Epistola A Demetriade - Pelagio
Epistola A Demetriade - Pelagio
Epistola A Demetriade - Pelagio
EPISTOLA
A DEMETRIADE
Introduzione, traduzione e note
a cura di Donato Ogliari
C ittà Nuova
INTRODUZIONE
1. P e l a g i o e il p e l a g ia n e s im o
dei suoi adepti, quegli aspetti controversi che sono divenuti oggetto di
condanne ufficiali. Se è difficile sbarazzarsi di un termine il cui uso si
è ormai consolidato lungo i secoli, sarebbe comunque improprio rite
nere che il pelagianesimo rappresenti una “scuola” dal programma
monolitico. Infatti, grazie alle ricerche storico-patristiche del X X se
colo, che hanno messo in luce la complessa situazione storica nella
quale il pelagianesimo era venuto delineandosi, esso ha potuto final
mente essere rivisitato non tanto (o non soprattutto) come «scuola di
pensiero» quanto piuttosto come un «movimento etico-religioso» 3.
Studi di notevole profondità, a cominciare da quelli pionieristi
ci di Souter 4 e di G. de Plinval5, hanno preparato il solco per ulte
riori e sempre più solidi contributi 6, che hanno finito col mettere in
1 Poteva cosi succedere che lo stesso Pelagio non si riconoscesse nelle ri-
costruzioni del suo pensiero fatte dai suoi avversari (cf. M. Lamberigts, Le
m al et lepéché, cit., p. 108).
8 Cf. G. Greshake, Gnade als konkrete Freiheit, cit., p. 27, n. 3. Ci pare
troppo riduttivo il giudizio di Tibiletti, quando afferma che bisogna «accon
tentarsi di parlare di pensiero pelagiano» (C. Tibiletti, Teologia pelagiana su
celibato/m atrim onio, in «Augustinianum» 27 [1987], pp. 487-507, qui p.
487). E invece pienamente condivisibile la metodologia assunta da Nuvolone,
il quale presenta il pensiero pelagiano attraverso gli «scrittori pelagiani» (F.G.
Nuvolone, Pélage et pélagiantsme. I. Les écrivains, in Dictionnaire de spiritua-
lité X II/2, 2890-2923), anche se lo stesso autore tiene a precisare che l’inven
tario da lui proposto rimane «limité et bien arbitraire» (ibid., 2923).
Introduzione 9
nari romani ivi residenti. Non si sa nulla del periodo di vita prece
dente il suo arrivo a Roma, dove giunse dopo il 380 21, né si sa qual
cosa di come abbia esattamente trascorso i primi anni del suo sog
giorno romano. È come se Pelagio fosse uscito dall’oscurità o —il che
non è molto dissimile nella sostanza - come se egli avesse voluto
mantenere nell’ombra quel periodo della sua vita. Forse è a lui che
Girolamo allude quando in una lettera a Donnione, scritta verso il
394 22, parla di un tale che aveva aderito al cristianesimo dopo aver
esercitato l’avvocatura, nella quale aveva acquisito le necessarie abi
lità oratorie e dialettiche. Secondo de Plinval, le critiche che nelle
sue opere Pelagio rivolge ai giudici disonesti appoggerebbero indiret
tamente questa ipotesi, in quanto rivelerebbero una conoscenza di
prima mano dell’ambiente forense 23.
Sempre secondo Girolamo, Pelagio doveva essere un autodidat
ta per quanto riguarda la sua formazione cristiana, ed è altamente
probabile che abbia letto almeno alcuni degli autori cristiani più in vi
sta ai suoi tempi, anche se ci risulta molto strano che egli non abbia
riosi, cosa per nulla rara sulla bocca e sotto la penna del focoso Dalmata! D el
resto è sua anche la descrizione che dipinge Pelagio come un gigante obeso
(«grandis et... corpulens»: ibid. Ili, 1), sciocco e pieno di polenta («stolidissi
mus et... pultibus praegravatus [il britannico porridgel]»: ibid. Prol. 4).
21 Cf. E. TeSelle, Pelagius, Pelagianism, in A.D. Fitzgerald (ed.), Augu
stine through thè Ages. A n Encyclopedia, Grand Rapids (MI) - Cambridge
(UK) 1999, pp. 633-640, qui p. 633.
22 Cf. Girolamo, Ep. 50, 2, CSEL 54, 389-390. Se la persona innomina
ta contro cui Girolamo si scaglia in questa lettera fosse proprio Pelagio, allo
ra bisognerebbe far risalire al 393 circa l’inizio dell’incontro-scontro tra i
due. D i questo parere sono G. de Plinval, Pélage, ses écrits, sa vie et sa rifor
m e, cit., pp. 50-55; R.F. Evans, Pelagius: Inquiries and Reappraisals, N ew
York 1968, pp. 26-42. D i parere contrario è Y.-M. Duval, Pélage est-il le cen-
seur inconnu de /'Adversus Iovinianum à Rome en 393? Ou: Du 'portrait-ro-
bot’ de l’bérétique chez S. ]éróme, in «Revue d ’Histoire Ecclésiastique» 75
(1980), pp. 525-557.
23 Cf. G. de Plinval, Pélage, ses écrits, sa vie et sa réforme, cit., pp. 65-68.
Cf. anche l’accenno al carattere artificioso degli argomenti: «fucato [...] argu
mentorum colore» (Pelagio, Ep. ad Demetriadem 4, PL 30, 19).
Introduzione 13
avvertito una certa consonanza con alcuni di essi e non si sia in qual
che modo lasciato influenzare da loro nell’elaborazione del suo inse
gnamento. Parrebbe perciò più logico ritenere che Pelagio abbia pos
seduto una conoscenza limitata ad alcuni autori cristiani più noti. Co
me ipotizza C. Pietri, «forse conobbe gli scritti di Cipriano e, tra i con
temporanei, Ambrogio e l’anonimo scrittore detto Ambrosiaster» 24.
Sulla scorta di queste scarne informazioni riguardanti Pelagio al
la vigilia del V secolo, un aspetto emerge con chiarezza: la sua non co
mune statura morale, che non gli sarà contestata neppure da Agosti
no, il suo futuro e più tenace avversario 25. Verso la fine del IV seco
lo, infatti, la sua fama di servus D ei26 si era già diffusa nell’Urbe e
oltre. In un’epoca in cui la Chiesa aveva prodotto grandi personalità
ecclesiastiche, Pelagio si distingueva per essere un cristiano laico che,
agli occhi di coloro che lo frequentavano, appariva soprattutto come
un austero asceta 27 e un apprezzato consigliere spirituale. In questi
troversia che egli, dalla Palestina, stava portando avanti contro Gio
vinianoì0, intervento che rifletteva una posizione equidistante31.
Nel periodo trascorso a Roma e conclusosi bruscamente con
l’invasione dei goti nell’agosto del 410, oltre ad aver ricoperto il ruo
lo di direttore di coscienze, Pelagio deve avere attivamente contri
buito anche a dibattiti di carattere dogmatico, come lascerebbero in
tendere - se appartengono alla sua penna - quei pochi frammenti su
perstiti del trattato De fide Trinitatis32, trattato che Gennadio defi
nì necessario, cioè ortodosso33. Sembra fuor di dubbio che nelle sue
elaborazioni dogmatiche Pelagio sia stato influenzato dalle opere di
Origene, tradotte in latino da Rufino di Aquileia attorno al 39734.
Anche se coinvolto in discussioni teologiche, l’interesse predo
minante di Pelagio continuava ad essere però di natura ascetico-mo-
rale, come attestano le sue Expositiones XIII epistularum Pauli35.
Komm entar (Vetus Latina, Aus der Geschichte der lateinischen Bibel, 7-8),
Fribourg 1973-1974, 2 voli.; T. de Bruyn, Pelagius’ Commentary on St. Paul’s
Epistle to thè Romans, Oxford 1993.
36 Frammenti in Girolamo, Dialogus adversus Pelagianos I, 25-32, CCL
80, 32-40. Il primo tentativo di raccolta di questi frammenti, da parte di J.
Garnier, si trova in PL 48, 594-596.
37 Cf. G. de Plinval, Pélage, ses écrits, sa vie et sa réforme, cit., pp. 121-166.
38 «Lo scrittore orientale offrì a Pelagio, e soprattutto a Celestio, la te
stimonianza di una tradizione vicina alla loro, ma dotata di un’articolazione
concettuale più rigorosa» (C. Pietri, Le difficoltà del nuovo sistema, cit., p.
431). Secondo Marrou, inoltre, Rufino fornì a Pelagio e a Celestio la dogma-
Introduzione 17
tica ottimista di cui la loro teologia morale aveva bisogno. Cf. H.-I. Marrou,
Les attaches orientales du Pélagianisme, in Patristique et Humanisme (Patristi
ca sorbonensia, 9), Paris 1976, pp. 331-344, qui p. 343. Cf. anche O. Werme-
linger, Rom und Pelagius, cit., p. 11. Non sembra doversi accettare l ’afferma
zione di Mario Mercatore, che fa di Rufino il Siro colui che per primo intro
dusse l’eresia che poi sarebbe stata fatta propria dai pelagiani (cf. Mario Mer
catore, Commonitorium adversum haeresim Pelagli et Caelestii, ACO 1/5 ,5 ).
39 Cf. Agostino, De gestis Pelagii 22, 46, CSEL 42, 100.
40 Sulla conferenza di Gerusalemme presieduta dal vescovo Giovanni,
cf. Orosio, Liber apologeticus 3, CSEL 5, 606-607.
41 Cf. Agostino, De gestis Pelagli 12, 27-28; 19, 43; 3 3 ,5 8 , CSEL 42, 80-
82; 98-99; 112-114.
18 Introduzione
ta, alla presenza di un vescovo (Paolino di Nola?), alla lettura del seguente
passo delle Confessiones di Agostino: «D a’ ciò che comandi e comanda ciò
che vuoi {Da quod iubes et tube quod vis)» (Agostino, Confessiones 10, 31, 45,
CCL 27,179). Agostino aveva ricevuto una copia del D e natura di Pelagio tra
mite due ex discepoli di quest’ultimo, i già menzionati Timasio e Giacomo
che, dubitando della corretta impostazione teologica dell’insegnamento del
loro antico maestro, se ne erano staccati e si erano rivolti ad Agostino per ot
tenere delucidazioni in merito.
50 Lettera dei vescovi del Concilio d i M ilevi, in Agostino, Ep. 176, 4,
CSEL 44, 667.
51 Lettera dei vescovi del Concilio d i Cartagine, in Agostino, Ep. 175, 1,
CSEL 44, 654.
52 Aurelio, Alipio, Agostino, Evodio e Possidio, Ep. 177, 15 (tra quelle
agostiniane), CSEL 44, 684.
Introduzione 21
gente dalla quale sgorga anche il tuo così abbondante» 53. E anche se
in seguito Innocenzo si impossessò di questa metafora e la utilizzò
per sottolineare la speciale auctoritas della sede romana - vista co
me la fonte dalla quale la suprema autorità fluisce verso le altre
Chiese 54 -, i vescovi africani non se ne ebbero più di tanto a male.
In fondo quel che a loro importava era che il vescovo di Roma si
schierasse apertamente dalla loro parte contro gli insegnamenti pela-
giani. Eloquenti, in proposito, le parole pronunciate da Agostino in
un sermone tenuto a Cartagine nel settembre del 417: «A proposito
di questa causa, sono già stati inviati alla Sede apostolica gli A tti dei
due concili; ne abbiamo avuto di ritorno anche i rescritti. La causa è
finita: voglia il cielo che una buona volta finisca anche l’errore» 55.
In realtà, dopo aver consultato il suo presbyterium, Innocenzo
aveva risposto alle tre lettere provenienti dall’Africa confermando la
condanna emessa dall’episcopato africano e scomunicando a sua vol
ta Pelagio e Celestio, pur auspicandosi un loro ravvedimento. O lfat
to, però, più che le questioni teologiche, e segnatamente quella ri
guardante il peccato originale e la sua trasmissione, a Innocenzo pre
meva sia salvare la pratica ecclesiale del battesimo dei bambini, a cui
annetteva un valore salvifico, sia salvaguardare la necessità della pre
ghiera al fine di ottenere la gratia quotidiana 56. Non confermò, in
fatti, la teoria del tradux peccati57.
cent I, in A.D. Fitzgerald, Augustine tbrough thè Ages, cit., pp. 451-452; O.
Wermelinger, Rom u n d Pelagius, cit., pp. 124-133.
58 Pelagio, Ep. ad Innocentium, in Agostino, D e gratta Christi et de pec
cato originali I, 30, 32, CSEL 42,1 5 0 . Altri frammenti in ihid. 1 ,3 1 ,3 3 , CSEL
42, 151; I, 35, 38, CSEL 42, 154; I, 41, 45, CSEL 42, 158; II, 19, 21, CSEL
42, 181.
59 Cf. P L 4 5 , 1716-1718.
60 B. Studer, Zosimo papa, in Nuovo dizionario patristico e d i antichità cri
stiane, III, Genova-Milano 20082, 5713-5714, 5713. Duchesne definisce Zo
simo natione graecus (L. Duchesne, Le Liber Pontificalis. Texte, introduction
et commentaire, I, Paris 1955, p. 225). L’origine greca spiegherebbe l’attitu
dine di Zosimo nei confronti di tutto l’affaire pelagiano, attitudine che riflet
teva la preoccupazione di rimanere fedele alla teologia orientale che gli era fa
miliare, e il disagio di fronte all’antropologia piuttosto pessimistica di Agosti
no, che la Chiesa africana sembrava aver fatto sua.
61 Anche Celestio ne aveva redatto uno. Cf. Celestio, Libellus fid ei Zosi
mo papae oblatus, PL 48, 497-505.
62 C. Pietri, Le difficoltà del nuovo sistema, cit., p. 441.
63 Zosimo, Ep. 2 (Magnum pondus [Coll. Avellana 45]), CSEL 35/1, 99ss.
Introduzione 23
64 Id., Ep. 3 (Postquam a nobis [Coll. Avellana 467), CSEL 35/1, 103ss.
65 II vescovo Aurelio di Cartagine, ad esempio, rimproverò duramente e
senza convenevoli papa Zosimo meravigliandosi che si fosse lasciato inganna
re dai sotterfugi di Celestio, e chiedendogli espressamente di ritornare sui
suoi passi. Purtroppo la lettera di Aurelio a Zosimo è andata perduta, ma il
suo tenore ci è conservato in qualche accenno fatto dallo stesso Zosimo (cf.
Zosimo, Ep. 12 [Coll. Avellana 507, CSEL 35/1, 115ss.). Non deve meravi
gliare la libertà con cui ci si poneva di fronte al vescovo di Roma, dato che la
dottrina del primato romano - così come l’intendiamo noi oggi - non era an
cora stata sviluppata appieno.
66 Cf. Concilium Carthaginense A. 418, in Concilia Africae A. 345 -A . 525,
CCL 149,67-73.
24 Introduzione
pa Innocenzo I 69. In conseguenza di tutto ciò, nel luglio del 418 Zo
simo inviò alle principali sedi episcopali dell’Occidente e dell’Orien
te la cosiddetta Epistula Tractoria70, nella quale, dopo aver rievoca
to brevemente la storia della controversia pelagiana, riaffermava la
dottrina della grazia adiuvante e preveniente, la trasmissione del pec
cato originale (di cui lasciava però aperta l’interpretazione) e la neces
sità del battesimo per i bambini. Inoltre ribadiva la condanna commi
nata dal suo predecessore Innocenzo I a Pelagio e a Celestio, chieden
do ai confratelli nell’episcopato di sottoscriverne la scomunica.
La mancanza di documentazione rende impossibile conoscere
con esattezza quale fu l’influsso che il rescritto dell’imperatore Ono
rio e le decisioni del Concilio cartaginese del 418 ebbero sulla stesu
ra dell’Epistula Tractoria, anche se è probabile che essa sia stata di
rettamente ispirata dai pronunciamenti dell’episcopato africano71.
In ogni caso, come ha mostrato Floéri, vi sono sufficienti ragioni per
asserire che Zosimo non capitolò del tutto di fronte all’enorme pres
sione provocata dall’intervento pressoché contemporaneo dell’impe
ratore e della Chiesa africana. Infatti, benché Zosimo si fosse avvici
nato alle posizioni africane e avesse ribadito la posizione agostinia
na della necessità della grazia non solo per ogni atto ma anche per
ogni pensiero, il contenuto dell’Epistula Tractoria non era, di fatto,
69 Cf. J.P. Bums, Augustine’s Role in thè Imperiai Action against Pelagius,
in «Journal of Theological Studies», n.s., 30 (1979), pp. 67-83, qui pp. 77-83.
70 Così chiamata in Mario Mercatore, Commonitorium super nomine
Caelestii 3, 1, ACO 1/5, 68. Per i pochi frammenti dell’Ep. Tractoria giunti fi
no a noi, cf.: Agostino, Ep. 190, 6, 23, CSEL 57, 159; Prospero d’Aquitania,
De gratia D ei et libero arbitrio contra Collatorem 5, PL 51, 228; Celestino I,
Ep. ad Galliarum Episcopos V ili, 9, PL 45, 1758; O. Wermelinger, Rom und
Pelagius, cit., pp. 307-308. Per un’analisi del contenuto dell’epistola, cf.: ibid.,
pp. 209-218; C. Pietri, Roma Christiana, cit., II, pp. 1237-1244.
71 Secondo Amann essa s’ispirava al Concilio plenario di Cartagine. Cf.
É. Amann, Zosime, in DTC 15 (1950), 3708-3716, qui3714. Per Munier il fat
to che 1'Epistula Tractoria dovette essere imposta significa che essa rappresen
tava un punto di vista non facilmente condivisibile da tutto l ’episcopato e che
poteva essere l’espressione dell’allineamento di Zosimo con la teologia africa
na. Cf. C. Munier, Zosime (1), in Dictionnaire de spiritualité 16 (1994), 1651-
1658, qui 1655.
26 Introduzione
del tutto allineato con i nove canoni antipelagiani del Concilio car
taginese del 418, almeno per quanto riguarda l’interpretazione del
peccato originale 72. Già il fatto di aver evitato l’uso dell’espressione
«peccato originale», preferendo parlare - sulla scia del linguaggio
paolino - del chirografo o debito contratto da Adamo, ci fa pensare
che Zosimo abbia voluto evitare «le questioni delicate dell’antropo
logia agostiniana sulla natura umana dopo il peccato, come anche il
complesso problema della dannazione dei fanciulli morti senza bat
tesimo. Il pontefice si pose deliberatamente nella prospettiva tradi
zionale di una teologia della salvezza» 73.
Uepiscopato africano non fece molto caso a queste ambiguità.
Dopo tutto, Agostino e i suoi colleghi avevano ottenuto quello che
avevano insistentemente chiesto, e cioè la condanna del pelagianesi
mo, condanna che, generalmente parlando, sortì l’effetto desiderato,
anche se vi furono diciannove vescovi - tra cui Giuliano, vescovo di
Belano, che si rivelerà un brillante polemista nel confronto-scontro
con Agostino - che si rifiutarono di sottoscrivere /'Epistula Tracto
ria74. Ciò - come vedremo più avanti - costerà la condanna anche a
Giuliano e a quei vescovi che lo seguiranno fino in fondo.
romane sulla vita teologica della città fin ì col divenire - come ba af
fermato Brown —una «constant feature», almeno fino al VI secolo 82.
Di sicuro sul palmarès dei rapporti aristocratici di Pelagio van
no posti quelli intrattenuti con la famiglia dei Caeionii, rapporti re
si possibili dall’amicizia che Pelagio coltivava con Albina e la figlia
Melania la Giovane, andata in sposa a Valerio Piniano. Saranno pro
prio costoro a mettere in atto un ultimo tentativo - andato a vuoto -
di riconciliare Agostino con Pelagio, insistendo affinché quest’ulti
mo rinnegasse gli errori per i quali era stato condannato al Concilio
di Cartagine del 418 83. Che ci fossero dei legami tra Pelagio e la
gens Caeionia lo si deduce anche dagli strali che Girolamo lanciò
contro Melania la Grande (suocera di Albina e nonna di Melania la
Giovane), definendola come «colei che, col suo nome che dice nero,
dà una conferma della tenebra della sua perfidia» 84. Questa invetti
va fu causata dall’appoggio che Melania la Grande aveva dato dap
prima a Evagrio Pontico e Rufino d’Aquileia, ardenti origenisti, e
ora ai pelagiani che, agli occhi di Girolamo, ne erano gli epigoni.
È risaputo che Pelagio intrattenesse rapporti anche con Paolino,
vescovo di Nola, che era imparentato con Melania la Grande e la sua
famiglia. Fu presso di lui, nella sua biblioteca, che potè leggere le ope
re antimanichee del vescovo di Ippona 85. Pelagio ebbe modo di incon
trare Paolino anche durante gli anni del suo soggiorno a Roma, dove
il vescovo di Nola si recava almeno una volta all’anno per venerare le
tombe degli Apostoli. Anzi, è probabile che il loro primo incontro sia
avvenuto subito dopo la conversione di Paolino alla vita ascetica
(394ca), quando questi non era ancora vescovo di Nola. E comunque
fu in una di queste occasioni che Paolino (se di lui si tratta) riferì a Pe
86 Agostino, Confessiones 10, 31, 45, CCL 27, 179. Cf. Id., D e dono per
severantiae 20, 53, PL 45, 1026. Cf. P. CourceUe, Recherches sur les Confes-
sions de saint Augustin, Paris 19682, p. 580.
87 Cf. Agostino, Ep. 126, 6 (ad Albina), CSEL 4 4 ,1 2 .
88 Cf. Agostino, Ep. 186, 1, CSEL 57, 45. Cf. P Brown, Augustine o f
Hippo, cit., p. 386; P. CourceUe, Recherches sur les Confessions de saint Augu
stin, cit., pp. 590-595.
89 Cf. Agostino, D e gratia Christi et de peccato originali I, 35, 38, CSEL
42, 154.
Introduzione 31
90 Cf. G. de Plinval, Pélage, ses écrits, sa vie et sa riforme, cit., pp. 214-216.
91 Per le buone relazioni di Pelagio con gli Anicii, cf. P. Laurence, Pro
ba, Juliana et Démétrias. Le christianisme des fem m es de la gens Anicia dans la
prem ière m o itié du Ve siècle, in «Revue des Etudes A ugustiniennes» 48
(2002), pp. 131-163, qui pp. 154-155.
92 II palazzo degli Anicii a Roma era una delle meraviglie della città. Cf.
Ep. Secundini Manichaei ad sanctum Augustinum, CSEL 25/2, 895.
93 Cf. P. Brown, The Patrons o f Pelagius, cit., p. 208, n. 3.
94 Cf. Girolamo, Ep. 130, CSEL 56/1, 3,175-201.
95 Cf. Italica 1, in C. e L. Pietri (edd.), Prosopographie chrétienne du Bas-
Empire, 2/1, cit., pp. 1162-1163, qui p. 1162.
96 Cf. Anicia Faltonia Proba 2, in ibid., 2, Rome 2000, pp. 1831-1833;
Anicia Iuliana 3, in ibid., 1, cit., pp. 1169-1171.
97 Cf. Agostino, Epp. 92 e 99 (a Italica), CSEL 34, 436-444; 533-535; Ep.
130 e 131 (a Proba), CSEL 44,40-79; Ep. 188 (a Giuliana) CSEL 57,119-130.
98 Circa i legami tra gli Anicii e il clan degli origenisti, cf. P. Laurence,
Proba, Juliana et Démétrias, cit., pp. 138-139.
32 Introduzione
2 . L a E p is t o l a a D e m e t r ia d e
130 Cf. C. e L. Pietri (edd.), Demetrias Amnia, cit., pp. 544-547, qui p. 544.
131 G. de Plinval, Pélage, ses écrits, sa vie et sa réforme, cit., p. 245.
132 G. de Plinval, Essai sur le style et la langue de Pélage, Fribourg en
Suisse 1947, p. 35.
133 Cf. B.R. Rees, The Letters o f Pelagius and his Followers, Woodbridge
1991, p. 32.
38 Introduzione
w ib id .
147 Ibid. 3. Cf. anche ibid. 8.
148 Cf. ibid. 10.
149 Cf. ibid. 3.
15°Ib id . 4.
151 Cf. ibid.
Introduzione 41
152 Ibid.
153 Ibid. 3.
154 c f .ibid.
155 Ibid. 8.
156 Cf. ibid.
42 Introduzione
157 C f. ibid. 1.
158 Cf. ibid. 24.
Introduzione 43
sottolinea che il suo vero onore e la sua vera nobiltà consistono nel-
l’aver aderito a Cristo 173. Infine, Prudenzio, un contemporaneo di
Girolamo, descrive la differenza tra la nobiltà pagana e quella cri
stiana, mettendo sulla bocca del martire Romano le seguenti parole:
«Lontano da me il pensare che siano il sangue dei miei genitori e la
legge del senato a rendermi nobile; è il nobile insegnamento di Cri
sto a rendere gli uomini nobili» 174.
Anche nel caso della vergine Demetriade, questa opposizione è
ripresa da Innocenzo I nella lettera inviata a Giuliana175, ed è altre
sì presente nelle lettere inviate rispettivamente a Giuliana da Ago
stino 176 e a Demetriade da Pelagio e Girolamo. Sicuramente, questi
ultimi non disdegnarono il fatto che la giovinetta appartenesse a una
delle famiglie aristocratiche più in vista di Roma e, anzi, il prestigio
sociale di cui ella godeva e le grandi fortune patrimoniali di cui po
teva disporre non avranno mancato di suscitare un ancor più vivo in
teresse nei suoi confronti. Però, al di là della politesse mondaine e
di una certa amplificatio panegiristica con la quale essi non si sot
trassero dal lodare il prestigio derivante dal rango sociale di Deme
triade 177, sia Pelagio che Girolamo non si astennero neppure dal ri
levare l’eccellenza del nuovo stato di vita che ella aveva liberamente
abbracciato, sottolineando la superiorità della nobiltà spirituale - so
prattutto se accompagnata dalla consacrazione verginale - rispetto a
quella secolare178.
173 Transcendis senior donatus munere Christi: / hic est verus honos, haec
tua nobilitas (Inscriptiones Latinae Christianae veteres 63 [CE 1347] B, 4ss.).
174 Prudenzio, Peristephanon 10, 123-125, CSEL 126, 334.
175 Cf. Innocenzo I, Ep. 15, PL 20, 518-519 passim.
176 Cf. Agostino, Ep. 150, CSEL 44, 381.
177 Cf. Pelagio, Ep. ad Demetriadem 1; Girolamo, Ep. 130, 1, CSEL 56,
175-176.
178 Cf. Pelagio, Ep. ad Demetriadem 1. Cf. anche Pelagio [?], A d Celan-
tiam 21 [tra le Epistole di Girolamo], CSEL 56, 347, dove Pelagio mette in
evidenza il contrasto tra la nobiltà cristiana, basata sulle virtù evangeliche, e
quella basata esclusivamente sulla nascita e sulle ricchezze. Cf. anche Girola
mo, Ep. 130, 6, CSEL 56, 181.
46 introduzione
5) Honor/'dignitas e spectaculum
183 Cf. A.S. Jacobs, Writing Oemetrias: Ascetic Logic in Ancient Christia-
nity, in «Church History - Studies in Christianity and Culture» 69 (2000), pp.
719-748, qui p. 735.
184 Cf. J.-M. Salamito, Excellence chrétienne et valeurs aristocratiques,
cit., p. 152.
185 Cf., ad esempio, quello che Ilario d ’Arles scrive a proposito di O no
rato, anch’egli di nobili origini, divenuto monaco e in seguito vescovo di Ar-
les: «Siamo tutti uno in Cristo, e l’elevatezza della nobiltà è rintracciabile tra
i figli di Dio. La nostra gloria non può essere accresciuta dalla dignità della
nostra famiglia umana se non rinunciandovi. Nessuno in cielo sarà più glorio
so di colui che ha ripudiato la sua stirpe e sceglie di essere considerato solo
come un discendente di Cristo» (Ilario d ’Arles, Sermo de vita S. Honorati 4,
1, SC 235, p. 76).
186 Cf. Pelagio, Ep. ad Demetriadem 19. Cf. anche ibid. 3.
48 Introduzione
187 F.E. Consolino, Fra Pelagio e Claudiano: l’elogio degli Anicii nell’epi
stola di Girolamo a Demetriade, in Hestiasis. Studi d i tarda antichità offerti a
Salvatore Calderone, III, Messina 1987, pp. 65-83, qui p. 78.
188 Cf. A.S. Jacobs, Writing Demetrias, cit., pp. 727-728 e 734.
189 Cf. Pelagio, Ep. ad Demetriadem 14.
Introduzione 49
6) La virtù dell’umiltà
193 Pelagio, Expositiones XIII epistularum Pauli [in I ad Tim 5,10], PL,
Suppi. 1, 1354.
194 Cf. Pelagio, Ep. ad Demetriadem 30. E chiaro che l’insistenza pelagia
na sulla libera autodeterminazione dell’uomo risulta comprensibile solo sullo
sfondo di una “meritocrazia religiosa” che rimanda ai praemia, ossia alle pene
o alle ricompense eterne elargite da un D io giudice e rimuneratore (cf. ibid. 17).
195 M. Gonsette, Les directeurs spirituels de Démétriade: Épisode de la
lutte anti-pélagienne, in «Nouvelle Revue Théologique» 60 (1933), pp. 783-
801, qui p. 791. Queste parole che abbiamo posto in forma interrogativa, so
no in realtà una perentoria esclamazione dell’autore, Gonsette, di fronte a un
naturalismo esagerato e onnicomprensivo.
Introduzione 51
pietà fredda e corretta di cui [Pelagio] circonda Gesù è come il bianco len
zuolo in cui Giuseppe d ’Arimatea avvolse il corpo di Cristo» (G. de Plinval,
Pélage, ses écrits, sa vie et sa réforme, cit., p. 157). Se questi giudizi ci paiono
eccessivi, ci pare altresì ingiusto definire la perfezione morale alla quale ten
deva la spiritualità pelagiana come un «icy puritanism» (P. Brown, Pelagius
and His Supporters. A im s and Environments, cit., p. 194).
201 Cf., ad esempio, l’esortazione rivolta a Demetriade: «La moderazio
ne è raccomandabile in ogni cosa, ed è sempre encomiabile il senso della m i
sura. Il corpo non va spezzato, ma controllato» (Pelagio, Ep. ad Demetria
dem 21).
202 N on è comunque da escludere - come asserisce Salamito - che la
soppressione del pensiero pelagiano abbia anche portato ad accogliere l ’idea
di «una Chiesa di massa, intesa come casa di convalescenza o scuola per i pec
catori - comunità immensa la cui totale purificazione non può avvenire che
alla fine dei tempi» (J.-M. Salamito, Excellence chrétienne et valeurs aristocra
tiques, cit., pp. 156-157).
203 Cf. G. de Plinval, Essai sur le style et la langue de Pélage, cit.
Introduzione 53
2*3 Cf. PL 3 0 ,1 5 .
214 Cf. Agostino, D e gratia Christi et de peccato originali I, 37, 40, CSEL
42, 155.
215 Cf. Pseudo-Agostino, Ep. 17, PL 33, 1099-1120 (riprende l’edizione
di Agostino dei Maurini, II, App., 5-18).
216Cf. G. de Plinval, Pélage, ses écrits, sa vie et sa réforme, cit., pp. 245-251.
217 Cf. J.H. Newman, Historical Sketches, II (Demetrias, pp. 163-184),
London-New York-Bombay 1899, p. 180.
218 W. Geerlings - G. Greshake (edd.), Quellen geistlichen Lebens: Die
Zeit der Vàter, Mainz 1980; tr. ted. dell 'Epistula ad Demetriadem: pp. 141-178.
219 B.R. Rees, The Letters o f Pelagius and his Followers, cit., p. 20.
220 Cf. Vita epistole de sancto Hieronymo ulgare, per maestro Lorenzo di
Rossi da Valenza, Ferrara 1497, f. 71ra-84ra.
221 Cf. D ei fondam enti della vita spirituale: epistola attribuita a san Giro
lamo, volgarizzata da Maestro Zanobi; testo di lingua per la prima volta mes
so a stampa da Bruto Fabricatore, Napoli 1863.
56 Introduzione
* * *
che crediamo assistite sia dalla fede della madre che dal merito
della figlia.
c Rm 9 ,2 0 .
Girolamo], CSEL 56, 341. Cf. anche Id. [?], Liber de vita christiana 14, PL
40,1044-1045.
4 II concetto della punizione che, nel segreto della coscienza, perseguita
il colpevole anche quando la colpa rimane nascosta si ritrova anche in Id. [?],
Ep. ad Celantiam 14 [tra le Epistole di Girolamo], CSEL 56, 341.
72 Pelagio
5 Sul m olo dei progenitori, dei Patriarchi e dei loro discendenti, cf. Id. [?],
Liber de vita christiana 7, PL 40, 1037.
Epistola a Demetriade, 4-5 73
re fin dalla sua fanciullezza, viene presentato come ancor più giu
sto e perfetto grazie alle tribolazioni: dapprima fu venduto agli
ismaeliti come schiavo dai suoi fratellin, ai quali, come aveva visto
in sogno, toccava adorarlo. Successivamente fu venduto dagli
ismaeliti a un padrone egiziano. Pur tuttavia egli mantenne quella
dignità d’animo propria di chi è nato libero e col suo esempio in
segnò sia agli schiavi che ai liberi che, nel peccato, a nessuno è di
ostacolo la condizione nella quale si trova, mentre lo può essere
l’intenzione. A questo punto ti prego, o vergine, di fermarti un at
timo e di considerare attentamente l’animo casto di Giuseppe. Il
giovane è concupito dalla sua padrona, ma non si lascia eccitare al
la concupiscenza: lei chiede e lui fugge. Colei che per le altre cose
era solita comandare, in questo unico caso blandisce e supplica.
Ma l’amore di Dio non è vinto dall’amore della donna. Né la gio
vane età smuove l’animo casto, né l’autorità dell’amante. Respinta
più volte, la padrona tende al giovane insidie più scoperte. In se
greto e senza che vi fossero testimoni, la spudorata lo ghermisce
con le mani e lo esorta al peccato con parole ancora più sfacciate.
Ma neppure in tale frangente Giuseppe è sopraffatto, anzi, come
prima aveva fatto con le parole, così ora risponde ai fatti con i fat
ti. Perciò colui che, richiesto molte volte, aveva rifiutato, ora, af
ferrato, sfugge alla presa, e ancor prima che fosse proclamata quel
la parola evangelica: Chiunque guarda una donna per desiderarla,
ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore °, egli, benché pro
vocato non solo dall’aspetto della donna, ma anche dall’esser qua
si abbracciato da lei, non la concupì. Fin qui hai ammirato la for
za della sua castità; ora considera la sua generosità. Prima che il
profeta dicesse: Nessuno ricordi la malvagità del suo prossimo p ,
Giuseppe rispose all’odio con la carità; e quando vide i suoi fratel
li - no, anzi i nemici nei quali si erano trasformati i suoi fratelli -
e volle farsi riconoscere da essi, dimostrò il sentimento dell’amore
invece del dolore: Li baciava uno per uno q e, con un pianto dirot
to, bagnava il collo dei suoi fratelli sbigottiti, lavando via il loro
n Cf. Gn 3 7 ,2 8 . ° M t 5 ,2 8 . P L v l9 ,1 8 . q G n 4 5 , 15.
Epistola a Demetriade, 5-6 75
aoMt 7, 12.
vata ricompensa, hai votato a Dio la tua verginità non perché ti fos
se comandato, ma per il merito connesso; e così, su consiglio del
l’Apostolo, hai fatto tua una norma più estesa. Entrata nel campo
del combattimento, non hai dato tanto peso alla fatica del cammi
no, quanto al premio della vittoria10. Avevi letto, credo, quell’enco
mio evangelico sulla castità perpetua, e ti aveva infiammato a con
servare la verginità quella parola del Signore stesso che elogiò, a tal
proposito, l’opinione di Pietro per la stessa grandezza e difficoltà
della cosa e che, promettendo il regno dei cieli agli eunuchi per
scelta, dice: Chi può comprendere, comprenda aP. Perciò non coman
do un impegno così grande, né lo impongo, ma lo propongo. E
neppure obbligo qualcuno ad assumersi un tale impegno, ma lo in
vito. E benché sembri essere riferito soltanto agli uomini, tuttavia
non è detto solo per loro, in quanto un’eguale ricompensa della
verginità è promessa a entrambi i sessi. Anche l’Apostolo, a propo
sito delle vergini, dice di non aver ricevuto nessun comando dal Si
gnore, e si limita a dare un consiglioa<!11. Dice, infatti: Dal momen
to che cercate una prova che Cristo parla in m e ar.
sere preferite ad altre nel regno dei cieli, loro che, con la trasgres
sione dei comandamenti, se ne sono precluse l’accesso. Non chiun
que m i dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che
fa la volontà del Padre mio che è nei cieliau. Si ricordino, dunque,
che le vergini stolte saranno allontanate dalla porta dello sposo;
questa è la risposta che sarà data loro: Non vi conosco!av 12. Saran
no unite alla sorte di coloro dei quali il Signore dice: Molti in quel
giorno m i diranno: «Signore, Signore, non abbiamo noi cacàato de
moni nel tuo nome e compiuto molti prodigi nel tuo nome?». Io pe
rò dichiarerò loro: «In verità vi dico: Non vi conosco; allontanatevi da
me, voi tutti operatori di iniquità»aw. In realtà, è di gran lunga diver
sa la via che devi intraprendere tu che, dopo aver calpestato l’amo
re per il mondo e considerando senza posa i diritti di Dio, vuoi di
mostrarti vergine come dice l’Apostolo e, santa nel corpo e nello
spiritoax, attendi la venuta del Signore, tu che continuamente versi
l’olio delle sante opere nella lampada della tua anima e, unita alle
vergini sapienti, ti prepari a incontrare lo sposo. Devi evitare la stra
da larga, di continuo percorsa dal corteo della moltitudine che si in
cammina verso la morte. Bisogna continuare a seguire il tracciato
della via stretta che conduce alla vita eterna e che pochi riescono a
trovare13. Tu hai già deposto gli impedimenti più gravosi e fin dal
primo istante della tua conversione hai superato tutto ciò che ritar
da il cammino della vita spirituale o che te ne distoglie. Hai disprez
zato i piaceri della vita matrimoniale, la preoccupazione della poste
rità, l’allettamento esercitato dai piaceri, l’ostentazione del mondo,
la brama delle ricchezze, e con l’apostolo Paolo puoi dire: Il mondo
è stato per me crocifisso, come io per il mondo *y. Quale perfezione si
deve attendere da chi ha iniziato in tal maniera? Mostrami anche
14 Cf. Pelagio, Ep. ad Demetriadem 1 e 22. Cf. qui, Introduzione, pp. 44-
47 .
86 Pelagio
az Sir 24 ,2 0 .
canze, che cosa mai farà una vergine che, sciolta da tutti gli impe
dimenti di questo mondo, e perciò libera, è entrata, per così dire,
nella scuola della castità17?
bd Cf. Mt 11,30.
sero che era tutt’altro ciò che desideravi, subito, con mirabile
prontezza, diedero il loro assenso e ti incoraggiarono a perseguire
ciò che avevi scelto. E questa tua decisione, non priva, data la tua
giovane età, di un certo senso di trepidazione, fu confermata dal
l’autorevolezza del loro assenso. Così il tuo proposito divenne an
che il loro e, benché avessero visto molti loro familiari occupare le
più alte cariche, in nessun caso furono così allietate come di fron
te alla scelta da te operata, poiché in nessun altro onore avevano
scorto qualche cosa di così grande e illustre. Tu sola, dunque, hai
aggiunto al tuo casato un onore che non aveva posseduto in pas
sato lungo tutto l’arco della sua lunga storia. E pur ammettendo
che alcuni membri maschi del tuo casato abbiano ricoperto in mo
do memorabile la carica di consoli, e che i fasti consolari abbiano
riportato di frequente i nomi della vostra illustre famiglia, tuttavia
niente ha mai dato alla prosapia più lustro di questo onore che ti
appartiene, che è stato inserito non in un registro materiale, ma nel
libro della memoria immortale di Dio. Mentre, infatti, i tuoi avi
hanno raccolto dappertutto clamorosi applausi - dato che il popo
lo, soddisfatto, ha testimoniato con la mirabile unanimità del suo
acclamare i loro insigni meriti consolari - , la gloria del tuo onore
è tuttavia di gran lunga maggiore, poiché è stata causa di gioia nel
cielo e motivo di letizia tra gli angeli. Non sono le meretrici ad ar
ricchirsi per mezzo tuo, ma sono piuttosto le vergini di Cristo a es
sere sostentate; né sono l’auriga e colui che nell’arena lotta con le
belve a essere arricchiti, ma sono i poveri di Cristo a essere nutri
ti per mezzo tuo. Durante il consolato dei tuoi antenati, province
di tutto il mondo - alle quali, benché lontanissime tra loro, si
estende il potere del vostro casato - inviarono belve esotiche e ani
mali sconosciuti a bagnare il suolo della crudele arena col sangue
loro o con quello degli uomini. A te, invece, sono inviate tutte le
migliori tra le vergini20 affinché tu le offra a Dio quale dono pre
fazione della sua consacrazione - alla luce di quel comune denominatore che è
la sequela del Cristo. Viene spontaneo pensare alle comunità di vergini costi
tuitesi in modo analogo attorno a Paola e a Eustochio, sia a Roma che a
Betlemme. Un accenno è riscontrabile in Girolamo, Ep. 22, 29, CSEL 54,187.
92 Pelagio
22 Cf. ibid. 6, CSEL 56, 334; Pelagio, Ep. 1 de divina lege (Pseudo-
Girolamo) 5, PL 30, 110.
94 Pelagio
bi Fil 2,15.
Epistola a Demetriade, 16-17 95
non orribili tenebre per l’anima e orrore per la mente confusa, co
lui che, sempre triste nel volto e nell’animo, tortura se stesso col
desiderio di nuocere ad altri? E che cosa mai può apportare l’ira
all’iracondo che, tormentato dai più feroci stimoli della coscienza,
resta privo a tal punto del senno e della ragione da essere ritenuto
impazzito quando va in collera? Similmente, se li passi in rassegna
uno per uno, ti accorgerai che i tormenti dell’anima sono tanti
quanti sono i vizi e che sicuramente possono essere vinti con mag
gior facilità in quanto non posseggono alcuna attrattiva con cui
poterci sedurre. E quanto è più difficile e arduo - e mi astengo dal
menzionare la difficoltà della castità - astenersi dal vino e dalle
carni e anche dallo stesso olio per condire e, in assenza di essi,
prendere appena un po’ di cibo di povera qualità ogni due e tal
volta anche ogni tre giorni! O quanto è difficile e arduo rinuncia
re al ristoro di un bagno quando le membra sono indebolite dai di
giuni e dalle veglie, negando cioè le cure necessarie al corpo e fa
re - sto per dire - violenza alla natura! Applica una simile genero
sità d’animo anche al resto e vedrai di che cosa non sarai capace.
Ma noi, a motivo di un certo attaccamento al peccato (che vergo
gna!), se in alcune cose mostriamo una qualche naturale energia,
in altre siamo del tutto neghittosi e, noi che pure - per amore del
le virtù - avevamo disprezzato le voluttà corporali, ci ritroviamo a
sobbarcarci di nuovo i tormenti per amore dei vizi. E per di più ci
arrendiamo a questi nostri mali con tanto abbandono da ritenere
che non sia più possibile rinunziare ad essi. Mi chiedo dunque:
che progetto di vita è mai questo? Intraprendo con sicurezza cose
difficili e che richiedono molta fatica, mentre credo che cose più
facili siano irrealizzabili. Riesco a vincere grandi cimenti, mentre
mi lascio vincere in quelli piccoli. Instancabile, sono in grado di
superare cime altissime e scoscese, ma poi vengo meno quando si
giunge al piano. Rifuggo volentieri da ciò che mi diletta e non vo
glio evitare quel che mi procura tormento. Queste sono le reazio
ni di coloro che, disprezzando la volontà di Dio, aspirano sola
mente a quello che procura loro più facilmente la lode, a quello
che più velocemente ottiene notorietà. In questo modo, però, essi
trascurano i benefici morali che sono meno appariscenti. Tu, inve
98 Pelagio
questa speranza in lui, santifichi se stesso come anche egli è santo br.
Egli vuole rammentarci frequentemente la dignità della dottrina
celeste che ci è stata donata e rendere nostro vanto il pudore di
peccare. Per questo lo stesso Signore, quando ci chiama alla per
fetta benevolenza, dice: Amate i vostri nemici e fate del bene a co
loro che vi odiano bs. E: Pregate per i vostri persecutori e per coloro
che vi calunniano, perché siate figli del Padre vostro celeste bt. Non
c’è cosa che renda gli uomini così degni d’amore agli occhi di Dio
quanto l’affetto spirituale e la bontà. Quest’ultima, poi, dev’essere
così grande in un cristiano da fluire in abbondanza anche nei con
fronti dei malvagi. Si imiti dunque la benevolenza di Dio, che fa
sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra
i giusti e sopra gli ingiustibu. Al di sopra di tutto, però, sia cosa re
mota che tu nuoccia a qualcuno, anche solo a parole, che anzi,
possa tu applicarti in tutti i modi possibili a giovare, senza rende
re male per male, ma ripagando il male col bene, come dice l’Apo
stolo bv. Nessuna maldicenza esca mai dalla bocca di una vergine.
Di persone vili che cercano lode per sé a scapito altrui ce n’è a suf
ficienza. Credono di crearsi merito per il discredito che gettano su
gli altri e siccome non sono in grado di incontrare il favore altrui per
effetto dei meriti propri, si danno da fare a trovarlo nel confronto
con quelli che sono peggiori di loro. Abbiamo detto troppo poco
dicendo che non devi denigrare chicchessia: neppure devi dare cre
dito al detrattore. Questo vizio, che fa apparire spregevole l’altro
agli occhi della gente, è molto grave. Fuggi, dunque, la calunnia,
non meno con gli orecchi che con la lingua. Ricordati di quello che
dice la Scrittura: «Non sarai consenziente con coloro che denigra
no il loro prossimo, e non ti caricherai di peccato a motivo di que
sto» bw. E altrove: «Recingi i tuoi orecchi con siepe spinosa, e non
ascoltare la lingua malefica» bx. Infatti, colui che ascolta, se distoglie
gli orecchi, irrigidisce il volto ed evita di incontrare lo sguardo di
chi parla, manifestando così il suo dissenso, costui è il vero accusa-
ci Cf. Sai 3 5 ,1 3 .
104 Pelagio
la dignità del tuo famoso casato e l’illustre onore del sangue degli
Anici siano trasferiti nella tua anima. Sia famoso, illustre, nobile e
si ritenga capace di vivere in coerenza con la sua nobiltà, colui che
disdegna di essere asservito ai vizi e di lasciarsi vincere da essi, per
ché uno è schiavo di chi l’ha vinto co 27. Che cosa c’è, infatti, di più
indegno di questa schiavitù dell’animo? Che cosa di più turpe di
quando in esso domina l’odio o regna l’invidia? O di quando è
posseduto dall’avarizia o è tenuto prigioniero dall’ira, o quando al
tri vizi lo rivendicano in proprietà? Non c’è motivo di inorgoglirsi
della nobiltà delle proprie origini, quando si sia schiavi nella parte
migliore di sé. E molto più disdicevole essere schiavi nella mente
che non nel corpo. Ritengo superfluo, poi, ammonirti di uscire di
casa per poco tempo e di rado e, visto che te lo avrà certamente
già insegnato fin dall’infanzia anche un senso mondano dell’ono
re, comprenderai senza difficoltà che è ancor più necessario, in
questa vita che hai scelto, custodire quella solitudine che ad essa si
addice in sommo grado. Ti consiglio, perciò, di stabilire un limite
molto fermo anche alle visite che ricevi nella tua camera: non sia
no troppe, né quotidiane, perché non sembrino porgerti, più che
l’ossequio, un motivo di dissipazione.
C(i Cf. Mt 6, 6.
crCf. Mt 6 ,3 3 .
col lavacro dell’acqua salutare ha reso pura, senza ruga e senza mac
chia cs la Chiesa intera, desidera che essa divenga ogni giorno sem
pre più bella, di modo che, mondata dai vizi e dai peccati una vol
ta per tutte, possa essere sempre adorna dello splendore delle vir
tù 32. E se Cristo richiede ciò a tutta la Chiesa, la quale ha al suo in
terno sia donne vedove sia donne sposate, quanto a maggior ragio
ne credi che Egli lo esiga da una vergine, la quale sembra essere sta
ta scelta, come un fiore ancora più straordinario, dal bellissimo ap
parato ornamentale della Chiesa! Fa’ tuo, dunque, tutto quell’orna
mento grazie al quale puoi piacere a Cristo. Credi pure che il tuo
volto è sufficientemente bello per Dio se non ti interessa di appari
re bella davanti agli uomini. A ornamento del capo conserva quello
che hai acquisito col sacro crisma, quando ti fu imposto quasi un
diadema di unzione regale, come espressione del mistero del regno
dei cieli. Le parole di Dio sono il miglior ornamento per i tuoi orec
chi: ad esse sole deve essere rivolto l’udito delle vergini, ed esse so
le debbono essere anteposte alle pietre più preziose. Per quanto ri
guarda tutte le membra, siano accuratamente ornate con le opere di
santità, e tutta la bellezza dell’animo verginale risplenda del varie
gato fulgore delle virtù a guisa di un monile tempestato di gem
me 33. Allora il Re desidererà davvero la tua bellezza e ti dirà: Tutta
bella tu sei, amica mia, in te nessuna macchiact. Questi ornamenti di
cui ho parlato saranno, poi, anche la tua più sicura protezione.
Queste stesse qualità che ti adornano per Dio possano anche fun
gere da armi contro il diavolo34, il quale, a volte, entra nell’anima
per tramite di un qualsiasi lieve difetto. E se i bastioni delle virtù
cs Cf. E f 5, 26-27. ct Ct 4, 7.
32 Un simile paragone tra colei che è sposata nel secolo e colei che è spo
sata con Cristo, si trova in Pelagio [?], Epistula ad Claudiam de virginitate 12
[tra le Epistole di Sulpicio Severo], CSEL 1, 241-242.
33 U n’argomentazione simile in ibid. 10, CSEL 1, 237-238.
34 Le stesse realtà spirituali che fanno da ornamento a Demetriade fun
gono - sub contrario - anche da armi contro il diavolo. Cf. Girolamo, Ep. 22,
26, CSEL 54, 181-182.
110 Pelagio
cu Q o 10, 4. cvCf. 1 Pt 5, 8.
Epistola a Demetriade, 24-25 111
ché, come Paolo, non ti trovi sprovveduta di fronte alle sue astu
ziecw. E quando l’Apostolo descrive i terribili poteri e le. facoltà del
diavolo, ci esorta nondimeno a combattere e ci mostra la potenza
del nemico proprio per far crescere la vigilanza nei soldati. Egli,
infatti, non vuole che ci dimostriamo paurosi, ma pronti alla bat
taglia. Inoltre, non ci consiglia la fuga, ma ci fornisce le armi: Pren
dete perciò - dice - l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel
giorno del pericolo e restare in piedi dopo aver superato tutte le pro
ve cx. E subito, consegnandoci i singoli pezzi dell’equipaggiamen
to necessario per il combattimento spirituale, aggiunge: State dun
que ben saldi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza del
la giustizia e coi piedi calzati pronti alla propagazione del vangelo
della pace, tenendo sempre in mano lo scudo della fede, con il quale
spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anche l’elmo
della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio, con ogni
sorta di preghiere e suppliche cv. E poiché in questa battaglia è pos
sibile anche per le donne trionfare, prendi queste armi che Paolo
ha elencato e con un simile comandante che ti incoraggia aspetta
ti con certezza la vittoria. Infatti, se possiedi tutto questo equipag
giamento procederai sicura nel combattimento spirituale senza
aver paura di fronte al diavolo e a tutto il suo esercito. Mille ca
dranno al tuo fianco e diecimila alla tua destra, ma non ti si avvici
neranno cz. Anche il beato Giacomo - quel soldato veterano di Cri
sto - con altrettanta autorevolezza ci promette la vittoria in questo
scontro. Dice infatti: Sottomettetevi dunque a Dio; resistete al dia
volo, ed egli fuggirà da voi da. Egli ci mostra in che modo dobbia
mo resistere al diavolo, se cioè siamo davvero sottomessi a Dio, co
sì che, facendo la sua volontà, possiamo anche meritare la grazia
divina e resistere più facilmente, con l’aiuto dello Spirito Santo, al
lo spirito del male. Il diavolo, tuttavia, non combatte contro di noi
in uno scontro campale, né ci affronta a viso aperto, ma vince con
l’inganno e con la frode, usando contro di noi la nostra stessa vo-
db At 5, 3.
di ed empi che colui che è tentato, ritenendo colpa sua quel che
gli passa per la mente, arriva a credere di possedere uno spirito im
mondo e di non essere all’altezza del suo proposito e di avere avu
to un’anima molto più pura quando ancora amava le cose del
mondo. L’astutissimo nemico, infatti, vuole suscitare in coloro che
invidia il terrore di questa scelta suggerendo di disperare della san
tità, così che, anche se non riesce a farli recedere dal loro proposi
to, riesce però di sicuro a impedire loro - oppressi dalla tristezza
come sono - qualsiasi progresso. Ecco perché, al di sopra di tutto,
devi applicarti con amore allo studio delle Sacre Scritture, lascian
do che la tua anima sia illuminata dalle parole divine e, di fronte
all’abbagliante parola di Dio, siano disperse le tenebre del diavo
lo. Quest’ultimo, infatti, fugge subito dall’anima illuminata dalla
parola divina, che si intrattiene sempre in pensieri celesti e nella
quale la parola di Dio - di cui lo spirito malvagio è incapace di
sopportare la potenza - è costantemente presente. E per questo
motivo che il beato Apostolo, tra i pezzi che compongono l’arma
tura per il combattimento spirituale, ha paragonato la parola di
Dio a una spada dc. Il migliore e più sicuro espediente è che l’ani
mo, attraverso un controllo sempre attento e vigilante, si abitui a
discernere i propri pensieri, in modo da approvare o disapprova
re subito, al suo primo affacciarsi, ciò che passa per la mente, e si
abitui a nutrire i buoni pensieri e a distruggere immediatamente
quelli cattivi. Lì, infatti, si trova sia la sorgente del bene sia l’origi
ne del male, poiché l’inizio di ogni grande mancanza nel cuore è il
pensiero, il quale dipinge, per così dire, sul cuore come in un qua
dro ogni singola azione prima ancora che si compia. Infatti, sia che
si tratti di un’azione sia che si tratti di una parola, viene prima con
trollata per poterla dire o fare, e grazie a una ponderata riflessio
ne si decide ciò che si farà. Tu stessa ti accorgi di quanto sia breve
il lasso di tempo che talvolta intercorre tra il pensare qualcosa e il
portare a compimento quel che si è pensato. Nella maniera più as
soluta, mai viene fatto qualcosa o dalla lingua o dalla mano o da
dcCf. E f6 , 17.
114 Pelagio
più dell’ozio è deleterio per la tua scelta di vita: esso non solo non
consegue nuovi risultati, ma spreca anche quelli conseguiti. E tipi
co di una vita santa gioire del proprio progresso mentre cresce in
esso; nell’inazione si intorpidisce e cessa del tutto. La mente de
v’essere rinnovata quotidianamente con nuovi incrementi di virtù
e questo nostro cammino di vita dev’essere misurato non in base a
quello che è stato già percorso, ma in base a quello che ancora ri
mane da fare. Finché siamo in questo corpo, non dobbiamo mai
credere di essere già arrivati alla perfezione: così infatti ci si arriva
più facilmente. Finché tendiamo con forza verso ciò che ci sta da
vanti, non scivoliamo indietro. Ma quando cominceremo a non
muoverci, in realtà siamo già andati giù, così che il nostro non è
più un avanzare ma un tornare alle posizioni precedenti. Cessi
ogni ignavia e l’inutile sicurezza basata sulle fatiche compiute in
passato. Se non vogliamo regredire, dobbiamo correre. Il beato
Apostolo, che viveva giorno per giorno per Dio e si curava sempre
di quello che doveva ancora fare e non di quello che aveva già fat
to, diceva: Fratelli, io non ritengo di avere afferrato nulla. Questo
soltanto so: dimentico del passato e proteso verso il futuro, punto al
la meta cercando di raggiungere il premio che Dio chiama a ricevere
in cielo Se il beato Paolo, vaso di elezione, che era talmente ri
vestito di Cristo da dire: Non sono più io che vivo, ma Cristo vive
in me d), se pure lui, dunque, non cessava mai di spingersi oltre, di
crescere e progredire, che cosa dobbiamo fare noi per i quali è au
spicabile che al termine del nostro cammino veniamo equiparati
con l’inizio di quello di Paolo37? Imita dunque colui che disse: Fa
tevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo * Dimentica tutto il
passato e ogni giorno considera di dover incominciare da capo,
senza accusare il giorno trascorso invece del giorno presente, nel
quale devi darti da fare per servire Dio. Custodirai al meglio ciò
37 Cf. Gregorio di Nissa, Vita Moysis Pref. 5-10; II, 225-236, in SC l ter,
pp. 48-50; 262-268.
Epistola a Demetriade, 27-28 117
renderai al Signore per tutto quello che ti ha dato Λ? Che cosa po
trai ancora ritenere arduo, con un simile rimuneratore che ha in
serbo così eccelsi premi? Del resto, come ci ricorda il beato Apo
stolo: «Io ritengo, infatti, che le sofferenze del momento presente
non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata
in noi» d™. Che cosa, dunque, nel breve tempo della nostra vita,
possiamo fare o sopportare di adeguato, destinato com’è ad otte
nere in ricompensa l’immortalità?
trà mai essere questo tempo così lungo se poi alla fine anch’esso
viene distrutto? E quale profitto in quel piacere che, una volta ces
sato, sembra non esserci mai stato? Suvvia, passa mentalmente in
rassegna il tempo della tua vita già trascorso. Non ti sembrerà che
il passato sia come un’ombra e che, qualunque cosa vi si scorga,
sia incerta e offuscata, a guisa di un sogno evanescente? Questa
stessa sensazione può averla anche un vecchio decrepito, il quale
può dire con il Profeta: I miei giorni come ombra sono declinati, e
io come erba sono inaridito do.
41 II sacco di Roma dell’agosto del 410 ad opera dei goti guidati da Ala
rico, suscitò un’impressione profonda negli animi più sensibili e colti. Il fatto
che la città eterna, la domina orbis, che era rimasta imprendibile e inviolata
per un millennio, era ora messa a ferro e fuoco da orde barbariche, non solo
rivelò la ormai evidente vulnerabilità dei confini dell’impero romano, ma mi
se anche a nudo le incognite sul futuro stesso della civiltà romana che rischia
va di scomparire sotto la pressione delle popolazioni barbariche. Girolamo
può essere considerato portavoce di coloro che nel sacco di Roma vedevano
compromessa la sua vocazione civilizzatrice nel mondo: «Che cosa vi sarà di
salvo, se Roma perisce? (Q uid salvum est, si Roma perit?)» (Girolamo, Ep.
123, 16, CSEL 56, 94). Benché non meno sconcertato di Girolamo, Agostino
sposterà tuttavia l’accento dalla reazione emotiva e psicologica a quella di ca
rattere soprannaturale e teologico. Infatti, nel De d vita te Dei, rispondendo al
le accuse dei pagani che attribuivano il sacco di Roma all’abbandono delle di
vinità protettrici della città, Agostino non solo si esibirà in una difesa a vasto
raggio del cristianesimo, ma farà anche una lettura metastorica e metapoliti
ca dei disastrosi avvenimenti dell’agosto del 410. Va comunque ricordato che
la distruzione causata dai goti durante il saccheggio di Roma - durato solo tre
giorni - fu parziale. N on va, infatti, dimenticato che Alarico era un cristiano
ariano e aveva dato ordine che si risparmiassero il più possibile le vite uma
ne. Se quindi ci fu distruzione e morte, non vi fu certamente alcun massacro.
La stessa Demetriade, con la sua famiglia, potè lasciare Roma incolume dopo
il sacco della città.
Epistola a Demetriade, 30 121
A n t ic o T e s t a m e n t o Giobbe
1, 2: 75
Genesi 1, 8: 75
1, 26s.: 39 1,21:76
5, 24: 72 2, 3: 75
6, 9: 72 27, 6: 75
7, 1: 73 31, 13:76
14, 18: 73 31,24: 76
24: 72 31,29: 75
37, 28: 74 31,31-32: 76
45, 15: 74
49, 5: 77 Salmi
Esodo 1, 2: 105
35, 13: 103
3,6.15:73
91,7: 111
Levitico 109, 4: 73
101, 12: 119
4, 13: 80
109, 4: 73
11, 44: 39
116,12:118
19, 16.17: 99
19, 18: 74 118 [119], 11: 115
Deuteronomio Proverbi
30, 19: 68 4,23: 114
2 Samuele Qoelet
7, 14: 98 10,4: 110
126 Indice scritturistico
3,4: 121
4, 7: 109 Matteo
Sapienza 3, 10: 83
5 ,6
1, 11: 100 5, 7: 104
5,28: 74, 115
Siracide 5, 34: 100
2, 16 [19]: 115 5,37: 100
15, 14: 68 5, 44-45: 99
24, 20: 86 5, 45: 99
28, 24ss.: 99 6, 6: 106
6, 33: 107
7, 12: 81
7, 19: 92
1, 19: 77
13,9: 121 7, 21: 84
65, 12: 77 7, 22-23: 84
66, 2 : 102 11,29: 101
11,30: 88
Geremia 13, 43: 95
15, 19-20: 114
9, 12-13: 77 19, 12: 82, 83
44, 23: 77 23,3:72
23,37: 77
Daniele 24, 30: 121
7, 13-14: 119 24,39: 119
25, 12: 84
Osea 25, 30: 92
25, 40: 104
6, 6: 104
10 , 8 : 121
Luca
6, 27: 99
6, 30: 75
23,30: 121
Indice scritturistico 127
2 Pietro 1 Giovanni
2, 8: 73 3, 2-3: 99
2, 19: 105
3, 10-11: 119
INDICE DEGLI AUTORI ANTICHI
Girolamo: 12, 14, 15n, 19, 29, Innocenzo I: 19, 20,21, 22, 23,
30, 31, 33, 34, 35, 44, 45, 2 5 ,4 5 ,5 4 ,5 5
46,54,55 Ep. 15: 45n
Adversus louinianum: 15n Ep. 29: 2 In
Dialogus adversus Pelagia- Ep. 30: 2 In
nos: 9, 9n, 16n, 19 Ep. 31: 21n
Indice degli autori antichi 131
Marrou H.-I.: 16n, 17n 32, 32n, 37n, 51n, 52n, 53,
Mayer C.: 7n 53n,55n
MayeurJ.-M.: 13n Prete S.: 7n, 43n
Moreschini C.: 56
Munier C.: 25n, 27n Rees B.R.: 37n,51n, 53n, 55n
I n t r o d u z i o n e ..................................................................... pag. 5
1. Pelagio e il pelagianesimo............................................... » 6
1.1 Pelagio: la vita e le opere......................................... » 11
1 .2 I circoli pelagiani e la diffusione del pelagianesimo » 27
2 . La Epistola a D em etriade............................................... » 32
2 .1 Amnia D em etriade.................................................. » 32
2.2 Le linee portanti dell’Epistula ad Demetriadem . » 37
2 .3 «Toujours dame nature»? Le incongruenze di un
umanesimo m o ra le......................................................... » 50
2.4 Lo stile i/e//’Epistula ad D em etriadem » 52
2.5 La ricezione Je/Z'Epistula ad Demetriadem . . . » 54
B i b l i o g r a f i a .................................................................................................. » 57
P e l a g io
EPISTOLA A DEMETRIADE
E p is t o l a a D e m e t r i a d e .................................................. » 65
INDICI
In d ic e s c r i t t u r i s t i c o ............................................................................. » 125
I n d ic e d e g l i a u t o r i a n t i c h i ........................................................... » 129
I n d ic e d e g l i a u t o r i m o d e r n i ....................................................... » 133
I n d ic e d e i n o m i, d e i l u o g h i e d e l l e c o se n o t e v o l i » 135