Riassunto Libro Gli Ortodossi Di Enrico Morini
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I patriarcati e le autocefalie
4 I grandi antagonismi
I latini
L’Islam
Al di sopra delle cupole dorate (caratteristiche di Mosca) , la croce
ortodossa a otto punte, si erge su una mezzaluna. Non si tratta di una
commistione sincretistica sacra cristiana e musulmana, ma (secondo
un’interpretazione accreditata) del trionfo della croce di Cristo sulla
mezzaluna islamica e storicamente parlando si può attribuire questa
simbologia alla liberazione della Russia dal dominio tartaro nel 1554. La
conflittualità di carattere endemico iniziò quando le tribù arabe
arrivarono presso i confini dell’impero ricostruito da Eraclito. Cipro,
Bosnia, Kosovo, Macedonia e Cecenia sono le frontiere attuali di questo
attuale drammatico e millenario conflitto. Quando l’esercito arabo
comparve sui limiti del deserto per entrare poi nelle metropoli cristiane
dell’oriente cristiano (Damasco,Antiochia,Gerusalemme e Alessandria
d’Egitto) la prima impressione fu quella che si trattava di una cultura
antitetica e successivamente percepita come l’insieme di tutte le eresie
cristiane.
Per questa sua valenza religiosa la guerra tra cristiani ortodossi e
musulmani ebbe sempre qualche caratteristica di guerra santa; nella
mentalità ortodossa, alla sua nascita vi era il categorico rifiuto di
conciliare assieme attività di guerra e sfera del sacro. Nel corso del X
secolo si può notare una profonda ritualizzazione della vita militare in
senso liturgico-sacramentale; la giornata della truppa è scandita dalla
pregiera quasi come i ritmi monastici, la battaglia è preceduta da un
digiuno di tre giorni concluso dalla comunione collettiva e il
combattimento è caratterizzato dall’urlo di guerra che evoca la vittoria
della croce (ricordando la Battaglia di Ponte Milvio a Roma). Le guerre
seguono una procedura rituale; normalmente la dichiarazione di guerra
consisteva in una lettera inviata dal califfo all’imperatore romano a
convertirsi alla fede islamica denunciando le stoltezze della fede
cristiana. L’imperatore rifiutava con sdegno accompagnando il rifiuto con
il tentativo di dimostrare la superiorità della cristianità tramite degli
stereotipi.
L’eroe di una divulgatissima epopea epica Digenis Akritas, ambientato
tra IX e X secolo nell’aerea geografica a contatto tra il mondo arabo e
l’impero romano d’oriente, è un akritas ossia un soldato di frontiera, figlio
di un emiro arabo convertito e della figlia di un generale greco (e quindi
di doppia stirpe) ed è un cristiano fervente. Tutto ciò sta a significare il
trionfo del cristianesimo sull’islamismo e la divulgazione nella versione
slava ha conferito una valenza panortodossa.
Del resto la dimensione plurietnica nel segno di un’uniformità religiosa
era una caratteristica comune per entrambe le due superpotenze : la
progressiva conquista dell’impero romano d’oriente da parte dell’esercito
arabo fu accompagnata dalla massiccia conversione all’Islam e anche
laddove (nell’impero ottomano) l’identità religiosa sarà preservata, il
sistema dei millet (unità religiosa alle quali era garantita l’autonomia)
diventerà fattore d’impermeabilità sociale. Il millet cristiano-ortodosso
aveva il proprio referente nel patriarca di Costantinopoli garante verso il
sultano del pagamento da parte di cristiani ortodossi della tassa di
capitolazione. Insieme a un grande potere il patriarca ecumenico sotto i
turchi era segnato da una pesantissima responsabilità, come l’esempio
della vicenda di Gregorio V patriarca suppliziato dai turchi nel 1821
poiché istituzionalmente responsabile dell’insurrezione greca che lui
stesso aveva condannato.
Questa frequente necessità di bisogno di soldi da parte del patriarca si
era riflesso negativamente nella vita interna della Chiesa ortodossa
balcanica che comportava uno sfruttamento economico del basso clero e
carenza di strutture adeguate per la formazione culturale e religiosa,
come anche la limitazione a costruire nuove Chiese (negata se il
quartiere non era abitato tutto da cristiani oppure in sua prossimità
sorgeva un santuario islamico) e quelle costruite ex novo non dovevano
avere elementi architettonici che le caratterizzassero : viene a crearsi
una nuova tipologia costruttiva post bizantina, definita come turcocrazia
(che prevedeva la scomparsa della cupola e degli elementi decorativi
all’esterno del tempio oltre che alla croce).
Inoltre numerosi bambini cristiani furono obbligatoriamente arruolati
come reggimento militare denominato dei giannizzeri, con pena capitale
per chi si convertisse dall’Islam a un’altra fede e fu lo stesso effetto di
riempire il santorale ortodosso di una schiera innumerevole di martiri
raggruppati in una nuova categoria, ossia i neomartiri (usato per indicare
i martiri sotto l’Islam) composti da cristiani giustiziati per non aver
abbracciato la fede islamica e per uno zelo eccessivo nel difendere la
fede cristiana. Il sottogruppo più numeroso invece era rappresentato da
chi passati per convenienza o per paura all’Islam si pentivano e si
proclamavano di nuovo cristiani, ma erano destinati alla pena capitale;
essi vissero il loro martirio sotto forma di una lunga preparazione in un
esercizio spirituale presso monasteri. Assieme alla categoria dei neonati
vengono assimilati anche gli etnomartiri (martiri della nazione) ed erano
uomini di Chiesa coinvolti (direttamente o non) nella lotta di liberazione
del popolo cristiano e hanno testimoniato il legame tra nazione ellenica e
confessione cristiano-ortodossa.
La rinascita del nazionalismo serbo dal 1989 ha contribuito a far
conoscere la figura eroica del principe Lazar definito lo Zar martire visto
come il prototipo di neomartire; ucciso nel 1389 sul campo di battaglia di
Kosovo Pole, l’eroismo nazionale si identifica come il martirio di Cristo. La
raffigurazione del persecutore nelle scene di martirio post bizantine sulle
icone e sugli affreschi delle chiese con connotati islamici, ci indica come
quest’esperienza storica abbia segnato l’antagonismo nell’immaginario
dei religiosi ortodossi.
Gli ebrei
5 Geopolitica dell’Ortodossia
La Slavia ortodossa