Secondo Volume Territorio Siracusano

Scarica in formato pdf o txt
Scarica in formato pdf o txt
Sei sulla pagina 1di 69

ANTONINO VITTORIO

TOPONOMASTICA
DEL
TERRITORIO SIRACUSANO
CON NOTE STORICHE, ARCHEOLOGICHE, TOPOGRAFICHE, ED ASPETTI
NATURALISTICI DELL'ENTROTERRA SIRACUSANO

II
OCC - SIRACUSA
ANTONINO VITTORIO
TOPONOMASTICA
DEL
TERRITORIO SIRACUSANO
CON NOTE STORICHE, ARCHEOLOGICHE, TOPOGRAFICHE, ED ASPETTI
NATURALISTICI DELL'ENTROTERRA SIRACUSANO
II
ORGANIZZAZIONE CIVILTÀ CONTEMPORANEA SIRACUSA
PRESENTAZIONE
Lo studio etimologico dei nomi dei luoghi, general¬mente, è eseguito per grandi aree regionali ed è
raro, a livello nazionale, trovare lavori di toponomastica eseguiti su un singolo territorio comunale, per
quanto questo possa essere ricco di storia e di tradizioni. Uno dei motivi per cui si opera su grandi aree
è quello di poter catalogare la distribuzione geografica delle denominazioni e la loro frequenza su zone
linguisticamente omogenee.
Intenzione dell'autore, nell'organizzare il lavoro, non fu quello di presentare ad un ristretto gruppo di
esperti un puro saggio di toponomastica bensì quello di formulare un'opera a schede di educazione
ambientale, consultabile da un pubblico quanto più possibile ampio ed eterogeneo.
Un'opera che si potesse adattare alle esigenze dello studente che deve fare ricerche sul territorio ed al
cultore di storia patria, all'ambientalista, all'ecologo ed a quanti si sentono impegnati nel governo del
territorio, a quanti uscendo dalla città per rilassarsi nella campagna vogliono conoscere l'ambiente
circostante.
Per attuare questi propositi, l'autore ha preso a prete¬sto la toponomastica, in quanto scienza che ben
si adatta a ricevere contributi da altre discipline. Ed ecco che i toponimi rappresentano un pretesto per
operare una ricognizione capillare sul territorio e far emergere segmenti di storia regionale o locale,
aspetti di geografìa umana, tracce archeologiche, Jòlcklore, quadri veget azionati naturali ed artificiali
del territorio, importazioni linguistiche e culturali, osservazioni topografiche , etc.
Uno sforzo multidisciplinare rilevante affrontato da una persona che soprattutto nutre un rapporto
viscerale con questa nostra comune terra e che ci vuole rendere compartecipi su quanto sa del territorio.
Siamo convinti che la conoscenza del nostro patrimo¬nio storico, culturale e naturale sta alla base di
ogni atto di riflessione, valutazione, comportamento che su di esso si potranno fare. La conoscenza del
territorio può responsabilizzare ulteriormente le nuove generazioni e farle sentire compartecipi nella
ricerca di una casa comune migliore.
Un lavoro quindi meritevole di apprezzamento e di in-coraggiamento perchè utile per la crescita della
nostra collettività.
Avv. Salvatore Barberi Sindaco di Siracusa Presidente dell'Istituto di Studi Siracusani
INDICE
11 CAPITOLO I - LOCALITÀ' CIRCOSTANTI IL VALLONE
CAVADONNA
Il vallone Canicattini - Bagni - Cavadonna, 12; Sui toponimi Mammajabica, Mammasciabica,
Cavadonna, 13; Renaura,15; S. Lorenzo, 16; Pezza Grande, 17; Mottava, 17; Laganelli ex Torre
Landolina, 18; Villotta; Cozzo Villa, 21; Jancarossa, 22; Spinagallo o Ricalcaccia, 23; Calcaccia, 23;
Calcacciotta, 23; Grotta Spinagallo. 26; Grotta Giovanna, 27; Fontana Mordila, 28; Rigilifi, 29;
Marchesa di Rigilifi, 29; Benalì, 31; Damma, 32; Magrantino, 34; Grotta Perciata, 35; Ex Feudo
Cavadonna, 37; Chiusazza, 38; Casulle, 39; Pagghiarazzi, 40; Quartararo, 40; Trefinaiti, 41.
43 CAPITOLO II - LOCALITÀ' CIRCOSTANTI IL VALLONE MONASTERI
se non II Vallone Monasteri, 44; Monasteri, 44; Mandra, 48; L'Isola, 48;
Cugno Renella, 49; Cugno Puntaruolo, 49; Dego, 49; Trappetazzo,40 ; Cugni Balio e Tammuro, 50;
Gemmazza, 51; Passetti, 52; Bibbia, 52; Cugno Lupo, 54 ; Passo Barone, 55; Fontanelle, 56;
Ogliastrazzo, 57; Mortellito, 58.
61 CAPITOLO III - LOCALITÀ' CIRCOSTANTI IL VALLONE CEFALINO FONTANELLE ED
IL CANALE SGANDURRA
Il Vallone Cefalino, 62; Biancuzza, 63; Sgandurra, 64; Canale Sgandurra, 64 ; Critazzo, 65; Cifali, 65;
Fontanelle, 65; Usoria, 66; S. Agostino, 66; Serramendola o Murgobello, 67; Orecchie di Lepre, 70;
Frescura, 71; Cefalino, 71; Cardinale, 73; Giustiniani, 75; Papeo, 76; Casale, Luogo di Casale, 77.
79 CAPITOLO IV - LOCALITÀ' CIRCOSTANTI L'ANAPO
Il fiume Anapo, 80; Regina, Canale Regina, 85; Ponte di Ferro, 85; Santennera, 87; Fiumara e Ponte
di Pietra, 88; Fiume Rotto, 89; Case Bianche, 89; Palma e Petronia, 89; San Filippo Neri, 90; Aiovara,
91; Capocorso, 91; Coscia del Ponte, 93; Mataponzio, 93; Medica, 93; Scorciacoppoie, 95;
Mangiapicca, 95; Belfronte. 95; San Tommaso, 97; Molinelli, 98; Molino Martini, 98; Passo Martino,
98; Muragliamele, 99; Serra o Serrarigino, 101; Diddino, 102.
105 INDICE ANALITICO ALFABETICO
NOTA DELL'AUTORE

Questo secondo volume va alle stampe con un certo ritardo ri spetto alle previsioni, a causa di difficoltà
riscontrate nelle ricerche di documenti atti a sostenere le mie deduzioni toponomastiche.
Le località, in linea di massima, sono raggruppate secondo l'appartenenza naturale ai rispettivi bacini
idrografici. Questi ultimi suddividono in tre parti il territorio comunale siracusano e tributano le loro
acque piovane ai valloni Cavadonna, Cefalino, Anapo.
Le località sono trattate procedendo idealmente dal Porte Grande di Siracusa fino a toccare i limiti
territoriali dei comun viciniori.
Nella prefazione al primo volume annunciai che era mia in tenzione comprendere, in questa seconda
parte, anche la topono mastica dei territori di Canicattini Bagni, Floridia, Solarino, Priolc Gargallo,
ma per la mole di documentazione rinvenuta durante 1< ricerche ho ritenuto opportuno che questi
comuni avessero un piì ampio spazio in una trattazione a parte.
Ringrazio: la direzione ed il personale addetto alla sala consultazion< presso l'Archivia di Stato e
presso la Soprintendenza ai Beni Cultural ed Ambientali di Siracusa; i professori Sebastiano Murè,
Alfio Russo Giuseppe Di Mari, il rag. Santo Lauria, il geom. Santo Di Raimond( per la collaborazione
offertami; le signore Maria Vento Rera e Mari; Di Fazio che pazientemente hanno curato l'indice
analitico alfabetico quanti hanno dato informazioni utili e messo materiale privato ; disposizione.
Opera naturale è eh 'noni favella ma, così o così, natura lascia poi fare a voi, secondo che v'ahheUa
(Dante Par. XXVI, 30)

CAPITOLO I
LOCALITÀ' CIRCOSTANTI IL VALLONE CAVADONNA E SUOI AFFLUENTI
Siracusa:Inizio '900 - Contadini e pescatori alla foce dell'Anapo in località Mammasciabtca.

Un tratto del canale artificiale Cavadonna.


Torre Landolina.

Particolare del muro di cinta della Torre Landolina


IL VALLONE CANICATTINI BAGNI - CAVADONNA
Buona parte delle terre poste nella zona Nord-Ovest rispetto alla cittadina di Canicattini Bagni
tributano le loro acque ad una serie di cave che via via si ricongiungono in un'unica cava detta Ddieri.
Essa viene poi chiamata Canicattini, in vicinanza dell'omonimo centro abitato, e subito dopo cava
Bagni.
L'impluvio torrentizio, una volta uscito dalla zona degli altipiani, si congiunge con il vallone
Monasteri, che raccoglie le acque di un ampio bacino idrografico (comprendente le località Monasteri
di Sopra e di sotto, Monasterello, Bibbia, Passetti, Bagni) e nel contempo cambia nome in Vallone
Cavadonna.
Detto vallone, proseguendo con un tortuoso percorso, in località Pantano, immette le sue acque
torrenziali in un canale ad argini artificiali detto Mammajabica a>, che sbocca a mare .
Il corso principale di questo vallone è lungo circa 39 km. ed il bacino imbrifero risulta essere kmq
91,35.
( 1) Il canale Mammajabica è lungo 5.6 km. In esso sbocca pure il torrente Mortellaro, che originai!
dosi dal proseguo delle Cava Contessa. Giorgia (Vedi note 222 e 225 del I voi. ) e Cava Secca arriva
al piano con un alveo poco pronunciato. Il corso del torrente Mortellaro è lungo 16 km. ed il bacino
imbrifero risulta di kmq. 61.84.
SUI TOPONIMI MAMMASCIABICA, MAMMAJABICA,
CAVADONNA
Il luogo della Plaia a Nord della foce del fiume Anapo, dove s riunivano le due squadre di pescatori
che dalla spiaggia alavano k sciabica, un tempo veniva chiama Ma mina scia bica .
La sciabica è una rete a strascico costituita da un sacco e due lunghissime ali che hanno la funzione di
radere i bassi fondali, racco gliendo, nella parte terminale della rete, tutto ciò che incontrano al
passaggio.
In vernacolo si dice mamma di tutte quelle cose dalle quali si tra< origine. Nel lavoro e nel gioco,
mamma sta anche per punto di incon tro iniziale e finale (es. nei giochi delle carte, del nascondino,
etc.).
Mammajabica viene chiamato ora un canale di raccordo fra il vallone Cavadonna ed il mare. Un tempo
era il luogo dei pantani, vici no alla foce dell'Anapo, dove predominava una ricca vegetazione d zone
umide.
Quest'ambiente era il rifugio ideale per molti uccelli migratori che lì, nelle varie stagioni, trovavano
l'ambiente adatto per ristorarsi come pure di uccelli stanziali che lì venivano e nidificavano.
F. Sacco, nel suo Dizionario di Sicilia del 1799, scrisse: "Il fiu¬me Anapo somministra un'abbondante
pesca di anguille, e ne suoi con torni vi sono differenti specie di volatili".
Jabica è dello jabicare cioè dell'uccellare appostandosi con re¬ti larghe mimetizzate nell'ambiente
circostante. Jabicare, nei secol precedenti al nostro, era per alcuni uomini un mestiere, per molti ur
modo per poter sfamare la famiglia nei periodi in cui scarseggiava i lavoro.
Cavadonna sta per cava con sorgente d'acqua e le sorgenti d'acqua dovevano esserci se crediamo a
quanto scrissero Fazello, Vito
Amico, Seb. Marino <2>.
Donna deriverebbe dall'arabo 'Aìn che significa sorgente d'acqua.
Il prof. De Caro ci convince sulla possibilità del trapasso da 'Aìn a Donna <3> "In un atto del 9
settembre 1611 presso Francesco Miccichè, tabellione di Scicli, trovo ricordato un vignale di vaxetto,
in territorio di Scicli contrada Analucata e più giù un vignale nominato di lu puzzu, nella stessa
contrada Analucata. Parimenti in un altro rogito del 1518, presso il notaro Antonino Militello, leggo
che il nobile An¬tonino La Varca comprò una chiusa in contrada Alia La Fridda. E in un altro del 26
settembre 1578 di un notar Guarino, che Cola Pullara accaptao da Guglielmo Josef e Violante La Varca
onza una di censo sopra due chiusi in contrada Ana La Fridda e finalmente in un quarto del 7 luglio
1645 del notar Ugo una possessione nominata Donna Fridda in contrada Ana La Fridda. Da questi
documenti, che, chi a- vesse il gusto di consultarli, troverebbe tra gli antichi atti del nostro co¬mune,
mi pare che sorga ad evidenza come 'Aìn sia passato ad Ana e quindi a Donna, mercè un mantenimento
di suono e il rinforzo iniziale del D che noi ora facciamo anche nelle parole Ogni e Ugo,
pronunzian¬dole Dogni e Dugo e i toscani nell'Ecco, dicendolo Decco ..."
La tradizione popolare siracusana non ci narra alcun "cunto" cir¬ca il toponimo Cavadonna.
In un'altra località siciliana e precisamente a Casteltermini, Giu¬seppe Pitrè raccolse un racconto circa
il toponimo similare "Vaddi di donna" <4>. La tradizione popolare (5), narra
(2) Fazello, Deche, pag. 253 "Oggi nel paese d'intorno Siracusa vi sono le fontane delle Cavedon- ne".
• Amico. Diz. Top.. "Cava Donna. Sic. C ava di la donna. E'un fonte nel territorio di Siracusa, distante
dalla città 7 miglia ...".
• Marino. Prov. di Sir.. - 18X4, "Anapo ... che dopo aver ricevuto le acque del suo influente Ca- radonna
che passa per Canicattini ...".
(3) Donnaìucala per uno di Scicti; Modica 1878.
(4) ("ava deriva dall'arabo "Ar Kavi" che vuol dire "incassamento del suolo".Con tale significato è in
uso nella regione iblea.
(5) CCXXH Fiabe, novelle, racconti popolari siciliani. Voi. IV. Pa 1870.
che una donna araba, ai tempi del conte Ruggero, non volle acconsentire alle istanze amorose di un
gruppo di cristiani i quali "la juncieru (raggiunsero) ddà vicinu nni la vaddata di la donna 'nfacci lu
vuoscu e l'ammazzaru, ca nu li vosi cuntintari, e pi chissu si chiama Vaddi di la donna".
RENAURA
In siciliano Rinuara.
Località del territorio di Siracusa posta fra la strada statale 115 (km.405) ed il canale Mammajabica.
Dal ruolo dell'antico catasto del Comune di Siracusa (redatto nel luglio 1843) possiamo rilevare che
questa contrada, in epoche passate, veniva chiamata Naura. Così leggesi, infatti, alla sezione 10
denominata Lisimelia e 'non c'è dubbio di errore in quanto la nostra località è posta fra le Colonne (ora
Due colonne) e la Fiumara (del vallone Cavadonna), Pantano e Cozzopantano. Per altro si nota che
non esiste una contrada Rinaura al controllo dei Riveli dei beni rusticani di quel periodo.
Il toponimo ci viene di facile interpretazione. Na orali in ara¬bo indica quel che in siciliano veniva
chiamato "senia" <6) ed in italiano pozzo a ruota, noria. Si trattava di una macchina idraulica atta a
sollevare l'acqua dal fondo del pozzo alla superficie della terra (7).
(6) Dozy. Supplement au.x dictionnaires arabes.
(7) Vedi a pag. 75 del I voi. al top. Seniazza.
Questo toponimo siciliano rappresenta la continuazione diretta della voce araba in quanto già
riscontriamo "annora" (tprnum) in documenti del secolo dodicesimo <8>.
Ho rilevato "Naure", riferito alla nostra località, fra gli atti del notaio Filippo Falbo <y>.
S. LORENZO
A poche centinaia di metri dalla masseria Rinaura vi è la con¬trada S. Lorenzo, detta in siciliano
Sallarenzu.
Probabilmente il toponimo persiste in quanto, in queste terre, il gran conte Ruggero, nel sec. XI, vi
fece costruire una chiesa dedicata a S. Lorenzo, di cui attualmente non rimane traccia.
La persistenza del toponimo si può rilevare dal controllo di an¬tichi atti notarili noie dai ruoli
dell'antico catasto borbonico.
Un tempo, prima della bonifica, anche quella parte del pantano grande vicina alla masseria S. Lorenzo
veniva chiamata Pantano S. Lorenzo.
(8) Rilevate da Ci.B. Pellegrini in Arabismi nelle lingue neoialine.
(V) Gabella concessa nel dicembre 1669. a Stefano Gavanella da Don Gaspare Platamone.
procura¬tore e tutore del piccolo Giovanni Platamone. Il Gavanella "riceve in gabella un luogo con
vi¬gne. tene scapole e con alberi sito in contrada Naure. Per la gabella a ragione di once 90 per ogni
anno". Come pure al volume 11350 del 7 dicembre 1672 si legge che Gaspare Platamone concede
mezzadria ad Antonino Evandi che riceve metà di tutto il vigneto "sul luogo pantano e sul luogo Naure
con tutte le altre cose esistenti".
(10) Fra i quali notaio Falbo, voi. 11349. die 1 3 giugno 1682. Salvatore Amodei. committente di
Giovanni Filippo Landolina. per quattro anni dà in gabella a Luciano Greco "un luogo grande con
vigne, terre scapole, alberi di ulivi e di mandorle e altri domestici e selvatici, case, palmen¬to. senia.
(tappeto e con tutte le altre proprietà esistenti, situato in territorio di Siracusa in contrada S. Lorenzo".
PEZZA GRANDE
In siciliano Pezza Ranni. E' una contrada del territorio di Sira¬cusa posta fra la strada statale 115 (km
404; km 403) ed il canale Mammajabica.
Pezza sta per appezzamento di terreno, in siciliano staccu, vignali. Il vocabolo deriva dal basso latino
Petia, Peeia per cui il toponimo starebbe per "ampio appezzamento di terreno".
Toponimo similare in vicinanza di Priolo Gargallo. Pezza è co¬mune a molti altri luoghi che si trovano
nei territori di Catania, Paterni), Mineo, Tremestieri Etneo.
MOTTAVA
In siciliano Muttava, contrada ampia posta ad ovest della strada statale 115 (km 403; km 401) fra
località Renaura, Santa Teresa, La- ganelli, Cozzo Pantano.
La traversa Mottava va dal n.182 di Via Elorina alla traversa S. Corrado. Le condizioni del suolo ed
una serie di toponimi posti lungo il vallone Cavadonna mi inducono a pensare che il toponimo è riferito
ad una caratteristica delle terre argillose. Una spiegazione convincente, secondo me, ce la fornisce
l'Amari un. "Le stoviglie arabe fanno una classe distinta da ogni altra manifattura ceramica antica,
medievale, moderna per la sua estrema sottigliezza e leggerezza che le fa sembrare, per così dire, di
carta.
(11) Storia dei Musulmani di Sicilia, pag.795 e segg.
Dal gran numero che n'ho viste, poche avean perduto il mar¬chio di fabbrica; nelle altre ho trovato
otto maniere di marchi, la più porta la data un poco frusta e il nome dell'artefice o della qualità, in
quanto chiamata Amai "opera di terra", Tin Muhtawi "terra ritenente" o diremo noi impermeabile e
Tin Amali "terra plastica".
A mio avviso Muttava è riferito alla terra del luogo in quanto essa si presenta piuttosto impermeabile
ed atta a favorire il persistere delle paludi; il toponimo potrebbe riferirsi anche all'argilla del posto in
quanto buona per fabbricare stoviglie.
Era convinzione di alcuni studiosi che il feudo Mattila, donato dai principi Normanni alla chiesa di
Santa Lucia fuori le mura, fosse il feudo Mottava. Tale supposizione si è rivelata infondata da quando
si è venuti a conoscenza di un trasunto del 1281 che specifica grosso modo i limiti territoriali del feudo
Mattila.
Il toponimo Mottava compare in un documento del 1338, quan¬do alla chiesa metropolitana di
Siracusa venne annessa, come preben¬da, la chiesa di S. Lucia fuori le mura con i suoi immobili. Fra
le ren¬dite del burgensatico compare l'annua rendita di onze 12 proveniente dal feudo delle due coste
della Mottava.
Controllando vari contratti di enfiteusi, dal XVII secolo in poi capita spesso di trovare qualche
riferimento al succitato feudo <12).
LAGANELLI E TORRE LANDOLINA
In vernacolo Lacaneddi e Turri 'ndulina.
Località siracusane poste fra il vallone Cavadonna e la Villotta.
(12) Qui riporto parte di un contratto di enfiteusi ed annuo censo (redatto presso il notaio Polizzi. voi.
11669 del 27 dicembre 1713) su un luogo chiamato Vela "sito e posto in con¬trada della Mottava
confinante con il luogo degli eredi di donna Vittoria Buonanno e con altri confini, regalato da donna
Vittoria Giustiniano, un tempo amica della baronessa Dorotea e dopo ..."
Parte della contrada Laganelli viene chiamata Torre Landolina. Questa differenziazione si notava già
due secoli fa visto che nel ruolo dell'antico catasto della Valle di Siracusa (1811-1859) si specificava
"Laganelli detto Torre Landolina" da "Laganelli e Mottava".
La strada di Laganelli va dai numeri 170 e 172 di via Elorina al bivio S. Domenico-Calcaccia, mentre
la traversa Torre Landolina va dalla strada S. Domenico, sulla destra, alla Cozzo Pantano.
Laganelli, secondo C. Avolio <i3>, deriva dal greco "agnos" che significa agnocasto, in latino vitex
agnus castus, in siciliano lignu castu, ma che nel siracusano prende il nome di lacanu ed in qualche
paese lagomu. La denominazione delle terre senza dubbio derivò dal prevalere vegetazionale di questa
specie spontanea lungo i margini dei pantani <i4>.
Che la contrada prenda nome dall'agnocasto è avvalorato da una registrazione del notaio Di Giovanni
(voi. 10944 - anno 1639) per una gabella "di loco sito in contrada Laganelli o Piretri" usi.
La Torre Landolina sorge sopra una piccola altura e nei tempi passati aveva avuto sicuramente
funzione segnaletica in caso di scorre¬rie corsare.
(13) Archivio glottologico italiano - 1899
( 14) Questa verbanacea. fino ai nostri giorni, si usa in erboristeria come anafrodisiaca. Essa
rappre¬senta l'emblema della castità e i suoi frutti venivano usati nell'antichità per frenare l'appetito
sessuale e l'eretismo nelle giovani come pure per favorire il ciclo mensile. Si legga una nota
sull'agnocasto a pag. 132 del I voi. al toponimo Fiume di Cassibile.
(15) Il toponimo in oggetto ha dato nome ad una scultura greca, raffigurante una testa, trovata in loco
e ritenuta importante per gli archeologi. A tal proposito riporto M.P. Loicq - Berger. SYRACUSE.
Bruxelles 1967. "Les plus ancien, dont l'importance prévaudra longtemps. est le courant dorique.
nettament affirmé dans les arts plastiques comme dans l'architecture. Il a marqué de soli empreinte des
morceaux de sculpture dédalique tels ces deux torses acéphales provenant d'Aerai, oli encore la
fameuse téte de Laganello (Langlotz-Hirmer la datent tantòt du VII siede ... Quarles vati UfTord
descend jusq'au milieu du VI siede) exhumée pai Landò lina vers 18 30. prés de la source Cyane. et
dont l'entérét réel flit longtemps méconnu: les trois, conservés au Musée de Syracuse, paraissent
attribuables à la fin du VII ou debut du VI siede. L'art dédalique. en Sicile sud-orientale, est quelquefois
caractérisé par une ispiration assez libre et empreint déjà d'une tradition indigène".
1S
Dal punto di vista difensivo questa torre non si presentava molto sicura, purtuttavia, potendosi
dominare dal terrazzo la vista ampia della campagna, della città e del porto grande di Siracusa, si
poteva chiamare a raccolta il contado delle località vicine, dando la possibili¬tà di mettere al riparo gli
animali domestici, le derrate alimentari, le donne, i bambini e nel contempo poter organizzarsi contro
gli attacchi nemici.
"Le torri non sorgevano mai perfettamente isolate, ma avevano all'intorno un largo schieramento di
abitazioni sussidiarie di carattere prevalentemente rurale, che davano ricetto ai soldati di guardia ed ai
cavalli destinati all'inseguimento dei pirati. Queste abitazioni formava¬no intorno alla torre un vasto
atrio dentro il quale, in caso di emergen¬za, si rifugiavano i terrazzani mettendo in salvo i capi di
bestiame.
Tale schieramento potenziale dovette esistere anche attorno alla torre Landolina. Rimane ancora,
assieme ai non pochi edifici di carat¬tere moderno, un imponente muro potenziale, coevo
probabilmente al¬la torre, sul quale si svolge una superba teoria di merli, di pittoresco effetto.
In esso si apre un ampio portone, cui sovrasta lo stemma di casa Gaetani, alla quale il feudo Laganelli,
dove sorge la torre, appartene¬va nella prima metà del settecento" <i6>.
Della torre sappiamo che esisteva prima del terremoto del 1693 e che crollata fu ricostruita nei primi
decenni del 1700. Ha pianta qua¬drata, 6,55 metri di lato, ed è alta m. 13,45. L'architettura attuale è
molto simile a quella della maggior parte delle torri costiere e non sappiamo se la ricostruzione fu
eseguita in riferimento alla vecchia pianta. La contrada e la torre vennero chiamate Landolina in
omaggio
(16) Da Arch. St. Sii., anno IX • 1963 - G. Agnello. Le torri costiere di Siracusa nella lotta anti¬corsara.
alla famiglia che ne fu proprietaria nel secolo scorso <i7).
VILLOTTA , COZZO VILLA
Fra Torre Landolina e Cozzo Pantano.
Nel ruolo dell'antico catasto borbonico leggesi Pantano di Villetta anziché Villotta.
1 toponomi Villa, Villotta generalmente indicavano ubicazioni di casali, ceppi di case, villa. In
siciliano comunemente dicesi paiseddu, casali. Toponomi similari si trovano nei territori di Melilli e
Sonino.
Pur in vicinanza dei pantani, in questa zona c'è stato sempre un fiorire di casali. Ricordiamo Olimpio,
Pirato, Carrano, Cozzo Pantano, usi Chissà che il toponimo in oggetto non abbia perpetuato il ricordo
di qualche casale non ben identificato come Pirato o Carrano.
Secondo F. Giuffrida (iy> Villa sta per giardino, contado, donde i numerosi composti con questa voce.
Proprio vicino a questa località, adiacente alla strada statale 115 (al km 403) fra Milocca e Mottava,
persiste il toponimo similare Cozzo Villa. Si tratta di quell'area agricola denominata nel ruolo
dell'antico catasto di Siracusa (a. 1811) Villa fondo di Milocca.
Probabilmente è in quella contrada che furono rilevate ha 54 di terre appartenenti all'ex casa gesuitica
di Siracusa per porle in liquidazione (anno 1866).
(17) Alla rendita dei beili da terreni intestati al cav. M. Landolina. nella sezione di fondo rustico
chiamato ("ifalino. risultano luoghi "delli Laganelli e Alloro".
Pur tuttavia anche Ci. Agnello (op. cit.) si meraviglia come sia Francesco Saverio Landolina che il
tiglio Mario non abbiano mai fatto accenno alla citata torre. Eppure "M. Landolina (in un suo
manoscritto inedito) ricorda sovente le visite compiute alle più note antichità di Sira¬cusa. Accenna
alle gite effettuate al fonte Ciane ed al Pantano Laganelli. Il pantano, com'è noto, non esiste più: ma
nei primi dell'ottocento si attraversava ancora in barca e potevasi in tal modo raggiungere la torre ...
Ma nessuna menzione è stata fatta".
(IX) Vedi alle relative voci nel 1 volume.
( Arch. St. Sic. Or.. X - 1957 - Termini geografici ...
IANCAROSSA
In vernacolo Janca rrussa. Nei ruoli dei beni rusticani di Siracusa (a. 1816) leggesi Gorga rossa e Ganga
rossa.
Questa località si trova ad ovest di Laganelli, fra il vallone Cava- donna ed il vallone Fontana Mortilla.
La traversa Jancarossa inizia dopo il n.2 della strada S. Domenico. Per gli anziani del posto questo
toponimo è dettato da un puro capriccio dei nostri antenati. Mi diceva un signore: "Ha mai visto un
molare rosso?". (Janca in siciliano indica colorazione bianca, ma anche dente, premolare e molare).
Nella storia della Sicilia, Gangarossa fu il nome di un terribile pirata che imperversava nelle nostre
terre costiere e non so che tipo di relazione ci potrebbe essere fra costui o un similare nome arabo
sicilianizzato ed il toponimo in oggetto. Potrebbe trattarsi anche di un nomignolo appioppato a qualche
proprietario terriero del luogo.
Purtuttavia si può tentare qualche altra interpretazione. In que¬sta zona della Sicilia, dove abbondano
contrade denominate col nome generico di Vignali, la precisa denominazione Jancarossa può essere
riferita ad un tipo particolare di vitigno e di uva denominati caterratto (non so se ancora esistenti).
Queste uve, a differenza delle altre che si producevano fra il XVIII e XIX sec. e che venivano
denominate bianche e/o nere (Janca e ninni di vigna), si distinguevano in quanto esistevano nelle due
varietà Bianca e Rossa ('ghianca e russo come pure janca e russa). Infatti su vari testi e giornali di
agronomia dell'800, pubblicati prima che la terribile fillossera devastasse le vigne nel siracusano, trovo
menzionata maggiormente la produzione delle seguenti uve: Ossonero, Mantonico bianco e nero,
Vernaccia bianca, Vernaccione nero, Passolara bianca, Malvasia, Insolia bianca e nera, Moscatello,
Zibibbo, Cateratto bianco e rosso.
AVliiL LVJ u v,
CALCACCIOTTA
Spinagallo o Ricalcaccia è una vasta area agricola confinante con le terre di Maeggio, Longarini, ex
feudi di Cassibile, Cavasecca e Grottaperciata. Calcaccia sono le terre limitrofe a Spinagallo
confinan¬ti inoltre con Laganelli, S. Elia, Mottava. Probabilmente queste locali¬tà un tempo
costituivano un unico grande feudo. <201
La strada Spinagallo va da quadrivio via dei Campi, strada Teste Mozze, traversa La Marchesa ai
numeri 57-59 di via per Canicattini. La strada Calcaccia è posta fra il bivio Laganelli-S. Domenico ed
il bivio S. Elia-Pilicelli.
In vernacolo dicesi Spinajaddu, Caccaccia, Caccacciotta; Ricaccaccia è toponimo ormai scomparso.
Sappiamo che, in quest'area, nel XII sec. esisteva un casale che Tancredi, nipote del Conte Ruggero,
donò nel 1104 alla chiesa siracusana. La terra ed il casale vennero trascritte Charcharache, toponimo
che compare in vari documenti fino al XVI sec. (si pensi in riferimento a Calcaccia).
Il feudo della, Ricalcaccia si trovava iscritto già nel ruolo dei feudatari del 1296 durante il regno di
Federico II di Aragona ed aveva allora per confini i feudi Matecu, Lungarino, Cassibile, Suvarino. Nei
ruoli feudali di Federico III di Aragona è nominato Rara/cachi. Nel XV secolo il feudo viene chiamato
pure Spennagallo. Nei processi di investitura conservati presso l'archivio del Protonotaro della Camera
Reginale leggesi Spennagallo seu Ricalcaccia.
Esistono quindi variazioni di scrittura sui toponimi in oggetto. Leggonsi infatti variazioni come
Racalcachi, Recalcaccia, Regalcaccia,
( 20) Lo stesso proprietario. Didaco Platanione, gabella terre a Francesco Bascetta e Melchiorre
Maugeri sia nel feudo della Ricalcaccia (voi. 11351 del 10/9/1673. notaio Falbo), che "per la vigna
davanti la casa e la parte della Calcaccia" (noi. Falbo. 11/10/1673).
Spinagalo, Spinnagallo, Spennagallo <21».
Circa il significato di Ricalcacela c'è da rilevare che l'originario Racal evidenzia il Rhal arabo <221.
cioè il casale o nucleo di case aggregate alla coltura della terra. Questo prefisso venne aggiunto al già
esistente nome di origine greca che. secondo me. doveva essere Carcarias ed attualmente suona
Carcaccia o Calcaccia. La diplomatica riporta Carcaracci. Carcarias, in italiano Carcaria, indica il più
grosso pescecane dei nostri mari (23).
I toponomi Spennagallo e Spinagallo sembrano a prima vista far riferimento a cognomi di famiglia 0
a soprannomi (24). Il primo sembra derivare dall'atto del togliere le penne a polli mentre il secondo
sembra fare riferimento a quella malformazione del calcagno che in siciliano si chiama appunto
spinajaddu. Purtuttavia, ad un'analisi attenta, questi vocaboli portano segni di una derivazione greca,
in quanto coincidenti nel significato con quanto esposto su
(21) Notaio Polizzi (voi. 1 1675 del 31/10/1720 presso Archivio di Stato Siracusano) "Gabella iti luogo
chiamato Contrasto ... nel luogo della Regalcaccia" come pure (Voi. 11652) "Con¬cessione di
terraggio nel l'ego della Recalcaccia".
- Regalcaccia. al momento della liquidazione di ha 26 di terra appartenenti al Convento di S.Francesco
d'Assisi in Siracusa in esecuzione alla legge 10/8/1866.
- Ha 5 di terra rilevata al monastero di S. Maria in "contrada Satalia o Spinagallo" al mo¬mento della
liquidazione dei fondi rurali ecclesiastici.
- Nei riveli rusticani del 1811 la vedova Lucia Immorta dichiara terre in contrada Spinagallo
(22) Molti casali musulmani nella documentazione normanna e sveva iniziano con Rahal come
Racalgie. Recalceri, Raalseneni. Raalchindin.
(23) Meno probabile la derivazione araba dal termine Galqali che secondo il Dozy significa Chiusura,
giardino circondato da muri. Ancora oggi a Malta Galqa ha significato di terre¬no rinchiuso. Un
toponimo di località presso Carini, da un documento del 1202 (Amari- Dufur, 36) è riportato Galcat el
Murabat cioè "il recinto dell'eremita". Altra derivazione poco probabile da (al)-Halisa cioè l'Eletta per
l'assonanza fra gli antichi toponimi dell'at¬tuale quartiere Kalsa di Palermo (Halcie - Chalcia - Kalcia)
e i nostri Ricalcaccia. Calcaccia.
(24) Cognomi similari già si incontrano negli atti del notaio Citella di Palermo (Febbraio 1287).
Ancora oggi esistono cognomi come Barbagallo. Gallo. Gallar» etc. Non dimentichiamo la nobile
famiglia siracusana dei Gargallo.
Calcaccia. Infatti, spina in greco significa pesce e galeos veniva chiamato lo squalo. A questo punto è
strano pensare che solo per ironia della sorte Calcaccia e Spinagallo abbiano lo stesso significato ed è
normale chiederci il perchè di questo toponimo.
Dobbiamo ricordare a noi stessi la ricchezza di resti fossili che si sono ritrovati nella zona fino ai nostri
giorni. Solo nella grotta di Spinagallo, di elefanti nani, si contarono settecentosessantacinque ossa
lunghe, ottocentocinquantotto ossa brevi delle zampe, seicentoquattor¬dici vertebre. Chissà quanti
frammenti di scatole craniche e di altre ossa appartenenti ai fossili del pleistocene siciliano saranno
stati trovati fin dal principio della colonizzazione greca e chissà quanto stupore per questi resti di
animali ormai inesistenti, che sicuramente saranno stati presi per ossa di grossi pesci o mostri marini
venutisi a depositare nei fondali, nel periodo in cui il mare copriva ancora gran parte di quelle terre
che attualmente formano le fasce costiere dell'isola (25).
Per quel che riguarda i tipi di coltura esistenti in quelle terre ne¬gli ultimi tre secoli, ricaviamo un
quadro chiaro da un patto agrario
(25) Sulla storia del feudo Spinagallo c'è da ricordare che primo possessore di cui ci rimane
docu¬mento fu Ruggero de Jaconia fu Bartolomeo di nazionalità Catalana (anno 1296) . Il feudo passò
a Margarita Jaconia che non sappiamo se fu figlia o nipote ex filio. Si sa che visse fra il 1350 ed il
1400 ed ebbe due mariti. Il primo ebbe cognome Ricca e l'altro Pompeo. Da questi due mariti nacquero
due fratelli uterini Giovanni Ricca ed Aitale Pompeo che chiesero ed ottennero il riconoscimento del
feudo per antico possesso e ciò con privilegio dato dai pre¬sidenti del regno il 14/7/1418. Privilegio
che trovasi registrato in Cancelleria nel libro Mercedes (anni 1414-1439, tomo II. foglio 308). Il feudo
rimase indiviso per un'altra ge-nerazione dopo di che si ebbe l'investitura per metà del feudo a Turcisio
de Ricca ( 14 settem¬bre 1496) e per l'altra metà a Giovanni Nicolao Pompeo.
I processi di investitura conservati presso l'archivio del protonotaro della Camera Reginale in età
moderna pei il "Feudo Spennagallo seu Ricalcacela" riportano per il ramo De Ricca il passaggio ai
Balducci ( 1555-1717) ed ai Nicolaci ( 1717-1786). Ultimo investito fu Giuseppe Abela Diamanti
quale rappresentante legittimo della famiglia Balducci. in seguito a sentenza del Tribunale della Regia
Corte, sede civile 2 ottobre 1777. Per la metà del feudo che passò a Ci.N. Pompeo troviamo investito
poi i De Naro. De Marinis. gli Alliata ( 1622). Impellizzeri ( 1627). Paternò. Di Stefano. Paterno
Castello ( 1750). Anzalone.
del 10 settembre 1673 (registrato dal notaio siracusano Filippo Falbo) in cui si rileva "un luogo con
vigne e terre scapole, alberi di mandorli e di ulivi domestici e selvatici e con case nuove e con tutte le
altre proprietà, sito in territorio di Siracusa e nel feudo Ricalcaccia". Quel tipo di paesaggio agrario è
rimasto inalterato fino a che, nell'ultimo trentennio, i moderni mezzi di sollevamento dell'acqua dal
sottosuolo non hanno permesso le colture in serra dei primaticci e l'impianto intensivo di agrumi.
Sul toponimo Carcaccia (di Mascalucia) si espresse l'Avolio che lo derivò dall'arabo Korkas che
significa camomilla <26). Secondo Alessio <27) Monte Corcaci, Cugno Corcaci, Corcaciotto derivano
dal greco ed hanno significato di "specie di ranocchio".
GROTTA SPINAGALLO
Prende il nome dall'omonima contrada in cui era ubicato il gia¬cimento paleontologico scoperto per
caso da uno studente appassionato di speleologia, di nome S. Lazzarini. Gli scavi, condotti in seguito
da Bruno Accordi e collaboratori, portarono alla raccolta di una quantità enorme di materiale fossile
appartenente all'Elephas Antiquus, varietà Falconeri, ed al cosidetto ghiro gigante (Leithia Melitensis).
L'imponente quantità di materiale trovato permise di ricostruire gli scheletri di una intera famiglia di
elefanti falconeri. Di questi elefantini, la più piccola varietà che si conosce, il maschio non è più alto
di 90 cm. e presenta zanne sviluppate. La femmina poco più
(26) Op. cit.
(27) L'elemento greco ...
bassa del maschio, è priva di zanne. Il neonato non supera l'altezza di 30 CHI. (28).
Per lo studio e la ricerca di paleontologia dei mammiferi, il ri¬trovamento di Spinagallo può essere
considerato uno dei più grandi avvenimenti del secolo.
GROTTA GIOVANNA
Così chiamata in onore della marchesa Giovanna Gargallo di Castel Lentini. Si tratta di una grotta
situata in contrada Spinagallo in vicinanza della strada che da Cassibile porta a Floridia. Essa servì da
rifugio all'uomo nel più avanzato momento del paleolitico superiore
detto "dell'industria gravettiana" (29).
Il deposito rinvenuto presentava in basso uno strato di terra con elefanti, cervi, ippopotami, iene ed in
alto un orizzonte che conservava resti di industria litica e resti di fauna associata (cervi, capridi, bovidi,
suini, equus hydruntinus, uccelli e molluschi). I resti di industria litica dell'orizzonte epigravettiano
danno la certezza che in Sicilia Orientale,
(28) Pei ulteriori approfondimenti: B. Accordi. R.Colacicchi in Geologica Romana. 1. 1961. Exca-
ration in the pigmy elepltants cave of Spimi/tallo (Siracusa) .
Ambrosetli I'.. in Geologica Romana. 7. 1958. The Pleistocene dwarf eleplìants of Spinagallo
ISiracusa. south eastern Sicily) .
Accordi I). in Le scienze. 49. 197 2. Gli elefanti nani nel quaternario della Sicilia.
(29) Dal sito francese della Gravette dove furono rinvenuti molti strumenti dell'industria litica del
paleolitico, caratteristici per avere forma allungata e punta sottile. Un margine si presentava non
ritoccato ed un altro scheggiato. Questi strumenti, usati per la caccia, producevano ne¬gli animali delle
ferite lacero contuse.
nel paleolitico superiore esistevano gruppi umani.
Questi gruppi ci hanno lasciato tra l'altro degli esemplari unici di "arte mobiliare" <30> della Sicilia e
quindi le prime forme di produzione aristica isolana. Furono raccolte infatti circa settanta, fra ciottoli
e lastre, presentanti incisioni di figure schematiche. Una sola pietra portava incisa una femmina di
bovide dall'aspetto di animale gravido, purtroppo arrivato a noi mutilo della testa.
Sopra l'orizzonte epigravettiano esisteva un ulteriore livello a fauna domestica e ceramiche OD.
FONTANA MORTILLA
In siciliano Funtana murtiddci.
Prossima a Rigilifi. Il bacino imbrifero del vallone della Fontana Mordila è di kmq. 11,55.
La Traversa Fontana Mortella va dai numeri 9 - 11 di strada Magrentino alla traversa Jancarossa.
Il toponimo dato alla contrada deriva chiaramente dalle piantine di mortella che spontaneamente
crescono in quelle zone.
Il vocabolo, dal greco miurtos, dal latino mvrtus o dal basso lati¬no martella, è passato a 1 siciliano
Murtidda e con essa si denomina il My rthu s Communis.
La mortella è un arbusto sempreverde, spontaneo, della famiglia delle mirtacee, che si presenta
ramosissimo, con foglie opposte, ovate e punteggiate per trasparenza. I fiori sono piccoli e bianchi, i
frutti
( 30) Intendendo con ciò quei reperti mobili come placche d'osso o pietre in cui si sono potuti
ravvisare tracce di rappresentazioni figurative ed in genere incisioni. (31) L. Cardini. • Rinv. pai. nella
grolla Giovanna -in Atti riun. scient. dell'Ist. It. di Preist. e Protost. - A. XIII. 1971: come pure L.
Bernabò Brea - Segnalazione di rinv. paleo), in Sic. - in Boll, di Palent. It. XVI. 1965.
carnosi e aromatici < 32».
Il (cucio della Fontana Mortilla compare in un documento del 1375. Il Barberi nei Capibrevi (pag. 107)
riporta: "Quotuor fenda scilicet Chandicactini, Ricalveti, Li Barimi et la Fontana di la Mortilla in Valle
Notili Sicilie..., per condam Violantem relictam condam Thomasis Capichij Siracusane civitatis
antiquitus possidebantur...".
In alcuni atti del XVII secolo, la contrada in oggetto è chiamala Fonte del Mirto (33).
RIGILIFI E MARCHESA
In vernacolo Rigiliffi e Marchisu (sottinteso di Rigilitìì). Località del territorio di Siracusa posta fra
Fontana Mortilla ed il vallone Cifalino. L'antico feudo aveva per confini "la Damma, Murgibelli,
Chifalina, Benali"<34).
Il toponimo potrebbe essere composto da "Ri" (siciliano di "Di") e dal nome arabo di persona "Hilafah"
oppure da terra Gilia (argilla
(32) Desidero ricordare che mirto o mortella indica la pianta qui oggetto del nostro discorso.
Sba¬gliano quanti traducono il nostro vocabolo siciliano nell'italiano Mirtillo, la quale è tun'altia
pianta, comune nelle montagne d'Italia, ma inesistente nella nostra provincia. La raccomanda¬zione
vale di più per quelle persone che a scopi erboristici vanno a raccogliere mortella pensan¬do di avere
tra le mani il mirtillo.
(33) Not. Polizzi (Voi. 11652 data 27/2/1695) Concessione a metà di terre in "Fonte del Mirto" da
parte di Antonio Platamone per Antonio Flores.
( 34) Vedi Barberi. Capibrevi "Val di Noto. pag. 490".
Per antico possesso era proprietario Roberto Traversa, il nipote Antonio, figlio di Nitto. as¬sunse
l'obbligo di apprestare il servizio militare di un cavallo armato per ogni onze 20 di ren¬dita del feudo.
Egli prestò giuramento di fedeltà alla regina Giovanna il IX luglio 1459 (uffi¬cio del protonotato della
Camera Reginale. libro dal 1459 al 1516). Ultima investitura del feudo di Rigilifi si ha il 17 agosto
1809 a Pietro Landolina. figlio di Filippo Landolina Bonanno.
per far mattoni, vasellami). All'interno dell'ampia località di Rigilifi esiste un'area denominata La
Marchesa.
Il toponimo venne dato in onore alla proprietaria marchesa Anna Diamante e Platamone, baronessa di
Cifali, la quale fece rico¬struire gli insediamenti rurali del posto, rasi al suolo dal terremoto del 1693.
La ricostruzione del centro agricolo fu ultimata nei primi decenni del 1700 e comprende pure una
chiesa dove nei secoli è stato tenuto in gran conto la devozione al culto della Vergine Maria.
BENALÌ"
In siciliano Benalì. Nelle carte topografiche dell'Istituto Geogra¬fico Militare Bendi.
Le contrade Benalì di Sotto e di Sopra sono comprese tra le terre di Cefalino (a nord), Rigilifi (ad est),
Monasteri (ad Ovest), Damma (a sud) e costeggiano il vallone Cavadonna.
Il toponimo sembra decisamente un patronimico di origine ara¬ba indicante il nome di una persona
chiamata letteralmente "Figlio di APi". Ben è una variante dialettale del nome arabo Ibn significante
Figlio, che entra generalmente nella composizione di molti nomi propri. Di regola, in arabo, le persone
vengono chiamate con più nomi. Ad esempio: Al-Idrisi si chiamava Abu 'Abdallah Muhammad Ibn
'Abdallah Ibn ldris. Nell'onomastica musulmana del periodo intorno al mille, ogni persona viene
chiamata, nella sua forma completa, con una serie di nomi i quali si possono così sintetizzare: 1) Il
nome personale che corrisponde al nostro nome di battesimo; es.: Muammed 'Abd Allah. 2) La serie
degli' antenati i cui nomi vengono separati dal vocabolo Ibn (figlio di). 3) Un nome composto con la
parola Abu (in genitivo Abì) "padre di, dotato di", con valore onorifico; es. Abù Al-'Arab "padre degli
arabi", Abù Al-Futùh "padre delle vittorie". 4) Un nome che indica una professione o un mestiere; es.
Al-Qattan (il cotoniere) o derivato dal nome della città o della regione di prove¬nienza; esempio As-
Siqillì (il siciliano). 5) Un soprannome che può essere anche un difetto o una qualità del corpo. 6) Nel
tardo periodo si aggiungeva un nome composto di carattere onorifico che il più delle volte si
anteponeva agli altri nomi; es. Saraf Ad-Dìn (Gloria della religione).
Non esisteva regola che stabilisse quanto o quali di questi elemen¬ti onomastici citati dovessero essere
scelti per designare un personaggio; tutto dipendeva dall'uso del nome che prevaleva nell'indicare la
persona.
Nel caso del toponimo in questione si può pensare benissimo che
il personaggio proprietario di quelle terre venisse chiamato Ben-AH. D'altra parte, ai nostri tempi, ci
accorgiamo che molti cognomi italiani derivano da nomi di lontani antenati, come ad es. Di Marco, Di
Franco, Di Maria, etc.
Il feudo di Benalì era soggetto alla Camera Reginale ed è stato per lungo tempo infeudato assieme a
quello della Targia (35).
Un contratto stipulato presso il notaio Falbo (a. 1682) ci dà una chiara visione di queste contrade, già
fortemente antropizzate nel periodo antecedente al terremoto del 1693. (Francesco De Uvo, per
mandato ricevuto da donna Felicia Impellizzeri e Scammacca, gabel¬la e concede a bonifica per sette
anni a Biagio Leanti) "un grande luogo con vigne e terre scapole, alberi di ulivi, di mandorli, di pere e
di altra sorte, palazzi, terranei, palmenti, conzi, senia e altre proprietà esistenti in quelle terre site nel
territorio di questa città di Siracusa e nel feudo Benalì ...
Inoltre detto Biagio sia tenuto e obbligato a fare le mura a crudo e dietro le mura farci il fossato e sia
libertà di Uvo fare il fossato nella parte terminante del Monastero".
DAMMA
Attualmente si designa con questo toponimo la località compre¬sa fra il vallone Cavadonna e Rigilifi.
I documenti più antichi, da me riscontrati, che riportano "feudo della Damma" appartengono al XV
secolo.
Il termine in questione può derivare: 1) Dal greco Dcimalis che
(35) Dalla Sicilia Nobile del Moscia (pag.83) rileviamo i vecchi confini del feudo che erano i feudi:
Rigilifi. Monastero, ("ava della Donna. Domina. Primo antico possessore di cui si ha notizia fu
Giovanni de Balena (anno 1408).
significa Vitella-, e questo per indicare il luogo dove pascolano le giovenche (damale* botos, in
Tucidide). 2) Da Daino, che è una specie di cervo. Infatti damma è un termine arcaico in disuso nella
lingua siciliana ed italiana in quanto ha preso il sopravvento il vocabolo Daino, derivalo dal francese
Dain. Etimologicamente Damma deriva dal latino Dama.
Quest'animale è un piccolo cervo (platiceroteo) a larghe corna, curvate all'indietro, che vive bene allo
stato selvatico. In Sicilia vivevano comunemente fra i boschi sia il capriolo che il daino e si crede che
per essi le Madonie abbiano ricevuto dai Greci il nome di Nebrodi.
"Riconosciuti collettivamente col nome di cervi, noi ignoriamo a quali di essi debbano riferirsi le
memorie conservate dalla storia. Scrive Massimo Tirio che i cervi per desiderio di pascolo dalla Sicilia
passavano in Italia, valicando il canale in processione, nuotando l'un dopo l'altro, ciascheduno
appoggiando la testa sopra il tergo del precedente per sostenerla in alto; cosi senza avvedersene si
trovavano nelle campagne di Reggio. Nell'Archivio Pubblico di Catania si trova avere ordinato il
Senato della città di vendersi la carne di cervo a prezzi stabiliti: dal 1413 al 1421 fu a dieci denari di
rotolo; dal 1421 al 1432 a otto denari; dal 1432 in poi a sei ..." (36).
Se il toponimo dovesse derivare da daino, esso ci ricorda che lì, sicuramente lungo il vallone, dovevano
esistere questi animali; almeno fino a che non si estinse la specie nell'area iblea.
(36) Ferrara. Storia Generale di Sicilia. 1887.
MAGRANTINO
In siciliano Marantinu, Magrintimi.
Ex feudo, ora contrada attraversata dal vallone Cavadonna, po¬sta fra Damma e Maeggio. Si tratta
delle terre comprese a Sud fra i km 7 e 10 della strada Mare-monti. Sul significato del toponimo
dobbiamo rifarci ai vocaboli greci Macron-tenon che vuol dire Di molta estensione (37>; o Macro-
tenagos che significa ampia palude, maremma.
Probabile pure la derivazione dall'arabo Mahag at-tin che signi¬ficherebbe Pianura fangosa, in
siciliano Margiu. Situazione verosimile, considerato il sito pianeggiante (m.30 in media sul livello del
mare), l'uscita delle acque torrenziali del vallone Monasteri ed i toponimi Maeggio e Canicattini (38).
Una prima citazione di queste terre si trova in un diploma di Federico, Re di Sicilia (anno 1209). Fra i
beni dell'Ospedale di S. Giovanni figura il "Casale Magrintino con terre circostanti, in tenimento di
Siracusa", concesso liberamente alla casa dall'Ordine da Gualtieri da Caltagirone. Il feudo (39)
appartenne poi alla giurisdi¬zione della Camera Reginale, e venne registrato come feudo
(37) Il toponimo Magno ne costituirà un antico ricordo?. Not. Falbo (al voi. 11361 - 8 ottobre 1685)
per una sub gabella cosi scrisse: "otto salme di terre da quelle esistenti in quel luogo vocato Magno
sito nel territorio di questa città e in contrada Magrantini".
(38) Maeggio da Mahag pianura (vedi nel I voi. il top. Maeggio); Canicattini dall'arabo Handaq at-tin
che vuol dire Vallone del fango.
(39) Quel casale Magrentinum citato in un documento dal 1229 (Pini. Sicilia Sacra. II, pag.937) non
credo si riferisca ad un casale sito nelle terre in oggetto. Come pure non credo che quel Maggio
Magrenti possesso di Gaetano Alagona. rivelato nei fondi rusticani dell'antico catasto Borbonico sia
in relazione con Feudo Magrentino: (Maggio sta per Margio).
Prima posseditrice registrata del feudo Magrentino (anno 1408) fu la moglie del Conte di Passaneto.
Il Viceré in data 3 agosto 1453 confermò il possesso a Giovanni Tilirgico e Goffredo De Barbulato
oltre che ai loro successori di sangue, more francorum. Nel 1537 il feudo venne riunificato da Pietro
Platamone. signore di Solarino.
11 30 agosto 1558 s'investì Antonio de Platamone il quale sposò Giovanna Zummo baronessa della
Cava Donna e i passaggi avvennero sempre sullo stesso titolare di ambo i feudi.
Magrantini <4o>.
GROTTA PERCIATA
In vernacolo Rutta pirciata come pure Rutta pricciata.
Dalla superstrada Siracusa-Canicattini, svoltando al km 11 sulla provinciale che conduce a Cassibile,
subito alla nostra destra, notiamo i contrafforti delle ultime propaggini degli iblei, appartenenti alla
località Grotta Perciata, già ex feudo <4i>. Qui esistono una serie di grotte molto interessanti vuoi per
l'aspetto naturalistico che archeologico ed è da esse che ha preso origine il toponimo; precisamente da
quella che viene comunemente chiamata "del Conzo o del Monello" (42).
Una grotta, in genere, è una cavità sotterranea a sviluppo prevalentemente orizzontale. Il vocabolo
rutta deriva dal latino arcaico Crupta\ Pirciata (43) in italiano si può tradurre perforata, per cui il
significato generale è di grotta presentante fenditure che immettono in altre cavità o di grotta
bucherellata.
La grotta più interessante della zona è senza dubbio quella del Monello, così chiamata dal cognome
del proprietario terriero su cui insiste il complesso; essa in vernacolo veniva chiamata do' Conzu (che
(40) Noi. Falbo (voi. 1 1353) scrisse Magrentini in una cessione a gabella "di luogo con vigneti. Iel¬le
scapole. alberi.case. palmento, conzo. senia (etc. ) siti in feudo Magrentini".
(41) Nei libri della Conservatoria del Regno, la prima investitura compare con Caterina Del Pignone
in data 12/2/1465 per vendita da parte di Francesca De Boira. La Del Pignone fu reinvestita il
23/5/1466 per giuramento prestato alla regina Giovanna. Il feudo fu poi proprietà dei Maniscalco fra
il 1481 ed il 1537 e dei De Grandi fra il 1537 e il 1812. Il Barone Gaetano Arezzo ne prese l'ultima
investitura il 10/3/1812 quale marito di donna Maria De Grandi.
(42) Il Feudo, nei processi di investitura è registrato Grotta Perciata. ma in altri documenti rilevo Delle
Grotte Perciate
(43) Di derivazione basso latina. Da un documento francese del 1080 Perder con significato di
perforare.
significa strettoia, luogo per certi aspetti largo, ma angusto per contenere parecchie persone). Fìssa
presenta un sistema di cavità sotterranee dove fra una moltitudine di stalattiti e stalagmiti, si osservano
varietà eccezionali di concrezioni calcaree dette "a peli di calcite" ed altre denominate "orecchie di
elefante". Essa si sviluppa in direzione est-ovest, ha due vie d'accesso ed è costituita da un corpo
centrale di gallerie ampie lunghe 120 metri e da una serie di gallerie laterali che formano dei sistemi a
labirinto. A nord-ovest della caverna denominata finale esiste un proseguo di gallerie ancora da
esplorare bene.
"Si ha l'impressione, entrando, di trovarsi di fronte ad una fan¬tasmagorica foresta pietrificata, di
capricciosa struttura e ricca di varietà policrome, suscitante emozioni che solo la non comune bellezza
può dare. E' come entrare in un mistico tempio orientale che fra anfratti delle montagne par voglia
svelare il mistero della vita stessa. Stalattiti e stalagmiti spesso assumono lucentezza e strasparenza
misteriosa, lasciando intravedere, sullo stimolo della fantasia, mondi inesplorati legati a favolosi
incantesimi". Questa caverna rappresenta un bene naturale sfruttabile a scopo turistico. (44) Nella
grotta del Gonzo furono trovate ceramiche dipinte a bande rosse, marginate di nero su fondo giallino,
formanti riquadri ampi entro i quali compaiono triangoli tratteggiati neri. Il tipo di decorazione si trova
solo negli orci piriformi grandi ad anse minuscole (45). Questa ceramica è classificata dell'inizio
dell'età del rame e caratterizza il cosiddetto "stile del Conzo".
Dalla grotta del Gonzo, nelle quali si mescolano senza divisione
( 44) Il complesso infatti non ha nulla da invidiare alle più propagandate grotte nazionali ed
inter¬nazionali. Purtroppo da anni si parla di fruizione al pubblico di questa grotta ma le proposte
politiche non sono state tramutate in realtà: sistemazione dell'ingresso, allargamento del percorso e
rettifica delle pendenze, illuminazione elettrica, parcheggio e servizi, sono ancora da progettare.
(45) Tini. Giacimenti dell'età del rame in Sicilia e la scultura tipo Conca d'Oro, in Boll. Pai. It. XIII.
1960-61
stratigrafica tutti i tipi ceramici della prima, media e tarda età del rame, proviene anche una bella testa
di mazza globulare con foro cilindrico, in marmo, di un tipo ben noto a Traina, ma di cui si erano
trovali pochissimi esemplari in Sicilia. Depositi della stessa età sono in un'altra grolla vicina, la grotta
Genovese e in una quarta grotta, la Palombaro, che si trova invece presso Belvedere, a pochi chilometri
da Siracusa (46).
Si può affermare che fra la Cavagrande del Cassibile ed il vallone Cavadonna, nei contrafforti rocciosi
delle pendici degli altipiani e nelle cave, esiste una un'enorme quantità di grotte di cui poche sono
naturali mentre molte sono scavate dall'uomo, o ex novo o sfruttando preesistenti minori anfratti
naturali. Di esse, la maggior parte, furono adibite a tombe, ma non mancano quelle utilizzate a scopo
abitativo, sia da singole persone o da gruppi familiari, come pure spelonche capaci di ospitare delle
comunità.
In quest'area troviamo trogloditi nel periodo preistorico come pure nei primi secoli del cristianesimo e
poi in epoca bizantina.
Non dobbiamo dimenticare, inoltre, che le grotte con stalattiti e stalagmiti erano ricercate e frequentate
dagli uomini primitivi in quanto esse rappresentavano un deposito naturale di armi. Le concrezioni
cristalline calcaree, in mancanza di selci, venivano utilizzate come armi.
EX FEUDO CAVADONNA
Compreso fra il vallone Cavadonna e la strada Siracusa-Canicat- tini dal km 9 al 17. Questa località
prende nome dall'omonimo vallone
(46) !..B. Brea - La Sicilia prima dei Greci - Milano 1958.
che la costeggia sima uesira (47).
Dentro questo ex feudo, nelle zone agronomicamente ingrate, tro¬viamo contrade come Casufle,
Chiusazza, Pagghiarìzzi, Tri/inaili, Quartararu (48).
CIIIUSAZZA
Chiusa sta per chiusura, terreno chiuso con muri a secco o co¬munque recintato. Nel tempo vari furono
i motivi che portarono alla formazione delle chiuse fra i quali quello di lasciare buoi, pecore, cavalli
al pascolo senza l'onere di una custodia fissa; come pure quello di costruire un riparo e non far
danneggiare i campi coltivati agli animali. Un altro motivo fu quello di togliere le rocce dei terreni e
nel contempo costruire recinzioni per delimitare stabilmente gli appezzamenti di terreno.
Il dispregiativo Chiusazza indica comunque non tanto la chiusu¬ra quanto il tipo di terreno recintato
che si presenta difficile da coltivare e di poca resa economica. In alcune grotte di questa località
(47) Il Feudo ("avadonna apparteneva alla giurisdizione della Camera Regitiale. Per antico possesso
apparteneva a Simone Moncada ed a sua moglie Damieta. Don Filippo De Naro di Siracusa acquistò
questo feudo dai coniugi suddetti (noi. Giovanili Lippo: 5/3/1439. in Palermo). I contini allora erano:
Monastero. Candicatini. Benali ed altri. La vendita fu di 120onze d'oro. Dal 1559 le investiture del
feudo Cavadonna vennero prese insieme a quelle del feudo Magren- tini. Altre investiture: 1607
Francesco Falcone, 1615 Bartolomeo Falcone. 1623 Luca Falcone 1657 Violante Falcone e
Montaperto. 1674 Giovanni Francica e Nava, 1721 Ignazio Francica Nava. 1755 Giuseppe Francica
Nava e Montalto. 1788 ultimo investito fu Giovanni Francica Nava e Montalto. Barone di Bondifè.
( 48) Nelle zone pianeggianti e lungo il vallone troviamo terreni fertili e ubertosi con impiantati
mandorli e. recentemente, agrumi. Una buona parte di detta località è piuttosto brulla, con rocce
affioranti e punti radi di magro terreno agricolo. Qui troviamo basse piante di ulivi, ab-bandonate
dall'uomo per la scarsa resa economica e già pressoché inselvatichite.
Una di queste, detta proprio della Chiusazza ha dato possibilità di studio rilevanti in quanto ha
permesso il meticoloso controllo della successione stratigrafica del terreno. Si è potuto così notare un
superiore strato di età greca che ci dà certezza di culto sacro dentro la grotta. Seguono due strati dell'età
del bronzo (media e prima) e tre strati dell'età del rame (tarda, media, iniziale) quindi l'ultimo strato
appartenente al neolitico superiore (facies di Diana circa 3.000 a.C.) (49).
Circa poi i culti sacri nelle grotte in periodo greco dobbiamo al¬tresì dire che vi sono, nella
documentazione storica, ampie testimonianze di luoghi sacri che tra l'altro costituivano valvole di
sfogo in momenti di tensioni sociali, militari o religiosi. "La tradizione del magico predilige e sceglie
luoghi isolati dal tessuto abitativo, perché hanno il potere suggestivo di porre l'uomo a diretto contatto
con il divino o il demoniaco ed è anche a queste esigenze che rispondono logisticamente le peculiarità
di molti siti rupestri <50).
CASULLE
m
Con Casuddi si intendono misere costruzioni di campagna, generalmente a forma quadrangolare, con
pareti "a muro ci secco" e tetti a travi, canne e tegole. Esse venivano edificate dall'uomo per depositarvi
attrezzi agricoli e domestici e, per limitati periodi di tempo, secondo le esigenze del lavoro dei campi,
venivano utilizzate come abitazioni.
(49) I..B. Brea. op. cit.
PAGGI IIARAZZI
ragghiarti è per Io più un capanno fatto di frasche e paglia o in muratura "di pietre a secco" con pianta
rettangolare e in qualche caso circolare <5i>.
Serviva raramente da abituro per contadini o pastori lontani dalle loro abitazioni. Generalmente, in
vicinanaza di una casa colonica, il pagghiaru è un luogo dove si custodisce la paglia, il fieno ed il
foraggio per il bestiame. Il termine Pagghiarazzi dà proprio idea di pagghiari mal costruiti o fatiscenti.
QUARTARARO
Letteralmente, artigiano che fa "quartare" cioè brocche e reci¬pienti d'argilla in genere. La "quartara"
siciliana è un recipiente alto, non molto panciuto e con manici. Essa veniva utilizzata per contenere
acqua. Quartara ha origine da quarto, cioè la quarta parte del barile. Nel tempo, quartara rimase come
nome del recipiente e non come misura di liquidi.
Il toponimo quartararo può indicare che in quei luoghi, in tempi precedenti sarà esistita una fornace
per la cottura di vasellami, oppure che qualche quartararo avrà avuto, chissà in quale periodo, il
possesso di quelle terre.
(51) Ci. ("umili. La Pastorizia etnea, ili Riv. Geogr. It. XLV. 1938.
TREFINAITI
Dal siciliano Trìfinaiti, derivato da tri-cunfinaìlì che in italiai si può tradurre Tre-confini (52). Contrada
ai limiti tra i tre grossi feudi di Cavesecche, Grottaperciata, Cavadonna.
(52) Troviamo Finititi e Filmiti! a Noto: Filmiti a confine fra gli ex feudi di Floridi* e Solarino.
Anche la tela perderà la trama quando il ricordo sarà aria chiara un nome
( Salv. Tagliola)
CAPITOLO II
LOCALITÀ' CIRCOSTANTI IL VALLONE MONASTERI
IL VALLONE MONASTERI
E' affluente del vallone Cavadonna (vedi alla relativa voce) e raccoglie le acque torrentizie di un ampio
bacino idrografico comprendente le località Monasteri di Sopra e di Sotto, Monasterello, Bibbia,
Passetti, Bagni.
MONASTERI
In vernacolo Munisteri; nei documenti Monastero.
Grande località posta all'estremità Nord-Ovest del territorio di Siracusa, ai limiti con i territori di
Floridia, Canicattini, Noto e Palazzolo Acreide. Data la vastità delle terre troviamo Monasteri di Sopra
e di Sotto (53). Le quote altimetriche della località sono varie e vanno dai 60 metri, vicino al punto di
confluenza del vallone Monasteri con il Cavadonna, ai 300 metri sugli altipiani che confinano con l'ex
feudo Bagni.
Il toponimo deriva chiaramente da un monastero, di cui si sco-nosce l'ubicazione a causa dei continui
dissodamenti effettuati nel corso dei secoli per poter meglio adattare i terreni alle esigenze colturali.
Si suppone che il monastero lì esistente sia stato quello fondato dalla Capitulana <54>, andato in
distruzione o per calamità naturale o
(53) La sorgente detta Monasteri di Sotto, che passa dalla relativa masseria, emette 3.2 It./sec. di acqua.
(54) Sul monastero della C apitulana, fondato nella seconda metà del VI sec.dopo quello di S.Pietro
ad Baias e Santa Lucia, cosi si espresse Lancia di Brolo: "Un terzo monastero era in Siracusa fondato
nel tempo di S. Gregorio da una Capitulana del quale era abate quel Traiano che nato nella provincia
Valeria, oggi Marche, e fattosi monaco in un monastero fondato da suo padre, fuggendo come gli altri
le invasioni barbariche e le guerre venne a Siracusa portando i codici e quanto di meglio potè di quel
che suo padre aveva donato".
per mano musulmana. Ricostruita in epoca normanna la Chiesa siracusana, in seguito ad un privilegio
del 1104 si fa cenno a tre monasteri esistenti nella giurisdizione: S. Pietro ad Baias, S. Lucia fuori le
mura, S. Nicolò <55». Non si fa più cenno al monastero della Capitulana che pur apparteneva alla
stessa giurisdizione.
Le terre di Monasteri compaiono in un diploma angioino del 1275 in cui sono istituite le decime regie
della chiesa Siracusana "et proventum curiae Palatioli, Boxeme, Xiridie et Monasteri que iura
quondam dominus Bartolomeus siracusanus canto prò praebenda sua a tempore quondam imperatricis
Costantiae usque tempus domini Manfridi principis tarentini dum ipse cantor vixit et ..."
In contrada Monasteri di sopra, V.G. Gentili diresse degli scavi rinvenendo un villaggio rurale, resti di
costruzioni romane ed epigrafi latine <56>.
"Durante i lavori di livellazione e di demolizione di alcune vecchie fabbriche cadenti esistenti nel feudo
Monasteri, di proprietà del barone Andrea Catalano, si sono incontrati resti di un'antica costruzione
di età romana, nella quale si possono individuare diverse fasi di rifacimento. La prima costruzione, che
forse è da riportare ad età imperiale del II sec. d.C., era di struttura mobile di opus quadratura ; rovinata
questa, con i blocchi riutilizzati si è innalzato un altro edificio in età posteriore.
Ad una seconda fase di molto posteriore, riferibile alla tarda ro-manità o già età bizantina, è da
assegnare l'altro angolo del fabbricato ... Questi resti di costruzione interessano topograficamente
perchè fanno supporre l'esistenza di un vicus o di un pagus nel luogo in età imperiale romana. La
supposizione è avvalorata dall'essersi raccolti, erratici sul luogo, anche due elementi epigrafici, con
altri elementi lapidei decorativi ...".
(55) Vedi S. Privitela. Storia di Siracusa. II. pag. 494 e seg.
(56) Not. Scavi. V. pag. 163, anno 1951.
Nelle stesse contrade, Paolo Orsi rinvenne una interessante e consistente necropoli cristiana risalente
al IV secolo (57). "Necropoli cristiana in ex feudo Manasteri Soprano a circa 3 km da Floridia.
Campagna scavi ottobre 1909 nelle chiuse asinelli e della paglia. In esse esistevano una vasta necropoli
cristiana a fosse campanate, aperte nella roccia tenera, munite di capezzale e protette da grandiosi e
rozzi monoliti. La maggior parte di esse era stata violata ma in una ventina di esse si riconobbero degli
scheletri con avanzo di modesto corredo ..." (Dallo studio del vasellame e degli oggetti di metallo quali
grossolani fibbie e monete, l'Orsi ne dedusse che) " ... la necropoli cade nel IV secolo e se vogliamo
tener conto della lunga circolazione della moneta, nella seconda metà di esso e forse anche ai primi
del V. Ma l'abitato rusticano corrispondente si deve estendere anche ai secoli successivi, perchè in
lavori agricoli successivi alla nostra campagna emersero anche avanzi di pietre calcari scolpite,
riferibili ad un pluteo con croce a rilievo, non certo anteriore al secolo VI circa.
La campagna siracusana nei tempi imperiali e nei primi secoli dell'evo medio era popolata di fattorie
e di villaggi agricoli, affermati da numerosi cimiteri e sovente anche da ruderi di caseggiati, i quali
attestano le condizioni profondamente diverse dalle attuali quanto a distribuzione della popolazione
rurale. Il rilievo (trovato) è di carattere religioso e forse non a caso coincide col nome di Monasteri,
alludente ad una antica basilica bizantina".
In periodo feudale sia il casale Monastero sia il feudo erano tut- t'uno con il feudo Xiridia, poi Floridia
<58» e formavano un luogo di sollazzo reale. Ai tempi di re Pietro I d'Aragona e di suo figlio Giacomo,
questi feudi furono concessi a Corrado de Camera, con l'obbligo di apprestare alla corona il servizio
militare di due cavalli. Alla morte di Corrado da Camera i due feudi tornarono alla Corona.
(57) Notizie Scavi. 1912. pag.358.
(58) Barberi. Capihreri . Val di Noto, pag.232.
Slancio alle notizie del Muscia tsy). nel ruolo dei feudatari, per fanno 1296 risultano possessori gli
eredi di Michele Polisdarbes. Istituita la Camera Reginale questo feudo passò sotto quella
giurisdizione.
"Nel ruolo dei feudatari del 1408 risulta possessore di Monastero Giovanni Aragona nel nome maritale.
Dalla cronologia dei Re del Pirri, si rileva che fu questi figlio naturale di Rolando Aragona, quale
Rolando fu figlio naturale del re Federico (1296-1338). Giovanni sposò una certa Giovanna di cui
sconosciamo il casato, ma sappiamo che era vedova di Giacomo d'Aragona, figlio naturale di re Pietro
II.
Giovannella Aragona, figlia di Giovanni e Giovanna, sposò Perio Gioeni, barone di Castiglione, che
successe nel feudo di Monastero a sua madre.
Bartolomeo Gioeni, barone di Castiglione, e suo fratello Enrico, figli di Giovannella Aragona
vendettero il feudo a Filippo Denaro, dottore in medicina, da Caltagirone, 12 marzo 1431 (dal volume
della camera reginale I, foglio 49). Il dott. Denaro richiese alla regina Maria il riconoscimento
dell'acquisto e l'ottenne.
Elisabetta Denaro, 'sposata a Nicola Spadafora, successe al pa-dre Filippo. A loro successe
nell'investitura la nipote Margherita de Muleto, baronessa di Cassaro e per essa Pietro Siracusa, suo
sposo, s'investì del feudo Monastero in data 8 ottobre 1491 (Prot. Camera reginale, voi II, f. 26 e f.
90). Giovanni Pietro Gaetani, barone di Sortino, prese investitura, il 24 gennaio 1516, come marito di
Beatrice Siracusa".
Il feudo Monastero seguirà le vicende della famiglia Gaetani fino al 1776 e due anni dopo passerà ad
Antonio Maria Statella, marchese di Spaccaforno, con sentenza resa dal Tribunale della Gran Corte
quale successore di tutti i beni del fu Cesare Gaetani.
"Francesco Maria Statella, principe di Cassaro, Marchese di
(59) Sicilia Nobile , pag.6.
Spaccaforno, Grande di Spagna, Pretore della città di Palermo, s'investi della baronia del feudo di
Monastero il 29 novembre 1794. Successe jure proprio, come figlio primogenito, legittimo e naturale
del fu Antonio suddetto e come suo erede in forza di testamento pubblicalo negli atti del Notaio
Giuseppe Savasta di Palermo il 9 dicembre 1793 (protonotaro della Camera Reginale, anno 1794,
Processo n.630)".
MANDRA
In siciliano dicesi Mannira, località dell'ex feudo Monasteri di Sotto, posta in luogo pianeggiante alla
base delle coste del Cugno Tamburo. Con tale termine si indica quell'area chiusa circondata da siepi o
da muri a secco, dove si custodiscono le pecore. In un angolo della mannira, quasi sempre, esiste "u
jazzu" (traducibile in italiano Giaccio, der. da Giacere ) ricetto per il pecoraio ed ambiente dove si
fabbrica il formaggio. Mandra è un vocabolo che deriva dall'arabo Ar Manzrah.
L'ISOLA
In sic. Isuìa. E' una formazione geomorfologica a monticello posta dentro la cava del vallone
Cavadonna e circondata perfettamente dal letto del torrente. Il toponimo vale per territorio che rimane
come staccato dal circostante ed avente caratteri propri.
CUGNO RINEDDA
Cioè cugno con terra sabbiosa. 11 toponimo esplicita condizioni mineralogiche del terreno che si
differenziano dall'ambiente circostante. La località in oggetto trovasi su un altipiano ricadente nell'ex
feudo Monasteri di Sotto e posta ad un'altezza media di circa metri 200.
Molti i toponimi Rinedda in Sicilia Orientale.
CUGNO PUNTARUOLO
Terrazzamento che, posto fra due cave, finisce a punta nel Cavadonna. Il toponimo potrebbe derivare
da questa conformazione geomorfologica.
Puntaruolo è una specie di lesina forte, corta e diritta con cui si fanno fori nel cuoio e nei lamierati
metallici.
DEGO
In siciliano Degù. Tale località prende nome da una casupola denominata di Degù, posta sull'altipiano
dell'ex feudo Monasteri di Sotto a quota 242 metri. Degù in italiano corrisponde al nome di persona
Diego.
TRAPPETTAZZO
Dal siciliano Trcippitu a sua volta derivante dal basso latino Trapetum. In italiano Frantoio. Toponimo
dato alla località per un antico frantoio d'olive esistente nella zona e di cui rimangono resti a quota 200
metri.
Lateralmente al cugno Trappitazzo si trova la scala del Pero, una strada mulattiera a scalini che faceva
da collegamento fra l'agglomerato rurale Monasteri di Sotto e i relativi altipiani di pertinenza dell'ex
feudo.
CUGNI BALIO E TAMMURO
In siciliano Ciignu Baliu. Il toponimo potrebbe derivare dal bas-so latino Ba/dio (rilevato in alcuni
documenti del XIII sec.) ed avrebbe significato di terreno incolto, abbandonato, inutile. A sua volta
Balclio dovrebbe derivare da Balde con origine dal vocabolo arabo Batil, che significa invano.
Balio o Baglio è pure parola deformata da Baiulo . Venivano chia¬mati Bandi quei funzionari dei
baroni, laici o ecclesiastici, preposti all'organizzazione amministrativa e giudiziaria delle terre e dei
villaggi baronali <60).
In Siracusa il Baiulo veniva chiamato Baliu e Senatore dopo
(60) Balio era pure quella persona nominata dal Re quale tutore di un minorenne nobile erede di un
feudo. Generalmente il Re scegliev a il Balio tra i parenti del pupillo se non addirittura fra gli aventi
diritto alla successione in caso di morte del minore.
il 1395. F.sso. in periodo di Camera Reginale, era nominato dal Viceré su proposta del Protonotaro ed
assumeva la carica di magistrato municipale.
Contiguo al cugno Balio è il cugno Tammuro, solcato dalla omo-nima cava. 11 terrazzamento del
cugno si presenta fortemente arrotondato tanto da somigliare ad un tamburo. Da qui forse il nome.
Propendendo per un'origine del toponimo dal greco, ci accorgia-mo che Tamuis significa
Amministratore, Reggitore, Capo, Sopraintendente. Ci colpisce subito come alcuni di questi termini
siano vicini a Baglio.
Una scala, detta pure Tammuro, era carrettabile e collegava i sopraddetti cugni ed il feudo Bagni alla
strada che conduceva per l'agglomerato rurale di Monasteri di Sotto e da lì per Siracusa.
«
GEMMAZZA
Località dell'ex feudo Monasteri di sopra posta su un altipiano un tempo raggiungibile dalla pianura
attraverso un'impervia strada mulattiera a gradini e stretti tornanti detta "Scala di Jimmazza". Penso
che la contrada abbia preso il nome della via a scalini.
Jimmazza sembra derivare dal siciliano Jimma, in italiano gobbe per cui il nome della mulattiera suona
"scala a gobbacce".
Questa strada un tempo collegava i feudi .di Floridia e Monasteri con quelli di Bagni e Canicattini.
Sul vecchio tracciato delle trazzere delle terre sopracitate ora sorge la strada intercomunale che collega
Floridia con Canicattini.
Sullo stradario di Siracusa degli ultimi anni è segnata Strada Scala di Gemmazza che va da traversa
Bibbia (vicina al bivio
Bosco-Raina) al confine col territorio di Floridia.
PASSETTI
Località posta a limite delle terre comunali siracusane.
Passetti sta per luogo che offre un passaggio stretto ma impor-tante per potere andare oltre ««.
In effetti la località è attraversata in lungo da una mulattiera che conduce verso i territori comunali di
Noto e Palazzolo Acreide, mentre una diramazione, che si riduce ad un sentiero per soli pedoni, va
verso il territorio di Canicattini Bagni.
11 toponimo al plurale mette in evidenza che vi sono più passaggi, per lo più stretti, che non
raggiungono l'odierna quinta classe a fondo naturale (62).
BIBBIA
Detta comunemente Bibbia di Slitta, contigua a Passetti. Questa località del territorio di Siracusa si
deve considerare un piccolo lembo di terra facente parte dell'ex feudo Bibbia (negli antichi
(61) Per questa località passa l'acquedotto comunale di Siracusa. L'acqua viene prelevata dalla
sor¬gente Fontana Murata, situata in contrada Santolio. territorio di Palazzolo Acreide. Nel 1929 la
portata d'acqua di questa sorgente risultò essere di 32.60 It./sec.
(62) 11 Passetto di Palermo era un'antica misura di larghezza corrispondente a circa mezzo metro.
documenti Bibia), ora ricadente nel territorio di Palazzolo Acreide (63).
Bibbia deriva dall'arabo Bah plur. Abwab, Biban, che significa passo, valico. Le mulattiere e le
carreggiate di questa contrada sono la diretta continuazione delle antiche strade greche che collegavano
Siracusa a Gela via Acre.
Lo stesso percorso venne utilizzato nel periodo romano. Attra-verso la Tabula Peutingeriana e
l'Itinerarium Antonini (64) è stata ricostruita la via Selinuntina che portava a Siracusa per Agrigentum,
Gela, Calvisiana, Acrae e, per quel che riguarda le nostre contrade attraversava i vicus dell'attuale
Bibbia e Monasteri di Sopra.
D'altra parte, nel periodo imperiale, era consolidato l'uso di far passare le grandi arterie stradali
attraverso funài, villae di domini illustri.
( 63) Il Marcato di Bibia. assieme al Marcato di Melilli. venne smembrato nel 1600 dal feudo di Bibino
Magno. Di detto feudo vennero investiti Giuseppe Lucchisi e Donna Lucia Aragona. Nel 1607. dal
Marcato di Bibia si ha un ulteriore frazionamento e vennero sottratte le terre di C amoli. Mandra di
Donna (ora Madredonna), Monastero di S. Germano per essere con-cesse a Paolo Abel.
(64) La tavola Pautingeriana (l'unica superstite del mondo antico) è attribuita al IVsec. (340-350 d.('.)
Una copia medievale, fortunatamente, è arrivata fino ai nostri giorni. L'Itinerario Antonini,
probabilmente dell'epoca di Caracalla. elenca il complesso delle arte¬rie servite dal cursus puhlicus
con aggiornamenti riferibili probabilmente all'epoca dell'impe¬ratore Costantino. Essa va messa in
relazione con la riforma di Diocleziano e di Costantino stesso e in particolare con l'annessione della
Sicilia all'Italia suburbicaria. prima sotto un corrector poi sotto un consularis.
CUGNO LUPO
In vernacolo Cugnu Lupa. Località posta fra la cava di Lencino ed il limite territoriale di Siracusa con
Floridia (contrada Rajana).
Il toponimo fa riferimento inequivocabilmente ai lupi. Questi animali carnivori affini ai cani si
presentano con collo robusto, coda pendente, pelame misto color grigio, nero e fulvo.
I lupi, nella nostra provincia, sono ormai scomparsi; ma fino all'inizio del nostro secolo ve ne erano
nei boschi e nelle cave (65). Il Ferrara (1887) così scrisse "I nostri boschi (di Sicilia) ne sono così pieni
che i pastori ed il Governo danno premi a chi ne uccide". I pastori temevano i lupi a causa delle razzie
di pecore che questi animali facevano. A protezione degli ovili venivano aperti fossati mentre sul
recinto si mettevano fascine di piante spinose e sassi appuntiti così come se ne vedono ancora nell'area
collinare iblea.
II cugno lupo è attraversato, in lungo, da una mulattiera congiun¬gente la piana di Monasteri con gli
altipiani di Bibbia. Questa mulattiera sembra una strada a fondo naturale alternativa alle vie greche e
romane.
Nel periodo medievale furono trascurate molte opere di ripri¬stino viario per cui molti tracciati
artificiali delle zone pianeggianti scomparvero. Ciò non avvenne nelle zone rocciose delle colline dove
il sistema stradale era costituito da "carrate" nel calcare, a causa del secolare attrito delle ruote.
Il deterioramento delle nostre antiche strade avvenne a causa della riduzione dell'uso del carro e del
prevalere dell'uso delle "redine", ossia di carovane di bestie da soma, che permettevano il trasporto a
(65) Molli sono i toponimi siciliani e calabresi che si riferiscono a lupi. Alcuni sono già citati in antichi
documenti dell'anno 1190: Handq al-l(u)b (vallonem lupi) riportato dal Cusa in Diplo¬mi greci ed
arabi in Sicilia (p.205. r.6/181): come pure Kudiya al-l(u)bub (monticulum lupo- rum) in ("usa (p.231
r. 5/195).
basio delle derrate, in file formate perfino da otto muli o asini guidati da un bordonaro.
"La redimi livellava progressivamente le esigenze di tutti gli iti-nerari, dalle grandi strade romane alle
trazzere ed ai percorsi più modesti, ma pur sempre accessibili alle redine e lettighe con muli.
Proliferavano i percorsi alternativi con una serie di varianti non concepibili in un sistema rigidamente
centralizzato, ma che si molti¬plicavano invece continuamente in un clima fluido, tra insicurezza ed
esigenze particolaristiche, quando si era costretti ad intraprendere percorsi alternativi, per evitare un
ponte crollato o l'inondazione di una fiumara o una zona bassa, impaludatasi per l'abbandono delle
opere di bonifica, oppure un posto di controllo daziario o di riscossione del pedaggio o un passo temuto
per le imboscate dei briganti" (66).
PASSO BARONE
In vernacolo Passu Baruni. Quadrivio fra la via principale che collegava gli ex feudi Floridia e
Monasteri e la via antica di Siracusa che portava ad Acre, raccordando nel contempo molti feudi
collinari alla città.
Il toponimo deriva dal siciliano Passu, cioè luogo di passaggio che si deve attraversare
obbligatoriamente per determinati motivi e Barimi, dal latino Baro, Baronis, cioè uomo fedele al re,
titolare di feudo in concessione e per questo tenuto a prestargli servizio
(66) Sicilia Rupestre a cura di C". De Fonseca: Lecce 1986.
personalmente o inviando uomini, cavalli, armi in caso di lotte o versando corrispettivo in danaro.
In siciliano il toponimo in oggetto è una forma contratta di Pussu do Barimi cioè Passo del Barone e
prende origine, sicuramente, da un diritto proibitivo che i signori del posto esercitavano su quanti si
trovavano di passaggio per quel quadrivio.
Se da una parte il barone doveva fornire i servizi ai suoi terraz-zani (strade, ponti, fontane, taverne,
molino, frantoio, palmento) dietro versamento di tasse, dall'altra proibiva a chicchessia, nel suo feudo,
di creare altri o similari servizi così che poteva esercitare l'industria e il commercio senza alcuna
concorrenza. Pertanto il barone in virtù dei diritti proibitivi poteva costringere quanti si trovavano nel
suo feudo a sottostare ad ogni genere di vessazione.
FONTANELLE
Località posta al confine est di Monasteri Soprano. Detiene questo nome per una sorgente d'acqua che
ivi si trova e che viene chiamata Sorgente Fontanelle, in siciliano Funtaneddi.
Agli inizi del nostro secolo, la portata d'acqua fu misurata in 0,05 litri al secondo.
OGLIASTRAZZO
In vernacolo Agghiastrazzu, località di Monasteri di Sopra. L'ori-gine del toponimo è chiaro in quanto
è il dispregiativo di Agghiastru, in italiano Oleastro o Olivo selvatico.
Questa pianta ha rami più o meno spinescenti e foglie a forma bislunghe, ovali o rotonde a seconda
dell'età dei rami. I frutti sono piccole olive con scarsa polpa che a maturazione raggiungono un colorito
nero-rossigno. L'oleastro è pianta spontanea della macchia mediterranea, soprattutto dei luoghi vicini
al mare. Esso viene piantato per fare da portainnesto agli ulivi e questo fin dal periodo siceliota;
l'oleastro è parte costitutiva del nostro paesaggio <67).
Per il toponimo in oggetto non so se il dispregiativo Agghiastrazzu sia dovuto al fatto che lì, in qualche
periodo storico, per motivi agronomici vari, si sia formato qualche grosso albero di oleastro o ci siano
stati oleastri che mal sopportavano gli innesti.
(67) Da una donazione di Adelicia. nipote di Ruggero II di Sicilia, alla Chiesa di Cefali! possiamo
ri¬velare Io stato vegetazionale nell'agro priolese con predominio di vigne, oleastri. mandorli, e fi-chi
selvatici "... Et inde pervenitur ad quedam vinealia. ubi apparent imiralia vetera diruta de lapidibus
siccis et inde itur ad quandam collem parvum ubi sunt oleastri ..." (Da Gai ufi. Per la storia dei secoli
XI e XIII ).
- Anno 1626. Con atto di enfiteusi del barone di Floridia a tale A. Greco si concedono terre con "alberi
di ulivo, piraini e ogliastri per 22 onze la salma" (atti del notaio La Guardia). -Alino 1812. Da un
proclama di regolamento nel feudo di Pi iolo si rileva che alle famiglie che verranno a domiciliare nel
detto feudo il marchese Gargallo darà tumuli di terra " e ciò ad oggetto di farvi quei benfatti che saranno
adatti alla natura del terreno e con l'obbligo di pian¬tarvi 32 ogliastri per ogni tumulo di terra, che al
quinto anno dovranno trovarsi innestati".
MORTELLITO
In vernacolo Murtidclitu, Murtiddita. Ai riveli rusticani del 1816 Mortellito di Monasteri.
E' un'ampia località posta a limite con gli ex feudi di Floridia e Cifalino.
Il toponimo fa riferimento ad un mirteto cioè a spazi di macchia mediterranea dove prevale la gariga a
Mirto oppure a luogo dove si coltiva il mirto (68).
Il toponimo siciliano Mortellitu è stato già rinvenuto in un docu-mento del XIV secolo, per quanto
dell'esistenza di un mirthetum nelle terre siracusane si legge in un documento federiciano del 31 marzo
1240 (69>: "dummodo venatio nostraque est ibi prope explantatione vinearum ipsarum non recepiat
lesionem et mirthetum vicinum venationi ipsi non destruatur prò eis". Da questa lettura ho buoni motivi
per pensare che il menzionato mirteto debba trovarsi in queste terre di monasteri, altre volte dichiarate
di regio sollazzo.
Che in quei luoghi si sia avuto, persistente nei secoli, un incolto (70) a mirteto è probabile, data la
natura argillosa del terreno ed il fatto che il mirto nei secoli scorsi produceva reddito.
Le foglie di mortella venivano utilizzate per la concia delle pel¬li (nello stile degli arabi dell'ovest)
come pure foglie e fiori venivano raccolti e venduti per la produzione dell'acqua angelica di uso
cosmetico.
(68) Murtidda. in italiano Mirto o Mortella, deriva dal latino medievale Mortella, diminuitivo di Minta.
Nel Rollo della chiesa di Monreale (anno 1182) trovasi scritto Mertu. In spagnolo dicesi Murtilla.
Questi vocaboli derivano dal greco Myrtos.
Raccorda con Fontana Mortilla.
(69) Huillard-Brèholles. Historia diplomatica Federici Secundi. Parigi 1852. 61.
(70) C he nel XVII secolo vi fossero in questa località delle aree incolte lo si evince da un atto di
concessione di terre "colte ed incolte di detto feudo in contrada Mortellito" eseguito presso il notaio
Di Giovanni di Siracusa in data 8 agosto 1626 (presso Arch. di Stato di Siracusa, voi. 10422).
Sull'utilÌ7,7.o del mirto riporto qui alcuni frammenti di atti del notaio Citella di Palermo: Pietro de
Baldancia si impegna con Roberto de Nicosia, conciatore, e soci a trasportare con i suoi quattro somari
"mirtham suam trituratam sive paratam, a primo tempore in quo eam parare inceperint" fino all'otto
settembre, dal paratore Jatini fino a Palermo (febbraio 1287). Filippo Pipitone si impegna con Roberto
de Nicosia, conciatore, a lavorare "tam in metenda quam in scotulanda inirtha" nella stagione del
raccolto, con il salario di tari 12 al mese (gennaio 1287).
Riporto altresì un atto di gabella da parte del Monastero di San Benedetto di Siracusa sulle terre del
feudo di Belfronte <7i> a tale Pietro Verna a dimostrazione dell'utilizzo della mortella a scopo
commerciale fino al XVIII sec.: "tanto l'erba quanto le piante selvaggie e domestiche ed effetto di
pascolare ogni genere di bestiame nel quale predetto feudo detto gabelloto possa e voglia seminare
anche le foglie del mortellito o cistinco ed anche di ciaramidaro ... Parimenti detto gabelloto si possa
raccogliere la pampina del mirto o mortellazza o cistinco esistente in detto fego, anzi quelle il suddetto
gabelloto possa e liberamente vendere, gabellare a conto proprio, come possa pure il gabelloto far per
conto proprio il ciaramidaro esistente nello stesso fego oppure quello gabellare a qualunque persona a
lui ben vista per quel prezzo e gabella come gli piacerà e detti prezzi e gabella così di detti mirti,
cistinco e ciaramidaro se li possa appropriare per essere già il prezzo di essi incluso in dette onze 107
di gabella che detto gabelloto dovrà pagare al predetto monastero ..."
(71) Allo stipulato in data 29 maggio 1720 dal notaio Polizzi di Siracusa (presso Arch. di Stato di
Siracusa, voi. 11674).
(50) Nella Martin» • Habitat rupestri, in T.C.M.. 1986.

Ascolta della terra il muto cauto, tra i sacri sassi, fuso ad echi di muse e venti d'oriente ... alle ossa
degli avi ci conduce
(Enza Giuffrida)
CAPITOLO III
LOCALITÀ' CIRCOSTANTI IL VALLONE CEFALINO FONTANELLE ED IL CANALE
SGANDURRA
IL VALLONE CEFALINO
Le acque di buona parte delle terre, poste nel triangolo Solarino Canicattini Bagni, Palazzolo Acreide
(località Bibbia, Montegrosso, Melilli (72) Zaiera, Serra, Cugno delle Canne, etc), si incalano in due
profonde cave chiamate: una Cirino e l'altra Spampinato - Culatrelli <73».
Gli alvei di questi due torrenti, incontrandosi in vicinanza di Floridia, continuano in un profondo
vallone chiamato oramai semplicemente "vadduni" per quanto, nelle carte topografiche dell'Istituto
Geografico Militare del 1868, e successive edizioni, il tratto sia denominato Cava Ciaraulo.
Proseguendo il percorso ed entrando nel territorio siracusano, questo stesso alveo torrentizio prende il
nome di Vallone Cefalino e più ad est di Vallone Fontanelle.
Quindi le acque entrando nella zona del pantano siracusano per¬devano, fino al secolo scorso, il loro
alveo e si spargevano alimentando le paludi.
Con il piano di bonifica delle "Paludi Lisimelie", si costruì un ca¬nale artificiale, chiamato Sgandurra,
che collegando il Vallone Fontanelle al canale dell'Anapo (circa 2,5 km. prima che l'Anapo arrivasse
alla foce) non permise più il dilavamento di queste acque torrentizie.
Il torrente Cefalino, nel suo percorso principale ha una lunghez-
(72) MiHddi. località dello smembrato Tendo Bibino.
(73) La cava Spampinato riceve acque da un bacino idrografico che risulta più ampio rispetto a quello
della cava Cirino.
Houel studiò gli ingrottamenti della cava Spampinato fra i quali " è molto interessante una grotta che
è ordinata quasi perfettamente come una casa, con parecchie camere di abitazio¬ne . una scala e persino
latrine". Houel menzionò anche un fatto degno di attenzione: "un tempo il fondo della cava era coperto
di boschi con cespugli inestricabili, ma per un incen¬dio accidentale gli alberi e i cespugli bruciarono:
gli abitanti di Palazzolo rivoltando il terre¬no per coltivarlo vi trovarono lance, frecce, ed altri
strumenti di guerra tutti di bronzo".
za di km.25 ed un bacino imbrifero globale di 95,65 kmq.. Esso attraversa il comprensorio siracusano
per circa 9,5 km..
BIANCUZZA
Terre comprese fra le masserie Navora e Napoletano, il canale Sgandurra e la strada provinciale per il
Ciane.
Il toponimo potrebbe essere riferito ad una tale di nome Biancuzza di cui mancano gli elementi per
l'identificazione del cognome; a me sembra più probabile il riferimento a qualche pioppo che, per
bellezza e maestosità, caratterizzava il paesaggio circostante. Il luogo sembra tuttora ideale per
boschetti di pioppi.
Il pioppo, attualmente, in siciliano è chiamato Chiuppu, Arbanu (dal lat. albus, bianco); jn basso latino
veniva chiamato Bianchiti; in latino Populus differenziato poi nella specie Alba, Tremula e Canescens.
In Sicilia, soprattutto nella zona orientale troviamo molti topo¬nimi similari al nostro Biancuzza.
Abbiamo infatti Blancu a Catania, Branchi ad Agrigento, Bianchetti! a Licodia e Militello, Brancatellu
a Bronte (74).
Il Massa visitando, nel primo decennio del 1700, la foce dello Anapo e la fonte Ciane così si espresse
"E' navigabile con piccole barchette e vi si gode di un'amenissima giocondità, per aver acque
chiarissime, e rasente le rive del suo letto, essere nell'una e nell'altra sponda coronato da pioppi, albani
e piante sempre verdeggianti ..."
(74) Da C. Avolio. Saggio di Toponomastica Siciliana (ora ristampato nelle edizioni dell'Ariete -
Siracusa).
La chiesetta della masseria Marchesa di Rigilifi

Il gigaro denominato "Aricchi i lepri"


La valle dell'Anapo vista dalle mura di Epipoli

I contrafforti rocciosi della cava di Mitragliamele.


SGANDURRA, CANALE SGANDURRA
E' una località, compresa fra Critazzo ed il fiume Ciane, che pren¬de nome dagli ex proprietari di
queste terre.
In quest'area insiste maggiormente quel canale artificiale che con¬giunge l'anzidetto vallone Cefalino
al fiume Anapo, costruito per bonificare le aree pantanose circostanti.
Per fare ciò si dovettero eseguire degli espropri, fra i quali un fondo seminativo misurato in metri
quadrati 12291,85 (75) di proprietà del signor Vincenzo Sgandurra (10 marzo 1888).
CRITAZZO
In vernacolo Critazzu, fra le contrade Sgandurra e Rigilifi. Un tempo queste terre erano comprese nel
grande feudo di Cefalino (76).
Il toponimo indica la giusta condizione geologica del luogo. Il terreno è formato in massima parte da
humus vegetale povero, in quanto prevale la parte argillosa e da uno spesso strato sottostante costituito
da melme di sabbia finissima mescolata ad argilla. Questi due strati, da un punto di vista geologico, si
sono formati in seguito ad alluvioni recenti. Se si scende in profondità con le trivellazioni, superato
uno straterello di conglomerati e tufo arenario, si trova uno strato, spesso in media 25 metri, di marne
azzurre del pliocene che riposa su un banco di sabbie e detriti conchiliari (strato delle falde
(75) Ai eh. di St. di Siracusa. Gabinetto Prefettura, pacco 1121. fascicolo Bonifica Paludi Lisimelie
(76) l)a un contratto effettuato dal notaio Polizzi. in Arch di St. di Siracusa, voi. 1 1655. del 13/12/1699
"Gabella nel feudo del Cifalino in contrada Critazzo".
acquifere). Seguono i sedimenti calcarei.
Critazzo deriva dal siciliano Crita, Critazzu per dire di un terreno argilloso.
Il toponimo, molto diffuso in Sicilia, si rileva già in documenti antichi (77).
CIFALI, FONTANELLE
In vernacolo Ci/ili, Funtaneddi. Si hanno questi toponimi in quei luoghi ove nasce e si diparte una
sorgente d'acqua (in siciliano anche lesta i l'acqua, cioè capo dell'acqua). Qui abbiamo una serie di
scaturigini di cui la maggiore, quand'era curata, perchè utilizzata, emetteva a stento 50 grammi d'acqua
al secondo (da misurazioni effettuate nel 1930). Si hanno poi una serie di stillicidi sgorganti dal terreno
"sottocosta" di Fontanelle che un tempo venivano raccolte in cave costruzioni (denominati scifi ) da
servire per abbeveratoio di animali domestici e per l'uccellagione.
Cifali, dal greco Kephale, che significa Capo (con senso di sor¬gente), secondo Alessio è nome di
mediazione bizantina (78). Funtaneddi deriva dal siciliano Fumana cioè sorgente d'acqua.
La località Cifali si trova fra Case bianche e Fontanelle. Fermata Cifali, sulla strada per Canicattini, è
da mettere in relazione con la
(77) 11 notaio Adamo ("itella di Palermo. IO Giugno 12K7. registra una vendita di uve bianche e nere
provenienti dalle vigne poste in contrada detta "de Critacis" .
(78) L'elemento greco nella toponomastica della Sicilia. Firenze 1956.
stazione ferroviaria ivi esistente fino a quando nel giugno 1956 non fu soppressa la ferrovia secondaria
Siracusa-Ragusa-Vizzini (79).
USORIA
In vernacolo Usuria. Contrada posta fra il vallone Fontanelle e le località Critazzo e Rigilifi.
Con vocabolo siciliano usuria o muraria si intende un interesse esorbitante, ingiustamente tratto da
denaro prestato dietro richiesta di interessi elevati, tanto da essere considerati illecito. L'usura un tempo
si esercitava anche dando in prestito cose, strumenti di lavoro, campi.
Un detto popolare italiano ricorda che "la terra non rende più con l'usura quel che si spende a coltivarla"
<«c».
Nel caso del toponimo in oggetto non so a cosa sia dovuto il riferimento.
S. AGOSTINO
In vernacolo Sant'Austimi. Località posta fra Serramendola e fermata Cifali. Nel periodo feudale, in
origine, era terra del feudo diocesano di Cefalino.
(79) La Ferrovia a scartamento ridotto SRRG-Vizzini fu realizzata dalla Società S.A.F.S. (Socie¬tà
Anonima per le Ferrovie Secondarie della Sicilia) ed il primo tratto Siracusa. Floridia. Solarino. di
complessivi 17.712 km. venne inaugurato il 19 luglio 1915. (HO) Zingarelli. Vocabolario della Lingua
Italiana (IX ed.) .
Mi ò stillo riferito che questi luoghi appartennero al monastero siracusano delle Agostiniane (o forse
degli Agostiniani scalzi?); ma non ho rintracciato alcuna documentazione in merito.
SERRAMENDOLA O MURGOBELLO
In vernacolo Serra mondila o Serrarne/ulula. Murgobello (riferito sempre alla stessa località, è
toponimo ormai scomparso <8i>.
Attualmente terre poste fra il vallone Fontanelle e le località S. Filippo Neri e Orecchie di Lepre <82).
Circa l'origine del toponimo Serramendola, premetto che esso probabilmente è stato dato dopo il XVII
secolo, in seguito ad un impianto intensivo di mandorli in qualche ristretta area della zona. Ci chiarisce
su ciò il notaio Polizzi < s3> "Pezzo di terra chiamato delle mandule con tutti gli alberi di diversa
sorte" ed ancora "La chiusa dietro il giardino di Campo e le terre dove ci sono le mandule".
Per quanto in un altro contratto, (effettuato il primo novembre
(81) Ardi. St. Sii.. Dagli ani del notaio Falbo (voi. 1 1358. 3 oli. 1682): Francesco Carrubba promette
a Francesco De Michele " di coltivare tutte le vigne esistenti nel luogo sito e po¬sto nel territorio di
questa città e nel feudo Cifalino e in contrada come si dice tlelle Mentitile o ili Murgabello . limitato
dai suoi confini, tranne quella pertinenza di vigne
vocata dello sperone ",
(82) Un tempo la località doveva essere più ampia. Ciò lo deduco da un documento di acqui¬sto di
terre che il duca di Floridia fece dai padri Gesuiti di Siracusa nel 1689 "li suoi con¬fini sono, pei
ponente confina con il luogo di S. Agostino, per levante con il luogo di Bellomo. pei tramontana con
la via reale di Floridia. pei mezzogiorno per la via reale ..." (Altre terre precedentemente date (anno
1602) in concessione perpetua al Barone di ("arancino " nel feudo Cifalino e contrada Senamendula"
erano patrimonio dei Gesuiti.
(83) Arch. St. di Sii. Notaio Polizzi. vol.1 1655 del 13ott.l699.
dello stesso anno) sempre il notaio Polizzi specifichi il nome della contrada come Serramendula <84>,
cioè un piccolo altipiano di mandorli.
Si evince già, dalla documentazione prodotta qui, che in quel pe¬riodo il toponimo in oggetto non era
ancora attestato tanto è vero che si parla anche di "terre di mandule" e per specificare meglio si cita il
toponimo Murgobello, sicuramente precedente nome della contrada.
Ma come mai è stato dato alla contrada il nome della coltivazio¬ne impiantata? Per capire ciò bisogna
ricordare che il mandorlo, per quanto abbastanza diffuso nella nostra area, ha avuto sempre alterne
fortune nella commercializzazione, legato com'è al consumo nazionale ed internazionale dei suoi semi
sia in pasticceria (per confezionare confetti, torroni, bibite) sia in farmacia e dermocosmesi (per l'uso
che si fa dell'olio) « ss».
I nostri proprietari terrieri usavano consociare questa pianta al¬l'ulivo ed al carrubo oppure solevano
impiantare un mandorleto rado, insieme ad ulivi, ai margini del terreno; tutto ciò per lasciare la parte
centrale alla coltura di cereali e leguminose.
Fino ai giorni nostri è difficile vedere impiantati man¬dorleti specializzati, per quanto sia accertato
che essi sono più redditizi delle colture miste.
Nel XVII secolo, pensare ad impiantare un mandorleto specializ¬zato, poteva considerarsi un fatto
raro, tale da caratterizzare la contrada e soppiantare il toponimo preesistente.
(84) Arch. St. Sir. voi. 1 1655: "vignale di terre scapole, casaleni. alberi di diversa sorte, domestici,
con comodità di pozzo, di pile ed atri situato nel territorio di questa città nel feudo di Cifalino e
contrada Serramendule".
(85) Un tempo si utilizzava la buccia coriacea dei frutti come combustibile per produrre nei forni.
(corcare) la calce viva, partendo dai sassi calcarei reperibili nei valloni: come sottopro¬dotto si
otteneva una fine carbonella che si utilizzava in casa accendendola nei bracieri ( nuzziliddu de' condii
). Si utilizzava pure il mallo, che incenerito, dava la soda pei usi dome¬stici (si usava nella produzione
di sapone) ed industriali. (La soda nel secolo scorso era lino dei prodotti che veniva esportato
maggiormente in Inghilterra: esso si estraeva pure dalle ceneri della salsola. che ne contengono fino al
40%).
Murgobcllo. toponimo scomparso, è senza dubbio riferito a que¬sti luoghi, fìssi un tempo si dovevano
presentare a prateria <86) e dovevano essere piuttosto acquitrinosi nel periodo invernale. Proprio a
Serramendola il terreno, patrimonio dei gesuiti, di are 13, veniva chiamalo "luogo del Margio". Ciò
rafforza ulteriormente le mie deduzioni.
Margio è toponimo siciliano antico che compare già in un di¬ploma del 1094 (riporato dal Vigo)
"dividit per medium lo margio quod pantanum vel terra silvestris latine nuncupatur".
Per Margio un tempo si intendeva, più che altro, un luogo panta¬noso con acqua stagnante nel periodo
invernale e asciutto nel periodo estivo. A Pantelleria con Marga si intende tuttora una piccola
estensione di terreno coltivata a vigneto e circondata da muretti a secco (87).
11 vocabolo deriva dall'arabo Marga(h) che, secondo il Freytag <x8) significa prato, maremma e
secondo Kazimirski <89) prateria.
(86) Cìli stralci di contratti del notaio Polizzi riportati nelle ultime pagine, così come l'ultimo che
riporto qui. riguardano "gabelle a bonifica".
Archivio di Stato di Siracusa: volume 1 1657 del 17/11/1701. Suor Margherita Pizzuti, abba- dessa del
monastero del Monte delle Vergini concede a gabella al sacerdote Pietro Angelino un luogo chiamato
"do cozzo dell'abbadia" posto nel territorio di questa città e nel feudo del Cifalino e contrada chiamata
del Murgobello".
(87) Gli arabismi nelle lingue neolatine con speciale riguardo all'Italia. Brescia. 1972.
(88) Lexicon arabico-latinum. Halis Saxonum. 1830-34.
(89) Dictionnaire arahe-francais. nuova ed. Parigi. 1960.
ORECCHIE DI LEPRE
In vernacolo Aricchi i lepri. Contrada posta fra Serramendola, Frescura ed ex fermata ferroviaria
Giustiniani. Località facente parte dell'ex feudo di Cefalino.
Il toponimo era già ben attestato nel XVII secolo. Trovo infatti una vendita in Orecchie di Lepre
effettuata nel 1664 dai padri Gesuiti di Siracusa ed una liquidazione di beni ecclesiastici alla casa della
missione in contrada "Orecchie di Lepre di Cifalino" per ha.75.
In vernacolo, con Aricchi di Lepri, si indica il gigaro nostrano, pianta velenosa dal portamento
ornamentale appartenente alla famiglia delle aracee. Essa cresce nei luoghi umidi ed ombrosi, ai bordi
di muri ed in vicinanza di rigagnoli d'acqua, soprattutto nel periodo invernale. Negli agrumeti, dopo
l'aratura dei terreni, spunta con facilità in quanto possiede rizomi profondi. Il nome locale della pianta
indubbiamente deriva dalla somiglianza che le foglie presentano con le orecchie delle lepri. Secondo
Parlangeli <9o» "l'etimo del vocabolo lepre va cercato in un fondo mediterraneo pre-indoeuropeo".
(90) In Kokalos X-XI. 1964.65. pag.233 e seg: "Scrisse Vano in De re rustica III. 12. 6."Lepori - na
graeco vocabulo antiquo dietimi leporem. quod eum aeoles boeotii leporin appellabant" ed ancora
Vario in De Lingua latina V. 101 "Lepus quod siculi quidam graeci dicunt leporin: a Roma quod orti
siculi, ut annales veteres nostri dicunt. follasse hinc illue tulerunt et liic reliquerunt id nomen" Tutto
sommato le notizie tramandatoci da Vairone non ci consento¬no di attribuire leporin alla lingua di
antichi abitanti della Sicilia ...
Ogni discorso etimologico Ila da tenere conto, oltre che del rapporto, qualunque esso fosse, tra leporin
e lepus, anche di leberis "coniglio" che Eroziano aveva da Polemarco e che. nel greco di Marsiglia,
indicava quell'animale.
Per spiegare leberis si suole attribuirlo allo strato ligure pre-indoeuropeo, attribuzione che sarebbe
confortata dal toponimo ligure "in fonteni Lebriomelum". Si forma così una catena etimologica che
partita da lepus e da leporis. attraverso leberis "coniglio" e lebriomelum si col¬lega alla base
(pie)romanza lapparo".
Da confrontare con il vocabolo siciliano Lappazzu per indicare una serie di erbe che hanno foglie
somiglianti ad orecchie di lepri.
FRESCURA
In vernacolo Friscura', in documenti del XVII sec. "contrada Friscura", "Luogo della Friscura "<9i).
E' località pianeggiante posta fra Capo Corso, Fermata Giustinia¬ni,Cardinale di Sotto,
Scocciacoppole.
Il toponimo, secondo Avolio, deriverebbe dal basso latino friscum che significa campagna incolta (92).
CEFALINO
(CONTRADA, EX FEUDO, VALLONE, SEZIONE FONDI RUSTICI)
In vernacolo Cifalinu. Il nome deriva dal greco Kephalé che si¬gnifica testa, capo ed in senso traslato
origine, principio.
Il toponimo è riferito alle sorgenti d'acqua che esistono nelle terre dell'omonima località.
Nella Sicilia Orientale sono parecchi i toponimi similari: Testa dell'Acqua a Noto e a Vizzini, Testa 'a
Pisima e Testa a Pisimotta a Siracusa (93), C'ifali a Siracusa, Catania, Chiaramonte Gulfi, Melilli.
Secondo il Mirabella, (94) la sorgente Cifalino sarebbe la fonte Archimedea commemorata da Plinio
e da Abramo Ortellio.
Attualmente la contrada Cefalino è costretta lungo l'omonimo
(91) Mi riferisco ad un allo di vendita effettuato dai Padri Gesuiti di Siracusa nel 1664. come pure a
scritture e liti riguardanti il luogo della Frescura fra gli anni 1631-1724. giacenti presso l'Alci), di St.
di Siracusa.
(92) Op. cit.
(93) Vedi nel 1 volume al toponimo Fonte Ciane.
(94) Delle Antiche Siracme. tav. Vili.
vallone <95) fra le località Mortellito, Cardinale, Papeo, Fontanelle, ed è ben poco spazio di terra
rispetto a quello che doveva essere il grande feudo ecclesiastico di Cifalino nei secoli precedenti.
Questo feudo comprendeva le terre circostanti l'omonimo vallone ad iniziare dall'attuale territorio di
Floridia fino ad arrivare al Pantano Grande, per cui errano quanti credono che il casale Cephelin,
concesso alla chiesa siracusana da Tancredi nell'anno 1104 <96) (poi riportato come casale Chifilin
nella bolla di Alessandro III a Riccardo vescovo di Siracusa nell'anno 1169 ( 97») sia da situare
sicuramente nell'area della contrada Cefalino. Per convincerci dell'estensione di quel feudo (98) riporto
parte di un atto di gabella del not. Di Giovanni, redatto il 19 ottobre 1631 (99) "loco chiamato la
Cavetta consistente in vigne, terre scapole, alberi di diversa specie, muri a secco tutti i posti delle api
o vascelle e con tutte le altre proprietà esistenti nel loco sito nel territorio di questa città in contrada
Cavetta e Carrano e nel feudo Cefalino, confinante da una parte con ... e la via pubblica" e noi sappiamo
dal Fazello che <ioo) "loco quem Carranum vocant ... non procul ab Olimpico tempio et iuxta Cyanem
fontem".
(95) Vedi alla pagina 62 il decorso del vallone C efalino.
In Siciliano, come pure nel dialetto calabrese ed abbruzzese. con vadduni si indica una piccola valle
fluviale, un torrente con sponde abbastanza ripide, un burrone.
Circa l'origine di tale vocabolo, secondo Avolio "la uscita in UNI dovrebbe comunicare a que¬sti
sostantivi un senso accrescitivo come avviene nel siciliano e. quasi generalmente, in tutto il romano.
Vediamo che il vecchio francese aveva una formazione simile per designat e la picco¬lezza. attaccando
il suffisso direttamente al tema o intercalando in ILL. Siccome il vecchio francese ci offre forme come
Vallon. Gurpillon. (urpagghiuni) con la stessa accezione del sici-liano. non posso dubitare che vadduni
e vurpagghiuni furono lasciati dai normanni". Secondo il Dizionario Etimologico Italiano di Battisti e
Alessio il termine meridionale Vadduni sembra passato al termine francese Vallon (da un documento
dell'anno 1529) sentito come di- minuitivo per attrazione al suffisso ON.
(96) Pirro. Sicilia Sacra. I. pag. 619.
(97) Pirro. Sicilia Sacra. I. pag. 623.
( 98) Controlla pure quella parte di atti pubblici riportati ai toponimi: Critazzo. Serramendola.
S.Lorenzo. Orecchie di Lepre. Petrotiia. (99) Voi. 10934 presso Arch. di Stato di Siracusa. ( 100) Vedi
al I volume il toponimo Carrano.
Il fatto che la fonte Ciane rientrasse nel feudo Cifalino fa sorgere il dubbio che il nome del feudo possa
derivare dalla maggior fonte d'acqua esistente nel territorio ibleo don. La località Cefalino, come le
località Cifali, Fontanelle, Cardinale, sempre ricadenti dentro l'ex feudo Cefalino, erano cosi chiamate
per la presenza di piccole sorgenti d'acqua nelle loro terre.
Cifalino è pure chiamata la sezione 11 dei fondi rustici del ter¬ritorio di Siracusa redatta il 6 luglio
1843. Essa comprendeva: Calabresi, Petronia, Fiumara, Casa Bianca, Serramendola, Petronia
nominata Palma, Fiumara Palma, Frescura nominata Orecchie di Lepre, Cifalino, Critazzo, Critazzo
ossia Rigilifi, Cifalino nominato Fontanelle, Orecchie di Lepre, Frescura, Frescura nominata
Artiglieria, Critazzo nominato Bordellino, Damma, Rigilifi nominato Vignale del Corso, Cavadonna
nominato Damma, Feudo Cavadonna, Benali, Fondovalle, Cardinale, Macchia, Cifalino nominato
Giustiniana, Monasteri, Feudo di Cavadonna e Quartararo, Feudo di Monasteri e C'ugni, Mortellito.
CARDINALE
In dialetto Cardinali. Ampia contrada dell'ex feudo di Cefalino divisa in Cardinale di Sopra e di Sotto
e compresa fra la strada statale 124 (dal km 8,5 al km 10) ed il vallone Cefalino. 11 vocabolo Cardinale
ha origine, attraverso il latino medievale, dall'aggettivo
(101) Vedi nel I Voi. al toponimo Fonti e fiume Ciane. Da misurazioni eseguite la sorgente Testa
Pisnia emette, a seconda della piovosità della zona iblea orientale e delle stagioni, all'indica da 800 a
1100 litri d'acqua al secondo. La fonte della Pismotta emette da 300 a 400 litri d'acqua al secondo.
tino Cardinatts che significa Principale, Fonda mentale.
Il toponimo potrebbe derivare dalla coltura dell'uva cardinale te in queste terre sarebbe stata impiantata,
nei secoli precedenti 02», per produrre il famoso vino di Cifalino; ma sappiamo quanto DCO le
denominazioni delle uve abbiano influenzato i nomi delle Mitrade.
Il toponimo, secondo le mie ipotesi, potrebbe essere giustificato il fatto che in questo luogo esistono
le sorgenti d'acqua del vallone efalino che hanno portata maggiore, circa 2 litri al secondo .
Bisogna qui ricordare che lungo le cave Cirino e Spampinato - ulatrelli non esistono sorgenti d'acqua.
Le prime quattro polle ;organo nel territorio di Floridia ed hanno portata inferiore al ro/secondo mentre
le due sorgenti denominate ufficialmente Cifalino Giustiniani, ricadono nelle terre di Cardinali.
Questa seconda ipotesi è avvalorata dal fatto che l'ex feu- o di Cardinali di Noto <i03) a mio avviso,
porta tale toponimo per /ere nella omonima cava la maggiore sorgente del vallone Canicattini Bagni -
C'avadonna <i04).
2) Innesto così denominato per essere considerato, fino ai nostri giorni, di fondamentale impor¬tanza
nella produzione di uve locali da vino.
3) Da misurazioni effettuale in data 5/10/1929 per conto dello Stato italiano.
3) Fra le attuali terre di Noto e Palazzolo Acreide: già menzionato nel XII secolo, in quanto concesso
dalla contessa Adelasia alla chiesa siracusana e posto poi sotto il rettorato del vescovo di C'efalù.
4) Trattasi della sorgente Fiumerella con portata di 120 It./s. di acqua.
GIUSTINIANI
In vernacolo Giustilianu o Giustiliani. Alla sezione fondi rustici del 1843 Cifalino nominato
Giustiniana.
Si è quasi perduta l'identificazione della contrada Giustiniani, in quanto si è creata confusione con il
luogo dove esisteva un casello con diritto di fermata per i treni dell'ex ferrovia Siracusa - Vizzini, che
venne denominato Giustiniani.
La contrada Giustiniani, con relativa masseria, trovasi in locali¬tà Cifalino, a confine con il territorio
comunale di Floridia, fra la strada statale 124 ed il vallone Cifalino.
In vicinanza della masseria esiste una fonte d'acqua con una por¬tata di quasi 2 litri al secondo,
denominata Giustiniani.
Si crede che il toponimo sia di origine bizantina, legato a qual¬che edicola votiva esistente nella zona.
Penso invece che bisogna andare cauti su tali affermazioni, in quanto non esiste alcun documento
comprovante queste ipotesi e non ho rinvenuto in Sicilia, alcun luogo chiamato San Giustiniano. ,
Esisteva invece nei secoli precedenti, in Siracusa, la potente fami¬glia Giustiniani dosi e spero che fra
gli atti esistenti presso l'archivio di Stato di Siracusa possa trovarsi qualche documento che metta in
relazione la contrada in oggetto con la menzionata famiglia.
( 105) Nella cronologia senatoria della città di Siracusa Ilo rinvenuto i seguenti giurati: Domenico
Giustiniani ( 1662 e 1666): Giambattista Giustiniani ( 1670). Mario Giustiniani ( 1690). Domenico
Giustiniani (1720). Ho rinvenuto pure una suor Maria Crocefissa Giustiniani, abbadessa del monastero
di S. Benedetto, nel sec. XVIII.
Non ho condotto ricerche su questa famiglia perchè ciò esula dal mio lavoro. Sarebbe co¬munque
interessante sapere se questo ramo discendeva dai famosi e potenti Giustiniani di Venezia o di Genova
e quando e perchè arrivarono nella nostra città.
PAPEO
Contrada dell'ex feudo Cefalino a margine del vallone omonimo. E' attraversata dalla strada comunale
congiungente la statale 124 (circa al km 9) con la provinciale per Canicattini Bagni (circa al km 6),
comunemente detta strada di Tivoli. In vernacolo papèu.
Sull" origine del toponimo si possono avanzare due ipotesi: po¬trebbe trattarsi di un nomignolo dato
a qualche proprietario delle terre oppure di un riferimento al papiro.
Circa la prima ipotesi va ricordato che in vernacolo papèo è il maschio dell'oca.
Per poter avallare la seconda ipotesi dobbiamo destreggiarci su fragili supposizioni.
II vocabolo papèo con significato di papiro, nella lingua italiana, è ormai in disuso; resiste solo e non
sarà per molto, nel dialetto senese, con significato di stoppa o stoppino (sempre derivati da papiro)
mentre non si trova riscontro di tale nome nel dialetto siciliano <106). Nei primi anni dell'Ottocento,
attraverso R. Gregorio, sappiamo che il papiro veniva chiamato localmente "papera" < io7>.
In riferimento al papiro possiamo pensare all'esistenza di papi¬ri lungo il vallone, soprattutto in
vicinananza di polle d'acqua dette in dialetto "urghi" (gorghi).
Sulle possibili lavorazioni che si facevano con questa pianta è da
( 106) Nel dialetto popolare, il papiro veniva genericamente chiamato col termine Juncu (giunco) e nel
siracusano anche Pilucca. Quest'ultima notizia è dedotta dalle notizie che il Capodieci ci fornisce
scrivendo del conte Cesare Gaetani. che nel XVIII sec. si occupò della produzio¬ne della carta papiro.
(107) La confusione sul nome popolate della fonte Aretina, detta untano e papiri " non si sa se dovuta
alla presenza delle oche nella fonte o alla presenza dei papiri.
escludere la produzione di carta papiro nom nelle masserie del siracusano mentre, dal periodo delle
repubbliche marinare al XVI secolo, abbiamo notizie indirette sull'uso del papiro a scopo di ottenere
filati grossolani < ioy». Una tale lavorazione si poteva effettuare benissimo nelle varie case abitate da
famiglie di contadini, soprattutto utilizzando manodopera femminile.
Attività lavorative del genere, nel luogo in oggetto, potrebbero giustificare il toponimo.
CASALE E LUOGO DI CASALE
In vernacolo Casali e Loca ciò'casali. Aree che si trovano nei dintorni della masseria S. Francesco sulla
strada comunale detta di
(108) I.a calta papiro venne usata comunemente fino al X secolo. Poi poco a poco venne surrogata con
carta di cotone, facilmente deperibile. Nel XIII sec. si arrivò al punto che l'imperatore Federico, con
lui provvedimento del 1224. dichiarò nulli quei documenti di un certo valore che non fossero scritti in
pergamena (Costituzioni, lib.I. titolo 80).
In un diploma della città di Palermo, del 1329. si legge l'approvazione della spesa di due once d'oro
per copiare in pergamena il volume delle Consuetudini della città, le quali "culli scriptae sint in cartis
de papiro erant. quodammodo quasi deletae et minus honorifice factae".
( 109) Da alcuni atti dotali si rileva la produzione di una tela (burdo). detta siracusana, buona per fare
materassi che nell'Italia meridionale veniva utilizzata allo stesso modo del burdo di Alessandria di
Egitto. La presenza del papiro nei due luoghi fa supporre l'ipotesi esposta. Da un documento del Codice
Barese (anno 1266) "Mataracium unum de burdo de Alexandria, coopertoria duo. unum de burdo (tela)
ed aiium fuscum (giunco)". Notaio Taglienti (atto del 16 gennaio 1486) "Materacium unum
siracusanum cum butana" ed ancora altri atti, riportati da Salomone Marino in "Le pompe nuziali ed il
corredo della donna siciliana nei secoli XIV. XV. e XVI": atto del 1506 "Mataracia quatur siracusana
facili et butana nova": atto del 1475 "Materatia tria di burdo siracusano".
Tivoli.
Questi toponimi derivano dal siciliano Casali che indica gene-, ralmente gruppi di case, nella tradizione
siciliana almeno una dozzina di "fuochi". Difficilmente si riuscirà ad individuare tracce di questo
casale, tra l'altro sconosciuto nella denominazione, in quanto la zona è stata sconvolta da un fiorire di
villette di campagna, quasi tutte costruite in abusivismo edilizio. In Sicilia molti luoghi portano tali
denominazioni.
Alle sponde odo l'acqua colomba Anapo mio; nella memoria geme al suo cordoglio uno stormire
altissimo ...
(Anapo di S. Quasimodo)
CAPITOLO IV
LOCALITÀ' CIRCOSTANTI L'ANAPO
IL FIUME ANAPO
Sul dizionario enciclopedico dell'UTFT. alla voce Anapo si leg- |e "Fiume della Sicilia Orientale, nasce
dal monte Lauro, la cima più llta degli Iblei, attraversa la gola di Pantalica e, fiancheggiato da
pittoreschi giunti e canne palustri, s'inoltra in un paesaggio che ricorda poesia di Teocrito. Sfocia nel
porto Grande di Siracusa, dopo un torso di 52 km."
Tutti concordiamo nel ritenere questa descrizione paesaggistica ìon più rispondente allo stato attuale
dell'ambiente e ci (dilungheremmo troppo se volessimo fare raffronti fra quanto hanno lecantato i tanti
viaggiatori e scrittori venuti a visitare questa sponde e l'attuale stato delle cose.
L'Anapo presenta il seguente andamento idrografico. Ha origine la quei più di 360 piccoli rivoli
d'acqua che sgorgano in contrada Zuffari dio), alle pendici meridionali del Monte Lauro, sopra
Buscemi. |Si Tratta di scaturagini che provengono dal tufo basaltico e che lungo |il percorso si
disperdono per evaporazione ed assorbimento del suolo.
Il fiume, nel suo alto percorso, riceve vari affluenti fra cui quelli Idi Palazzolo Acreide, che portano il
contributo delle acque provenienti dalle sorgenti Purbella e Adifacca (portata complessiva massima 23
[ lit/sec.) e di Bibino Magno del vallone Bibbinello < 111 >.
In vicinanza di Feria e Cassaro abbiamo altre numerose sorgenti Ile quali vengono in parte immesse
nell'acquedotto di questi paesi o
( 110) Fonti Gulfano. precedentemente Bufalo, stando a quanto scritto dal Fazello "Caput liabet
Anapus amnis supra Buxemam recens oppidum passus circiter mille à fonte bodie Bufalo
co¬gnominato. egressusque Buxemam à laeva Palazzolum vero à dextra praeterfuit.". (Ili) Da qui
hanno inizio le più cospicue sorgenti dell'Anapo con una portata d'acqua comples¬siva di 300 lt/sec.
Esse trovano utilizzazione nella produzione di energia elettrica ed in par¬te vengono immesse
nell'acquedotto Galerme.
utilizzate localmente per usi agricoli ed in parte vengono convogliate nell'acquedotto di Galerme
<112). Le acque che scorrono nel letto del fiume, subito dopo, scompaiono fra i sassi. Di questo tratto
di fiume scrisse il Fazelloun» "per alquante miglia ne lussurreggiano di platani le rive, ed abbonda di
saporite anguille e trote. Trascorso il territorio di Feria (l'Anapo) accoglie sotto Pantalica, un tempo
Erbesso, città deserta, il fiume Bottiglieria <114) ... " ora detto Calcinara e proseguendo nel suo
percorso prende le acque del vallone Ciccio, vicino l'abitato di Sortino < 11 s>.
Proseguendo nel percorso, l'Anapo non riceve più affluenti na¬turali e sorgenti degne di menzione. A
due chilometri e mezzo dalla foce, nel nostro secolo, vi è stato innestato il vallone Cefalino, considerato
ora il suo maggiore affluente, mentre non riceve più le acque della fonte Ciane. < i ìe».
Sul nome del fiume dobbiamo osservare che solo gli eruditi, nei secoli precedenti, lo nominavano
Anapo. Esso "a seconda dei vari luoghi, per li quali passa, accresciuto da molte fonti, muta più nomi,
finché entrando nel territorio ,di Siracusa, viene appellato Anapo; e qui mescola le sue acque con quelle
della fonte Ciane detto presentemente
(112) Le sorgenti più cospicue sono: Malvagia, e Isole Grotte.
(113) Deche, libro IV. cap.I.
(114) (Il Bottiglieria) "Nasce a due miglia sopra Feria a sud-est e dopo altrettante miglia di corso, tutto
viene assorbito e scorrendo sotterraneamente per un miglio, di nuovo apparisce per ti¬gnale raggio:
svanisce poi una seconda volta, ma dopo un miglio ritornando al di sopra, si unisce all'Anapo sotto
Pantalica".
Le sorgenti Bottiglieria e Pantalica emettono più di 300 It/sec, di acqua
(115) Le maggiori sorgenti sono: S.Sofia. Bottini, Canali. Bottini di Milano. Don Primo. Esse
complessivamente emettono circa 200 litri di acqua al secondo.
(116) Raccorda con i toponimi: Vallone Cefalino, ('anale Sgandurra, Fiume Ciane.
Pisma (in». Il tratto alto del corso con i suoi affluenti veniva chiamato fiume di Palazzolo; da Bibbino
in poi era detto Magno o di Feria. Nei documenti antichi gli affluenti di Sortino e della Bottiglieria
venivano nominati fluvius Xurtini; Edrisi chiamò questo tratto Nahar Bàntàrigàh cioè fiume di
Pantalica.
Nel territorio siracusano esso veniva chiamato Anapo. Questo nome si riscontra fin dal periodo greco:
Plutarco (27,2 e 28,2) ci narra che Dione, nella sua marcia da Minoa a Siracusa, non ebbe resistenza
da parte delle forze di Dionigi. Egli potè, lungo l'Anapo, scendere verso la città. Era il settembre del
357 a.C.. Altri riferimenti si hanno in Diodoro (XVI 68, 1/3) quando ci viene narrata la lotta tra Dionigi
II e Iceta e la conquista di Siracusa da parte di Iceta (345 a.C.); in Plutarco (Timol, 7,20/21); in Tucidide
nel sesto libro "Ad hunc Pontem Anapi fluminis solvunt"; in Livio lib. 24 "Hoc Jovis Olimpi Templum
prope dextram fuisse Anapi ripam, quà ad Pachinum versus itur ..."; ed ancora in Eliano Silio, Ovidio,
Vibio, Teocrito che nel I Idil. lo intitola grande: "Magnum flumen Anapi" etc.
Sull'origine del nome Anapo così scrisse il Mirabella "Se voglia¬mo dar fede all'interprete di Teocrito
così viene dichiarato Anapus cimnis est Sicilicie a pud Svracusas. Dictus autem Anapus, quia sine potu
est debilem habens aquam, vel quod pedibus transiri nequeat. Giovanni Boccaccio nel libro de' fiumi
scrive che alcuni lo chiamano Anapofolios, cioè Sopra tutti. Oggi, appresso al volgo si dice Alfeo ...
Vibo Sequestre nel catalogo dei fiumi ne parla in tal maniera Anecus Siciliae, qui per duo milia
passuum sub terra mergens Svracusis miscetur mari, appellaturque Ano, post Anopos caenos,
(117) Da una descrizione di E. Reclus ( 1865) "Il giorno dopo la mia visita al forte Enfialo, nella piamir
a dell' Anapo, andai a vedere, non già un monumento rovinato dei greci o dei roma¬ni. ma un'opera
della natura, ancora tanto graziosa quanto lo era ai tempi di Teocrito e di Mosco. E' questa la fonte
Ciane, dal dolce nome greco che vuol dire l'azzurrina. Per an¬darvi bisogna prima vogare sull'acqua
paludosa dell'Anapo. dove si respira la febbre e la morte: ma ai piedi di un dattero che si china sopra
il confluente, la barca penetra nell'acqua pura del ruscello del Ciane".
superior Antisphoros. I buoni professori di lettere vogliono che quel!'Anecus in Vibio sia corretto in
vece di Anapus: e io dico di più, che non può essere altrimenti; perchè non sappiamo altro fiume,
ch'entri nel porto di Siracusa, se non l'Anapo: altro segno ne è, che il medesimo nell'estate si nasconde
sottoterra per alcune miglia, quindi un'altra volta appare discosto quasi due miglia dal porto maggiore.
Il viziato testo di Vibio ha dato cagione a Mario Aretio nella de¬scrizione di Sicilia, ed a Vincenzo
Littara nelle memorie di Noto di fare cotal fiume diverso dall'Anapo, e con nuovo nome di chiamarlo
Aneo ed Anco. Lo stesso Vibio dimostrandoci le caratteristiche dell'Anapo dice che esso, dal fonte da
dove esce fino al luogo nel quale si nasconde, si chiama Antisforos, nel corso, che fa sotto terra, viene
detto Anos, da dove poi si fa rivedere fino al mare è nominato Anapos... ".
L'Anapo era discosto dall'antica abitazione della città un miglio ed un quarto. Plutarco in Dione: "...
Anapum. qui ad urbe stadia abest decem".
Ed ancora Bruno Massa: "Secondo lo scoliaste di Teocrito, la vo¬ce greca Anapus, nell'idioma dei
latini significa Sine Potu, nome appropriato a questo fiume per la sua poca acqua; ovvero si dice
Anapus , a giudizio di questo scrittore, perchè non si può travalicare a piè".
Il nome potrebbe provenire dall'Acarnania dove un affluente del¬l'Acheloo si chiama Anapos
(Tucidide II, 82).
L'ipotesi odierna e più accreditata è che il toponimo sia origina¬to dalla voce mediterranea Napa o
Nepa, poi introdotta in lingua greca, con significato di corso d'acqua. Secondo alcuni linguisti la A
antecedente non è privativa in quanto essa è frequente nelle voci del substrato linguistico, senza
apportare alterazioni al significato.
Indubbiamente, nei secoli, la portata di questo fiume avrà subito notevoli variazioni (basti pensare ai
disboscamenti operati a monte sugli altipiani, già fin dal periodo siceliota, a vantaggio delle colture
cerealicole), purtuttavia fino alla metà del nostro secolo, le acque defluivano calme fino a Belfronte.
Da quando, nel 1951, fu messo in funzione lo sbarramento di alimentazione per l'impianto idroelettrico
di Barraco, e dagli anni '60 in poi si incrementò la monocoltura ad agrumi, si può dire che in territorio
siracusano l'Anapo ha un decorso torrentizio, rimanendo asciutto per dieci mesi l'anno.
Di tanto in tanto, lungo il letto asciutto, ci si imbatte in qualche piccola risorgiva di acque freatiche (i
gurghi) ed è lì che tutt'intorno si formano delle stentate oasi di verde.
Nel medio tratto dell'Anapo sono scomparsi i tanto decantati platani. Niente più salici e tamerici, lecci
e roverelle. Di tanto in tanto qualche pioppo e più alla marina un intensificarsi di frassini <ii8>.
Eppure Felice Berquelot, da buon osservatore, nella metà del 1800, andando da Sortino a Siracusa,
annotò "La riva dell'Anapo, che seguiamo per recarci a Siracusa è deliziosa per la frescura e la ricca
vegetazione che la rallegra".
(118) Aggiungo qui ulteriori dati sul bacino dell'Anapo (che risulta di kmq.235.43, escludendo il
Cefalino) e sul suo andamento idrografico. Nell'alta valle le sorgenti principali emettono un totale di
1078 litri di acqua al sec. di cui l'acquedotto di Galerme ne preleva 250 per irrigare 501 are di terreno.
Nella valutazione del decorso torrentizio, si deve considerare una media annuale di precipitazioni di
1000 nini di acqua, concentrata massimamente in 60 giorni fra novembre ed aprile. Le piogge
torrenziali di breve durata possono precipitare fra i 70 e i I20mm di pioggia l'ora. Il 12/12/1931 la
portata media ordinaria fu stimata in mc/sec. 161. Il 5/12/1927 la portata piena rilevata al ponte
Diddino fu 311 mc/sec. Nella stessa data il ri¬levamento eseguito dopo l'incrocio dell'Anapo con
vallone Cefalino davano in piena 440.55 me./sec. e nei giorni successivi, a regime ordinario mc/sec
215. Le arginature di bonifica ini¬ziano all'uscita della gola di Mitragliamele per continuare a tratti
fino alla foce. In totale il bacino dell'Anapo con Cefalino. Fontana Mortilla e Ciane è di kmq.378.55.
Il volume di precipitazione annua è calcolata mediamente in 504 milioni dime.. Il volume del¬l'acqua
che potrebbe definire siili'Anapo dovrebbe essere di 146 milioni di metri cubi. Il vo¬lume di acqua
assorbita dal suolo è calcolato in 358 milioni di metri cubi.
PANTANELLI, FUSCO, PLAIA
Vedi nel primo volune i relativi toponimi.
REGINA E CANALE REGINA
In vernacolo Riggina, viene così chiamata quell'area, attraversata dal Viale Ermocrate, compresa fra
la stazione ferroviaria centrale e l'incrocio fra le vie Columba, Orsi e le strade per Floridia e Canicattini
Bagni.
Tale toponimo è legato ad una famiglia di coltivatori diretti che avevano, prima della lottizzazione
urbana della zona, un fondo rustico con mandorleto, ortaggi ed ovile.
Ultimi proprietari, a memoria d'uomo, sono stati i signori Salva¬tore Regina ed il figlio Antonio.
Un canale di bonifica dei Pantanelli, che raccoglie le acque del¬l'area compresa via Columba e viale
Ermocrate, si chiama canale Regina.
PONTE DI FERRO
In vernacolo Ponti i ferru, Ponti i ferra. E' attualmente così
chiamato il ponte della strada statale 124 (al km 407 circa) che
attraversa l'Anapo e per esso tutta l'area circostante viene così denominata.
Si deve comunque specificare che da quando furono costruiti gli alvei artificiali e contigui del
Mammajabica, del Ciane e dell'Arrapo si attraversano tre ponti, fin dagli anni '50, costruiti in
calcestruzzo. Ai nostri giorni si suole indicare il tutto come se fosse un unico ponte e denominarlo "di
ferro" <ii9) in quanto precedentemente e contigui agli attuali vi erano i ponti costruiti con traverse di
ferro così come se ne vedono attualmente lungo le linee ferroviarie.
11 sopracitato ponte veniva chiamato, fino al secolo scorso, anche Ponte della Stoppa per il fatto che
in quei luoghi, nei mesi di Luglio e di Agosto, avveniva la macerazione e l'estrazione delle fibre della
canapa e del lino < 120). In vernacolo Ponti 'a Stappa.
Altro toponimo popolare, oramai estinto, è Undici Ponti, in vernacolo Unnici Ponti, in quanto nel
periodo dell'esistenza dei tre ponti in ferro vi era il manto stradale rialzato rispetto al generale livello
della strada per cui per poter permettere l'accesso furono costruiti altri otto piccoli ponti.
(119) Anche ili documenti pubblici si può rilevare come ogni ponte della zona venisse comunemente
chiamato di ferro specificando poi quale di esso fosse. All'articolo 2 de) nuovo regolamento speciale
per l'industria della macerazione della canapa e delle piante tessili in genere, approva¬to dal Prefetto
del tempo e dalla Giunta comunale nell'anno 1902:"La macerazione della cana¬pa e del lino è
permessa nelle acque dell'Anapo dalla foce a risalire fino ad un punto che non disti meno di 50 metri
dal ponte di ferro della provinciale Siracusa-Noto" ed ancora "E" per¬messa la macerazione alla foce
del Ciane, da occupare anche il tratto del corso dell'acqua che dalla foce va a monte fino ad un punto
che non disti meno di 50 metri dal ponte in ferro della provinciale per Avola".
( 120) "L'estrazione della canapa e del lino non si effettuava nello stesso punto della macerazione,
bensì all'imboccatura del fiume e propriamente dove le acque si mescolavano a quelle del ma¬re. Sul
fiume, le cataste erano guidate da un uomo che stando in piedi su quelle come su una barca, con una
pertica in mano che poggiava ora a destra ora a sinistra, li conduceva dalla fo¬ce fin oltre il ponte, e
viceversa. Macerate le canape, si sfasciavano le cataste e si sciacquavano le manelle ben bene
esponendole poi diritte al sole ed all'aria lungo la spiaggia. Qui i raggi del sole, i venti e l'aria del mare
asciugavano le dette manelle che poi venivano lavorate" (dalla te¬si di laurea di F. Scottoli. La bonifica
idraulica ed agraria delle paludi Lisimelie 1886-1950). La produzione della canapa e del lino, nella
nostra provincia, dava lina certa mole di lavoro. Bisogna ricordare che. prima del 1880, si avevano nel
circondario circa 600 ettari di terreno coltivato a canapa e 206 seminati a lino. Inoltre nel capoluogo i
lavoratori addetti alla canapa ed al lino erano 1356 e nella provincia 6473.
Dalle notizie degli eruditi sappiamo che in questa zona, fra il 1500 ed il 1700. esisteva un ponte di
legno. C. Camillani visitando Siracusa nel febbraio del 1584 annotò "(Anapo) laonde vicino alla sua
foce viene attraversato da un ponte di legname mirabilmente accomodato" informazione che poi ci
viene confermata dal Mirabella nel 1700 "questo ponte che ai presenti è di nuova e bellissima fabrica,
prima, perchè era fabbricato di legname, si dicea il Ponte delle l'avole". Dell'esistenza di un ponte che
attraversava l'Anapo in vicinanza della foce abbiamo notizia fin dal periodo greco. Tucidide nel lib.
VI ci informa che in quei secoli furono edificati più ponti, fra i quali restò famoso il più vicino al mare
per la battaglia ivi vinta dagli ateniesi contro le milizie siracusane "dopo aver disfatto gli ateniesi quel
ponte".
Plutarco in Nicia "si in castris tunc existens Nicia Pontibus dcjectis pugnandi videatur occasionem
eflugere velie".
SANTENNERA
Località dei Pantanelli posta in vicinanza del fiume Anapo e della strada statale 114. In vernacolo
Santannera.
Santennera era la famiglia proprietaria di quelle terre nel seco¬lo scorso.
Nel 1877. fra i proprietari interessati alla istituzione del consor¬zio di bonifica delle paludi risultano
gli eredi Santennera (Blundo, Midolo. Failla).
FIUMARA E PONTE DI PIETRA
In vernacolo Ponti i Petra ; Fiumara, in vernacolo Ciumara, è to¬ponimo oramai scomparso. Qui c'è il
secondo ponte che attraversa l'Anapo e che probabilmente, a giudicare dell'antico tracciato viario, si
trova in vicinananza di uno dei ponti costruiti nel periodo siceliota e menzionati da Tucidide. Al di qua
ed al di là. del ponte si trovano essenziali nodi viari del territorio siracusano: strada per Siracusa; strada
per Tremilia, via Dammusi; strada Rigilifi, Monasteri, Cefalino e diramazione Case Bianche; strada
Pantanelli.
Il toponimo è giustificato dalla qualità di materiale usato per costruire il ponte.
Scrisse il Mirabella: "Oggi sul fiume Anapo tre ponti si vedono, detti uno delle tavole, l'altro delle
pietre e l'ultimo di capo corso"* 121».
La contrada Cinque Vie esistente nell'ex feudo Cefalino e riscon¬trata in un contratto di enfiteusi
redatto presso il notaio Di Giovanni in data 17/8/1629, penso sia riferita a questa località.
La denominazione comune di queste terre poste lungo il corso dell'Anapo era Fiumara. Con ciò in
siciliano si intende un torrente dal letto ampio, più 0 meno inclinato, a volte ghiaioso e normalmente
asciutto <122), caratteristiche queste che si addicono all'ambiente che stiamo trattando. In parecchi atti
del XVII sec. ho riscontrato questi toponimi (123).
(I2IJ Delle Antiche Siracuse. Palermo. 1717.
(122) Nel ragusano sono quelle strisele di terreno del fondo valle delle cave che possono essere
irri¬gate per coltivare ortaggi. ( 123) Notaio Giuseppe Polizzi. voi. 1 1651. 15/3/1693. Gabella di
vignale di terra" sito in feudo della Fiumara e contrada del Ponte di Pietra"
Not aio Falbo, voi. 11663. 2/1 1/1707. "La rev. suora Remigia Arezzi abbadessa e il rev. Canonico don
Gaetano Giustiniano, procuratore del ven. Monastero del Monte delle Vergini di questa città di
Siracusa ... concedono al notaio Andrea La Tagliata un luogo con vigne, al¬beri ... in contrada della
Fiumara o del Ponte di Pietra confinante ... la via pubblica ..." Voi. 1 1359. 23/1/1684 come pure voi.
11350. 31/9/1672. Giuseppe Mangiafurti gabella Paolo Rizza "che riceve un luogo con vigne,
palmento, conzi e senie e con tutte le altre pro¬prietà esistenti sito nel territorio di questa città e in
contrada Fiumara".
FIUME ROTTO
In vernacolo dumi ruttu.
Toponimo ormai scomparso ma significativo per indicare il luo¬go di rottura degli argini del fiume e
lo straripamento delle acque torrentizie nelle terre circostanti.
Il fiume in quel punto fu sistemato ampliando il letto del corso ed alzando robusti argini <124).
CASE BIANCHE
In vernacolo Casi janchi .
La località Case Bianche si trova fra l'Anapo ed il Canale che raccoglie le acque dilavanti che
provengono dal lato Nord-Est di Orecchie di Lepre, S. Filippo Neri, Serramendola, S. Agostino. Queste
terre sono attraversate dall'antica strada che faceva da collegamento a monte fra il ponte di Capo Corso
ed il Ponte di Pietra, permettendo quindi l'attraversamento dell'Anapo e dei Pantani in caso di
ingrossamento delle acque del fiume e delle paludi.
Non so a quali Case Bianche si riferisca il toponimo.
PALMA E PETRONIA
In vernacolo Pamma, Fuimi Pamma, Pitrunìa. Sono località cir-
( 124) INHA. Studi su trasformazioni fondiarie, osservatorio di economia agraria per la Sicilia.
Risultati tecnici ed economici di alcune bonifiche siciliane. Roma. 1938.

ostanti l'Anapo poste fra il ponte di Pietra e il Ponte di Capo Corso.


La località Palma, detta anche Fondo Palma, potrebbe aver pre- o tale toponimo da qualche alto albero
di palma esistente nella zona ecoli addietro, (forse in vicinanza della masseria, così come se ne -edono
nelle nostre campagne), tale da essere ben distinguibile fra il erde circostante.
Petronia deriva dal greco Petronos, che vuol dire luogo sassoso d è toponimo consono alla contrada.
Smorzandosi in quell'area la orza delle acque torrenziali invernali dell'Anapo ed iniziando
'impaludamento, si notano in queste aree depositi di ciottoli di varia grandezza.
Questi due toponimi si riscontrano frequentemente in atti notarili : liti avvenuti nei due secoli scorsi,
come pure nella confisca dei beni ecclesiastici «usi e nei ruoli dei riveli rusticani di Siracusa eseguiti
nei jrimi decenni del secolo scorso. < 126>
S. FILIPPO NERI
Posto tra Serramendula e strada Case Bianche, è quella par¬ie della contrada Orecchie di Lepre
appartenente un tempo alla casa religiosa di S. Filippo Neri < 127). Da un atto del notaio Polizzi
125) Are 21 confiscate al Convento del Carmine in "contrada Tremilia e Palma".
Are lOdi terra confiscate "in contrada Petronia ai canonici secondari di Siracusa".
126) Leggesi Petronia nominata Palma: Fiumara Palma: Palma: Luogo delle due braccia e Palma.
127) "Collocata sulla strada della M astratila II fondatore ne fu il sacerdote Don Francesco Grandi,
nobile siracusano, che la eresse nel 1650". L'oratorio S. Filippo Neri possedeva terre in con¬trada
Frescura. Orecchie di Lepre. Maddalena. S.Lorenzo. Pantano.
(voi. i 1657 del 3/10/1701) "Vigne del ven. oratorio di S. Filippo Neri poste ... in contrada
deH'Auricchie di Lepro".
AIOVARA
In vernacolo 'a Juvara . Località posta fra il fondo Palma ed il fiume Anapo.
Deriva dal basso latino Jugus, Jugata, a sua volta derivati dal la¬tino Jugerum. Si tratta di unità
convenzionali di misura di superfice. In periodo romano questa misura di terreno corrispondeva a
240x120 piedi quadrati <i28(, cioè quanto una coppia di buoi, attaccati allo stesso giogo (jugum), ne
poteva arare in un giorno.
CAPOCORSO
In vernacolo Capucursu. La località è compresa fra contrada Frescura ed il fiume. Il ponte della strada
statale 124 che permette di attraversare l'Anapo in quella contrada ha la stessa denominazione. Che in
quella zona esistette un ponte fin dal periodo greco siceliota è probabile in quanto l'antica strada, a piè
di altipiano, Fusco, Tremilia,
( 128) Il piede risultava un quinto del passo cioè metri 0.296.
Medica, Capocorso, Frescura era quell'arteria strategica principale che permetteva il controllo dell'area
Iblea e nel contempo dava la possibilità, nel periodo invernale, di aggirare i pantani in caso di piene
abbondanti e di impraticabilità delle strade a valle. Tucidide, nel sesto libro ci narra di più ponti
sull'Anapo ma accenna solo al ponte vicino alla foce e non specifica dove fossero ubicati gli altri.
Agli inizi del 1700, il Mirabella annotò "oggi sul fiume Anapo tre ponti si veggono detti delle tavole,
l'altro delle pietre e l'ultimo di Capo corso" <129).
Sull'origine del toponimo non è possibile la derivazione da "capo di corso di fiume" in quanto oltre
quella località l'Anapo aveva ancora un suo alveo naturale e d'altra parte sappiamo che con "Capo" si
indicava abitualmente l'origine delle sorgenti.
Si dava invece il nome di "Cursu" a località esistenti ai margini di valloni <i3o> in ricordo del nome
di un diritto feudale 0 demaniale di procurare il pasto per i maiali "pastio seu glandotio porcorum in
silvis, quas pascendo percurrunt".
11 toponimo ci indica che l'Anapo ed i suoi affluenti dovevano essere costeggiati, in altre epoche, da
querceti tali da poter permettere l'allevamento di maiali. Ci troviamo di fronte al caratteristico bosco
greco, al sctltus latino "saltibus in vacuis pascant", dove si lasciavano pascolare allo stato libero equini,
suini, caprini, ovini fra querceto rado, macchia e prateria incolta <1311. Non dimentichiamo che la
(129) Delle Antiche Siracuse.
(130) Rigililì chiamato Vignale del Corso (vedi ("efalino alla sezione fondi rustici). Contrada del Corso
dichiarata nei riveli rusticani di Floridia del 1811 dalla vedova Lucia D'Avena.Corso alla sezione fondi
rustici di Flordia.
(131) In un atto stipulato presso il Notaio Matteo La Guardia di Siracusa in data 7/8/1626 in cui donna
Flavia Bonanno e Perno, baronessa di Floridia. concede in annua soluzione enfiteuti- ca ad Antonio
Romano una salma circa di terra "La Cursa delli ("ersi confinanti con le terre concesse ad Antonio
Cocula dall'altra parte col vallone ... Il terreno delli (-'ersi viene stima¬to a ragione di 27 onze per
salma" Il prezzo del terreno ci fa capire subito che il terreno in questione . confinante con il vallone
era già stato disboscato. Il toponimo ci indica che in quel luogo si trovava un Cursus a Celsi, cioè a
querce, in siciliano cerzi.
contrada contigua soprastante è denominata Frescura cioè terreno incolto (vedi alla voce relativa).
Capucursu starebbe quindi per "inizio del Cursus".
COSCIA DEL PONTE, MATAPONZIO
In vernacolo Coscia 'o ponti e Mattaponziu. La prima località trovasi a Capocorso, la seconda al
confluente fra frescura e Capocorso.
Coscia del ponte indica la dolce curvatura collinare, modellata dalle acque fluviali, che dà possibilità
di poggiare la costruzione dell'attuale ponte. In un atto del notaio Falbo (voi 11357, 22/8/1680) "Coscia
del vignale di Capo Grosso".
Se Mataponzio dovesse derivare dal greco bizantino metà e pòntos, abbiamo ulteriori frammenti
informativi sull'esistenza di un passaggio in riferimento a sentiero, strada o forse ponte.
Il dato più certo ci proviene da un diploma del 25 luglio 1375 in cui Re Federico III accorda il privilegio
al monastero di S. Benedetto di poter costruire un mulino ad acqua; chiamato poi di Matteoponzio o
Matteoponzo di cui resta memoria per le liti che avvennero tra il monastero e il marchese di Sortino
per l'utilizzo delle acque dell'acquedotto di Galerme.
Non sappiamo se quel mulino prese nome dalla contrada o la contrada venne così chiamata perchè il
mulino lì esistente appartenne in qualche periodo a tal Matteo Ponzio.
MEDICA
In vernacolo Medica ed anche Locu a Medica. Località posta fra l'Anapo e l'ex feudo Sinerchia, a
qualche chilometro dal ponte di Capocorso sulla strada Bclfronte-Taverna.
Questo toponimo, secondo l'Avolio, < 132> deriva dal greco Medicos che vuol dire Arancio " 'a
Medica ad Assoro; 'a Frammedica a Noto, nei codici Chalmedica (chal dall'arabo rahal, casale), come
dire: casale dell'arancio". G. Alessio <i33> non è certo sulle ipotesi dell'Avolio ma non dà spiegazioni
esaurienti su quanto afferma.
A mio avviso, Medica potrebbe derivare pure dall'arabo Medik che vuol dire passo, passaggio
attraverso una strettoia <134).
Tutte e due le derivazioni, data la morfologia del luogo, potreb¬bero essere attendibili, sia perchè da
lì con molta probalità passava la famosa via che da Siracusa andava ad Acre e Gela, sia perchè questi
luoghi si presentavano ideali per la coltura degli agrumi. I terreni della zona sono irrigati con l'acqua
proveniente dall'acquedotto Galerme, sono riparati dai venti di tramontana e dalle gelate, presentano
suoli abbastanza permeabili <i3S).
(132) Op. cit.
(133) L'elemento greco nella top. Sic.. Firenze. 1954-1956.
(134) A Pantelleria esiste il toponimo Midiki con significato affine. O.De Fiore. "Toponomastica di
Pantelleria" in Archivio Storico per la Sicilia Orientale. 1930.
( 135) I Romani chiamavano l'arancio Medica ed il frutto relativo Malum Medicum. La
denomina¬zione arancia deriva dall'arabo Narang o dal persiano Nareng. a loro volta derivati dal
sanscri¬to Naranyia. L'arancio dolce, in Giappone, veniva coltivato almeno qualche millennio prima
di Cristo, ma non sappiamo se fu introdotto nel bacino del Mediterraneo dopo le spedizioni di
Alessandro Magno dalla Persia.
In un testo cinese del primo secolo d.C. si legge "Ta-ch'in (l'impero romano) giace ad occi¬dente del
mare... Si estende per varie miglia di lì (mis. di lungh.), ha più di 400 città e deci¬ne di regioni da esso
dipendenti. Le mura della città sono di pietra. C'è una rete di stazioni postali, tutte imbiancate a calce.
Ci sono cedri e ogni sorta di alberi e piante. La popolazione è agricola. Coltivano vari prodotti...". Per
cedri potremmo pensare ad alberi del genere Citrus e quindi anche ad aranci.
Siamo sicuri che almeno l'arancio amaro nel periodo romano imperiale era diffuso. I romani con il
frutto facevano bibite addolcite col miele ed usavano cavare gli olii essenziali dalle buc¬ce. La
coltivazione intensiva iniziò sicuramente con gli arabi e sempre in relazione al consu¬mo locale che
si poteva fare del frutto. L'arancio dolce fu introdotto nel Mediterraneo nel XVI sec.. dopo che i
portoghesi lo portarono dalle regioni dell'Est Asiatico (Aranciti par- tuallu) propagandolo per innesto
sull'arancio amaro.
SCORCIACOPPOLE MANGIAPICCA
Scorciacoppole, in vernacolo Scocciacoppili, è località posta fra la strada statale 124 (km 9,5 - 10.5) e
l'Anapo. Contrada Mangiapicca, in vernacolo Manciapicca, è posta tra il limite territoriale di Floridia
e Scocciacoppole.
Sono luoghi argillosi, poveri di humus, un tempo acquitrinosi per vari mesi all'anno. Furono resi
coltivabili a seguito di drenaggio delle acque piovane.
Penso che i toponimi derivino dal fatto che queste terre con i metodi tradizionali di coltura, dovevano
essere diffìcili da lavorare e poco fruttuosi per resa economica.
Ai riveli rusticani del 1811 tal Antonino Lampognana dichiarò di possedere terre in contrada del feudo
Scocciacoppole. Il toponimo, quindi, risale ad epoche storiche precedenti allo scorso secolo.
BELFRONTE
In vernacolo Bellajfrunti. Ex feudo ai piedi della collinetta di Belvedere, lungo l'Anapo fra Capocorso
e Muragliamele. Qui le acque dell'Anapo, fino al secolo scorso si perdevano fra i sassi del letto per poi
ricomparire ai pantani.
Le mie ipotesi sull'origine del toponimo sono abbastanza fragili, purtuttavia non esporle
significherebbe rendere ancora più difficile questo tipo di ricerche.
11 toponimo, se deriva dal basso latino, potrebbe significare "quel che sta davanti è bello", "bel
paesaggio" <i36>; se deriva all'arabo (blat e hafran) significherebbe "acquedotto dalle lastre di pietra"
"lussimi, sajuni con lastre di pietra" d37> (penso in riferimento all'acquedotto Galerme anziché alla
cava ora detta di Muragliemele che si credette allargata in periodo greco siceliota ad opera dagli
schiavi).
Degli antichi documenti si può rilevare che questo feudo, dal XVI sec. in poi, risulta unito a mezzo
feudo Diddino ins» e ciò fino a quando, nel XIX secolo, non venne scisso definitivamente.
Ai riveli rusticani fu dichiarato dall'allora proprietario barone Calcedonio Navanteri.
In un allo del 1720 si fa menzione del feudo "Aldino o Belfronte". Penso si tratti di un errore del notaio
Polizzi che volendo tradurre in italiano "Diddinu" lo pensò derivato dal siciliano "di Dinu" < 13s>>
traducendolo in "di Aldino".
( 136) Confronta con il toponimo Belvedere.
(137) L'ing. Vito Moschetta mi disse di aver rintracciato resti di una derivazione dell'acquedotto di
Galerme verso Belfronte. risalente al periodo bizantino, ma non ebbi modo di constatare ciò a causa
dell'improvviso trasferimento dell'informatore.
( I3R) L'altro mezzo feudo era accorpato al feudo di monte ("limiti.
Da un atto del notaio Falbo (voi. 11350 dell' 1/12/1672) sembra che parte del feudo Belfronte in quel
periodo, doveva essere tutt'uno con il feudo di ( arancino: gabella concessa dai coniu¬gi Prinzi a
Caterina Savona per "un luogo con terreno scapolo, alberi di diversa sorta e di ulivi siti nel territorio
di questa città di Siracusa e nel feudo Carangini e Belfronte il quale luogo concesso a bonifica, detta
Savona dice di aver visto e conosciuto*.
( 139) "Suor Maria Crocefissa Giustiniana, abbadessa del veti. Monastero di S. Benedetto aggregato
al Monastero di S. Chiara di questa città di Siracusa gabella, per tre anni, a don Pietro Verna un feudo
chiamato di Aldino o di Belfronte esistente in questa città con tutte le capre,ovili, acque, fonti, pozzi
d'acqua, pascoli, erbaggi, lidaggi. terre e rimanenti altri proprietà e como¬dità pertinenti al predetto
feudo, tutto l'intero pascolo di detto feudo, tanto l'erba quanto le piante selvagge e domestiche ad
effetto di pascolare ogni genere di bestiame nel quale predet¬to feudo detto gabelloto possa e voglia
seminare anche le foglie del mortellito o cistinco ed anche di ciaramidaro ... (per) onze 107 di gabella
che detto gabelloto dovrà pagare a detto monastero ..." (notaio Polizzi: voi. 11674. del 24 aprile 1720).
S. TOMMASO
In vernacolo Santu Masu. Località dell'ex feudo Carancino, a margine dell'Anapo. Il toponimo è con
molta probabilità riferito al santo aquinate ma non so quale ordine religioso glielo abbia imposto in
quanto queste terre del feudo di Belfronte già nel 1600 risultano appartenenti a vari ordini religiosi.
Ilo riscontrato parecchi atti che riportano il toponimo San Maso: "Un loco chiamato S. Maso ... sito
nel feudo di Belfronte"IMO» ma qui voglio riportare parte di un contratto stilato dal notaio Mangalaviti
«un che oltre a descriverci parte di queste terre e degli immobili in esse esistenti ci dà indicazioni sul
valore dei beni prima e dopo il grande terremoto del 1693. "Possedendo il ven. Convento dell'Ordine
dei Minori di S. Francesco di Paola di questa Città di Siracusa ... due luoghi congiunti e collaterali siti
nel territorio di questa città e nel feudo chiamato di Belfronte di 5 salme e 4 tumuli, uno chiamato di
S. Tommaso ..., nel quale luogo prima del terremoto esisteva un trappeto per-macinare le olive con
comodità di case per abitazione dei coloni, che rimasero distrutti e demoliti, e un altro piccolo luogo
di una salma e quindici tumuli, con alberi domestici e selvaggi, antico possesso di detto convento ...
Dei due luoghi, prima del terremoto, i frutti annuali ascendeva¬no alla somma di 800 scudi ed ora alla
somma di 25 scudi.".
(140) Notaio Di Giovanni: 6/1 1/1633. voi. 10938. Ardi. St. Siracusa. ( 141) Voi. 11317: 10/7/1696.
MOLINELLI, MOLINO MARTINI, PASSO MARTINO
Molinelli è toponimo oramai inesistente ma da me rilevato in un contratto del notaio Polizzi redatto
nel 1706; "nel feudo di Belfronte, uno (podere) in contrada S. Tommaso, l'altro in contrada dei
Molinelli" < 142).
Il toponimo ci indica che nelle terre di quella contrada esisteva un molino ad acqua, quindi o si trattava
del molino di Carancino (fra i feudi Carancino e Belfronte) che macinava con le acque dell'acquedotto
di Galerme, oppure si trattava del molino Martini posto attualmente nella località Muragliemele, a
limite con l'attuale contrada Belfronte. Il molino Martini, in vernacolo mulinu Martinu, funzionava
con le acque della sorgente Martini (6,6 lt./sec. di acqua), proveniente dal fosso Martini affluente
dell'Anapo.
Il tratto di strada, ex trazzera regia, che discende e risale dal fosso Martini è detta Passo Martino, in
vernacolo Passu Martinu. Troviamo questo toponimo in varie zone della Sicilia Orientale fra le quali
rimane nota quella che permetteva l'attraversamento del Simeto, vicino all'attuale ponte di Primosole.
Le trazzere Martino a Floridia ed a Canicattini, attraversano valloni. Non credo che Martini o Martino
sia da porre in riferimento ad antichi proprietari di quelle terre o del mulino.
Passo, dal siciliano Passu, indica un passaggio, per lo più obbli¬gato, di un monte, di un fiume o di
una zona che, per particolari condizioni orografiche, costringe a certe vie di attraversamento.
I passi, un tempo, erano considerati luoghi malsicuri a causa del¬le continue postazioni di brigranti.
( 142) Voi. 11661.
MURAGLIAMELE
In vernacolo 'Mprogghjmeli, 'Mprogghiameli. Ampia località po¬sta fra l'Anapo ed il territorio di
Floridia. Faceva parte di quella grande baronia costituita da mezzo feudo di Diddino ed i feudi di
Belfronte e Fresuccia « 143».
Alcuni credono che la storpiatura del toponimo di questa locali¬tà nell'italiano Mitragliamele 0
Muraglia di Mele, sia dovuta al gruppo rilevatore di topografia e toponomastica che nel 1868 preparò
le carte topografiche a conto dell'Istituto Geografico Militare. Ciò non risulta a verità in quanto già in
atti del XVII secolo ho riscontrato Muraglie di Mele (144).
Circa forgine del toponimo suppongo che esso con molta proba-bilità derivi dall'arabo "Al- Muraci al-
Amil" cioè "Terre dell'Ami!". I mulsulmani con Al marad intendevano una particolare prateria dal
"suolo duro, dove l'acqua non è assorbibile e dimora stagnante" < 145». Amil veniva chiamato quel
nobile mulsumano che ricopriva particolari cariche sociali. Nel periodo di Ruggero II, egli aveva, nelle
terre mulsulmane, gli stessi compiti che aveva lo stratigoto ( i46> nelle terre greche ed il vicecomite
nelle terre dei nuovi coloni venuti al seguito dei Normanni. "L'Amil. ufiìciale di stato scelto fra i colti
mulsulmani che si erano assoggettati al nuovo regime, fungeva da governatore ed era privo di autorità
giudiziaria, appartenente quest'ultima ai Qàdì e agli
( 143) La Baronia di "Monteclimato. Didini. Fresuccia e Belfronte" fu riunificata il 20 aprile 1736 da
don Giuseppe Gennisi da Modica quale procuratore di don Vincenzo Beneventano. Barone del Bosco.
Questa successione avvenne per concessione enfiteutica. con patto di ri¬scatto. fatta da Matteo Basile,
arcivescovo di Modica, quale fidecommissario ed esecutore testamentario delle disposizioni della fu
Eleonora Barresi Branciforte. moglie di don Diego Ibarra.
(144) Notaio di Giovanni (voi. 10942: 21/3/1638). Luca Fiducia subgabella una intera metà di quella
tenuta chiamata "Le muraglie di meli" sito nel territorio di questa città di Siracusa e nel feudo di Didino
e Belfronte.
(145) Kazimirski. Dictionnaire arahe-francais. Paris 1960.
Da un documento del 1235: "Iardinum fontis Dynlimradi (ain al-Marad)". ( 146) Raccorda con il
toponimo Straticò al I volume.
Hakim". In alcune carte genovesi del XIII sec. si nota il passaggio da Ami! in Milium e Milum <i47>.
Una località di Palermo è chiamata Falsomiele, dal sic. fausumeli , derivato dall'arabo Finis al-Amir ,
cioè il podere del Principe o dell'Ami!.
Meno probabile la derivazione di 'Mprogghiameli da Marg al-Amil, prateria del principe. E' da
ricordare che in arabo Marg significa prato, mentre in siciliano passò ad indicare una palude,
acquitrino, in sic. Margiu « i4s>.
Poco probabile pure la derivazione da Mulgus al-Amil o Murga al-Amil per indicare "macerie,
muraglie distrutte, mucchi di sassi di una distrutta costruzione del principe".
La località, ora bonificata, si presentava fino alla prima metà del nostro secolo in buona parte
acquitrinosa, con acque delle pioggie invernali stagnanti fino ad aprile. I contadini solevano chiamare
queste terre basse col toponimo 'u nfernu mentre le terre più asciutte venivano denominate 'u pararusu
in quanto meglio lavorabili e di miglior fruttato agricolo.
Le case Muragliamele rispettano sicuramente il posto di antichi siti abitativi in quanto costruite in
vicinanza di due sorgenti naturali d'acqua < uvi.
Interessante e bella da un punto di vista archeologico, geologico e naturalistico è la cava detta di
Muragliamele, incredibilmente formatasi con pareti a strapiombo, tanto da far pensare che sia stata
allargata ad opera di schiavi nel periodo greco siceliota. "(I siracusani)
( 147) "Si aliquis ianuensis (genevese) habuerit questionali cun aliquo sai rateilo, sii queslio ad
duganani ante Milium". Dami documento del 1290 citato dal Pellegrini.
( 148) Confronta con il toponimo Murgobello.
(149) Una sorgente posta a 2 gradi e 43 primi di longitudine e 37 gradi Sprimi 28 secondi di latitudine
emetteva circa 2.70 It./sec. d'acqua dolce ed un 'altra posta a 2 gradi 42 primi 13 secondi long, e 37
gradi 4 primi 10 secondi lat. emetteva circa 0.50 It./sec. di acqua, giudicata salmastra, che veniva usata
per l'irrigazione
accresciute le mura, fecero cavare dagli schiavi anche una fossa, che accogliendo il fiume, rendeva la
città più munita: questa fossa dunque, fatta ad ingiuria e pena dei nemici appellarono Timbri" (Servio).
SERRA O SERRA RIGINO
Risalendo dalla foce dell'Anapo, verso il limite territoriale siracu¬sano, superata la cava di
Mitragliamele, ci troviamo, alla nostra sinistra, di fronte al versante sud-est del Monte Climiti, mentre
alla nostra destra, guardando dal letto del fiume, vediamo una serie di colline ubertose, dal profilo
orizzontale, a tratti più o meno seghettati.
Queste colline ed i relativi altipiani che li sovrastano, venivano chiamate Serre, abbiamo infatti Serra
Rigirio, Serrantoni, Serra di Curruggia < 150). •
La località Serra o Serra Rigino. in vernacolo Serra Riginu è posta fra il limite territoriale di Floridia
e l'Anapo,
Con Riginu non credo debba intendersi, come prospetta qual¬che persona, il riferimento alla pianta
del ricino, che lì cresce spontaneamente, bensì penso che tale toponimo debba tradursi in "Serre di
Gino" per indicare lo stacco di terre dato in gabella non so in quale periodo storico, ad un tal Luigi.
Questa mia ipotesi è sostenuta dal nome di un'altra località viciniore che si chiama Serrantoni, cioè
Serra di Antonio.
Serra è un toponimo molto diffuso in Sicilia osi).
( 150) Ora Conuggia ma ai riveli rusticani del 1816 leggesi spesso Serra Conuggia. ( 151 ) Da ('.
Avolio. op.cit.. "Serri! a Linguaglossa. Nicolosi. Maletto. Sirruni ad Agrigento: Serra a Mineo.
Adrano. Fiumefreddo, Noto; Sirretta a Pedata; Serri a Ragusa".
Esso deriva dal basso latino Scrrum per indicare creste seghet¬tate oppure margini interrotti di burroni
rocciosi, collinette e nelle zone appenniniche della Sicilia e della Calabria, anche monti con caratteri a
sega.
DIDDINO
In vernacolo Didclinu; località pianeggiante circostante l'attuale ponte del Diddino. Era un tempo un
grande feudo confinante con i feudi del Monteclimato, Solarino, Cassaro, Belfronte ed altri limiti.
Le prime notizie di cui siamo in possesso si rilevano dal ruolo dei feudatari nell'anno 1296. Le terre
allora risultavano appartenere (issi a Nicolò Manfrino e Jacopino de Cassaro.
Ulteriori notizie si hanno un secolo dopo (1397) quando alla morte di Pietro de Cassaro succedette
legittimamente Anselmo Spatafora da Messina.
Nell'anno 1408 troviamo possessore Corrado de Castella e nel 1453 Vassallo Speciali, marito di
Cesarea de Castella che si investì dei
(152) M liscia. Sicilia Nobile . Da un documento del 1397: "Fendimi et Castrimi Cassati et Fendimi
Didini".
due feudi di Monteclimato e Didino (i53>.
Sull'orgine del toponimo dobbiamo dire che esso probabilmente deriva dal greco Dieides o Dieiclon
che vogliono dire rispettivamente Limpido e Vedo attraverso, non so se in riferimento all'acqua o al
paesaggio. 11 toponimo potrebbe derivare pure dal greco dinos o dinodes, che in riferimento al fiume
significa vorticoso, pieno di gorghi. Supponendo una derivazione araba, dobbiamo rifarci ai vocaboli
Du e 'Ahi (154) per dire "limpida fonte", forse in riferimento alle fonti Diddino I e II <i55>; oppure a
wach osò) per indicare il fiume che in quei luoghi veniva precedentemente chiamato Dinos.
(153) Le ulteriori investiture del feudo Didino sono associate a quelle di Monteclimato. Seguono le
investiture per successione alla famiglia Speciale, fino a quando, nel 1507. Antonio Platamone non
prese investitura del Monteclimato e metà del feudo Didino in quanto avo e tutore di Catarinella
Speciale, la quale sposò un figlio del barone di Militello. Antonio Perio Barresi. Il feudo poi passò ai
discendenti di Eleonora Ibarra e Barresi ( 1580) ed al primogenito di costei, don Francesco Ibarra e
Barresi.
Don Carlo de Ibarra da Madrid s'investi. l'8 novembre 1626 per la morte senza figli del fratel¬lo
Francesco.
Seguono le successioni a donna Bianca de Cardona. marchesa di Terracena. vedova di Don Carlo de
Ibarra. quindi a EleoAora Ibarra e Cardona e nel 1647 a don Antonio de Ibarra Pimentai da Madrid,
marchese di Terracena che prese l'investitura per il feudo di Monteclima¬to e per tutto il feudo di
Didino (non si sa in base a quale titolo pervenne a detta investitura completa). Don Antonio de Ibarra
lasciò le terre alla figlia Maria Antonia che morì senza ave¬re figli e discendenti.
Don Vincenzo Beneventano, barone del Bosco, prese i due feudi, assieme a quelli di Fresuccia e
Belfronte in concessione enfiteutica. con patto di riscatto, il 14/12/1734. Donna Eulalia Beneventano
da Buccheri si investì il 30/12/1752 della Baronia per i feudi di Monteclimato e Didino. come erede
universale del marito Vincenzo Beneventano, morto in Palermo il 31 gen¬naio 1752. Don (iugliemo
Maria Beneventano da Siracusa s'investì il 30/7/1772 dopo la mor¬te della madre Eulalia. A Guglielmo
succedette il figlio Francesco Maria quale erede universa¬le. Alla morte di Francesco Maria
Beneventano, avvenuta in Siracusa il 30 aprile 1798 non se¬guirono altre investiture. Il titolo non si
trova iscritto nell"'elenco ufficiale definitivo delle fa¬miglie nobili e titolate della Sicilia" del 1902.
( 154) 'Ain sicilianizzato. poi il Dàini e Donna. A tal proposito vedasi il toponimo Cavadonna.
(155) Diddino I a 2 gradi 41 primi 44 secondi di long, e 37 gradi 6primi 6 secondi di lat. con portata
di 2.60 It./sec.: Diddino II a 2 gradi 41 primi 47 secondi di long, e stessa latitudine della precedente,
con portata d'acqua di 0.60 It./sec.
(156) In Sicilia troviamo i fiumi Difillo (wadi 'krilu). Dittamo. Tellaro. in sic. Tiddaru (wadi 'alimi,
fiume di Eloro)
Che in quella zona esistessero come dei piccoli laghetti (in verna¬colo 'urghi dal sic. urvu a sua volta
derivante dal basso latino golfo ) è una cosa nota, soprattutto a Floridiani e Solarinesi che ricordano
ancora tristemente vicende di annegamenti avvenuti in quegli insidiosi specchi d'acqua. Come pure
dobbiamo ammettere l'esistenza di grosse peritone, dove l'acqua del fiume, quando scorreva, si
incanalava e si disperdeva come risucchiata vorticosamente.
Della bellezza del paesaggio circostante l'Anapo in quel feudo possiamo avere soltanto un'idea.
Qualche dato indiretto ci proviene dalle citazioni negli atti pubblici come lo stralcio che qui riporto da
una gabella per procura effettuata presso il notaio Di Giovanni in data 11 aprile 1638, fra don Carlo
Ibarra, generale della flotta di Spagna e Mario Parisi, gabelloto per quattro anni dei feudi
Monteclimato, Didino e Belfronte" con uso di masseria e di erbaggi a scelta del gabelloto ... per 570
onze", "detto Mario gabelloto e i suoi inquilini e borgesi nell'ultimo anno della gabella sono tenuti a
lasciare la metà di detti feudi e di ogni loco vacante lutti in ogni parte conziata, perchè i nuovi gabelloti
possano entrare in quelle per fare i inaisi. Detto gabelloto non può tagliare in detti feudi loro boschi
alcuna specie di legni e nessuno farne uscire eccetto quelli che saranno necessari a uso dell'arbitriante
e dei borgesi e inquilini dei feudi e con la condizione che si debbano consumare in detti feudi e nè
fuori".
INDICE ANALITICO GENERALE

Abbreviazioni
I = I Volume
II = II Volume

Abaceno I 77; Abd Allah Ibn sa'd I 117; Abu Al Abbàs 1 97; Abu Bakir Abdallah I 97; Accordi B. II
26;
Acradina I 18, 23 e seg., 34 e seg, 45;
50, 53, 63, 66 e seg, 73, 89;
Acre I 18, 122, 131;
Adelicia I 70;
Adifacca II 81;
Agnocasto II 18;
Agorà I 27, 38 e seg.;
Agragiane I 28, 29;
Aguglia di Marcello I 77; •
Aiovara II 91;
Al-Bakri I 117;
Alessio G. I 24, 109, 120; II 25,65,93;
Alfeo I 21;
Al Idrisi I 117, 138;
Amari I 117, 137;
Amico V. I 14, 18,56, 61, 140;
Amore I 134;
Anapo I 16, 22,43, 58 e seg, 88 e seg.
106 e seg. 130 e seg.;II 63,80,83;
An-Nabati I 97;
Apary A. I 121;
Apolline I 30, 56, 57, 100;
Apollo I 20, 30;
Archia I 14 e seg, 99;
Archimede I 29, 62,63,96;
Aretio M. II 83;
Aretusa Fonte I 21 e seg. 39;
Arenella I 110, 120;
Armenia I 108;
Arsenale I 27, 42 e seg.;
Artemide I 20, 21;
Artemision I 109;
Asinara I 131;
Atene I 130, 131;
Ateniesi I 30, 44, 60, 100, 130, 131; Augusto Von Platen I 46; Avolio C. I 55, 56,62, 108 e seg, 134;
II 18,25,64,71,93,101;
Bagni I 90; Baiata I 127; Balio (Cugno) II 50; Balsamo P. I 90, 111; Barberi II 28,29,47; Barone
(Passo) II 55; Barreca C. I 63; Bauli I 129;
Bellomo (Vescovo) I 64; Belvedere I 42, 79, 82, 83; Benali II 31;
Bernabò Brea L. II 28,36,39; Biancuzza II 63; Bibino Magno II 81; Bibbia I 18, II 52;
B
Bibbinello II 81;
Bidi (Castello) I 76;
Biggeni I 76, 77;
Bocharto I 14, 116, 128, 135;
Bodenerm I 118;
Bonagia I 25;
Bonanno I 56, 71, 80;
Bonanni G. I 82, 109;
Bottiglieria I 57; II 81;
Bottini II 82;
Branciforte I 132
Brighenti I 120;
Bufardeci B I 90;
Bufaro II 80;
Burdo II 76;
c

Cacipari I 124, 127;


Calabresi II 72;
Calcaccia, Calcacciotta II 23;
Calcinara II 81;
Calderini I 104 e seg. 113, 122;
Camilliani C I 107, 120, 140; II 86;
Canali I 23; II 80;
Canalicchio I 87;
Candia I 52;
Cantra I 127;
Capitulana II 44;
Capocorso II 91;
Capodieci I 34, 37, 41, 73, 98;
Capo Murro di Porco I 114, 115;
Cappuccini I 26, 43, 48, 50, 51;
Cara belli I 52;
Carancino I 81, 82;
Cardinali II 17, 71 e seg;
Cardini L. II 27;
Carlo V I 19;
Carrano I 101;
Carrozza I 115;
Carrozziere I 94, 104, 105, 108; Casa Bianca II 74, 89; Casale II 77; Casale (Monte) I 74; Case Vacche
I 115; Cassibile I 104, 106, lll,121e seg.; 127 e seg.; II 23; Castelluccio I 54; Castello Mola I 136;
Casulle II 39;
Catacombe S. Giovanni I 64; Causabono I 58; Cava Bagni II 12;
Cavadonna I 22,94,95,106, 128, II 12, 13, 37,72; Cavallari I 57,60; Cefalino II 62,71,72,82;
Chiusazza II 38; Chiuse di Carlo I 112; Ciane I 16,22,93,94,95,96,97, 98,99,101; II 72; Ciaraulo (cava)
II 62; Cicerone I 28,29,30,31,39,60,63,77; Ciccio (Vallone) II 82; Cifali II 65; Cinque Vie II 88; Cirino
(cava) II 62; Citella (notaio) II 25,64; Climiti I 53,58,71,76; Cluverio I 20,23,50,56,73,74,80, 82,116;
Collegio Santa Maria I 46;
Colle Temenite I 56;
Colubro Leopardino I 132;
Congregazione di Gesù e Maria I 51;
Conigliaro I 42;
Conzo (grottadel) II 35;
Coscia del Ponte II 43;
Costa Bianca I 110, 113,115;
Cozzo Pantano I 101; II 15;
Cozzo Romito I 64,68;
Cozzo Spineta I 129,133,134;
Cozzo Villa II 21;
Critazzo li 64 e seg.;
Cuba I 125,126;
Cuffia ri II 80;
Cugni I 134;
Cugno della Muraglia I 135; Cugno del Capitano I 129; Cugno delle Canne II 62; Cugni di Casseri I
134; Cugni di Fassio I 130; Cugni di Rausa I 133; Cugno la Mola I 129, 130,133; Cugno Zagaria I
129,133; Cusa II 54;
D

Damiata C. I 54; Damma II 32; Dammusi I 88; Danti A. I 44,50; Danti I. I 101; Darsena I 43,44;
Dascone I 113,116; Ddieri II 12; De Fiore O. II 93; De Fonseca C. II 55; Dego II 49; Del Pozzo 140;
Demostene I 130,131;
Diddino II 84,96,102;
Di Giovanni (Notai) II 19,59,97;
Di Mauro Chiara I 51;
Diodoro I 29,39,44,77,80,94,100,
116,122, 131;
Dione I 123;
Dionisio I 20, 30, 50;
Dionigi I 37,44,100,124; II
Dirillo II 102;
Dittaino II 102;
Dozy I 55;
Due Colonne I 99,100;

Flephas antiquus II 26;


Elimi I 24;
Florina 1 105,131;
Eloro I 41,55,104;
Fpipoli I 18,29,30,35,50,54,56,
E
Erbesso II 80; Euria lo I 80,83; Eveneto I 21;
74,79,82,87;

Falbo (Notaio) II 12, 26,34,35,67, 72,95


Falcando 1 117; Falsomiele II
Fanusa I 104,110,112,113; Faro Calderini I 108; Fazello I 14,15,19,23,37,58,70, 76 e seg.101,124,138;
Fenici I 15 e seg, 79; Ferrara li 34,55; Feudotto I 101; Filisto I 116; Fiumara II 88;
F
Fiumarella II 80;
Fiume Rotto II 89;
Fondaco Nuovo I 78,79;
Fondovalle II 72;
Fontana Mortilla I 99;
Fontane Bianche I 120,125,131,133,138,
140,141;
Fontanelle II 56,65; Foro Siracusano 1,38; Frescura II 71,72; Freytag II 70; Fullero I 16; Fusco I
28,91,92; II 85;
Gaetani I 59,73; II Galera I 88;
Galerme I 41,57 e seg., 81; II 80,45;
Gallina 1 112;
Ganga rossa II 22;
Gargallo I 59,60;
Garrano I 100;
Gelone I 27,30,57,75,100;
Gemma zza II 51;
Gereate 1 123;
Gesuiti II 71;
Ginnasio I 27,29;
Giovanna (grotta) II 27;
Giove Olimpico I 16,62,92,99,100;
Giuffrida F. 1134,; II 21;
Giustiniani II 75;
Gregorio Magno I 97;
Grotta Perciata I 53;
Grotta Santa 1 35,51,52;
Grotticelle I 28,62 e seg.;
Grunemberg C. I 19;
Gulfano II 81;
G
Gutkowski Puleio L.S.F. I 133;

Hasira I 135;
Holm A. I 13,15,17,25,50;
Houel II 62;
Huillard-Breholles II 58;
Iamidi I 99;
Iblei 1 71,72,131;
lbn al Baytar I 97;
Iceta II 83;
Ierone I 37;
Imilcone I 30,31,92;
HIJK
I.N.E.A. II 89; Ionio I 76,83,104; Ippone I 123; Ipponio (Castello) I 75; Isola I 18,113,114; II 48; Jugun
II 91; Juncu II 76; Kamarina I 116; Kazimirski II 70;
Labdalo I 80; I,accio I 44; Laganelli li 18; La Guardia (notaio) II 93; Lamoraldo C. I 19; Lancia di
Brolo II 45; Landolina M. II 18; La Pizzuta I 53,54,60; Largo tìengasi I 39; Latomia del Paradiso I
60,61; Latomie dei Cappuccini I 49; Latomia del Casale I 68; Latomia S. Venera I 61; Lauro (Monte)
II 80; Leone I 73, 74; Leone Isaurico I 67; Libera I 30,57; Li Crucyti I 64,65;
L
Ligne I 19; Li Greci F. I 52,58; Linguaglossa I 82; Linneo Carlo I 98; Liseu I 62; Littara V. II 54; Livio
I 20,23,27,29,70,100; Lysimelia I 89,91,98; II 14; Locu a Bedda I 55; Locu a campa I 115; Loffredo
Silvestro I 132; Lognina I 120, 121,122; Logoteta Giuseppe I 90; Lombardia I 90;
Longarini I 120,121,122,123,124,125 Lopriore I 96; Lupo (Cugno) II 54;
Maddalena I 98,104,105,113,115,116;
Macggio I 128;
Magnam Viam I 70;
Magnisi I 76,79;
Magno (Fiume) II 81;
Magrantino II 34;
Mammaiabica I 99; II
Mammasciabica II 13;
Mandra II 48;
Mangalaviti (notaio) II 97;
Mangiatimi (notaio) II 89;
Mangiapicca II 95;
Maniace I 23;
Marino (passo) I 42;
Marconi (Piazza) I 36,39,40;
Marza memi I 140;
Massa I 79;
Massolivieri I 104,115,116; Mataponzio 11 93; Matecu II 27; Mauceri L. I 91 e seg.; Mazzarona I 53;
Medica II 93; Megara I 41,80; Mendule II 68;
Mercatore I 117;
Merico I 23;
Metapiccola I 74;
Migliurina I 86;
Mignosa G. I 73;
Milocca I 100, 104,110 e seg.;
Mirabella I 14,44,49,50,51,75,123,
124; II 71,82,87,88,99;
Molinelli II 98;
Molino Martini II 98;
Monasterello II 12;
Monasteri II 44;
Monello (grotta) II 35;
Mongibellisi I 79,80;
Montedoro I 36 e seg. 129;
Mortellaro I 127;
Mortellito II 58,72;
Mortilla (fontana) II 28;
Mostringiano I 76.112;
Mottava II 17;
Muraglia I 133,135;
Muragliamele II 84,99,100;
Murgobello II 67;
M
Murro di Porco I 104,117;

NO

Nahar Bantarigah II 82; Nassos I 18,20; Navanteri I 26; Navora II 63;


Neapolis I 18,29,30,35,56,58,62,92; Nicia I 60,85,100,114,115,131; Occhio di Zillica I 21; Ognina I
120,125,140;
Ogliastrazzo II 57;
Olimpico I 89,100,101;
Oliveri I 116,117;
Orecchie di lepre II 70;
Orsi P. I 63,92,121,122,123,125,129,136;
Ortigia I, 15,16,18,20,21,25,26,29,34,35
36,37,39,40,41,78,92; 136;
Pace B. I 136;
Pagghiarazzi li
Palma II 89;
Palombi I 53;
Paludi Lisimelie II 62;
Pantalica I 57,74,129,130;
Panianelli I 89,90,93,98,104; II 85;
Pantano I 14, 93 e seg.; II 12;
Papeo II 76;
Passetti II 52;
Pentapoli I 69,70,72;
Perriera I 50;
Persichelli I 104;
Petronia II 89;
Pezza Grande II 17;
Piano Montedoro I 36;
Pindaro I 18;
Pirato I 100
Pirri I 84,100; II 63; Pisimotta I 93 e seg., 101; Pisma I 95; Pitrè II 15; Plaia I 93; II 85;
Plemmirio I 104,110,113 e seg.,131;
Plinio I, 56,140;
Polibio I 122;
Policne I 100;
Politi Laudien I 46;
Polizelo I 131;
Polizzi (Notaio) II 67,97,99;
Ponte della Stoppa I 42,43; II 85;
Ponte di Ferro II 85;
Ponte di Pietra li 88;
Pozzo de Franchis I 60;
Pozzo Ingegnere I 36,39,40,41;
p
Privitera S. I 37,41,46,62,100; II 44;

Qantrah I 127; Qasr I 135; Quarta raro II Qubbah I 125; Ragusa I 54,72,86; Regina II 85;
Re Ferdinando III di Borbone I Re Martino D'Aragona I 132; Renaura I 94; II 15; Renella I 120; Riad
An Nufus I 97;
QR
Ricalcaccia II 23; Riccardo (Vescovo) I 84; Rigilifi II 29; Rinedda Cugno II 49; Rizza 1 54;
Roma I 18, 34,39,44,56; Romano S.F. I 123; Romeo Ignazio I 76; Ruggero II I 137,138; Ruggiero
(Vescovo) I 83;
Sacramento I 104,113,116;
Saiarotta I 87;
San Cosimano I 97;
San Filippo Neri I 101; II 40;
San Giovanni Alle Catacombe I 46,64,
66 e seg.
San Giovanni d'Acri I 18; San Lorenzo I 100,126; II 76; San Marziano I 64,73; San Nicola I 50; San
Pietro a Tremilia II 75; Sant'Agostino II 66; San Tommaso II 97; Santa Lucia I 40,44,45,53,63,65;
Santa Lucia Al Sepolcro I 35,45,66; Santa Maria di Gesù I 46,47,63; Santa Maria Maddalena I 114;
Santa Panagia I 25,53,54,66; Santa Teresa Longarini 1 104,121 e seg., 127;
Scala Greca I 61,65,70,71,73; Schrevelii Cornelio I 55; Schubrig I 17; Scobar I 84; Scorciacoppole II
95; Scotto A. I 49; Scottoli F. I 96; Selva dei Cappuccini I 50; Seneca I 49,89;
Senia I 75; Seniazza I 75,88; Senofonte I 26; Serra II 101; Serra Corruggia II 101; Serramendola II 67;
Serrantoni II 101; Serra Rigino II 101; Servi di Maria I 52; Sgandurra II
Sicilia I 15,17,19,24,25,34,36,37,47,54,
55,57,60,67,78,75,86,97,98,101,104,121
131,136,140;
Siculi I 15,16,79,93,130;
Silio I 73;
Sion I 18;
Siracusa I 20 e seg.
Siracusani I 26,28,30,50 e seg.;
Syraco 1 14,94;
Spampinato (Cava) II
Spinagallo I 128; II
Spineta I 130,134;
Stefano Bizantino I 14;
Stentinello I 73,74;
Stentino I 73;
Strabone 15,18 e seg, 34;
Straticò I 133,136;
Solino I 23;
Svetonio I 56;
T

Tammuro (Cugno) II 50;


Tancredi I 65,70,83,138;
Tapso I 70,73,83;
Targia I 29,51,71 e seg. 88;
Targetta I 72;
Trasibulo I 30;
Tavernara I 115;
Telia ro I 130;
Temenite I 30,56,57,92;
Teocrito I 46,54,58,71,89,93;
Teodorico I 92;
Teracati I 55,61;
Terrauzza I 104,110,113,122;
Tica I 18,27,29,30,35,56,58,68,73,80;
Timoleonte I 20;
Timbri II 99;
Timbride I 58;
Tinè II 35;
Tiraca I 93;
Tiro I 17;
Tivoli II 76;
Tolomeo I 120;
Torre Landolina II 18;
Trappetazzo II 50;
Trebraccia I 99;
Tremilia I 83 e seg.;
Trefinaiti II 41;
Trigona E. I 47;
Trogilo (Porto) I 66,70,73;
Tucidide I 14 e seg., 27,30,31,36,44,56,
57,70,74,76,80,85,89,94,100, 114,131,
136; II 83, 88;
Tullio I 18,19,23,56;

Ulisse I 63;
Umberto (Corso) I 36,38; Undici ponti II 85; Urghi II 76; Usoria II 66; Valle di mare I 133,141;
Varrone I 49,50; II 70; Vendicari I 126,140; Veneziano G. I 51,52; Verrine I 77; Via Grande I 70;
UVXz
Vigna Cassia I 47,63,64; Vignale del Corso II Vignazze I 125; Villotta II 21; Virgilio I 21,114;
Whatmough I 120; Ximenes E. I 35; Xurtini II 83; Zagaria I 134; Zaiera II 62;

Potrebbero piacerti anche