Che Ha Parlato Per Mezzo Dei Profeti
Che Ha Parlato Per Mezzo Dei Profeti
Che Ha Parlato Per Mezzo Dei Profeti
PASQUALE BASTA
«Ci ha parlato
per mezzo dei profeti»
oj
P. BOVATI - P. BASTA
in dialogo con ogni altra ermcncutica, pur distinguendosi nclla sua pro-
fonda singolaritä.
ln copertina:
P. BOVATI - P. BASTA
«Ci ha parlato
mezzo uei profeti»
Ermeneutica biblica
ISBN 978-88-215-7553-2
Abbreviazioni e sigle
sione inglese «it’s raining cats and dogs», la cui corretta equivalenza dinamica potreb-
be essere «piove a catinelle».
6 Sul delicato e affascinante processo della traduzione e della trasposizione, si veda
U. Eco, Dire quasi la stessa cosa. Esperienze di traduzione (Milano 2003).
7 Si ricordi il celebre detto: «traduttore traditore».
10 PRESENTAZIONE
9 Questo b appunto il titolo del saggio di Bori, citato nella nota precedente.
10 £ stato A. B ea a dare veste definitiva al trattato De inspiratione S. Scripturae,
redatto da A. MERK e confluito nel manuale Institutiones biblicae scholis accomodatae,
Vol. 1: De Sacra Scriptura in Universum (Roma 61951) 12-108. La parte sul Cano-
ne, nello stesso manuale, alle pp. 109-171, b stata curata da 1. RUWET.
11 II contributo di L. ALONSO SCHÖKEL alle problematiche ermeneutiche riguar
danti la Bibbia b stato precoce; infatti e stato pubblicato prima della fine del Vatica-
no II il suo notissimo volume La Palabra Impirada. La Biblia a la luz de la ciencia del
lenguaje (Barcelona 1966) (traduzione italiana: La parola ispirata. La Bibbia alia luce
della scienza del linguaggio [Brescia 21987]). Il suo corso all’Istituto Biblico b invece
confluito in un manuale, in collaborazione con J.M. B ravo ARAGÖN, dal titolo:
Appunti di ermeneutica (Bologna 1994).
12 Numerosi i saggi di P. GRECH nel settore dell’ermeneutica; citiamo qui solo alcu-
ni saggi di sintesi: Ermeneutica e teologia biblica (Roma 1986); Ermeneutica (Roma
2000) (4‘ ristampa).
14 PRESENTAZIONE
L’ispirazione (profetica)
I
---- •----
1.1. II desiderio
3 Sulla importante differenza tra desiderio e bisogno, cf. D. VASSE, Le temps du dtsir.
Essai sur le corps et la parole (Paris 1969, 1997) 17-57.
4 E ssa e ra c e r ta m e n te fa m iliä re a lia tra d iz io n e p a tris tic a ; c f al p r o p o s ito , ORIG E-
NE, Iprincipi 2,11,4.
5 Lettera enciclica di GIOVANNI PAOLO II, edita il 14 settembre 1998.
6 Desumiamo questa terminologia da B.J.F. LONERGAN, Insight. Uno studio del
comprendere umano (Roma 2 0 0 7 ). TOMMASO d ’A q u i n o parlava del «desiderio
naturale» di vedere Dio (Summa Theologiae I-II, 3 ,8 c.; Summa contra Gentiles III,
cc. 2 5 -6 3 ).
7 Come A r is t o t e l e : cf. Metafisica 1,2,75-76.
8 C f Ivi, 75.
9 Esprimo, con parole mie, la dinamica sapienziale che P. BEAUCHAMP, in Leggere
la Sacra Scrittura oggi. Con quale spirito accostarsi alia Bibbia (Sorgend di vita 19;
Milano 1990) 32-35 illustra come «desiderio totale», per cui l’uomo entra nel «timo-
re di Dio» (descritto come l’amore che conosce il rischio) sino a diventare discepolo
(p. 34), e «apre tutto il proprio essere ad un’altra veritä, diversa da quella che egli
potrebbe dominare» (p. 35).
DAL DESIDERIO ALLA RIVELAZIONE 19
1.2. Il maestro
1.5. Autoritä
1.6. Fede
1.7. I segni
26 Dei Verbum 5, riprendendo una felice espressione del Concilio di Orange (luglio
529) parla della «dolcezza nel consentire e nel credere alia veritä» (EB 674).
27 La confidenza e in realtä reciproca: anche il maestro si consegna fiducioso al
discepolo, consapevole che puö essere anche «tradlto».
28 Ciö vale soprattutto se il sapere concerne degli eventi storici, conoscibili soltan-
to attraverso la testimonianza; cf. R.L. W lLKEN, Alin ricerca del volto di Dio. La nasci-
ta del pensiero cristiano (Milano 2006) 141-142.
29 Si pensi al modo con cui i Vangeli parlano del Maestro: «accorrevano a lui da
Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano» (Mt 3,5); «La
sua fama si sparse per tutta la Siria [...] e grandi folle cominciarono a seguirlo dalla
Galilea, dalla Decapoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano» (Mt
4,24-25; cf. anche M t 9,26; Lc 4,14.37 ecc.). Qualcosa di analogo e detto anche degli
apostoli (cf. At 4,16-17.33 ecc.).
26 PIETRO BOVATI
30 Cf. Gv 4,42: i Samaritani, dopo avere conosciuto Gesii di persona, dicono alia
donna ehe li aveva indotti ad andare dal Signore: «Non £ piü per la tua parola ehe
noi crediamo; ma perche noi stessi abbiamo udito e sappiamo ehe questi b veramen-
te il salvatorc del mondo».
31 La formula risalirebbe ad Agostino di Ippona cd e citata da Anselmo di Aosta
all’inizio del Proslogium. Tale espressione fornisce il titolo del cap. 2 dell’Enciclica Fides
et Ratio, nel quale pero, a nostro awiso, non vengono articolate in modo veramente
convincente le nozioni di fede e di intelligenza (o scoperta della veritä). Neppure nel
cap. 3 (intitolato: Intellego ut credatn) l’articolazione tra i due concetti risulta, a nostro
parere, pienamente soddisfacente.
32 Questa espressione b propria di ANSELMO DI AOSTA, nel Proslogium. R. GUARDINI
e I. DE LA PoiT E R IE , L ’esegesi cristiana oggi (cd. L. PACOMIO) (Casale Monferrato 1991)
151, parlano di «scienza della fede» (formula ehe ricorre anche in Fides et Ratio 65).
33 W lLKEN, Alla ricerca del volto di Dio, 4: «II desiderio di capire b parte del cre
dere, non meno della tensione a vivere secondo le proprie convinzioni». Questo stes-
DAL DESIDERIO ALLA RIVELAZIONE 27
so autore, alia p. 137, cita AGOSTINO {Lapredestinazione dei santi 2,5) che scrive: «nes-
suno certo crede alcunche se prima non ha pensato di doverlo credere [...]. fe [infat-
ti] necessario ehe tutte le cose ehe si credono siano credute per il precedente inter-
vento del pensiero [...] Non ognuno ehe pensa crede, dato che parecchi pensano
proprio per non credere; ma ognuno ehe crede pensa, pensa con il credere e crede con
il pensare (credendo cogitat, et cogitando credit)».
34 Cf. Fides et Ratio 52, ehe si rifa alia Costituzione Dogmatica Dei Filius del Vati-
cano I, die aveva appunto per oggetto il rapporto tra fede e ragione.
35 In Fides et Ratio 73 si parla di «circolaritä».
36 Anche in seguito saremo confrontati con problematiche complesse, dove sara
richiesto di teuere assieme due nozioni in apparenza contrastanti: per esempio, la Bib-
bia e Parola di Dio e parola umana; e un insieme di libri e un libro solo; la Rivelazio-
ne e contenuta nella S. Scrittura e nella Tradizione ecc. (cf BEAUCHAMP, Leggere la S.
Scrittura, 9-11 ehe parla di «contrasto» e «paradosso» da rispettare, e prospetta il suo
contributo in questi termini: «cercheremo di mettere il dito sulla e, considerando
come centro focale la sorgente di luce nascosta da tale congiunzione»: p. 10).
37 F a c c ia m o q u i a llu s io n e al tito lo d e lf o p e r a m o n u m e n ta le d i P. SEQUERI, Il Dio
affidabile. S a g g io d i te o lo g ia f o n d a m e n ta le (B re scia 320 00).
38 I concetti di «veritä» e «vita», uniti a quella di «via» - che all’inizio del nostro
percorso abbiamo articolato al desiderio umano - sono rivendicati dalla persona stes-
sa di Gesii nella celebre affermazione: «Io sono la via, la veritä e la vita» (Gv 14,6).
28 PIETRO BOVATI
sara l’oggetto della Prima Parte di questo saggio, che avrä per
tema Xispirazione\ in sintesi, la problematica di una parola che
e al tempo stesso parola di un uomo e parola di Dio. Cerche-
remo dunque di riflettere sulla Figura del profeta anche per
comprendere meglio cosa sia il nostro maestro, Gesii Cristo, a
cui diamo la pienezza del nostro assenso di fede, perche in Lui
discorso umano e verbo di Dio coincidono perfettamente.
del suo compenso. Scartato anche costui, era andato da un pitagorico, appassionato
soprattutto di questioni matematiche. Infine si era rivolto a un platonico e per la prima
volta gli era sembrato di progredire dawero. La sua mente aveva messo le ali ed egli
aveva sperato di poter giungere, col tempo, alia “visione immediata di Dio”. Un gior-
no perö, camminando lungo la spiaggia, si era messo a conversare di Platone con un
vecchio. Mentre parlavano, questi aveva portato a poco a poco il discorso in un’altra
direzione. Diversamente da Platone, che insegnava che l’anima b immortale e ha vita
in se stessa, il vecchio sosteneva che la vita dell’anima b un dono meraviglioso di Dio,
sorgente di ogni vita. Accortosi che il suo interlocutore parlava di cose mai udite da lui
in precedenza, Giustino chiese se ci fosse qualchc maestro da cui apprcndere quel modo
di vivere. Il vecchio rispose che in un passato assai lontano, quando nessun filosofo era
ancora sorto tra i Greci, erano esistiti maestri chiamati “profeti”, che parlavano “del
principio e della fine delle cose”. Al contrario dei filosofi, il cui sapere dipendeva fon
damentalmente da dimostrazioni logiche, i profeti riferivano quello che avevano per-
cepito con gli occhi e gli orecchi; erano “coloro che hanno visto e annunciato la veri
tä”. Secondo il vecchio, la Parola di Dio non si manifesta tramite ragionamenti, ma
attraverso uomini e donne che rendono testimonianza a quanto e accaduto».
41 L’idea del «maestro ispirato» si sposta, per cosl dire, sulla Sacra Scrittura. Cosl
W. VOGELS, «Three Possibile Models of Inspiration», Scrittura ispirata. Atti del Sim-
posio internazionale sull’ispirazione promosso dall’Ateneo Pontificio «Regina Aposto-
lorum» (ed. A. IZQUIERDO) (Cittä del Vaticano 2002) 61: «l’ispirazione e il termine
tecnico che esprime il carattere unico della Bibbia».
30 PIETRO BOVATI
autoritä della parola viva del Maestro, noi crediamo ehe la Scrit-
tura racchiuda le sue identiche parole di vita eterna42; ma natu-
ralmente dobbiamo riflettere sulla natura di questo scritto e
stille modalitä attraverso le quali noi lo leggiamo434. Viene cosl
annunciato in sintesi il progetto della Seconda Parte del nostro
volume, ehe - curata da P. Basta - tratterä dei problemi gene
rali di interpretazione del testo scritto (della Sacra Scrittura).
46 Scrive IRENEO Dl LlONE: «II Signore ha insegnato che nessuno puö conoscere
Dio se non t Dio a insegnarglielo, cioe che non si puö conoscere Dio senza Dio»
( Contro le eresie 4,6,4).
47 Gb 28,28. Cf. Sap 8,21: «Sapendo che non l’avrei altrimenti ottenuta, se Dio
non me l’avesse concessa, - ed era proprio dell’intelligenza sapere da chi viene tale
dono, - mi rivolsi al Signore e lo pregai».
48 Da notare la prospettiva diversa attestata da una certa tradizione greca: «Secon-
do Simonide “Dio solo avrebbe tale dono” [della sapienza], mentre l’uomo non e
nemmeno degno di ricercare quella scienza che conviene alia sua capacitä. Ora, se i
poeti dicono il vero e la divinitä per natura odia [gli uomini eccellenti], ciö ö verosi-
mile specialmente riguardo a questo sapere e perciö sono infelici tutti quelli che eccel-
lono per sapienza» (A r i s t o t e i .E, Metafisica 1,2,76). Aristotele corregge questa idea,
negando in primo luogo che la divinitä possa odiare e riaffermando, in secondo luogo,
la superioritä della sapienza come «la piii divina fra le scienze»; egli tuttavia non intro
duce il concetto di dono (amoroso) ne quello di rivelazione.
32 PIETRO BOVATI
49 Questa tradizione t pure illustrata dal motivo della Sapienza personificata ehe
prende l’iniziativa di andare a cercare i discepoli (Pr 1,20-33; 8,1-11) per offrire loro
i suoi tesori (Pr 9,1-6).
DAL DESIDERIO ALLA RIVELAZIONE 33
In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere sand
e immacolati al suo cospetto nella caritä [...] egli ci ha fatto cono
scere il mistero della sua volontä, secondo quanto nella sua bene-
volenza aveva in lui prestabilito per realizzarlo nella pienezza dei
tempi (Ef 1,4.9-10)
Per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e
quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili [...] Piacque a
Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconci-
liare a s6 tutte le cose (Col 1,16.19-20).
Rivelazione infatti Dio invisibile (cf. Col 1,15; lTm 1,17) per la
ricchezza dell’amore parla agli uomini come ad amici (cf. Es 33,11;
Gv 15,14-15) e si intrattiene con loro (cf Bar 3,38), per invitarli
e ammetterli alia comunione con se (2).
Tutto quello ehe aveva rivelato per la salvezza di tutti i popoli, con
somma benevolenza, Dio dispose che rimanesse sempre integro e
venisse trasmesso a tutte le generazioni (7).
Nei libri sacri [...] il Padre ehe e nei cieli con molta amorevolezza
viene incontro ai suoi flgli ed entra in conversazione con loro (21).
56Tutto ciö b esplicitamente tematizzato da Dei Verbum 5, che recita: «A Dio che
rivela si deve prestare Xobbedienza della fede (cf. Rm 16,26 [...]), con la quale l’uomo
si abbandona tutto a Dio liberamente, prestando “il pieno ossequio dell’intelletto e
della volontä a Dio che rivela” (Concilio Vaticano I, Dei Filius 2) e assentendo volon-
tariamente alia rivelazione data da Lui» (5).
57 Si pensi alia parabola del seme, da custodire, affinch^ produca frutto, in M t
13,18-23.
58 Potremmo dire che «si prende la lettera» (ehe uccide), invece di prendere, nella
lettera, la Parola spirituale (che vivifica).
59 Scrive B.D. SOMMER, «Prophecy as Translation: Ancient Israelite Conceptions
of the Human Factor in Prophecy», Bringing the Hidden to Light: The Process o f Inter-
DAI. DESIDERIO AI.I.A RIVELAZIONE 39
3. RILEVANZA ERMENEUTICA
DELLA FIGURA DEL PROFETA
1 Cf. Dei Verbum 11: «Tutto quello che gli autori ispirati, cio£ gli agiografi, asseri-
scono t da ritenersi asserito dallo Spirito Santo» (EB 6 87); la stessa enciclica, al § 21,
dice che le Sacre Scritture «nelle parole dei profeti e degli apostoli fanno risuonare la
wee dello Spirito Santo» (£ 0 701).
2 Per la Dei Verbum (§ 4) la piena e perfetta rivelazione di Dio awiene nel Cristo,
il Verbo fatto came, il quale «con l’invio dello Spirito di verita porta a perfetto coin-
pim ento la rivelazione e la conferma con la testimonianza divina» {EB 672).
3 Catechismo della Cbiesa Cattolica 702.
DIO PARIA PER MEZZO DEI PROFETI 45
Il fatto ehe Dio parli e attestato dai profeti: essi non solo lo
affermano ripetutamente, ma esplicitano altresi ehe per mezzo
loro Dio parla agli uomini. Assumiamo allora la profezia - con
cetto ehe andremo chiarendo nel prosieguo del nostro discor-
so4- come la categoria fondamentale di comprensione del con
cetto di ispirazione, quella ehe intende esprimere la qualita
divina della parola scritturistica. In prima approssimazione
diciamo ehe e profeta (ha lo Spirito della profezia) chi e capa-
ce di accogliere la Parola di Dio (e capace cioe di ascoltare Dio
ehe parla) ed e spinto dalla stessa Parola a diventare comunica-
tore di rivelazione (e mosso quindi a trasmettere ad altri quel-
lo che ha saputo ascoltare). La profezia e vista cosi come la
mediazione del parlare di Dio agli uomini.
Questo approccio incentrato sul concetto di profezia non e
consueto nei manuali di ermeneutica biblica5; pur essendo stato
abituale per oltre 1500 anni nei trattati di teologia, oggi si e
restii ad assumere questa prospettiva, per diversi motivi.
Una prima ragione e probabilmente dovuta al fatto ehe non
si conosce bene cosa sia la profezia secondo l’attestazione bibli
ca. Cio vale in genere per i teologi, nel nostro caso specifico
* Per una trattazione generale sul profetismo, rinviamo a P. BOVATI, «Cosi parla il
Signore». Studi sul profetismo biblico (Bologna 2008), specialmente pp. 17-104.
5 Si vedano, per esempio, le osservazioni critiche di J.M. SANCHEZ C a r o , «La
Biblia, libro sagrado. Teologia de la Inspiraciön en los ültimos diez anos», Salm. 48
(2001) 120; cf. anclie A.M. A r t o l a - J.M. SANCHEZ CARO, Bibbia e Parola di Dio
(Introduzione alio studio della Bibbia 2; Brescia 1994) 168.
46 PIETRO BOVATI
1.1. Rivelazione
1.2. Norma
9 Come diceva appunto il titolo dell’opera dello stesso K. R a h n e r , Hörer des Wor
tes. Zur Grundlegung einer Religionsphilosophie (München 1941) (traduzione ita-
liana: Uditori della Parola [Roma 21988]).
10 R u p i n o , Sytnb. 13: «anima capax Dei» (PL 21, 352).
11 La Rivelazione b dunque normativa nel senso che b la direttiva fondamentale
dell’esistere umano; il suo carattere «imperativo» consiste nella richiesta di amore in
risposta all’amore donato, precetto globale che, come ci b ben noto dalla tradizione
evangelica, riassume in sd tutta la Legge e i Profeti (cf. M t 22,40; Rm 13,8-10).
DIO PARLA PER MEZZO DEI PROFETI 49
1.3. Veritä
12 Anche A r I'OLA - SANCHEZ CARO, Bibbia e Parol'a di Dio, 17 dice ehe la Parola
di Dio mostra queste tre propriety essenziali (Rivelazione divina, norma e veritä); egli
tuttavia articola i concetti in modo diverso dal nostro.
13A questo proposito meritano di essere citate due opere importanti: la prima, sul
versante esegetico, ma attenta al dibattito con la cultura filosofica, e quella di I. DE
La POTTERIE, La vtritt dans Saint Jean, (AnBib 73; Roma 21999) (dello stesso auto-
re, si pub anche vedere la voce «Veritä», Dizionario di Teologia Fondamentale [Assisi
1990] 1449-1455); la seconda, di natura squisitamente riflessiva, b quella di M.
HENRY, C ’est Moi !a Vhiti. Pour une philosophic du christianisme (Paris 1996).
14 K. R a h n e r , «L’ispirazione della Scrittura», Discussione sulla Bibbia {G dT 1; Bre
scia 1965) 20: «L’idea cattolica di ispirazione della Scrittura dev’essere prima di tutto
ricollegata all’idea dell’ispirazione profetica, e bisogna vedere se per caso abbiano delle
relazioni essenziali tra loro».
50 PIETRO BOVATI
2.2.1. Lo strumento
15 Cf. M.-J. LAGRANGE, «Une pens<fe de Saint Thomas sur I’inspiration scripturai-
re», R B4 (1895) 563-571; Id., «L’inspiration des livres saints», RB 5 (1896) 199-220;
cf anche ALONSO S c h ö KEL, La parola ispirata. La Bibbia alia luce della scienza del lin
guaggio (Brescia 21987) 55-63.
54 PIETRO BOVATI
Per la composizione dei libri sacri {In sacris vero libris conficiendis),
Dio scelse e si servl (adhibuit) di uomini nel possesso delle loro
16 Cf. la Divino Afflante Spiritu (di Pio XII, del 1943), ehe definisce l’agiografo
«organo, ossia strumento dello Spirito Santo, ma - precisa - (strumento) vivo e dota-
to di ragione» (EB 556).
17 Un violinista ehe nei suoi concerti usa uno Stradivari d ’epoca ha certamente la
possibility di produrre un’ottima sonoritä; la musica tuttavia sarä eccelsa solo se lo
spartito b di quality e se l’interprete ne b all’altezza.
18S u l m o tiv o d e ll’a u to r e d e lla S a c ra S c r ittu r a , si v e d a A l o n s o SCHÖKEL, La paro
la ispirata, 71-84.
DIO PARLA PER MEZZO DEI PROFETI 55
facoltä e capacita, affinche agendo Egli in essi e per loro mezzo (ut
Ipso in Ulis et per illos agente), scrivessero, come veri autori, tutte e
soltanto quelle cose die egli voleva fossero scritte {EB 686).
2.2.2. La dettatura20
27 Da notare ehe anche i due primi modelli (quello dello strumento e quello della
dettatura) servivano per far capire il fenomeno della parola ispiraca, ma non introdu-
cevano perö esplicitamente la menzione dello Spirito nella sua funzione di perfezio-
namento del soggetto umano,
28 Un primo c o m m e n to a questi (ultimi) testi puö essere visto in M a n n u c CI, «II
mistero dello Scritture», 404-405; R. PABRIS, «Lo Spirito Santo e le Scritture in 2Tm
DIO PARLA PER MEZZO DEI PROFETI 59
e 2Pt», Spirito di Dio e Sucre Scritture neWautotestimonianza della Bibbia. XXXV Set-
timana Biblica Nazionale (Roma, 7-11 Settembre 1998) (ed. E. MANICARDI - A.
PI TTA) (RicStBib 12; Bologna 2002) 297-320.
29 Questa dicitura costituisce l’esordio della Lettera enciclica di Pio XII (del 30
settembre 1943) sul «modo piü opportuno di promuovere gli studi biblici»; la mede-
sima locuzione b ripresa nella Dei Verbum 9, 11, 18 {E B 682, 686, 697), come iden-
tica a quella di «Spiritu Sancto inspirante» (Concilio di Firenze, del 1442: E B 4 l\ Dei
Verbum 11: EB 686). Al § 7 della medesima Enciclica viene usata l’espressione «Spi
ritu Sancto suggerente» {EB 677) per evocare un apprendimento ehe gli apostoli non
ricevettero direttamente dal Signore Gesü, mentre la messa per iscritto (del Nuovo
Testamento) aw enne «sub inspiratione eiusdem Spiritus Sancti»). L’autentica inter-
pretazione della Parola di Dio b afFidata al Magistero, e in questo caso viene usata la
formula «Spiritu Sancto assistente») {Dei Verbum 10: EB684).
30 Lo Spirito, d’altronde, risulterä un elemento decisivo anche per la comprensio-
ne del fenomeno profetico da parte dell’interprete (cf. infia, pp. 133-137).
31 B e a u c h a m p , Leggere la Sacra Scrittura, 17.
60 PIETRO BOVATI
essere fedeli a cio ehe si e ricevuto. Chi ascolta Dio, parla a Dio
e parla di Dio: questo e il profeta.
Queste sommarie riflessioni servono per giustificare, in qual-
che modo la nostra opzione, non solo quella di identificare il
profeta come mediatore della rivelazione divina, ma anche
quella di comprenderne la natura alia luce del concetto di
«parola».
3. SOLO P E R M E Z Z O D E I P R O F E T I?
36 Da questo punto di vista, il principio teologico della «sola Scriptura» non risul-
ta adeguato a esprimere l’accoglienza della Rivelazione totale di Dio.
64 PIETRO BOVATI
- Per mezzo della creazione. Cf. Sal 19,4-5 e soprattutto Rrn 1,20:
«Dalla creazione del mondo in poi, le sue [di Dio] perfezioni invi-
sibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui
compiute, come la sua eterna potenza e divinitä». Al proposito
Alonso Schökel cita una bella frase di s. Bonaventura nel Brevilo-
quium (2,2): «creatura mundi est quasi quidam liber in quo relu-
cet [...] Trinitas fabricatrix»41.
- Per mezzo della storia. Dio si rivela non solo nei fenomeni im-
mutabili della creazione, ma anche mediante gli eventi contingen-
ti e unici della storia umana, nei quali traspare la potenza salvatri-
ce del Signore. Questo e ampiamente attestato dalla Scrittura, ehe
afferma ehe Dio si manifesta con «segni e prodigi» grandiosi (si
pensi alia storia dell’Esodo), e ehe Egli agisce (oltre a parlare) inter-
venendo nella vicenda umana per giudicare e salvare gli uomini.
Tale manifestazione non-verbale e persino ascritta ai portavoce di
Dio, i quali non solo annunciano, ma anche producono gesti mira-
colosi, come e attestato nelle antiche tradizioni profetiche, fino a
Gesü di Nazaret «profeta potente in opere e parole» (Lc 24,19).
— Per mezzo della parola. Questo aspetto e del tutto chiaro per il
lettore della Bibbia e corrisponde alia ricezione della Sacra Scrit-
tura come parola di Dio.
42 Lo stesso profeta, poi, manifested Dio in «opere e parole» (cf. Lc 24,19; At 7,22;
Rnt 15,18); in altri termini, sa d profeta mediante l’annuncio del suo messaggio, ma
anche con dei gesti simbolici e con l’attestazione dell’intcra sua vita.
43 Non credo si debbano considcrare solo i fatti storici, ma ritenere ehe tutte lc
opere di Dio costituiscano la storia della salvezza.
44II termine latino doctrina connota tin insieme concettuale; forse si puo pensare
ehe cquivale a «insegnamenti», cioö alia parola che intende insegnare in modo alta-
mente qualificato, conferendo una conoscenza perfetta.
66 PIETRO BOVATI
Ciö ehe qui viene detto per l’Antico Testamento ha una precisa corrispondenza anche
nel Nuovo Testamento, come risulta immediatamente dalla modalitä letteraria dei
Vangeli.
46 Cf. ClTRlNl, «Scrittura», 1465.
68 PIETRO BOVATI
47 L’uomo ispirato d ’altronde non ha sempre ricevuto il titolo di «profeta»; ciö ehe
importa non &il nome, ma la cosa.
48 G. BORGONOVO, «Torah, Testimonianza e Scrittura. Per un’ermeneutica teologi-
ca del testo biblico». La rivelazione attestata. La Bibbia fra Testo e Teologia. Fs. Card.
C.M. MARTINI (ed. G. Angelini) (Milano 1998) 291, parla di una struttura comune
presente nei tre corpi letterari (Torah, Profeti, Scritti) costituita da tre elementi ehe rite-
niamo caratteristici della profezia, e precisamente: rivelazione, testimonianza, scrittura.
49 Cos! si esprime A l o n s o S c h ü k e l , La parola ispirata, 85.
70 PIETRO BOVATI
53 C f. A l o n s o S c h ö k e l , La parola ispirata , 9 1 - 9 5 .
72 PIETRO BOVATI
persino la normativa mosaica (sulla questione del divorzio: cf. Mt 19,8-9) e si contrap-
pone al modo tradizionale di interpretare la Legge da parte degli antichi (cf. Mt 5,21.33
ecc.), e soprattutto dichiara fmito il sistema cultuale dell’antica alleanza, annunciando
una nuova modalitä di adorare Dio (cf. Mt 21,12-17; Gv 2,14-22; 4,23-24).
57 C f Ger 31,29-30 (riguardante il detto: «I padri hanno mangiato uva acerba e
i denti dei figli si sono allegati); oppure Am 9,10 (ehe critica un’immotivata fiducia
nella assistenza divina) ecc.
58 F, D r e y f u s , «Exegese en Sorbonne, exegese cn Eglise», RB 82 (1975) 351 fr
notare ehe, mentre i profeti vennero riconosciuti dai discepoli come portavoce di Dio,
le tradizioni storiche e legislative vennero accolte tardivamente, e riconosciute come
parola di Dio nell’atto stesso di essere inserite nel libro sacro.
59 Sulla tematica, c f M. Fuss, Buddhavacana and Dei Verbum. A Phenomenolo
gical and Theological Comparison o f Scriptural Inspiration in the Saddharmapunda-
rika Sutra and in the Christian Tradition (Leiden 1991); B. FORTE, «La Parola di Dio
nella Sacra Scrittura e nei libri sacri delle altre rcligioni», L ’interpretazione della Bib
bia nella Chiesa, Atti del Simposio promosso dalla Congregazione per la Dottrina della
Fede, Roma, settembre 1999 (Citdt del Vaticano 2001) 106-120.
74 PIETRO BOVATI
le dottrine ehe, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa credc e
propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella veritä che illumina tutti
gli uomini» (Concilio Vaticano II, Dichiarazione Nostra aetate 2).
64 «Pertanto, i libri sacri di altre religioni, ehe di fatto alimentano e guidano l’esi-
stenza dei loro seguaci, riccvono dal mistero di Cristo quegli elementi di bontä c di
grazia in essi presenti» (Dominus Iesus 8); in altre parole, gli altri testi sacri non avran-
no il medesimo valore fondatore delle S. Scritture.
76 PIETRO BOVATI
68 Dei Verbum 14 (EB 692) afFerma ehe i libri dcll’Antico Testamento «conserva-
no valore perenne». Rinviamo, su questo aspetto, all’articolo di BEAUCHAMP, «Lectu
re christique de I’Ancien Testament», Bib. 81 (2002) 105-115; e alle riflessioni di
A r t o l a - SANCHEZ C a r o , Bibbia e Parola di Dio, 38 e 43, ehe fa notare ehe b il
Nuovo Testamento ad attribuire la qualifica di «parola di Dio» alia intera YQa(Ph (inte-
sa come scritto anticotestamentario).
69 S u l c a r a tte r e is p ira to d e l N u o v o T e s ta m e n to , cf. Al.ONSO SCHÖKEL, La parola
ispirata, 98-109.
Ill
1. C H I £ IL PR O FE T A ?
7 Per un commento esegetico al testo rinviamo a P. BOVATI, «“Je ne sais pas par
ier” (Jr 1,6). Reflexions stir la vocation prophötique», Ouvrir les Ventures. Melanges
ofFerts ä Paul Beauchamp (ed. P BüVATI - R. MEYNET) (LeDiv 162; Paris 1995) 31-
52 [riprodotto sostanzialmente in P BOVATI, «Cos) parla il Signore». Studi sul profe-
tismo biblico (Bologna 2008) 53-76]; Id., Geremia /-^(D isp en se PIB, Roma 2005-
2006), specialmente pp. 83-128.
8 Anche S. B r e t ö N, Vocaciön y misiön. Formulario profetico (AnBib 111; Roma
1987), che ha studiato il formulario della vocazione profetica, prende come campio-
ne tipico il racconto della vocazione di Geremia.
9 Gli ultimi due testi citati sono racconti in terza persona.
10 Cf. N . H a b e l , «The Form and Significance of the Call Narratives», Zeitschrift
fiir die alttestamentliche Wissenschaft 77 (1965) 297-323; G. DEL O l m o L ete, La voca
ciön d e lllderen elantiguo Israel. Morfologla de los relatos blblicos de vocaciön (BSal.E
2; Salamanca 1973).
IL RICONOSCIMENTO DEL PROFETA 81
a) L’esperienza visiva
b) L’esperienza uditiva
16 Si pensi alia critica fatta a chi pretende di essere profeta senza avere ricevuto una
visione e, quindi, invece di testimoniare della realtä, propala solo fantasie menzogne-
re (cf. Ger 14,14; 23,32; 29,8-9; Ez 13,2-3.7 ecc.).
17 Si pensi, nel racconto della vocazione di Mose, al roveto ehe brucia senza con-
sumarsi (cf. Es 3,2-3), al bastone tramutato in serpente e alia mano ehe diventa leb-
brosa e poi guarisce (cf. Es 4,1-8).
84 PIETRO BOVATI
porto con 45,4): tutto il potere divino e cosl vcicolato dal pote-
rc della parola profetica181920.
a) Dio si impone
18 Questo potere non si limita al fatto di «comandare» sotto pena di gravi sanzio-
ni; la profezia e, di piü, una parola «potente», efficace (Eb 4,12), ehe produce quello
cite dice, ehe attua quello ehe afferma: non cade nel vuoto, non ritorna indietro senza
avere operato ciö per cui e stata inandata (cf. Is 55,11). La parola profetica fa cite le
cose «avvengano», non solo le predice, ma le chiama a divenire storia, al di la del con-
senso o del rifiuto degli uomini. L’«imposizione» b talmente divina, ehe e capace di
suscitare la fede, di conferntarla e sostenerla, cost da operare la salvezza.
19 L’esperienza profetica b testimonianza di una parola ehe non puö non essere
ascoltata (cioe obbedita); cf. Ger 20,9: «Mi dicevo: non penserö piü a lui, non parle-
rö piü in suo Nome. Ma nel mio cuore e’era un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa;
mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo». L’elemento costrittivo non e perö ester-
no (come sembra in Ez 3,14), ma intrinseco alia Parola; e la sua veritä che ha forza
di attirare, convincere, sottomettere (lC o r 9,16). E questo vale anche per la parola
ehe il profeta pronuncia, dato che b la stessa che lui riceve: pur non essendo sostenu-
ta da una forza coercitiva pubblica (a differenza quindi dcllc parole della legge e del
potere «esecutivo»), la parola profetica b una «intimazione» convincente.
20 Appare qui una significativa diversitä rispetto all’ispirazione poetica, ehe al poeta
chicde rispetto, ma non obbedienza. E si manifesta anche una grande differenza
86 PIETRO BOVATI
rispetto all’esperienza de\V indovino, perch^ il profeta non parla per soddisfare una
richiesta, ma va incontro agli uomini di sua iniziativa, perchd docile alle direttive di
Dio. Se in ciö si puö vedere una qualche somiglianza con la funzione del sapiente, va
tuttavia ribadito il carattere di assolutezza e di urgenza che risulta esclusivo della
dimensione profetica, proprio a ragione del mandato divino.
IL RICONOSCIMENTO DEL PROFETA 87
b) L’uomo resiste
26 Cf. M. CliCCARliLLI, Il profeta rifiutato. Studio tematico del rifiuto del profeta
nel libro di Geremia (Roma 2003).
92 PIETRO BOVATI
a) La poesia biblica
28 Ciö che diciamo dei profeti vale analogicamente per tutti i mediatori della rive-
lazione divina (dell’Antico come del Nuovo Testamento).
96 PIETRO BOVATI
33 J.G. HERDER, Vom Geist der Ebräischeti Poesie. Eine Anleitung fü r die Liebhaber
derselben und der ältesten Geschichte des menschlichen Geistes (Dessau 1782-1783).
34 R.G. M O U L T O N , The Literary Study o f the Bible. An Account of the Leading
Forms o f Literature Represented in the Sacred Writings (Boston 1899).
35 E. K ö n i g , Stilistik, Rhetorik, Poetik in Bezug a u f die biblische Literatur {Leipzig
1900).
36 Cf. H. GUNKEL, Einleitung in die Psalmen (Göttingen 1933) per la Urica; il suo
commento alia Genesi per i generi narrativi; per i profeti cf. in specie: «Die Prophe
ten als Schriftsteller und Dichter», H. SCHMIDT, Die grossen Propheten (Göttingen
1915) xxxxvi-lxxii.
37 J. H EMPEL, Die althebräische Literatur und ihr hellenistisch-jüdisches Nachleben
(Wildpark-Potsdam 1930).
38 R. A l t e r , The Art o f Biblical Poetry (London 1981) (traduzione italiana: Harte
della poesia biblica [Roma-Cinisello Baisamo 2011]).
39 N. F rye, The Great Code. Bible and Literature (London 1984) (traduzione ita
liana: Il grande codice. La Bibbia e la letteratura (Torino 1986]).
40 L. A l o n s o SCHÖKEL, «Poesie hebraique», Dictionnaire de la Bible —Supplement
VIII, 47 dichiara che «les Israelites ont apprecies leurs livres saints non seulement en
tant que sacres, mais aussi en tant qu’oeuvres littdraires et poetiques», affermazione
probabilmente discutibile, che mostra comunque quanto sia difficile distinguere tra
98 PIETRO BOVATI
parola; essi sono cioe accomunati dal fatto che parlano perche
«ispirati» e dal fatto che di questa ispirazione danno esplicita
attestazione. Nel mondo antico, infatti, il poeta si presenta come
capace di parola sublime perche la Musa (diversificata a secon-
da dei generi poetici) interviene a dotare 1’uomo dei requisiti
indispensabili a tale straordinaria produzione letteraria41. Inol-
tre non doveva essere infrequente che i poeti conducessero una
vita stravagante, immersi nel loro mondo inferiore, quasi obbe-
dissero a suggestioni e imperativi ignorati o sottovalutati dall’uo-
mo comune. La somiglianza con i profeti (biblici ed extra-bibli-
ci) risulta perciö sorprendente e meritevole di considerazione.
Dal nostro punto di vista, quello che intende tematizzare
fatto delfispirazione, felemento piü significativo e che profeta
e poeta attestano che la loro parola e originata «altrove», viene
da una misteriosa sorgente sublime; essi si sentono passivi, in
posizione di ascolto, di silenzio recettivo, di accoglienza di un
germe che si rivela in loro fecondo. Ciö che nel loro intimo
sgorga e unintuizione verbalizzata (sotto forma di immagine,
concetto, fräse, poema) che non e stata appresa da nessuna
fonte precedente, ed e quindi originale42; invece di essere il frut-
ciö che e ispirato e ciö che b semplicemente artistico. Piü diretto appare il giudizio di
J.M. HENDERSON, «Jeremiah 2-10 as a Unified Literary Composition: Evidence of
Dramatic Portrayal and Narrative Progression», Uprooting and Planting. Essays on
Jeremiah for L. A l l e n (ed. J. G o l d in g a y ) (LHB/OTS 459; New York-London 2007)
120, il quale, in riferimento specifico alia concezione romantica che ha influenzato
l’esegesi contemporanea, scrive: «the identity o f prophet and poet led to the associa
tion o f prophetic speech with poetic speech. A more subtle, but perhaps more pro
found, contribution was the conception o f poetry as a spontaneous result of inspira
tion, an idea which provided an alternative explanation to the indications o f artistry
in prophetic poetry».
41 I poeti moderni pensano alia Musa solo in senso figurato; ma tutti ammettono
ehe la loro parola dipende da un evento - detto estro o ispirazione - su cui essi non
hanno potere. In termini demitizzati, essi dunque attestano qualcosa di simile a ciö
che dicevano gli antichi.
42 Sulle parole «primigenie» della poesia, si vedano le considerazioni di K . R a h n e r ,
«Sacerdote e poeta», La fede in mezzo al mondo (Alba 1963) 131-173.
IL RI CON OSCIM ENTO DEL PROFETA 99
43 Pio X nell’Enciclica Pascendidel 1908, critica il pensiero modernista, per cui i libri
sacri sarebbero «una raccolta di esperienze: non di quelle die comunemente si hanno da
ognuno, ma delle straordinarie e piii insigni ehe si siano avute in una qualche religio-
ne» (E B 257). Secondo i modernisti, Dio sarebbe presente «per immanenza» e per «per-
100 PIETRO BOVATI
ma non identita. Non tutti i poeti sono profeti (alcuni poeti so-
no lungi dalla veritä) e non tutti i profeti sono poeti, dato che,
in mold casi, non Hanno lasciato nessuna opera letteraria (si
pensi a Elia o a Giovanni Battista), oppure non hanno conse-
gnato alia posterita dei testi dotati di sublime qualita artistica.
Inoltre, e pure rilevante il rischio di identificare l ’ispirazione
con la qualita poetica della Scrittura. Quando si leggono certi
contributi dei critici letterari applicati alle pagine bibliche, si e
indotti a ritenere che un testo hello risulti piii consono al par-
lare divino rispetto a una pagina dove viene utilizzato uno stile
piano, poco raffmato, a volte persino sciatto44. Invece della veri
tä dell’attestazione, prevale allora la bellezza della forma assun-
ta da tale attestazione; invece della fede che si inchina in obbe
diente adorazione, prevale Xemozione che soddisfa festeta45.
Non si puö non citare, al proposito, quanto dice il Signore a
Ezechiele: «Tu sei per loro come una canzone d’amore, bella e
la voce e piacevole faccompagnamento musicale. Essi ascolta-
no le tue parole, ma non le mettono in pratica» (Ez 33,32).
Se e encomiabile l’apprezzamento per la bellezza delfeloquio
quale porta per entrare nel mondo della Parola, cosi da acco-
manenza vitale»; l’ispirazione non sarebbe altro che una «certa maggior veemenza» o un
«bisogno che sente il credente di manifestare a voce e per iscritto la propria fede» (EB
258). Anchc se non in modo diretto, l’Enciclica papale critica quindi l’assimilazione
della ispirazione biblica alia «ispirazione poetica, per cui un tale diceva: E Dio in noi,
da lui agitati noi ci infiammiamo» (Ivi). Mi pare venga qui sottolineato il rischio di sot-
tovalutare l’economia storica della Rivelazione, la libera scelta cioö di persone specifi-
che (i profeti, fino al Cristo) quale mediazione della volontä salvifica di Dio.
Scrive, per esempio, ALONSO S c h ö KEL, La Parola ispirata, 91: «l’azione dello
Spirito Santo dimostra il suo potere nel suscitare grandi personality letteraric. Perö
senza esagerazione: egli pu6 anche valcrsi di modesti artigiani del linguaggio, ci sono
pure profeti “minori” in fatto di qualita letteraria».
45 Al proposito, si vedano anche le riflessioni di F. D R E Y F U S , «Exegese en Sorbon
ne, excg£se cn Eglise», RB 82 (1975) 321-359, il quale mostra soprattutto che l’ana-
lisi di tipo lettcrario non e quella che piü si attaglia alia finality della Scrittura, che h
quella di comunicare all’uomo la Rivelazione divina per la salvezza.
II. RICONOSCIMENTO DEL PROFETA 101
46 Si ricordino le considerazioni di Agostino sul sermo humilis(cf. supra, p. 35, nota 50).
47 Identici comportamenti e identiche forme letterarie accomunano l’indovino e
il profeta. Da qui una serie di studi comparativi, ehe illustrano il rapporto tra rivela
zione profetica e mantica; cf. ARTOLA - SANCHEZ C a r o , Bibbia e Parola di Dio, 168-
170; L.L. G r a b b e , Priests, Prophets, Divines, Sages. A Socio-historical Study o f Reli
gious Specialists in Ancient Israel (Valley Forge, PA 1995) 151; M. NlSSINKN,
References to Prophecy in Neo-Assyrian Source (State Archives o f Assyria Studies 7; Hel
sinki 1998) 6; H.M . BARSTAD, «Comparare necesse est?Ancient Israelite and Ancient
Near Eastern Prophecy in a Comparative Perspective», Prophecy in Its Ancient Near
Eastern Context. Mesopotamian, Biblical, and Arabian Perspectives (ed. M. NlSSINEN)
(SBL Symposium Series; Atlanta 2000) 3-11; R.J. THELLE, Ask God. Divine Consul
tation in the Literature o f the Hebrew Bible (Beiträge zur biblichen Exegese und
Theologie 30; Frankfurt 2002); A.M. K i t z , «Prophecy as Divination», CBQ 65
(2003) 22-42; M.J. deJONG, Isaiah among the Ancient Near Eastern Prophets. A Com-
102 PIETRO BOVATI
a) Le attestazioni bibliche
parative Study o f the Earliest Stages o f the Isaiah Tradition and the Neo-Assyrian Pro
phecies (VT.S 117; Leiden 2007); P. MERLO, «Il profetismo nel Vicino Oriente Anti
co; panoramica di un fenomeno e difficoldt comparative», RStB 21 (2009) 55-83; J.
L. SlCRE, Introduccidn al profetismo blblico (Estella 2011) 35-60.
48 A mo’ d ’esempio si veda ISam 9,9: «In passato in Israele, quando uno andava
a consultare Dio diceva: “Su, andiamo dal veggente”, perchd quello ehe oggi si dice
profeta allora si diceva veggente».
II. RICONOSCIMENTO DEL PROI-ETA 103
c) Elementi di critica
Quando sarai entrato ncl paese ehe il Signore tuo Dio sta per darti,
non imparerai a commettere gli abomini delle nazioni ehe vi abi-
tano. Non si trovi in mezzo a te chi immola, facendoli passare per
il fuoco, suo figlio o sua Figlia, ne chi esercita la divinazione o il
sortilegio o I’augurio o la magia, ne chi faccia incantesimi, ne chi
consulti gli spiriti o gli indovini, ne chi interroghi i morti, perche
chiunque fa queste cose e in abominio al Signore [...]. Le nazioni,
di cui tu vai ad occupare il paese, ascoltano gli indovini e gli incan-
tatori, ma, quanto a te, non cos! e il dono ehe il Signore tuo Dio
ti ha fatto. Il Signore tuo Dio susciterä per te, in mezzo a te, fra i
tuoi fratelli, un profeta pari a me [...]; gli porro in bocca le mie
parole ed egli dirä loro quanto io gli ordinerö (Dt 18,9-18).
51 Nclla stessa linea di pensiero, cf. anche Dt 4,18; Bar 4,1-4 (Rm 9,4-5).
106 PIETRO BOVATI
L’estasi e uno stato particolare dello spirito e del corpo che si im-
possessa dell’uomo quando costui sperimenta una sensazione par-
ticolarmente intensa. Questa lo colpisce al punto tale che gli da
l’impressione di essere trascinato da una corrente d’acqua o che il
suo cuore arda per un fuoco interno. Perde il dominio delle sue
membra, inciampa e balbetta come un ubriaco, la sua sensibilita
verso il dolore fisico addirittura scompare, al punto da non perce-
pire piü il dolore delle ferite. Lo anima una sensazione di forza illi-
mitata: puö correre, saltare o compiere azioni impossibili a un
uomo in condizioni normali. Tutto ciö che e particolare e perso
nale scompare in lui; il pensiero concreto, la sensazione concreta
acquisiscono un carattere assoluto54.
a) Analogie
- L’esperienza sensoriale
Abbiamo descritto l’esperienza fondatrice della profezia in
termini di visione e di audizione/aventi queste per oggetto una
realtä soprannaturale (cf. supra, pp. 81-85). Tutto cio e caratte
ristico anche dell’estatico, ma - e qui facciamo un passo ulte-
riore - festatico assomiglia terribilmente alio squilibrato. Vi
sono infatti turbamenti psichici ehe portano la persona ad avere
delle allucinazioni, per cui qualcuno dice di vedere cio ehe altri,
nelle medesime condizioni, non vedono. Proprio per il fatto ehe
non e possibile comprovare l’oggettivita della percezione sen-56
b) Differenze
2. C O M E R IC O N O S C E R E IL P R O F E T A
591 Settanta, invece, facilitano il discernimento del lettore, distinguendo tra rtpo-
cpVjtqs (v. 9) e t|>ei>öojtQO(pr|Ti)c; (v. 1).
60 Q uanto andremo a esporre vuole tematizzare la questione della credibility della
Rivelazione\ e puö costituire una traccia per comprendere con quali criteri la comu-
IL RICONOSCIMENTO DEL PROFETA 113
nitä credente (quella giudaica, in prima istanza, poi quella cristiana) ha separato le
vere attestazioni profetiche da tutto il resto. E cio pud servire anche come indicazio-
ne del compito ehe, nella storia presente, ogni persona deve assumere nei confront!
della parola ehe pretende avere i caratteri del mandato divino.
61 BORGONOVO, «Torah, Testimonianza e Scrittura», 289 (e passim), utilizza
appunto la categoria di attestazione per parlare della parola profetica; egli si riferisce
al termine ebraico rmj?n (cf. Is 8,16.20), ma h chiaro ehe il concetto vada esteso al di
la delle ricorrenze di questo lessema.
62 Cid vale, analogamente, per qualsiasi affermazione ehe non pud essere sottopo-
sta al criterio di verificabilita. Le teorie scientifiche possono essere raffrontate con una
tale esigenza; ma le dichiarazioni profetiche o poetiche o semplicemente relazionali
(del tipo: «Ti amo») non possono essere dimostrate vere o false mediante esperimen-
ti incontrovertibili.
63 Affidarsi a istanze cognitive socialmente autorevoli (come i sacerdoti, gli anzia-
ni, i dotti), a cui si demanderebbe il compito di giudicare, e un procedimento infan
tile. In ogni caso resta la domanda: coloro ehe decidono, su quali basi lo fanno?
M Per Geremia in particolare, cf. M. C u c c a , Il corpo e la citth. Studio del rappor-
to di significazione paradigmatica tra la vicenda di Geremia e il destino di Gerusa-
lemme (Assisi 2010); P. BOVATI, «La “figura” di Geremia e il suo libro. In dialogo con
un recente volume», Francescana 86 (2011) 333-343.
114 PIETRO BO VATI
Cosl dice il Signore contro i profeti ehe fanno traviare il mio popo-
lo e annunciano la pace se hanno qualcosa tra i denti da mordere,
ma a chi non mette loro niente in bocca dichiarano la guerra
(Mi 3,5)65.
non riceva altro ehe il pane sufficiente fino al luogo dove alloggerä; se chiede dena-
ro, b un falso profeta. Non sottoponete a prova o ad esame un profeta cite parla per
ispirazione divina, perche tutti i peccati saranno rimessi, ma questo peccato non sarä
rimesso [cf. M t 12,31]. Non e per6 profeta chiunque parli a modo di ispirato, ma
solo colui ehe abbia i costumi del Signore. Dai costumi dunque si riconosceranno il
falso e il vero profeta. Nessun profeta ehe in spirito abbia ordinato d ’imbandire una
mensa, mangera di essa, se non e un falso profeta. Ogni profeta ehe insegna la veritä
e non pratica quello ehe insegna b un falso profeta. Ogni profeta provato e veridico,
ehe opera in vista del mistero terrestre della Chiesa, ma tuttavia non insegna ehe si
debba fare tutto quello ehe egli fa, non deve essere giudicato da voi, poichd egli ren-
derä conto a Dio; in tal modo infatti operarono anche gli antichi profeti. Se qualcu
no dirä in spirito: “Dammi denaro o qualche altra cosa”, non lo ascolterete; ma se egli
dirä di dare per altri bisognosi, nessuno lo giudichi». Questo tipo di insegnamento
della Didnchb prosegue in 12-13 con analoghi princlpi.
IL RICONOSCIMENTO DEL PROFETA 117
c) I segni e i prodigi
70 Su quests tematica, cf. P.-M. BEAUDE, L’accomplissement des Ventures. Pour une
histoire critique des syst£mes de representation du sens chr^tien (Paris 1980); J.
MlLER, Les citations d ’acconiplissement dam I ’evangile cle Mathieu. Q uand Dieu se rend
present en toute humanite (AnBib 140; Rome 1999); P BEAUCHAMP, «Lecture chri-
stique de l’Ancien Testament», Bib. 81 (2002) 105-115.
71 Ulteriori precisazioni in B ovati, «Cos) parla il Signore», 45-46.
72 Questa differenza induce non pochi studiosi dell’Antico I'estamento a negare la
possibilitä di una teologia dcll’Antico Testamento.
124 PIETRO BOVATI
75 Ciö vale anche per i cosiddetti «gesti profetici», ehe possono apparire contrad-
dittori se non sono riferiti a momenti diversi e, quindi, a distinti destinatari della pro-
fezia.
76 Questo £ lino dei ritornclli di accusa di Geremia contro i falsi profeti: Ger 6,14;
8,11; cf. anche 4,10; 8,15; 9,7; 14,19.
128 PIETRO BOVATI
78 AfFermazioni simili si trovano in ISam 3,19; IRe 8,56; 22,28; Ez 37,33; Gv 16,4.
130 PIETRO BOVATI
79 Questo criterio era utilizzato per lo piü nei manuali di teologia fondainentale
come criterio per afFermare la verita della rivelazione di Gesü Cristo intesa come corn-
pimento di tutte le profezie. Oggi questo criterio b considerato inadeguato.
80 Cf. C. C o n r o y , «Profeti», Dizionario di Teologia Fondamentale (Assisi 1990)
862-863.
81 Su queste ambiguita si b basata la fortuna degli oracoli «sibillini», ed b l’ambi-
valenza delle affermazioni a costituire la strategia comunicativa dei pretesi indovini
del passato, come Nostradamus, Cagliostro, Malachia, o dei maghi contemporanei;
il credulone, nelle frasi ehe sente o legge, trova sempre qualche aspetto che egli «vuole»
che diventi realtä nella sua storia.
82 La dilazione nel compimento di una predizione mette naturalmente in dubbio
la sua validitä (cf. Is 5,19; Ger 17,15).
83 Alcuni dicono anche ehe certe predizioni dei profeti autentici non si sono veri-
ficate: cf. R.P. C A R R O L L , When Prophecy Failed. Reactions and Responses to Failure
in the Old Testament Prophetic Traditions (London 1979).
IL RICONOSCIMENTO DEL PRO FETA 131
8'1 Uno degli assiomi ripetuti da D. Vasse, noto psicanalista francese, e che «i per-
versi dicono la veritä per non farla».
85 Questo principio ermeneutico sta alia base dell’opera di P. BEAUCHAMP, e con
acutezza e grande rispetto della Parola di Dio, viene tematizzato nei due volumi di
L’un et iautre Testament (Paris 1976, 1990).
86 BEAUCHAMP, «Lecture christique» 115 dice d ie la veritä della Rivelazione non
si ofTre alia mente secondo un processo dimostrativo, ma si propone alia coscienza
132 PIETRO BOVATI
della storia, a tutti gli uomini, finche Dio sia tutto in tutti
(lC or 15,28).
Quando e come si compie allora la Parola di Dio? Non negli
eventi esteriori, ma nelPintimo della coscienza, la dove lo spi-
rito umano accoglie nella fede la potenza dell’Altissimo, lascian-
do che la forza dolce dello Spirito trasformi la persona, renden-
dola profetica, segno di Dio, strumento santo per la santifica-
zione (cioe per la divinizzazione) dell’intera umanita.
Vediamo cosl apparire una prima manifestazione del circolo
ermeneutico, ehe consiste in un particolare rapporto di recipro-
ca implicazione tra due elementi, per cui ognuno dipende dal-
l’altro. Diciamo infatti ehe crediamo al profeta perche la sua
parola si compie nel Cristo, e crediamo al Cristo perche in Lui
tutte le profezie hanno la loro piena realizzazione. Ma il vero
compimento di ciö che Dio ha promesso avviene quando si
crede, quando cioe la Parola opera realmente quella salvezza per
cui e stata mandata. Detto in altri termini, si crede ai profeti solo
quando la loro parola si compie in noi rendendoci profeti.
nostri tempi, per i cattolici, potrebbe essere la gerarchia ecclesiastica ad assumere que
sto compito di garantire la veritä della Parola (a cui i singoli credenti sono tenuti a
obbedire). Questo infatti appare il «criterio unico, sufficiente e universalmente vali-
do», da cui prende inizio lo studio storico di A .M . A r t o l a , «La criteriologla de la
Inspiraciön. Revisiön del problema de los criterios de Inspiraciön y Canonicidad»,
Scriptorium Victoriense 15 (1968) 5-97. Ma questa scorciatoia deve essere oggetto di
qualche nota critica. In primo luogo, se b legittimo trovare conform nel fatto ehe per-
sone stimabili approvino una determinata via spirituale, rimane tuttavia il fatto ehe
ognuno e chiamato a una adesionepersonale se. vuole accedere alia maturitä responsa-
bile, propria del soggetto spirituale. Inoltre, il giudizio sulla veritä si sposta, per cosl
dire, su un altro soggetto; bisogna infatti discernere quali siano le persone ehe dawe-
ro possono garantire della attestazione profetica, e in quale circostanza la loro parola
debba essere considerata normativa. Il fatto ehe si attribuisca al Magistero il dono dello
Spirito Santo per giudicare con sicurezza e certezza della veritä non significa ehe i sin
goli membri della gerarchia, in ogni loro funzione o intervento, siano perennemente
dotati di infallibile giudizio. Molti sono stati gli errori di valutazione commessi nel
passato, e ciö induce ad avere cautela. In ogni caso va ribadito ehe il vero giudizio di
veritä b dato da chi possiede lo Spirito, non quindi da chi abbia una competenza pro-
fessionale o eserciti una semplice funzione disciplinare.
IL RICONOSCIMENTO DEL PROFETA 137
89 Dice infatti la Dei Verbum, 12 (EB 690): «£ compito degli esegeti contribuire
[...] alia piü profonda comprensione e all’esposizione del senso della sacra Scrittura
affinchd, con studi in qualche modo preparatori, si maturi il giudizio della Chiesa».
IV
-♦
1. LA BIBBIA C O M E L IB R O S A C R O
N E L L A S T O R IA D E G L I U O M IN I
ZIO, Carmina 3,30). Si puö citare anche un epitaffio del tarantino Leonida (IV-III
secolo a.C.): «ma le Muse mi amarono e per tutte le mie sventure mi diedero in cam-
bio la dolcezza del miele. 11 nome di Leonida non b morto. Doni delle Muse lo tra-
mandano per ogni tempo» (Autologin Palatina 7,715,3-6).
6 P.C. B ori, L’interpretazione infinita. L’ermeneutica cristiana antica e le sue tra-
sformazioni (Bologna 1987) 6: «L’autorita del testo (in termini piii o meno sacrali) e
la molla che, da sempre, spinge l’interprete».
7 L’autorcvolezza della Bibbia nel mondo occidentale e indirettamente conferma-
ta dal fatto ehe essa divenne il «grande codice» della letteratura moderna (N. F rye ,
The Great Code. Bible and Literature [London 1984]; traduzione italiana: Il grande
codice. La Bibbia e la letteratura [Torino 1986]; cf. anche, limitatamente alia lettera
tura italiana, U. COLOMBO, «Bibbia e cultura: II. Bibbia c letteratura», Ntwvo Dizio-
nario di Teologia Biblica [a cura di P. R o s s a n o - G . R avasi - A . G i r i a n d a ] [Cinisel-
lo Balsamo 1988] 192-209).
8 Si parla, a questo proposito, di «religioni del libro» (sacro); G. LANCZKOWSKY,
Heilige Schriften. Inhalt, Textgestalt und Überlieferung (Stuttgart 1956) (citato da A.
M. A r t ü LA - J.M. SANCHEZ C a r o , Bibbia e Parola di Dio [Introduzione alio studio
della Bibbia 2; Brescia 1994], 54-55, nota 3) ne elenca un gran numero, dall’antica
religione egiziana fino alia «Chiesa di Gesü Cristo dei santi dell’ultimo giorno» (Mor-
moni, sec. XIX). £ chiaro comunque che ogni movimento o confessione religiosa,
anche all’interno della Chiesa cristiana, si ri& agli scritti del fondatore. Tuttavia la fede
cristiana non £ basata sul libro in quanto tale, ma sulla «attestazione» che attraverso
lo scritto raggiunge i credenti: ciö suppone quindi, da una parte, il riferimento espli-
cito alia figura «storica» del profeta; dall’altra, la considerazione della comunitä nella
quale b presente lo Spirito.
L'AUTO RITA DELLO SCRITTO PROFETICO 143
'Quello ehe era da principio, quello ehe noi abbiamo udito, quel-
lo ehe abbiamo veduto con i nostri occhi, ciö che contemplammo
e ehe le nostre mani toccarono del Verbo della vita - 2la vita infat-
ti si manifesto (ecpaveQcoOq), noi l’abbiamo ve d u ta z di ciö diam o
testim onianza ((.laQTUQOüpEv) e vi annunciamo (djiayyeX,X.onev) la
vita eterna, ehe era presso il Padre e ehe si manifesto (EtpavEQtbOr))
a noi
Abbiamo qui la definizione dello statuto del profeta, secondo
la presentazione che ne abbiamo fatto nel capitolo precedente:
esperienza delfascoltare e del vedere, eseguita dall’attestazione
(annuncio)14.
3quello ehe abbiamo veduto e udito , lo annunciamo anche a voi,
perche anche voi siate in comunione con noi (xoivcoviav Exqxe ^eO’
r)|Liä)v). E la nostra com unioneb con il Padre e con il Figlio suo Gesü
Cristo. 4Queste cose vi scriviamo , perche la nostra gioia (xapet) sia
perfetta (jtejtXqQco|.ievr|).
Viene qui indicata la finalita della Rivelazione, e cio£ la comu
nione tra Dio e gli uomini, e degli uomini fra loro. Va sottoli-
neato ehe la comunicazione nella Parola ha il suo vertice nello
scrittOy mediante il quale la gioia (cio£ il godimento della stes-
sa manifestazione divina) raggiungc la sua perfezione. Invece di
sottolineare gli aspetti negativi dell’attestazione scritta (come
fassenza del locutore o la limitazione nelle possibilitä di dialo-
go) l’autore della lettera vede probabilmente attuato il compi-
medita ogni giorno le parole del tuo Creatore. Impara a conoscere il cuore di Dio nelle
parole di Dio».
14 Da notare il vertice della Rivelazione espresso mediante il contatto «carnale»: il
Verbo (lin ) della vita si e incarnato cosl da essere oggetto di esperienza anche tattile
(in Ger 1,9 e Is 6,6-7 b Dio che tocca l’uomo, qui b l’apostolo ehe tocca Dio).
L’AUTORITÄ d e l l o s c r i t t o p r o f e t i c o 145
Piü avanti la Dei Verbum dice che «le verita divinamente rive-
late, ehe nella Sacra Scrittura sono letterariamente contenute e
presentate, furono messe per iscritto sotto 1’ispirazione dello
Spirito Santo (Spiritu Sancto afflante consignata sunt)» (11: EB
686). Per poi aggiungere ehe la Chiesa ritiene sacri e canonici
i libri dell’Antico Testamento e del Nuovo Testamento perche
«scritti per ispirazione dello Spirito Santo» e perche «come tali
sono stati consegnati alia Chiesa {ut tales ipsi Ecclesiae traditi
sunt)». Da quest’ultima affermazione conciliare appare chiara-
mente che il credente accoglie ciö ehe e stato trasmesso perche
avente qualitä ispirata.15
15 Cf. A rtO L A - SANCHEZ C a r o , Bibbia e Parola di Dio, 132, nota 29. Il mistero
dell’Incarnazione non si limita alia persona del Cristo, ma si dispiega, analogamente,
anche nella Sacra Scrittura: «Come il Verbo e veramente uomo e veramente Dio in
Gesü Cristo, cosl la parola della Scrittura b veramente umana e veramente divina» (P.
BEAUCHAMP, in Leggere la Sacra Scrittura oggi. Con quale spirito accostarsi alia Bib
bia [Sorgenti di vita 19; Milano 1990] 19). Beauchamp sviluppa questo concetto
dicendo ehe, come la debolezza di Gesü (la sua croce) b uno scandalo, cosl la debo-
lezza della Scrittura, formulata in linguaggio umano, 6 una «porta Stretta» ehe si
rischia di trascurare (Ivi, 20-21). Ci fu un tempo in cui si esaltava la divinita di Gesü,
considerandolo un personaggio tutto divino, e questa natura sublime venne estesa
parimenti alia Scrittura; oggi tendiamo a sottolineare l’umanitä di Gesü, e, di conse-
guenza, a rimarcare la storicitä e la contingenza delle parole bibliche. Siamo quindi
confrontati con un cammino non esente da pericoli, poichö si deve teuere assieme ciö
che la fede confessa come unitä, cioö il divino e l’umano nell’unicitct dell’evento. Per
questa ragione poniamo una riserva aH’assunto di molti studiosi della Bibbia (cf.
A r to ij V - SANCHEZ C a r o , Bibbia e Parola di Dio, 120) per cui la Bibbia, essendo un
libro, deve essere studiato secondo la metodologia degli altri libri: una simile affer
mazione ha del vero, ma b parziale e rischia di risultare impropria se non tiene conto
del fatto ehe il libro si dichiara diverso dagli altri, ponendo - come condizione per
poter essere capito - il rispetto della sua natura e funzione propria.
146 PIETRO BOVATI
2. I D A T I B IB LIC I
son, les dieux (Paris 1996) 93-188 (traduzione italiana: L'invenzione della scrittura.
Visibile e invisibile in Iran, Israele e Grecia [Milano 1999]); I d ., Les Trois Ventures.
Langue, nombre, code (Sciences Humaines; Paris 2007).
148 PIETRO BOVATI
23 Su questa tematica, cf. E. Bkn Z vi - M.H. FLOYD (cd.), Writings and Speech in
Israelite and Ancient Near Eastern Prophecy (S BL Symposium Series 10; Atlanta 2000).
2,1 Riferendosi a Ruth Finnegan, Literacy and Orality (Oxford 1988), S. NlDITCH,
Oral World and Written Word. Ancient Israelite Literature (Louisville 1996), nota che
«in any writing culture orality and literacy coexist and interact, as each influences the
other. There is no “great divide” between the oral and the written in the cultures of
ancient Israel but a continuum» (78).
25 £ per questa ragione ehe, fra i reperti archeologici, anche molto antichi, abbia
mo numerosi testi di contenuto legale.
150 PIETRO BOVATI
feti non hanno solo parlato, ma hanno pure messo per iscritto
ciö ehe avevano da comunicare al popolo (cf. Is 8,1; 30,8; Ger
25,13; 29,1; 30,2; 36,2; 51,60; Ab 2,2); la stessa cosa fece s.
Paolo con le sue lettere (cf. in particolare 2Ts 2,15), imitato da
altri apostoli.
Lo scritto e posteriore, sostitutivo della comunicazione orale.
Gli esperti della storia della letteratura biblica - stilla base di
analoghi fenomeni nelle culture coeve - hanno assunto, come
modello prevalente, quello ehe postula in Israele (e analoga-
mente pure nell’epoca neotestamentaria) un periodo, anche
lungo, di trasmissione orale dei miti e racconti primordiali, dei
detti sapienziali, delle leggende familiari, degli oracoli profeti-
ci, e cosi via, prodottisi in vari ambienti sociologici (familiäre
o cultuale, nelle scuole sapienziali o nelle confraternite profeti
che); a questa fase succedette 1’epoca della messa per iscritto26,
ehe, partendo dai nuclei letterari piü semplici, si arricchl pro-
gressivamente per sviluppo oppure per fusione delle varie tra-
dizioni. II processo di scrittura risulta dunque complesso: esige
infatti farmonizzazione fra una pluralitä di tradizioni orali non
sempre coerenti fra loro; talvolta viene operata anche una sin-
tesi fra diverse fonti, cioe fra documenti ehe avevano gia una
qualche configurazione autonoma; inoltre, su una prima stesu-
ra si procede a successivi interventi di redazione, nell’intento di
dare forma defmitiva e organica a un determinato patrimonio
letterario. Questo modello vale per l’Antico e per il Nuovo
Testamento27, e sta alia base della metodologia di studio scien-
26 Questo schema b accolto nei documenti piii recenti della tradizione ecclesiale;
cf. Dei Verbum 7 (EB 677) e 11 (EB 686).
27 £ lo schema assunto da A r t o l a - SANCHEZ C A R O , Bibbia e Parola di Dio, 121-
129 (per l’Antico Testamento) e 129-130 (per il Nuovo Testamento). Per quanto
riguarda i profeti, in particolare, si puö vedere il tentativo di ricostruzione storica pro-
spettato da M .H. F l.O Y D , «The Production of Prophetic Books in the Early Second
Temple Period», Prophets, Prophecy and Prophetic Texts in Second Temple Judaism (ed.
L’AUTORITÄ d e l l o s c r i t t o p r o f e t i c o 151
M.H. F l o y d - R.D. H aak) (LHB/OTS 427; New York-London 2006) 276-297. Sul
tema, cf. anche K.M. STOTT, Why D id They Write This Way. Reflections on Referen
ces to Written Documents in the Hebrew Bible and Ancient Literature (LHB/OTS
492; New York-London 2008).
28 Si veda la descrizione del «metodo storico-critico» in IBC {EB 1281-1284).
Rinviamo a L. ALONSO SCHÖKEL, «Of Methods and Models», Congress Volume
Salamanca 1983 (VT.S 36; Leiden 1985) 3-13. Egli definisce il modello come un
sistema di elementi costruito per fornire la spiegazione organica di una serie di dati
oggettivi; esso sarebbe dunque la forma aprioristica del metodo. Lo stesso autore fa
anche notare ehe tali modelli o paradigmi, a volte presentati come semplici ipotesi o
teorie, risultano piu determinant! dei metodi al fine dell’interpretazione.
30 II «modello» e spesso prelevato da altre discipline e applicato in maniera meta-
forica all’esegesi del testo biblico (Ivi, 5): dalle scienze biologiche, per esempio, viene
il supporre un lineare processo evolutivo nella composizione letteraria, mentre dalla
geologia e dall’archeologia si assume l’idea «stratigrafica», per cui in un testo sarebbe-
ro reperibili livelli cronologicamente sovrapposti (Ivi, 8-9).
31 Su questo libro, cf in particolare J.-P. SONNET, The Book within the Book. Wri
ting in Deuteronomy (Biblical Interpretation Series 14; Leiden-New York-Köln
1997); Id., «“Lorsque Moi'se cut achevd d ’dcrire” (Dt 31,24). Une “thdorie narrative”
de V enture dans le Pentateuque», RSR 90 (2002) 509-524.
32 C f K. VAN DER TO O R N , «From the Mouth o f the Prophet. The Literary Fixa
tion of Jeremiahs Prophecy in the Context o f the Ancient Near East», Inspired Speech.
152 PIETRO BOVATI
des Alten Testaments, Fs. S.Ö. STEINGRIMSSON (Arbeiten zu Text und Sprache im Alten
Testament 72; St. Ottilien 2002) 145-170; G.J. VENEMA, Reading Scripture in the Old
Testament. Deuteronomy 9-10; 31 - 2 Kings 22-23 - Jeremiah 36 - Nehemiah 8 (Oud-
testamentische Studien 48; Leiden - Boston 2004) 95-137.
154 PIETRO BOVATI
3'' Rimandiamo a quanto abbiamo detto sul modello della «dettatura» (cf. supra,
pp. 55-57). ehe serviva per esplicitare l’assoluta conformity tra parola di Dio e paro
la dell’uomo.
L’AUTORITÄ d e l l o s c r i t t o p r o f e t i c o 155
Lo scritto perö non e letto solo da Baruc (w. 8.10 [al popo-
lo]. 14-15 [a un gruppo di dignitari]), ma e affidato ad altri
lettori, rappresentati nel racconto dal personaggio di Iudi, ehe
legge il rotolo al re Ioiakim (v. 21). Lo scritto di fatto passa
di mano in mano, da quelle di Baruc (v. 14) a quelle dei capi
(v. 20), e dalle mani di Iudi (v. 21) a quelle del re (v. 25); in
ogni passaggio si opera un discernimento sull’accoglierlo o
meno.
Questo processo di trasmissioni e di letture e sottoposto a
domande ehe concernono l’autenticita dello scritto (chi lo ha
redatto? come e stato realizzato? cf. w. 17-18) ed e soggetto poi
a un giudizio, ehe ratifichi il suo valore. Si puo dire ehe, meta-
foricamente, il libro subisce un iter giudiziario: il funzionario
Michea riferisce alle autorita quanto e accaduto (v. 13; cio cor-
risponde alia notitia criminis), segue il sequestro del libro (v. 20;
36 Si veda, per contrasto, la reazione del re Giosia alia lettura del «libro» fatta dallo
scriba Safan (2Re 22,10-11.19). Il rapporto tra il racconto di 2Re 22-23 e quello di
Ger 36 £ tematizzato da SONNET, «“Le livre trouvd”», 123-128.
L’AUTORITÄ d e l l o s c r i t t o p r o f e t i c o 157
37 Si pu6, al proposito, fare un’analogia con la storia di Gesü ehe, dopo la morte
violenta di Giovanni Battista, ne riprende la predicazione, con le stesse parole (cf.
M t3 ,l e4,17), quasi fosse appunto un Giovanni Battista risuscitato (cf. Me 6,14.16;
8,28).
38 La stessa cosa aw enne per il Decalogo (cf. D t 10,2).
39Tutto lo sforzo degli studi critici su Geremia (cf. recentemente M. LEUCHTER,
Josiah’s Reform and Jeremiah’s Scroll. Historical Calamity and Prophetic Response
[Hebrew Bible Monographs 6; Sheffield 2006]), ehe cercano di ricostruire il conte-
nuto del famoso Urrolle (il rotolo primitivo), cosl da poter avere le parole autenti-
che del profeta risulta cosl improprio dal punto di vista del racconto stesso (e del-
Permeneutica della trasmissionc profetica): il racconto infatti dice ehe il secondo e
simile al primo, e ehe anzi b migliore del primo, in quanto tiene conto della totality
della storia; h il testo finale dunque ad essere quello ehe esprime compiutamente la
Parola di Dio.
158 PIETRO BOVATI
40 Cf. T. C lTR IN I, «Scrittura», Nuovo Dizionario di Teologia Biblica-. «In questa tra-
dizione del popolo di Dio e della sua fede, l’ispirazione e carisma ehe investl in diver-
sa misura e secondo diverse modalitä tutti coloro ehe in qualche modo contribuiro-
no intrinsecamente a dare origine alia Bibbia. Da questo punto di vista il carisma
dell’ispirazione presenta una fenomenologia tu tt’altro che uniforme [...]. Si deve dar
ragione a N. Lohfmk quando afferma ehe ultimo autore ispirato dell’Antico Testa-
mento fu la chiesa apostolica ehe lo assunse nella propria predicazione del mistero di
Gesü Cristo» (1460).
L'AUTORITÄ DELLO SCRITTO PROFETICO 159
e) Lo scriba
41 P.R. DAVIES, Scribes and Schools. The Canonization of the Hebrew Scriptures
(Louisville 1998) specialmente 59-88, attribuisce all’attivita scribale un ruolo fonda-
mentale nel processo che rende «canonici» i libri biblici.
42 P e r q u a n to c o n c e r n e il D e u te r o n o m io , cf. SONNET, The Book within the Book,
262-267.
43 C f. H. LlMET, «Les lettres dc M&opotamie et la literature sumerienne», Les scri
bes et la transmission du savoir (ed. C . CANNUYER) (Acta Orientalia Belgica 19; Bru
xelles 2006) 1-16.
160 PIETRO BOVATI
f) Il lettore
46 Non entriamo nel merito del valore da attribuire aH’autorevole versione greca
dei Settanta, la Bibbia della Chiesa cristiana delle origini, per la quale diversi studio-
si ritengono sia necessario adottare la qualifica di testo ispirato. Per il Siracide, cf. in
particolare M. GILBERT, «L’Ecclesiastique. Quel texte? Quelle autorit^?», RB
94(1987), 233-250.
47 P.J. SCAUSE, «Baruch as First Reader. Baruch’s Lament in the Structure of the
Book o f Jeremiah», Uprooting and Planting, 291-307.
162 PIETRO BOVATI
a) Ger 29
b) Ger 51,60-64
a) Ger 30,2
51 Si ricordi ehe buona parte della letteratura del Nuovo Testamento si presenta
sotto forma epistolary oltre alle lettere dei vari apostoli (Paolo, Pietro, Giacomo,
Giuda, Giovanni), anche l’Apocalisse, nella sua prima parte, adotta questa modalitä
letteraria (Ap 1,4-3,22).
52 Anche se, come dicono alcuni commentatori, la raccolta degli oracoli di Ger
30-31 era originariamente indirizzata alia popolazione dell’antico Regno del nord (e
166 PIETRO BOVATI
quindi rivolta a chi era lontano da Gerusalemme), il comando divino non prevede
nessuna spedizione, nd I’intervento di qualchc persona incaricata di leggere lo scritto
al posto di Geremia. D ’altronde, gli stessi commentatori riconoscono d ie il prologo
(Ger 30,1 -3) - ehe fornisce l’indicazione dell’autore, del destinatario (Israele e Giuda)
e del contenuto del «libro» - e cercamente opera di un redattore tardivo, il quale ha
ritenuto d ie i Gerosolimitani fossero i piii importanti destinatari di quest’opera scrit-
ta (cf. Ger 30,17; 31,23-24.38-40).
L’AUTORITÄ DELLO SCRITTO PROFETICO 167
b) Ger 32
53 Si suppone dunque che il libro scritto sia affidato a qualcuno, che lo trasmetta
di generazione in generazione, in attesa fiduciosa che esso riveli la sua veritä. Lo scrit
to costituisce un «memoriale», non del passato (cf Est 1,15; Gs 10,13 ecc.), nia del
futuro (cf. Es 17,14; Dt 31,19.22.27; Ab 2,2-3; Dn 8,26; 12,4).
54 C f Is 8,16: «Rinchiudi questa testimonianza e sigilla questo insegnamento nel
cuore dei miei discepoli»; sono i «figli» dei profeti ad attestare la veritä della profezia,
proprio perchd l’hanno conservata fedelmente, cosl da poter mostrare come gli even-
ti corrispondono a quanto era stato predetto.
53 Su questo testo, cf J.J. PARDO IZAL, Pasiön por un futuro iniposible. Estudio lite-
rario-teolögico de Jeremias 32 (Tesi Gregoriana Teologia 76; Roma 2001); A.G.
S h e a d , The Open Book and the Sealed Book. Jeremiah 32 in Its Hebrew and Greek
Recensions (JSOT.S 347; Sheffield 2002).
56 La messa per iscritto ha certamente un carattere «notarile» in Ger 32; e da que
sto testo si puö in qualche modo estrapolare il concetto applicandolo all’insiemc del-
I’attestazione profetica (come fa BORGONOVO, «Torah, Testimonianza e Scrittura»,
293). Anche se il concetto e im portante o addirittura fondamentale, non credo tut-
tavia ehe esso possa inglobare tutti gli aspetti e tutte le funzioni dello scritto profe
tico.
168 PIETRO BOVATI
3.2.1. La distanza
3.2.2. La definitivitä
che situano il suo autore tra i vivi. Per sempre, ormai, essa e un’opera scritta e soltan-
to scritta; la rottura con il suo autore e consumata, ormai essa entra nella sola storia
possibile, quella dei suoi lettori, quella degli uomini vivi che essa nutre» (citato da G.
G ram pa , «“Uditorc della Parola”. Il contributo di Paul Ricoeur all’interpretazione
della Scrittura», Rivista del clero italiano 86 [2005] 802).
65 Parlando dell’ermeneutica di Ricoeur, /ßC sottolinea «il risalto dato alia funzio-
ne di distanziamento come preliminare necessario a una giusta appropriazione del
testo. Una prima distanza esiste tra il testo e il suo autore, poiche, una volta prodot-
to, il testo acquista una certa autonomia in rapporto al suo autore; inizia un percor-
so di significato. Un’altra distanza esiste tra il testo e i suoi lettori successivi; qucsti
devono rispettare il mondo del testo nella sua alteritä» (EB 1395).
66 Su questo motivo, cf. M . O E M I N G , « “ D u sollst nichts hinzufügen und nichts
wegnehmen” (Dt 13,1). Altorientalische Ursprünge und biblische Funktionen der
sogenannten Kanonformel», Biblischer Kanon - warum und wozu. Eine Kanontheo-
logie (Quaestiones disputatae 137; Freiburg 1992) 68-89.
67 Proprio durante e subito dopo l’esilio awiene il processo di fissazione sistema-
tica delle tradizioni religiose d ’Israele, racchiuse nella Torah e nei Profeti (sia i profe-
ti «anteriori» della storiografia deuteronomistica, sia i profeti «posteriori», cioe gli
scritti profetici). Mediante tale operazionc letteraria si riconosce che e cessato il tempo
di una speciale e progressiva rivelazione del Signore per mezzo dei suoi inviati. Il pro
feta che diventa scrittore significa che si b conciusa un’epoca e che un’altra prende ini-
zio; il passaggio dalla trasmissione orale a quella scritta dice anche la fine della profe-
zia, in quanto evento fondatore.
174 PIETRO BOVATI
68 Cf. J.-L. Ska, LAntico Testamente). Spiegato a chi ne sa poco o niente (Cinisel-
lo Balsamo 2011), chc defmisce l’Antico Testamento la «Biblioteca Nazionale d ’lsrae-
le» (pp. 13-22).
L’AUTORITÄ dello SCRITTO PROPETICO 175
69 Cf. Providentissimus Deus (EB 89); Dei Verbum, § 12 (EB 690); I. DE I.A P o t -
TERIE, «Il Concilio Vaticano II e la Bibbia», L’esegesi cristiana oggi, 36-39; M.A. M o li
na PALMA, La Interpretaciön de la Escritura en el Espiritu. Estudio histörico y teolögi-
co de un principio hermendutico de la Constiiuciön «Dei Verbum» 12 (Publicaciones
de la Facultad deTeologia del Norte de Espana 32; Burgos 1987).
70 Introducendo le «Dimensioni caratteristiche deH’interpretazione cattolica», IBC
parla dell’«esigenza di affinitä vitale tra l’interprete e il suo oggetto, affinitä che costi-
tuisce una delle condizioni di possibilitä del lavoro esegetico» {EB 1424).
71 Cf. A r t o l a - SANCHEZ C a r o , Bibbia e Parola di Dio, 291-295.
L’AUTORITÄ dello s c r it t o p r o f e t ic o 177
72 Cf. R. GUARDINI, «Sacra Scrittura e scienza della fede», L’esegesi cristiana oggr.
«La Parola di Dio b rivolta a me e non ad un altro» (87).
73 Ibid , 86-91.
PARTE SECONDA
Dopo avere riflettuto a lungo sul Dio della veritä ehe park
nella Bibbia (oggetto) passeremo ora a considerare, quasi su di
un secondo versante del nostro percorso, il noi umano ehe
riceve e comprende la Sacra Scrittura interpretandola (sogget-
tollettore). Il fatto stesso della Scrittura pone infatti in que-
stione, ma anche in primo piano, la figura del lettore/inter-
prete, dal momento ehe non e pensabile lo scritto sacro
senza un riferimento intrinseco ai suoi potenziali destinata-
ri. Questi ultimi, infatti, non sono da pensare solo come
recettori passivi di una tradizione orale o di uno scritto, ma
godono di uno statuto tutto particolare a motivo del fatto
ehe il lettore della Bibbia e presente nell’atto stesso della Scrit
tura trasmessa. Fenomeno questo che ha una sua unicitä e
singolaritä rispetto a qualsiasi altra produzione letteraria, in
quanto mai si e visto un testo la cui stesura dura piii di mille
anni e in cui non sempre si riesce a distinguere in maniera
netta quale sia il confine tra colui ehe per primo scrive e
colui ehe leggendo riscrive, in una catena secolare di traman-
di ehe potrebbe toccare il numero di almeno cinquanta ge-
neraziom.
T
Questioni queste ehe non solo non sono tra loro separate,
ma addirittura da pensare come concatenate in maniera stret-
tissima, nella misura in cui tutte chiamano in causa colui ehe
da ultimo giunge materialmente all’atto di lettura e di interpre-
tazione della Bibbia stessa. Del resto, la veritä raggiunge la sua
figura piena solo quando la si puo cogliere dal principio alia
fine. Ma questa altro non e se non la questione del Canone inte-
sa come dato che riguarda non solo i singoli libri, ma anche la
forma complessiva in cui la Rivelazione si consegna, a partire
dai suoi stadi di sviluppo fino all’approdo finale, attraverso una
lunga serie di passaggi e di riscritture. E infatti proprio la tra-
dizione biblica a insegnarci ehe la Rivelazione scritta ha una sua
storia estremamente variegata e complessa. Come non pensare
al fatto ehe all’interno della stessa Scrittura sono presenti pro-
blematiche tra loro diverse, idee per lo meno disparate, generi
alquanto differenti? Come leggere questa enorme molteplicitä?
In ehe senso la disparitä della parola puo concordare con il con
cetto di veritä della Scrittura? E ancora, secondo quali sensi
intendere le singole parti nella loro unicitä e nel loro legame
con l’insieme nel momento in cui si passa alfatto interpretati
ve finale? Come e ovvio, il problema fondamentale di questa
molteplicitä inerisce soprattutto il rapporto ehe vige tra AT e
NT. In ogni caso le domande di partenza di questa seconda
parte del nostro percorso hanno tutte come denominatore
comune l’emergere del soggetto umano che legge e interpreta
la Scrittura.
INTRODUZIONE 183
2. CARATTERISTICHE PROPRIE
DEL LETTORE DELLA BIBBIA
2 Dinamica ben espressa da Gv 20,30-31: «Mold altri segni fece Gesü in prese
za dei suoi discepoli, ma non sono stad scritti in questo libro. Questi sono stati scrit-
ti, perche crediate che Gesü e il Cristo, il Figlio di Dio eperche, credendo, abbiate la vita
tielsuo norne»-, e da lG v 1,1-3: «Qucllo ehe era da principio, quello ehe noi abbiamo
udito, quello ehe abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e ehe
le nostre mani toccarono del Verbo della vita - la vita infatti si manifestö, noi l’ab-
biamo veduta e di ciö diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, ehe era
presso il Padre e ehe si manifesto a noi quello ehe abbiamo veduto e udito, noi lo
annunciamo anche a voi, perche anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comu
nione b con il Padre e con il Figlio suo, Gesü Cristo».
INTRODUZIONE 185
Scrittura e Tradizione
1 Per una prima familiarizzazione con questo tema cf. H. de L u b a c , L’Ecriture dans
la Tradition (Paris 1966); L. A l o n s o S c h ö KEL, Il dinamismo della tradizione (BCR
19; Brescia 1970); P.C. B o r i , L’interpretazione infinita. L’ermeneutica cristiana arni
ca e le sue trasformazioni (Saggi 326; Bologna 1987); A.M. PELLETIER, D'äge en äge
les Ventures. La Bible et l’hermdncutique contemporaine (Le livre et le rouleau 18;
Bruxelles 2004) 77-136.
1 Per una prospettiva piü teologica cf. Y.M.-J. C oN G A R , La tradition et les tradi
tions. I. Essai historique; II. Essai thdologique (Paris 1960-1963) (traduzionc italia-
na: La Tradizione e le tradizioni. I. Saggio storico; II. Saggio teologico [Roma 1961-
19631); In., La tradition et la vie de TEglise (Paris 1963) (traduzione italiana: La
tradizione e la vita delta Chiesa [Roma 21983]); B. S e s b o ü I-, L’EvangHe dans TEglise.
La tradition vivante tie la foi (Paris 1973); E. CATTANEO, Trasmettere la fede. Tradi
zione, Scrittura e Magistero nella Chiesa. Percorso di teologia fondamentale (Intel-
lectus fidei 2; Cinisello Balsamo 1999).
188 PASQUALE PASTA
4 SifDt s u D t 3 3 ,1 0 (e d . R . H a m m e r , 363-364).
5 Sifia CCLXIX: II.l4 AD(ed. J. N e u s n e r , III, 375).
192 PASQUALE BASTA
«Due, una Torah scritta e una orale». Allora quello replicö: «Alla
scritta io ci credo, ma a quella orale non credo. Convertimi per
insegnarmi la Torah scritta». Shammai lo scaccio rimproverando-
lo. Lo straniero si reco allora da Hillel ehe lo convert! e gli inse
gno le prime lettere dcll’alfabeto ebraico ( ’alef, bet, gimel, dalet) ma
l’indomani ne invert! l’ordine. 11 prosclita allora domando al Mae
stro: «Ma ieri non mi hai detto il contrario?». Hillel rispose: «Se
tu hai creduto in me, per la Torah scritta, dovrai avere la stessa
fiducia in me anche per quella orale» {bShabbat'bXT).
delle ricorrenze talvolta notevoli, conosce lo stesso fenomeno tra i musulmani, con gli
sciiti (abbasidi) intend a rifiutare la Sunna o tradizione orale attribuita a Maometto c
seguaci quindi del solo Corano, e i sunniti (ommayadi), viceversa, maggiormente atten-
ti alia «regola di condotta» o Sunna con i suoi element! piü tradizionali. Per un appro
fondimento di questi temi cf. P a u l , In ascolto della Torah, 117-141.
194 PASQUALE BASTA
Decreto V. Ci sono alcune verith che devono essere credute, ehe non
sono contenute espressamente nella Scrittura.
Certamente la Scrittura e molto vasta ed e di una profondita tale
ehe non si puo comprendere; sarebbe pericoloso tuttavia cadere in
quell’errato modo di pensare, per cui non deve essere ammesso
niente ehe non sia tratto fuori dalla Scrittura: sono infatti molte
le cose comunicate oralmente, in un colloquio familiäre, da Cri-
sto ai posteri, attraverso gli apostoli [...].
8 Per un’illustrazione chiara della visione teologica della Riforma circa il rapporto
tra Scrittura e tradizione cf. F. FERRARIO, Dio nella Parola. Frammenti di teologia dog-
matica 1 (Teologica 6; Torino 2008) 232-250.
SCRITTURA E TRADIZIONE 195
7. Dio, con somma benignitä, dispose che quanto egli aveva rive-
lato per la salvezza di tutte le genti, rimanesse per sempre integro
e venisse trasmesso a tutte le generazioni. Perciö Cristo Signore,
nel quale trova compimento tutta intera la Rivelazione di Dio
altissimo, ordinö agli apostoli che l’Evangelo, prima promesso per
mezzo dei profeti e da lui adempiuto e promulgato di persona
venisse da loro predicato a tutti come la fonte di ogni veritä salu-
tare e di ogni regola morale, comunicando cosl ad essi i doni divi-
ni. Ciö venne fedelmente eseguito, tanto dagli apostoli, i quali
nella predicazione orale, con gli esempi e le istituzioni trasmisero
sia ciö che avevano ricevuto dalla bocca del Cristo vivendo con lui
e guardandolo agire, sia cio che avevano imparato dai suggerimen-
ti dello Spirito Santo, quanto da quegli apostoli e da uomini della
loro cerchia, i quali, per ispirazione dello Spirito Santo, misero per
scritto il messaggio della salvezza. Gli apostoli poi, affinche l’Evan-
gelo si conservasse sempre integro e vivo nella Chiesa, lasciarono
come loro successori i vescovi, ad essi «affidando il loro proprio
posto di maestri» [...].
8. Pertanto la predicazione apostolica, che e espressa in modo spe-
ciale nei libri ispirati, doveva essere conservata con una successio-
ne ininterrotta fino alia fine dei tempi. Gli apostoli perciö, tra-
smettendo ciö che essi stessi avevano ricevuto, ammoniscono i
fedeli ad attenersi alle tradizioni che avevano appreso sia a voce che
per iscritto (cf. 2Ts 2,15), e di combattere per quella fede che era
stata ad essi trasmessa una volta per sempre [...].
9. La sacra Tradizione dunque e la sacra Scrittura sono strettamen
te congiunte e comunicanti tra loro. Poiche ambedue scaturisco-
no dalla stessa divina sorgente, esse formano in certo quäl modo
un tutto e tendono alio stesso fine. Infatti la sacra Scrittura ö la
198 PASQUALE BASTA
2. LA TRADIZIONE E LA SCRITTURA
IN RECIPROCA DIPENDENZA
10 Durante il recente Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio (5-26 ottobre 2008),
il cardinale Martini in un intervcnto in aula, reperibile nei verbali della segreteria,
invitava a non perdere troppo tempo su tale questione, ritenendo ottima Timposta-
zione della Dei Verbum circa il rapporto tra Scrittura e Tradizione.
11 H.G. Gadamf.R, Veritd e metodo (Milano 1983) (originale tedcsco: Wahrheit und
Methode [Tübingen I960]).
200 PASQUALE BASTA
12Tra i tanti cf. R. GUARDINI, La morte di Socrate. Interpretazione dei dialoghi pla-
tonici Eutifrone, Apologia, Critone e Fedone (Brescia 1998); F. ADORNO, Introduzio-
ne a Socrate (Bari 1999); P. IMPARA, Socrate e Platone a confronto (Roma 2000).
13Al riguardo resta ancora oggi un punto di riferimento assoluto per i cultori della
materia M. P a r r y , The Making o f Homeric Verse. The Collected Papers of Milman
Parry (ed. A, PARRY) (Oxford 1971). Cf. anche il suggestivo C.M. W HITM AN, Homer
and the Homeric Tradition (Cambridge, MA 1958) con la sua teoria della struttura
geometrica soggiacentc all'Iliade.
14 E.A. HAVELOCK, Preface to Plato (Cambridge, MA 1963) (traduzione italiana:
Cultura orale e civilta della scrittura. Da Omero a Platone [Biblioteca Universale Later-
za 85; Bari 620 06]).
202 PASQUALE BASTA
Mold secoli prima di Cristo, l’autore di quel libro del Vecchio Testa-
mento conosciuto attraverso il suo pseudonimo ebraico Qohelet o
Cohelet («colui che parla nelFassemblea»), o l’equivalente greco,
Ecclesiastes, fa chiaro riferimento alia tradizione orale: «Ohre a
questo Cohelet, che fu sapiente, insegnö la scienza al popolo; esa-
mino, scruto, compose un gran numero di massime. Cohelet cercö
di scrivere piacevoli detti, e quel che ha scritto sono parole di ret-
titudine e di verita» (Ecclesiaste, 12: 9-10). «Scrivere...detti»17.
18 Ivi, 109.
19 Cf. J.A. FlTZMYER, The Biblical Commissions Document «The interpretation o f
the Bible in the Church». Text and Commentary (Subsidia Biblica 18; Roma 1995)
145, nota 185.
1
Del resto Dei Verbum 9 aveva gia affermato ehe la Sacra Scrit
tura e la Sacra Tradizione «arete inter se connectuntur atque
communicant». Il che significa ehe entrambe vivono dello stes-
so Spirito. Non ci sono cioe due fonti, ma una sola fonte ehe e
Dio, il quale pero si comunica in modi diversi. Volendo offrire
un paragone, si potrebbe pensare aH’uomo ed alia donna, due
realta distinte e per giunta tra loro assai diverse, ma ehe poi rap-
presentano il massimo della comunione a livello simbolico.
Le due posizioni precedenti non risultano quindi essere pie-
namente soddisfacenti. Alio stato attuale il modello migliore
per cercare di spiegare la relazione esistente tra Scrittura e Tra-
20 Cosl A . VANHOYE, «La parola di Dio nella vita della Chiesa. La recezione della
Dei Verbum», Rivista del clero italiano 81 (2000) 250.
SCRITTURA E TRADIZIONE 205
21 Cosl anche G. SliGALLA, «Scrittura, Tradizione eTradizioni nel loro mutuo rap
porto», Lateranum 74 (2008) 29-68.
206 PASQUALE BASTA
23Tra i numerosi stutli ehe hanno cominciato a confrontarsi con una simile prospet-
tiva cf. E. G ü 'ITGI-MMANS, Offene Fragen zur Formgeschichte des Evangeliums. Eine
methodologische Skizze der Grundlagenproblematik der Form - und Redaktionsgeschi
chte (BEvTh 54; Munich 1970); W.A. GRAHAM, Beyond the Written Word. Oral Aspects
ofScripture in the History of Religion (Cambridge 1987); S. N lD IT C H , Oral World and
Written Word. Ancient Israelite Literature (Library of Ancient Israel; Louisville 1996);
D.C. P a r k e r , The Living Text o f the Gospels (Cambridge 1997); R.A. HORSLEY - J.A.
DRAPER, Whoever Hears You Hears Me. Prophets, Performance, and Tradition in Q (Har
risburg 1999); J.-P. S o n n e t , «Moi'se ou l’invention du livre», Acte du colloque «Les Juifi
et le Livre» de janvier 2000. Centre de recherches sur les Juifs dans les pays Anglopho
nes (ed. D. FRISON) (Parcours Judaiques 6; Paris 2000) 19-29 (= «Mose o l’invenzione
del libro», La Scrittura secondo le Scritture [AA.VV.] Parola Spirito e Vita 43 [2001] 13-
26); M.S. JAFFEE, Torah in the Mouth. Writing and Oral Tradition in Palestinian
Judaism, 200 BCE-400 CE (Oxford 2001); A. POPOVIC, «The Bible as a Book of
Memory», A ntonian u m l 9 (2004) 411-443; D.A. C a r r , Writing on the Tablet o f the
Hearth. Origins of Scripture and Literature (Oxford 2005). Per un’informazione rapi-
da, riassuntiva e recente della ricerca biblica in merito cf. W.H. KELBER, «Orality and
Biblical Studies: A Review Essay», Research in Biblical Studies 12 (2007) 1-24.
24 Per un primo approccio serve ancora bene B. G e r h a r d s s o n , Memory and
Manuscript. Oral Tradition and Written Transmission in Rabbinic Judaism and Early
Christianity (Acta Seminarii Neotestamentici Upsaliensis 22; Uppsala 1961). Per
alcuni tentativi di applicazione di questo stesso principio all’epistolario paolino cf. H.-
J. VAN DER M lN D E , Schrift und Tradition bei Paulus. Ihre Bedeutung und Funktion
im Römerbrief (Paderborner theologische Studien 3; Miinchen-Paderborn-Wien
1976); J.D. H a r v ey , Listening to the Text. Oral Patterning in Paul’s Letters (SSETS;
Grand Rapids, MI-Leicester, UK 1998); C.W. D a v is , Oral Biblical Criticism. The
Influence o f the Principles of Orality on the Literary Structure of Pauls Epistle to the
Philippians (Sheffield 1999).
25 Sülle ragioni ehe si nascondono dietro il passaggio alia testualizzazione cf. W.M.
SCHNIEDEWIND, How the Bible Became a Book. The Textualization in Ancient Israel
208 PASQUALE BASTA
28 Per una prima eccellente introduzione alia inner biblical exegesis cf. M. FlSHBA-
NE, Biblical Interpretation in Ancient Israel (Oxford 1985); R. KASHER, «The Interpre
tation o f Scripture in Rabbinic Literature», Mikra. Text, Translation, Reading and
Interpretation o f the Hebrew Bible in Ancient Judaism and Early Christianity (ed.
M.J. M u l d e r ) (Philadelphia/Assen/Mastricht 1988) 547-594; R.N. LONGENECKER,
Biblical Exegesis in the Apostolic Period (Grand Rapids 1992); E .E . ELLIS, The Old
Testament in Early Christianity. Canon and Interpretation in the light of Modern
Research (W U N T 54; Tübingen 1991) (traduzione italiana: LAntico Testamento nel
primo cristianesimo [Brescia 1999]); P. G RECH , «La reinterpretazione intra-biblica e
l’ermeneutica moderna», Stadia Patavina 49 (2002) 641-662.
29 AI riguardo il bei libro di B ori, L’interpretazione infinita, rappresenta un’otti-
ma illustrazione dell’antico adagio, condotto attraverso l’esame di pagine patristiche.
30 Sempre J. KRISTEVA, Materia e senso. Pratiche significant! e teorie del linguag-
gio (Torino 1980) 20, ritiene l’intertestualita «una nozione che sarä 1’indice del modo
in cui un testo legge la storia e vi si inserisce». Dello stesso tenore e l’affermazione di
D. BOYARIN, Intertextuality and the Reading o f Midrash (Bloomington 1990) 20,
secondo cui i rabbi, ricombinando midrashicamente parti di esemplari canonici all’in-
terno di un nuovo discorso in realtä, consentono al testo biblico «to generate its mea
nings - its original meanings - in ever new social and cultural situations».
210 PASQUALE BASTA
Ciö ehe contribuisce a dare alia Bibbia la sua unita interna, unica nel
suo genere, e il fatto ehe gli scritti biblici posteriori si basano spesso
sugli scritti anteriori. Fanno allusione ad essi, ne propongono delle
«riletture» che sviluppano nuovi aspetti di significato, talvolta molto
diversi dal senso primitivo, o ancora vi si riferiscono esplicitamente,
o per approfondirne il significato o per affermarne il compimento.
Cosi l’eredita di una terra, promessa da Dio ad Abramo per la sua
discendenza (Gen 15,7.18), diventa l’entrata nel santuario di Dio
(Es 15,17), una partecipazione al riposo di Dio (Sal 132,7-8) riser-
vato ai veri credenti (Sal 95,8-11; Eb 3,7-4,11) (EB 1428-1429).
34 Per il corpus paulinum cf. D.A. K O C H , Die Schrift als Zeuge des Evangeliums.
Untersuchungen zur Verwendung und zum Verständnis der Schrift bei Paulus (Bei
träge zur historischen Theologie 69; Tübingen 1986); C.D. STA N L EY , Paul and the
Language o f Scripture. Citation Technique in the Pauline Kpistles and Contemporary
Literature (SNTS MS 74; Cambridge, U K 1992); J.W. A a g e s o n , Written Alsofor Our
Sake. Paul and the Art of Biblical Interpretation (Louisville 1993).
40 Per una rasscgna ampia cf. il pioneristico W . D lT T M A R , Veins Testamentum in
Novo. Die alttestamentlichen Parallelen des Neuen Testaments in Wortlaut der Urtex
te und der Septuaginta (Göttingen 1903); il non ancora completo H . H Ü B N E R , Vetus
Testamentum in Novo (Göttingen 1997-2003); c soprattutto il monumentale G.K.
B e a l e - D.A. C a r s o n , Commentary on the New Testament Use o f the Old Testament
(Grand Rapids 2007).
216 PASQUALR BASTA
41 Sul modo in cui intendere il rapporto tra Spirito Santo e Scrittura si possono
lcggere con frutto molte delle considerazioni presenti in L. B O U Y E R , La Bibbia e il
Vangelo. Il senso della Scrittura: dal Dio che parla al Dio fatto uomo (Magnano 2007).
218 PASQUALE BASTA
2.2.1. Il Canone
Guidata dallo Spirito Santo e alia luce della Tradizione vivente ehe
ha ricevuto, la Chiesa ha identificato gli scritti ehe devono essere
SCRITTURA E TRADIZIONE 219
considerati come Sacra Scrittura nel senso che, «scritti sotto l’ispi-
razione dello Spirito Santo, hanno Dio per autore e come tali sono
stati consegnati alia Chiesa» (Dei Verbum 11) e contengono «la
veritä ehe Dio per la nostra salvezza voile fosse consegnata nelle
sacre lettere» (Ivi) (EB 1448).
II Canone
1 Per una trattazione generale sul Canone cf. J.-N. A l ETTI - E. HAULOTTE et alii,
Le cation des Ventures. Etudes historiques, exegetiques et systematiques sous la direc
tion de C. Theobald (LeDiv 140; Paris 1990); J. BARTON, Holy Writings, Sacred Texts.
The Canon in Early Christianity (Louisville 1997); L.M. M c D o n a l d - J.A. SANDERS
(ed.), The Canon Debate (Peabody 2002); J.-M. AUWERS - H.J. DE LONGE (ed.)> The
Biblical Canons (BEThL 163; Leuven 2003); E. NORELLI (ed.), Reciteils normatifi et
canons dans TAntiquiti. Perspectives nouvelles sur la formation des canons juif et chr<f-
tien dans leur contexte culturel. Actes du eolloque organisd dans le cadre du program
me plurifacultaire La Bible a la croisie des savoirs de l’Universite de Geneve 11-12 avril
2002 (Publication de I’Institute Romand des Sciences Bibliques; Lausanne 2004);
L.M. M c D o n a l d , The Biblical Canon. Its Origin, Transmission, and Autorithy (Pea
body, MA 2007).
IL CANONE 227
Guidata dallo Spirito Santo e alia luce della Tradizione vivente ehe
ha ricevuto, la Chiesa ha identificato gli scritti ehe devono esse-
re considerati come Sacra Scrittura [...] La fissazione di un «cano
ne» delle Sacre Scritture fu la conclusione di un lungo processo.
Le comunita dell’antica Alleanza (da gruppi particolari, come i
2 Cf. L e o n e XIII, Enc. Providentissimus Dem sugli studi della sacra Scrittura, 18
novembre 1893 (EB 83-84).
3 Per un approccio sistematico al tema cf G. A r a n d a , «II problema teologico del
canone biblico», La Sacra Scrittura anirna della teologia. Atti del IV Simposio Inter-
nazionale della Facoltä di Teologia (ed. M. T A b e t ) (Cittä del Vaticano 1999) 13-35;
A. M a e f e is , «II libro della Chiesa. Il canone del Nuovo Testamento nel dibattito teo
logico contemporaneo», Iuterpretare la Scrittura (Quaderni teologici del Seminario di
Brescia 18; Brescia 2008) 31-75, articolo interessante e aggiornato, utile da leggere
nella misura in cui passa in rassegna la discussione teologica ed esegetica del XX seco-
lo relativa alia questione del Canone neotestamentario.
228 PASQUALE BASTA
4 A tale proposito cf. M. TAbet, «Ispirazione biblica e canonicitä dei Libri Sacri»,
Scrittura Ispirata. Atti del Simposio internazionale sull’ispirazione promosso dall’Ate-
neo Pontificio «Regina Apostolorum» (ed. A. IZQUIERDO) (Atti e Documenti 16;
Cittä del Vaticano 2002) 80-117; Y.-M. B l a n c h a r d , «“Toute ficriture est in sp ire ”
(2Tm 3,16). Les probldmatiques de la canonisation et de l’inspiration, avec leurs
enjeux respectifs», RSR 93 (2005) 497-515.
IL CANONE 229
1. DEFINIZIONE E CRITERI
6 Cf. A. VON HARNACK, L’essenzadel Cristianesimo (GdT 121; Brescia 1980) (origi
nale tedesco: Das Wesen des Christentums. Sechzehn Vorlesungen vor Studierenden aller
Facultäten im Wintersemester 1899/1900 an der Universität Berlin [Berlin 1900]).
7 Benchd datato, K.H. O h l ig , Woher nimmt die Bibel ihre Autorität? Zum Verhältnis
von Schriftkanon, Kirche und Jesus (Düsseldorf 1970) rimane un punto di riferimen
to circa la questione dei criteri di canonicitä, da lui suddivisi in criteri esterni; crite
ri interni; criteri ecclesiali.
IL CANONE 231
Come giä nel caso della profezia, anche per il Canone gli
uomini hanno fatto ricorso a criteri esterni per raggiungere un
certo grado di discernimento. Ma, come per il riconoscimento
del veto e del falso profeta, nessun parametro risultava essere
decisivo da solo, lo stesso e per il Canone. Non esiste una sin-
gola regola di giudizio veramente esaustiva; emerge piuttosto
una serie di criteri, ehe insieme servono per fornire una qual-
che ragionevolezza all’atto della scelta e delfassunzione di un
preciso corpus letterario utilizzato nella vita di una Chiesa. I cri
teri in questione non sono mai stati stabiliti a tavolino o posti
a fondamento di un sistema in maniera estrinseca, ma sono
deducibili sulla base delle affermazioni maggiormente ricorren-
ti all’interno di quei documenti ecclesiali ehe in una certa misu-
ra si sono pronunciati sul Canone biblico.
232 PASQUALE BASTA
2. IL C A N O N E C O M E E L E N C O D I LIB RI
10 Cosl A n TICA REGOLA DELLA FEDE, Credo del Concilio di Toledo I: «Canone 12.
- Se uno venera o attribuisce autoritä ad altre Scritture, al di fuori di quelle ehe acco-
glie la chiesa: sia anatema» (EB 29).
11 Cf. CONCILIO T r i d e n t i n o , Decreti sulle sucre Scritture (8 aprile 1546). Primo
decreto «Si riconoscono i libri sacri e le tradizioni apostoliche»: «Per evitare dubbi circa
i libri riconosciuti da questo Concilio, esso ha creduto opportuno aggiungerne I’elen-
co a questo decreto. Essi sono i seguenti: [segue I'elenco di 73 libri: 4 6 per A T e 2 7 per
N T \. Se qualcuno poi non accetterii come sacri e canonici questi libri, nella loro inte
grity e con tutte le loro parti, come si b solito leggerli nella Chiesa cattolica e come si
trovano nell’antica edizione della Volgata latina e disprezzerä consapevolmente le pre-
dette tradizioni: sia anatema» (EB 58-60).
IL CANONE 237
nuovoTestamento, ciok della Legge e dei Profeti, nonchd del Vangelo, perche i santi
dell’uno e dell’altro Testamento hanno parlato sotto l’ispirazione del medesimo Spi-
rito Santo. Di questi accetta e venera i libri compresi sotto i seguenti titoli: [segue
elenco]» {EB 47).
IL CANONE 239
21 Su tale aspetto cf. J. BARTON - M . W o l t e r , Die Einheit der Schrift und die Viel
fa lt des Kanons. The Unity o f Scripture and the Diversity o f the Canon (Beihefte zur Zeit
schrift für die neutestamentliche Wissenschaft 118; Berlin-Nevv York 2003).
242 PASQUALE BASTA
recezione dei testi sacri sulla base della molteplicita dei canoni
determina una diversa prassi liturgica ed esegetica. Prova ne e il
fatto die non tutti i libri biblid sono letti o studiati alio stesso
modo all’interno delle varie comunita di fede. Gli Ebrei, com’e
naturale che sia, non dedicano nessuna attenzione ai testi del
N T ed e logico die la loro intelligenza della Rivelazione si basi
solo su cio die essi ritengono autentico. Ma lo stesso discorso
vale per le confessioni cristiane: leggere alcune serie di testi pre-
valenti nella liturgia propria di ciascuna Chiesa, dedicando poi
a questi anche una maggiore cura nello studio, determina di
fatto una varieta di comprensione perfino rispetto a cio ehe e
comune22. Da questi presupposti non pub die derivare una
diversissima modalitä di comprendere la teologia biblica. E sem
pre la totality infatti quella ehe determina la comprensione delle
singole sezioni, in quanto, in maniera piu o meno inconscia, le
varie parti fmiscono per essere sempre inserite in un insieme di
Rivelazione piü grande. Cosi, se l’esegesi e soprattutto la teolo
gia biblica devono basarsi sulla recezione della tradizione, e se
il primo brutto della tradizione consiste per l’appunto nello sta-
bilire festensione del Canone, diventa per cio stesso naturale
attendersi ehe fesegesi e la teologia della Scrittura siano diver
se nel cattolico, nel protestante o nel copto. In conclusione,
sulla base di questi presupposti, va precisato in maniera chiara
come ogni singola interpretazione e naturalmente «confessionale»,
secondo lo schema del circolo ermeneutico, dal momento ehe cia-
scuno interpreta a partire dalpatrimonio fondamentale della sua
fede. Di conseguenza, ogni interpretazione si rifa, in definitiva,
a una tradizione canonica, anche se questa non efissata dogmati-
camente e anche se questa non e esplicitamente intesa23.
22 Per l’approccio teologico attuale della Riforma al problema del Canone cf. E.
«History, Theology and the Biblical Canon: an Introduction to Basic Issue»,
SH N A BEL,
3. LA F O R M A C A N O N IC A
28 LEONE XIII, Providentissimus Deus: «II docente, inoltre, attenendosi alia costan
te tradizione del passato, adottcrä come esemplare la versione Volgata, die il concilio
248 PASQUALE BASTA
Tridentino decretö doversi ritenere “autentica sia nelle pubbliche lezioni, come nelle
dispute, predicazioni ed esposizioni”, e che anche la costante consuetudine della Chie-
sa raccomanda. Dovrä tuttavia tenere anche nel debito conto le altre versioni, che la
cristianitä antica elogiö e di cui si servl, c specialmente i codici primitivi. Q uantun-
que, infatti, per ciö che riguarda Pessenziale, le parole della Volgata rendano bene il
senso deU’ebraico c del greco, tuttavia se un qualche punto riuscisse un po’ oscuro o
fosse stato tradotto meno accuratamente, gioverä, come aw erte sant’Agostino, Tesa-
me accurato della lingua originale”» (EB 106).
IL CANONE 249
32 Una buona messa a punto della questione in M. G r il LI, Quale rapporto tra i
due Testament/? Riflessione critica sui modelli ermeneutici classici concernenti 1’uni-
t£t delle Scritture (Bologna 2007); Id., Una Bibbia, due Testaments (Cinisello Balsa-
mo 2010).
IL CANONE 257
tc. Ora, la Bibbia non si presenta come una collezione di testi privi
di qualsiasi relazione tra loro, ma come un insieme di testimoniali
ze di una stessa grande Tradizione. Per corrispondcre pienamente
all’oggetto del suo studio, l’esegesi biblica dcve teuer conto di que-
sto fatto. Tale e la prospettiva adottata da vari approcci die si sono
sviluppati recentemente (EB 1324).
35 Cf. G . C a s t e l u n o , Libro dei Salmi (SB[T]; Torino 1955); Id., Libro dei Salmi,
in La Sacra Bibbia. Volgata lacina eTraduzione italiana dai tcsti originali illustrate con
note critiche e commentate sotto la direzione di Mons. SALVATORE GAROFALO (Tori
no 1955).
36 Cosl, per esempio, G .H . W ILSO N, The Editing o f the Hebrew Psalter (SBL.DS
76; Chico 1985); G. B ä RBIERO, Das erste Psalmenbuch als Einheit. Eine synchrone
Analyse von Ps 1-41 (österreichische biblische Studien 16; Frankfurt 1999); Id., Il
regno di Jhwh e d e lsuo Messia. Salmi scelti dal primo libro del Salterio (Studia bibli-
ca; Roma 2008); E. ZENGER (ed.), The Composition o f the Book o f Psalms (BEThL
238; Leuven 2010).
IL CANONE 263
4. L’A P P R O C C IO C A N O N I C O
38 Cf. J.A. SANDERS, Torah and Canon (Philadelphia 1972); I d ., «Text and Canons:
Concepts and Method», Journal o f Biblical Literature 98 (1979) 5-29; I d ., «Herme
neutics in True and False Prophecy», Canon and Authority. Essays in the Old Testa
ment Religion and Theology (ed. G.W. COATS - B.O. L o n g ) (Philadelphia 1977) 21-
41; I d ., «Canonical Criticism. An Introduction», Le canon de TAncien Testament,
341-362; I d ., Canon and Community. A Guide to Canonical Criticism (Philadelphia
1984); I d ., From Sacred Story to Sacred Text. Canon as Paradigm (Philadelphia 1987);
I d ., «Canon», A BD 7(1992) 837-852.
39 Perplessit.4 sono ugualmente espresse da H. SlM IAN-YoFRE, «Possibility e liiniti
dell’interpretazione “canonica” della Bibbia», RivBib 56 (2008) 157-175.
VII
1. A F F E R M A Z IO N E D O G M A T IC A
E D IF F IC O L T Ä C O N N E S S E
1 Per una prima introduzione al tema della verita biblica cf. 1. DE L.A POTTERI
(ed.), La «verita» della Bibbia nel dibattito attuale (G dT 21; Brescia 1968), raccol-
ta di articoli di cui si raccomandano particolarmente N. LOHEINK, «Il problema del-
l’inerranza», 19-63 - J. COPPENS, «Come meglio enunciare e concepire l’ispirazio-
ne e Pinerranza della sacra Scrittura», 63-83 - P. BEN O IT, «La veritä nella Bibbia.
Dio parla il linguaggio degli uomini», 147-179 - I. DE LA POTTERIE, «Veritä della
sacra Scrittura e storia della salvezza alia luce della costituzione dogmatica “Dei Ver
bum”», 279-306; M.A. A r t o l a , «La Veritä della Bibbia», Bibbia e parola di Dio
(Introduzione alio studio della Bibbia 2; Brescia 1994) 183-203; J. B a r r , «Biblical
Scholarship and the Theory o f Truth», Palabra, prodigio, poesia. In Memoriam P.
Luis A l o n s o S c h ö k e l (ed. V. C o l l a d o B e r t o m e u ) (AnBib 151; Roma - Valen
cia 2003) 365-373.
I,A VERITÄ DELLA BIBBIA 2 67
dure nei confronti della Chiesa. Per un approfondimento di tale questione cf. G. PANI,
Ilcaso Galileo: Il metodo scientifico e la Bibbia: Ratzinger-Galileo alia Sapienza (a cura
di V. D ’AdaMO) (Palermo 2008).
274 PASQUALE BASTA
necessariamente Dio, somma veritä, non pub essere nel modo piü
assoluto autore di alcun errore (EB 124).
Percio non ha qui valore il dire ehe lo Spirito Santo abbia preso
degli uomini come strumenti per scrivere, come se qualche errore
sia potuto sfuggire non certamente all’autore principale, ma agli
scrittori ispirati. Infatti egli stesso cosi li stimolo e li mosse a scri
vere con la sua virtü soprannaturale, cosi li assiste mentre scrive-
vano, di modo che tutte quelle cose e quelle sole ehe egli voleva,
le concepissero rettamente con la mente, e avessero la volontä di
scrivere fedelmente e le esprimessero in maniera atta con infallibi-
le veritä: diversamente non sarebbe egli stesso l’autore di tutta la
sacra Scrittura (EB 125).
Poiche dunque tutto ciö che gli autori ispirati o agiografi asseri-
scono e da ritenersi asserito dallo Spirito Santo, bisogna ritenere,
15 Tra i tanti testimoni del dibattito cf. J.P. M o r e l a n d , «The Rationality of Belief
in Inerrancy», Trinity Journal 7 (1986) 75-86; K.S. KANTZER, «Why I Still Believe
the Bible is True», Christianity today 32 (1988) 22-25; M.A. GRISANTI, «Inspiration,
280 PASQUALE BASTA
Inerrancy, and the O T Canon: The Place ofTextual Updating in an Inerrant View of
Scripture», journal o f the Evangelical Theological Society 44 (2001) 577-598; S.L
A n d r e w , «Biblical Inerrancy», Chafer Theological Seminary Journals (2002) 2-21.
16 In maniera abbastanza netta t questo il rimprovero che R. VlG N O LO , «Metodi,
ermeneutica, statuto del testo biblico. Riflessioni a partire da L’interpretazione delta
Bibbia nella Chiesa (1993)», La Rivetazione attestata. La Bibbia f a Testo e Teologia,
Raccolta di Studi in onore del C a r d in a l e C a r l o M a r ia M a r t in i A r c iv e s c o v o d i
M i l a n o per il suo LXX COMPLEANNO (cd. G. A n GELINI) (Quodlibet 7 ; Milano 1998)
94, rivolge al Documento nel momento in cui scrive: «Del resto, proprio una rifles
sione esplicita sulla “veritä della Scrittura” (intorno a cui il Vaticano II aveva awiato
una proposizione tanto significativa con il concetto di veritas salutaris / nostrae salu-
tis causa: D V 11; £7? 890) sarebbestata benvenuta, trattandosi della piu specifica que
stione cui tende tutta l’interpretazione della Bibbia nella Chiesa. La stessa trattazio-
ne dei metodi, imperniata sulla distinzione tra diacronia e sincronia, nonchd gli
apprezzabili risvolti “pratici” degli approcci, avrebbero fornito un buon preludio a una
esplicitazione della veritä storica e poetica (corrispondentemente alia Bibbia come
“documento” e come “opera letteraria”) quali infrastrutture di ermeneutica generale,
luoghi della veritä salvifica (cristologico-pneumatica) propriamente attestata dalla
Sacra Scrittura».
17 Cf. H. GABEL, «Inspiration und W ahrheit der Schrift (DV 11). Neue Ansät
ze und Probleme im Kontext der gegenwärtigen Wissenschaftliche Diskussion»,
L ’interpretazione della Bibbia nella Chiesa. Atti del Simposio promosso dalla Con-
gregazione per la D ottrina della Fede; Roma, settembre 1999 (Cittä del Vaticano
2001) 64-84.
LA VERITÄ DELLA BIBBIA 281
2. ERMENEUTICA IN ATTO:
LE NON-VERITÄ PRESENTI NELLA BIBBIA
za, ancora una volta, che cosa si intende per «originario»? A chi
risalirebbe questo testo? A quale momento? Un punto fermo
abbastanza certo, ma pur sempre relative», si avrebbe solo quan-
do, aü’interno delle varie trasmissioni e in un determinato
momento storico, si e deciso di stabilire un textus receptus. Ma
prima cosa e avvenuto?
Poste queste due premesse essenziali possiamo ripartire ora
con il discorso sulla critica textus e i suoi principi metodologi-
ci. Riguardo alia critica testuale si osservano anzitutto, nel corso
della storia dell’esegesi, due posizioni di ordine ermeneutico
assai diverse tra loro.
La prima impostazione, affermatasi tra la fine del XIX e l’ini-
zio del XX secolo, consisteva in una critica del testo molto inno-
vativa. Ritenuta da molti tra gli indirizzi piü importanti delle
nuove metodologie storico-critiche, i fautori di tale linea si
compiacevano di cambiare quasi ogni attestazione, finendo con
il proporre un testo del tutto inedito. Piü un’esegeta cambiava,
piü sembrava che facesse un lavoro serio. A soffrire maggior-
mente di un simile approccio fu l’AT, se si pensa, per esempio,
che la collana delXInternational Critical Commentary propose
quasi per ogni versetto un testo difforme dal Testo Masoretico.
Oggi la posizione prevalente e completamente diversa. La
critica tende a rispettare il piü possibile il testo cost come giace,
secondo un’impostazione che si potrebbe definire conservatrice.
Al riguardo si puö confrontare il lavoro del padre Barthelemy,
che cerca sempre di giustificare il Testo Masoretico, trovando
di volta in volta idee ragionevoli per poter affermare che esso e
piü accettabile delle considerazioni proposte, invece, dalla cri
tica textus nel secolo scorso20. Ma lo stesso discorso si potrebbe
fare per l’edizione critica della Settanta di Göttingen, con i
primi volumi piü creativi (come nel caso di Siracide), gli Ulti
mi piü «conservatori» (come nel caso di Tobia ed Ester).
Dal confronto tra queste due impostazioni si comprende bene
come sia non piü una questione di metodo, bensi di criteri di
fondo. La prima modalita tende infatti a creare un testo diverso,
mentre la seconda riconosce il testo ricevuto e ne apprezza fino
in fondo la sua peculiare possibilita di senso e la sua specifica ric-
chezza. Procedendo in base a tali coordinate l’atteggiamento
attuale tende a rispettare molto di piü la tradizione. Addirittura
oggi non si fa piü fatica a riconoscere l’esistenza di fenomeni
testuali altrimenti impensabili per l’impostazione metodologica
di qualche tempo fa. E il caso della famosa questione del Qere-
Ketib (= detto-scritto, cioe una parola scritta in un modo deve
essere in realta letta in un altro), a proposito della quale alcuni
studiosi ritengono che non ci sia affatto da scegliere tra una lezio-
ne e un’altra, ma, al contrario, occorre tenerle tutte e due insie-
me, in quanto ogni attestazione dice qualcosa, offre una sfaccet-
tatura diversa del testo. In tal modo, la Variante testuale e pensata
non piü alia stregua di un semplice errore, ma nella sua qualitä
di riflessione ulteriore. Non piü quindi aut... aut, ma et... et si
puö leggere in due modi perche entrambe le attestazioni conten-
gono dementi di verita. Un altro campione della tendenza oggi
maggiormente in äuge proviene dagli studi neotestamentari,
ambito in cui si sta sempre piü imponendo una critica testuale
nuova e particolare: nel momento in cui viene suggerita una
Variante, la si porta avanti non per emendare il testo, ma come
fatto interpretativo. Cio significa che la lezione difforme potreb
be semplicemente indicate il modo in cui una determinata Chie-
sa a un certo punto ha riletto f«originale». Il testo rimane di con-
seguenza sempre lo stesso, mentre la Variante aiuta addirittura a
comprenderlo meglio, in forza della convinzione che ogni atte
stazione fornisce dementi utili di intelligenza. Prende cosi forma
un approccio non univoco al testo sacro, che viene in tal modo
288 PASQUALE BASTA
Quando tu avrai acquistato uno schiavo ebreo, egli ti servirä per sei
anni e nel settimo poträ andarsene libero, senza riscatto. Se e entra-
to solo, uscirä solo; se era coniugato, sua moglie se ne andrä con
lui. Se il suo padrone gli ha dato moglie e questa gli ha partorito
figli o figlie, la donna e i suoi figli saranno proprietä del padrone
ed egli se ne andrä solo. Ma se lo schiavo dice: Io sono affezionato
al mio padrone, a mia moglie, ai miei figli; non voglio andarmene
in libertä, allora il suo padrone lo condurrä davanti a Dio, lo farä
accostare al battente o alio stipite della porta e gli forerä l’orecchio
con la lesina; quegli sarä suo schiavo per sempre. Quando un uomo
venderä la figlia come schiava, essa non se ne andrä come se ne vanno
gli schiavi. Se essa non piace al padrone, che cosi non se la prende
come concubina, la farä riscattare. Comunque egli non puö ven-
derla a gente straniera, agendo con frode verso di lei. Se egli la vuol
dare come concubina al proprio figlio, si comporterä nei suoi
riguardi secondo il diritto delle figlie. Se egli ne prende un’altra per
s6, non diminuirä alia prima il nutrimento, il vestiario, la coabita-
zione. Se egli non fornisce a lei queste cose, essa poträ andarsene,
senza che sia pagato il prezzo del riscatto.
Se un tuo fratello ebreo o una ebrea si vende a te, ti servirä per sei
anni, ma il settimo lo manderai via da te libero. Quando lo lasce-
rai andare via libero, non lo rimanderai a mani vuote; gli farai doni
dal tuo gregge, dalla tua aia e dal tuo torchio; gli darai ciö con cui
il Signore tuo Dio ti avrä benedetto; ti ricorderai che sei stato
schiavo nel paese di Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha riscatta-
290 PASQUALE BASTA
27Tra i piü radicali cf. G . GARBINI, Storia e icieologia nell’Israele antico (Brescia 1986);
T .L . THOM PSON, The Early History o f the Israelite People (Leiden 1992). Punti di vista
ben piii ponderati in M. LlVERANI, Oltre la Bibbia. Storia antica di Israele (Bari 2009).
LA VERITÄ DELLA BIBBIA 299
28 «Nous savons comment se distinguent le rdcit et l’histoire: r<fcic est cru, histoi-
re est sue»: P. BEAUCHAMP, Le ricit, la lettre et le corps. Essais bibliques. Nouvelle edi
tion augm ent^ (Paris 1992) 235.
LA VERITÄ DELLA BI RBI A 301
29 Serve bene al riguardo quanto ribadito dal SlN O D O DEI VESCOVI. X II ASSEM-
BLEA GENERALE ORDINARIA, La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa.
Instrumentum laboris (Cittä del Vaticano 2008) in almeno due punti: «la Parola di Dio
non resta chiusa nello scritto» (p. 26) e ancora: «a. Va riconosciuta la relazione di
distinzione e comunione tra Bibbia e Parola di Dio. L la Bibbia stessa che attesta la non
coincidenza materiale fra Parola di Dio e Scrittura. La Parola di Dio e realtä vivente,
efficace (cf. Eb 4,12-13), eterna (cf. Is 40,8), “onnipotente' (Sap 18,15), creatrice (cf
Gn 1,3ss.) e instauratrice di storia. Per il Nuovo Testamento questa Parola b il Figlio
stesso di Dio, il Verbo fatto carnc (cf Gv 1,Iss.; Eb 1,2). La Scrittura, invece, b atte-
stazione di questa relazione tra Dio e l’uomo, la illumina, la orienta in maniera certa.
La Parola di Dio, quindi, eccede il Libro e raggiunge l’uomo anche attraverso la via
della Chiesa, Tradizione vivente. Ciö comporta il superamento di una interpretazio-
ne soggettiva e chiusa della Scrittura per cui essa va letta dentro tin processo della
Parola di Dio piü ampio, anzi inesauribile, come dimostra il fatto che la Parola Con
tinua ad alimentäre la vita di generazioni in tempi sempre nuovi e diversi. La comu-
nitä cristiana diviene, quindi, soggetto della trasmissione della Parola di Dio, e allo
stesso tempo soggetto privilegiato per cogliere il senso profondo della Sacra Scrittu
ra, il progresso della fede e quindi lo sviluppo del dogma, b. Lo Spirito dii respiro alia
parola scritta e colloca il Libro nel mistero piü ampio, dell’incarnazione e della Chie
sa. Per cui, grazie allo Spirito, la Parola di Dio b realt;\ liturgica e profetica, e annun-
cio (kerigma) prima di essere libro, b la testimonianza dello Spirito Santo sulla pre-
senza di Cristo» (p. 35).
VIII
-*■
1. INTRODUZIONE
1 Per una prima eccellente introduzione al teina dei sensi della Scrittura cf. Dic-
tiotmaire de la Bible - Supplement, «Sens de l’ficriture», XII, fase. 67-68 (Paris 1992-
1993) 434-336.
2 Secondo R. V lGNOLO, «Metodi, ermeneutica, statuto del testo biblico. Riflessio-
ni a partire da L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa (1 9 9 3 ) » , La Rivelazione atte-
stata. La Bibbia fra Testo e Teologia, Raccolta di Studi in onore del CARDINALE C a r l o
M a r i a M a r t i n i A r c i v e s c o v o d i M i l a n o per il suo LXX c o m p l e a n n o (ed. G.
ANGELINl) (Quodlibet 7 ; Milano 1 9 9 8 ) 3 3 , questa parte sarebbe quella piü nuova e
sorprendente dell’intero documento.
I SENSI DELLA SCRITTURA 307
A tti della Giornata Celebrativa per il 100° Anniversario di Fondazione della Pontificia
Commissione Biblica (Cittä del Vaticano 2003), all’interno del quale va segnalato M.
G lR A R D , «II Documento della Pontificia Commissione Biblica “L’interpretazione della
Bibbia nella Chiesa: bilancio e prospettive», 30-45, ottimo contributo ehe traccia un
primo bilancio relativo alia recezione del documento, aprendo al contempo a interes-
santi prospettive di lavoro futuro.
310 PASQUALE BASTA
2. LA STORIA DELL’INTERPRETAZIONE
8 Sulla tipologia cf. L. G O P P E L T , Typos. Die typologische Deutung des Alten Testa
ment im Neuen (Beiträge zur Förderung christlicher Theologie 43; Gütersloh 1939);
P. B e a u c h a m p , «La figure dans Tun et l’autre Testament», RSR 59 (1971) 209-224;
Id., «L’interprdtation figurative et ses presupposes», RSR 63 (1973) 299-312; Iü.,
«Accomplir les Ecritures. Un chemin de th^ologie biblique», R B99 (1992) 132-162;
R.B. H a y s , Echoes o f Scripture in the Letters o f Paul (New Haven-London 1989); D.
C. A L L IS O N , The New Moses. A Matthcan Typology (Edinburgh 1993); C.-B. J U L IU S ,
Die ausgeflihrten Schrifitypologien bei Paulus (Frankfurt am Main 1999); A. M A R T IN ,
La tipologia Adamica nella Lettera agli Efesini (AnBib 159; Roma 2005).
314 PASQUALE BASTA
9 Come giä per il rapporto tra Tradizione e Scrittura, anche la questione dei sensi
della Scrittura conosce notevoli analogic con a) il giudaismo ehe riconosce un senso
di superficie (peshat) e un senso di ricerca (derash) e b) 1'Islam ehe distingue tra l’ap-
parenza letterale (zahlt) e il senso interiore nascosto ( batin ). Per un approfondimen-
to cf. A. P A U L , In ascolto della Torah. Introduzione all’ebraismo (IT 30; Brescia
2006) 118-119.
10 Oltre al celeberrimo classico H. DF. LUBAC, ExSghe mtdiivale. Les quatre
sens de l’Ecriture (TIV; Paris 1959-1964) (traduzione italiana: Esegesi medievale
[Milano 1986,1988]) cf. anche B. SMALLEY, The Study o f the Bible in the Middle
Ages (London 1952) (traduzione italiana: Lo studio della Bibbia nel Medioevo
[Bologna 32008]).
316 PASQUALE BASTA
11 Per una presentazione puntuale delle principali operazioni del metodo stori
co-critico cf. P. G u i l l f .M E T T E - M. B R IS E B O IS , Introduction aux methodes historico-
critiques (Montreal 1987) (traduzione italiana: Introduzione ai metodi storico-critici
[Roma 1990]).
320 PASQUALE BASTA
3. E L E M E N T I P E R U N A T E O R IA
14 Cf. M.A. TäBF.T, «II senso letterale e il senso spirituale della Sacra Scrittura: un
tentativo di chiarimento terminologico e concettuale», Amia/es Tbeologici9 (1995) 3-
I SENSI DELLA SCRITTURA 323
il senso espresso dai testi biblici quando vengono letti sotto l’in-
flusso dello Spirito Santo nel contesto del mistero pasquale di Cri-
sto e della vita nuova che ne risulta. Questo contesto esiste effet-
tivamente. Il Nuovo Testamento riconosce in esso il compimento
delle Scritture. E perciö normale rileggere le Scritture alia luce di
questo nuovo contesto, quello della vita nello Spirito (EB 1413).
54; Id., Lettura multidimensionale della Sacra Scrittura. Introduzione alio studio della
Bibbia (Strumenti 12/2; Verona 2011); V. B a l a g u e r , «El sentido literal y el sentido
spiritual de la Sagrada Escritura», Scripta Theologica 36 (2004) 509-563.
15 C f. I. DE LA POTTERIE, «The Spiritual Sense o f Scripture», Communio 23 (1996)
738-756.
16 Benche datati servono ancora bene A. FERNANDEZ, «Sentido plenior, literal, ti'pi-
co, espiritual», Bib. 34 (1953) 299-326; R.E. B r o w n , The Sensus plenior o f Sacred
Scripture (Baltimore 1955); L. BOUYER, The Meaning o f Sacred Scripture (Notre
Dame, IN 1958); J. COPPENS, «Le probleme du sens plenier», Ephemerides Theologi-
cae Lovanienses 34 (1958) 5-20; P. BENOIT, «La plenitude de sens des Livres Saints»,
R B 67 (1960) 161-196; P. GRELOT, Sens chritien de TAncien Testament (Tournai 1962).
Piü vicino a noi J. BARTON, The nature o f biblical criticism (Louisville, KY 2007) par-
ticolarmente 69-116.
324 PASQUALE BASTA
17 Per un’introduzione alia problematica della teologia biblica cf. E. FRANCO (ed.),
La teologia biblica. Natura e prospettive. In dialogo con Giuseppe Segalla (Saggi 2 7 ;
Roma 1 9 8 9 ). Per taluni aspetti cf. anche P. G RECH , Ermeneutica e Teologia biblica
(Roma 1 9 8 6 ); R. VlGNOI.O, «Teologia Biblica, teologia della Bibbia e dintorni», Riv-
Bib 5 6 ( 2 0 0 8 ) 1 2 9 -1 5 5 .
I SENSI DELLA SCRI TTURA 325
confronto con tcologi sistematici proprio sulla questione del senso ultimo delle Scrit-
ture (Forte, Russo, Pisano).
I SENSI DELI.A SCRI TTURA 327
1 Su quanto tale dialettica sia alia base della filosofia della scienza cf. T.S. KUHN,
Dogma contro critica. Mondi possibili nella storia della scienza (Milano 2000).
330 CONCLUSIONE
ISPIRAZIONE
ALONSO SchöK E L , L., La parola ispirata. La Bibbia alia luce della scien-
za del linguaggio (BCR 7; Brescia 19872).
A r e o l a , A.M. - S ä n c h e z C a r o , J.M., Bibbia e Parola di Dio (Introdu-
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BEAUCHAMP, R, Leggere la Sacra Scrittura oggi. Con quale spirito acco-
starsi alia Bibbia (Sorgend di vita 19; Milano 1990).
-, «Lecture christique de l’Ancien Testament», Bib. 81 (2002) 105-115.
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Testo e Teologia. Fs. Card. C.M. M a r t i n i (ed. G. A n g e l i n i ) (Mila
no 1998) 283-318.
BORI, P.C., L'interpretazione infinita. L’ermeneutica cristiana antica e le
sue trasformazioni (Saggi 326; Bologna 1987).
HOFEMANN, A., «Inspiration, Normativeness, Canonicity and the Uni
que Character of the Bible», CBQ44 (1982) 447-469.
SÄNCHEZ C a r o , J.M., «La Biblia, libro sagrado. Teologia de la Inspira-
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DO (a cura di), Scrittura Ispirata. Atti del Simposio internazionale sul-
l’ispirazione promosso dall’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum”
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334 BIBLIOGRAFIA SCELTA
SCRITTURA E TRADIZIONE
CANONE
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- HAULOTTE, E. et alii, Le canon des Ecritures. Etudes histo-
riques, ex^gdtiques et systdmatiques sous la direction de C. Theobald
(LeDiv 140; Paris 1990).
BARTON, J. - W o l t e r , M ., Die Einheit der Schrift und die Vielfalt des
Kanons. The Unity ofScripture and the Diversity o f the Canon (B eihef-
BIBLIOGRAFIA SCELTA 335
VERITÄ BIBLICA
Giobbe 7,15-21 71
28,23-27 33 7,18-20 71
28,28 31 8,8 71
8,21 31
Salmi 9,9-17 71
16,10 271 9,10-11 71
19,4 64, 67 9,17 71
19,4-5 64 18,15 302
33,6 38
33,9 132 Siracide
45 311 1,1 263
45,2 56, 170 18,5 173
89,28-30 71 24,3-9 33
95,8-11 211 24,12 33
115,5 36 24,22 34
132,7-8 211 42,21 173
135,16-17 36
147,19-20 105 Isaia
148,5 132 1,1 83
1,16 290
Proverbi 1,20 148
1,20-33 32 2,1 83
8,1-11 32 5,19 130
8,22-31 33 5,20 118
8,30-31 33 6 80, 89
9,1-6 32 6,1 82
6,1-3 81
Qohelet 6,1-4 83
3,14 173 6,2-3 82
12,9-10 202 6,5 88
6,6-7 144, 148
Sapienza 6,7 88
6,12-14 32 6,10 90, 148
6,22-23 22 7 103
7,13 23 7,2 125
CITAZIONI BI BLICHE 349
Gioele Malachia
3,1-2 52, 58, 89 3,22 149
Amos Matteo
1,1 83 3,1 157
3,7 50 3,4 110
5,7 118 3,5 25
5,25 72 3,16 58
6,12 118 4,17 157
7,1-6 70, 82 4,24-25 25
7,7-17 80 5,12 91
7,8 83 5,17 123, 213
7,12-13 115 5,17-19 305
CITAZIONIBIBLICHE 353
5,21 73 22,14 51
5,33 73 22,16 28
7,15-20 114, 120 22,40 48
7,22-23 120 23,25-36 117
7,29 24 23,34 68, 91
8,19 28 23,34-35 91
9,26 25 24,24 120
10,8 115 26,54 149
10,10 116 26,56 149
10,34 128 28,19 195
10,40 52 28,20 195
10,40-41 115
11,9 119 Marco
11,10 149 1,2 149
11,19 116-117 1,22 24, 28
12,31 116 1,27 124
12,38-42 119 2,18 126
13,8 25 2,19-20 126
13,16 148 3,20 110
13,18-23 38 3,21 107-108, 110
13,23 25 3,31-35 110
13,35 148 6,14 156
13,52 20 6,16 156
13,57 28 7,5 124
15,1-2 117 7,19 s "7
16,1-4 119 8,12 119
17,24-27 116 8,28 157
19,8-9 73 9,38-40 74
21,11 28 16,9-20 251
21,12-17 73 16,15-16 195
21,13 149 16,17-18 119
21,25 112
21,28-30 87 Luca
21,37 92 1,2 228
21,42 149 1,34-37 88
354 INDICE DELLE CITAZIONI
Galati 1 Timoteo
1,8 122 1,17 36
1,10 114
4,4 50 2 Timoteo
4,9 30 3,16 40, 58, 225, 228
5,1 124 3,16-17 146, 175, 278
5,22 88
6,6 116 Ebrei
1,1 55
Efesini 1,1-2 75, 195
1,4 34 1,2 302
1,9 35 3,7-4,11 211
1,9-10 34 4,12 85
CITAZIONI NON BIBLICHE 357
Atanasio
1 Giovanni
82, 184, 228 Lett. 39 239
1,1-3
1,2-3 144
4,1 139 Cirillo di Gerusalemme
Catech. 4,35-36 234
Apocalisse
1,4-3,22 165
148 Didache
2,7
5,1-4 170 11,1-2 122
13,11-17 120 11,3-12 115
16,13-14 120 12-13 116
19,20 120
22,18-19 173, 226 Flavio Giuseppe
Contro Apione 1.8,38-41 239
CITAZIONI N O N BIBLICHE
Giovanni Crisostomo
Agostino di Ippona In Gen 3,8
C. Pel. 1,10 297 {Horn. 17,11) 62
358 INDICE DELLE CITAZIONI
Giustino Origene
2 Ap. 8,1-2 74 Princ. 2,11,4 18
2 Ap. 10,1-3 74
Pirqe ’Abot
2 Ap. 13,3-6 74
1,1 190
P a r t e P r im a
L’ISPIRAZIONE (PROFETICA)
(P. Bovati)
IV. L’autoritä dello scritto profetico (il testo sacro) pag. 138
Pa r t e S e c o n d a
L’I N T E R P R E T A Z I O N E D E L T E S T O P R O F E T I C O
(P. Basta)
Introduzione » 181
1. L’emergere della figura del lettore » 181
2. Caratteristiche proprie del lettore della Bibbia » 183
Conclusione » 329
Bibliografia scelta » 333
Indice dei nomi » 339
Indice delle citazioni » 345
Citazioni bibliche » 345
Citazioni non bibliche » 357
Litopres sas, Druento (TO)
La Scntlura ciesce
con cLv la leggo