Violenza e Consenso Nel Mondo Antico PDF
Violenza e Consenso Nel Mondo Antico PDF
Violenza e Consenso Nel Mondo Antico PDF
Dionisio il Vecchio
e il consenso delle popolazioni anelleniche della Sicilia*
chi fosse ostile alla tirannide, salpò dall’Italia verso un cantiere navale nascosto, fingendo di
essere stato ucciso dai propri soldati. Quelli che gli erano avversi, riunendosi di corsa, si
raccontavano reciprocamente con gioia la disgrazia; Dionisio allora fece arrestare quelli che
gioivano e li uccise». V 2, 16: «Dionisio, fingendosi malato, sparse la notizia che stava gia-
cendo in fin di vita. Mentre molti si rallegravano a questa voce, egli si mostrò davanti a tutti
facendosi avanti con le guardie e ordinò che fossero arrestati quelli che si rallegravano»
(trad. E. Bianco).
4 L’esame complessivo delle fonti di Polieno fu effettuato per la prima volta alla fine
dell’Ottocento da J. Melber, Über die Quellen und den Wert der Strategemensammlung
Polyäns, «Jahrbücher für klassische Philologie» Suppl. XIV (1885), 417-688. Se da una par-
te si riconosceva a Polieno l’uso di fonti storiche quali Erodoto, Tucidide, Timeo o Ieroni-
mo di Cardia, dall’altra si sosteneva l’uso prevalente di aneddoti dal valore storico estrema-
mente limitato. Recentemente N. Luraghi, Polieno come fonte per la storia di Dionisio il Vec-
chio, «Prometheus» XIV (1988), 164-180, è riuscito a dimostrare il carattere storico di tre
aneddoti riguardanti Dionisio il Vecchio. Cfr. E. Bianco, Gli Stratagemmi di Polieno. Intro-
duzione, traduzione e note critiche, Torino 1997, 5-14.
5 Bianco, Gli Stratagemmi... cit., 8.
6 Cfr. M. Giuffrida, I Dionisî e l’area calcidese, in N. Bonacasa - L. Braccesi - E. De
Miro (a cura di), La Sicilia dei due Dionisî, Atti della settimana di studio (Agrigento, 24-28
febbraio 1999), Roma 2002, 417-426; Ead., Leontini, Catane e Nasso dalla II spedizione ate-
niese al 403 , in Φιλιvας Χαvριν. Miscellanea di Studi classici in onore di E. Manni, Roma 1979,
1139-1156. F. Cordano, L’evoluzione sociale dei Calcidesi di Sicilia, «MGR» XIII (1988),
51-62.
Dionisio il Vecchio e il consenso delle popolazioni anelleniche della Sicilia 67
7 Per il problema elimo, che esula dalla presente indagine, rimando a P. Anello, I Si-
cani nel IV secolo a.C., in C. Miccichè - S. Modeo - L. Santagati (a cura di), Diodoro Siculo e
la Sicilia indigena, Atti del Convegno di Studi (Caltanissetta, 21-22 maggio 2005), Caltanis-
setta 2006, 150-157, 151 s. R. Sammartano, La leggenda troiana in Diodoro, in Miccichè -
Modeo - Santagati (a cura di), Diodoro Siculo... cit., 10-25.
8 A parte la circostanza, ricordata dallo storico greco Diodoro (XIV 88, 1), in cui i
Siculi intorno al monte Tauro rivendicavano la terra avita, non abbiamo altre testimonianze
che mettano in luce la prospettiva delle genti anelleniche. Vd. infra.
9 Tim. FGrHist 556 F 38 = Diod. V 6, 1-3. Sull’origine iberica dei Sicani, Thuc. VI
2, 1-2; Phil. FGrHist 556 F 45 = Diod. V 6, 1. Sulla provenienza italica dei Sicani, Paus. V
25. Cfr. Anello, I Sicani... cit., 150-157.
10 V. La Rosa, Considerazioni sul problema siculo, «Sileno» I (1977), 65-81, 74.
11 Sulle tradizioni intorno alla provenienza dei Siculi rimando a L. Braccesi, Tratta-
zione storica, in E. Gabba - G. Vallet (a cura di), Storia della Sicilia, I, Napoli 1979, 53-86.
12 La Rosa, Considerazioni... cit., 69-70.
13 La Rosa, Considerazioni... cit., 70.
68 Egidia Occhipinti
ethnos unitario – a seguito del contatto con l’elemento sicano,14 ovvero solo
dopo l’arrivo dei Greci. Ad ogni modo, non è possibile pensare ai Siculi
come ad un unico ethnos, neppure per la stessa età di Ducezio, in cui fu
avviato un processo politico unificante: parlare di Siculi significa parlare di
entità diverse, disseminate nella parte orientale della Sicilia e articolate kata
komas.15
A partire dalla fine degli anni settanta le indagini sugli ethne di Sici-
lia si sono concentrate, in modo particolare, sui fenomeni di contatto
dell’elemento greco con le realtà indigene in contesti coloniali e hanno da-
to vita a due prospettive di lettura diametralmente opposte, che ponevano
l’accento l’una sul carattere ‘pacifico’ dei fenomeni coloniali,16 l’altra sugli
aspetti violenti di tali processi.17 Ancora di recente, alla luce della nozione
di acculturazione,18 è stato sottolineato il carattere violento dei fenomeni di
contatto relativamente alla parte orientale della Sicilia in età coloniale. 19
L’espressione utilizzata, oggi, per definire le relazioni greco-sicule è
quella di interculturalità: si tende, cioè, a rifiutare il concetto di accultura-
zione,20 in quanto suggerirebbe un’azione culturale unidirezionale dal
mondo greco a quello indigeno, e si preferisce, invece, una terminologia
più sfumata. Tuttavia, al di là degli usi terminologici, bisogna riflettere sul
25 Per le clausole del trattato del 405 tra Dionisio e Cartagine cfr. P. Anello, Il tratta-
to del 405 a.C. e la formazione dell’eparchia unica di Sicilia, «Kokalos» XXXII (1986), 115-
180. S. N. Consolo Langher, Siracusa e la Sicilia greca. Tra età arcaica ed alto ellenismo, Mes-
sina 1996, 47 nota 58.
26 Diod. XIV 7, 5-6.
27 Diod. XIV 14, 2.
28 Diod. XIV 14.
29 Su Enna cfr. L. Bernabò Brea, Che cosa conosciamo dei centri indigeni della Sicilia
che hanno coniato monete prima dell’età di Timoleonte, in L. Breglia (a cura di), Le emissioni
dei centri siculi fino all’epoca di Timoleonte e i loro rapporti con la monetazione delle colonie
greche di Sicilia, Atti del IV Convegno del Centro Internazionale di Studi Numismatici
(Napoli, 9-14 aprile 1973), Roma 1975, 3-51, 32 ss.; G. K. Jenkins, The coinages of Henna,
Galaria, Piakos, Imachara, Kephaloidion and Longane, in Breglia (a cura di), Le emissioni...
cit., 77-103, 78-83.
30 Il testo greco è tratto dall’edizione del Vogel. «Si comportò così non tanto perché
si desse pensiero della giustizia, ma perché voleva indurre le altre città ad avere fiducia in
lui» (trad. D. P. Orsi).
Dionisio il Vecchio e il consenso delle popolazioni anelleniche della Sicilia 71
di impadronirsi di uno dei siti più importanti della Sicilia interna,39 quale
Erbita, stipulò una pace con i suoi abitanti,40 che dovette assicurare al cen-
tro un certa autonomia di movimento, se Arconide, prostates di Erbita, su-
bito dopo la pace con Dionisio (403 a.C.), fondava una colonia, Halesa Ar-
conidio,41 ad otto stadi dalla costa tirrenica, che gli permise di dominare la
fascia montuosa dei Nebrodi e con essa gli accessi alla costa tirrenica della
Sicilia centro-orientale.42 Nella fondazione non si è vista nessuna velleità
anti o filo-siracusana del centro in questione. Alla deduzione di Halesa par-
teciparono tre gruppi diversi: mistophoroi, un symmikton ochlon (una folla
di esuli siracusani) e gli aporoi di Erbita, ridotti a tale condizione a causa
della guerra.43 In altri termini, la fondazione sarebbe stata determinata da
spinte di tipo socio-economico. 44 Erbita, il centro che godeva forse di mag-
giore autonomia rispetto agli altri siti indigeni, erede in certa misura della
politica duceziana,45 mostra i tratti dell’ellenizzazione nelle monete, che ri-
producono l’immagine di Apollo46 e nei culti (ad Alesa, ktisis mista guidata
39 Si parla per la prima volta di Erbita nel 446 a.C., quando Ducezio, esiliato dai Si-
racusani a Corinto, infranse i giuramenti e tornò in Sicilia; qui grazie alla collaborazione di
alcuni Siculi e di Arconide, dinasta di Erbita, fondò Kale Akte (nella costa tirrenica). Diod.
XII 8, 2; XIV 15, 16; 78; XIX 6. Thuc. VII 1. Cic. Verr. II 65; III 18; 75, 80; V 33, 86; 42,
110; 49, 128. Plin. NH III 91. Ptol. Geog. III 4, 6. Steph. Byz. s.v. ”Ερβιτα. Bernabò Brea,
Che cosa conosciamo... cit., 18 ss. La grande importanza avuta dal centro in questione trova
un riscontro in Tolemeo, Geog. III 4, 6, il quale nel rappresentare la Sicilia come un trian-
golo con il vertice rivolto verso il nord dice che era abitata a nord dai Messinesi, al centro
dagli Erbitei e dai Catanesi e a sud dai Segestani e dai Siracusani. Cfr. G. Bejor, s.v. Erbita,
in Bibliografia topografica della colonizzazione greca in Italia e nelle isole tirreniche, VII
(1989), 283-289.
40 Diod. XIV 15, 1 e 16, 1.
41 Diod. XIV 16, 1-2. Nel medesimo passo si ricorda un’altra tradizione circa la
fondazione cartaginese di Halesa, all’epoca della pace di Imilcone con Dionisio, verosimil-
mente intorno al 405/404 a.C. È probabile che si tratti di un’altra Halesa; e, d’altra parte,
come ci testimonia Diodoro, la città fondata da Arconide fu chiamata Halesa Arconidio,
proprio per essere distinta dalle altre città che in Sicilia avevano lo stesso nome. Cfr. Cusu-
mano, I culti di Adrano... cit., 173 nota 73.
42 Bejor, Erbita... cit., 283-289. Mentre in età arcaica si segnala una scarsa influenza
delle attività marinare nella fascia costiera della Sicilia settentrionale, a partire dal V secolo
la situazione evolve nella direzione di una forte spinta verso il Tirreno da parte dei centri
siculi vicini alla costa. Cfr. Bernabò Brea, Che cosa conosciamo... cit., 5 ss.
43 Diod. XIV 16.
44 L’intervento di A. M. Prestianni Giallombardo a D. Musti, Tradizioni letterarie,
«Kokalos» XXXIV-XXXV, I cit., 226-227; Ead., Ducezio e la fondazione di Kale Akte, in
Miccichè - Modeo - Santagati (a cura di), Diodoro Siculo... cit., 135-149.
45 È stata messa in luce la particolare capacità di aggregazione e di influenza eserci-
tata dagli Arconidi all’interno del mondo siculo nel corso di diverse generazioni. Cusuma-
no, I culti di Adrano... cit., 174 nota 77. Cfr. Musti, Tradizioni... cit., 209-226, 221; Consolo
Langher, Tra Falaride e Ducezio... cit., 229-263.
46 Ch. Boehringer, Herbita, «NumAntCl» X (1981), 95-114. Intorno alla metà del
Dionisio il Vecchio e il consenso delle popolazioni anelleniche della Sicilia 73
IV secolo Erbita fu in grado di coniare moneta propria non solo bronzea, come molti centri
indigeni, ma anche argentea, verosimilmente all’epoca di Dione o di Timoleonte. Cfr. A.
Bertino, Le emissioni monetali di Abaceno, in Breglia (a cura di), Le emissioni... cit., 105-
131, 107). Si dibatte ancora oggi sul significato da attribuire alle emissioni monetali dei cen-
tri siculi, e cioè se la moneta bronzea nasca per rispondere alle esigenze economiche dei Si-
culi, ovvero se sia il risultato del contatto con l’elemento greco. Questa seconda prospettiva,
prevalsa nel corso degli anni Settanta, suscita qualche perplessità. Se sembra incontroverti-
bile che i tipi monetali siculi nel V sec. a.C. riproducessero modelli iconografici greci
(Jenkins, The coinages... cit., 78 e passim. R. Ross Holloway, Le monetazioni di Agyrion,
Aluntion, Entella, Hipana, Nakone, Steila, in Breglia (a cura di), Le emissioni... cit., 133-146,
138. Sulla presenza di copie ‘barbare’ di monete siracusane, agrigentine, geloe: Ch.
Boehringer, Die Barbarisierten Münzen von Akragas, Gela, Leontinoi und Syrakus im 5.
Jahrhundert v. Chr., in Breglia (a cura di), Le emissioni... cit., 157-190), tuttavia una prospet-
tiva di indagine dal taglio prettamente greco rischierebbe di non tenere conto dei diversi
tipi di risposta che probabilmente di volta in volta i Siculi manifestarono in reazione al con-
tatto culturale con l’elemento greco. Per usare le parole della Tusa Cutroni, in Breglia (a
cura di) , Le emissioni... cit., 193: «[...] l’inizio dell’attività delle zecche sicule ed indigene in
genere, più che come una acquisizione passiva della civiltà e della cultura greca, mi sembra
vada considerato come la espressione di una certa maturità politica, di una organizzazione
sociale più evoluta e di un’attività economica più organizzata che poggia le basi oltre che
sull’agricoltura e sull’allevamento (ad es. Abaceno), cioè sui mezzi di sussistenza, anche
sull’artigianato e sulla piccola industria [...]».
47 Cusumano, I culti di Adrano... cit., 175 s.
48 Cusumano, I culti di Adrano... cit., 174.
49 Diod. XIV 37.
50 G. Manganaro, Iscrizioni di Adrano, «PP» XVI (1961), 126-135, 128 nota 9. Cfr.
G. Lamagna, Adrano (Catania). Contrada Mendolito, «BA» XVI-XVIII (1992), 255-264.
74 Egidia Occhipinti
sio che mirava a controbilanciare le forze sicule, facendo leva sugli stessi
elementi culturali propri degli indigeni.
La nostra fonte non parla più degli ethne di Sicilia fino all’anno
397/96 a.C., quando questi furono coinvolti nei preparativi disposti da
Dionisio per intervenire contro Cartagine. Come è stato giustamente osser-
vato dall’Anello,51 fino al 374 a.C. (anno della stipula del trattato siracusa-
no-punico) si segnala una scarsa presenza politica e militare di Cartagine in
Sicilia. Certamente, la parte occidentale dell’isola riconosceva nella città
africana il principale referente nei momenti difficili, ma ciò non significava
mancanza di autonomia decisionale in politica estera. Così in occasione di
questo attacco dionisiano contro Mozia (a. 397 a.C.) i Cartaginesi inter-
vennero solo in un secondo momento in difesa dell’isolotto. Alla debole
presenza cartaginese si contrappone una forte ingerenza di Siracusa. Gli
abitanti di Erice µε;ν καταπλαγεvντες το; µεvγ εθος τη'ς δυναvµεως... προσ−
εχωvρησαν τω/' ∆ιονυσιvω/ (Diod. XIV 48, 1). Fecero lo stesso tutti i Sicani,
mentre dei symmachoi cartaginesi soltanto cinque rimasero fedeli a Carta-
gine: Alicie, Solunto, Egesta, Panormo ed Entella.52 Il quadro che si ricava
dall’Agirinense fa pensare ad una compatta compagine di popolazioni in-
digene gravitanti attorno a Dionisio. E, d’altra parte, apprendiamo che du-
rante l’assedio di Mozia la maggior parte dei soldati al seguito di Dionisio
erano Siceli.53
Tuttavia l’anno successivo, quando Dionisio, che si trovava con
l’esercito ad Egesta, decise di coinvolgere i Sicani nell’assedio contro alcu-
ne città controllate da Cartagine, nonostante la promessa di concessione di
terre, ne ricevette un netto rifiuto.54 Il caso di Alicie, che nel giro di breve
tempo cambia più volte referente politico (con Cartagine,55 con Dionisio e
poi contro56) insieme all’esempio di Erice 57 conferma la grande autonomia
di movimento posseduta dalle città poste sotto l’influenza cartaginese.58
Frattanto era imminente la spedizione di Imilcone (397/6 a.C.59) e il
fronte indigeno si mostrava sempre meno compatto (Diod. XIV 58, 1): οιJ
δε; Σικελοιv, παvλαι µε;ν µισου'ντες το;ν ∆ιονυvσιον, τοvτε δε; καιρο;ν τη'ς
αjποσταvσεως ε[χοντες, µετεβαvλοντο προ;ς Καρχηδονιvους πλη;ν ∆Ασσωριvνων
α{παντες .60 C’è da chiedersi cosa possa essere cambiato sul versante delle
relazioni con il mondo indigeno. L’odio inveterato nei confronti del tiran-
no sembra essere la causa principale di tale mutamento, tuttavia mi pare un
dato riconducibile con tutta probabilità alla fonte utilizzata dal Nostro sto-
rico. Non escluderei, in verità, la possibilità di rapporti ‘differenziati’ fra
Siracusa e le diverse aree dell’isola. Il passo sopra esposto61 purtroppo non
fornisce ulteriori elementi che possano chiarire di quali centri indigeni si
stia parlando; l’unico dato che emerge dalla lettura del capitolo successivo
(XIV 59) è che i Siculi di Naxos,62 appoggiati dai Cartaginesi, avevano oc-
cupato il monte Tauro;63 il che sembrerebbe ricollegarsi a problemi di pos-
sesso territoriale e di conflittualità con lo Stato siracusano – il racconto si
presenta, in verità, molto contratto. È possibile che le aree più vicine al ter-
ritorio siracusano fossero quelle maggiormente ‘compromesse’ e legate alla
politica del tiranno, mentre l’area sicana, le realtà ‘periferiche’ o le zone vi-
cine alla eparchia cartaginese avessero un comportamento più fluttuante,
come si è potuto, peraltro, evincere dai casi di Erice e di Alicie. Il caso de-
gli Assorini (in prov. di Enna), ricordati da Diodoro come gli unici tra i Si-
celi ad essere rimasti fedeli al tiranno, a mio parere, fa supporre che alcuni
centri dell’area interna della Sicilia fossero da tempo coinvolti nelle vicen-
de siracusane. E d’altra parte, nel momento in cui il pericolo cartaginese
cessò (397/96 a.C.) e Dionisio si dedicò al riordino del territorio,64 venne a
patti con Agiri, tiranno di Agirio,65 con Damone, signore di Centuripe, con
gli Erbitei e con gli Assorini, 66 mentre conquistò con la forza altre località
sicule. Esistevano, cioè, delle realtà politiche della Sicilia per le quali è pos-
sibile forse ipotizzare una politica del compromesso, l’esistenza, cioè, di
rapporti di collaborazione, definibili in termini di ‘coesistenza pacifica’,
con il vicino Siracusano. Il caso forse storicamente e archeologicamente
meglio documentato è il centro di Erbita, che nel 396 a.C., al momento del
trattato con Dionisio non pare sia governato da un dinasta, come era acca-
duto nel 406 a.C.; il generico ∆Ερβιταιvους usato da Diodoro, non lascia
spazio alle interpretazioni, tuttavia potrebbe suggerire l’esistenza di una
struttura cittadina con tratti simili a quelli di una polis di tipo greco. Il fatto
che esistano realtà territorialmente vicine a Siracusa, e allo stesso tempo
politicamente ‘autonome’ al loro interno, fa pensare che le relazioni di
60 «I Siceli, che da tempo odiavano Dionisio, avendo allora l’occasione della rivolta,
passarono dalla parte dei Cartaginesi tutti tranne gli Assorini».
61 Diod. XIV 58.
62 Diod. XIV 15, 3. Cfr. supra.
63 Diod. XIV 59.
64 Diod. XIV 78.
65 Su Agirio si veda Bernabò Brea, Che cosa conosciamo... cit., 36-38.
66 Diod. XIV 78.
76 Egidia Occhipinti
a.C. (XIV 90, 2-3): «Magone, il comandante dei Cartaginesi che si tratte-
neva in Sicilia, cercava di risollevare le sorti di Cartagine dopo la disfatta
subita. Si comportava con umanità nei confronti delle città soggette e ac-
coglieva coloro ai quali Dionisio portava guerra. Strinse alleanza con la
maggior parte dei Siceli e, dopo aver raccolto truppe, marciò contro il ter-
ritorio di Messina. Dopo averlo saccheggiato ed essersi impadronito di
molto bottino, partì e pose il campo presso Abacene, città alleata....». La
successione degli avvenimenti che registrano il coinvolgimento di Siculi
nelle imprese siciliane di Magone si complica se si confronta il passo testé
preso in esame con il capitolo 95, considerato un duplicato del primo. 72 In
esso si legge che «I Cartaginesi, che si stavano riprendendo lentamente
dalla sconfitta subita a Siracusa, decisero di riprendere il controllo della
situazione siciliana. Avendo stabilito di combattere, mossero con poche
navi da guerra e raccolsero truppe in Libia, in Sardegna, ancora fra i bar-
bari d’Italia. I soldati furono tutti riforniti con cura delle armi proprie di
ciascun popolo e trasportati in Sicilia: non meno di ottantamila agli ordini
di Magone. Egli marciò attraverso il territorio dei Siceli, fece ribellare a
Dionisio la maggior parte delle città e pose il campo nel territorio di Agi-
rio, rinunciò ad avanzare ulteriormente, sentendo che i nemici si erano
mossi da Siracusa. Dionisio, quando apprese che i Cartaginesi marciavano
attraverso l’interno, raccolse in fretta quelli che poté di Siracusani e mer-
cenari e si mise in marcia, avendo in tutto non meno di ventimila uomini.
Giunto vicino ai nemici, avviò trattative con Agiri, il signore degli Agirinei.
Dei tiranni che allora vi erano in Sicilia, egli era il più potente dopo Dioni-
sio: era padrone di quasi tutte le fortezze circostanti e governava sulla città
di Agirio, a quei tempi densamente popolata dal momento che aveva non
meno di ventimila cittadini. Per questa gran quantità di persone, radunata-
si nella città, erano state depositate sull’acropoli molte ricchezze, che Agiri
aveva raccolto dopo aver ucciso i cittadini più ricchi. Ebbene Dionisio, en-
trato con pochi nelle mura, convinse Agiri ad allearsi ufficialmente con lui
e promise di donargli molta terra confinante, se la guerra avesse avuto esito
positivo. Agiri, per prima cosa, donò premurosamente a tutti i soldati di
Dionisio grano e quanto fosse necessario; poi, avendo fatto uscire il suo
esercito in massa, marciò con Dionisio e partecipava al suo fianco alla
guerra contro i Cartaginesi».73
La lettura dei due capitoli fa emergere l’assenza di coerenza e di con-
tinuità logico-narrativa. Se, invece, anteponiamo la decisione dei Cartagi-
nesi di riorganizzare l’esercito e di affidare a Magone il comando di ottan-
tamila uomini (95) si comprenderebbe meglio l’espressione presente al ca-
pitolo 90, 2, secondo cui Magone διεvτριβε µε;ν εjν Σικελιvα/. Se tale lettura è
valida allora si dovrebbero anteporre anche le operazioni di Magone nella
Sicilia centrale (95) rispetto a quelle svoltesi nella Sicilia orientale (90). Dal
punto di vista dell’analisi storica, ciò significherebbe che il percorso di
Magone attraverso la Sicilia centrale, dopo l’ostilità mostratagli dai Siceli e
da Agiri, in modo particolare, lo avrebbe portato a spostarsi in un’altra
area, una ‘zona rossa’, ovvero il settore nord-orientale dell’isola.
L’alleanza di Dionisio con Agiri – ottenuta dal Siracusano dietro la
promessa di concedere molta terra confinante74 – sembra confermare il
quadro delle relazioni fra il Siracusano e i Siceli, che abbiamo tentato di
ricostruire fin qui: la parte centrale della Sicilia si mostra attenta ad intesse-
re relazioni di mutuo scambio e di ‘pacifica coesistenza’ con il tiranno,
mentre l’area nord-orientale presenta spinte autonomistiche di antica data
e mai sopite del tutto. Tra l’altro, anche con Agirio, come abbiamo visto
nel caso di Erbita, ci troviamo di fronte ad una realtà politico-sociale e mi-
litare abbastanza autonoma e complessa, modellata forse sul sistema polei-
co greco. Che si tratti di una esagerazione di Diodoro, dovuta ad eccessivo
campanilismo non ci è dato sapere, tuttavia la precisione dei dati che ci
fornisce l’Agirinense sul centro (corpo civico, fortezze, beni 75) potrebbe
svelare, al contrario, un ricercatore ben documentato, che avrebbe avuto
accesso alle informazioni locali.
83 Diod. XIV 78, 3: «Accettarono volentieri, data la bellezza del territorio; distribui-
tolo fra loro in lotti mediante sorteggio, abitavano a Leontini».
84 Così, Vattuone, ‘Metoikesis’... cit., 93.
85 Diod. XIV 78.
86 Giuffrida, I Dionisî e l’area... cit., 423.
87 Nella sua opposizione alla politica siracusana Abacene non rifiutò l’aiuto cartagi-
nese: nel 393 a.C. si alleò con Magone contro Dionisio I, che già nel 396 a.C. le aveva sot-
tratto la zona marittima (Diod. XIV 78, 5); nel 315 a.C. si schierò con Amilcare contro Aga-
tocle (Diod. XIX 65). In entrambe le circostanze (nel 392 a.C. e nel 313 a.C.) cadde sotto il
dominio di Siracusa, perdendo il diritto di battere moneta. Bertino, Le emissioni monetali...
cit., 110.
88 Diod. XIV 107, 111.
89 Diod. XV 70. Xen. Hell. I 20, 22. Castellana, La Neapolis nella chora.... cit., 380.
90 Polyaen. V 2, 20: «Dopo la conquista di una città i cui abitanti erano stati in parte
uccisi e in parte erano fuggiti, Dionisio lasciò pochi uomini come guarnigione. Ma la città
era troppo grande per poter essere controllata da pochi uomini, sicché Dionisio fece sposa-
re agli schiavi prigionieri le figlie dei loro padroni perché apparendo acerrimi nemici dei
loro padroni, fossero invece fedeli custodi della città per lui».
80 Egidia Occhipinti
95 Diod. XIV 65, 3: «Ora i nemici possiedono una piccola parte della nostra terra,
ma Dionisio, che l’ha tutta devastata, la donò a coloro che lo aiutarono ad ingrandire la ti-
rannide».
96 G. Bruno Sunseri, Aristocrazia e democrazia nella politica di Gelone, in Φιλιvας
Χαvριν... cit., 295-308; C. Bearzot, Gelone strategos autokrator tra storicità e propaganda dio-
nigiana, «Hesperìa» II (1991), 79-87. G. Mafodda, Erodoto e l’ambasceria dei Greci a Gelo-
ne, «Kokalos» XXXVIII (1992), 247-271; Id., La monarchia di Gelone tra pragmatismo ideo-
logia e propaganda, Messina 1996; Id., Da Gelone a Dionigi il Grande, in Bonacasa - Braccesi
- De Miro (a cura di), La Sicilia... cit., 443-452. E. Galvagno, Politica ed economia nella Sici-
lia greca, Roma 2000.
97 Diod. XIV 68, 4.
98 A. Scarpa Bonazza Buora, Libertà e tirannide in un discorso “siracusano” di Diodo-
ro Siculo, Roma 1984; Ead., Dionisio e Gelone: il tiranno e il re, in Studi in onore di Arnaldo
Biscardi, V, Milano 1984, 455-462.
99 C. Bearzot, recensione a Scarpa Bonazza Buora, Libertà... cit., «Aevum» LIX
(1985), 128-129. Cfr. G. De Sensi Sestito, La τιµωριvα dei ‘tyrannos’ e del ‘basileus’: il caso di
Dionisio I e di Alessandro Magno, «CISA» XXIII (1997), 167-200.
100 Relativamente al passo in questione gli studiosi hanno fatto il nome di Timeo.
Laqueur, in RE VI A, 1082. K. Stroheker, Dionysios I. Gestalt und Geschichte des Tyrannen
von Syrakus, Wiesbaden 1958, 17, 25, 78, 150. Meister, Die sizilische... cit., 92-93. C. A. Fol-
cke, Dionysios und Philistus: the Tyrant and the Historian, Diss. New York 1973, 125-129.
Luraghi, Polieno come fonte... cit., 167. G. Vanotti, I discorsi siracusani di Diodoro Siculo,
«RIL» CXXIV (1990), 3-19. Cfr. L. Pearson, Ephorus and Timaeus in Diodorus Laqueur’s
thesis rejected, «Historia» XXXIII (1984), 1-20; Id., The speeches in Timaeus’ History,
«AJPh» CVII (1986), 350-368; Id., T he Greek Historians of the West. Timaeus and his
predecessors, Atlanta 1987, 178 ss.
82 Egidia Occhipinti
101 Gigante, Il discorso... cit., 373-406. Sordi, Lo Ierone... cit., 3-13 (= La dynasteia...
cit., 105-117). Sanders, Plato’s first visit... cit., 207-219. C. Bearzot, Platone e i moderati ate-
niesi, Milano 1981. Sanders, From Dionysius... cit., 111-137. C. Franco, Isocrate e la Sicilia,
«RFIC» CXXI (1993), 37-52. Giuliani, Dionigi I, Sparta... cit., 149-166. J. H. Hordern, The
Cyclops of Philoxenus, «CQ» XLIX (1999), 445-455.