
Gx-1 Gx Gx+1 Gx+2
E (x, x + 1)
e( x, x + 1) = [VI.2]
G x − (0,5) ⋅ D(x, x + 1)
E, poiché
essendo
G x − D(x, x + 1) = G x +1
E (x, x + 1)
e( x, x + 1) =
G x + G x +1
[VI.3]
2
76
specifico per età o durata, esprime il numero medio di eventi per testa o, per essere più precisi, il
numero di eventi rispetto al numero di persone-anno o anni-persona vissuto in media dai membri
della coorte nell'intervallo di durata.
Utilizzando gli eventi ridotti calcolati secondo l’espressione [VI.3] determineremo
l’intensità del processo τ e il suo valor medio di cadenza x utilizzando le formule già illustrate nel
capitolo precedente. Naturalmente, dati i contenuti dell’ipotesi fondamentale di indipendenza,
l’intensità complessiva τ potrà ancora essere scomposta secondo il rango e definita come ∑ i τ i ; di
conseguenza potremo collocare i risultati in una forma tabellare analoga al Prospetto V.1.
Durata
x+1 Gix+1
Ei(0,1)
Di(x,x+1)
x Gix
M
M
M
2 Gi2
Ei(1,2)
Di(1,2)
1 Gi1
Ei(0,1)
Di(0,1)
0 Gi0
Coorti
Diagramma VI.2
Avendo accettato una condizione di omogeneità della coorte, dovremo, anche in questo
caso, porre una ipotesi fondamentale di indipendenza tra fenomeno studiato e fenomeno
77
perturbatore. Per un processo a eventi non rinnovabili studiato autonomamente, tuttavia, il
contenuto demografico di questa ipotesi si limita a stabilire un'identità di comportamento nei
confronti del fenomeno studiato tra coloro che subiscono e coloro che non subiscono il fenomeno
perturbatore. L'esperienza dell'evento studiato, infatti, fa uscire dalla coorte i soggetti che l'hanno
vissuta e non occorre, quindi, presumere la sua "non selettività" nei confronti del fenomeno
perturbatore.
Se i rischi "concorrenti" - quello di vivere l'evento studiato e quello di subire l'evento
perturbatore - sono tra loro indipendenti, la logica soluzione ai problemi di stima delle misure
"pure" consisterà nel combinare tra loro, secondo la teoria del calcolo delle probabilità, le due
"leggi di eliminazione". In questa prospettiva è bene ricordare la relatività del concetto di evento
perturbatore: poiché fenomeno studiato e fenomeno perturbatore sono entrambi caratterizzati da
eventi non rinnovabili, la condizione di indipendenza è reciproca, per cui si combineranno
probabilità di subire l'evento studiato in assenza di eventi perturbatori con probabilità di subire
l'evento perturbatore in assenza di eventi studiati. Già sappiamo che la probabilità allo stato puro
(entità astratta che esiste indipendentemente dai dati di osservazione) di subire l’evento studiato è
definita allo stato puro
∗
E i (x, x + 1)
rxi =
∗ i
[VI.4]
Gx
e per i membri della coorte esisterà anche una analoga probabilità pura di vivere l’evento
perturbatore
∗
D i (x, x + 1)
q ix =
∗ i
[VI.5]
Ĝ x
(in cui *Ĝix è l’ammontare della coorte dello status considerato sopravvivente all’età-durata esatta
x in assenza di eventi studiati) e il nostro obbiettivo sarà quello di valutare attraverso le
informazioni statistiche reali un appropriato valore di rix (ed, eventualmente, anche quello di qix)
utilizzabile in luogo dell’ignota [VI.4].
I criteri da seguire possono essere resi relativamente semplici. Se le due probabilità (allo
stato puro) rix e qix sono indipendenti, la loro combinazione ci fornirà quattro probabilità
composte:
i i
[a] ( (1 − rx ) ⋅ (1 − q x ) : probabilità di non subire alcun evento
i i
[b] rx ⋅ (1 − q x ) : probabilità di subire il solo evento studiato
i i
[c] (1 − rx ) ⋅ q x : probabilità di subire il solo evento perturbatore
i i
[d] rx ⋅ q x : probabilità che tra le durate x, x+1 si subisca sia l'evento studiato che
quello perturbatore.
Per quanto riguarda la probabilità [d], è chiaro che gli eventi studiati da essa prodotti
sarebbero 0 se qix agisse immediatamente all'inizio dell'intervallo di durata, mentre l'evento
perturbatore non avrebbe alcun effetto se qix agisse solo allo scadere dell'intervallo stesso.
Occorre pertanto accettare un'ipotesi intermedia: che in proporzione di 0,5 di anno (come di
78
consueto si adotta la condizione più semplice) la probabilità rix preceda qix, nel caso che sia rix la
probabilità da determinare, o che in proporzione di 0,5 di anno sia qix a precedere rix nell’altro
caso.
[ ] ( )
E i (x, x + 1) = G xi ⋅ rxi ⋅ (1 − q ix ) + 0,5 ⋅ rxi ⋅ q ix = G xi ⋅ 1 − 0,5 ⋅ q ix ⋅ rxi [VI.7]
eventi studiati e
[ ]
D i (x, x + 1) = G xi ⋅ q ix ⋅ (1 − rxi ) ⋅ +0,5 ⋅ rxi ⋅ q ix = G xi ⋅ (1 − 0,5 ⋅ rxi ) ⋅ q ix [VI.7.1]
eventi perturbatori.
E i (x, x + 1) E i (x, x + 1)
rxi = = [VI.8]
G xi ⋅ [1 − (0,5 ⋅ q ix ] G xi − 0,5 ⋅ G xi ⋅ q ix
mentre avremo
D i (x, x + 1) D i (x, x + 1)
q ix = = [VI.8.1]
G xi ⋅ [1 − (0,5 ⋅ rxi ] G xi − 0,5 ⋅ G xi ⋅ rxi
79
Poiché si ha normalmente qix < 1 e rix < 1, qualunque sia il fenomeno studiato, il termine
possiamo modificare il denominatore della [VI.23] e la probabilità allo stato puro di subire
l'evento studiato sarà
E i (x, x + 1)
rxi = [VI.9]
G xi − 0,5 ⋅ D i (x, x + 1)
In una situazione perturbata, dunque, si può pervenire ad una valutazione della probabilità di
subire l'evento studiato allo stato puro rapportando gli eventi osservati nell'intervallo di durata x,
x+1 al contingente che alla durata esatta x risulta essere ancora nello status iniziale (sfuggito,
pertanto, sia all'evento studiato, sia all'evento perturbatore) corretto per una quota di eventi
perturbatori osservati nello stesso intervallo di durata pari a 0,5. Tale quota corrisponde al tempo
medio trascorso prima di subire l'evento perturbatore da coloro che vivono anche l'evento
studiato.
Una volta determinate le probabilità relative a tutte le durate comprese nell'intervallo 0-ω, è
semplice costruire la tavola di eliminazione tenendo conto delle relazioni illustrate nel par. V.3.
Avremo infatti:
g i0 = 10 n
e i (0,1) = g i0 ⋅ r0i = 10 n ⋅ r0i
g1i = g i0 − e i (0,1) = 10 n − e i (0,1)
e i (1, 2) = g1i ⋅ r1i
⋅⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅
⋅⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅
⋅⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅
e i (ω −1, ω ) = giω −1 ⋅ rωi −1
g iω = gωi −1 − e i (ω − 1, ω )
Sulla base della tavola di eliminazione così costruita, l'intensità e la cadenza del processo
verranno determinate secondo le regole illustrate in precedenza.
80
VI.3.2 - Eventi ridotti.
E i (x, x + 1) E i (x, x + 1)
e i (x, x + 1) = =
G x + G x +1 G (x + 0,5 )
[VI.10]
2
∗
E i (x, x + 1)
e i (x, x + 1) = ∗ i
G0
∗
E i (x, x + 1)
= ∗
G0
poiché, alla età-durata α=0, *Gi = *G. Tenendo conto del significato di gx in una tavola di
81
eliminazione (probabilità di sfuggire all’evento studiato fino alla etè-durata x, si può facilmente
comprendere che
G x = ∗G 0 ⋅ g x e G x +1 =∗ G 0 ⋅ g x+1
G x + G x +1 ∗ g + g x+1
= G0 ⋅ x
2 2
da cui
G x + 0,5
∗
G0 = [VI .11]
g x+0,5
Inoltre se pensiamo nella coorte del dato status ad una probabilità ĝix+05 di sfuggire
all’evento perturbatore (in assenza di eventi studiati), possiamo facilmente dimostrare che
e quindi,
∗ E i (x, x + 1)
E i (x, x + 1) =
ĝ ix+0,5
Potremo allora ricavare gli eventi ridotti allo stato puro combinando la [VI.11] con questo
ultimo risultato
∗
i E i (x, x + 1) E i (x, x + 1) G x + 0,5 E i (x, x + 1) g x + 0,5
e (x, x + 1) = = : = ⋅
∗
G0 gˆ ix + 0,5 g x + 0,5 G x + 0,5 gˆ ix + 0,5
E i (x, x + 1) gˆ ix + 0,5
G x + G x +1
= e i (x, x + 1) ⋅ [VI .12]
g x + 0,5
2
82
Quindi il rapporto tra eventi non rinnovabili realmente osservati tra le durate esatte x e x+1
ridotto al contingente medio (persone-anno) dei membri della coorte - comprensivo, dunque, di
coloro che tra quelle durate hanno già vissuto e non hanno ancora vissuto l'evento studiato -
fornisce una corretta valutazione degli eventi ridotti allo stato puro a prezzo di un fattore di
correzione (gix+0,5/gx+0,5). Tale fattore di correzione altro non esprime se non la richiesta
condizione supplementare di continuità tra lo status di coloro che non hanno ancora vissuto
l'evento studiato (Gi) e quello dell'insieme della coorte (G) nei confronti dell'evento perturbatore.
In conclusione, se
gˆ ix + 0,5
=1 [VI.13]
g x + 0,5
anche per i processi a eventi non rinnovabili autonomamente studiati possiamo ottenere delle
corrette valutazioni degli eventi ridotti allo stato puro con la formula
E i (x, x + 1)
e i (x, x + 1) = [VI .14]
G (x + 0,5 )
ed evitare così il ricorso alla Tavola di eliminazione. Se è vera la [VI.13], le misure che si
ottengono con la [VI.14] corrispondono di fatto agli eventi di una Tavola di eliminazione e a)
come gli eventi di una Tavola di eliminazione consentono la determinazione dei parametri
fondamentali e b) garantiscono, anche allo stato perturbato, la coerenza della relazione [V.2.1].
Avremo, di conseguenza, l'intensità
E i (x, x + 1)
τ i = ∑ x e i (x, x + 1) = ∑ x [VI .15]
G (x + 0,5)
E i (x, x + 1)
∑ x (x + 0,5 ) ⋅ e (x, x + 1) =
i ∑ x (x + 0,5) G (x + 0,5)
xi = [VI .17]
τi τi
83
∑ x (x + 0,5) ⋅ e i (x, x + 1) ⋅τ i
x = ∑i τi [VI .18]
τ
E bene tenere presente, infine, che non solo la condizione di continuità deve essere
rispettata ad ogni singola durata, ma deve - in teoria - conservare un valore costante per l'intero
arco temporale di manifestazione del processo.
Come si è detto in precedenza, la misura dei processi non rinnovabili negativi si adegua
basilarmente ai criteri esposti nel par. V.3: sia per le emigrazioni definitive (in via di principio,
perché queste non eliminano il soggetto da una popolazione), sia per i vari aspetti della mortalità
(anche se la loro natura - lo ripetiamo ancora una volta - priva di significato il parametro
intensità), lo strumento descrittivo sarà costituito, comunque, dalla Tavola di eliminazione
costruita secondo le regole proprie dei processi a eventi non rinnovabili. Da una Tavola di
eliminazione ricaveremo gli elementi necessari per determinare i parametri fondamentali propri
dei processi considerati: di cadenza per la mortalità, di intensità e cadenza per l'emigratorietà.
Peraltro, rispetto alla teoria degli eventi ridotti, occorre aggiungere alcune considerazioni:
limitiamoci, per non appesantire troppo la trattazione, con la mortalità. Di fatto a questo processo
non si estende la teoria degli eventi ridotti: dal momento che l'esperienza dell'evento studiato
elimina definitivamente i soggetti della coorte dall'osservazione, non ha più senso la condizione
di continuità (il che è del tutto evidente se si pensa, ad esempio, alla mortalità delle nubili), né, in
una coorte senza altro status se non quello di vivente, quindi sottoposta al processo di mortalità
generale, si individuano tra i "sopravviventi" coloro che hanno subito la morte e coloro che non
l'hanno subita e, in pratica,
Avendo in mente questa identità, possiamo facilmente verificare che in un processo a eventi
negativi come la mortalità la [VI.3] non conduce a un tasso, ma a una probabilità e
concettualmente non corrisponde alla [VI.3].
Pensiamo alla mortalità generale, e manteniamo, anche se il processo riguarda tutti i membri
di una coorte, la simbologia dei processi a eventi non rinnovabili, cui, appunto, la mortalità
appartiene. Per la precedente uguaglianza possiamo scrivere
E i (x, x + 1) E i (x, x + 1)
e i (x, x + 1) = =
G x + G x +1 G i + G i
[VI .20]
x x +1
2 2
il denominatore corrisponde a
1
2
(Gxi + Gxi +1) = 12 {Gxi + [Gxi − E i (x , x + 1) − Di (x , x + 1)]}= Gxi − 12 [E i (x , x + 1) + Di (x , x + 1)]
84
ed esprime, dunque, il numero di anni-persona vissuti nell'intervallo di durata considerato dai
"sopravviventi" nella coorte alla durata esatta x.
E i (x, x + 1)
t xi [VI .21]
=
[
G xi − (0,5) E i (x, x + 1) + (0,5) D i (x, x + 1) ]
e che diventa
E i (x , x + 1) E i (x , x + 1)
t xi = =
G xi − 1 [ E i (x , x + 1) + D i (x , x + 1)] G xi + G xi +1 [VI.22]
2
2
ha, pertanto, un contenuto demografico, profondamente diverso dagli eventi ridotti, e si avvicina
semmai alla [VI.9], espressione della probabilità di eliminazione. Per analogia potremmo,
pertanto, chiamarlo tasso di eliminazione.
Nulla vieta di estendere questo tipo di tasso ad ogni processo, pur non negativo, in cui
l'esperienza dell'evento studiato toglie dall'osservazione i membri della coorte. In generale,
potremo allora definire come tasso di eliminazione in ogni processo a eventi non rinnovabili il
rapporto tra eventi osservati in una durata x,x+1 e il contingente medio della coorte a quella stessa
durata sfuggito sia all'evento perturbatore sia all'evento studiato. Poiché essi esprimono alle
successive durate la frequenza relativa degli eventi non rinnovabili per persone-anno,
rappresentano misure con evidente validità comparativa, ma non sono utilizzabili - contrariamente
agli eventi ridotti - per ottenere direttamente i parametri fondamentali del relativo processo - non
sono, in sostanza, aggregabili -.
I tassi di eliminazione possono avere una funzione strumentale molto importante.
Supponiamo, per semplicità espositiva, di aver costruito sfruttando la [VI.9] la Tavola di
eliminazione per un certo processo a eventi non rinnovabili. Secondo le definizioni a suo tempo
fornite avremo che gli anni-persona in un generico intervallo di durata x,x+1 ammontano a
e, tenendo conto delle relazioni che legano le tre funzioni fondamentali della Tavola, potremo
definire un tasso di eliminazione tix - si ricordi la [V.17] come
e, di conseguenza, la probabilità
85
t xi
rxi = [VI.25]
1 + 0,5 ⋅ t xi
Per cui
2 ⋅ rxi 2 ⋅ t xi
t =
i
x [VI.25.1 r =
x
i
[VI.25.2]
2 − rxi 2 + t xi
B) Osservazione retrospettiva.
IV. 5 – Generalità.
Dell’osservazione retrospettiva abbiamo già fatto cenno nel par. IV. 4. Se le coorti - di cui
retrospettivamente si ricostruiscono le storie attraverso le informazioni sugli eventi vissuti,
direttamente attinte dai loro membri - fossero, in linea del tutto ipotetica, formate in modo da
86
escludere storie tronche o, come più frequentemente si definiscono, “censurate”, i problemi di
analisi prevedono soluzioni più semplici rispetto a quanto si verifica in osservazione continua.
A ben vedere, l’osservazione retrospettiva consente di operare in condizioni che, di fatto,
possiamo definire pure. Attraverso un’indagine i processi di popolazione, infatti, vengono ricostruiti
interrogando, in un certo istante (meglio, ad una certa data di riferimento) e ad età significative, i
membri delle coorti sfuggiti agli eventi negativi (morte ed emigrazione definitiva). Ai fini
dell’analisi, pertanto, non c’è differenza tra sopravviventi della coorte all’indagine e contingente
iniziale della coorte (per motivi naturali sconosciuto), e la successione degli eventi che si ricava da
tale ricostruzione è come se si riferisse ad un contingente che rimane costantemente in osservazione
(continua) per tutta la durata del processo, o comunque dal suo inizio alla data dell’intervista.
Dal punto di vista formale i procedimenti di analisi dei processi di popolazione ricostruiti
con un’osservazione retrospettiva corrispondono perfettamente a quelli visti per situazioni “allo
stato puro” nel Cap. V, poiché, lo ripetiamo, di fatto sono assenti i fenomeni perturbatori negativi1.
Sul piano sostanziale questa “semplicità” è solo apparente. Gli indici calcolati secondo le
regole del Cap. V potrebbero esprimere effettivamente l’intensità e la cadenza di un processo allo
stato puro soltanto se la “storia” del contingente superstite al momento della rilevazione fosse
rappresentativa di quella relativa agli effettivi membri iniziali della coorte, compresi, quindi, i non
superstiti. I superstiti, oggetto dell’indagine retrospettiva, sono in realtà un gruppo non casualmente
selezionato delle coorti cui appartengono (per il peso e la selettività per età e status della mortalità e
della migratorietà). In sostanza perché l’auspicata rappresentatività venga effettivamente verificata
è necessario che nello sviluppo temporale del processo le condizioni di indipendenza e di continuità
siano sempre rispettate. Nelle stime dell’intensità e della cadenza dei processi di popolazione allo
stato puro permangono, pertanto, alcune condizioni di incertezza, che occorre non sottovalutare.
Gli elementi di maggior fruibilità dell’osservazione retrospettiva, a parità delle condizioni
ricordate2 e considerando superabili anche i problemi connessi con la memoria degli intervistati,
sono peraltro testimoniati dal sempre più frequente ricorso alle indagini “ad hoc” nello studio dei
processi di popolazione, attraverso le quali sia possibile accostare ai quesiti sui fatti demografici
altre richieste informative sullo status dei soggetti e su particolari aspetti non demografici, ma
sociali ed economici, della loro storia biografica, particolarmente importanti ai fini interpretativi ed
esplicativi.
Le difficoltà più rilevanti nell’analisi retrospettiva sono connesse al fatto che l’indagine da
cui questa prende le mosse viene eseguita con riferimento ad una particolare data su collettivi che
rientrano in un preciso intervallo di età. Ciò significa che vengono incluse nell’indagine stessa
storie demografiche di differente durata, coorti, cioè, che si trovano in stadi differenti del percorso
che conduce al termine del processo studiato: per alcune quell’itinerario sarà sostanzialmente
concluso, per altre sarà solo all’inizio. La Fig. VI. 3 illustra chiaramente questo problema: se il
processo si manifesta tra le età α e β, solo per le coorti che all’indagine avranno superato come
anzianità l’età β il processo sarà stato completato; per tutte le altre, di anzianità inferiore, esso si
troverà in uno stadio intermedio.
1
Può darsi che un collettivo in cui si studi retrospettivamente un determinato processo, si manifestino eventi non
negativi che impediscono tuttavia l’apparizione degli eventi studiati caratteristici del processo stesso. Proporremo più
avanti un esempio di questa natura.
2
Occorre peraltro considerare che sviluppi relativamente recenti della metodologia statistica – cui non è possibile far
cenno in questa sede – consentono ormai di superare gran parte degli inconvenienti imputabili al carattere selettivo dei
collettivi oggetto di osservazione retrospettiva.
87
Età alla
indagine
Gx
53
52
51
ti
en
49
ev
48
ti
en
ev
47
46
M
α
j j-4 Coorti
Indagine
Riferendosi alla figura, è questo il caso della coorte di 48 anni compiuti, la cui storia risulta
troncata o, secondo un neologismo sempre più diffuso, censurata dall’indagine. Ma il grafico in
questione mostra un secondo tipo di censura: se si prende come riferimento sulla Fig. VI. 3 la coorte
delle quarantottenni si vede chiaramente che l’indagine censura non solo l’intera storia, ma anche
l’ultima durata osservata. Approfondiremo il problema delle censure tra breve, trattando delle
tavole di eliminazione.
Per riprendere, riadattandole al caso in esame, le misure fondamentali presentate nel Cap. V,
è opportuno riferirsi a un caso specifico. Supponiamo che sia stata effettuata un’indagine (potrebbe
riguardare la fecondità per rango) su un collettivo di soggetti di età compresa tra α = 15 e β = 45
anni. Si è chiesto agli intervistati l’epoca (la data) di comparsa nella propria biografia dell’evento
(non rinnovabile) studiato, e i risultati ottenuti sono riportati, in forma simbolica, nel prospetto che
segue.
Sia i soggetti intervistati che gli eventi da loro vissuti sono stati classificati, per ovvi motivi
di semplicità, in gruppi quinquennali di età, ed ogni elemento del prospetto ha come pedice sinistro
l’indicazione dell’età dei soggetti all’indagine, o se si preferisce la coorte di appartenenza. In base a
questi elementi possiamo facilmente ridefinire eventi ridotti, tassi di eliminazione, probabilità. Essi
serviranno, direttamente o indirettamente a calcolare i parametri fondamentali di processo secondo
le regole già note. Va solo rammentato che per alcune coorti tali parametri saranno, ovviamente,
parziali. Chiamando G i membri delle coorti intervistate, Gi quelli sottoposti a vivere l’evento Ei e
88
Prospetto IV.1 _ Risultati di un’indagine retrospettiva.
Età alla Età all’apparizione degli eventi Soggetti
intervista 40-44 35-39 30-34 25-29 20-24 15-19 alla
Eventi intervista
i i i i i i
40-44 40-44E (40-44) 40-44E (35-9) 40-44E (30-34) 40-44E (25-29) 40-44E (20-24) 40-44E (15-19)
G i 40 − 44
i i i i i
35-39 35-39E (35-39) 35-39E (30-34) 35-39E (25-29) 35-39E (20-24) 35-39E (15-19)
G i 35 − 39
i i i i
30-34 30-34E (30-34) 30-34E (25-29) 30-34E (20-24) 30-34E (15-19)
G i 30 − 34
i i i
25-29 25-29E (25-29) 25-29E (20-24) 25-29E (15-19)
G i 25 − 29
i i
20-24 20-24E (20-24) 20-24E 15-19)
G i 20 − 24
i
15-19 15-19E 15-19)
G i15 −19
Indicando con (y, y+4) l’età all’indagine (coorte) e con (x, x+4) l’età all’apparizione degli eventi,
avremo:
Eventi ridotti
y ,y + 4 E (x , x + 4 ) n
i
y ,y + 4 e
i
(x , x + 4 ) = ⋅10 [VI.26]
5 ⋅ G (y , y + 4 )
(si ricordi, peraltro, riguardando la Fig. VI. 3, che gli eventi delle classe di età attraversata
dall’indagine, sono di numerosità inferiore a quelli rilevabili senza censura: occorre, pertanto,
stimarli semplicemente ipotizzando linearità all’interno della classe stessa,o meglio correggendo gli
anni-persona)
da cui l’intensità:
y+5
τ y ,y + 4 = ∑ y ,y + 4 e i (x ,x + 4)⋅10 n [VI.27]
x =15
e, chiaramente, trattandosi di un processo a eventi non rinnovabili, si rileveranno Gjy,y+4 soggetti che
non hanno mai vissuto l’evento studiato, per cui l’intensità corrisponde anche a
G i (y , y + 4 ) − G j (y , y + 4 ) n
τ y ,y + 4 = ⋅10 [VI.28]
G (y , y + 4 )
y + 5 (x + 2 ,5)⋅
y, y + 4 e (x , x + 4 )
i
y, y + 4 x =
i
∑ i
[VI.29]
x =15 y, y + 4τ
ma per consentire dei, pur parziali confronti, con le altre coorti, converrà adottare un indice
statistico di posizione diverso dalla media, come la mediana o la moda.
89
Probabilità e Tassi di eliminazione:
y , y + 4 E (x , x + 4 )
i
i
y ,y + a r = [VI.30]
y , y + 4 G (x )
i
y ,y + 4 E (x , x + 4 )
i
i
y ,y + a t = [VI.31]
y ,y + 4 G (x , x + 4 )
i
Quando l’analisi si riferisce a processi di coorti che includono storie tronche (o censurate),
composte cioè da soggetti che l’osservazione coglie a età (durate) in cui il processo stesso non è
ancora concluso o, comunque, lungo segmenti temporali di differente ampiezza, il ricorso alla
tavola di eliminazione diventa uno strumento molto importante per superare il cosiddetto effetto
censura.
In generale per misurare un processo demografico caratterizzato da eventi non rinnovabili in
osservazione retrospettiva, è necessario raccogliere attraverso l’indagine soltanto due informazioni
riguardanti il tempo: a) la durata che intercorre tra il momento in cui l’individuo viene a trovarsi a
rischio di vivere l’evento studiato e quello in cui l’evento stesso si produce; b) la durata che
intercorre tra il momento in cui l’individuo viene a trovarsi a rischio di vivere l’evento studiato e la
data dell’indagine.
Nel prospetto VI. 2 vengono riportati i dati che si riferiscono ad una ipotetica indagine
relativa ad un processo che si esaurisce – ovviamente è una situazione di comodo – nei primi
quattro mesi compiuti di esposizione al rischio.
Conveniamo in un primo momento di interessarci ai soli casi a-i e di considerare ai fini dello
studio classi mensili di durata. In queste condizioni l’indagine non produce alcuna censura perché
tutti i casi, eccetto uno, subiscono l’evento studiato e il caso senza eventi (c ) rimane in osservazione
per tutto il periodo di manifestazione del processo.
3
A meno che non si possano sfruttare direttamente – attraverso dei programmi informatici, ormai facilmente reperibili e
utilizzabili - i dati individuali, corrispondenti ad una data precisa, dall’indagine stessa.
90
Prospetto VI. 2
Caso Data di Data Data della Durata fino Durata fino
esposizione dell’evento indagine all’evento all’indagine
a 1.1.1979 10.2.1979 24.5.1979 1,30 mesi 4,77 mesi
b 18.1.1979 15.5.1979 18.5.1979 3,90 mesi 4,00 mesi
c 19.1.1979 19.5.1979 4,00 mesi
d 22.1.1979 29.2.1979 12.5.1979 1,23 mesi 3,67 mesi
e 9.2.1979 17.4.1979 24.5.1979 2,27 mesi 3,50 mesi
f 30.1.1979 12.2.1979 13.5.1979 0,40 mesi 3,43 mesi
g 5.2.1979 28.2.1979 17.5.1979 0,77 mesi 3,40 mesi
h 5.2.1979 20.4.1979 10.5.1979 2,50 mesi 3,17 mesi
i 6.2.1979 18.3.1979 10.5.1979 1,40 mesi 3,13 mesi
j 28.2.1979 23.5.1979 2,83 mesi
k 9.3.1979 25.5.1979 2,53 mesi
l 10.3.1979 8.5.1979 12.5.1979 1,93 mesi 2,07 mesi
m 29.3.1979 28.5.1979 1,97 mesi
n 21.3.1979 14.5.1979 1,77 mesi
o 18.3.1979 23.3.1979 10.5.1979 0,17 mesi 1,73 mesi
p 12.4.1979 19.5.1979 1,23 mesi
q 4.4.1979 9.5.1979 10.5.1979 1,17 mesi 1,20 mesi
r 25.4.1979 17.5.1979 29.5.1979 0,73 mesi 1,13 mesi
s 4.4.1979 6.5.1979 1,07 mesi
t 29.4.1979 27.5.1979 0,93 mesi
u 18.5.1979 28.5.1979 0,33 mesi
v 19.5.1979 28.5.1979 0,20 mesi
w 12.5.1979 16.5.1979 0,13 mesi
Potremo, pertanto, disporre i dati come nel prospetto VI.3 e procedere alla sua misurazione
secondo le regole illustrate in precedenza.
Prospetto VI.3
Durata Numero di casi osservati alle durate compiute
compiuta Totale Senza eventi Con eventi x -1
G(x,x+1) (esposti in x)
0
Ei(x,x+1) ∑ E i (y, y + 1)
Gx y =0
0 9 9 2 2
(a-i) (a-i) (f-g) (f-g)
1 9 7 3 5
(a-i) (a-e, h, i) (a, d, i) (a, d, f, g, i)
2 9 4 2 7
(a-i) (b, c, e, h) (e, h) (a, d-i)
3 9 2 1 8
(a-i) (b, c) (h) (a, b, d-i)
4 1
( c)
Senza dover ricorrere ad una tavola di eliminazione otterremo così l’intensità del processo
direttamente dalla [VI.27]
91
x −1
τ= ∑ e i (y , y + 4)⋅10 n
y =0
e la cadenza con una delle espressioni già proposte – la [VI. 29], ad esempio opportunamente
adattata –; mentre potremmo eventualmente optare per una tavola di eliminazione in base a
probabilità definite , mutatis mutandis, secondo la [VI.30].
Se, invece, prendiamo in considerazione l’intero collettivo rilevato nell’indagine, dobbiamo
comportarci diversamente. Le soluzioni ora proposte non valgono quando vi sono persone che
giungono alla data dell’indagine e cessano di essere osservate senza aver subito l’evento prima che
il processo si esaurisca o se l’evento viene vissuto nell’ultimo intervallo di durata in cui cade la data
dell’indagine. È quando corrispondono a questi casi che i dati si dicono censurati o, più
correttamente, caratterizzati da durate censurate. Ad esempio, i casi s-w sono storie censurate
dall’indagine (durata di osservazione inferiore a 4 mesi e nessun evento); così pure il caso q
(l’evento viene vissuto, ma l’indagine registra il caso in una durata non conclusa, quindi con
un’esposizione al rischio incompleta); mentre non è tale il caso r (durata di osservazione inferiore ai
4 mesi, ma con esperienza dell’evento in una durata conclusa).
In sostanza le censure agiscono in osservazione retrospettiva alla stessa maniera degli eventi
perturbatori in osservazione continua: le prime come i secondi sottraggono dall’osservazione delle
storie di vita. È per questo motivo che in presenza di censure la misurazione del processo dovrà
necessariamente passare attraverso una tavola di eliminazione. Per determinare le probabilità rix
disporremo i dati dell’indagine come mostra il prospetto VI. 4, avendo definito, in generale, rix
come
E i (x , x + 1)
rxi = [VI. 32]
G x− ì − 1 2 ⋅ cs i (x , x + 1)
dove G-ix indica i soggetti che non hanno ancora vissuto l’evento imo e csi le censure.
Prospetto VI. 4
Numero di casi osservati nelle durate
Durata Senza eventi alla Con eventi nel Censurati nel corso
compiuta durata esatta x corso della durata della durata
-i i
G x E (x,x+1) csi(x,x+1)
0 23 4 4
(a-w) (f, g, o, r) (t, u, v, w)
1 15 5 5
(a-e, h-n, p, q, s) (a, d, i, l, q) (m, n, p, q, s)
2 6 2 2
(b, c, e, h, j, k) (e, h) (j, k )
3 2 1
(b, c) (b)
4 1
( c)
4
r0i = = 0 ,1818
23 − 2
92
Procederemo, quindi, al calcolo della tavola di eliminazione secondo le regole illustrate nel
Cap. V. È da notare che talvolta si preferisce costruire rix semplicemente eliminando dal
numeratore e dal denominatore rispettivamente gli eventi e i casi colpiti da durate censurate.
a) Un’analisi di fecondità.
Si vuole calcolare la fecondità specifica per età all’interno di ciascuna coorte. A tal fine
determineremo le nascite ridotte secondo la formula [VI.26]. Trattandosi di una classificazione in
classi quinquennali avremo:
y ,y + 4 N (x , x + 4 )
y , y + 4 e (x , x + 4 ) =
5 ⋅ G (y , y + 4 )
Tuttavia l’indagine tronca l’osservazione delle coorti nell’ultima classe di età precedente
l’intervista: ad esempio, la coorte 1961-65 fa registrare 234 nascite, e questo numero è decisamente
inferiore a quello accertabile se la classe di età 30-34 anni fosse stata osservata per intero. In questo
caso, come per le altre coorti, l’esposizione al rischio non dura per un intero quinquennio, ma
soltanto per metà periodo, l’indagine essendo stata collocata (per ovvie ragioni di semplicità) al
31.12 dell’anno di esecuzione. Di conseguenza avremo:
93
Coorte 1961-65 Coorte 1966-70 Coorte 1971-75
95 59 38
e(15,19 ) = = 0, 017 e(15,19 ) = = 0, 009 e(15,19 ) = = 0, 009
5 ⋅1150 5 ⋅1350 5 ⋅1200
398 254 57
e(20, 24) = = 0, 069 e(20, 24) = = 0, 038 e(20, 24) = = 0, 028
5 ⋅ 1150 5 ⋅ 1350 2, 5 ⋅ 1200
539 217
e(25, 29 ) = = 0, 094 e(25, 29 ) = = 0, 064 ---------
5 ⋅ 1150 2, 5 ⋅1150
234
e(30, 34) = = 0, 081 --------- ---------
2, 5 ⋅ 1150
Si è accennato nel par. VI. 5, all’eventualità che anche in osservazione retrospettiva – in cui non
interferiscono eventi perturbatori negativi, per cui l’analisi dei processi, formalmente, corrisponde a
quella illustrata per l’ipotetico “stato puro”- ci si imbatta in interferenze prodotte dall’apparizione
nella storia delle coorti di eventi non negativi che, comunque, sottraggono all’osservazione una
quota di eventi studiati. Il caso che proponiamo alla riflessione è di pura fantasia, ma semplice e in
grado di chiarire perfettamente il problema.
Supponiamo di aver condotto ad una certa data, che non interessa precisare, un’indagine
retrospettiva sulla fecondità su un collettivo di 10.000 donne che risultano essere state sposate
almeno una volta (ever married women, secondo gli anglosassoni). Un collettivo di questo tipo
comprende donne che al momento dell’indagine hanno uno status differente: alcune saranno ancora
sposate – supponiamo per semplicità che non esistano seconde nozze -, altre saranno divorziate, o
separate o vedove: poniamo, sempre per semplicità che esistano solo due stati, quello di coniugata
(in prime nozze) e quello di divorziata. Attraverso le notizie fornite dalle intervistate si
ricostruiscono i dati riportati nel prospetto seguente – ricordiamo che lo status indicato è quello
posseduto al momento dell’indagine –:
94
Il nostro obbiettivo è la costruzione della tavola di fecondità dei primogeniti. A tal fine
ricaviamo dal prospetto precedente il numero di eventi prima nascita per durata E1(x,x+1) e gli
esposti al rischio alle durate esatte G0x onde poter calcolare le probabilità di avere il primogenito
r1x. Poiché a durata esatta 0 il collettivo è composto da 10.000 donne coniugate, il numero di
primogeniti avuti tra 0 e 1 anno di durata sarà 10.000 (9.600+400) meno 5.000 (4.800+200), tra 1 e
2 anni di durata 1.800 (5.000-3.072-128); e così via. Le donne, ancora tutte coniugate a rischio a
durata esatta 2, saranno dal canto loro 5.000 (10.000-5000). A durata esatta 2 esse ammontano a
3.200, ma durante l’intervallo 2-3 anni di durata 80 donne divorziano: a 3 anni esatti troveremo,
dunque a rischio 1.920 donne (3200-1200-80), e così via per un quadro complessivo finale quale è
esposto nel prospetto VI.7 seguente:
Prospetto VI. 7
Durata Numero di Divorzi Durata Donne esposte al
compiuta Primogeniti (Ev. perturb.) esatta rischio
1
E (x,x+1) d(x,x+1) G0x
0 5.000 0 10.000
1 1.800 1 5.000
2 1.200 80 2 3.200
3 600 120 3 1.920
4 100 100 4 1.280
5 100 70 5 1.130
6 100 20 6 1.080
7 100 10 7 990
Sulla base dei dati del prospetto VI. 7 Possiamo calcolare le probabilità di primogenitura secondo la
formula [V. 9] e di seguito l’intera tavola di eliminazione:
95
Prospetto VI.8 – Tavola di fecondità di rango 1
Durata Sopravviventi Probabilità Eventi
G0x r1 x e1(x,x+1)
0 100 0,5000 50
1 50 0,3600 18
2 32 0,3797 12
3 20 0,3226 6
4 13 0,0813 1
5 12 0,0913 1
6 11 0,0935 1
7 10 0,1015 1
8 9
La durata media, calcolata con una qualsiasi delle formule usuali, sarà pari a 1,44 anni.
96
CAP. VII – Esempi di analisi di processi
VII,1 – Analisi di un processo a eventi rinnovabili: il caso della fecondità della donna.
Mentre è raro doversi interessare alla cosiddetta fecondità maschile (anche per
l’indeterminatezza dell’intervallo temporale di manifestazione degli eventi), quella delle coppie
coniugali appare oggi – dati i profondi mutamenti avvenuti nel corso degli ultimi 15-20 anni nel
modo di “formare coppia” – dotata di limitato interesse e, dal canto suo, la procreazione che tenga
conto del complesso itinerario nella formazione delle unioni si presenta troppo complessa per essere
illustrata in un corso di primo livello e la si può analizzare solo in un’ottica retrospettiva (data
l’impossibilità di contabilizzare in maniera appropriata eventi e soggetti attraverso le statistiche
ufficiali). Ci dedicheremo, pertanto, alla prima sottopopolazione.
In conformità con il Quadro sinottico del cap. I, nello studio della fecondità generale la
sottopopolazione di riferimento è quella delle donne in età feconda, qualunque sia il loro status.
Nel relativo processo gli eventi saranno dunque costituiti dai nati vivi, in complesso o per ordine
di nascita, il relativo evento-origine sarà il raggiungimento in vita dell'età al menarca da parte
delle donne e, pertanto, la nascita di queste ultime; la coorte sarà formata, di conseguenza, dalle
donne nate nello stesso anno (o nello stesso intervallo di tempo) ed il passaggio del tempo nella
successione degli eventi sarà misurato dall'età della donna, all'interno di un intervallo
convenzionalmente compreso tra i limiti α=15 anni e β=49 anni compiuti, ambedue molto vicini
a quelli biologici che definiscono il segmento di vita femminile potenzialmente fecondo (menarca-
menopausa). Eventi perturbatori, infine, saranno le morti e le migrazioni (nette) femminili in quella
stessa fascia di età (ricordiamo che, per semplicità, nelle formule gli eventi perturbatori vengono
sempre indicati con un solo simbolo o, se si preferisce, si tiene conto di un solo evento
perturbatore).
97
In osservazione continua, secondo le regole del par. VI.2 relative ai processi a eventi
rinnovabili, descriveremo la fecondità generale mediante le nascite ridotte - o tassi di fecondità
generale - per età (nati vivi per 10n donne-anno). Tali indici assumeranno la forma
N T ( x, x + 1)
nT ( x, x + 1) = [VII.1].
FT , x + FT , x + 1
2
e
N Ti ( x, x + 1)
n ( x, x + 1) =
i
[VII.1.1]
T
FT, x + FT, x +1
2
dove NT (x,x+1) sono i nati vivi provenienti da donne della generazione T in età compiuta x e FT,x
è l'ammontare di quelle donne all'età esatta x; ovviamente NiT (x,x+1) sono le nascite distinte per
rango. Per semplicità formale possiamo d'ora in avanti eliminare dagli indici l'indicazione della
coorte. Pertanto la [VII.1] può essere pensata come
n n
N i ( x, x + 1)
n( x, x + 1) = ∑ n ( x, x + 1) = ∑
i
F + Fx +1
[VII.2]
i =1 i =1 x
2
x+1 B C D
x A F E
t-1 t t+1
Fig. VII.1 – Schema di Lexis. Calcolo degli eventi ridotti a x anni compiuti.
gli elementi al numeratore e al denominatore di questi tassi - posto che siano disponibili secondo
la duplice classificazione temporale, e ricordando che i sopravviventi alle età esatte non sono
98
direttamente rilevabili dalle fonti della statistica ufficiale, in quanto flussi, ma devono essere
calcolati partendo dai contingenti dei soggetti, normalmente rilevati, viventi alla fine dell’anno di
osservazione t - si identificano come
N (ACDF)
n( x, x + 1) =
F (AF) + F (CD )
2
N (ACF) + N (FCD )
=
F (CF) + Df (ACF) + F (CF) − Df (FCD )
[VII.3]
2
N (ACF) + N (FCD )
n( x, x + 1) = [VII.3.1]
F (CF)
Molto spesso le statistiche ufficiali non forniscono la duplice classificazione degli eventi. I
caratteri temporali disponibili, oltre all'anno di osservazione - possono allora riguardare
Nel primo caso (assolutamente il più frequente) ci comporteremo come abbiamo mostrato
nel Cap.III nel caso di tassi calcolati in ottica trasversale e le nascite ridotte saranno
N (ABCD)
n( x, x + 1) =
F (AB) + F (CD )
[VII.3.2]
2
In analisi longitudinale le nascite ridotte espresse con la formula [VII.3.2] non appaiono,
peraltro, del tutto congrue con i principi enunciati nel Cap. VI, per più motivi: 1) gli eventi posti al
numeratore del rapporto afferiscono, di fatto, a due coorti diverse (quelle formatesi nell’anno T e
nell’anno T-1); 2) il contingente medio posto al denominatore può essere ritenuto idoneo a
rappresentare gli anni-donna appropriati solo se a loro volta F(AB) e F(CD) rappresentano gli anni-
donna effettivamente vissuti tra x e x+1 rispettivamente dalle coorti formatesi in T-1 e in T e se tra i
due contingenti non esistono differenze sensibili quanto ad ammontare – come può accadere in
periodi in cui gli effettivi alla nascita sono irregolarmente e intensamente differenziati per fattori
esterni straordinari – (in questo caso alla media aritmetica semplice va sostituita una appropriata
media ponderata); 3) è ambigua l’attribuzione del tasso ad una coorte correttamente definibile
sull’asse dei tempi: l’alternativa è quella di considerare coorti formatesi in bienni (T-1,T; T,T+1,
ecc.), oppure – ed è quanto si fa abitualmente - di assegnare il tasso alla coorte dell’anno T
risultante dalla differenza (t-x) (tra anno di osservazione degli eventi, t, ed estremo inferiore della
classe di età, x); 4) più sostanziale è il problema della determinazione degli indici sintetici di
intensità e cadenza: indipendentemente dalla soluzione scelta relativamente alla questione posta al
99
punto 3) – che è meramente formale –: aggregare longitudinalmente degli eventi ridotti costruiti
all’interno dei quadrati del diagramma di Lexis per ottenere la discendenza finale o utilizzarli come
frequenze ponderanti per calcolare il valore medio di cadenza, impone che il comportamento
riproduttivo delle due coorti adiacenti sia affatto simile (ipotesi, peraltro, molto plausibile data la
marcata inerzia che caratterizza i comportamenti demografici in un ottica evolutiva longitudinale).
Prima di presentare un Tavola (in senso lato) di fecondità della donna, riproponiamo il
calcolo degli eventi ridotti utilizzando dei dati numerici che supponiamo aver rilevato dalle
statistiche ufficiali – si veda anche il diagramma VII.2 -.
24
28653 29296
313184
316486
-3568
-3254
23 29849 28798
t t+1
Fig. VII.2 – Elementi per il calcolo degli eventi ridotti a 23 anni compiuti
Vogliamo calcolare le nascite ridotte all’età di 23 anni compiuti nella coorte T, e dalle
statistiche rileviamo i nati come segue:
Gli anni-donna:
100
29849 + 29296
nT ( x, x + 1) = = 188,94 0 / 00
(313184 + 3254) + (313184 − 3568)
2
E, secondo la [VII.3.1]
28653 + 29849
nT (x, x + 1) = = 187,01 0 / 00
312482 + 313184
2
29849 + 29296
nT ( x, x + 1) = = 188,85 0 / 00
313184
Viene di seguito presentata la Tavola di fecondità della coorte nata nel 1931 (1930-31).
49
TFTT = ∑ nT (x , x + 1) ⋅10n =
15
= 1,9 + 5 ,7 + ⋅ ⋅ ⋅ + 30 ,4 + 57 ,5 = 2374 ,0 o/ oo
numero (medio) di nati per 1000 donne (o, se si preferisce, in media 2,37 nati per donna).
101
Tab. VII.1 – Tavola di fecondità generale delle donne nate nel 1931
49
TFTTi = ∑ nTi ( x, x + 1) ⋅10n
15
Ad esempio per il primo ordine calcoleremo
numero(medio) di figli primogeniti per 1000 donne (equivalente, se si preferisce, a 0,86 primogeniti
in media per donna).
Ovviamente, si mantiene anche in questo caso la relazione additiva, propria dei processi a
eventi rinnovabili, quando la condizione di indipendenza è soddisfatta
102
i
TFTT = ∑ i TFT
T
E poiché
nT (x , x + 1) = ∑i nTi (x , x + 1)
TFTT = ∑ x ∑ i nTi (x , x + 1)
E’ molto importante notare che per i vari ordini di nascita, l’evento in gioco essendo non
rinnovabile, i Tassi totali, oltre ad essere il numero medio di eventi di rango i per 10n,
corrispondono al numero di donne, rispetto a 10n, che hanno avuto almeno i figli. Questo
significato favorisce l’utilizzazione della distribuzione dei Tassi totali per ordine per mettere in
evidenza la struttura della discendenza di una coorte di donne. Poiché TFTiT rappresenta la
proporzione di donne che hanno avuto almeno i figli, le differenze tra Tassi di ordine successivo
forniranno la proporzione di coloro che hanno avuto soltanto i figli. Ad esempio, dalla Tavola
prima presentata, per 10n donne posto n = 3, avremo
(il V+ essendo un ordine aperto, il Tasso ad esso inerente non può essere sottratto dal precedente).
Inoltre, in questa prospettiva si può introdurre una nuova misura di fecondità totale
(particolarmente significativa nelle popolazioni che controllano la fecondità, per cui la nascita del
figlio i+1mo è funzione della nascita del figlio imo), la cosiddetta probabilità di aumento della parità,
di fatto corrispondente alla proporzione di donne che hanno avuto l’ i+1mo figlio tra coloro che
avevano raggiunto la parità i, la probabilità, quindi, di passare dalla parità i alla parità i+1. Tali
misure corrispondono a
TFT i +1
τi = [V.5]
TFT i
Con le probabilità di aumento della parità potremo “ricomporre” a catena l’intensità totale della
coorte. Avremo, infatti
103
ed essendo
i
TFT = ∑ i TFT
ricaveremo
n −1⎡ i ⎤
TFT = 10 n (τ 0 + τ 0 ⋅τ 1 + ⋅ ⋅ ⋅ + τ 0 ⋅τ 1 ⋅ ⋅ ⋅τ n −1 ) = ∑ ⎢ ∏τ r ⎥ [VII.6]
i = 0 ⎢⎣ r = 0 ⎥⎦
Se la distribuzione per rango della fecondità prevede un ultimo ordine di nascita aperto n+, la
probabilità ad esso relativa non potrà essere determinata con i criteri validi per gli ordini chiusi. Si
dimostra che supponendo che al di là dell’n-1mo ordine le probabilità di aumento della parità siano
tutte uguali fra loro e corrispondano a τn-1, la probabilità per l’ordine aperto può calcolarsi con
l’espressione seguente
TFT n +
τ (n -1) + =
TFT (n −1) + TFT n +
b) La cadenza. Per la cadenza ricorriamo agli indici di posizione della forma illustrata nel Cap. VI.
Usualmente per il processo di fecondità generale si usa il simbolo a. Avremo per il processo nella
sua globalità
a=
∑ x (x + 0,5) ⋅ n(x, x + 1)
∑ x n(x, x + 1)
età media della madre al parto, che nella coorte della precedente Tavola corrisponde a
15 ,5 ⋅1,9 + 16 ,5 ⋅ 5 ,7 + ⋅ ⋅ ⋅ + 40 ,5 ⋅ 30 ,4 + 45 ⋅ 57 ,5
a= = 29 ,22 anni
2374 ,0
i ∑ x
(x + 0,5) ⋅ ni (x, x + 1) ∑ x (x + 0,5) ⋅ ni (x, x + 1)
a = =
∑x n i
(x, x + 1) TFT i
età media della madre al parto di un figlio di ordine i; per il 3° ordine, ad esempio, si ricava dalla
Tavola
15 ,5 ⋅ 0 ,1 + 16 ,5 ⋅ 0 ,1 + ⋅ ⋅ ⋅ + 40 ,5 ⋅ 6 ,1 + 45 ⋅10 ,4
a3 = = 31,19 anni
381,1
104
In complesso per la coorte 1931 si ottiene:
a1 = 26,05 anni; a2 = 29,04 anni; a3 = 31,19 anni; a4 = 32,59 anni; a5+ = 34,93 anni
a=
∑ i
a i ⋅ TFT i
TFT
L’ultima espressione di a ci ricorda (Cap. VI) come l’indice di posizione della cadenza del
processo di fecondità generale dipenda simultaneamente da un fattore tempo e da un fattore
intensità. Questa caratteristica è di evidente ostacolo negli studi comparativi: confrontando storie di
coorti diverse non potremmo comprendere se eventuali variazioni nell’indice a esprimano una
differente strategia delle donne nel cadenzare nel tempo il raggiungimento della discendenza finale
o se, invece, quelle non dipendano da un eventuale diverso numero di figli avuti. Per ovviare a
questo inconveniente si può ricorrere ad un facile procedimento di standardizzazione.
Si considerino ad esempio due coorti formatesi rispettivamente nell’anno T e nell’anno T+k:
la differenza [aT-aT+k] fornisce un risultato difficilmente interpretabile. Ma se ai TFTT e TFTiT ed
ai TFTT+k e TFTiT+k delle due coorti in gioco sostituiamo dei valori standard TFTs e TFTis (scelti
in modo opportuno: quelli relativi ad una sola delle coorti da confrontare oppure una media tra i
valori di tutte le coorti in osservazione), la differenza
⎛ TFTsi ⎞ ⎛ TFTsi ⎞
aˆ T − aˆ T + k = ∑i⎜⎜ a Ti ⋅ ⎟ − ∑ ⎜ a Ti + k ⋅
⎟ i⎜
⎟=
⎟
⎝ TFTs ⎠ ⎝ TFT s ⎠
TFTsi
= ∑i
TFTs
(
⋅ a Ti − a Ti + k ) [VII.7]
VII.2 - Analisi di un processo a eventi non rinnovabili: il caso della nuzialità dei primi
matrimoni.
Non affronteremo in tutta la sua complessità lo studio del processo di formazione delle
unioni attraverso il primo matrimonio (evento del processo stesso) che può prodursi, appunto, in una
coorte di non coniugati (coorte di nati, evento-origine essendo il raggiungimento in vita dell’età
105
minima, secondo la legge o la convenzione, per potersi sposare. Il processo di primo-nuzialità
(emblematico nell’analisi dei processi a eventi non rinnovabili) è particolarmente complesso data la
sua bidimensionalità (si manifesta come l’incontro di due soggetti di sesso diverso, normalmente
appartenenti a coorti di nascita differenti), da cui deriva una serie di problemi di difficile
trattamento demografico-statistico. Ci limiteremo, pertanto ad un esempio, attraverso il quale
verificheremo le relazioni e le formule illustrate in precedenza (par. VI.3.1, VI.3.2 e VI.3.2.3).
Per quanto si è appena detto, si comprende facilmente che il processo di primo-nuzialità va
studiato a sessi separati. Aggiungiamo che i dati vengono qui forniti per intervalli quinquennali di
età, caso che in pratica può presentarsi frequentemente e con il quale è bene prendere
dimestichezza: peraltro, come si vedrà subito, nulla cambia sul piano sostanziale rispetto a quanto si
è visto riferendoci a classi di età di ampiezza annuale.
a) Supponiamo, dunque di osservare una coorte di uomini il cui ammontare a 15 anni esatti
(G 15) sia pari a 21000 unità – si tratta, quindi di 21000 celibi (Ci15) ed, ovviamente, collocandosi
i
all’inizio del processo, Gi15 = Ci15 -, sottoposta al rischio di vivere l’evento non rinnovabile primo
matrimonio e un solo rischio concorrente, quello relativo alla mortalità (specifica dei celibi).
i
Supponiamo anche di conoscere le effettive probabilità allo stato puro relative a tali rischi 5 rx e
i
5 q x (formule [VI.8] e [VI.8.1]), calcolate risolvendo il seguente sistema di equazioni:
i E i (x , x + 5) i D i (x , x + 5 )
5 rx = e 5 qx =
qi ri
G xi − G xi ⋅ 5 x G xi − G xi ⋅ 5 x
2 2
= 1000,0, mentre chiameremo gli eventi m1(x,x+4) e le probabilità 5nu1x) determinando di seguito i
parametri fondamentali del processo (il processo si manifesta – come si deduce subito dai dati – tra
i limiti di età α =15 e β = 50).
Avremo, dunque:
106
c115 = 1000,00
Per quanto riguarda l’indice medio di cadenza potremmo utilizzare [ricordando che i valori
centrali delle classi di età sono (x+2,5), la formula [V.16], ottenendo un valore pari a 28,42 anni.
Potremmo utilizzare anche la formula [V.18], determinando dapprima il Totale di anni vissuti da
coloro che si sono sposati e dividendolo poi per l’ammontare di questi ultimi. Avremo allora
Totale anni vissuti: 15· c115 + 5 [(0,5) · ( c115 + c120)+(0,5) · ( c120 + c125)+ (0,5) · ( c125 + c130)+
(0,5) · ( c130 + c135)+ (0,5) · ( c135 + c140)+ (0,5) · ( c140 + c145)+ (0,5) · ( c145 + c150)] - 50· c150
che, semplificando, diventa
107
L’ammontare di coloro che si sono sposati è pari a ( c115 – c150) e pertanto il numero medio di anni
vissuti da celibe, corrispondente all’età media al primo matrimonio sarà:
1
x =
( 1
17 ,5 ⋅ c15 ) ( )
− c150 + 5 ⋅ c120 + c125 + ⋅ ⋅ ⋅ + c145 − 30 ⋅ c150
= 28,42
1
c15 − c150
b) Come si è detto nel cap. V, normalmente il ricercatore non dispone dei valori delle
probabilità espresse dalla [VI.8] e dalla [VI.8.1], né conosce l’ammontare di celibi C115
(trattandosi di un flusso). Poniamo che al 31.12 dell’anno T+14 – anno in cui i membri
della coorte T vengono censiti a 14 anni compiuti – il contingente C1(14,15) = G1(14,15) sia
pari a 21152 unità (si veda la Fig. VII.3), e che in quell’anno i membri della coorte abbiano
subito 152 perdite per morte (come di consueto, teniamo conto di un solo evento
perturbatore). Analogamente a quanto si è fatto al punto a) per la fecondità, valuteremo (si
controlli sempre la Fig. VII.3) i C115 come
B C
317
174
15 2100
A D
-152
21152
14
E
Anno Anno
T+14 T+15
Fig. VII.3
108
Prospetto VII.2 – Popolazione maschile, celibi ed eventi
Età Coorte in Decessi in Coorte di Decessi di Primi
esatta Complesso complesso celibi celibi matrimoni
x Gx D(x,x+4) C1x D1(x,x+4) M1(x,x+4)
15 21000 174 21000 174 317
20 20826 191 20509 164 5198
25 20635 195 15147 111 6906
30 20440 258 8130 88 3713
35 20182 273 4329 55 1276
40 19909 286 2998 42 546
45 19623 298 2410 42 248
50 19325 2120
Calcoliamo ora i primi matrimoni ridotti secondo la [VI.14]: come si ricorderà, gli eventi primi
matrimoni vanno rapportati ai Gx+2,5 ricavati dal Prospetto VII.2 e non ai C1x+2,5.
109
Prospetto VII.3
Età Anni-uomo
compiuta Gx+2,5
15-19 20913
20-24 20730,5
25-29 20537,5
30-34 20311
35-39 20050,5
40-44 19766
45-49 19474
Riportiamo di seguito un prospetto in cui sono inseriti, per confronto, gli eventi m1(x,x+4)
della II Tavola di primo-nuzialità e gli eventi ridotti m1(x,x+4)così calcolati.
a
I valori del prospetto sono estremamente vicini: l’ipotesi supplementare di continuità è, dunque,
necessariamente soddisfatta. Si potrebbe verificare empiricamente tale conclusione calcolando,
visto che i dati occorrenti sono disponibili, la tavola di eliminazione per morte dell’intera coorte e di
quella dei soli celibi: affidiamo l’esercizio alla curiosità dello studente.
Infine calcoliamo i tassi di eliminazione per primo matrimonio, per i quali gli eventi studiati,
secondo la [VI.22] sono rapportati C1x+2,5 ricavati sempre dal Prospetto VII.2 e riportati nel
Prospetto VII.5.
Prospetto VII.5
Età Anni-uomo
compiuta C1x+2,5
15-19 20754,5
20-24 17828
25-29 11638,5
30-34 6229,5
35-39 3663,5
40-44 2704
45-49 2265
110
Essi verranno confrontati con le probabilità 5nu1x della IIa Tavola di nuzialità e con le
valutazioni ottenute applicando ai tassi stessi la formula [VI.25.1].Ad esempio, sempre per la classe
di età 15-19 avremo
Due sole considerazioni. a) i valori dei tassi di eliminazione sono molto vicini a quelli delle
probabilità, a riprova dell’affermata analogia tra queste due misure; b) la valutazione delle
probabilità attraverso l’applicazione della formula [VI.25.1] fornisce dei valori perfettamente
coincidenti con quelli della Tavola, a conferma dell’esistenza di una effettiva relazione lineare tra
gli eventi nelle classi di età (seppur quinquennali).
1) Generalità.
111
L’eventuale utilizzazione a scopo conoscitivo e interpretativo dei tassi specifici di mortalità
si colloca – per le considerazioni sviluppate nel precedente capitolo – in un quadro concettuale
analogo a quello delle probabilità di morte.
Per le caratteristiche biologiche e sociali degli individui che lo subiscono e per i fattori
biologici e sociali che lo determinano, il rischio di morte si diversifica fortemente tra i sessi e lungo
la scala delle età. Di conseguenza si analizza la mortalità separatamente tra i due sessi, mentre studi
specifici vengono dedicati a particolari tranches di età (in particolare quelle infantili e senili che
verranno trattate in un capitolo successivo). Nell’economia di questo corso non potranno, peraltro,
rientrare , nonostante la loro rilevanza, altri caratteri differenziali del processo di mortalità, quali
quelli legati alla condizione sociale o quelli legati alle cause di morte.
In armonia con i principi generali sviluppati nel Cap. IV, definiamo Tavola di mortalità o
Tavola di sopravvivenza di una coorte lo strumento analitico che consente di descrivere le modalità
attraverso le quali un gruppo di 10n individui, nati in uno stesso anno o in uno stesso intervallo di
tempo viene eliminato dalla popolazione per effetto degli eventi morte che si succedono al
trascorrere dell’età, fino a colpire l’ultimo elemento della coorte stessa.
Le funzioni fondamentali di una tavola di mortalità e le relazioni formali che le legano l’un
l’altra hanno una medesima definizione e un’identica formulazione (salvi gli ovvi e inevitabili
adattamenti allo specifico processo ora affrontato) viste in precedenza per i processi a eventi non
rinnovabili e a eventi non rinnovabili e negativi, trattati nei par. V.3, VI.3.1, VI.3.2.2.
Posto che, rispetto alla trattazione generale, gx o gix corrisponde nella tavola di mortalità a lx,
e(x,x+1) a d(x,x+1) e rx o rix a qx, avremo che nell’intervallo di etè α = 0 e β = ω (ω, in questo caso,
rappresenta l’età estrema della vita che, empiricamente coincide con il limite superiore della classe
di età in cui muore l’ultimo membro della coorte), le tre funzioni fondamentali sono rappresentate
da:
- {qx}: la probabilità di morire tra le età x e x+1 per coloro che hanno raggiunto in vita
l’età esatta x (quindi una probabilità condizionata).
Tra queste funzioni, come in ogni altra tavola di eliminazione, sussistono le relazioni già
viste, in generale, nel Cap. V. in particolare
d (x, x + 1)
lx- lx+1 = d(x,x+1) [VII.8] e qx = [VII.9]
lx
Nella Tavola di mortalità si usa includere altre funzioni – non sempre formalizzate nella
parte generale del Cap. V – e che derivano dalle tre fondamentali or ora viste. Si tratta di:
- px: probabilità per i sopravviventi all’età esatta x di rimanere in vita fino all’età esatta
x+1; come si è già visto in precedenza
112
d (x , x + 1) l x − d (x , x + 1) l x +1
px = 1 – qx = 1 − = = [VII.12]
lx lx lx
lx + y
y px = px· px+1··· px+y-1 = [VII.13]
lx
e quando x = 0, y p0 diventa la probabilità per ogni unità del contingente iniziale della
coorte di sopravvivere dalla nascita fino all’età esatta y, ed è evidente che:
ly
y p0 = e, quindi, per l0 = 1 (l0 = 100), y p0 = l y
l0
- Lx: il numero di anni vissuti in media dai membri della coorte nell’intervallo di età
x,x+1, (anni-persona) che, secondo la [V.17] corrisponde a
Lx = l x − 1 d (x , x + 1) = 1 (l x + l x +1 ) [VII.14]
2 2
(questa espressione che, evidentemente, presuppone perfetta linearità nella mortalità tra le
età x e x+1, non è accettabile per la classe di età compiuta 0-1, a causa del particolare
andamento – di cui si parlerà estesamente più avanti – della mortalità nel primo anno di vita
(mortalità infantile) certamente non lineare; di norma si calcola una media ponderata L0 =
k·lx + h·lx+1 - con i pesi k+h=1 -).
- Tx: numero totale di anni vissuti a partire dall’età esatta x fino al termine della vita dai
sopravviventi a quell’età ( si riveda la [V.18])
Tx = Lx + Tx+1 [VII.16]
- mx : tasso di mortalità (vedi [VI.22]) definito come rapporto tra deceduti della coorte tra
le età x e x+1 e il numero di anni vissuti nell’intervallo dai sopravviventi in x:
d (x, x + 1) d (x , x + 1)
mx = quindi mx = [VII.17]
Lx 1 (l + l x +1 )
2 x
che, ricordiamo, è legato alla probabilità di morte (sempre in ipotesi di linearità) dalla
relazione [VI.25]
113
2 ⋅ mx
qx = [VII.18]
2 + mx
3) I parametri fondamentali.
Gli indici che sintetizzano la storia descritta dalla Tavola di mortalità riguardano, come si è
più volte detto, la sua cadenza – l’intensità essendo per definizione sempre = 1 – e si identificano
nella speranza di vita o vita media e nella vita probabile o vita mediana dei sopravviventi
considerati alla nascita o ad una età qualsiasi x.
- La Speranza di vita o Vita media si indica col simbolo eox e corrisponde al numero
medio di anni che restano ancora da vivere ai membri della coorte sopravviventi all’età
esatta x, lx. Secondo i principi della [VI.18] avremo allora
T
exo = x con x = 0,1,…,ω-1 [VII.19]
lx
L + Lx +1 + ⋅ ⋅ ⋅ + Lω −1
exo = x [VII.20]
lx
exo =
(0,5)lx + lx +1 + ⋅ ⋅ ⋅ + lω −1 =
lx
[VII.21]
+ ⋅ ⋅ ⋅ + lω −1
= (0,5) + x +1
l
lx
Trattandosi di un indice sintetico di cadenza, potremmo optare, secondo quanto visto nel Cap. V per
una media con pesi non nulli degli eventi della tavola
ω −1
d (y , y + 1)
exo = ∑ lx
[VII.22]
y=x
e da questa espressione possiamo risalire facilmente alle altre, come il lettore potrà facilmente
verificare.
Ad ogni età, dunque, eox sintetizza l’esperienza di vita delle persone che sono fino ad allora
sopravvissute e rappresenta perciò un indice di fondamentale importanza negli studi comparativi di
mortalità.
Il valore di eox calcolato a partire dall’età 0
114
T
exo = 0 [VII.23]
l0
- La vita probabile o vita mediana si indica col simbolo πx e corrisponde all’età in cui il
contingente sopravvivente lx si dimezza, lπ x = 1 ⋅ l x ; essa cadrà, normalmente, tra due età esatte
2
contigue y e y+1 e sarà pertanto uguale a
l y − 0 ,5 ⋅ l x
πx = [VII.24]
l y − l y +1
Nella Tav. VII.1 viene riportata l’intera tavola di mortalità della coorte femminile italiana
nata nel 1880; le sue funzioni fondamentali sono rappresentate nelle figure VII. – VII.
Poniamo che le statistiche ufficiali forniscano di anno in anno i dati sui decessi e sui flussi migratori
(eventi perturbatori) per sesso, età ed anno di nascita (l’indispensabile duplice classificazione) dei
deceduti e dei migranti. E’ quanto si è avuto a disposizione per la coorte femminile del 1880. Nel
prospetto che segue sono riportati i dati in questione per alcune classi annuali di età. Proponiamoci
di calcolare qx a 21 anni esatti (si veda anche la fig. VII.4)
Prospetto VII. – Decessi, saldo migratorio, viventi al 31.12 degli anni indicati
Nella coorte di donne italiane nate nel 1880.
Anno Età in anni Decessi Saldo migratorio Viventi al 31.12
di osservazione compiuti D(x,x+1) IE(x,x+1) Px,x+1
1900 20 946 + 900
1901 20 864 - 822 279929
1901 21 921 - 823
1902 21 889 - 850 276499
1902 22 920 - 880
1903 22 960 - 920 272930
1903 23 970 - 928
1904 23 972 - 676 269152
115
Età B C D
22 E=850
D=889
276499
D=921
E=823
Disponendo di tali informazioni potremo calcolare la probabilità q21 potrà essere calcolata,
utilizzando i dati del prospetto riportati sul diagramma di Lexis di fig. VII secondo la formula
[VI.9].
D(ACF) + D(FCD )
q21 =
P (CF) + [D(ACF) + IE (ACF)] − 1 2[IE (ACF) + IE (FCD )]
e otterremo
P (CF) + [D(ACF) + IE (ACF)] − 1 2[IE (ACF) + IE (FCD )] = P (CF) + D(ACF) + IE (ACF) − IE (ACF) =
= P (CF) + D(ACF)
116
D(ACF) + D(FCD )
m21 =
1 ⋅ {P (CF ) +
2
[D(ACF) + IE (ACF)] + P (CF) − [D(ACF) + IE (FCD)]}
1810 1810
= = = 0,00654607
1 2 ⋅ (278243 + 274760) 276501,5
2 ⋅ 0,00654607 0,0130922
q 21 = = = 0,0065247
2 + 0,00654607 2,0065461
L’osservazione dei valori della Tavola VII.3 nelle età superiori ai 95 anni e - con maggior
efficacia – quella della loro rappresentazione nella Fig. VII.3, pone un naturale interrogativo:
com’è possibile che nel segmento estremo della vita le probabilità di morte decrescano al crescere
dell’età? Anche se stiamo osservando la storia di una coorte formatasi da ben più di un secolo, le
probabilità di morte dopo i 95 anni sono state calcolate sfruttando statistiche relativamente recenti:
gli aggiornamenti del Censimento del 1971 (per individuare gli esposti al rischio da porre al
denominatore) e le statistiche correnti sui decessi (da porre al numeratore) dal 1975. I dati dunque
provengono da fonti moderne, che dovrebbero dare le maggiori garanzie di precisione e
attendibilità. Ma i valori in osservazione sono evidentemente errati. Certo non sono da escludere in
maniera categorica inesattezze nella dichiarazione dell’anno di nascita della persona anziana al
momento della denuncia della morte (controllabile, peraltro, attraverso l’anno di nascita) o nella
scheda di Censimento (tanto più probabile quanto più è elevata la sua età e quanto maggiore è la
lontananza generazionale o rispetto alla relazione di parentela nei confronti di chi compila il modulo
censuario); si può anche pensare ad una pesante influenza della casualità nell’ammontare delle
morti per età quando queste divengono progressivamente più esigue al crescere dell’età stessa.
L’influenza di questi fattori non è, di fatto, da escludere, ma è indubitabile che all’origine
dell’errore lamentato sono gli errori, assai frequenti, nell’accertamento numerico dei nonagenari e
dei centenari al momento del Censimento – le persone molto anziane sono sempre sovranumerate al
Censimento a causa, soprattutto, della loro accentuata mobilità familiare e, in genere, logistica - e
all’ampliamento che questi errori subiscono nel tempo. Si supponga, infatti, che in un certo anno t
l’effettivo contingente di uomini 95enni sia pari a 2000, ma che per errori del tipo indicato sia stato
sovrastimato del 5%; si supponga anche che a causa della mortalità nell’anno t+5 il reale
contingente della generazione si sia ridotto a 200 individui: l’aggiornamento che si otterrebbe
sottraendo dalla valutazione iniziale (2000+5%=2100) il numero dei decessi avvenuti nel
quinquennio (1800) porterebbe ad un contingente di individui pari a 300, maggiore del 50% del
117
Tavola VII.1 – Tavola di mortalità delle donne italiane nate nel 1880
118
Segue Tavola VII.1 – Tavola di mortalità delle donne italiane nate nel 1880
119
Fig. VII.5
Fig. VII. 6
120
Fig. VII. 7
Fig. VII. 8
121
valore effettivo; nell’anno t+10, se l’effettivo numero di superstiti fosse pari a 10, l’aggiornamento
darebbe un valore di 110, superiore al vero di oltre 10 volte.
Se si ritengono inesistenti, o almeno trascurabili gli errori di classificazione dell’età
(attraverso l’anno di nascita) e se si verificano almeno parzialmente) alcune condizioni, che
preciseremo tra breve, si può giungere ad una più corretta valutazione dei rischi di morte per età
seguendo un procedimento molto semplice, introdotto da P. Vincent, più noto col nome di metodo
delle generazioni estinte. La sua applicazione richiede la conoscenza dei soli deceduti classificati
per età, anno di nascita e anno di morte e si fonda su una semplicissima relazione, verificabile con
assoluta precisione all’interno della tavola di mortalità o in una coorte reale in assenza di fenomeni
perturbatori:
ω −1
lx = ∑ d (i ,i + 1)
i=x
ω −1
*
Px = ∑ * D(i ,i + 1) [VII.25]
i=x
per cui
d (x , x + 1) *
D(x , x + 1) *
D(x , x + 1)
qx = = = [VII.26]
ω −1
lx *
D(ω − 1,ω ) + ⋅ ⋅ ⋅+* D(x , x + 1)
∑ *
D ( x , x + 1)
i=x
In pratica il metodo delle generazioni estinte richiede che si acquisisca la certezza – attraverso un
controllo condotto sulle fonti ufficiali per un congruo numero di anni – che una data generazione
non “fornisca” più decessi e che, di conseguenza, possa essere considerata “estinta”: si sommano
allora a ritroso i deceduti a partire dall’anno in cui è stato registrato il decesso dell’ultimo
componente, applicando poi la [VII.26] per ottenere le probabilità di morte.
Le condizioni necessarie perché il metodo sia applicabile sono facilmente intuibili: 1) il
sistema di rilevazioni statistiche ufficiali deve essere tale da garantire una corretta attribuzione dell’
età alla morte; 2) deve essere nulla nelle età considerate la mobilità spaziale. Ambedue le condizioni
sono sufficientemente plausibili, quanto meno per i paesi sviluppati, e a livello territoriale
nazionale se si studiano le età superiori agli 85 anni, meglio ai 90 anni (è assai rara la mobilità con
l’estero delle persone di quelle età). Peraltro, una eventuale emigrazione dei soggetti in particolari
età, a condizione che siano rispettate le condizioni di indipendenza e continuità, un emigrato non
rientra tra gli eventi nè, conseguentemente, tra i sopravviventi (che sono una somma di deceduti);
diversamente per un’eventuale immigrazione ad una particolare età: anche se fosse rispettata quella
condizione, sommando a ritroso i deceduti, nelle classi di età precedenti quella di decesso
dell’immigrato, i sopravviventi risulterebbero sovraenumerati.
122
Parte terza
VIII.1 - Il problema.
Nel Cap III, dedicato all’analisi della popolazione intesa nella sua globalità, si sono
presentate varie misure (tassi) calcolati con riferimento all’anno in cui gli eventi si sono prodotti: il
loro impiego fa parte della cosiddetta analisi demografica trasversale o per contemporanei o del
momento. Cercheremo adesso di specificare meglio alcuni aspetti dell’analisi trasversale, di
individuarne i limiti e, di seguito, suggerirne le possibili correzioni.
E’ bene premettere che l’osservazione e l'analisi per coorte - sede naturale dei processi
demografici - talvolta non si adatta alle condizioni o agli scopi della ricerca. In generale ciò si
verifica quando:
a) occorre avere una informazione tempestiva sui livelli e/o sulle caratteristiche di un dato
fenomeno, da utilizzare nel breve o medio periodo. Ad esempio si vuol conoscere quale
sia il livello medio di fecondità, o di mortalità, in un certo anno o in un limitato numero
di anni a fini di politica sociale o sanitaria. Oppure, più semplicemente, si desidera
analizzare le relazioni che legano certe manifestazioni demografiche alle caratteristiche
dell'ambiente o del contesto che, per definizione, sono caratteristiche del momento: il
livello di inquinamento atmosferico per la mortalità, il grado di ruralità o di istruzione
per la fecondità, il livello di industrializzazione o di disoccupazione per le emigrazioni;
Nel primo caso la ricostruzione e l'analisi dei processi di popolazione all'interno delle
coorti appaiono inadeguate alle particolari esigenze conoscitive a causa della durata,
normalmente lunga, di un processo di coorte, e della impossibilità di ricavarne “livelli medi” con
riferimento ad un anno preciso o a un limitato numero di anni .
Nel secondo caso esse sono praticamente impossibili per mancanza o per insufficienza delle
indispensabili informazioni statistiche di base.
Si possono sfruttare, e in qual modo, i limitati dati a disposizione per ottenere, comunque,
delle misure dei fenomeni demografici? Questi problemi sono di fondamentale importanza per il
demografo perché le esigenze conoscitive richiamate sub a) sono correnti e le condizioni di
osservazione sub b) sono le più frequenti.
123
VIII.2 - Osservazioni in anni di calendario e diagramma di Lexis.
50
1935
45
1940
40
1945
35
1950
30
1955
25
1960
20
1965
15
Anni
1915 1920 1930 1940 1950 1960 1970 1980
Diagramma VIII.11
1
Si ricordi (par.II.3.1) che alla confluenza di un corridoio longitudinale (coorte) e di uno trasversale (anno di
osservazione) gli eventi si manifestano in due classi di età successive. Per non complicare eccessivamente la trattazione,
definiremo, pertanto, l’età con riferimento ai membri della coorte che nascono il 31.12 dell’anno t-x.
124
Età
35
24 e
19 ort
C o
34
25 e
19 ort
Co
26 e
19 oort
C
Anno 1960
Diagramma.VIII.22
Come si ricorderà dal Cap. II, sul diagramma di Lexis gli eventi (e gli eventi ridotti) per
durata osservati in un anno di calendario si collocano all'interno di corridoi perpendicolari
all'asse delle ascisse. Nel caso in esame gli eventi (o gli eventi ridotti) per età della donna
osservati negli anni 1960 e 1980 sono tratteggiati sul diagramma VIII.1.
Come fa chiaramente vedere il diagramma VIII.1 – ne abbiamo già discusso in precedenza
-, i parallelogrammi del diagramma di Lexis non sono univocamente definiti rispetto alla durata:
infatti gli eventi che in essi si collocano si sono manifestati a due durate successive, la x-1,x e la
x,x+1. Nonostante questa "imprecisione" la configurazione diagrammatica proposta è quella che
meglio delle altre possibili permette di visualizzare con immediatezza ed efficacia le relazioni
tra osservazioni trasversali e longitudinali. Per non complicare eccessivamente la simbologia,
trascureremo l'imprecisione relativa alla durata, convenendo di attribuire gli eventi che cadono
nei parallelogrammi dei grafici VIII.1 e VIII.2 la durata compiuta x che si determinerebbe se gli
individui che li hanno subiti fossero tutti nati il 31.12 dell'anno t-x, e mantenendo quindi la
consueta simbologia per gli eventi alla durata compiuta: E(x,x+1).
Nel diagramma VIII.1 le osservazioni annuali tagliano trasversalmente un fascio di coorti,
35 per l'esattezza: le generazioni formatesi tra il 1910 e il 1945, quella relativa al 1960; le
generazioni formatesi tra il 1930 e il 1965, quella relativa al 1980. Per ciascuna generazione viene
colto nei due anni di osservazione, t = 1960 e t+a = 1980, un particolare momento della loro
storia. In sostanza negli anni di calendario si osserva una quota dell'intensità di 35 generazioni
(determinabile solo molti anni più tardi) contemporaneamente presenti tra le età α e β. Per la
maggior parte di esse non si conosce l'intensità finale; nessuna - a meno che il fenomeno non
sia da lungo tempo stazionario, o quasi stazionario - può essere pensata come rappresentativa, per
il processo considerato, della situazione caratteristica di un certo anno o di un certo periodo.
2
Si veda la nota (1) di pag. precedente.
125
VIII.3 - Indici del momento.
- i nati provenienti dalle donne della coorte tra le età 15 e 49 anni compiuti;
- gli anni-persona vissuti dalle donne della coorte sopravviventi nelle successive
età;
- una distribuzione di nati per età della madre compresa tra i 15 ed i 49 anni
compiuti;
{E(x,x+1)}
{P(x+0.5)}
Da qui l'idea di introdurre, secondo una logica elementare, il concetto di coorte fittizia cui
riferire le osservazioni trasversali.
In una coorte effettiva dal rapporto tra eventi ed anni-persona alle successive durate si
ottengono (Cap. VI) gli eventi ridotti e da questi si determina l'intensità e la cadenza del
processo di un contingente di entità pari a 10n. Se calcoliamo degli analoghi rapporti tra gli
eventi e gli anni-persona rilevati alle successive durate in un anno di calendario, otterremo delle
misure formalmente analoghe a quelle relative ad una coorte, che potremmo chiamare eventi
ridotti del momento o tassi specifici del momento: la somma e la distribuzione per durata degli
eventi ridotti del momento forniranno allora rispettivamente l'intensità e la cadenza di una
ipotetica coorte di 10n persone che sperimenti alle successive durate gli eventi ridotti relativi alle
varie coorti effettive calcolati nell'anno di osservazione.
3
Nel seguito per ragioni di semplicità useremo anche per le età compiute il solo simbolo x (normalmente riservato alle
età esatte), anziché x,x+1 o x+a: ovviamente si farà in modo che non sorgano ambiguità.
126
N (x, t )
n(x, t ) = [VIII.1]
F (x, t )
La [VIII.1] esprime, dunque, gli eventi ridotti osservati nell'anno t, nella durata x,x+1 ed afferenti
alla coorte formatasi nell'anno t-x : chiameremo queste misure eventi (nascite, in questo caso,
ma anche matrimoni, primi matrimoni, ecc.) ridotti del momento o tassi specifici di fecondità (o
di nuzialità, di primo-nuzialità, ecc.) del momento.
Lo stesso tasso della [VIII.1] (nascite ridotte), per un tempo t = T+x, in cui T è l’anno di
formazione della coorte che nell’anno t raggiunge l’età x, potrà essere pensato e indicato con
riferimento a tale coorte per cui avremo in generale
n(x, t ) = n t − x (x ) e n T (x ) = n(x, T + x )
Facendo riferimento alla Fig. VIII.1 e alla seguente Fig. VIII. 3 e tenendo conto di queste
notazioni, potremmo ridefinire e definire le misure sintetiche di processo, nelle due differenti
prospettive, il tasso di fecondità totale per coorte - TFTT – e quello per contemporanei – TFTM(t)
come
Età
n(x,t)
nt-x(x)
x n(x,T+x)
nT(x)
t-x
T=
Anno
te
or
t=T+x
Co
Diagramma VIII. 3
49 49 49
TFTT = ∑ n t − x (x ) = ∑ n(x ,T + x ) [VIII.2] e TFT (t ) = ∑ n(x ,t ) [VIII.3]
x =15 x =15 x =15
49 49
∑ x ⋅ nt − x ∑ x ⋅ n(x, t)
aT = x =15 [VIII.4] e a (t ) = x =15 [VIII.5]
TFTT TFT (t)
127
N i (x , t )
n i (x , t ) = [VIII.1.1]
F (x , t )
Chiameremo la [VIII.3] per la fecondità Somma delle nascite ridotte del momento o Tasso Totale
di Fecondità del Momento [TFTM(t)] e in generale l'intensità del fenomeno nella coorte fittizia di
10n individui sarà la Somma degli eventi ridotti del momento o Tasso Totale del Momento
[TFT(t)] – e la [VIII.5], l'indice sintetico di cadenza a (t) , Età media del momento
all'apparizione di una nascita tra le donne della coorte fittizia e in generale x (t ) Età (Durata)
media del momento all'apparizione dell'evento tra i membri della coorte fittizia.
E' intuitivo che in riferimento ad una coorte fittizia potremo anche definire dei tassi di
eliminazione del momento: questi saranno espressi, in analogia con la [V.22] da
N i (x , t )
t i (x , t ) = [VIII.6]
F i (x , t )
E' da sottolineare che l'introduzione del concetto di coorte fittizia, utile soprattutto sul piano
didattico o per facilitare la comprensione del significato degli indici del momento a chi non
conosce la Demografia, é, comunque, un artificio. Il riferirsi alla coorte fittizia non autorizza
l'assunzione in analisi trasversale dei concetti di intensità e cadenza propri dei processi che si
sviluppano nelle coorti reali. Infatti, quando si segue una osservazione per anno di calendario i
concetti di processo, di intensità e di cadenza perdono il loro naturale significato. All'interno di
una coorte il processo di fecondità - per rimanere all'ultimo esempio - si configura come il
risultato di una strategia o, comunque, di una vicenda riproduttiva che si sviluppa lungo il ciclo
di vita dei suoi membri; l'intensità ne è l'espressione sintetica quantitativa, l'indice della
propensione a procreare; la cadenza ci informa sulle modalità temporali che caratterizzano quella
vicenda. In un anno di calendario, mancando un'unità di riferimento, non esistendo passaggio di
tempo, non ha senso attenersi a tali concetti. La fecondità di un anno o di un periodo dovrà
essere intesa semplicemente come indicativa della frequenza media delle nascite rispetto alla
popolazione o alla sotto-popolazione di donne in età feconda viventi in quell'anno o in quel
periodo. Gli indici "di intensità" del momento rappresentano comunque e sempre - pur con le
debite distinzioni cui si farà cenno più avanti - delle frequenze relative di eventi occorsi in un
dato intervallo di tempo rispetto agli anni-persona vissuti dai membri della popolazione o di una
sotto-popolazione nello stesso intervallo.
VIII.4.1 - Generalità.
Si intuisce facilmente che l'osservazione per contemporanei tanto più è utile e significativa
per comprendere la demografia di una popolazione, quanto più ciò che si rileva e si misura in una
coorte fittizia rispecchi in media la manifestazione dei fenomeni demografici nelle coorti reali: in
ogni caso, ciò che ci si dovrebbe attendere dalle misure del momento per poterle utilizzare
vantaggiosamente nell'analisi demografica in accordo con il loro significato, é che questo sia
sempre univoco.
Nella realtà né la prima né la seconda condizione vengono totalmente soddisfatte. Quando
si calcolano degli indicatori di sintesi trasversali (tassi generici, somma di eventi ridotti, età-
128
durata media di delle loro distribuzioni) si dà origine ad un complesso intreccio di meccanismi
demografici, dipendenti da caratteristiche o da comportamenti differenti delle coorti in gioco, che
distorgono il livello ed il significato degli indici per contemporanei.
Un primo fattore di distorsione deriva dalla differente consistenza numerica delle coorti
osservate nell'anno o nel periodo di riferimento: esso riguarda i tassi generici, come si vedrà subito
dall’elementare modello che presenteremo. Le consistenza delle coorti osservate trasversalmente
dipende dall'ammontare dei soggetti che hanno vissuto l'evento origine del particolare fenomeno
studiato (contingenti iniziali delle coorti: nascite, matrimoni,...), e dalla differente eliminazione (per
mortalità, divorzialità, migrazione,...) subita dai membri delle coorti nel corso del tempo. Se si fa
riferimento al grafico VI.1, l'entità ad esempio, dei viventi a 20 anni del 1960 dipende dal numero
di nascite del 1940, dalla mortalità e dalla migratorietà di quella generazione.
Prospetto VIII,1.
Età compiuta Nascite ridotte
15-19 0,02
20-24 0,20
25-29 0,30
30-34 0,28
35-39 0,20
40-44 0,08
45-49 0,01
Prospetto VIII.2
Popolazione A Popolazione B
Età Anni-donna Età Anni-donna
15-19 100 15-19 100
20-24 150 20-24 100
25-29 200 25-29 100
30-34 250 30-34 100
35-39 300 35-39 100
40-44 200 40-44 100
45-49 100 45-49 100
129
caratterizzate da un identica e costante fecondità secondo i tassi riportati nel Prospetto VIII,1.
Poniamo, tuttavia, di ignorare la fecondità delle generazioni e di dover determinare in un anno
qualsiasi il livello di fecondità del momento avendo a disposizione la distribuzione per età degli
anni- donna in quell'anno e il numero complessivo delle nascite. La distribuzione per età delle
donne sia quella del Prospetto VIII,2.
Date le nostre ipotesi di partenza, questi dati stanno a indicare che nei 50 anni precedenti
quello di osservazione nella popolazione A si sono formate delle generazioni di ammontare
variabile ( il che equivale a dire che si é avuto un numero di nascite annuali variabile), mentre nella
popolazione B le nascite e quindi i contingenti delle generazioni sono rimasti stazionari; di
conseguenza essa ha assunto nel tempo una struttura rettangolare.
Prospetto VIII.3
Popolazione A Popolazione B
Età Nascite ridotte Anni-donna Nati Anni-donna Nati
(1) (2) (3) (4)=(2)·(3) (5) (6)=(2)·(5)
15-19 0,02 100 2 100 2
20-24 0,20 150 30 100 20
25-29 0,30 200 60 100 30
30-34 0,28 250 70 100 28
35-39 0,20 300 60 100 20
40-44 0,08 200 16 100 8
45-49 0,01 100 1 100 1
N (t )
TFG (t ) =
F (15 − 49, t )
Avremo allora:
239 109
TFG (t ,A ) = = 138,8 p.1000 e TFG (t ,B) = = 155,7 p. 1000
1300 700
Secondo l'indice del momento utilizzato, dunque, la fecondità delle due popolazioni, che
pur hanno per ipotesi lo stesso comportamento riproduttivo, risulta diversa: la popolazione A si
caratterizza per una fecondità di circa il 20% superiore a quella della popolazione B. Date le nostre
ipotesi di lavoro, é evidente che la differenza riscontrata é la conseguenza del diverso ammontare
dei contingenti delle generazioni in gioco: l'effetto "dimensione della coorte", che in analisi
longitudinale é ininfluente ai fini comparativi quando il confronto viene fatto sugli eventi ridotti, si
trasforma in analisi trasversale in un effetto struttura che distorce gli indici generici. Lo possiamo
130
generalizzare nel modo seguente: sia dato un tasso generico
E (t )
t (t ) =
1 2[P (t ) + P (t + 1)]
∑ E (x ) E (x ) P ( x + 0,5; t )
t (t ) = x t -x
= ∑x t -x
⋅ t-x = [VIII.7]
∑ x t -x
P ( x + 0,5; t ) t - x P ( x + 0,5; t ) ∑ x t - x P ( x + 0,5; t )
=∑ x t -x
t ( x ) ⋅ c ( x + 0,5; t )
dove t-xt(x,t) va inteso - al di là dell'esempio da cui siamo partiti - come un tasso specifico per età
(compiuta) relativo ad un fenomeno qualsiasi, anche se caratterizzato da eventi negativi e c(x+0,5;t)
rappresenta la struttura per durata della popolazione considerata nell'anno t. Dunque, t(t) è funzione
dei tassi specifici per durata relativi alle varie coorti osservate nell'anno t e del peso relativo di
ciascuna di esse sulla popolazione complessiva rilevata in quello stesso anno. Per i fenomeni a
eventi non negativi, tuttavia, gli indici sintetici del momento possono essere calcolati come somma
di eventi ridotti. In questo caso, poiché ogni tasso é riferito ad un numero di anni-persona uguale a
10n, si assume implicitamente una struttura rettangolare della popolazione: la somma degli eventi
ridotti fornisce, pertanto, un indice sintetico implicitamente standardizzato rispetto alla struttura
per durata della popolazione che vive nell'anno di osservazione gli eventi considerati. Ritornando
all'esempio prima illustrato, è quanto si verifica nella popolazione B i cui contingenti per età sono
stati posti tutti uguali a 10²: possiamo vederlo facilmente.
Sui dati del prospetto VIII.1 calcoliamo la somma delle nascite ridotte. Poiché queste sono
riferite a gruppi quinquennali di età, avremo:
Consideriamo ora i TFG già calcolati: essi esprimono il livello medio di fecondità da
assegnarsi, indipendentemente dall'età raggiunta, a ciascuno dei 35 contingenti di donne osservate
tra i 15 e i 49 anni compiuti. Se non esistesse effetto struttura, dovremmo pertanto avere:
TFTM = 35·TFG
In conclusione, un indice sintetico del momento, quando non deriva da una somma di tassi
specifici, contiene sempre un effetto distorcente di struttura: non potrà quindi venire utilizzato a
fini comparativi se non dopo essere stato "depurato" da tale effetto attraverso uno dei procedimenti
correnti di "standardizzazione" che verranno trattati nel cap. IX.
131
VIII.4.3 - "Effetto cadenza" ed "effetto intensità": cenni alla traslazione.
Gli indici sintetici del momento, in qualunque modo calcolati, contengono altre distorsioni
provocate da un differente manifestarsi del fenomeno studiato tra coorte e coorte in termini di
intensità e cadenza.
Anche in questo caso, per chiarire la complessa fenomenologia, affidiamoci inizialmente
ad un esempio elementare.
Supponiamo di studiare in una popolazione in cui non esistono né morti, né movimenti
migratori un processo a eventi non negativi che si manifesta in sole 5 durate, in un periodo di 10
anni. In tale intervallo si osservano, di anno in anno e di durata in durata gli eventi ridotti afferenti
alle coorti (ciascuna di ammontare = 100 unità) che lo attraversano, formatesi negli anni T = t-x.
L’intensità finale del processo in ciascuna coorte è costante ed uguale a 2 p. 100, ma di coorte in
coorte varia la cadenza (distribuzione per durata degli eventi ridotti): nella fattispecie si verifica
prima una tendenza ad anticipare il processo, poi una tendenza a posticiparlo fino a riassumere la
cadenza delle coorti formatesi prima dell’anno 1. Il quadro è quello evidenziato nel prospetto che
segue:
E’ immediato verificare le condizioni prima stabilite. Ad esempio per la coorte che si forma
nell’anno 1 l’intensità finale (ottenibile sommando i valori lungo la diagonale che va dalla durata 0
in basso a sinistra fino alla durata 4) è uguale a: 20+80+70+20+10 = 200; per la coorte che si forma
nell’anno 4 avremo: 60+110+30+0+0 = 200; e così via per tutte le altre.
Tuttavia, se sommiamo gli eventi ridotti per durata all’interno di ciascun anno di
osservazione, secondo quanto suggerisce l’analisi trasversale per ottenere le misure sintetiche di
intensità, troviamo dei valori che (eccettuati gli anni 1 e 10 che risentono di una cadenza costante
delle coorti) sono diversi (maggiori o minori) della imposta intensità costante delle coorti: il loro
livello e il loro andamento altera quello (effettivo) delle coorti. Poiché nel modello si è fatta variare
solo la distribuzione per durata degli eventi ridotti all’interno delle coorti, è immediato concludere
che le variazioni intercoortiche della cadenza distorgono le misure di sintesi trasversali, “traslando”
dei mutamenti di tempo in variazioni di quantità.
Per avere una visione più chiara del quadro descritto, trasformiamo gli eventi ridotti per
durata all’interno delle coorti in percentuali rispetto alla loro intensità finale: ciò significa, essendo
quest’ultima costante e uguale a 200, dividere appunto per 200 tutti i valori del precedente
prospetto. E’ quanto si può osservare nel Prospetto che segue.
Chiaramente se sommiamo i valori relativi, in esso contenuti, lungo le diagonali in cui si
sviluppano le coorti, otteniamo dei valori costantemente uguali a 1. Se osserviamo, come esempio,
le coorti prima scelte (quelle formatesi rispettivamente negli anni 1 e 4), otteniamo:
132
0,1+0,4+0,35+0,1+0,05 = 1 e 0,3+0,55+0,15+0+0 = 1. Questi valori relativi, è opportuno
rimarcarlo, significano che la coorte formatasi nell’anno 1 ha esplicato il 10% della sua intensità
finale in quello stesso anno a durata 0 e il 35% a durata compiuta 3 nell’anno 4; quella formatasi
nell’anno 4 ha esplicato invece il 30% a durata 0 e il 15% a durata 2 compiuta. In ogni anno di
osservazione ogni coorte sperimenta una quota della sua intensità finale. Ovviamente le somme
longitudinali di tali valori relativi, che indicheremo con il simbolo t-xα(x) e che corrispondono,
ovviamente, a
nt - x (x )
t - x α (x ) = [VIII.8]
TTT
Prospetto VIII.5
n t - x (x )
∑ x t − x α (x ) = ∑ x TTt - x
≠1 [VIII.9]
Definiamo anche la distribuzione relativa degli eventi ridotti rispetto al Totale trasversale
[TTM(t)] nei vari anni t
n(x , t )
α (x , t ) = [VIII.10]
TTM (t )
n(x , t )
∑ x α (x ,t ) = ∑ x TTM (t ) = 1
133
TTM (t ) = ∑ t - x α (x ) × TTt - x [VIII.11]
x
x (t ) = ∑ x × t - x α (x ) × TTt - x [VIII.12]
x
∑ x t - x α (x )× TTt - x
in cui il fattore che pondera l’età nel secondo membro altro non è che la distribuzione relativa degli
eventi ridotti in trasversale:
t - x α (x ) × TTt - x =
n(x , t )
= α (x , t )
∑x t - x α (x )× TTt - x TTM (t )
Le espressioni [VIII.11] e [VIII.12] che esprimono nel modo più elementare gli effetti
traslativi del mutevole comportamento delle coorti nelle misure sintetiche trasversali, sono
sufficientemente esplicite nell’indicare la direzione delle distorsioni. Per quanto riguarda la
[VIII.11], se il coefficiente di distorsione della cadenza
cd (t ) = ∑ t - x α (x ) [VIII.13]
x
Quanto all’effetto intensità, le sue modalità di azione sulle osservazioni degli indici sintetici
del momento sono affatto analoghe a quelle appena viste per l’effetto cadenza; si comprende
facilmente che esso colpisce soprattutto la distribuzione degli eventi ridotti per età-durata. Nella
[VIII.12] un TTt-x crescente nel tempo provocherà un effetto depressivo su x (t); il livello di x (t)
sarà, invece “esaltato” da un trend di TTt-x decrescente.
Deve essere, comunque, chiaro che la separazione dei due effetti, finora operata per esigenze
espositive, nella realtà non esiste: effetto intensità ed effetto cadenza agiscono simultaneamente e
non è semplice averne separata evidenza, senza ricorrere a delle ipotesi (esplicite o implicite)
sull’andamento nel tempo dei due parametri fondamentali dei processi delle coorti. Tutte le
formalizzazioni (e, in seguito, le applicazioni) dell’effetto cadenza implicitamente presuppongono
un’evoluzione lineare (peraltro non lontana dalla realtà) dell’intensità.
134
VIII.4.4.- Visione d’insieme.
Può essere utile fornire adesso una visione d’insieme sulla configurazione delle misure
sintetiche trasversali in funzione dei fattori distorsivi provenienti dall’ammontare e dal
comportamento delle coorti.
In un certo anno t e rispetto ad una popolazione P(t), qualunque sia il fenomeno non
negativo considerato, e indicandone genericamente con 0 – ω l’intervallo di manifestazione, si
osserverà quanto appare nel prospetto VIII.6 .
Prospetto VIII.6 – Struttura della popolazione, eventi per testa, numero di eventi in
un anno di calendario.
Durata Popolazione Eventi per testa Numero di
x (eventi ridotti) eventi
0 P (0, t ) t −x α (0 ) ⋅ Tt P (0 , t )⋅ t − x α (0) ⋅ Tt
ω P (ω , t )
Totale P (t ) T (t ) E (t )
E (t ) P (0 , t ) P (1, t ) P (x , t )
t (t ) = = ⋅ t α (0 ) ⋅ Tt + ⋅t −1 α (1) ⋅ Tt -1 + ⋅ ⋅ ⋅ + ⋅t − x α (x ) ⋅ Tt - x + ⋅ ⋅ ⋅ =
P (t ) P (t ) P (t ) P (t )
ogni tasso generico è funzione sia della struttura per età del momento, sia della cadenza e
dell’intensità delle coorti. Come già si è illustrato, inoltre,
135
T(t) = φ [ t-xα, Τ ]
essendo
P (0, t ) P (1, t ) P ( x, t )
T (t ) = ⋅t α (0) ⋅ Tt + ⋅t −1 α (1) ⋅ Tt -1 + ⋅ ⋅ ⋅ + ⋅t − x α (x ) ⋅ Tt - x + ⋅ ⋅ ⋅
P (0, t ) P (1, t ) P ( x, t )
Pertanto, la somma degli eventi ridotti per età-durata del momento (funzione della cadenza
e dell’intensità delle coorti) rappresenta la frequenza relativa degli eventi rispetto ad una
popolazione di contemporanei (rettangolare) al netto dell’effetto di struttura (standardizzazione
implicita).
In che misura e con quali modalità influiscono i tre fattori sui t(t) e sui T(t) relativi ai diversi
processi? Lo possiamo vedere schematicamente nei prospetti che seguono.
Per quanto riguarda il peso dei fattori, c(x) agisce in maniera relativamente meno sensibile
su nuzialità e natalità poiché ambedue i processi si manifestano in un intervallo di età –
convenzionalmente 15-49 anni – limitato come ampiezza e globalmente poco variabile. Quanto ad
t-xα(x), nella mortalità varia in una sola direzione – quella di spostare il decesso ad età sempre più
elevate – ma i suoi mutamenti nel tempo possono essere molto rilevanti: nel corso del secolo l’età
Prospetto VIII.7 – Peso dei fattori determinanti il valore di un indice del momento.
Fattori Mortalità Nuzialità Natalità
Ammontare
│→struttura c(x) Importante Debole Debole
delle coorti
media alla morte (speranza di vita alla nascita) è più che raddoppiata in molte popolazioni; di
ampiezza più limitata i suoi mutamenti nella nuzialità e nella natalità (o meglio, fecondità) ma di
direzione variabile in conseguenza di cambiamenti nel comportamento delle coorti tendenti ad
anticipare o posticipare matrimonio e prolificazione conseguentemente al mutare delle norme e
della cultura o in risposta a fattori di tipo “congiunturale” (in particolare, a parte gli eventi
straordinari – come la guerra – a cause di tipo economico. Quanto ai Tt-x , i valori massimi e
minimi riportati si riferiscono a valori di fatto osservati, in epoche differenti, in popolazioni reali.
136
Prospetto VIII.8 – Modalità dell’azione dei fattori determinanti un indice del momento.
137
CAP. IX - Eliminazione degli effetti distorsivi negli indici del momento: standardizzazione e
deperiodizzazione
E’ stato appena dimostrato come le misure sintetiche dei fenomeni demografici costruite
negli anni di calendario siano soggette a distorsioni provenienti sia dal mutare dei comportamenti
generazionali (effetto intensità e effetto cadenza), sia dalle caratteristiche e dalla storia -
ammontare alla nascita, differente mortalità e migratorietà - delle coorti che contemporaneamente
producono gli eventi osservati nel periodo considerato (effetto struttura). Quest'ultimo effetto
distorsivo, che di fatto si manifesta attraverso la differente distribuzione per età (o durata) delle
popolazioni osservate negli anni di calendario compromette, anche in assenza degli altri fattori di
perturbazione, l'analisi comparativa.
Alcuni indici sintetici per contemporanei non risentono dell'effetto struttura: sono quelli
che provengono da Tavole di eliminazione costruite per coorti fittizie (mortalità e, eventualmente,
nuzialità e fecondità) ed i cosiddetti tassi totali ottenuti come somma dei tassi specifici per età-
durata (par.VIII.5.4).
Ma la mancanza di adeguate classificazioni degli eventi o delle popolazioni spesso non
consente la costruzione di Tavole di eliminazione o il calcolo degli eventi ridotti del momento.
Ciò accade normalmente per i paesi in cui il sistema di rilevazioni statistiche ufficiali non
è adeguatamente organizzato (paesi in via di sviluppo); ma si verifica anche nelle nazioni con
sistemi avanzati quando l'unità territoriale di riferimento ha dimensioni troppo limitate per poter
ricevere una specifica considerazione nella raccolta e nelle pubblicazioni ufficiali dei dati (territori
comunali o urbani, ad esempio) e quando il fenomeno che si intende studiare ha una rilevanza
numerica limitata, o perché è un cosiddetto fenomeno raro, o perché un aspetto molto particolare
e parziale di un altro fenomeno più ampio (le morti per una determinata causa, ad esempio), o
perché si riferisce ad una specifica e circoscritta categoria di popolazione (ad esempio, un gruppo
professionale, una minoranza etnica o religiosa). In situazioni di questo tipo le informazioni a
disposizione normalmente obbligano l'utilizzatore a far ricorso ai tassi generici, a misure cioè che
sono fortemente soggette all'effetto struttura.
Dalla [III.11] sappiamo che un tasso generico può essere espresso come:
P (x , t )
t (t ) = ∑ x ⋅t (x , t ) = p(x , t ) ⋅ t (x , t ) [IX.1]
P (t )
una combinazione, cioè, della frequenza relativa del fenomeno nelle varie generazioni
contemporanee t(x,t) e del peso relativo di queste ultime sul totale della popolazione p(x,t).
La standardizzazione è una tecnica che consente di eliminare, entro certi limiti, l'effetto
struttura nei tassi generici. E' bene stabilire fin da adesso, tuttavia, che un tasso generico
standardizzato non rappresenta un indice sintetico che esprime la dimensione quantitativa di un
dato fenomeno non dipendente dalla struttura, così come si verifica con un tasso totale. Esso
rappresenta semplicemente uno strumento per giungere ad un confronto tra indici sintetici relativi
a popolazioni differenti al netto delle rispettive strutture demografiche. Di ciò si fornirà tra breve
ampia dimostrazione.
Supponiamo che, per un fenomeno qualsiasi, si pongano a confronto i tassi generici di due
popolazioni P(1) e P(2). La differenza D tra i tassi sarà:
138
⎛ P (x ,2 ) ⎞ ⎛ P (x ,1) ⎞
D = t (2) − t (1) = ⎜⎜ ∑ x t (x,2) ⋅ ⎟⎟ − ⎜⎜ ∑ x t (x,1) ⋅ ⎟
⎝ P (2) ⎠ ⎝ P (1) ⎟⎠
un’espressione che si articola, dunque, in due componenti, la prima riconducibile alle differenze nei
tassi specifici e la seconda alle differenze nella struttura per età-durata delle due popolazioni. Se
queste avessero avuto la stessa struttura, se cioè
corrispondente ad una media ponderata delle differenze tra tassi specifici con pesi pari alla
proporzione di individui nelle classi di età (durata) corrispondenti.
Obbiettivo della standardizzazione, dunque, è quello di "trasformare" un confronto che si
presenta come nella [IX.2] in un confronto corrispondente alla [IX.3], in cui non si eliminano gli
effetti della struttura, bensì gli effetti delle differenze di struttura.
Sono stati proposti vari procedimenti di standardizzazione in funzione delle informazioni
disponibili e/o della natura dell'analisi comparativa. Essi possono essere distribuiti in due gruppi:
i metodi di standardizzazione diretta e i metodi di standardizzazione indiretta.
139
ma se applichiamo i tassi specifici per età-durata noti per tali popolazioni alla struttura di una terza
popolazione P(s), otterremo due nuovi tassi generici – Tassi Standardizzati con metodo Diretto
(T.S.D.) -
E (x ,1)
∑ x P (x ,1) ⋅ P (x ,s )
T.S.D .(1) = = ∑ x t (x ,1) ⋅ p(s )
P (s )
e
E (x ,2 )
∑ x P (x ,2) ⋅ P (x ,s )
T.S.D .(2 ) = = ∑ x t (x ,2 ) ⋅ p(s )
P (s )
La standardizzazione diretta consiste dunque nel confrontare i tassi generici che si avrebbero in una
popolazione scelta come "standard", se i tassi specifici delle singole classi di età-durata in cui essa
viene ripartita fossero uguali a quelli delle corrispondenti classi di età-durata nelle popolazioni
studiate: questa tecnica è nota anche con il nome di "metodo della popolazione tipo". In generale
avremo:
E (x , t )
∑ x P (x , t )
T.S.D. = = ∑ x t (x , t ) × p(s ) [IX.4]
P (s )
Come struttura "standard" può anche essere adottata quella di una delle popolazioni messe a
confronto. Pertanto avremo
Le esigenze di sintesi dei tassi specifici, nel caso di un fenomeno a eventi negativi, quale la
mortalità, come si è detto, possono essere soddisfatte attraverso la standardizzazione diretta.
Vediamo ora in dettaglio il procedimento su un caso concreto. Si conoscano per due popolazioni A
e B a confronto e per una terza popolazione S scelta come standard, la struttura per età ed i tassi
140
specifici di mortalità, , come riportati nella Tab. seguente: applicheremo i tassi specifici di A e di B
alla struttura della popolazione S al fine di ottenere gli indici sintetici comparativi.
T.S.D .(A ) =
∑ x P (x ,s )⋅ m (x ,A ) = 4122 ⋅ 0,0313 + 16209 ⋅ 0,0025 + ⋅ ⋅ ⋅ + = 11,0o/
∑ x P (x ,s )
oo
179322
T.S.D .(B) =
∑ x P (x ,s )⋅ m (x ,B) = 4122 ⋅ 0,1502 + 16209 ⋅ 0,0098 + ⋅ ⋅ ⋅ + = 15,8o /
∑ x P (x ,s )
oo
179322
e condurremo l’analisi comparativa sulle misure sintetiche riportate nel Prospetto precedente:
Prospetto IX.2
Tassi A B
(1) m 7,6 13,1
m - m (s ) - 20,0% + 37,9%
(3)
m (s )
141
Si noti che il confronto tra i livelli di mortalità delle due popolazioni A e B viene effettuato
sempre in funzione della mortalità della popolazione standard.
t ′(t ) =
∑ x P (x ,t )⋅ t (x ,s ) = ∑ x e(x ,t ) = e(t ) [IX.7]
P (t ) P (t ) P (t )
il cui numeratore rappresenta il numero di eventi che si sarebbero prodotti nella popolazione
oggetto di studio (eventi attesi) se questa avesse sperimentato alle successive età-durate i tassi
specifici della popolazione standard.
Ovviamente il confronto puro e semplice tra tassi di questo tipo non risponde alle fina
della standardizzazione, così come le abbiamo definite. Secondo la [IX.3] avremmo, infatti
che dà conto soltanto della differente struttura per età-durata delle popolazioni considerate,
indipendentemente dalla "dimensione" (frequenza relativa) del fenomeno studiato che
specificamente le caratterizza. Coerentemente con le definizioni date, potremo dunque utilizzare il
rapporto tra t’(t) e t(s) (tasso generico della popolazione standard) come fattore che corregge t(t)
dall'effetto struttura ed ottenere il Tasso Standardizzato con metodo Indiretto (T.S.I).
E (s ) ∑ x P (x ,s )⋅ t (x ,s )
P (s ) E (t ) P (s ) E (t ) t (s )
T.S.I. = ⋅ = ⋅ = ⋅ t (t ) [IX.8]
∑ x P (x ,t )⋅ t (x ,s ) P (t ) ∑ x P (x ,t )⋅ t (x ,s ) P (t ) t ′(t )
P (t ) P (t )
Se
142
P (x , t ) P (x ,s )
= per x = α, … , β
P (t ) P (s )
allora
t (s )
=1
t′ ( t )
e T.S.I. = t (t ) .
Se, invece, la popolazione P(t) ha una più elevata proporzione di popolazione nelle età
giovanili rispetto alla standard e se per le età più giovani si verifica che
P (x , t ) ⋅ t (x ,s ) Px ,s ⋅ t (x ,s )
>
P (t ) P (s )
allora t(t) < T.S.I. In realtà la sola quantità del T.S.I. che dipende dalla popolazione oggetto di
studio è il rapporto
E (t )
R.S.I. = [IX.9]
∑ x P (x ,t )⋅ t (x ,s )
mentre gli altri fattori del tasso non giocano alcun ruolo nel confronto tra popolazioni differenti. Per
queste ragioni, e per la sua evidente maggior semplicità di calcolo e di interpretazione, l'indice
espresso dalla [IX.9] viene generalmente preferito negli studi demografci: la sua efficacia
comparativa, in effetti, non è diversa da quella del T.S.I. Il Rapporto Standardizzato con metodo
Indiretto è un rapporto tra frequenze assolute, nella fattispecie il rapporto tra eventi osservati nella
popolazione oggetto di studio ed eventi che in essa si produrrebbero in base ai tassi specifici della
popolazione standard. Ovviamente, corrisponde al rapporto tra tasso generico osservato e tasso
generico direttamente standardizzato in funzione della frequenza relativa del fenomeno:
R.S.I. =
E (t )
=
∑ x E (x , t ) = ∑ x P (x , t ) ⋅ t (x , t ) =
∑ x P (x ,t )⋅ t (x ,s ) ∑ x P (x ,t )⋅ t (x ,s ) ∑ x P (x ,t )⋅ t (x ,s )
[IX.10]
∑ x P (x , t ) ⋅ t (x , t )
Pt t (t )
= =
∑ x P (x ,t )⋅ t (x ,s ) t ′(t )
Pt
Del R.S.I. si fa largo uso negli studi di mortalità, in particolare negli studi di mortalità per
causa e di mortalità differenziale e, talora anche in studi di fecondità quando si ha interesse ad
epoche in cui il Sistema statistico non forniva dati sulle nascite classificati per età.
Alcune ulteriori notazioni sulla validità degli indici di tipo R.S.I appaiono opportune al fine
143
di evitarne un uso o delle interpretazioni inappropriati.
in cui
t (x , t ) t (x , t ) ⋅ P (x , t ) E (x , t )
R.S.I.(x ) = = = [IX.12]
t (x ,s ) t (x ,s ) ⋅ P (x , t ) e (x , t )
mentre
t (x ,s ) ⋅ U (x , t )
Φ (x ) = [IX.13]
∑ x t (x ,s )⋅ U (x ,t )
t (x ,s ) ⋅ P (x , t ) e (x , t )
Φ (x ) = = [IX.14]
∑ x t (x ,s )⋅ P (x ,t ) ∑ x e(x ,t )
e Φx rappresenta così la proporzione degli eventi attesi nelle varie classi di età-durata nella
popolazione studiata in funzione dei tassi specifici della popolazione standard.
Secondo la [IX.14] il R.S.I. è, dunque, la risultante di due fattori che agiscono per età: il
rapporto [IX.12] tra eventi registrati e eventi attesi – da ascriversi alle differenze tra tassi specifici
(ignoti) della popolazione studiata e quelli (noti) della standard – e la proporzione [IX.13] di eventi
attesi rispetto al totale.
⎡ t (x , A ) P (x , A ) ⋅ t (x , s ) ⎤
R.S.I.(A ) = ∑ x ⎢ ⋅ ⎥
⎢⎣ t (x , s ) ∑ x P (x , A ) ⋅ t (x , s ) ⎥⎦
e
⎡ t (x , B) P (x , B) ⋅ t (x , s ) ⎤
R.S.I.(B) = ∑ x ⎢ ⋅ ⎥
⎢⎣ t (x , s ) ∑ x P (x , B) ⋅ t (x , s ) ⎥⎦
144
Pertanto l'eventuale differenza esistente tra i due R.S.I. non esprime la diversa dimensione
del fenomeno studiato: poiché i pesi Φ(x,A) e Φ(x,B) fanno riferimento alle rispettive popolazioni,
quella differenza è anche funzione delle relative strutture per età. Va da sé che se Φ(x,A) = Φ(x,B)
le due strutture sarebbero uguali e si renderebbe superflua la standardizzazione.
Gli indicatori demografici ottenuti secondo un procedimento di standardizzazione indiretta
possono, dunque, trovare legittimo impiego solo nel confronto, rispetto a un certo fenomeno che si
vuol misurare, tra una situazione definita e quella standard di riferimento, ma non nel confronto
tra situazioni diverse nelle quali siano pur impiegati i tassi specifici di una stessa popolazione
standard.
Negli studi di mortalità il Rapporto Standardizzato con metodo Indiretto espresso dalla
[IX.9] è noto come Standard Mortalità Ratio.
D(t ) m (t )
S.M.R. = = [IX.15]
∑ x P (x, t )⋅ m (x, t ) ∑ x p(x, t )⋅ m (x, t )
Con riferimento ai dati del prospetto IX.1, esemplifichiamo anche il calcolo del S.M.R..
Avremo:
Prospetto IX.4
Tassi A B
(1) m 7,6 13,1
E condurremo l’analisi comparativa secondo gli indicatori riportati nel prospetto [IX.4].
Anche in questo caso si noti che il confronto prende come punto di riferimento la popolazione
145
standard, poiché l’eliminazione dell’effetto struttura avviene soltanto in funzione di tale
popolazione.
In letteratura è stato anche proposto di sostituire nello S.M.R. i pesi P(x,t) della popolazione
oggetto di studio con i P(x,s) della popolazione standard. Si ottiene così il rapporto S.R.R.
(Standardized Risk Ratio)
in cui il numeratore rappresenta le morti “attese” nella popolazione standard, sulla base dei tassi
specifici della popolazione oggetto di studio – quello stesso del tasso standardizzato col metodo
diretto -, mentre il denominatore corrisponde alle morti realmente osservate nella popolazione
standard. Quindi il tasso esprime la mortalità generale della popolazione studiata in valore relativo
(%) rispetto alla mortalità generale della popolazione standard di riferimento.
IX .2 – Deperiodizzazione.
= TFTM × ∑ t - x α (x )
x
146
TFTM (t ) TFTM (t )
TFTM = = [IX.16]
∑ t - x α (x ) cd (t )
x
che chiameremo Discendenza media delle donne contemporanee (Dc) (per gli altri fenomeni,
adattando la simbologia, avremo i Primi matrimoni in media delle donne contemporanee – o degli
uomini contemporanei -, la Migrazione media dei soggetti contemporanei, la Parità ima media delle
donne contemporanee, e così via: questo indicatore può ben corrispondere ai requisiti richiesti.
Infatti si vede facilmente, dai semplici sviluppi formali che seguono
TFTM (t ) TFTM (t )
Dc = = =
∑x t - x α (x ) ∑ t - x n(x )
x TFT
t -x
1 1
= = = [IX.17]
t - x n(x ) n(x , t ) 1
∑x TFT ∑x TFTM ×
(t ) TFTt - x
t - x × TFTM (t )
1
=
α (x , t )
∑x TFT
t -x
come Dc sia in effetti una media armonica ponderata delle TFTt-x, delle intensità finali, cioè, delle
coorti prolifiche nell’anno t con pesi pari alla ripartizione per età della fecondità di quell’anno
α(x,t). In conclusione il livello medio della fecondità - del nostro caso esemplificativo – da
intendersi come numero medio di figli per donna quale è correttamente definibile a livello
concettuale micro, lo si può ricavare correggendo il TFTM(t) per il fattore cd(t) – che abbiamo
chiamato in precedenza coefficiente di distorsione della cadenza – che esprime la traslazione della
variazione aggregata che di anno in anno si produce nella distribuzione per età della fecondità delle
coorti.
Quanto alla forma statistica ricavata per l’indicatore [IX.17], va detto che il suo configurarsi
come media armonica ha un preciso significato sul piano demografico: essendo l’obbiettivo quello
di fornire un valore medio di intensità non distorto dal fattore tempo, in [IX.17] si pone come
invariante distributiva la somma dei reciproci dei TFTt-x delle varie coorti osservate nell’anno di
calendario considerato, vale a dire la somma – ponderata – dei tempi di prolificazione1.
Esempio di deperiodizzazione.
Supponiamo di aver misurato la fecondità delle coorti di matrimonio formatesi tra il 1928 e
il 1944 e, per ovvie ragioni espositive, accettiamo la condizione che il processo si esaurisca tra le
durate 0-6 compiute. Ciò che ci interessa conoscere, peraltro, è il livello di fecondità media negli
anni 1934-1944. Le nascite legittime ridotte sono riportate nel prospetto che segue.
1
Ed è opportuno ricordare che in demografia il reciproco di un’intensità è sempre un tempo: così il reciproco del tasso
generico di mortalità approssima la speranza di vita alla nascita (nella popolazione stazionaria c’è perfetta
corrispondenza).
147
Prospetto IX.5- Nascite legittime ridotte per durata del matrimonio delle coorti 1928-1934 osservate
negli anni 1934-1944.
T(t) 1696 1705 1751 1770 1832 1888 1850 1915 2181 2405 2597
Durata
x
6 14 17 13 10 11 11 9 8 10 9 9
5 121 114 113 109 109 107 102 100 111 120 125
4 268 262 265 263 268 272 260 270 316 348 367
3 392 390 407 406 420 431 412 426 510 565 600
2 448 456 473 488 503 525 520 548 631 689 738
1 366 377 391 400 420 434 443 461 502 556 615
Tt-x 1896 1831 1758 1714 1679 1697 1727 1770 1793 1841 1926 2090 2262 2381 2375 2376 2317
t 1928 1929 1930 1931 1932 1933 1934 1935 1936 1937 1938 1939 1940 1941 1942 1943 1944
La prima riga del prospetto riporta i Tassi Totali del Momento (somma trasversale delle nascite
legittime ridotte) calcolate in ciascuno degli anni 1934-1944. Nella penultima riga possiamo invece
vedere la Discendenza finale delle coorti Tt-x (somma longitudinale – lungo le diagonali da sinistra a
destra -) l928-1944, feconde, a durate diverse, negli anni di osservazione.
La fecondità Tt-x delle coorti 1928-1944 ha un andamento prima decrescente e poi crescente.
L’indice sintetico del momento T(t) manifesta soltanto questa seconda tendenza e l’accentua,
registrando anche qualche oscillazione. Poiché la storia feconda delle coorti è nota, possiamo però
calcolare per ciascuna i valori t-xα(x) e determinare in ogni anno il corrispondente cd(t). E’ quanto
appare nel prospetto IX.6.
Prospetto IX.6 – Σt-xα(x) nelle coorti 1928-1934 e cd(t) negli anni 1934-1944.
cd(t) 0,987 0,995 1,02 1,01 1,02 1,02 0,960 0,937 1,01 1,06 1,11
Durata
x
6 0,007 0,009 0,007 0,006 0,007 0,006 0,005 0,005 0,006 0,005 0,005
5 0,066 0,064 0,066 0,065 0,064 0,062 0,058 0,056 0,060 0,062 0,060
4 0,152 0,153 0,158 0,155 0,155 0,154 0,145 0,147 0,164 0,166 0,162
3 0,229 0,232 0,240 0,235 0,237 0,240 0,224 0,221 0,244 0,250 0,252
2 0,267 0,269 0,274 0,276 0,280 0,285 0,270 0,262 0,279 0,289 0,311
1 0,216 0,218 0,221 0,223 0,228 0,225 0,212 0,203 0,211 0,234 0,259
0 0,050 0,050 0,050 0,051 0,052 0,052 0,046 0,043 0,043 0,050 0,061
ΣαΤ(x) 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00
t 1928 1929 1930 1931 1932 1933 1934 1935 1936 1937 1938 1939 1940 1941 1942 1943 1944
Il prospetto [IX.6] va letto come quello precedente. Ogni valore relativo rappresenta il rapporto tra
le nascite ridotte osservate in un dato anno t e ad una data durata x e l’intensità finale della coorte
148
formatasi in T=t-x. Ad esempio i valori 0,267 – osservato nell’anno 1934 a durata 2 e – 0,158 –
osservato a durata 4 nel 1936 – derivano rispettivamente dai rapporti
448 265
e
1679 1679
(*) L’anno di formazione della coorte non corrisponde all’anno di osservazione. Questo spostamento temporale è
giustificato dal fatto che secondo il modello di traslazione di Ryder, il Tasso Totale di un anno t può essere confrontato
con quello della coorte che si forma nell’anno T = t-ā. Nel nostro caso la durata media ā è molto vicina a 3 in tutte le
coorti e, di conseguenza i T(t) verranno accostati ai Tt-3.
I valori della prima riga del prospetto, cd(t), sono le somme trasversali di tali rapporti; la
penultima riga riporta, invece le somme longitudinali, ovviamente sempre uguali a 1,0. I valori di
cd(t), sempre ≠ 1, hanno un andamento temporale che rispecchia molto da vicino quello di T(t). Ciò
a riprova della forte influenza del “fattore cadenza” sul livello degli indici per contemporanei.
Useremo, pertanto, i cd(t) per correggere T(t): i valori e le operazioni sono riportati nel
Prospetto [IX.7].
E’ evidente che l’andamento temporale di Dc(t) rispecchia quello di TT molto più da vicino
di quanto non faccia T(t).
Non è facile, tuttavia, calcolare Dc(t). E’, infatti, necessario determinare preliminarmente
cd(t) e a tal fine occorre conoscere l’intensità finale delle coorti formatesi in un intervallo temporale
molto ampio: se il periodo di osservazione va dall’anno t all’anno t+a e se il processo studiato si
manifesta tra le durate α e β, le coorti in gioco sono quelle che si formano nell’intervallo (t-b)-(t+a-
α). Prendiamo, ad esempio, la fecondità generale della donna che si manifesta tra le età α = 15 e
β = 49 anni compiuti: se l’osservazione trasversale copre gli anni prima considerati, 1934-1944, per
calcolare cd(t) occorre conoscere (o aver stimato) la discendenza delle coorti formatesi tra il 1884 e
il 1929 ed avere, dunque, la “disponibilità” degli eventi ridotti manifestatesi negli anni 1884-1979.
149
CAP. X - Analisi della mortalità per contemporanei.
Si è visto nel Cap.VII che in una prospettiva atemporale e da un punto di vista formale,
l'osservazione trasversale, o del momento o per contemporanei – quella che, come ben si sa,
riguarda specificatamente un anno di calendario - é del tutto analoga a quella che si ottiene
all'interno di una coorte. Abbiamo prima esaminato il caso della fecondità generale della donna:
in principio nulla, ovviamente, cambia nello studio della mortalità. Poiché in ciascun anno e per
ciascun sesso rileviamo dalle statistiche ufficiali
esistono gli elementi necessari per costruire – attenendosi, in linea di massima, a quanto illustrato
nel Cap. VI - le misure che conducono alla costruzione di una Tavola di mortalità del momento da
riferirsi ad una coorte fittizia, il cui significato è già stato chiarito in precedenza. Tali misure
corrispondono, ovviamente, alle probabilità di morte: calcolando, secondo i criteri che verranno
mostrati tra breve, per ciascuna delle età comprese tra 0 e ω le qx, ciascuna afferente ad una delle ω
coorti osservate ad una specifica età, le potremo impiegare, seguendo gli stesi criteri illustrati per le
coorti, per descrivere l’eliminazione per morte di un contingente iniziale di l0 = 10n individui.
Poiché l’eliminazione riguarda una coorte fittizia, la tavola di mortalità del momento assume,
peraltro, i caratteri di un “modello”. Dunque, nonostante le strette analogie formali con la tavola di
coorte, la tavola di mortalità del momento dovrà essere, più appropriatamente, definita come un
“modello” attraverso il quale si descrivono le modalità di eliminazione di un ipotetico contingente
di nati sottoposto al regime di mortalità esistente in un dato momento del calendario e rilevato
attraverso le condizioni di mortalità osservate nelle diverse (ω) coorti effettive durante il periodo
cui si fa riferimento.
Ripetiamo che, sotto il profilo formale, la costruzione delle tavole di mortalità trasversali è
identica a quella delle tavole longitudinali. Anche in questo caso costruiremo la tavola attraverso
successive combinazioni alla radice della tavola l0 = 10n delle probabilità di morte qx, calcolate sui
dati provenienti da un’osservazione continua. L’elemento essenziale per la costruzione della tavola
è sempre qx – e a maggior ragione adesso, poiché nel “modello” trasversale tale funzione è l’unica
realmente osservabile tra quelle che definiscono una tavola di mortalità. Di conseguenza, le
funzioni fondamentali e le relazioni formali che le legano hanno la stessa definizione e la stessa
formulazione di quelle viste in precedenza per le Tavole di coorte: non si renderà ora necessaria,
pertanto, una specifica presentazione.
Delle Tavole di mortalità del momento si fa largo uso, specie in campo attuariale per la
determinazione dei premi nelle Assicurazioni Vita, cosi come sono assai frequentemente utilizzati,
nelle sedi più varie, gli indici sintetici che da esse provengono. C’è da chiedersi, tuttavia, alla luce
di quanto si è illustrato nel Cap. VIII, se queste scelte siano corrette e accettabili e quali motivi
inducano, comunque, gli interessati a farne impiego. Una prima ragione è essenzialmente di
carattere pratico: la tavola di mortalità di coorte richiede molti anni di osservazione per poter essere
costruita e, in ogni caso, si riferisce a contingenti che sono entrati nella popolazione in epoche
molto lontane: gli indici sintetici che la riguardano eo0 oppure eo10 (preferibile, talvolta ad eo0
perché non risente della mortalità infantile) sono rappresentativi di un’esperienza vitale e sanitaria
molto lontana da quella attuale, che invece interessa conoscere non solo in ottica demografica, ma
150
spesso per finalità di politica sanitaria o economico-sociale. Le tavole di coorte sono uno strumento
di grande rilevanza conoscitiva negli studi rivolti a disegnare l’andamento evolutivo della
sopravvivenza (in ciò sfruttando eventualmente anche tavole non complete afferenti alle coorti più
recenti), ma non sono in grado di fornire indicazioni su situazioni “contemporanee”: evidentemente
questo scopo è alla diretta portata della tavola di una coorte fittizia. Un secondo motivo – che, di
fatto, sostiene sul piano della significatività analitica le descritte “ragioni di necessità” – è dato dal
fatto che le “distorsioni”. sempre presenti nelle misure trasversali (Cap. VII), influiscono sugli
elementi della tavola del momento in maniera molto attenuata e – per certi aspetti - “dominabile”.
Intanto, in una tavola di eliminazione del momento non può esistere un effetto struttura poiché la
tavola stessa deriva da successive combinazioni alla radice della tavola delle probabilità di morte qx,
nel cui calcolo si sconta il differente ammontare delle coorti osservate nell’anno. Quanto all’effetto
intensità, essendo quest’ultima, per ogni coorte osservata, sempre uguale ad 1, ha, come si è visto
un’influenza nulla. Sull’effetto cadenza, le conclusioni potrebbero essere più complesse: si ricordi,
peraltro che, pur avendo l’indicatore sintetico eo0 una variabilità molto ampia, i cambiamenti della
cadenza della mortalità hanno di norma un andamento monotono – salvo circostanze eccezionali ad
esempio di tipo epidemico - e sempre unidirezionale volto verso lo spostamento della morte verso
età più avanzate. In sostanza la Tavola di mortalità di una coorte fittizia non appare colpita da
distorsioni tali da vietarle di essere rappresentativa delle condizioni igienico-sanitarie del
momento.
Ciò che si richiede alla tavola riferita ad una coorte fittizia è che rispecchi fedelmente le
condizioni di mortalità per età proprie di un certo anno o di un certo periodo. Ricordando quanto
mostrato nel Cap. III illustrando la collocazioni degli eventi, degli individui e delle misure sul
diagramma di Lexis, sarà immediatamente chiaro che gli eventi per età si collocano all’interno dei
B C F
x+1
II-xD2(x)
I-xD2(x)
II-xIE2(x)
I-xP’ II-xD1(x)
I-xIE2(x)
II-xIE1(x)
II-xP
x
I A D
II
Diagramma X.1
quadrati nel corridoio perpendicolare all’asse delle ascisse e, pertanto, derivano da due coorti
contigue. In figura XI.1 questa caratteristica appare in tutta la sua evidenza: i decessi dell’anno II
151
all’età x provengono in parte dalla coorte formatasi nell’anno II-x e in parte da quella formatasi
nell’anni I-x. I criteri di determinazione della probabilità di morte all’età x, pertanto, non sono
immediatamente riconoscibili perché i decessi che si collocano nel triangolo (ABC) derivano dai
viventi in (AB) (esposti al rischio) e quelli del triangolo (ACD) dai sopravviventi in (AD), mentre px
deve esprimere il rischio proprio a quell’età nell’anno considerato. La soluzione del problema è
legata al tipo di classificazione con cui i dati sono forniti dalla statistica ufficiale. Possono darsi due
casi:
- I decessi sono forniti secondo la duplice classificazione (età alla morte e anno di
nascita).
- I decessi sono forniti solo per età alla morte.
Nel primo caso possiamo separare i decessi subiti dagli individui appartenenti alla
coortedell’anno I-x e prodottisi nell’anno II, I-xD2(x), da quelli relativi ai membri della coorte
dell’anno II-x avvenuti alla stessa età nell’anno II, II-xD1(x). Gli esposti al rischio per i primi decessi
I-xD2(x) sono i soggetti del contingente di viventi I-xP’(x) e quelli dei secondi saranno i
sopravviventi all’età esatta x II-xP(x). Con tali dati potremo calcolare due probabilità parziali
2
= I − x D2 (x ) [X.1] e II − x q x1 = II − x D1 (x ) [X. 2]
I − x qx
I − x P ′ - (0,5)⋅I − x IE 2 (x ) II − x P - (0,5)⋅II − x IE1 (x )
( )( )
q x = 1 − 1− I − x q x2 ⋅ 1− II − x q x1 = I − x q x2 + II − x q x1 − I − x q x2 ⋅II − x q x1 =
[X.3]
(
= I − x q x2 + II − x q x1 ⋅ 1− I − x q x2 )
e poiché la quantità I − x q x2 ⋅II − x q x1 è in genere molto piccola (sempre < 1), si può – almeno in certe
2
( )
età – trascurare il fattore di correzione 1− I−x q x , per cui la probabilità cercata diventa
semplicemente
q x = I − x q x2 + II − x q x1 [X.4]
Vediamo subito un esempio. Supponiamo di aver tratto dagli Annuari di Statistiche Demografiche i
seguenti dati
152
Anno di Anno Decessi Saldo
Età formazione di D(x) Migratorio
dellaCoorte osservazione IE(x)
10 1962 1973 79 10
10 1963 1973 116 7
11 1962 1973 92 8
11 1961 1973 100 10
B C F
x+1
448860
D=92
D=100
493879
IE=10
IE=8
x
1972 A D
1973
Diagramma X. II
2 D(ABC) 92
q11 = = = 0,0001862
P (AB) − (0,5) ⋅ IE (ABC) 493879 - 5
1 D(ACD) D(ACD)
q11 = = =
P (AD) − (0 ,5) ⋅ IE (ACD) [P (CD ) − D(ACD ) − IE (ACD)] − (0 ,5) ⋅ IE (ACD)
100
= = 0 ,0002227
(448860 + 100 − 8) − (0,5) ⋅ 8
quindi la probabilità a 11 anni nel 1973 sarà
oppure, visto che il “fattore di correzione” non può che assumere valori bassissimi:
153
q11 = 0 ,0002227 + 0 ,0001862 = 0 ,0004089
Nel secondo caso, piuttosto che ricorrere a formule che sfruttano, al di là del lecito, l’ipotesi
di linearità, considerando, ad esempio, i sopravviventi in (AD) come i reali “esposti al rischio”
rispetto ai decessi in (ABCD), conviene ricorrere al calcolo di semplici tassi specifici di mortalità
secondo la formula [VI.22] dai quali poi risalire alle probabilità di morte con la [VI.25].
Nell’esempio avremo:
192
t (11) = = 0 ,0004073
471369 ,5
che presuppone linearità soltanto all’interno del quadrato (ABCD), da cui si risale a
2 ⋅ 0 ,0004073
q11 = = 0 ,0004072
2 + 0 ,0004073
154
valore molto vicino a quello precedentemente trovato.
Riportiamo nel prospetto X.1 un estratto di una recente Tavola di mortalità costruita
dall’Istituto Nazionale di Statistica, relativo alle età iniziali e finali della vita e al solo sesso
femminile, in cui si riportano alcune delle principali funzioni, come premessa ad altri problemi che
verranno affrontati nel successivo paragrafo.
Anche in un’ottica trasversale le tavole di mortalità sono lo strumento analitico migliore per
descrivere le caratteristiche dinamiche (per età, sesso, in tempi diversi) della mortalità e della
sopravvivenza di una popolazione, ma non ne fornisce certamente un quadro sintetico: essa si
estende, infatti, all’intero arco dell’esistenza e si riferisce, pertanto, ad oltre 100 classi di età
(precisamente 104 nell’esempio prima riportato). Gestire a scopi analitici e, soprattutto, comparativi
la grande quantità di informazioni fornite dalla tavola di mortalità può risultare, in tal senso,
un’operazione assai complessa.
Per facilitare la soluzione di tali problemi si può procedere a “riassumere” la tavola stessa
costruendo una tavola di mortalità abbreviata (o ridotta), riferendo le varie funzioni a classi
pluriennali di età, anziché a classi annuali.
Nel fissare l’ampiezza delle classi di età (i criteri sono, in definitiva, sempre soggettivi)
conviene tener conto di alcuni importanti elementi:
- per motivi facilmente intuibili è opportuno che le classi di età siano di ampiezza uniforme
o che, in ogni caso, classi di varia ampiezza siano multiple fra di loro;
- tanto più ampia è la classe di età, tanto meno precise e significative sono, in generale, le
conoscenze che si traggono sulla mortalità: diviene, inoltre, meno semplice determinare il tempo
medio di sopravvivenza dei deceduti nell’ultimo intervallo;
155
- la mortalità nel primo anno di vita ha un andamento, un livello e delle determinanti affatto
particolari che impongono, comunque una separata evidenza. Di conseguenza l’uso più diffuso è
quello di optare per i raggruppamenti che compaiono nella tavola del prospetto X.2, sintesi di quella
completa precedentemente vista per il solo sesso femminile.
Segnaliamo, per inciso, che si può far ricorso ad una tavola abbreviata non solo per esigenze
di sintesi, ma anche a causa dell’indisponibilità di adeguate statistiche sui decessi, tali cioè da
consentire il calcolo di probabilità di morte rigorosamente riferite a classi di età annuali. Accade
sovente che in vari contesti territoriali (soprattutto nei paesi in via di sviluppo) e per motivi diversi,
su cui non è il caso di soffermarsi, la statistica ufficiale fornisca, nel migliore dei casi, una
classificazione dei decessi che si articola in classi di età pluriennali. In questi casi l’analisi
demografica è in grado di superare le difficoltà inerenti solo ricorrendo a modelli più o meno
complessi di calcolo delle probabilità di morte, che non conviene qui affrontare.
Tornando alla tavola abbreviata per motivi di sintesi descrittiva, possiamo affermare che
essa poggia sugli stessi principi che sostengono una tavola completa: solo l’unità di tempo cambia,
ma le relazioni al suo interno vanno adattate a questa nuova dimensione.
Facciamo riferimento alle due tavole prima presentate e precisiamo i criteri che conducono
al passaggio dalla prima alla seconda. Ovviamente alle età esatte corrispondenti i valori degli lx non
mutano – come si può facilmente controllare -: trarremo allora dalla successione degli lx , secondo
le relazioni note, la distribuzione delle altre due funzioni fondamentali, i decessi e le probabilità di
morte. La serie dei decessi sarà, pertanto: d(0) = l0 – l1; d(1,4) = l1 – l5 e, in genere, per gli intervalli
quinquennali, d(x,x+4) = lx – lx+5. Quanto alla serie delle probabilità di morte avremo:
d (0) d (1,4) d (x , x + 4 )
q0 = ; 4 q1 = ; 5 qx =
l0 l1 lx
in generale
d [x , x + (a − 1)]
a qx = [X. 5]
lx
Così formulata, la probabilità condizionata di morte aqx misurerà il rischio per una persona
sopravvivente all’età esatta x di morire nei successivi a anni e, complementariamente definiremo
apx (= 1- aqx) quella di sopravvivere per ulteriori a anni.
Per il calcolo degli anni vissuti nell’intervallo pluriennale è bene riflettere più attentamente
sulla formulazione fornita nel Cap. VII con la formula [VII.12] che prevedeva perfetta linearità
degli eventi . Di fatto nell’ intervallo pluriennale (per il quale la linearità è tutta da verificare1)
contabilizzeremo:
- a anni vissuti da ogni membro appartenente alla classe che, sopravvivente in x, è ancora
invita in x+a, per un totale di a·[lx – d(x-a-1)] anni;
- a frazioni aδx di anno vissute da ogni deceduto nell’intervallo, per un totale di anni pari a
a·aδx · d(x-a-1).
156
Qualora – o nelle tranches di vita in cui – fosse possibile supporre una distribuzione lineare dei
decessi all’interno delle classi pluriennali2, potremmo adottare in analogia con la [VII.12],
l’espressione
d (x, x + a − 1)
a mx = [X.8]
a ⋅ [l x − d (x, x + a − 1)+ a δ x ⋅ d (x, x + a − 1)]
a ⋅a m x
a qx = [X.9]
1 + (1− a δ x ) − a⋅a mx
2 ⋅ a ⋅a m x
a qx = [X.10]
2 + a ⋅a m x
T
eo x = x [X,12]
lx
5 ⋅ (l x + 5 + l x +10 + ⋅ ⋅ ⋅ + lω − 5 )
eox = 2,5 + [X.13]
lx
2
Abbiamo già segnalato che nella classe compiuta di 0 anni tale linearità è ben lontana dal verificarsi. In generale, con
lo spostarsi della morte ad età sempre più anziane, la linearità in classi quinquennali è verificata per un lungo segmento
della vita.
157
- il valore di 5Lx – e, in generale, di aLx – non corrisponde in nessun caso alla somma degli
Lx della tavola completa che cadono nel gruppo quinquennale considerato e, di conseguenza, anche
i valori di Tx della tavola abbreviata non coincidono con quelli della tavola completa: ciò implica un
differente valore di eox nei due casi;
- anche se si è, a buon diritto, supposto che δx =½ per ogni singolo anno all’interno di un
certo intervallo, non necessariamente avremo aδx =½ per l’intero intervallo; infatti, il valore della
frazione aδx dipende dalla tendenza della mortalità lungo tutto l’intervallo e non dalla mortalità in
ogni singolo anno di età: quando la mortalità cresce con l’età nel gruppo poliennale avremo aδx >½,
mentre se la mortalità decresce sarà aδx <½.
X.4.1. Definizioni.
Il rischio di morte nel primo anno di vita – come si è spesso detto – ha caratteristiche
peculiari, quanto a intensità e andamento, tali da richiedere un’attenzione ed una misurazione
specifiche. La mortalità infantile è un fenomeno complesso ed eterogeneo che, pur manifestandosi
tra i bambini nati vivi che non hanno ancora compiuto il primo anno di vita, ha delle forti
connessioni con le condizioni di sopravvivenza che vengono maturando durante il periodo di
gestazione e, nel contempo, tende ad assumere intensità e caratteri nosologici assai differenziati
man mano che ci si allontana dal momento della nascita. Specie nelle società contemporanee
sviluppate, dove la popolazione gode ormai, nel primo anno di vita, di rischi di morte estremamente
bassi – probabilità di morte comparabili si ritrovano solo dopo i 60 anni -, un’analisi rivolta alle
manifestazioni della mortalità globalmente registrate dopo che una gravidanza è giunta
positivamente a termine, trascurando intervalli precedenti il primo compleanno, importanti per i
forti legami con lo sviluppo della fase gestatoria, può risultare spesso di significato assai limitato.
Mortalità Mortalità
neonatale post-neonatale
Mortalità perinatale
Mortalità feto-infantile
Diagramma X. 3
158
fetale); la conclusione della 28a settimana di gestazione individua convenzionalmente il limite al di
là del quale si presume la vitalità del feto3: pertanto, i bambini vitali che alla nascita non hanno
palesato segni riconoscibili di vita sono considerati nati morti4 e danno origine al fenomeno della
natimortalità; nelle prime quattro settimane di vita si individuano i decessi che danno origine alla
mortalità neonatale e si tende a separare dagli altri quelli prodottisi nella prima settimana definendo
una mortalità neonatale precoce; infine i decessi di bambini avvenuti dopo la quarta settimana di
vita (o dopo il primo mese) riguardano la mortalità post-neonatale. La logica di questa
schematizzazione poggia, oltre che sull’esistenza di differenti livelli del rischio di morte nel
succedersi dei sottoperiodi, sulla natura delle cause di morte in essi prevalenti e sulla differente
evoluzione temporale che le contraddistingue. Così la mortalità post-neonatale è dovuta
essenzialmente alle malattie di tipo infettivo e alla malnutrizione dei neonati, a fattori, cioè, di
contesto spesso indicati come cause esogene di decesso infantile, vulnerabili di fronte a misure di
ordine medico-sociale: di fatto, essa ha fatto registrare una caduta spettacolare nel corso dell’ultimo
mezzo secolo, con la diffusione dello sviluppo e del maggior benessere (accentuato miglioramento
del livello di vita, generalizzazione dell’accesso all’istruzione - in particolare per le donne –
miglioramento della nutrizione e dell’igiene pubblica e privata). Per contro la mortalità neonatale, e
più ancora quella neonatale precoce, dipende da un insieme di cause quali le malformazioni
congenite, i traumi della gravidanza e del parto, l’immaturità del neonato, tradizionalmente indicate
come cause endogene, soprattutto sensibili ad interventi di ordine più strettamente medico
(individuazione e prevenzione delle anomalie, miglioramenti nelle tecniche ostetriche e nelle cure
neonatali): essa ha subito una diminuzione più recente, meno sensibile e più lenta. Queste cause
sono all’origine anche della natimortalità e la comune eziologia consiglia sovente di studiare
congiuntamente i nati morti e le morti infantili della fase neonatale – in particolare di quella precoce
– nell’ambito della mortalità perinatale. Attualmente nei paesi sviluppati la mortalità perinatale
rappresenta la quota decisamente più rilevante del fenomeno più globale della mortalità feto-
infantile.
Anche se, ovviamente, nulla vieta di affrontare lo studio della mortalità infantile nell’ambito
di una coorte. Il fatto che, salvo rare eccezioni, le informazioni statistiche dettagliate sulle morti nel
primo anno di vita vengono fornite di anno in anno in funzione di un solo elemento temporale -
l’età alla morte espressa in giorni, settimane e mesi -, senza indicazione dell’anno di nascita, fa sì
che la sua analisi sia normalmente condotta in prospettiva trasversale.
La doppia classificazione (età annuale ed anno di nascita), anch’essa, comunque disponibile
quando si debba costruire una tavola di mortalità, consentirebbe di individuare con estrema facilità
la probabilità di morire nel primo anno di vita (si veda il diagramma X.4): all’interno di una coorte
formatasi nell’anno T essa sarebbe data semplicemente dall’espressione
DT (0)
q0 = ⋅10 n [X.15]
N T − δ 0 ⋅ ie (0 )
3
Con tale termine – che corrisponde alla traduzione letterale del francese viabilité - ci si riferisce qui al complesso di
condizioni necessarie a distinguere un nato morto da una morte fetale.
4
La definizione internazionalmente accettata dice che è da considerare nato vivo ogni prodotto del concepimento che,
separatosi dall’utero, dia un qualunque segno di vita (battito del cuore, pulsazione del cordone ombelicale, movimento
dei muscoli volontari), qualsiasi sia la durata della gravidanza. Da questa definizione può ben vedersi la difficoltà e
l’esilità del confine che separa la nascita di un bambino morto (nato morto), pertanto inerte e senza segni di vita al
momento dell’espulsione, e la nascita di un bambino vivo, che dia labile segno di vita subito seguito da morte.
159
B C D
DT(0)
ie(0)
A NT F E
Diagramma X.4
D(ACDF)
q0 = [X.15.1]
N (AF) − δ 0 ⋅ ie (ACDF)
(si ricordi che nel gruppo di età 0-1 è da escludersi un’ipotesi di linearità) o, se si trascurano, come
normalmente si fa, gli eventi perturbatori,
D(ACDF) n
q0 = ⋅10 [X.16]
N (AF)
q0
m0 =
1 + (1 − δ 0 ) ⋅ q0
.
In una prospettiva trasversale, i problemi si complicano un poco: il diagramma X. 5a è assai
chiaro in proposito. La prassi vuole che il tasso di mortalità infantile in un anno t (l’indice
correntemente usato) sia
1 B C E
1
D2(0)
D(0)
D1(0)
(a) (b)
Diagramma X. 5
160
D(0, t ) n
m 0 (t ) = ⋅10 [X.16]
N (t )
D(FCDE ) n
m 0 (t ) = ⋅10
N (FE )
(che, anche in questa espressione si avvicina più a un concetto di probabilità che a quello di tasso).
Ma nell’anno t = T+1, i bambini deceduti a 0 anni compiuti provengono in parte dai nati
della coorte T [D(FCD)] e in parte dalla coorte di nati nell’anno T+1 [D(FDE)] e il tasso così
calcolato conduce ad una distorsione nella misura della mortalità infantile, se le nascite delle due
coorti coinvolte è non trascurabilmente differente e se differenti sono, nelle due coorti, il livello e la
cadenza (nel ciclo annuo) del processo.
Nel caso fortunato in cui si disponga della duplice classificazione temporale dei decessi in
conformità con la figura X.5.b si potrebbe calcolare il tasso di mortalità infantile come
⎡ D (0, t ) D1 (0, t ) ⎤ n
m 0 (t ) = ⎢ 2 + ⋅10 [X.16.1]
⎣ N (t − 1) N (t ) ⎥⎦
che tiene conto del variare dell’ammontare delle nascite e fornisce una misura esatta della mortalità
infantile nell’anno considerato se il rischio di morte nel primo anno vita non varia tra le due coorti;
o meglio, si può ricorrere ad una soluzione che parta dalla probabilità secondo la [X.3]
D(0, t )
m 0 (t ) = ⋅ 10 n [X.17]
α ′′N T + α ′N T +1
La cadenza della mortalità infantile varia, come si diceva, a seconda del suo livello: più
bassa è la mortalità, più importante è la quota di decessi che si producono poco dopo la nascita. Ciò
dipende dal peso esercitato sulla mortalità complessiva del primo anno di vita dalle componenti
post-neonatale e neonatale (in sostanza le cause di morte esogene e quelle endogene). Infatti, il
passaggio da alti a bassi livelli di mortalità infantile verificatosi, come si ricordava, nel mondo
sviluppato è da porre in relazione soprattutto con le vittorie conseguite nella lotta contro le cause di
morte esogene connesse ai fattori di contesto e, quindi, dall’enorme riduzione del peso esercitato
dalla mortalità post-neonatale. Il conseguente aumento della sopravvivenza infantile ha così visto le
morti concentrarsi nei primi giorni della vita. Nel prospetto X.3 si riportano i coefficienti α" e α' da
161
usarsi (secondo le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) in corrispondenza di 6
livelli di mortalità infantile.
Prospetto X. 3
Livello della mortalità Proporzione dei decessi provenienti dalle nascite
infantile dello stesso anno di osservazione dell’anno precedente
(per 1000) (coefficiente α') (coefficiente α")
200 0,60 0,40
150 0,67 0,33
100 0,75 0,25
50 0,80 0,20
25 0,85 0,15
15 0,95 0,05
Possiamo ora confrontare i risultati che si ottengono utilizzando i vari metodo proposti. Si abbiano i
dati presentati nella tabella che segue:
I risultati dei calcoli sono esposti nel prospetto X.5 che segue in cui è stata esplicitamente indicata
la formula utilizzata.
Emerge chiaramente dal prospetto X. 5 che, più basso è il livello di mortalità infantile,
maggiore è la vicinanza tra i risultati ottenuti coi vari metodi. I maggiori distacchi si registrano nel
1946, quando i contingenti di nati coinvolti erano tra loro eccezionalmente differenti: solo la
formula [X.16.1] fornisce un risultato veramente “soddisfacente”, mentre la [X.16] – la formula più
correntemente adottata – sottostima fortemente il livello di mortalità infantile risentendo in maniera
pesante dell’anomalia presente nelle nascite.
Nei paesi con sistemi di rilevazioni statistiche avanzati è, tuttavia, ormai correntemente
disponibile, di anno in anno, la ripartizione dei decessi infantili per età alla morte espressa in mesi e
in giorni e insieme a questa l’informazione relativa ai nati-morti. Si può in questi casi rispettare la
schematizzazione delle componenti della mortalità infantile illustrata nel paragrafo precedente e
162
Prospetto X. 5 – Calcolo del tasso di mortalità infantile nel 1946 e nel 1954
Tasso di Confronto col
Formula Calcolo mortalità valore
infantile Esatto (*)
(per 1000)
Anno 1946
[X.16] 16159 + 44541
843900 71,93 91,86 (-8,14)
16159 44541
[X.16.1] + 77,75 99,29 (-0,71)
647000 843900
[X.16.2] e 16159 44541 ⎛ 16159 ⎞ 78,30 Valore esatto
+ ⋅ ⎜1 − ⎟
[VII.18] 647000 − 47351 843900 ⎝ 647000 − 47351 ⎠
16159 + 44541
[X.17] 76,38 97,55 (-2,45)
0 ,75 ⋅ 843900 + 0 ,25 ⋅ 647000
Anno 1954
[X.16] 8196 + 21286
807208 36,52 99,91 (-0,09)
8196 21286
[X.16.1] + 36,60 100,24 (+0,24)
801152 807208
[X.16.2]e 8196 21286 ⎛ 8196 ⎞ 36,55 Valore esatto
+ ⋅ ⎜1 − ⎟
[VII.18] 801152 − 21124 807208 ⎝ 801152 − 21124 ⎠
8196 + 21286
[X.17] 36,56 100,11 (+0,11)
0 ,82 ⋅ 807208 + 0 ,18 ⋅ 801152
costruire le misure che di seguito sinteticamente vengono indicate (con l’età espressa in giorni
compiuti):
■ tasso di mortalità neonatale precoce: è il rapporto tra i deceduti nella prima settimana di
vita dell’anno t – D(0,6;t) – e i nati vivi – N(t) – dell’anno stesso
D(0,6; t )
[X. 18]
N (t )
■ tasso di mortalità neonatale: è il rapporto tra i decessi occorsi nelle prime quattro
settimane di vita dell’anno t – D(0,27;t) - e i nati vivi di quell’anno
D(0,27; t )
[X. 19]
N (t )
■ tasso di mortalità post-neonatale: è il rapporto tra i decessi occorsi tra il 29° e il 365°
giorno di vita nell’anno t - D(28,364;t) – e i nati vivi al netto dei decessi neonatali
D(28,365; t )
[X. 20]
N (t ) − D(0,27; t )
163
che più spesso si calcola rapportandolo ai soli nati vivi
D(28,365; t )
[X.20.1]
N (t )
per favorire la relazione addizionale che consente di ricostruire il tasso di mortalità infantile
■ tasso di natimortalità: è il rapporto tra i nati morti dell’anno t – NNM(t) – ai nati in totale
(vivi e morti) di quell’anno
DNM (t )
[X. 22]
N (t ) + DNM (t )
■ tasso di mortalità perinatale: è il rapporto tra i nati morti con i decessi neonatali dell’anno
t - DNM(t)+ D(0,27;t) – e le nascite totali di quell’anno
DNM (t ) + D(0,27; t )
[X. 23]
N (t ) + DNM (t )
DNM (t ) + D(0,6; t )
[X. 24]
N (t ) + DNM (t )
■ tasso di mortalità feto-infantile: è il rapporto tra tutti i decessi avvenuti dalla 28° settimana
di gestazione al compimento del primo compleanno - DNM(t)+ D(0,364;t) – e il complesso dei nati
DNM (t ) + D(0,364; t )
[X. 25]
N (t ) + DNM (t )
I dati del prospetto X.6 consentono di calcolare gli indici proposti in questo paragrafo: si
riferiscono alla Norvegia (1978) e sono tratti da uno studio comparso nel tra le pubblicazioni
dell’Organizzazione Mondiale della sanità (1985):
234
Tasso di mortalità neonatale precoce: = 4,5o / oo
51.749
164
286
Tasso di mortalità neonatale: = 5,5o / oo
51.749
445 − 286
Tasso di mortalità post-neonatale: = 3,1o / oo
51.749 − 286
346
Tasso di natimortalità: = 6,6 o / oo
51.749 + 346
346 + 286
Tasso di mortalità perinatale: = 12,1o / oo
51.749 + 346
445
Tasso di mortalità infantile: = 8,6 o / oo
51.749
346 + 445
Tasso di mortalità feto-infantile: = 15,2 o / oo
51.749 + 346
Se questi risultati, ricollocati nello schema temporale della mortalità infantile del diagramma
X. 6, fossero riferiti ad una coorte (fittizia) conteremmo per 1007 bambini di cui si presume la
viabilità:
Per avere una visione più dettagliata e precisa della mortalità infantile può essere utile
costruire tavole di mortalità del primo anno di vita, calcolando delle probabilità di morte per giorno
di vita nella prima settimana, per settimana durante le successive tre settimane e poi per mese
“medio” di 30,64 giorni [(1/11)·(365-28) = 30,64]. I dati necessari per questi calcoli sono, peraltro,
assai raramente disponibili.
165
28° settimana Nato 7° giorno 28° giorno 365° giorno
di gestazione vivo
Natimortalità Mortalità
neonatale
6,6 ‰ precoce
4,5 ‰
Mortalità Mortalità
Neonatale post-neonatale
5,5‰ 3,1‰
Mortalità perinatale
11,1‰
Mortalità infantile
8,6‰
Mortalità feto-infantile
15,2‰
Diagramma X. 6
166
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Copyright © 2005
Antonio Santini