Code-Switching e Identita Pratiche Disco
Code-Switching e Identita Pratiche Disco
Code-Switching e Identita Pratiche Disco
Dottorato di Ricerca
in Linguistica generale, applicata, storica,
computazionale e delle lingue moderne
(XIX ciclo)
TESI DI DOTTORATO
CODE-SWITCHING E IDENTIT:
PRATICHE DISCORSIVE DI FAMIGLIE ITALIANE
IN PAESI ANGLOFONI
Il dottorando
Sergio Pasquandrea
INDICE
pag.
ARGOMENTO DELLA TESI
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145
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205
206
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208
209
209
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BIBLIOGRAFIA
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237
194
203
Ringraziamenti
Desidero ringraziare innanzi tutto le famiglie che hanno acconsentito a partecipare
alla ricerca: senza il loro aiuto e la loro disponibilit questo lavoro non avrebbe mai potuto
vedere la luce.
Inoltre ringrazio tutti i docenti del corso di dottorato, e in particolar modo la prof.ssa
Anna Ciliberti e il prof. Roberto Peroni per i preziosi consigli forniti in sede di stesura e
revisione della tesi.
I miei ringraziamenti vanno anche a tutte le persone che mi hanno aiutato e assistito
durante la raccolta dei dati. Desidero ringraziare in particolare: il prof. Joseph Tusiani, la
dott.ssa Giuliana Ridolfi dellIstituto Italiano di Cultura di New York, la dott.ssa Barbara
Spinelli della Columbia University, la dott.ssa Rita Pasqui della New York University, la
dott.ssa Michelle Perna della Columbus Citizen Foundation, la dott.ssa Maria Galetta della
Pugliesi Federation di New York, la prof.ssa Josephine Maglietta, la prof.ssa Theresa
Magistro, il prof. Vincenzo Martino, Daniele Masucci e Peter Tarquini.
E infinitamente pi che un ringraziamento a mia moglie Daniela, che con il suo
amore e la sua allegria mi ha permesso di conservare lucidit e serenit necessarie per
portare a termine il lavoro.
Capitolo 1
PRESENTAZIONE DELLA RICERCA
1.1. Il progetto Osservatorio
1.2. Descrizione dei dati raccolti
1.3. Metodologia di raccolta dei dati
1.4. Dati naturali e presenza del ricercatore
1.5. Due comunit linguistiche: italo-americani e italo-australiani
I risultati della prima fase di studi sono stati pubblicati in Ciliberti 2007. Il volume incentrato sullanalisi
della parte australiana del corpus e raccoglie contributi di diversi ricercatori che hanno partecipato al progetto:
Anna Ciliberti, Piera Margutti e Federico Zanettin dellUniversit per Stranieri di Perugia, Camilla Bettoni
dellUniversit degli Studi di Verona, Anna De Fina della Georgetown University, Luciana Fellin della Duke
University e Laurie Anderson dellUniversit degli Studi di Siena.
2
Transana permette di usare file audio e video in diversi formati (MPEG, AVI, MP3, WAV), gestire la
trascrizione delle conversazioni tramite keywords, trasferire i file a sistemi di immagazzinamento elettronico,
sincronizzare un testo scritto con la traccia audiovisiva, ecc. Il software dispone anche di una simbologia di
trascrizione basata su una versione semplificata di quella elaborata da Jefferson, comunemente in uso
nellanalisi della conversazione (cfr. appendice 1).
famiglie residenti nel nord-est degli Stati Uniti (New York, New Jersey e Connecticut), per
un totale di 8 ore circa.
Tutti i dati condividono caratteristiche legate da una parte al tipo di evento
registrato, dallaltra alla composizione delle famiglie.
Per quanto riguarda il tipo di evento registrato, una delle prime preoccupazioni dei
ricercatori stata individuare un contesto situazionale che rispondesse ad alcune precise
caratteristiche: permettere una interazione spontanea tra un gruppo sufficientemente ampio
di membri della famiglia; presentare una sua unit come evento linguistico, tale da poter
essere isolato e studiato nella sua interezza; essere abbastanza tipico e ripetibile da
poter servire come termine di confronto tra situazioni simili in diversi contesti sociali e
linguistici; consentire linterazione tra diverse generazioni della stessa famiglia ai fini della
socializzazione.
Una situazione di questo tipo stata individuata, anche sulla scorta di Blum-Kulka
1997, nella conversazione a tavola (dinner talk). Nellintroduzione al suo lavoro, BlumKulka sottolinea come levento linguistico pasto in famiglia occupi un posto particolare
nel continuum tra gli incontri informali quotidiani e gli eventi pubblici formali. Esso,
infatti, pur non presentando una struttura organizzativa rigida come quella degli eventi
pubblici propriamente detti, ha per dei caratteri di tipicit e replicabilit (tempo e luogo,
attivit svolte, topic di conversazione, organizzazione tematica del discorso, identit dei
partecipanti e loro rapporti reciproci) che rendono pi agevole il confronto interculturale
rispetto alla conversazione spontanea propriamente detta, che per la sua imprevedibilit
male si presterebbe a un lavoro di questo genere. Il pasto, inoltre, si presenta naturalmente
come un evento gi piuttosto ben definito (bounded spatiotemporally, per usare le parole
di Blum Kulka), che consente dunque al ricercatore di non imporre artificialmente un
frame a priori, ma di ritagliare unattivit secondo quelle che si presentano come le
coordinate pi naturali. Infine, la conversazione a tavola un we event, in cui la
presenza di varie generazioni della stessa famiglia attiva tutta una serie di processi di
socializzazione (dalle buone maniere fino alla trasmissione di valori etnici e familiari)
che ne fanno una situazione ideale per gli scopi che il progetto si prefigge.
Durante la fase di raccolta dati si deciso di estendere la ricerca non solo al pasto
in senso stretto (pranzo o cena), ma anche a tutta una serie di incontri conviviali (t,
9
merende, brunch) che permettevano allintero nucleo familiare allargato di riunirsi. Tutti
questi eventi hanno in comune il fatto di assumere un forte valore simbolico per la vita
familiare, in quanto servono a rafforzare, e a celebrare, la coesione del gruppo oltre che i
legami e laffetto che legano i suoi membri3.
Per quanto riguarda la scelta delle famiglie, il criterio principale stato quello della
compresenza di diverse generazioni (generalmente tre), al fine di consentire uninterazione
tra membri pi anziani, ancora legati alla lingua e cultura di origine, e membri pi giovani,
soggetti a fenomeni di acculturazione e di language shift.
Gli incontri registrati si svolgevano perlopi nelle case delle famiglie, durante il
pomeriggio o la sera di giornate festive. Erano presenti in media 5-7 membri del nucleo
familiare, a cui si aggiungevano uno o due ricercatori italiani.
Le famiglie, sia quelle australiane sia quelle americane, condividono un background
socio-economico simile. Abitano in gradevoli zone residenziali periferiche, in case di
propriet nelle quali in genere risiede un singolo nucleo familiare. I membri di prima
generazione hanno solitamente unet fra i 60 e gli 80 anni e unistruzione limitata agli
studi elementari. Solo tre di loro hanno proseguito gli studi nel paese dimmigrazione,
arrivando al diploma di specializzazione professionale, alla laurea o al dottorato di ricerca.
Le donne svolgono attivit casalinghe, anche se molte di loro in passato hanno lavorato
fuori casa, specialmente in campagna o in fabbrica. I membri delle seconde generazioni
hanno in genere fra i 30 e i 50 anni, hanno raggiunto unistruzione superiore o
universitaria e svolgono in maggioranza lavori di concetto (impiegati, assistenti sociali,
bibliotecari, tecnici informatici, insegnanti, business manager ecc.). Le terze generazioni,
tranne un paio di casi, stanno ancora terminando il loro corso di studi superiore o
universitario.
Le seguenti tabelle illustrano pi in dettaglio i dati da me raccolti in America, che
sono stati analizzati per primi e pi nel dettaglio e che quindi costituiscono la base della
presente ricerca4.
10
et
sesso
data di
immigrazione
II generaz.
III generaz.
0-30
30-50
50-70
oltre 70
anni 50
anni 60
anni 70
anni 80
anni 90
luogo di
residenza
luogo di
registrazione
Pr
Princeton, NJ
casa
Vn
Stamford, CT
casa
Pt
Ms
Westchester,
Bronx
Bensonhurst
(Brooklyn,
NY)
provenienza
molisana
laziale
calabrese
pugliese
numero
membri
numero ore
registrate
2h
1h
casa
emiliana
2h
ristorante
(Queens)
pugliese
siciliana
3h40
11
Cfr. appendice 3.
12
Cfr. appendice 2.
13
Considerazioni simili si possono fare anche per quanto riguarda leffetto derivato
dalla presenza di una telecamera. Pallotti, ad esempio (1999, p. 374) afferma che lasciare
la telecamera fissa e preoccuparsi di qualcosaltro un buon modo di farla dimenticare pi
facilmente rispetto ad averla sempre in movimento con locchio dietro il mirino.
Lassuefazione alla vista della videocamera porta rapidamente alla quasi completa
inconsapevolezza della sua presenza. Lo testimoniano comportamenti che si possono
riscontrare spesso nel corpus XOC, come i casi di persone che sostano per lunghi minuti
davanti allobiettivo, del tutto prese da attivit di vario tipo, o che allimprovviso, anche
dopo ore dallinizio della videoregistrazione, notano con stupore il fatto che la
videocamera sia accesa.
Ma vi sono considerazioni pi complesse. Innanzi tutto, va tenuto presente che,
quando si studia la realt sociale, non si ha a che fare con materia inerte come quella
14
osservata da un chimico o da un fisico, ma con persone che sono esse stesse attori sociali,
dotati di motivazioni e di scopi. Ci implica, per losservatore, la necessit di instaurare un
rapporto diretto con la cultura studiata onde comprenderla in profondit. Come scrive
Duranti (2002, p. 87),
invece di conoscere il reale studiandolo attraverso resoconti orali o scritti, gli
etnografi vivono per un lungo periodo di tempo con la popolazione di cui
vogliono comprendere lo stile di vita []. Losservazione di una particolare
comunit [] non realizzata da una posizione distante e sicura: al contrario
letnografo sta nel bel mezzo degli eventi, cio partecipa al maggior numero
possibile di fatti sociali.
15
Il ruolo del ricercatore che emerge da simili riflessioni non quello di testimone
esterno di una realt sociale assoluta, preesistente allinterazione. Anzi, come si vedr
nel capitolo 2 (cfr. 2.1.3, 2.3. e 2.4.), nellinterazione sociale probabilmente non esiste
nulla di simile a tale realt: invece linterazione stessa a (ri)creare e (ri)negoziare la
realt sociale. In questa prospettiva, il ricercatore parte della stessa realt che
impegnato a studiare: anche il ricercatore, in quanto testimone dellevento, ne diventa
inevitabilmente parte: nel tentativo di scoprire le strategie comunicative dei soggetti
investigati, rimane cos coinvolto nella situazione da diventare egli stesso un soggetto della
propria indagine7.
17
automobile o sciabbola per vanga (ingl. shovel). Tali variet sono ormai conservate
solo presso le generazioni pi anziane e si possono considerare in via di estinzione.
La mancanza di una lingua unitaria si aggiungeva ai fortissimi pregiudizi nei
confronti degli italiani (cfr. Stella 2002, Stella & Franzina 2005), che portarono a casi
clamorosi come il processo a Sacco e Vanzetti (1920-27) o il linciaggio di undici siciliani
avvenuto a New Orleans nel 1891. Se questi fenomeni si sono venuti attenuando nel
tempo, anche vero che molti stereotipi (positivi come la cucina o lopera lirica, o negativi
come la mafia) rimangono tuttora radicati, al punto che associazioni come la NIAF
(National Italian American Foundation) o lOSIA (Order Sons of Italy in America)
promuovono periodicamente campagne contro libri, film o telefilm giudicati offensivi nei
confronti degli italoamericani, come capitato di recente per lo sceneggiato The Sopranos
o il cartone animato Shark Tale. Di conseguenza, gli immigrati italiani in America hanno
sviluppato spesso un atteggiamento ambivalente nei confronti della cultura dorigine,
divisi come sono tra lealt culturale e volont di farsi strada nel nuovo paese: Pagliai
1995 descrive questa identit italoamericana complessa, a volte persino schizofrenica, in
quanto legata a una sorta di batesoniano double boundary tra la fedelt alle tradizioni
italiane e laspirazione ad entrare a far parte del mainstream della cultura americana. Gli
studi condotti da Haller negli anni 80 sulle comunit italoamericane di New York (cfr.
Haller 1993) evidenziano bene questa realt: da una parte litaliano standard, visto come
lingua alta, di cultura, dallaltra il dialetto nella sua doppia connotazione di lingua
degli affetti, legata allambiente familiare, e di stigma sociale, che per molto tempo gli
immigrati hanno cercato di nascondere.
Inoltre, il governo americano non ha mai preso iniziative sistematiche per tutelare le
lingue delle diverse etnie presenti nel paese, ad esempio attraverso linsegnamento
scolastico o la creazione di giornali o reti radiotelevisive (affidate queste ultime
alliniziativa privata o a una copertura, in genere piuttosto limitata nel tempo e nella
qualit, da parte delle reti satellitari Rai). Gli italo-americani, dunque, si sono sempre
trovati di fronte a un paese che promuoveva lideale del melting pot, con il conseguente
abbandono della lingua e dellidentit dorigine e la confluenza nel grande crogiolo
dellAmerica.
20
23
Capitolo 2
APPROCCI TEORICI E METODOLOGICI
24
25
Cfr. ad esempio Blom & Gumperz 1972, p. 430; Gumperz 1982, pp. 62-64; Bhatia & Ritchie 1996, pp.
667-670.
4
The historical roots of European linguistics can be located in the Romanticism of von Humboldt and
Grimm, and the discipline flourished with particular vigour in officially monolingual nation states with
powerful standard languages (p. 2). Ovviamente, vi sono eccezioni anche notevoli a questa tendenza: gi
nella linguistica XIX secolo si possono citare esempi di interesse per la mescolanza, il prestito e libridazione
linguistica, come gli studi dialettologici sulla Mischung, i lavori di Schuchardt sul contatto linguistico, la
neolinguistica di Bartoli o la Wellentheorie di Schmidt.
5
Franceschini (1998, p. 69), osservava ironicamente che una ipotetica linguistica nata in Africa o in Oceania
avrebbe probabilmente generato teorie linguistiche molto pi attente ai fenomeni di bilinguismo e ai loro
portati teorici.
26
Ma cfr. anche gli studi di Denison sul bilinguismo in Friuli, ad es. Denison 1971.
27
come attore sociale. Viene dunque superata sia la visione del CS come cattiva
performance, sia lo studio dellalternanza linguistica in termini rigidamente diglottici,
poich il CS non pi legato esclusivamente a cambiamenti della situazione esterna, ma
anche alle strategie comunicative del parlante.
Gumperz ha poi sviluppato questa linea di indagine nel suo libro pi celebre,
Discourse Strategies (1982), dove viene analizzato il modo in cui il CS struttura
linterazione discorsiva svolgendo numerose funzioni, tra le quali individuare citazioni,
specificare il destinatario di un enunciato, segnalare intereiezioni o marcatori discorsivi,
reiterare ed enfatizzare segmenti di discorso, marcare caratteristiche del messaggio
(struttura topic-comment, clausole di vario
tipo), aggiungere ad
esso una
Una ricca esemplificazione di questi fenomeni si trova in Gumperz 1982a, pp. 75-84, in Bhatia & Ritchie
1996, pp. 659-662 e in studi come Alfonzetti 1992, Wei 1994 o Milroy & Wei 1995.
8
Per una revisione di questo concetto alla luce dellanalisi della conversazione, cfr. Sebba & Wootton 1998.
28
Muysken 2000, ad esempio, prende code-mixing come termine-ombrello, distinguendo al suo interno fra
insertion, alternation e congruent lexicalization; Myers Scotton 1993b distingue i vari tipi di CS in termini
funzionali secondo il tipo di marcatezza; Berruto 1990 distingue tra CS e enunciazione mistilingue;
Alvarez-Caccamo 1998 considera vero CS solo quello che mostri una intenzionalit comunicativa,
escludendo quindi i casi di CS dovuto a insufficienze linguistiche; Auer 1984 usa il termine generale di
language alternation, suddivisa in code-switching e transfer (termine poi sostituito da insertion in Auer 1995,
onde evitare lequivoco con il transfer cos come viene inteso negli studi sullacquisizione di L2); e lelenco
potrebbe andare avanti ancora a lungo (cfr. ad esempio Muysken 2000 per una disamina di numerose
classificazioni di questo tipo).
La stessa distinzione tra code-switching e code-mixing, pur essendo tra le pi diffuse, tuttaltro che limpida.
Luso pi frequente quello che denomina code-mixing lalternanza di lingue a un livello inferiore alla frase
(o alla clausola) e code-switching quella a livello superiore, attribuendo al primo motivazioni di tipo
soprattutto grammaticale e strutturale, al secondo una maggiore rilevanza discorsiva e comunicativa. Ma
anche vero che, come gi detto, presso molti autori uno dei due termini viene usato come sovraordinato,
riservando laltro a varie sottocategorizzazioni del fenomeno, oppure entrambi vengono presi come
sottoordinati di un ulteriore termine. Numerosi studiosi (cfr. ad esempio Bhatia & Ritchie 1996, pp. 629-631)
negano persino la reale utilit della distinzione, facendo notare come il pi delle volte nella realt linguistica
i due fenomeni siano strettamente interrelati e difficili da distinguere in maniera univoca.
10
Cfr. ad esempio Gumperz 1982, pp. 66-sgg; Alfonzetti 1992, pp. 21-24; Myers-Scotton 1988, pp. 159-160;
Berruto 1990, p. 107; Gardner-Chloros 1995, pp. 73-74; Bhatia & Ritchie 1996, pp. 632-634; Muysken 2000;
Botzepe 2003, pp. 5-8; Lipski 2005.
29
Numerosi studi sul CS italiano-dialetto hanno affrontato il problema del continuum tra
italiano standard, italiano regionale, italiano popolare, dialetto regionale e via
discorrendo: cfr. ad esempio Berruto 1990, Sobrero 1992, Alfonzetti 1992 e 1998 e
Giacalone-Ramat 1995. Il problema stato affrontato in Alvarez-Caccamo 1990 e 1998
per il CS tra spagnolo e galiziano, e anche Blom & Gumperz 1972, discusso sopra, si era
occupato del CS tra una variet standard e una dialettale. Questi studi, e molti altri
ancora 11 , hanno messo in luce un gran numero di casi in cui lattribuzione di un
elemento alluno o allaltro dei due sistemi linguistici non pu essere decisa su basi
puramente grammaticali, ma solo analizzando il contesto dellinterazione e il suo valore
comunicativo e pragmatico. Del resto, gi Gumperz (1982a, p. 86) sottolineava che
identification of codes [] is only partly a matter of what the linguist would
consider grammatical knowledge. Only a subset of the total inventory of
grammatical elements and syntactic rules of a codes are critical, others are
optional. Furthermore, the co-occurrence expectations which tie criterial
elements to surface styles are matters of subcultural conventions not covered
in the ordinary grammatical description.
(corsivo
nelloriginale).
Tabouret-Keller
1995,
che
conclude
la
Gardner-Chloros 1995, ad esempio, dimostra come lalternanza tra francese e alsaziano a Strasburgo
chiami in causa un complesso interplay tra norme grammaticali da un lato, variabilit e flessibilit
individuale dallaltro. Franceschini 1998 sostiene una posizione simile tramite lanalisi dellalternanza
italiano-tedesco a Zurigo. Alvarez-Caccamo 1998 rifiuta una identificazione tout-court fra codice e
sistema linguistico e propone un modello di analisi del CS basato sul valore comunicativo e pragmatico
degli enunciati, pi che sul riferimento a unastratta normativa grammaticale. Una prospettiva analoga
adottata anche negli studi che si ispirano allanalisi della conversazione, come quelli raccolti in Auer 1998a o
Wei 2005a, e sar discussa pi approfonditamente pi avanti.
30
studiabile
(neuro-psicologico,
grammaticale,
pragmatico,
sociolinguistico,
ecc.)
Cfr. ad esempio gli studi raccolti in Milroy & Muysken 1995 alle pp. 257-343 o in Wei 2000 alle pp. 325470.
31
Alcuni esempi. McClure-McClure 1988 esamina la storia di una enclave linguistica tedesca in Romania
nel tentativo di mettere in relazione i rapporti di potere, le disuguaglianze sociali, la percezione sociale di un
gruppo etnico e i relativi stereotipi, ecc., con i pattern di uso linguistico cos come essi si manifestano
nellinterazione linguistica quotidiana. Gardner-Chloros 1995 esamina il complesso intreccio tra il
comportamento linguistico, spesso idiosincratico, dei parlanti, e la pi ampia situazione sociolinguistica della
comunit bilingue di Strasburgo. Heller 1982 analizza il bilinguismo inglese-francese a Montreal in un
periodo di profondi cambiamenti sociopolitici, evidenziando come essi si riflettano nellinterazione faccia-afaccia in modi estremamente sottili e variegati, non riducibili a una relazione di diretta dipendenza tra
contesto sociale e comportamenti individuali. Studi come Auer 1984a e 1988, Wei 1994 o Milroy & Wei
1995 uniscono lapproccio conversazionalista, basato soprattutto su analisi di tipo micro, con il concetto
macro-sociologico di social network (cfr. Milroy & Milroy 1985), per spiegare molti casi di alternanza che la
pura analisi micro-linguistica non basterebbe a giustificare. Sobrero 1994 si occupa del bilinguismo italianodialetto nel Salento, cercando di incrociare le variabili di tipo interazionale con quelle relative ad aspetti
macro come la generazione di appartenenza, il luogo di residenza o la rete sociale. Ng & He 2004 o Munch
& Stolberg 2005 uniscono lanalisi dettagliata, turn-by-turn, dellinterazione linguistica con il ricorso a
metodologie quantitative o a teorie psicolinguistiche come la Speech Accomodation Theory (cfr. Sachdew
& Giles 2004). Torras & Gafaranga 2002 e Gafaranga 2005 legano il CS alla membership categorization
analysis (cfr. Sacks 1972) per analizzare i modi in cui lidentit etnica dei parlanti viene interpretata
attraverso le loro scelte linguistiche.
32
cooperazione e negoziazione. Un parlante sceglier un codice non marcato (ad es. una
lingua etnica tra membri della stessa etnia) se desidera attenersi al set of rights and
obligations pre-determinato, ma potr anche compiere una scelta marcata (ad es. una
lingua franca come linglese in una interazione tra persone della stessa etnia) se desidera
porsi in una diversa prospettiva (distanziamento, dis-affiliazione, ecc.). Vi sono ad
esempio casi in cui il parlante sceglie il CS come stile comunicativo proprio per
mantenersi in una posizione di equilibrio adottando unidentit sociale ambigua. In altri
termini, questo modello non implica che la scelta del parlante sia determinata e
prevedibile, ma piuttosto che sia prevedibile leffetto comunicativo e pragmatico che tale
scelta avr, in quanto si pone sullo sfondo di una serie (preesistente) di associazioni tra
tipi di scambio linguistico e scale di marcatezza dei codici linguistici.
Questo modello evita leccessiva rigidit dovuta a unassociazione deterministica
tra fattori sociolinguistici e scelte linguistiche, ma recupera lesigenza di Fishman di
porre, sullo sfondo dei comportamenti individuali, una serie di strutture cognitive
socialmente determinate, condivise da tutti i membri di una comunit linguistica14.
Le teorie di Myers-Scotton sono state criticate da autori come Auer (1998b), Wei
(1998) e Meeuwis & Blommaert (1994), i quali si rifanno a un approccio di tipo
conversazionalista. Il punto di partenza di tale approccio Auer 1984, che rappresent il
primo tentativo di applicare il framework teorico dellanalisi della conversazione allo
studio del CS15.
Il cardine teorico di questo tipo di approcci risiede nella convinzione, comune a
tutta lanalisi della conversazione, che la lingua sia essenzialmente azione sociale: essa,
cio, uno dei mezzi usati nellinterazione quotidiana per generare una serie di attivit
ordinate e mutuamente comprensibili e rendere possibile una condivisione di fini tra gli
attori sociali. Lattenzione, quindi, viene concentrata soprattutto sul modo in cui lordine
sociale costruito dagli stessi parlanti nella (micro)interazione quotidiana, attraverso un
14
Quella esposta la versione pi nota del modello di Myers-Scotton. In lavori pi recenti (Myers-Scotton
1998 e 1999, Myers-Scotton & Bolonyai 2001) lautrice ha in parte rivisto la sua teoria alla luce di una
visione del CS come ottimizzazione, ossia come calcolo cosciente dei costi e benefici relativi al mantenere
il discorso monolingue o al mutare il codice. Un confronto tra questo modello e quello conversazionalista
in Wei 2005c.
15
Auer ha poi sviluppato questo approccio in Auer 1988 e 1995. Per quanto riguarda i pi recenti risultati di
questo campo di indagini, i testi di riferimento sono Auer 1998a e Wei 2005.
34
misurabile in base a regole socialmente condivise e stabilite a priori, secondo gli analisti
della conversazione invece rinegoziata su base locale, allinterno della singola
interazione16. Wei (1998, pp. 170-71), riassume questa differenza sostenendo che nel
markedness model il significato sociale dellinterazione brought along (portato
passivamente), nellapproccio conversazionalista esso invece brought about
(prodotto attivamente).
Gli autori che si rifanno allanalisi della conversazione, insomma, non negano la
pre-esistenza di alcune strutture sociali, ma rifiutano lidea secondo cui esse andrebbero
prese, a priori, come rilevanti in ogni interazione: devessere invece lanalisi dettagliata,
turn-by-turn, dellinterazione a dimostrare se e come determinate categorie sociali
sono effettivamente pertinenti in quella particolare situazione. Wei (2005, p. 387), ad
esempio, afferma che to focus on the interaction-external factors alone means ignoring
the richness of the interactive work speakers do in conversation and risks imposing of
the analysts interpretation without evidence.
Questo metodo di ricerca, che una delle colonne portanti dellanalisi della
conversazione, ha anche il vantaggio di permettere di superare unimportante impasse
teorica: lassegnazione di un item o di una sequenza a uno o allaltro codice. Come ha
dimostrato Alvarez Caccamo (1990, 1998), esso diventa risolvibile se lassegnazione
viene decisa non in base a categorie linguistiche predeterminate, ma al modo in cui i
parlanti stessi dimostrano di usare e intendere il codice in questione. Due codici saranno
diversi se dimostrabile che, in quella particolare interazione, essi sono usati e intesi
come codici diversi. Come scrive Auer (1999, pp. 4-5), we need to start from the
observation that there are two sets of co-occurring variables between which participants
alternate in an interactionally meaningful way, and then proceed to ask whether we can
see
them
as
belonging
to
or
constituting
two
varieties
or
languages
Cfr. ad esempio Wei 1998, p.159: In conversational interaction speakers constantly check each others
understanding of what is going on and give out complex verbal and non-verbal cues to indicate whether they
have understood each others previous moves and what their next moves will be.
36
presa di turno (Auer 1984, Alfonzetti 1998), segnalazione delle strutture preferenziali,
riparazione (Wei 1994, 2005c), reiterazioni ed enfasi (Milroy & Wei 1995), apertura di
nuovi frames, cambi di footing (Alvarez-Caccamo 1990), gestione del disaccordo
(Duranti 1990, Williams 2005), segnalazione di sequenze laterali o incassate (Wei 1998,
Alfonzetti 1998), cambi di topic (Alfonzetti 1993), citazioni e discorso riportato (Auer
1995, Milroy & Wei 1995), strutturazione di sequenze narrative (Alfonzetti 1998,
Panese 1992), ecc.
Ma vi sono molti esempi di come anche lanalisi della conversazione possa anche
studiare i legami tra il CS e una realt sociale pi vasta. Un esempio la revisione della
distinzione gumperziana tra we code e they code in Sebba & Wootton 1998.
Gumperz 1982 sostiene che, nelle comunit bilingui, il we-code tende ad essere la
lingua minoritaria, tipica di un particolare gruppo etnico, il they-code la lingua usata
dalla maggioranza dei parlanti. Sulla base di dati raccolti nella comunit giamaicana di
Londra, Sebba e Wootton dimostrano che lassegnazione delletichetta di we- o theycode a una delle variet presenti in un dato repertorio linguistico non pu essere decisa
a priori: solo esaminando la funzione che una particolare lingua ricopre in una
particolare interazione si pu decidere se essa sia o non sia legata a unidentit ingroup (we-code) o out-group (they-code). Una categoria come lidentit etnica,
in questo modo, si rivela frutto di una negoziazione locale, legata pi a fenomeni
interazionali che non a fattori macro-sociologici. Lanalisi della conversazione,
insomma, vede il linguaggio non come il riflesso della societ, ma bens come il luogo in
cui lordine sociale costantemente (ri)costruito e (ri)negoziato (cfr. Gafaranga 2005,
Cromdal 2005).
Lanalisi della conversazione costituisce il riferimento teorico e metodologico
fondamentale adottato in questa ricerca; quando necessario, sono state prese in
considerazione anche nozioni provenienti da discipline affini, come la membership
categorizazion analyis (Sacks 1972, Gafaranga 2001, Torras & Gafaranga 2002), la
sociolinguistica interazionale (Gumperz 1982), lantropologia linguistica (Duranti 2002),
la psicologia sociale (Antaki & Widdicombe 1998) e la narrative analysis (Harr & van
Lagenhove 1999, Bamberg 2004). Tali nozioni verranno specificate meglio nel corso dei
prossimi capitoli.
37
razza, sesso ecc., pu essere usata come variabile predittiva ed esplicativa: per usare le
parole di Widdicombe, in studi di questo genere le identit sono viste semplicemente
come demographic fact about people which have predictable consequences
(Widdicombe 1998, p. 194), e diventano quindi chiavi esplicative usate per spiegare e
predire i comportamenti (linguistici e non) del singolo. Un esempio sono gli studi
variazionisti di tradizione laboviana, nei quali lincidenza statistica di un particolare
tratto fonologico viene direttamente correlata allappartenenza del parlante a una
determinata classe sociale.
Al polo opposto si collocano gli studi che vedono lidentit non come unetichetta
predeterminata e passivamente accettata, ma piuttosto come unentit dinamica e
flessibile, costituita, pi che da un insieme fisso di tratti, da un repertorio di possibili
ruoli identitari, allinterno dei quali lindividuo pu spostarsi (o essere spostato) a
seconda del contesto in cui si trova ad agire e a comunicare. Secondo Antaki e
Widdicombe, ad esempio, lidentit something that is used in talk: something that is
part and parcel of the routines of everyday life, brought off in the fine detail of everyday
interaction (Antaki & Widdicombe, 1998, p. 1). Unidentit, quindi, che ha come suo
principale luogo costitutivo linterazione discorsiva.
Benwell & Stokoe 2006 (p. 4) raggruppa gli approcci di questo tipo sotto
letichetta di social constructionism ed esamina il modo in cui essi si sono affermati
negli ultimi venti o trentanni innescando un vero e proprio cambio di paradigma che ha
portato lidentit a essere ricollocata:
Identity has been relocated: from the private realms of cognition and
experience, to the public realms of discourse and other semiotic systems
of meaning-making. [] Rather than being reflected in discourse, identity is
actively, ongoingly, dynamically constituted in discourse. [] [According
to this perspective], there is no such thing as an absolute self, lurking behind
discourse. A constructionst approach examines peoples own understanding
of identity and how the notion of inner/outer selves is used rhetorically, to
accomplish social action. Although discourse is not all there is in the world,
we understand who we are to each other in this public and accountable
realm.
Per
riprendere
una
celebre
espressione
goffmaniana,
lidentit
un
17
18
40
molto
41
narrazione rivela quando viene analizzata nel contesto dellinterazione sociale. Nel cap.
4 saranno prese in considerazione alcune sequenze narrative e verr mostrato come
questi processi di negoziazione dellidentit possano interagire con le scelte linguistiche
del parlante e, di conseguenza, con i fenomeni di CS.
Per usare le parole di Blommaert 2005, lidentit osservata in questa prospettiva
diventa un potenziale semiotico, in grado di generare senso attraverso le sue mutevoli
attualizzazioni in contesti diversi. Antaki e Widdicombe (1998b) riassumono questa
prospettiva affermando che lidentit allo stesso tempo achievement (ossia risultato
di unazione sociale) e tool (strumento con cui le azioni sociali vengono perseguite).
lingua e identit: primo tra tutti Gumperz, gi citato in 2.1.1., ma tale preoccupazione
comune, tra gli altri, anche a studiosi di impostazione diversa come Auer (1998) o
Sachdew & Giles (2004). Tutti questi autori concordano sullimpossibilit di tracciare
una semplice e diretta relazione biunivoca, predefinita, tra luso di una lingua e
lascrizione a una particolare identit. Andr invece dimostrato che, nellinterazione in
corso, una certa categorizzazione etnica o sociale sia effettivamente pertinente e
rilevante per i partecipanti allinterazione stessa. In altre parole, sono le circostanze
contestuali e il lavoro di negoziazione dei parlanti a rendere evidente quale identit il CS
venga a indicare.
Quanto detto fin qui rende anche chiare due fondamentali differenze tra una
metodologia di orientamento qualitativo come lanalisi della conversazione e altri
approcci di orientamento quantitativo.
Innanzi tutto, lanalisi della conversazione non si pone come scopo la
formulazione di regole che abbiano un valore predittivo assoluto, sganciato dal
contesto di occorrenza. Essa, invece, si propone di reperire nellinterazione delle
regolarit strutturali, vale a dire dei meccanismi presenti nella competenza comunicativa
del parlante come framework interpretativi, che guidano da una parte il perseguimento di
determinate azioni sociali, dallaltra il lavoro di interpretazione delle azioni stesse da
parte degli altri partecipanti allinterazione (si pensi ad esempio ai meccanismi che
guidano la presa di turno, studiati nei primi lavori di Sacks, Schegloff e Jefferson). Tali
procedure e strategie sono a disposizione dei parlanti, che le usano come linee-guida per
rendere linterazione sociale fluida e mutuamente comprensibile: ma il fatto che esse
siano o non siano adoperate dipender dalle circostanze locali e contestuali. Secondo una
celebre espressione di Sacks, Schegloff e Jefferson (1974), le pratiche interattive studiate
dallanalisi della conversazione sono allo stesso tempo context-free (in quanto
conservano il loro valore prototipico anche in contesti diversi) e context-sensitive (in
quanto la loro attivazione dipende dal contesto dellinterazione). In altri termini, non
possibile prevedere precisamente quale procedura il parlante adotter per perseguire un
particolare task interazionale: ma, una volta che essa sia stata messa in atto, essa avr
43
and understand aspects of the representation of self that are not apparent through
statistics, questionnaires or sample interviews.
micro-sociale dellinterazione discorsiva sia in buona parte autonomo dai fattori macro
e possa quindi costituire un livello di analisi ad esso parallelo, ma sostanzialmente
indipendente.
45
significati, alcuni dei quali in forte contrasto con gli altri19. Pertanto, risulta opportuno
specificare che cosa di preciso si intenda.
La nozione di contesto che sar presa in considerazione nella presente ricerca si
imposta allattenzione degli studiosi intorno alla met degli anni 60, quando autori
come Gumperz, Hymes, Goffman o Sacks iniziarono ad interessarsi alla lingua come
strumento di interazione sociale. Si tratta di una nozione di contesto molto diversa da
quella formalizzata in altri campi dello studio della lingua, quali la filosofia del
linguaggio, la semantica, la pragmatica, la semiotica o la teoria degli atti linguistici. In
tutte queste discipline, il termine contesto viene applicato per lo pi a una serie di
fattori (sintattici, semantici, logici, cognitivi, ecc.) fissi, formalizzabili e computabili, che
influenzano linterpretazione di un messaggio linguistico (si pensi ad esempio alle
19
Cfr. ad esempio Bertuccelli-Papi 1993, pp. 184-sgg. o la voce Context in Mey 1998.
46
implicature conversazionali di Grice o alle felicity conditions della teoria degli atti
linguistici). Raramente, per, viene preso in considerazione il modo in cui la lingua
funziona nelle reali circostanze dellinterazione. proprio di questo, invece, che si
interessano gli studiosi summenzionati.
Goffman 1974, ad esempio, introduce la nozione di frame (ripresa da Bateson
1972), sottolineando come in ogni interazione sociale gli individui impieghino schemi
interpretativi al fine di inquadrare ci che avviene intorno a loro. Questi schemi, detti
appunto frames, rappresentano una sorta di strutture cognitive basilari, che guidano la
percezione e rappresentazione della realt e aiutano a inquadrare gli avvenimenti in
cornici che li rendono comprensibili. Tale processo interpretativo presuppone che, in
ogni momento, ogni attore sociale si focalizzi su alcuni (e non su altri) elementi della
realt
circostante,
selezionandoli
come
rilevanti
pertinenti
ai
fini
scopi locali degli interattanti, perch sono questi ultimi a segnalare quali degli elementi
di numero potenzialmente infinito che circondano levento linguistico siano
effettivamente rilevanti per la sua interpretazione e co-costruzione:
In an interactions moment-to-moment development, the parties, singly and
together, select and display in their conduct which of the indefinitely many
aspects of context they are making relevant, or are invoking, for the
immediate moment. (Schegloff 1987, p. 219)
Per determinare ci che conta come contesto, sar dunque necessario osservare verso
quali elementi della situazione enunciativa i parlanti si orientano. Saranno infatti il loro
comportamento e le loro reazioni a rendere chiaro ci che rilevante come contesto e ci
che non lo . Per usare le parole di Auer (1992, p. 22), context [] is not just given as
such in an interaction, but is the outcome of participants joint efforts to make it
available20.
Nella loro celebre risistemazione della nozione di contesto, Duranti & Goodwin
(1992) sottolineano come, in una prospettiva del genere, la nozione di contesto non sia
definibile a priori, ma dipenda piuttosto da un rapporto sempre mutevole tra figura e
sfondo. Se sono gli stessi partecipanti allinterazione a rendere rilevanti alcuni elementi,
in quella particolare interazione, ci significa che la nozione di contesto, da semplice
sfondo fisso, si trasforma in unentit dinamica, in cui background e foreground
variano continuamente in base alle contingenze mutevoli dellinterazione. Inoltre, esso
non solo un fattore che modella linterazione, ma esso stesso ad essere modellato
dallinterazione in corso:
Instead of viewing context as a set of variables that statistically surround
strips of talk, context and talk are now argued to stand in a mutually
reflexive relationship to each other, with talk, and the interpretive work it
generates, shaping context as much as context shapes talk. (p. 31)
20
Una visione per certi versi simile quella della relevance theory (Sperber & Wilson 1986), che per si
focalizza pi sulla dimensione cognitiva (processazione delle informazioni, inferenze, computazione delle
conoscenze di sfondo ecc.) che non su quella propriamente interazionale, su cui invece insistono gli autori
qui presi in considerazione.
48
49
Capitolo 3
CODE-SWITCHING
E NEGOZIAZIONE DEL CODICE DINTERAZIONE
3.1. Negoziazione del codice-base dellinterazione
3.1.1. Il codice-base nei dati del corpus XOC
3.2. Sequenze di negoziazione della lingua
3.2.1. Resistenza nei confronti dellinglese
3.2.2. Resistenza nei confronti dellitaliano
3.2.3. Divergenza linguistica e dis-affiliazione identitaria
3.2.4. Conclusioni
3.3. Rilevanza identitaria del dialetto
3.3.1. Il dialetto: alternanza linguistica o codice misto?
3.3.2. Il dialetto come esibizione
3.3.3. Il dialetto come mimesi
3.4.4. Conclusioni
3.4. Conclusioni
50
51
come un contextualization cue, generando una serie di inferenze sullazione che quel
particolare enunciato compie in quel particolare contesto.
I processi di negoziazione del codice sono guidati da un principio generale che
Auer (1984, pp. 20-sgg.) definiva preference for the same language: i parlanti tendono,
in linea generale, ad adottare la stessa lingua di chi li ha preceduti. In particolare, Auer
sottolinea che la collaborazione nella scelta del codice riflette spesso una identica
collaborazione nellattivit di organizzazione dellinterazione (ad es. tenere vivo un
argomento, mantenere la coerenza, fornire le seconde parti preferite in una coppia
minima, ecc.), mentre una non-convergenza nella scelta del codice marca spesso una
non-collaborazione discorsiva (non-accettazione di un topic, volont di porre fine a una
sequenza, disaccordo, ecc.).
Le situazioni in cui i parlanti mostrano un orientamento linguistico
divergente possono dare luogo a sequenze, pi o meno estese, in cui il codice viene
interamente ri-negoziato e linterazione si sposta da una lingua allaltra: sono le
cosiddette sequenze di negoziazione linguistica (language negotiation sequences), che
verranno analizzate pi in dettaglio in 3.2.
52
di considerare tale scelta come inadeguata alla situazione enunciativa. Torras &
Gafaranga 2002 parla a tale proposito di code-repair (riparazione del codice1).
A volte, tale riparazione avviene a livello esplicito: qualcuno dei partecipanti
stimola gli altri a tornare allitaliano, quando la conversazione si spostata sullinglese.
Se ne possono osservare alcuni casi negli es. 1 e 22.
Nelles. 1, i partecipanti sono S (ricercatore italiano), Mr, A e Mc (prima
generazione) e J, figlio di Mr (seconda generazione). Nelle prime righe dellesempio, la
conversazione si spostata sullinglese, ma alle rr. 9 e 17 Mc stimola esplicitamente i
parlanti a tornare allitaliano, che egli sente evidentemente come la lingua pi adatta
allinterazione in corso. Dalle rr. 12 in poi, la lingua dinterazione torna litaliano.
Es. 1 (USA, Pr 1a)
01
02
Mr:((a J))
03
04
A:
05
J: [only women
06
Mr:[NE:: even the the: (.) even the men (used) to help my husband
07
08
09
[hm?
[hm hm?
10
S:
11
Mr:
[(2 sill)
12
A:
13
J:
14
15
16
17
18
Mc:
[parliamo in italiano
Il termine repair o riparazione va qui inteso nel senso datogli dagli analisti della conversazione: ogni tipo
di procedura linguistica finalizzata a risolvere problemi nella gestione dellinterazione. Sono esempi di
repair la riformulazione di una frase mal formulata, la ripetizione di un elemento non compreso
dallascoltatore, le procedure per la risoluzione di sovrapposizioni fra i turni, la chiarificazione di possibili
ambiguit, ecc. La riparazione pu essere iniziata dallo stesso parlante che ha formulato la frase da riparare o
da un altro, e in entrambi i casi spesso marcata da particolari caratteri come pause, esitazioni, segnali
paralinguistici ecc. Cfr. Jefferson 1972; Sacks, Schegloff & Jefferson 1974; Sacks, Schegloff & Jefferson
1977.
2
Per le convenzioni di trascrizione usate, cfr. appendice 1.
53
19
J:
20
[solamente le donne
[no
21
S: [il sugo?
22
Mc: hm
23
J: sugo
24
Mr: =s
L: <a[desso
02
03
04
05
difficult (.) [(
F:
) very
06
07
L:
08
F:
[<NO: no [no>
[PArla in italiano
02
03
04
prendere qualche cosa (non so) non mi ricordo (0.8) equell'aveva fatto il brekfst (1.5) e fui invitato e:h [ma
05
06
07
A:
08
Mc:
[colazio:ne
e io ho VIsto il brekfst (.) uo:va non so altre co:se
54
M:
09
Mr:
10
M:
11
Mr:
hm:
12
M:
13
A:
14
M:
[(gi) preparate
[<LA SALSICCE,>
eh:: (.) e i giovani a quei tempi: (.) no oggi (.) forse
15
16
17
A:
18
19
Mr:
20
M:
21
Mr:
22
M:
[h::: aha
= ma [cio- io[o::h puverett mhm
=erano per, [verso le nove e mezzo del matti:no
[ rimasto a veder mangiare
ma (.) ci penso sempre (.) avrei potuto mangiare quel brekfst
Il fatto che M continui a usare la parola inglese pu essere indice del fatto che, per
lui, quella parola non costituisce una violazione del codice finora usato: questipotesi
avvalorata dal fatto che Mc pronuncia la parola breakfast italianizzandola fortemente
nella pronuncia (brekfst). quindi probabile che, nella sua coscienza linguistica, tale
elemento non sia considerato come inglese, ma sia invece inserito in uno stesso
continuum linguistico insieme agli elementi italiani.
A volte, la riparazione del codice avviene senza una segnalazione esplicita.
Nellesempio 5 (che coinvolge gli stessi parlanti delles. 2), si vede come F riporti la
3
55
L: the people that (.) had emigrated here (.) some thirty or forty
02
03
years ago: (.) still, (.) speak the dialect. [(0.7) and,
S:
04
speak the- the old dialect that (.) [that nobody (.) nobody
05
speaks anymore
06
L:
07
08
09
10
che:,
11
R: di pi [di pi
12
F:
E: dalle sEi alle otto (0.4) channel twenty (.) if you- se sei
interessato a guarda:rlo vedi un po' di italia eh (2 sill)
Ma cfr. anche 3.2. e 4.2., in cui viene analizzato pi a fondo il comportamento di questi due parlanti.
56
02
(1.8)
03
04
05
E: an I l:ove it.
S: yeah
E: =come mi piace le:ggere? (0.5) di notte mi sveglio, (.) col mio
06
libro,
07
(0.6)
08
02
(0.6)
03
S: ((schiocco di labbra))
04
05
S:
06
E: kennedy
07
08
09
(1.5)
10
E: beh? (.) che quando arivi qui (.) hm (.) .h (.) .hm devi saper
11
12
[h::: kennedy
volare eh?
S: s s
R: dico: una cosa per (il) mondo tutto lo stesso perch qui in
America north south ci ha- [ci ha quella:
58
03
[ma voi(.) s
04
05
06
07
08
09
10
cos
F: I was reading(.) all over the world (it is) (2 sill) with the:
(.)
11
12
<geographical> position
R: right (this is because in) the south(.) the south (is) has a
13
13
Ra:
[(tis)
14
Nelles. 10, mentre R offre (in italiano) del succo di frutta a S, Sv e F commentano la
telefonata appena fatta da questultimo, usando il dialetto o linglese. Linglese e/o il
dialetto sembrano quindi le lingue preferite per linterazione intima, tra familiari.
Es. 10 (USA Vn 1a)
01
02
03
04
05
06
07
[Sergio:
F: yeah
R: nu poco di:: [succo ara- arancia
F:
08
S: ah grazie s
10
In tutti i casi in cui i ricercatori italiani sono parte della conversazione, invece, la
lingua prevalente litaliano. Ci avviene non solo con i parlanti di prima generazione
(che hanno naturalmente una migliore competenza dellitaliano rispetto allinglese), ma
spesso anche con quelli di seconda o terza generazione, che pur avendo molte volte una
competenza piuttosto limitata dellitaliano, tendono per ad usarlo, nei limiti del
possibile, nelle interazioni con i ricercatori.
59
02
G: hm?
03
E: se puoi vederti
04
05
06
07
08
M:
[QUEllo filippo
09
U:
10
?: aha
11
(0.5)
12
M: se credev o frate(h)ll
per importante notare che non esiste alcuna norma vera e propria che
prescriva luso dellitaliano: si tratta piuttosto di un orientamento generale, soggetto
per a numerosi fenomeni di negoziazione, a seconda delle mutevoli circostanze
interattive (tipo di attivit linguistica svolta, argomento della conversazione, maggiore o
minor padronanza della lingua, fenomeni di faccia o di politeness, ecc.). Tali processi
di negoziazione, che avvengono nei casi in cui il codice-base viene violato, sono
loggetto del prossimo paragrafo.
La differenza tra le sequenze di negoziazione della lingua e il code-repair analizzato in 3.1. sta nel fatto che
il code-repair una procedura con la quale un parlante corregge un elemento prodotto da se stesso o da altri.
Una LNS invece unintera sequenza in cui due prospettive linguistiche divergenti vengono contrapposte e
negoziate nel corso di pi turni. Singole occorrenze di code-repair possono far parte di una sequenza di
negoziazione o innescarla, come avviene nelles. 2, nel quale il code-repair di F d inizio a una LNS, che
sar esaminata pi avanti in questo paragrafo.
61
62
nella televisione
03 S: =qui in::,
04 E: =yeah
05 S: [America?
06 E: [channel ventidue
07 S: ah
08 E: yeah
09 (1.5)
10 S: ((guardando E)) I saw people f- playing soccer in:: (0.8) in queens
11
too h:: (.) them (.) they were:: (0.4) spanish perhaps
14
15
16 S: ah s?
dellinglese coincide anche con labbandono del topic proposto da S (il calcio in
America) e il ritorno a quello precedente, proposto da E (le trasmissioni in italiano sulla
TV americana).
Lepisodio prosegue in questo modo:
Es. 12b (USA, Pt 1a)
17 E: (questo c-) dalle sEi alle otto (0.4) channel twenty (.) if you18
19 (1.0)
20 A: the news (3 sill) (.) [(1 sill)
21 E:
22
23 A: yeah
24 E: ma::,
25 R: ((guardando E)) yeah they told me there's not so much italian in:
26
[the television
27 E: [alle, (.) dalle sei alle otto il channel twenty ((S annuisce))
28
29 S: cause I saw there a:re, (.) entire channels in spanish (.) but not30
31 A:
[hm
32 A: a::hm
64
35 A: [she watches some:, (.) h::its like a::, hm (.) >(its like ahm)<
36
(.) I don't think it's a SOAP opera but there is (1 sill) a show
37
38 E:
39
40 S: [h::: ((sorride))
41 E: =orgo:glio.
42 S: ah:
43 E: mhm (.) [aha aha
44 A:
45 S:
[mhm mhm
46 E:
47
52 E: yeah.
53 (1.0) ((A distoglie lo sguardo e poggia la testa sulla mano, voltandosi
54 dallaltra parte rispetto ad E e S))
Con lintervento di A (r. 34), viene introdotto ancora un nuovo topic, sempre in
qualche modo correlato ai precedenti. Allo stesso tempo, per, si crea una biforcazione
del codice di interazione: alle rr. 35-38, A ed E parlano luna in inglese, laltra in
italiano, senza che avvenga alcun fenomeno di negoziazione. In altri termini, la
situazione di due parlanti che dimostrano due orientamenti divergenti, entrambi
accettati e non censurati: E, che pu esprimersi in italiano o in inglese, sceglie litaliano,
mentre A si esprime nellunica lingua a sua disposizione, linglese. Gli interventi di S si
limitano qui a elementi minimi, in gran parte non verbali. Quando S interviene, alla r.
50, lo fa prima in inglese, ma subito interviene una riparazione e il codice viene spostato
allitaliano.
Come interpretare questi comportamenti? I casi pi interessanti sono quelli di E e
di S.
La scelta costante dellitaliano da parte di E interessante perch, in questo
contesto, litaliano una lingua compresa e usata solo da due dei cinque partecipanti (E
e S). E, cio, non adotta la lingua comune a tutti i parlanti, linglese (che, con ogni
65
probabilit,
minoritaria. Tale scelta in questo senso fortemente marcata, perch esclude tre delle
persone presenti (A, Al e An) dalla possibilit di partecipare attivamente alla
conversazione. Inoltre, E sarebbe capace di esprimersi in un inglese piuttosto scorrevole
e corretto, ma sceglie di non farlo, e anzi riporta la conversazione verso litaliano ogni
volta che S tende a spostarla verso linglese. In questo modo, E sottolinea che ad essere
rilevante non tanto la sua identit americana, legata alla sua capacit di parlare inglese,
ma piuttosto quella italiana, legata alluso dellitaliano. In questo senso, la sua capacit
di parlare italiano una category-bound activity8, in quanto instaura un legame tra un
comportamento (parlare italiano) e lappartenenza a una categoria identitaria
(italianit) alla quale E viene ascritta.
S oscilla tra la tendenza ad usare linglese e la spinta a convergere verso il codice
di interazione preferito da E, litaliano, come infine avviene alla r. 50. Questa
oscillazione riflette la sua consapevolezza della diversa funzione delle due lingue:
linglese la lingua che accomunare tutti i parlanti, anche quelli anglofoni come A, An e
Al, mentre litaliano esprime allineamento verso le scelte linguistiche di E.
Quanto ad A, il fatto che il suo uso dellinglese non dia luogo a rinegoziazioni del
codice indice del suo ruolo di parlante non-italofona, e pertanto esclusa dal gioco di
reciproche convergenze e divergenze che interessa S ed E.
Allo stesso tempo, luso delle due lingue risponde anche a dinamiche interne alla
conversazione, come la coesione a livello topicale.
66
J: I had KFC,
02
(0.7)
03
E: yeah?
04
05
06
07
08
09
J: ah?
10
11
J: hm hm. ((annuisce))
12
13
14
15
N?:
16
J: hm hm ((annuisce))
17
18
19
20
(0.6)
21
J: ((sorride)) ye::.
22
[(diglielo)
23
24
25
26
27
28
E:
riformulando le domande con ritmo pi lento (r. 10), fornendo lei stessa le risposte
giuste (r. 12, r. 14) o accentuando la prosodia della frase per rendere pi esplicito linvito
a partecipare alla conversazione (r. 19). Anche N nota il problema in corso, e alla r. 15
esorta J a rispondere. Tali comportamenti terminano solo quando, alla r. 22, E desiste dai
suoi tentativi di usare litaliano e ripassa allinglese, riformulando la domanda posta in
precedenza. solo a questo punto che J ricomincia a interagire in modo collaborativo.
importante notare che la non-collaborazione non dipende da una difficolt di
comprensione dellitaliano 9 : durante tutta la registrazione, J dimostra una buona
competenza, e anche in questo frammento, alle rr. 9-21, fornisce delle risposte, anche se
minime. Alla r. 26, poi, capisce la risposta della nonna e ne coglie prontamente anche il
tono ironico segnalato dal pitch pi alto e dallintonazione finale leggermente
cantilenante , tanto che sorride e risponde con una prosodia altrettanto accentuata. La
non-collaborazione piuttosto una precisa strategia di resistenza ai tentativi di E di
rinegoziare il codice di interazione in direzione dellitaliano.
Questo comportamento coerente con quello che E e J dimostrano in tutto il resto
della registrazione. E, interagendo con J, effettua quasi sempre dei code-repair in
direzione dellinglese, che si configura quindi come la lingua dellinterazione normale
tra i due.
Nelles. 14, E ha chiesto a J, che ha unamica di origine turca, come si dice in
turco smettila: ma, di fronte allesitazione del bambino (rr. 3-4), che pure ha capito la
domanda, la riformula immediatamente in inglese.
Es. 14 (AUS, An 1c)
01
02
E: (an) what d'y' say. (.) heh (.) come si dice no- (.) smettila
co- non lo fa:re come si dice in turco: smettila.
03
04
05
06
J: yeah.
Tranne forse che per la prima risposta, alle rr. 8-9, dove J corruga le sopracciglia come se non avesse capito:
ma questo comportamento potrebbe essere interpretato anche come una reazione di disappunto di fronte alla
scelta insolita della madre.
68
E: >I thought you weren't gunna come again tonight I was gunna- I
02
was so upset?<
03
J: why
04
05
(1.0)
06
J: not lo:ng
07
A: eh [ehe ehe
08
N:
09
P:
10
E:
[yes it I:S?
11
P: ehe e:he
12
13
14
15
16
A: ((a J))MA MI FAI SENTIRE almeno u::na vo- u:: (.) due parole in
02
03
04
05
A:
06
07
E:
69
08
(in italiano)
09
A: =s? o [no.
10
J:
11
12
13
J:
14
15
E:
16
[m:h
36
piuttosto esitante))
37
J: a:hm (1.6) ci sono due uo:mini? (1.2) e:: (1.3) erano:: (1.0) ahm
38
(0.5) aliens? (0.8) e:: (0.9) e::r (0.6) dovevano (0.7) mm (1.3)
39
40
41
N:
42
43
J:
[tre o:cchi:,
44
(1.2)
45
?: mh
46
47
70
48
N:
49
50
A: pacifi:sta,=
51
52
53
di vedere fi-,
J:
54
55
[>yeah<
(.) an his head? (0.4) <had blew up> ((mima il gesto))
A: =co[me?
56
J:
57
58
[(1 sill),
59
testa>.
interessante quanto avviene alla r. 53: J, appena finito di svolgere il compito che
gli stato richiesto (mostrare di saper parlare in italiano), torna immediatamente
allinglese, per poi ripassare allitaliano (r. 58) solo a causa della richiesta di chiarimento
da parte di A, alla r. 55.
J prosegue la sua sequenza con un ulteriore racconto, durante il quale per ha un
dubbio del quale chiede conferma alla madre:
Es. 16c (AUS, An 1c)
70
J: e:::h (.) era con un cane? (0.9) e::h (3.1) era: (1.1)
er (.)
71
72
(0.4) um
73
74
75
E:
76
J: [MHM
77
E: [a'right
78
79
80
81
J: a:: (.) a-
82
83
(1.0)
84
A: prova
71
Il dubbio, come si capisce da una parte del racconto qui non riportata (rr. 85-115),
sullopportunit di pronunciare una frase volgare (ha morso le palle). J termina poi la
sua performance in questo modo:
Es. 16d (AUS, An 1c)
116 ((risate))
117 N?: a::h (.) jo:rdan
118 J: ((a E)) =did I say it well?
119 E: l'hai detto be:ne.
120 J: >mhm mhm mhm<
121 P: s [s s:.
122 A:
[mo:?lto be:ne
[era chiarissimo
126 E: good (.) lo devi racconta:re a pap. (.) proprio cos come hai
127
detto
72
padre italiano, mentre il codice-base su cui si orienta la sua interazione con la madre
linglese. Questa divergenza di orientamento linguistico spiega la sua resistenza ad
allinearsi alle scelte linguistiche proposte dalla madre o dalla ricercatrice italiana.
02
L: ((annuisce)) [s
03
F:
04
Sv:
05
L:
06
07
F: li capisci
08
L: .h
09
10
L: eh:::
11
F: =i:o,
12
L: <a[desso
13
R:
14
15
16
s::>
[s:
all'inizio
17
19
F:
20
21
italiano
73
22
L:
23
F:
24
[<NO: no [no>
[PArla
in italiano [(te te)
25
L:
26
27
S:
28
difficult to under[sta:nd,
[mhm aha aha
29
30
F:
31
S: yeah
Le differenti strategie sono dovute probabilmente alla differenza di et tra i due soggetti e quindi al loro
diverso potere negoziativo.
74
02
03
04
explaining all the traditio::ns and (.) besides the FOOD (0.5)
05
that (.) you kno:w (.) americans know italians for? (.) we know
06
(all the/other) things and that's because of our parents (.) that
07
teach us
02
03
Rs:
04
F: [arabica
05
Rs:[=che le persone=
06
R:
07
Rs: [=che vengono da roma si sentono (in quel mo-) un po', (2.5)
08
[ahh guarda=
[arabica
((agita la mano sorridendo; risate)) sofisticate
09
10
Rs:
11
L:
75
L: ((a S)) yeah but it's-, (0.4) you understand english right?
02
S: hm hm? ((annuisce))
03
(0.6)
04
L: we:ll (.) when we go: (.) to italy:, (.) my: (.) aunts and
05
06
07
Rs:
[(3 sill)
08
S: hm hm
09
Ls: perfectly. (.) like- (.) it's- (.) n: the newer generation, (.)
10
(5 sill) say (1 sill) (.) they, (.) (dont) kno:w, (.) the
11
dialect
12
S: .h: yea:h
13
Ls: =but we do
14
S: (2 sill),
15
F: they dont.
16
17
R: ((a F))
18
19
L: some thirty or forty years ago: (.) still, (.) speak the
20
21
22
23
24
[no.
[yeah and they often speak the- the old dialect that (.)
[that nobody (.) nobody speaks anymore
12
76
3.2.4. Conclusioni
In questo paragrafo abbiamo visto come, nei casi in cui i parlanti effettuino scelte
linguistiche divergenti, la negoziazione della lingua dinterazione possa far emergere
tratti della loro identit attraverso lorientamento linguistico manifestato. Abbiamo
anche dimostrato che non sempre una scelta linguistica pu essere collegata
automaticamente alla manifestazione dellidentit: invece necessaria unanalisi
accurata del comportamento linguistico del singolo parlante e delle circostanze
contestuali in cui la sequenze di negoziazione della lingua ha luogo.
77
Vi sono dunque casi in cui lalternanza tra due lingue o variet linguistiche non
corrisponde a unalternanza tra due diverse identit: in questo senso, si pu dire che
vengono giustapposti elementi appartenenti a diversi sistemi grammaticali, senza per
che essi abbiano una rilevanza dal punto di vista del significato sociale. per questo che
Alvarez-Cccamo propone di tenere distinto il concetto di lingua (nel senso di
sistema di regole grammaticali) da quello di codice comunicativo (dotato di
significato interazionale). Nei casi in cui non sia dimostrabile che lalternanza linguistica
portatrice di significato sociale, quel CS sar tale da un punto di vista grammaticale,
ma non avr una funzione comunicativa e quindi sar neutro punto di vista
interazionale. Viceversa, vi possono essere casi in cui le variet linguistiche interessate
sono cos simili da risultare quasi indistinguibili: ma un elemento pu comunque essere
orientato come appartenente ad una lingua in base alla funzione che esso svolge in
contesto. In quel caso si pu dire che esiste un CS dal punto di vista funzionale, anche se
la definizione grammaticale degli elementi interessati ambigua. il caso del CS tra
spagnolo, portoghese e galiziano analizzato in Alvarez-Cccamo 1990, il quale
conclude:
What looks like a linguistic code for the linguist may not count as a
communicative code for conversationalists. One of the objectives of the
interpretive study of social interaction ought to be, precisely, to reveal what
counts as a communicative code in a given encounter. [] Codes may be
constituted by elements that cut across seemingly distinct speech varieties.
generazione, uno dei quali sar oggetto del cap. 5). Ci non significa che il dialetto sia
assente: ma il suo status pu essere variabile.
Se si esaminano le due variet da un punto di vista strettamente grammaticale, ci
si trova spesso di fronte a un continuum tra forme dialettali, forme italiane e forme
intermedie (ad es. parole italiane pronunciate con una fonologia pesantemente
influenzata dal dialetto o parole dialettali italianizzate). In questi casi, risulta spesso
impossibile decidere, in astratto, se quellelemento appartiene al dialetto o allitaliano e,
di conseguenza, anche se esso rappresenti unalternanza tra due sistemi linguistici
distinti. Dal punto di vista interazionale, il problema rovesciato: spesso in una stessa
conversazione si osservano i parlanti accostare forme italiane e forme dialettali senza
che a tale accostamento corrisponda un qualche riconoscibile valore pragmatico, sociale
o interazionale. In questo caso, unalternanza tra variet linguistiche diverse non
corrisponde a unalternanza tra codici comunicativi diversi.
Negli es. 21 e 22 si possono osservare due casi di alternanza tra italiano e dialetto
(rispettivamente calabrese e molisano) non legati ad alcuna chiara funzione n discorsiva
n identitaria:
Es. 21 (USA, Vn 1a)
01
Sv: bari (1.0) e tutta que- la conosco bene(.) partevamo da: (0.5)
02
03
04
05
02
S: [h:: ((ride))
03
04
Mr:
05
A:
06
07
08
09
10
80
11
12
In casi come questi, il valore contrastivo delle due lingue viene neutralizzato e con esso
la possibilit di segnalare valori sociali e interazionali ad esse collegati. I parlanti non
usano litaliano e il dialetto come due sistemi distinti, ma si muovono in un continuum,
allinterno del quale si pu al massimo parlare di una variazione stilistica (ad esempio
per fini espressivi), ma non di una commutazione di codice. Si tratta anche in questo
caso di una questione di orientamento linguistico, perch i parlanti mostrano di scegliere
come codice-base dellinterazione una variet mista 13 , nella quale una variazione
piuttosto ampia tra forme italiane e dialettali tollerata.
Altre volte, come gi detto, il dialetto lunica risorsa alternativa allinglese che il
parlante ha a disposizione nel proprio repertorio linguistico, e viene quindi a mancare la
possibilit stessa di usarlo in opposizione allitaliano.
Allo stesso tempo, per, moltissimi se non tutti fra i parlanti mostrano
consapevolezza del valore linguistico del dialetto, che spesso viene valutato
positivamente e sentito come una lingua dotata di prestigio, in quanto rappresenta un
simbolo della continuit con le tradizioni italiane. Molte volte questo argomento
discusso esplicitamente, come si gi avuto modo di notare commentando les. 20.
Un caso analogo quello delles. 23a. G (emigrato di prima generazione) sta
raccontando alla ricercatrice A le sue impressioni sullevoluzione della societ italiana
rispetto agli anni in cui aveva lasciato il paese.
Es. 23a (AUS, Bl 1a)
01
02
A: hm?
03
04
05
A: mhm mhm.
06
07
08
13
Sul concetto di mixed code o codice ibrido e sulla sua rilevanza per lo studio del CS, cfr. Auer 1999 o
gli studi di R. Franceschini, C. Oesch Serra e Y. Maschler raccolti in Auer 1998a, pp. 51-75 e 101-150.
81
09
A: m::h.
10
11
12
13
[((A annuisce))
16
17
18
19 M:
20
21 G:
[s.
(.)l'italiano.
[ un'altra lingua.
eh?
29 G: s. (.) [s.
30 A:
31 G:
32
be:llo ::> (.) che ci sono certi vocaboli di mia zia che uno se
33
li ricorda sempre. (.) perch sono::, (.) cose che rimangono, (.)
34
35 (0.7)
36 G: [e:::h,
37 B: [mi piace molto il dialetto.
82
discorsiva
dellidentit.
Ancora una volta, lanalisi della conversazione offre un valido aiuto nel dirimere
la questione in quanto essa, considerando lidentit come costrutto emergente (e quindi
studiabile in maniera appropriata solamente in contesto), costringe a unispezione il pi
possibile dettagliata delle circostanze interazionali in cui i fenomeni hanno luogo. Sar
quindi necessario osservare il contesto in cui vengono usati elementi dialettali, per poter
decidere se esso viene orientato dai parlanti stessi come dotato di valore contrastivo
rispetto allitaliano.
83
39
40
G: [come
41
42
B: mi piace. ((annuisce))
43
G: [ehe
44
45
46
A: mhm ehe ehe ehe ehe ehe (.) .hh (.) ehe ehe (.) .hh (.) ehe ehe
47
48
G: ((a B)) (1 sill) un sacco di tempo che non [(3 sill) pa:r(li).
49
B:
50
51
52
53
54
G: =(ci de:vi,)
55
56
14
57
M:
58
[mhm:::::
84
La frase in dialetto di B alla r. 56 arriva alla fine di una serie di turni che
costruiscono quelle parole come una esibizione linguistica. Le risate alle rr. 45-47,
innanzi tutto, sottolineano che la proposta di A ha creato, se non imbarazzo, perlomeno
una situazione insolita ed eccezionale, che si stacca dal normale fluire della
conversazione. Alle rr. 50-53 viene deciso un argomento, quasi fosse il soggetto di una
recita. La frase in dialetto viene ulteriormente marcata da unintereiezione che esprime
indecisione (r. 55), dalla postura di B (glossa rr. 55-56) e da una prosodia ascendente che
riproduce la tipica cantilena dellaccento abruzzese: tutte caratteristiche che la
segnalano come non spontanea e frutto di uno sforzo riflessivo. La risata di M alla r.
58 interpretabile come una risposta allartificialit della situazione che si venuta a
creare. La frase in dialetto, insomma, inserita in un frame15 che lo accomuna a una
battuta teatrale, staccandola dal resto della conversazione.
La performance di B piuttosto lunga, e continua sempre ad essere orientata
come tale. Nelles. 23d si vede come M critichi la produzione linguistica di B (rr. 77-78,
r. 80) e Poco la stimoli a riprendere largomento proposto, fornendole addirittura linizio
della frase da produrre (r. 85).
Es. 23d (AUS, Bl 1a)
73
74
75
76
77
M:
78
15
79
B: yeah
80
M: =(racco:[nt) u via:gg
81
A:
82
83
84
B))
85
86
mano capovolta))
87
B: bie::?ne.
88
85
89
B: mhm:::: ((ride))
90
M: hai mangia::?t
M: hai mangia::?t
02
B: hai magn::t
02
B:
03
04
05
spalle))
06
07
G: ((a B))
08
09
10
[tutt le mati:ne=
(.) t pi[gli:v
11
B:
12
G:
13
B: ye::?
14
[t purtev a la spia::?gg
A: ma lo parla proprio bene no? (.) le:i ((indica G)) [lo pu dire
02
G:
03
[>s s:.<
(.) s.
04
05
88
02
03
(0.6)
04
S: s?
05
06
07
briciole))
08
09
10
11
borsa))
12
13
E: ((guarda S)) vici:no a lo ma::re (.) hhh (.) mhm .hm (.) come
si dice a na(h)p(h)oli
02
03
dice- a::h,
04
05
L:
06
07
S:
08
(0.9)
09
10
S:
11
L:
03
Mc: ah,
04
90
05
06
07
08
A:
09
J:
Lepisodio qui riportato vuole stigmatizzare la cattiva considerazione che le persone del
luogo avevano dei marinai: la frase citata alle rr. 4 e 9 rispecchia tali pregiudizi in quanto
oppone i cristiani ai marinai, quasi che questi ultimi fossero degli animali, come
nota lo stesso Sv.
Es. 27 (USA, Vn 1a)
01
02
03
04
05
06
(1.5)
07
08
S: s s
09
10
mado:nna
10
11
12
Anche qui, gli elementi dialettali sono prodotti mimando laccento tipico di qual
dialetto, piuttosto che imitandone con precisione le caratteristiche grammaticali:
lunica caratteristica realisticamente barese linnalzamento della vocale tonica in
marinr, mentre il resto della frase composta da elementi che pertengono piuttosto
al dialetto calabrese (ad es. la parola cuddu per con). Ci che rende leggibile la frase
come dialettale il fatto che Sv la adopera per esemplificare un atteggiamento morale
verso il quale esprime disapprovazione. In questo senso, la frase orientata come
mimesi del barese, questa volta con la finalit di marcare, attraverso il contrasto
linguistico, un contrasto di opinioni tra il parlante e la persona alla quale le parole sono
attribuite. Luso della prosodia e di alcuni elementi fonetici un indice di
contestualizzazione attraverso il quale Sv comunica a S lintenzione comunicativa con
la quale la frase pronunciata.
92
3.3.4. Conclusioni
In questo paragrafo, abbiamo visto come molte volte il dialetto venga usato
insieme allitaliano senza che tra le due variet sia individuabile un preciso confine: tale
continuum viene dunque a configurarsi come un vero e proprio codice misto, nel quale
tollerata una variazione libera tra elementi italiani, elementi dialettali ed elementi
intermedi.
Abbiamo poi esaminato alcuni casi in cui il dialetto assume un valore oppositivo
rispetto allitaliano. Tale valore assegnabile in base alla funzione che essa svolge
nellinterazione discorsiva (esibizione, mimesi), funzione a sua volta marcata attraverso
segnali contestuali, come la co-costruzione dell esibizione dialettale, luso di indici di
contestualizzazione di carattere prosodico o la sottolineatura metalinguistica degli
elementi stessi.
Il CS tra italiano e dialetto dunque un chiaro esempio di come i processi di
negoziazione locale influenzino profondamente non solo le funzioni che una lingua
assume, ma persino il suo stesso status di lingua. Un elemento pu essere orientato dai
parlanti come opposto allitaliano (e quindi potenzialmente dotato di rilevanza per la
negoziazione dellidentit) oppure come inserito in uno stesso continuum (e pertanto
neutro dal punto di vista identitario), a seconda della funzione che quellelemento
assume in un particolare contesto dinterazione.
3.4. Conclusioni
In questo capitolo abbiamo analizzato il modo in cui le lingue presenti nel
repertorio linguistico del parlanti vengono attivate e selezionate e abbiamo messo in
evidenza alcune procedure attraverso le quali viene loro assegnata una rilevanza
identitaria.
Nel primo paragrafo abbiamo visto come il codice-base scelto dai parlanti per
interagire con i ricercatori italiani tenda ad orientarsi verso litaliano: si tratta, per, pi
di una tendenza che non di una norma rigidamente predittiva, in quanto la scelta del
93
codice soggetta soprattutto a processi di negoziazione locale, che sono stati analizzati
nel paragrafo 2. Osservando le sequenze di negoziazione della lingua, abbiamo anche
visto come le preferenze linguistiche dimostrate dai parlanti possano servire da
membership categorization device e far quindi emergere tratti della loro identit.
Nel paragrafo 3, infine, abbiamo esaminato il caso del dialetto, mostrando come
esso possa avere o non avere una rilevanza per la negoziazione dellidentit, a seconda
del modo in cui i parlanti segnalano e co-costruiscono contestualmente tale rilevanza.
94
Capitolo 4
IL CODE-SWITCHING NELLE PRATICHE DISCORSIVE
Nel capitolo 3, abbiamo analizzato il modo in cui le lingue presenti nel repertorio
dei parlanti vengono attivate secondo orientamenti preferenziali, che agiscono a un
livello generale ma vengono poi ri-negoziati in base alle contingenze dellinterazione. In
questo capitolo analizzeremo pi in dettaglio la relazione tra il CS e i fattori contestuali
dellinterazione e studieremo come lidentit dei parlanti emerga attraverso le loro
pratiche discorsive.
Nel primo paragrafo viene indagato il rapporto tra lalternanza linguistica e le
strutture partecipative; nel secondo, si prende in considerazione il ruolo di mediatori,
assunto nellinterazione da parlanti di diversa generazione o di diversa competenza
linguistica; il terzo paragrafo esamina alcune narrazioni di carattere autobiografico per
mettere in luce il modo in cui le associazioni simboliche tra lingua e identit
interagiscono con le dinamiche locali.
messaggio), author (la persona il cui punto di vista viene espresso) e principal
(committente, ossia il soggetto il cui ruolo sociale viene stabilito) e il ricevente in
addressee (interlocutore principale), ratified hearers (persone che sono parte
dellinterazione in corso, pur senza assumere un ruolo attivo), bystanders (astanti che
assistono allinterazione) e overhearers (ascoltatori casuali). Al di l della ricca
tassonomia tracciata da Goffman, ci che interessa sottolineare che durante
linterazione discorsiva i parlanti non si limitano a emettere o ricevere un
messaggio, ma assumono una complessa serie di posizioni reciproche, che hanno a che
fare sia con il modo in cui il messaggio viene prodotto e recepito, sia con i ruoli sociali
che produzione e ricezione determinano.
Per fare qualche esempio, una persona che legge un testo scritto da altri s
lanimatore del messaggio, ma non ne lautore, che a sua volta pu essere ancora
diverso dal committente: si pensi ad esempio al portavoce di un partito politico
(animatore) che legge un testo scritto da unaltra persona (autore) per rappresentare le
opinioni di un leader (committente). La persona a cui diretto un messaggio ne
laddressee (ad esempio, un avvocato che parla a un testimone), ma altre persone
possono esserne ascoltatori ratificati (i giudici, la giuria) e altre ancora possono essere
semplici bystanders (il pubblico) o overhearers (una persona che si trovi a passare nella
stanza in cui si svolge ludienza). Queste posizioni non sono connesse solo a fattori
strettamente linguistici, ma piuttosto implicano una precisa collocazione del s nei
confronti sia del messaggio prodotto (ad es. chi ha la responsabilit di quanto viene
detto), sia delle altre persone coinvolte (ad es. la loro possibilit di partecipare
attivamente allinterazione). Inoltre le posizioni non sono fisse, ma possono variare nel
corso dellinterazione: le variazioni sono definite da Goffman cambi di footing.
delle funzioni principali del CS quella di segnalare laddressee del messaggio, come si
vede nelles. 1.
I due interlocutori principali sono E (prima generazione) e S (ricercatore italiano),
ma presente anche A, figlia di E.
Es. 1 (USA, Pt 2b)
01
02
03
04
05
dialetto con lo:ro, (.) MHM mhm ((si copre la bocca con il
06
07
08
(0.6)
09
10
E: ye::ah
11
12
E: ah lo so.
13
(0.6)
14
15
A: oh [really.
16
R:
17
A: a::h
18
E: yeah?
19
S: hm
20
(1.0)
21
22
S: hm
23
(1.7)
24
Alla r. 4 e alla r. 14 si possono osservare due cambi di footing: per due volte A,
che fino ad allora aveva assistito alla conversazione senza parteciparvi, viene chiamata
in causa, la prima volta ad opera di E (r. 4), la seconda ad opera di S (r. 14). Entrambi
segnalano il diverso footing guardando A nel produrre il proprio enunciato. Basterebbe
gi la direzione dello sguardo a segnalare linclusione di A fra gli interlocutori diretti:
97
degno di nota anche il fatto che i due cambi di footing hanno effetti diversi: la prima volta (r. 4) A non
interviene, la seconda s, bench in modo minimale (rr. 15 e 17). Tale differenza dipende soprattutto dalla
diversa strutturazione dei turni di E e di S. Alla r. 4, dopo lo sguardo verso A non c alcun punto di
rilevanza transizionale: anzi, E produce la frase con intonazione sospensiva, lasciando intendere di volerla
ulteriormente espandere. S, invece, produce una frase sintatticamente compiuta, lasciando quindi spazio a un
intervento di A. Inoltre, il turno alle rr. 3-7 strutturato come ununit autonoma e compiuta: E riprende ci
che S ha detto e lo esemplifica con unesperienza personale. Losservazione di S alla r. 14, invece,
enunciata in isolamento e presentata come un fatto notevole, che in quanto tale genera laspettativa di un
commento.
98
G: non vedo l'ora di tornare a ca- a:: in italia per mangiarmi una
02
03
04
J: =h:::m
05
06
07
08
(0.5)
09
S: altamura?
10
11
12
13
14
G: s. (.) vero
15
16
17
(0.5)
18
19
(0.7)
20
21
S: ((guardando J)) they don't use salt. (0.5) ((J alza lo sguardo))
for bread
22
23
24
J: no?
25
S: [((scuote la testa))
26
G: [hm:.
27
28
29
parla)) .h: no: ci sono d:- alcuni po:sti per esempio anche in
30
sicilia c' il pane col: h::m, (0.5) fanno il pane col semoli:no
31
32
assuma un ruolo attivo nella conversazione2: cosa che infatti avviene alle rr. 24 e 27. Ma
interessante notare anche ci che succede a livello non verbale, e che viene illustrato
nella tav. 1 (p. 101).
Fino alla r. 19, J si limita a rivolgere a G o a S delle brevi occhiate, senza alzare
completamente la testa n fissare nessuno dei due (fig. 1), per poi riportare subito gli
occhi sul piatto (fig. 2): la sua attivit principale quella del mangiare, mentre la sua
partecipazione alla conversazione relegata ad attivit di background3. Nel momento
esatto in cui S comincia a produrre il turno in inglese alla r. 20, J alza gli occhi (fig. 3),
poi poggia la forchetta e assume una postura completamente diversa, questa volta
tenendo lo sguardo fisso su S (fig. 4). Dimostra cio di aver colto lintenzione di S, e lo
segnala non solo con il suo comportamento verbale (risponde allosservazione, passando
cos da semplice ascoltatore ad interlocutore principale), ma anche con quello corporeo,
non verbale (cambia postura e abbandona lattivit del mangiare).
Il coinvolgimento di J per molto breve: gi alla r. 25 guarda G (fig. 5) e le
chiede conferma di quanto S ha detto. In realt, tale richiesta non sembra avere la
funzione di ottenere una reale conferma, dato che G ha gi confermato quanto detto da S,
annuendo (r. 22) e pronunciando un assenso (r. 26). La richiesta sembra piuttosto una
mossa finalizzata a disimpegnarsi dalla conversazione in italiano: una strategia di
evitamento che, come vedremo nel cap. 5, viene messa spesso in campo da J, il quale ha
una competenza molto limitata dellitaliano e, pur parlando il proprio dialetto, tende a
evitare di farlo con il ricercatore. La strategia ottiene il suo scopo, dato che alla r. 28 G
riprende la parola, ritornando al ruolo di interlocutrice principale di S4. A questo punto, J
riprende la postura che aveva tenuto fino alla r. 19 (fig. 6).
Vi dunque un complesso gioco di allineamento tra le scelte linguistiche (italiano
o inglese), le strutture partecipative (i cambi di footing), le azioni svolte (coinvolgere,
invitare, disimpegnarsi) e i comportamenti non verbali (sguardo, postura, gesti). Solo
importante notare che la riformulazione non una semplice traduzione ad uso di J, dato che egli ha gi
dimostrato di capire la conversazione attraverso i segnali di feedback forniti alle rr. 4 e 18.
3
Per il concetto di foregroung/background activity, cfr. Norris 2004, pp. 128-sgg.
4
Anche questo cambio di footing rispecchiato nella postura di G, che abbandona la posizione chiusa
tenuta fino a quel momento (figg. 1-5) e ricomincia a parlare gesticolando (fig. 6).
100
TAV. 1
S
G
fig. 1
fig. 2
fig. 3
fig. 4
fig. 5
fig. 6
101
02
03
04
102
05
06
parlano il spagnolo,
07
08
09
(.) parlando con la nonna::, e:: (you know.) (0.5) per:: ::,
10
(0.4) ancora c' tempo: (.) lei: (.) s'intende un poco ancora
11
12
co[sa:?
13
Rs:
14
15
16
F: ma pi che studiare::,
17
18
F:
19
20
F:
21
S:
22
Sv: ((a Rc)) che i nonni:, s::: ((scuote la testa e agita la mano; S
23
ride))
24
25
R:
26
L: capi[sc tutto
27
F:
28
29
30
F:
31
((a Ra))
32
Rs: TONI,
33
S:
In tutta la prima parte del brano (rr. 1-23) i parenti parlano di Ra (terza
generazione), valutandone le competenze linguistiche. Ma laspetto pi notevole che lo
fanno in terza persona, nonostante la ragazza sia presente. Come ha mostrato Margutti
(2007b), questo comportamento molto frequente:
Nei dati del nostro corpus, un gruppo piuttosto numeroso degli episodi nei
quali i parlanti formulano asserzioni in terza persona su altri interlocutori
presenti costituito da frammenti nei quali ricorrono riferimenti ai
componenti pi giovani della famiglia. In questi casi la conversazione si
modella secondo una struttura partecipativa nella quale gli adulti familiari
e non hanno il diritto di esprimere giudizi sui minori presenti. La
103
Anche nelles. 3 si osserva una dinamica di questo tipo: alle rr. 1-12, R sta
raccontando a S (il ricercatore) che sua figlia Ra, a differenza degli altri fratelli, non ha
studiato italiano ma spagnolo, e sente il bisogno di giustificare questa scelta con
esigenze di tipo pratico. Tale giustificazione, insieme alle successive esortazioni dei
parenti (rr. 13-19) perch la ragazza studi italiano, sembrano volte a costruire
limmagine di una famiglia molto interessata a trasmettere ai discendenti leredit
culturale italiana. Tutto ci, per, avviene senza che Ra sia interpellata. La ragazza, da
parte sua, accetta questo ruolo defilato e assiste alla conversazione senza parteciparvi.
La prima volta in cui qualcuno si rivolge direttamente a Ra alla r. 20: ma anche
in questo caso F formula la frase continuando a guardare in direzione di S, che sembra
essere il reale destinatario del messaggio. Solo alla fine del suo turno F si volta verso
Ra, e solo a quel punto (r. 24) Ra, direttamente sollecitata, risponde. Da questo momento
in poi, c un evidente cambiamento nella struttura partecipativa: Ra non pi loggetto
della conversazione, ma diventa linterlocutrice principale, tanto che alle rr. 26-33 L, F,
e S si rivolgono direttamente a lei. Il cambiamento nella struttura partecipativa si riflette
anche in una commutazione di codice, in quanto F (r. 30) e S (r. 33) formulano i propri
turni in inglese, allineandosi al codice preferito da Ra.
Anche in questo caso, il CS interviene a sottolineare un cambiamento nellasse
partecipativo: il passaggio di Ra da un ruolo di spettatrice a uno di interlocutrice
diretta. A loro volta, le diverse dinamiche partecipative mettono in gioco anche i diversi
ruoli identitari dei partecipanti: i membri della prima generazione (Sv, Rs, F) sono i
depositari dellidentit italiana, incaricati di trasmetterla a figli e nipoti, e a assumono il
ruolo pi attivo nella conversazione; quelli della terza generazione, come Ra, sono
ricettori di tale identit, e in quanto tali assumono ruoli per lo pi passivi; infine, il
104
ricercatore italiano sembra essere una sorta di spettatore, destinatario implicito di tutta
questa complessa performance.
Gli esempi analizzati finora mostrano cambi di footing finalizzati ad allargare la
costellazione degli interlocutori, includendo qualcuno che fino a quel momento non era
intervenuto (A nelles. 1, J nelles. 2 e Ra nelles. 3). Si pu per dare anche il caso
contrario: il CS pu segnalare un restringimento dei potenziali interlocutori. quanto
avviene nel prossimo esempio.
Alla conversazione partecipano due ricercatrici italiane, A e P, e una famiglia
italo-australiana composta dai genitori C (padre) e R (madre), entrambi di seconda
generazione, e dalle figlie J e M. Nei turni precedenti, M aveva affermato che gli italiani
dAustralia si comportano spesso come dei casanova, mentre R aveva dichiarato il suo
disaccordo con tale descrizione.
Es. 4 (AUS, Pa a)
1
(0.4)
M: [ah? io dice di s.
5
6
M:
?: EH?
10
J:
11
R: what?
12
13
14
15
M:
16
17
J: hea:::
18
19
R:
20
M:
21
(0.7)
105
22
23
one.<
24
25
lato))
26
27
P: [(esatto)
28
29
30
(0.5)
31
M: ((a R))robert?
32
33
34
(0.5)
35
J: [hes so (1-2 sill) ((M annuisce, R guarda M)) hes like the
36
37
38
ultimate
J: (and he) i:s.
M: ((guarda verso A)) abbiamo un cugino robe:rto, ((guarda R))
39
(0.8)
40
A: anche casanova.
41
42
R: (why) (1 sill)
43
44
M:
45
46
[ma::,
107
seconda parte di una coppia adiacente, ad esempio tra una domanda e la relativa risposta.
Se ne pu osservare un caso nelles. 5.
Es. 5 (USA, Vn 1a)
01
02
F: ((a Ra)) so: a:hm (.) he: he said hell send as a (paper the::,)
full report. (0.8) ((guarda S)) vero? sergio. ((S si volta))
03
S: =cosa
04
05
S: hm hm? ((annuisce))
Alle rr. 1-2 F sta parlando con Ra, quindi si volta verso S e gli chiede conferma di
quanto detto (prima parte della coppia adiacente). Prima della risposta di S (r. 5)
interviene per una sequenza laterale (rr. 3-4), in cui viene recuperato quanto non
compreso da S. La sequenza solo una deviazione momentanea dalla sequenza
principale, che alla r. 2 rimane aperta e viene chiusa solo quando, alla r. 5, viene fornito
il secondo elemento della coppia adiacente. In questo caso, nella sequenza laterale non si
verifica n un cambio di footing (gli interlocutori rimangono F e S) n un CS (tutta
linterazione avviene in italiano, tranne un elemento lessicale isolato e subito corretto).
Altre volte, invece, i parlanti bilingui usano il CS come strategia discorsiva per marcare
simili sequenze e isolarle rispetto alla sequenza principale, come hanno dimostrato
numerosi studi (cfr. ad esempio Wei 1998, Alfonzetti 1998 o Gardner-Chloros 2000).
Un caso interessante quello delle sequenze laterali in cui, oltre al CS, avviene
anche un cambio di footing. In genere tali sequenze si verificano quando, durante la
conversazione con i ricercatori italiani, un membro della famiglia ospitante ne interpella
un altro, per svolgere attivit in qualche modo secondarie rispetto allinterazione
principale.
Spesso tali sequenze hanno lo scopo di recuperare una parola italiana che in quel
momento sfugge al parlante. il caso dei tre esempi seguenti, in cui R e C (italoaustraliani di seconda generazione) e le loro figlie M e J interagiscono con due
ricercatrici italiane, P e A.
108
Es. 6 (AUS, Pa a)
01
M: quando c': una::, (>I don't know eh<) u:hm una macchina di:
02
03
04
05
C: il gioco?
06
Es. 7 (AUS, Pa a)
01
02
03
C:
[pranzo.
04
M: pranzo?
05
R: [pranzo?
06
07
Es. 8 (AUS, Pa a)
01
02
M: ma molto intere[ssa:nte:,=
03
04
A:
05
M:
06
07
08
09
J: (e)sperimento:: [s::
10
C:
11
M:
12
[ sperimenta[le.
[<esperimentale> sos- (.) soc- (.)
sosiolog:i[co?
In tutti questi esempi un parlante inizia una frase e, incontrando una difficolt con
una parola italiana, si interrompe: a questo punto, chiede (in inglese) a unaltra persona
della famiglia un aiuto o una conferma e, quando il problema viene risolto, torna a
rivolgersi ai ricercatori in italiano. Sequenze del genere sono assai ricche di implicazioni
109
03
04
finish mum.
N: four years?
05
06
02
P:
[mula tr[iesti:no
03
S:
[trieste.
04
L: = ah triestina.
05
06
Z: no::, il- mato. (.) who was it that used to say mato. (.) the::,
m:
07
08
una tempia))
09
Z: ah:m,
10
11
12
P: a:h baretti.=
13
Z: [(2 sill)
14
P: [=lui triestino.
15
Z: sempre diceva:: (.) quel mato l::, (.) quel mato l::,
Cfr. ad esempio Margutti 2007, che dimostra come lanalisi del modo in cui viene gestita la ricerca delle
parole (chi inizia la riparazione, chi si prende carico di fornire la soluzione, come il problema viene risolto,
chi viene coinvolto nella ricerca e in che modo) faccia emergere un ricco lavoro di negoziazione e messa in
rilievo delle identit dei parlanti, basato su categorie quali la maggiore o minore competenza linguistica,
laccesso alle conoscenze culturali condivise, i ruoli assunti dalle diverse generazioni, ecc.
110
02
03
P:
04
05
Z:
06
07
111
R:
(0.8)
F: in california ci sta[nno
Rs:
6
7
8
[(in) california
Ovviamente, tale fenomeno anche legato al fatto che spesso tali parlanti conoscono litaliano o il dialetto
meglio dellinglese: ma esso ha luogo anche quando i membri della prima generazione dispongono di una
buona padronanza dellinglese.
112
10
11
(1.0)
12
13
14
15
L: ((a S))
[it is.
16
17
L: [hm hm
18
Rs: [e::h i tempi. ((S guarda R)) (1.7) ((alza la mano sinistra e
19
20
113
114
P:
A?:
10
11
[.h:::
go:ne
12
13
14
15
16
ca-
17
18
19
A:
20
(1.0)
21
22
P: why::
23
24
25
S:
26
[s bruciato
27
28
Litaliano di S pesantemente infarcito di tratti fonetici dialettali, ma lorientamento globale della sequenza
rimane comunque verso litaliano. Per il problema del continuum tra italiano e dialetto, cfr. 3.3.
116
TAV. 2
S
S
fig. 1
fig. 2
fig. 3
117
un altro tipo di CS verso linglese che sembra invece rispondere a precise funzioni
discorsive: marcare uninformazione di sfondo (rr. 2 e 3), enfatizzare un elemento
rilevante (gone alla r. 11, che mette in rilievo la complicazione nella storia) o
segnalare una particolare sequenza discorsiva (tutta la conclusione, dalla r. 21 in poi, in
inglese). Gli elementi di questo secondo tipo non vengono pronunciati dopo esitazioni,
ma sono inseriti nel normale flusso di parlato e dunque non vanno considerati gap
lessicali, ma piuttosto scelte strategiche del parlante.
interessante notare che il CS verso linglese alla r. 21 (seguito dai commenti
nella stessa lingua di P e R) non cambia lasse partecipativo primario, che rimane
orientato verso le ricercatrici italiane. In questo caso, footing e orientamento linguistico
presentano una divergenza, in quanto il CS motivato solo da esigenze di strutturazione
narrativa.
N i gap lessicali n i CS in funzione discorsiva si possono collegare a una
qualche tipo di ascrizione o negoziazione interattiva di identit, in quanto i primi sono
semplicemente legati a una scarsa competenza linguistica 8 , i secondi svolgono una
funzione di puro contrasto a livello di strutturazione della sequenza narrativa9.
Subito dopo la r. 29, per, succede qualcosa di notevole: allimprovviso S si gira
verso la cognata R, che fino a quel momento era rimasta in disparte, e le rinarra lintera
storia in inglese:
Es. 13b (AUS, Pa 1b)
28
29
30
31
running with the keys in it, and a one-year-old in the back seat?
32
(.) go:es i:n, (.) comes out five minutes later it's go::ne,
33
((allarga le mani))
34
R: oh no
Ovviamente, la scarsa competenza linguistica di S legata alla sua appartenenza alla seconda generazione,
ma in questo caso non si tratta di unidentit negoziata e resa rilevante con mezzi discorsivi, bens di un
semplice, oggettivo fatto anagrafico legato a fattori macro-sociali.
9
Alfonzetti 1998 ha dimostrato che casi di questo tipo sono perfettamente reversibili: in altri termini, se il
codice-base fosse stato linglese, la funzione contrastiva avrebbe potuto essere svolta dallitaliano. Ci
dimostra che la funzione del CS puramente discorsiva, e le singole lingue non hanno legami con pi vaste
dimensioni macro-sociali o identitarie.
118
35
(0.4)
36
S: >six hours later they find the car with the baby in it, but the
37
38
39
hot it was in that car,< (0.7) >she's sueing the shopping centre
40
41
R: [that's non[sense
42
A:
43
S:
44
45
paralleli, luno orientato verso i familiari e luso dellinglese, laltro verso gli ospiti
italiani e luso dellitaliano.
Dinamiche diverse emergono nellesempio seguente. Si tratta di una storia
raccontata durante un incontro al quale partecipano le tre generazioni di una famiglia
(rispettivamente N, sua figlia E suo nipote J) e le due ricercatrici A e P. Loccasione
data da una precedente storia, in cui J ha descritto il trattamento riservato da una sua
amica alle bambole: si tratta quindi di una catena di storie, luna collegata allaltra, un
fenomeno del resto molto frequente.
Es. 14 (AUS, An 1c)
1
E: ((a N)) y' remember what happened to him mum? (.) whe:n I: ga:ve
N:
J: =about it,
J:
[(2 sill)
?: mh:m
10
11
12
N:
13
[eh
eh eh
14
P: aha .hh
15
E: =quando e- quando era piccolino volevo- volevo che lui avesse un,
16
17
18
19
dove dormiva colla:, (.) col bibber? (0.8) ((guarda J)) e lu(h)i
20
21
P:
[mhm
22
23
[((risata generale))
24
J: [m::::
25
26
P:
27
P: po[rta (1 sill)
120
28
E:
29
30
E:
31
32
(0.6)
33
34
E: ((si gira verso A e poi verso P)) (which) was very (.) feminist
35
of me?
36
P: =AHA AHA
37
38
39
?: m::
40
J: mhm mhm
Anche in questo caso, la storia si presenta due volte: prima alle rr. 1-10, poi alle
rr. 11-38.
Una prima differenza rispetto allesempio precedente che questa volta le due
narrazioni della storia presentano una struttura molto differenziata. Anzi, la prima (rr.110) non si pu forse nemmeno considerare una storia nel senso classico del termine, in
quanto manca di parecchi elementi strutturali indispensabili. Come Labov e Waletsky
hanno evidenziato nellarticolo gi citato, una storia necessita come minimo di una
strutturazione temporale degli eventi e di uno svolgimento che conduca da un inizio a un
punch-line e infine a una conclusione. In questo caso, invece, ci si trova davanti a una
sequenza di orientamento (rr. 1-2) che conduce subito al punch-line (rr. 7-10), il quale
per di pi viene alluso piuttosto che raccontato.
La storia vera e propria viene narrata da E alle rr. 11-38, questa volta con tutte le
sezioni al posto giusto: prefazione che anticipa il tema centrale (rr. 11-12), orientamento
(rr. 15-17), sviluppo della storia (rr. 17-19), punto culminante (rr. 19-20), valutazione (rr.
20-30), coda (r. 31). In questo caso, manca una vera e propria risoluzione, perch si
tratta di una storia umoristica, che ha la sua ragion dessere nel raggiungimento del
punch-line. interessante per che alle rr. 34-35 E espanda la storia con una ulteriore
coda, per poi ribadire il punch-line (r. 38).
La ripartizione strutturale della sequenza puntualmente rispecchiata dalle
strutture partecipative. Alle rr. 1-10, gli interlocutori sono E, sua madre N e suo figlio J:
E e J parlano inglese, mentre N mantiene lorientamento verso litaliano tipico delle
121
prime generazioni. La lingua cambia alla r. 11, quando E si rivolge alle ricercatrici. Il
nuovo CS verso linglese alle rr. 34-38 strutturalmente simile a quanto osservato alle
rr. 21-26 delles. 32a: esso avviene in corrispondenza di una precisa sezione strutturale
della storia, questa volta la seconda coda.
La distribuzione degli interlocutori d conto delle diverse modalit narrative. Alle
rr. 1-10, la storia non viene raccontata nella sua interezza semplicemente perch non ce
n bisogno: tutti gli interlocutori, in quanto membri della famiglia, sono gi a
conoscenza dellargomento, come indica anche il y remember che apre il primo turno
di E. Lidentit familiare viene resa rilevante dalla possibilit di accedere a un comune
patrimonio di ricordi e conoscenze. In questo caso, dunque, lidentit che emerge
contestualmente ha effetto non solo sulla lingua dinterazione, ma sulle stesse modalit
di strutturazione narrativa della sequenza.
degno di attenzione anche il ritorno allinglese nella seconda coda della storia: il
passaggio potrebbe essere collegato al fatto che la morale qui esposta (it was very
feminist of me) mette in rilievo un aspetto dellidentit personale di E, che nella vita
privata svolge attivit di volontariato con lArci-Gay di Melbourne e con vari gruppi di
lesbiche. La rilevanza personale della storia potrebbe essere in relazione con il passaggio
di codice verso linglese, una lingua collegata non alla sua identit etnica italiana, ma
piuttosto alla sua vita in Australia.
4.1.4. Conclusioni
In questo paragrafo, abbiamo osservato un costante parallelismo tra i cambi nel
footing dellinterazione e loccorrenza del CS. Abbiamo inoltre sostenuto che tali scelte
linguistiche hanno una rilevanza identitaria, ma che essa non emerge da una diretta
correlazione tra lingua e identit. In altri termini, non si pu associare in maniera
automatica luso dellitaliano con la manifestazione di una identit italiana e luso
dellinglese con una dissociazione da tale identit. piuttosto necessario considerare il
CS innanzi tutto come un contextualization cue, attraverso il quale i parlanti segnalano il
cambio nelle strutture partecipative. linterazione tra lingua usata e struttura
122
partecipativa selezionata che lascia emergere tratti dellidentit dei parlanti (ad es. quelli
di interno o esterno alla famiglia o quelli correlati alla condivisione di un comune
patrimonio di conoscenze e ricordi).
03
04
05
06
07
C: [(3 sill)-
08
R: [(2 sill),
09
10
11
C: =were they expecting you:, (4 sill) (.) (about the travel and
12
13
living.)
M: ((si volta e guarda verso il suo piatto, annuendo)) AH (.) SI(.)
14
[SI
15
A: [s eh.
16
17
A: hm hm.
10
In Ng & He 2004 si ritrovano osservazioni simili. Gli autori, esaminando un corpus di interazioni
registrate in famiglie trigenerazionali di origine cinese residenti in Nuova Zelanda, riscontrano spesso nei
parlanti di seconda generazione una funzione di ponte culturale tra la prima generazione, che parla
prevalentemente cinese, e la terza, ormai quasi completamente anglofona.
124
02
03
C:
per
04
05
pi:ccolo cartella,
06
S:
07
08
C:
09
10
11
M: =scritta a mana,
12
13
C:
[arancini siciliani,
14
A: e::cco,
15
C: =hai visto.
In questo frammento si verifica una separazione della conversazione in due tronconi: mentre
linterazione principale avviene tra C e le due ricercatrici (A e P), S (seconda generazione)
inizia una conversazione parallela con suo figlio B, per spiegargli lesatto significato del
termine Firenze. La mediazione non avviene in una sequenza inserita, ma in un a parte che
si svolge (in inglese) a margine della conversazione principale (in italiano).
La mediazione pu anche non avvenire tra generazioni diverse, ma tra membri della
stessa generazione con differenti competenze linguistiche, come nelle prossime due sequenze.
Nelles. 17, i partecipanti sono R, le due figlie M e J e le ricercatrici A e P. Nella
conversazione subito precedente, i familiari e i ricercatori avevano parlato degli anglicismi
presenti nellitaliano. Alla r. 1, M cita il caso di unespressione da lei appresa in Italia (in tilt).
Es. 17 (AUS, Pa a)
01
02
03
interrogativa))
04
05
125
06
per mimare il
significato))
07
08
R: m::h.
09
P: mh mh mh hm:. ((annuisce))
10
J: [a::h.
11
12
13
14
15
(0.5)
16
C: il gioco?
17
18
19
20
J: mh. ((annuisce))
21
22
23
music(h)a aha
((M si volta verso il suo piatto e ricomincia a mangiare))
Alle rr. 4-6, sia R sia M dimostrano di aver capito lespressione: R (rr. 5-6) fornisce un
esempio delluso della parola, arricchito dalluso della mimica, A d un segnale di
feedback tramite la risata.
Lunica a non aver capito la sorella J, che si volta di scatto con unespressione di
dubbio. Alla r. 7 c quindi una breve sequenza laterale, nella quale M traduce la frase
con un equivalente inglese (out of whack, letteralmente rotto, fuori uso). In questo
caso, a mediare M, che pur appartenendo alla stessa generazione parla italiano molto
meglio della sorella11.
Alle rr. 14-17 si pu osservare unaltra sequenza laterale in cui M chiede aiuto a C
per risolvere un dubbio lessicale.
11
Anche il resto della sequenza mostra alcuni fenomeni interessanti. Dalla r. 11 in poi, ad esempio, M passa
a spiegare lespressione in tilt: un account chiaramente non necessario ai fini della comprensione, dato
che a questo punto tutti hanno capito il significato dellespressione citata: piuttosto, la spiegazione
unulteriore esibizione della competenza di M, che in questo modo mostra in maniera pi chiara la sua
padronanza della lingua. Il pubblico costituito soprattutto dai ricercatori, come si pu arguire dalluso
dellitaliano.
Alla r. 18, si osserva un caso di code-repair: M torna a interpellare brevemente la sorella e produce un
elemento in inglese (when) subito riparato in italiano: probabilmente il passaggio allinglese innescato
dallavere la sorella per interlocutrice, mentre la riparazione in italiano ha il fine di mantenere lasse
partecipativo orientato verso i ricercatori.
126
02
P:
03
04
05
A:
06
07
[(4 sill)
F: ((a R)) it wasn' it was ha:rd, I think it was because they'd come
out of the:, e::r,
08
09
F: [(1 sill)
10
A: [baccello.
11
12
13
(0.4)
14
15
P: [((ride))
16
17
18
R: ((a F)) so tha-, (.) you think it's because they would come out-,
19
((guarda A e P)) mio- mio frate:llo dice che <non ::> (.) h::m,
20
perch du:ro, (.) ma-, (.) perch, cos: (.) ((fa il gesto di
21
22
23
R sta illustrando alle ricercatrici P e A il modo in cui solita preparare le fave per
la cottura, ma non riesce a trovare il nome corretto di una parte del legume (r. 1). P
formula quindi unipotesi (r. 2), confermata da F, fratello di R, in italiano. Lo stesso F,
alla r. 6, si rivolge a R per precisare un dettaglio della spiegazione: si tratta ancora una
volta di una sequenza incassata, che ha per interlocutori selezionati F e R e che come al
solito si svolge in inglese.
Alla r. 10, A tenta di intervenire per integrare quanto F sta dicendo, ma il suo
intervento si rivela inadeguato, come rivelano la reazione dubbiosa di F (r. 11) e le
successive risate (rr. 14-17). A questo punto (r. 18) R interviene per risolvere limpasse:
127
128
che possono essere sconosciute o fonte di equivoci (es. 16) o la risoluzione di difficolt
nel gestire linterazione (es. 18).
Tale ruolo rende rilevante lidentit di questi parlanti come ponte tra la cultura
americana o australiana di cui sono portatori i membri pi giovani (o meno competenti)
e la realt italiana rappresentata dai ricercatori.
Vale per la pena di tornare sullesempio 15.
Abbiamo osservato che in questo frammento, cos come in molti altri tratti dallo
stesso incontro, C, il padre, a svolgere il ruolo di mediatore. La spiegazione pi
semplice per un comportamento del genere sarebbe, com ovvio, una maggior
competenza di C in italiano rispetto alla moglie e alle figlie.
Ma interessante il fatto che C non il parlante pi esperto. In varie sequenze di
word-searching, ad esempio, le soluzioni da lui proposte sono palesemente errate, come
si vede nellesempio seguente, dove parola naffio rigettata come assurda da R (r. 14)
e poi ritrattata dallo stesso C (rr. 16 e 18).
Es. 19 (AUS, Pa a)
01
02
P:
03
[mh
mhm. (.) uno [spray
04
R:
05
A: >aha aham.<
06
07
[sta::,
08
09
10
11
(0.5)
12
C: na:ffio?
13
14
R: no:[::.
15
A:
16
17
R:
18
C: pe nnaffiare
129
02
che in ita:lia(h)
03
04
L: [ vero
05
R:
06
07
S:
08
R: vero
09
[ vero
[ vero
F: ((a Ra)) do you know what he said? ((Ra si volta verso Fk))
130
10
L: lo dicono
11
R: vero
12
13
14
15
F: ((a Ra))
Sv:
[ VERO
16
L:
17
Sv:
18
S: hm hm
mostrando una forte consapevolezza di tipo sociale e politico. Inoltre, sia lui sia sua
moglie R sottolineano pi volte come siano riusciti a mantenere vive nei figli le
tradizioni italoamericane. F, insomma, ha nella famiglia un chiaro ruolo dominante, che
gli viene da tutto un insieme di fattori: la sua competenza bilingue, il suo curriculum di
studi, la sua storia personale che lo pone al crocevia tra le due culture. Il
ruolo
di
R: (well-) we:: as (.) I was born in Italy but my children don't (.)
02
03
I have =
traditions that
04
05
R: [they ma:y(.) and- and- you kno:w (.) (2 sill) chan[ge (some)=
06
F: ((a Ra))
07
08
R:
09
[no?
[(I dont know) ((scrolla le
spalle))
10
F:
11
R: any place
12
13
[cio l- l- le
tradizio-
14
15
13
14
R:
15
Sv: (2 sill)
16
17
18
19
20
132
Lepisodio viene subito dopo quello citato nel cap. 3 alles. 18. Allinizio (rr. 1-3) il
codice-base dellinterazione si temporaneamente spostato verso linglese ad opera di L
e di R, che in quanto parlanti di seconda generazione manifestano una forte preferenza
verso questa lingua, al punto da usarla spesso anche nellinterazione con il ricercatore.
Fino alla r. 11, lasse partecipativo primario resta quello tra R e il ricercatore S.
Come si pu osservare nella tav. 3 (p. 134), anche gli sguardi di F e Ra sono orientati
verso R (fig. 1). A partire dalla r. 4, si crea una sequenza parallela tra F e Ra (tav. 3, fig.
2), che emerge come dominante quando R termina il suo turno (r. 11) e si volta verso Ra,
imitata anche da Rs (tav. 3, fig. 3).
Questa volta, F si rivolge a Ra in italiano: una scelta linguistica divergente sia
rispetto alle preferenze linguistiche di Ra, sia rispetto alla lingua dellinterazione in
corso. La scelta ha il fine di riportare linterazione verso litaliano (un comportamento
frequente in F, di cui si possono osservare altri casi negli es. 2 e 5 del cap. 3), ma ottiene
anche di spostare lasse partecipativo principale verso una nuova interazione, quella tra
s e la figlia.
Ci differenzia questa sequenza da quella osservata nelles. 20, dove linterazione
tra F e Ra rimaneva sullo sfondo rispetto a quella principale. In questo caso, invece, essa
diventa il centro dellattenzione di tutti i presenti, i cui sguardi convergono su Ra (fig.
3): attraverso la scelta dellitaliano, dunque, F riesce a coinvolgere attivamente la figlia
in un conversazione pi ampia, o almeno a fare un tentativo in questo senso. Alle
domande del padre relative alla sua volont di conservare le tradizioni italiane, la
ragazza oppone infatti un comportamento chiaramente non collaborativo: non risponde o
d risposte molto brevi, pronunciate a voce molto bassa. La non-collaborazione
sottolineata anche dalla postura corporea e dallo sguardo orientato verso il basso,
133
TAV. 3
Sv
Rs
Ra
S
R
fig. 1
fig. 2
fig. 3
fig. 4
134
135
02
03
Sv: HAh:::
04
R: a::hm
05
L: [hm hm=
06
R: [vi[no de CA:(h)sa(h)
07
L:
08
[=AND THE BOYS giulio and john were helping (.) ((mima il
gesto di manovrare una leva con entrambe le mani)) (crink)
08
F: torchio
09
L: hm hm?
10
(1.0)
11
L: that's fine
Litaliano di L molto incerto: la frase alle rr. 1-2 pronunciata con parecchie esitazioni
e a ritmo piuttosto lento; litaliano, poi, cede subito il passo allinglese. Ma il fatto stesso
che L tenti, sia pur con molte esitazioni, di formulare una frase in italiano un chiaro
indice che tale lingua percepita come rilevante per largomento in corso.
In realt, per, lassociazione fra topic legato allItalia e uso dellitaliano lungi
dallessere automatica: la scelta della lingua di interazione deriva solo in parte da simili
12
136
02
S: [h:: ((ride))
03
03
Mr:
04
A:
05
06
07
08
09
10
11
A:
12
Mr: e::h
M sta deplorando il fatto che, a causa dellet, non pi in grado di adempiere a quella
che evidentemente considera unattivit fortemente caratterizzante della sua identit
italiana. A questo punto J, che era in cucina con G, rientra in soggiorno e rivolge in
inglese una domanda alla madre. La domanda non comprensibile, ma dalle risposte di
Mr e A si pu intuire che essa riguarda la preparazione della salsa.
13
La consapevolezza del valore non predittivo delle etichette come we- o they-code gi in Gumperz
1982 (p. 66), dove si legge:this association between comunicative style and group identity is a symbolic one:
it does not predict actual usage. There is no necessary direct relationship between the occurrence of a
particolar set of linguistic forms and extralinguistic context. [] A variety of options occur, and as with
conversation in general, interpretation of messages is in large part a matter of discourse context, social
presuppositions and speakers background knowledge.
137
14
15
16
Mr: ye:ah
17
18
Mr:
19
20
J: hm: ((annuisce))
21
Mr: ((guarda S)) there a nice machine over there ((fa con la mano il
22
23
24
sill)
25
S:
26
[m:: my
grandmother used (to do it) (.) .hh it was my grandmother,
with::
27
28
Mr:
[e s- e p:
29
(.)
30
31
S:
32
J:
33
Mr: =ma:,
34
35
Mr: e::h
Alle rr. 18-24, Mr produce una sequenza di carattere narrativo14, in cui rievoca
fatti, oggetti e persone legate alla sua infanzia in Italia. Laspetto notevole che essa
viene prodotta in inglese. La scelta fortemente marcata, tanto da provocare un
temporaneo ri-orientamento dellinterazione verso linglese: alla r. 21, infatti, anche il
ricercatore S adotta questo codice nel rispondere a Mr.
Va notato che il ri-orientamento non pu essere addebitato solo al turno in inglese
di J alla r. 14. Come si vedr meglio nel prossimo capitolo, luso dellinglese da parte di
J in genere non provoca rinegoziazione della lingua, in quanto egli quasi
14
La sequenza non si pu considerare una narrativa in senso proprio, in quanto manca di tutti gli elementi
strutturali che identificano una narrazione (cfr. supra, par. 4.4.3), ma comunque centrata sulla rievocazione
di avvenimenti passati e pertanto si qualifica come lato sensu narrativa.
138
completamente anglofono, e pertanto tale scelta accettata come una sua personale
preferenza linguistica, che non influenza il codice-base dellinterazione. piuttosto la
scelta di Mr ad essere marcata, in quanto essa viene da una parlante di prima
generazione, che mostra di solito un orientamento verso litaliano, almeno nelle
interazioni con i ricercatori. Tale scelta si pu attribuire alla volont di coinvolgere nella
conversazione anche J, usando la lingua da lui preferita.
Nelles. 23b, quindi, sembrano confrontarsi due tendenze opposte: da una parte
lorientamento verso litaliano tipico delle interazioni con i ricercatori, dallaltra la
volont di Mr di convergere sul codice preferito dal figlio. La scelta dellinglese segnala
che Mr si orienta verso questa seconda possibilit: il fine sembrerebbe essere quello di
coinvolgere J in una conversazione di forte rilevanza identitaria.
Alla r. 30 Mr, rispondendo a S (che ha usato linglese), torna invece a usare
litaliano, normale lingua di interazione con i ricercatori. Dopo una pausa, A riprende la
parola in dialetto (r. 37), riportando la conversazione verso la variet mista italianodialetto con cui essa era iniziata.
Es. 23c (USA, Pr 1a)
36
(2.0)
37
A:
38
Mr:
39
40
41
J:
[a:h s
42
43
annuisce))
Questa volta, J che converge verso litaliano, seppure con una risposta minima (r. 41).
Ma anche questo orientamento linguistico si rivela solo temporaneo: nelles. 23d, alla r.
44, A produce un nuovo turno in inglese (di difficile comprensione), che provoca un
nuovo ri-orientamento (cfr. i turni di S alle rr. 49-50 e di Mr alla r. 56-57):
Es. 23d (USA, Pr 1a)
44
45
139
46
47
J:
48
(1.0)
49
S: .h:: (.) it was h:: ((guarda verso Mr e A)) (.) [women ((A
50
51
52
53
56
57
58
[e::h? (.) (3
sill)
54
55
[he::y?
[hm hm?
A: io:: mi ricordo-,
02
03
04
S:
05
06
07
A:
08
[basta g(h)razie(h)
[mi ricordo
140
Mr: I remember when we eat in one dish everybody:, you [need your
10
11
S:
12
13
G:
14
15
16
Mr:
17
17
18
19
TAV. 4
J
Mr
fig. 1
fig. 2
fig. 3
fig. 4
fig. 5
fig. 6
142
02
Mr:
[hm::
03
04
(.) mhm
05
A:
06
07
Mc: (1 sill)
08
09
ciotola))
10
11
12
Mc: ( verit)
13
14
G:
15
A:
16
In tutti e tre gli esempi analizzati, i parlanti hanno effettuato una scelta linguistica
marcata (o, per usare un termine tipico dellanalisi della conversazione, dispreferita)
rispetto a quello che sarebbe dovuto essere il loro orientamento linguistico naturale15.
Ma tale scelta viene ad assumere due connotazioni nettamente diverse: negli es. 23 e 24
essa segnala la volont di Mr di convergere verso J coinvolgendolo in una discussione
nella quale lidentit italiana era valutata positivamente; nelles. 25, esprime da parte di
A un atteggiamento di disapprovazione e distacco rispetto a un aspetto di tale identit.
In questo paragrafo, abbiamo dimostrato come non sia possibile stabilire a priori
relazioni tra luso di una lingua e la manifestazione di una particolare identit, e che
quindi la nozione di we code vada considerata piuttosto un generale orientamento, che
viene per rinegoziato in relazione alle strategie discorsive messe in campo a livello
locale.
15
importante notare che tali scelte sono interpretabili come marcate solo se si tiene presente che esiste
un orientamento linguistico generale, che fa s che in presenza dei ricercatori il codice-base sia di solito
litaliano. Tale orientamento funziona da framework interpretativo e fa s che le scelte dei parlanti possano
essere interpretate come preferite o dispreferite.
144
Capitolo 5
PRATICHE DI CODE-SWITCHING
IN UN NUCLEO FAMILIARE
5.1. Descrizione dei dati
5.2. Repertori e orientamenti linguistici nella famiglia Pr
5.3. Analisi dei dati
5.3.1. Convergenza linguistica
5.3.2. Accordo e disaccordo
5.3.3. Uso del dialetto nel discorso riportato
5.3.4. Negoziazione linguistica, negoziazione metapragmatica e faccia
5.4. Conclusioni
Nel secondo dopoguerra, il comune di Pettoranello ha avuto un notevole calo demografico, probabilmente
dovuto a massicci fenomeni migratori: tra il 1951 e il 1981 gli abitanti sono scesi da 911 a 353 (cfr.
http://it.wikipedia.org/wiki/Pettoranello_del_Molise).
145
147
G tende a usare litaliano nella maggior parte delle occasioni, sia con il ricercatore
sia con i familiari. Luso dellinglese limitato a pochi transfer3 isolati, come quelli
mostrati negli es. 1-3:
Es. 1 (USA, Pr 1b)
01
((G si alza))
02
03
G:
04
05
06
Mc: no no no.
07
J: =no::.
Mr: =buo::no
10
(1.0)
11
12
13
padella.
14
15
G:
16
17
18
19
20
Mr: [=fri-
21
G:
22
(0.4)
23
24
25
Ga:
[no
02
Mr: [hm:
03
A:
04
G: america:na.
[hm hm:
Il termine transfer usato qui nel senso attribuitogli in Auer 1984: unalternanza tra due lingue che
riguarda una porzione isolata del discorso (parole, costituenti sintattici) e che non provoca rinegoziazione del
codice dinterazione.
148
02
fatti al vapore,
Negli es. 1 e 2, G cita in inglese i nomi di ingredienti tipici della cucina americana
(garlic salt, heavy cream); altrove, come nella r. 21 delles. 1 o nelles. 3, i brevi
segmenti in inglese sono riconoscibili come semplici gap lessicali poich vengono
pronunciati dopo unesitazione (nelles. 3, lespressione viene anche corretta subito in
italiano).
Lunica eccezione a questo orientamento sono le conversazioni con J, durante le
quali G dimostra una maggior tendenza alluso dellinglese. Come vedremo, si tratta di
un comportamento comune a quasi tutti i membri del nucleo familiare. Ma va anche
sottolineato che le occasioni in cui G usa linglese con il marito si verificano quasi
sempre in coincidenza con sequenze laterali o con conversazioni a latere rispetto a
quella principale, che hanno J come interlocutore unico o principale. Alcuni esempi:
Es. 4 (USA, Pr 1a)
01
02
davanti a s la forchetta))
03
04
05
J: (t si' da-)
06
07
08
09
10
G:
11
Alle rr. 1-6 G cerca di attirare lattenzione di Mr, che per sembra non accorgersene.
Alla r. 7, G passa allinglese per rivolgersi a J chiedergli di chiamare Mr, ma torna a
usare litaliano quando, alla r. 10, si rivolge direttamente a Mr. Il passaggio allinglese
alla r. 7 marcato anche da un tono di voce pi basso, che contribuisce a segnalarlo
149
02
edwards.
03
04
G: ah.
05
06
A:
07
=s he was nice
08
09
10
11
S:
12
J:
13
14
15
[h:::
[a:::h ((guarda in avanti e accenna a Mr con
la testa))
16
that: the co-. the:, the doctor that (2 sill) the:, school
17
staff-,
18
J: [he's a lawyer.
19
20
22
G:
23
(0.5)
24
J: yeah
25
26
J: =s:
27
Mr: s s s
Un comportamento simile si osserva anche in Mr, che alle rr. 7-8 usa litaliano,
mentre alle rr. 10 e 14 passa allinglese per rivolgersi a J e rispondere alla sua domanda.
Negli es. 6 e 7, G si rivolge in inglese a J, interpellandolo direttamente, per
chiedergli di portare dei piatti in tavola o di fornirle delle informazioni:
Es. 6 (USA, Pr 2a)
01
02
J: s.
03
G: can you put? (.) can you put the starters on the front, (.) table
(.) ((J si alza)) on the (2 sill),
04
05
02
J: what.
03
G: do we have deca:f?
04
(0.6)
05
06
J:
07
[what espresso?
08
G:
[no (5 sill)
09
A:
10
[non (ne)cessa::rio
151
02
G:
03
04
Mr:
05
G: eh amo', (.) mhm: ehe (.) [so' due giorni che cuoce
06
Mr:
07
08
Mr: [hm:::
09
10
Mr: ((guarda G)) thats why its good because it cooked so much
G: ((a Mc, indicando A)) zio ma chi la gua::rda dice:, ((si volta
02
verso S)) >secondo te quanti anni ha< le:i (.) a guardarla cos
03
04
05
06
07
08
Mr:
09
10
J:
11
12
13
G:
14
A:
15
16
S:
17
18
19
20
[(4 sill)
[settantun'a:[nni
[settantu:no
[((ad A)) no (ma) gliene
da[vo: dieci di meno
Mr:
G:
Mr:
[uh mamma mi
[ji (.) ji (4 sill)
21
22
S:
23
24
S:
25
26
27
152
28
Nei quattro turni da lei pronunciati (r. 8, r. 18, rr. 20-21 e r. 25), Mr usa due volte il
dialetto e due volte linglese, ma lalternanza sembra del tutto casuale, dato che non la si
pu collegare n allinterlocutore (in tre casi, Mr non ha un destinatario preciso, mentre
solo alla r. 25 sembra rivolgersi direttamente ad A), n allazione che Mr sta compiendo
(che sempre quella di fare i complimenti ad A per il fatto di non dimostrare i suoi
anni).
Altre volte, luso dellinglese da parte di Mr sembra rispondere a esigenze di
strutturazione discorsiva.
Es. 10 (USA, Pr 1a)
01
Mr: ((a G)) la mamma mia vi manda i salu:ti (datemi) i salu:ti (.)
tell them I'm [so:[rry
02
03
G:
04
J:
05
06
07
[no::
[ah.
[(per).
08
G:
09
Cfr. ad esempio Gumperz 1982, Alfonzetti 1993 e 1998, Auer 1995, Sebba & Wootton 1998.
153
02
03
04
Mc:
05
[(che
trage:die che succedono)
06
07
(0.4)
08
09
10
11
12
15
16
J:
[they
don't sh-, ((guarda A)) (.) but,=
Mr:
[WE (2
sill)-, (.) WE WANT [YOU (2-3 sill)
19
20
17
18
J:
21
22
23
24
Mr:
25
26
Ga: [a::h.
27
J:
28
Mr:
13
14
Mr:
[la guerra no
154
TAV. 5
Mr
Mc
J
A
fig. 1
fig. 2
fig. 3
fig. 4
fig. 5
fig. 6
155
Alle rr. 1-11 A riporta un episodio cruento visto alla TV, che laveva
particolarmente impressionata. Il forte coinvolgimento emotivo di A sottolineato dalla
sua gestualit (cfr. tav. 5, p. 155, figg. 1-5).
Alla r. 8, Mr alla r. 8 esprime riprovazione verso ci che A sta raccontando e lo
sottolinea anche attraverso il suo comportamento non-verbale (distoglie lo sguardo e
agita la mano in segno di ripulsa: cfr. tav. 5, figg. 2 e 3). Questo dis-allineamento
ulteriormente marcato dal CS verso linglese, che oppone il turno di Mr a quelli in
italiano di A e Mc. Anche alla r. 12, in cui Mr propone esplicitamente di cambiare
argomento, il dis-allineamento sottolineato sia dalla scelta divergente dellinglese, sia
dalla gestualit (tav. 5, figg. 4 e 5). da notare che alle rr. 24-25 e 28 il meccanismo
funziona in modo esattamente opposto: Mr ripete linvito a cambiare argomento, ma
questa volta usa litaliano, per distaccare il suo turno rispetto a quello in inglese di J.
Usi simili si possono riscontrare anche in A. Nel cap. 4 (es. 25) abbiamo gi
osservato un caso di CS che sottolinea un distanziamento rispetto a quanto raccontato in
una sequenza narrativa.
A, inoltre, usa con una certa frequenza linglese per mettere in risalto elementi del
suo discorso, ad esempio quelli che hanno una connotazione ironica, come negli es. 12 e
13.
Es. 12 (USA, Pr 2a)
01
02
03
04
05
(boy)
Mc: ((a S))
[e
06
07
08
S: hm hm
09
10
11
156
02
03
J: ehi::
04
Mc: ((ad A)) =anche te. (.) hai man[giato (anche tu)
05
A:
06
07
08
09
(0.4)
10
11
G:
12
(0.5)
13
14
15
A:
[nummero uno.
157
Altre volte Mc usa linglese per mettere in risalto elementi del suo discorso, in
maniera analoga a quanto appena visto per A o Mr. Negli es. 15, 16 e 17, una stessa
parola in inglese (goodbye) ritorna a sottolineare alcune frasi pronunciate con
intenzione ironica o scherzosa.
Es. 15 (USA, Pr 1a)
01
Mc: sette otto volte black jack? (0.7) you know? (0.8) e poi:[::,
02
Mr:
03
[(a
blessed marco?
04
Mc: =secondo,
05
06
Mc:
07
Ma:
08
09
10
(0.4)
Mc: perch se non lasci subito. goodby:e
02
03
04
Mr: e[::h
05
Mc:
06
Mr: e::h?
07
02
03
S: hhhh
04
05
06
Ma:
07
08
[(
09
A:
[poi-,
10
158
Come si pu vedere, sono sempre frammenti molto brevi inseriti, per ragioni di
strutturazione discorsiva, allinterno di una conversazione interamente in italiano.
Lassenza in Mc di un uso esteso dellinglese o di quelle oscillazioni libere tra
le due lingue notate in A o Ma segnala che il suo orientamento verso litaliano molto
pi deciso di quello mostrato dagli altri parlanti di prima generazione.
Questo orientamento talmente marcato da indurre Mc a parlare sempre in
inglese anche con J, in netta controtendenza con gli altri familiari che, nelle
conversazioni con lui, commutano frequentemente verso linglese. Mc, anzi, tende a
usare il dialetto con J molto pi di quanto non faccia con gli altri familiari. Les. 18
riporta per intero una lunga sequenza narrativa nella quale Mc si rivolge specificamente
a J, in un codice che oscilla tra litaliano e il dialetto. Questa conversazione ha come
interlocutori Mc e J, dato che gli altri familiari e il ricercatore sono impegnati in altre
conversazioni parallele.
Es. 18 (USA, Pr 1b)
01
02
03
04
J: s. (.) s.
05
06
07
J: s,
08
09
10
(0.6)
11
J: [hm
12
13
J: hm.
14
15
(1.2)
16
Mc: e allora::, (.) c'era la: mo::glie, (.) e::h, >te lo ricordi.
17
18
(1.0)
19
J: (chi) ? h:::,
20
Mc: elisa.
21
J: s.
159
22
(0.7)
23
Mc: elisa, (.) viveva, (0.4) h: s'eva truata a new york? (0.8) lui
24
25
26
27
28
(0.4) 'n s'era mai spusa:to. (.) (e diss ma:). (.) (hai
29
30
31
spu::s pu' riman qua snn, (.) ((fa con la mano il gesto di
32
33
34
di assenso)) >e allora< dopo dieci a:nni (.) ha la- (.) eva
35
36
37
38
guard (.) ( capitato) a mio fratello non so (.) (you see no:w)
39
che- (.) you know. (.) quill dicett, lu facc fatc. (0.9)
40
e:: (.) (4 sill), (.) (5-6 sill) you know everything is:, (0.7)
41
he gave the (3-4 sill). (0.7) (so/insomma) per TEn YE::ars (0.5)
42
43
J: hm.
44
Abbiamo riportato per intero questa lunga sequenza perch essa consente anche di
osservare estesamente lorientamento linguistico di Mc. Il codice-base di interazione,
anche con J, un continuum tra italiano e dialetto, nel quale non possibile tracciare un
netto confine tra le due variet n una reale differenziazione nel loro uso. Allinterno del
discorso, sono inseriti vari elementi inglesi. Molti di essi sono marcatori discorsivi come
you know (r. 12 e 39) e I dont know (r. 26), che, come molti studi hanno mostrato5,
sono estremamente frequenti nelle produzioni linguistiche anche dei parlanti con
scarsissima conoscenza dellinglese. Rich man (r. 9) si pu considerare un caso di uso
idiosincratico simile a quello di breakfast osservato in 3.1.1. Il segmento inglese pi
esteso alle rr. 38-42 ed costituito in parte da reported speech, in parte da elementi
come ten years o down by law, in cui linglese ha lo scopo di evidenziare elementi
importanti della narrazione. Tutti questi segmenti in inglese si possono considerare
5
160
transfer, in quanto nessuno di essi provoca una vera ri-negoziazione del codice-base
dellinterazione, che rimane fermo sul continuum italiano-dialetto.
J il caso pi complesso e interessante. Come molti altri membri della seconda
generazione, prevalentemente anglofono, ma in pi di unoccasione dimostra di parlare
correntemente in dialetto e di avere una padronanza almeno elementare dellitaliano.
Nonostante ci, la maggior parte delle sue produzioni linguistiche avviene in inglese,
contravvenendo in modo eclatante allorientamento generale osservato nel cap. 3,
secondo il quale le conversazioni con i ricercatori italiani tendono ad avvenire in italiano
(o perlomeno in dialetto), anche quando coinvolgono membri della seconda o terza
generazione che padroneggiano la lingua in modo approssimativo.
J, anzi, usa linglese nella quasi totalit delle occasioni in cui si rivolge al
ricercatore. Nelles. 19 si pu osservare come J formuli unofferta ad A in dialetto, ma
passi subito allitaliano per ripetere la stessa offerta al ricercatore S.
Es. 19 (USA, Pr 1a)
01
02
03
A: thank you
04
05
bread?
06
07
08
09
10
S:
11
12
J:
13
14
G: [fatto la mamma.
Nelle rr- 7-14 evidente la divergenza di orientamento linguistico tra J e i familiari: nel
parlare con S, J usa linglese, il resto della famiglia litaliano.
Anche con G, come abbiamo gi visto, J usa prevalentemente linglese, limitando
litaliano a poche frasi brevi e isolate.
161
Con A e Mr, J alterna linglese con segmenti in dialetto, di solito piuttosto brevi
(esamineremo meglio questuso nel paragrafo 5.3.). A e Mr, da parte loro, commutano
spesso verso linglese nel rivolgersi a lui: questo comportamento molto frequente in
Mr (cfr. es. 5, rr. 9-14; es. 25; es. 26, r. 20; es. 33, rr. 46, 47), ma si riscontra anche in A
(cfr. es. 22, rr. 3 e 6).
Quando invece J si rivolge a Mc, mostra un orientamento diverso: usa il dialetto
pi che con qualsiasi altro membro della famiglia, anche in segmenti di una certa
ampiezza come quello nelles. 20.
Es. 20 (USA, Pr 1a)
01
02
Mr:
03
G: hm hm?
04
05
06
G:
07
Mc: =no no no
08
J:
09
10
J: a::h
11
12
13
J: vnciut mauro.
14
(0.5)
15
Mc: ha vinto
16
17
18
19
A:
20
J:
21
[il soli[to
[mhm mhm
mhm:: (.) mhm (.) mhm
02
S: eh beh ((annuisce))
03
04
05
A:
06
07
08
09
S:
02
Mr:
03
04
S:
05
Mc:
06
07
Mc:
08
A: volevo a [kerry
09
Mc:
10
[ehe
[aha
[che?
[yeah? (.) ho votato per kerry ye.
[ho vota:to
J: <che pecca::to>
J sta commentando il fatto che nelle elezioni i suoi zii A e Mc hanno votato per il
candidato poi rivelatosi perdente. Il turno in italiano alla r. 10 sottolinea il rammarico
163
ironico di J per tale sconfitta (lironia sottolineata anche dal forte allungamento della
sillaba in peccato e dal ritmo pi lento con cui la frase pronunciata).
Simili usi dellitaliano o del dialetto per evidenziare brevi elementi del discorso
tornano con una certa frequenza persino in conversazioni con il ricercatore.
Es. 23 (USA, Pr 2a)
01
02
ventidue anni.
03
A:
[(
04
J:
[eh.
05
06
07
J:
['NA BAMBI:N
02
03
S: hhh
04
A:
05
06
A: mamma [mia
07
S:
08
09
10
[eh.
Nelles. 23, si tratta ancora una volta di un commento ironico (J mette scherzosamente in
evidenza la giovane et della persona citata), mentre nelles. 24 litaliano serve a
rimarcare linvito a S, gi formulato in inglese alla riga precedente.
Un caso simile si pu osservare nella r. 7 delles. 25, dove J evidenzia
lesortazione a Mr a rimanere seduta a tavola, ripetendola prima in inglese (stay here)
poi in dialetto (assttt).
Es. 25 (USA, Pr 1b)
01
02
03
164
04
J:
05
Mr:
06
07
08
03
S:
04
Mc:
05
06
J:
10
12
[A ME M PIACE (.)
((guarda Mc)) I: LIKE berlusconi- (.) a- a me [m pia:c.
08
11
07
09
[non si fa capire
da nessuno quello l
[I like him.
13
14
Mc:
15
J:
16
G:
17
J:
18
19
20
21
J: ((a Mr))
22
Mr: [a::h
23
24
(0.6)
25
S: hhh
26
Mc: (4 sill)
27
28
29
J:
165
J: ((a Mc)) .hhh (.) if if bush does good this y-, if bush does
good, (.) in his four years, (0.5) the democrats >will give in
4
5
S: mhm [mhm
J:
7
J: they're finished.
Mc:
A: I loved it
S: mhm mhm
5
6
J: ((ad A)) and you liked the wife too (0.5) com parlav la
moglie
Il fatto che J usi litaliano o il dialetto per conseguire gli effetti di contrasto e
messa in evidenza per i quali gli altri membri della famiglia usano linglese dimostra che
i due orientamenti linguistici sono speculari: quello di A, Mr e Mc rivolto
principalmente allitaliano, e ricorre allinglese per operare un framing di particolari
enunciati, mentre quello di J centrato sullinglese, e pertanto adopera litaliano onde
marcare particolari segmenti del discorso.
166
Il prospetto riportato nella tabella 3 rende conto delle lingue usate da ciascun
parlante con ciascuno degli altri.
Legenda:
I
E
D
I-D
(D), (I), (E)
italiano
inglese
dialetto
continuum italiano-dialetto
lingua usata raramente
J: zi' marco.
02
03
04
bicchiere))
05
06
A:
07
J:
08
sill)
09
10
11
12
13
14
15
(1.0) ((J finisce di versarsi del vino, poi guarda S e indica con la
16
17
18
19
20
168
21
22
23
(I::),
24
J:
[no::
25
(0.9)
26
S: (1 sill)(h) me.
27
[ge:t,
28
(2 sill).
29
S:
[yeah
30
(0.4)
31
32
33
34
Fino alla r. 14, linterazione coinvolge J e i familiari e si svolge in dialetto. Alla r. 17,
quando J si rivolge al ricercatore per offrirgli del vino, passa immediatamente
allinglese: lorientamento accolto da S, e avviene quindi un cambio nel codice-base
dellinterazione, che dal dialetto passa allinglese (rr. 20-34).
Daltro canto, anche S commuta allinglese ogni volta che si rivolge direttamente
a J: abbiamo gi visto un caso nel cap. 4 (es. 2), e abbiamo notato che lo stesso J
recepiva lintenzione di S e dimostrava, attraverso il suo comportamento sia verbale sia
non verbale, di intendere tale CS come rivolto specificamente a lui. Nei dati, si ritrovano
vari episodi simili, alcuni dei quali sono mostrati negli esempi 30-32.
Nelles. 30, r. 13, S riformula in inglese ci che aveva detto alla r. 5: anche
stavolta, come nellesempio analizzato nel cap. 4, J reagisce solo a questa seconda
enunciazione.
Es. 30 (USA, Pr 2b)
01
02
03
04
S:
prima o poi avrete un presi[dente austri:aco
05
06
[(3 sill)
Mr:
[(2 sill).
169
07
A: no:::,
08
09
10
A:
11
G: no::
12
13
S:
14
15
16
17
La risposta di J viene manifestata non solo a livello verbale, ma anche tramite la mimica
e lespressione del viso. Nelles. 31, alla r. 2 S, che fino al quel momento aveva parlato
in italiano con Mc, effettua un code-repair verso linglese, al quale J risponde
cambiando la propria postura e assumendo un atteggiamento che denota maggior
partecipazione:
Es. 31 (USA, Pr 2b)
01
02
03
04
05
06
07
J:
Nei casi precedenti, si verifica una ri-negoziazione del codice-base, che passa
dallitaliano allinglese. Nelles. 32 si vede come il fenomeno si presenti anche in
assenza di ri-negoziazione. Alle rr. 5-6, S riformula in inglese solo un breve elemento
(che si pu quindi considerare un semplice transfer), ma ci provoca comunque una
reazione da parte di J. Attraverso il CS, S riesce a tenere aperto un doppio canale
comunicativo: con Mc, al quale il discorso rivolto, ma anche con J, che S guarda due
volte, finch non riceve un feedback sotto forma di un cenno di assenso.
170
Mc: fa' che::, (.) hm:::, (0.5) la vostra professione:: (.) non
02
03
fate.
04
05
06
07
08
mese
02
(1.5)
03
Mc: [no?
04
G:
05
06
J:
07
08
G: ma,
09
10
J: I don't know
G: in Ita:lia non si u:sa bere (.) in italia si beve, il vino,
171
11
12
solo a pasqua
13
Mr:
14
[ma si
uno ci ha 'na malati::a,
15
16
Mr:
17
G: molto raro.
18
19
20
21
22
23
J: not befo::re?
Mr: (tutto la:nno)
J: (what is it their) reason (1 sill).
24
25
26
27
Mc:
[noi,
28
G:
29
Mc: [gloria (.) [non (re:), (.) non rende una cosa-, (.) m::
30
J:
31
32
Mc:
33
Jh:
34
Mr:
35
36
Mc:
37
38
39
G:
40
Mc:
41
42
43
Mr:
J:
[(6-7 sill)
[but what they do too
44
45
46
Mr:
47
48
49
50
51
172
52
53
Abbiamo gi osservato un comportamento del genere nel paragrafo 3.2. (es. 12a-12c):
ma in quel caso ad esprimersi in inglese era una parlante completamente anglofona,
mentre J sarebbe in grado di parlare in dialetto (e forse anche in italiano), e ci
nonostante il suo comportamento non viene censurato. Gli altri parlanti accettano
apparentemente senza problemi il suo orientamento linguistico, riconoscendo cos la sua
preferenza per linglese, legata alla sua identit di membro della seconda generazione.
03
04
S:
05
?: hm
06
[solamente le
[il sugo?
J: =sugo
07
Mr: =s
08
09
10
S: [beh adesso non:, (.) molti non lo fanno pi in ca:sa il sugo (.)
11
12
lo comprano
13
Mr: [s::?
14
G:
15
16
17
18
Mr:
19
[(2 sill)
J: a:nche a lita::li s
Laspetto pi notevole di questo frammento che anche J converge verso litaliano usato
dagli altri parlanti (cfr. rr. 2, 3, 6 e 19): un comportamento tanto pi notevole in quanto
avviene durante una conversazione nella quale direttamente coinvolto anche il
ricercatore.
In questo caso, la scelta dellitaliano pu essere verosimilmente collegata alla
volont di mostrare la propria solidariet nei confronti di un topic dalla forte
connotazione etnica; il collegamento, per, possibile non in base a una associazione
pre-definita tra lingua e identit, ma piuttosto in base a una serie di osservazioni legati al
contesto di occorrenza.
Innanzi tutto, lorientamento linguistico generale di J a consentire di guardare a
questo particolare uso come marcato: il fatto che egli sia fortemente inclinato verso
linglese (soprattutto in presenza del ricercatore) rende eccezionale e degno di nota il suo
uso dellitaliano, tanto pi che manca quella funzione di contrasto discorsivo che
174
A: O::h.
02
03
A: ((a G))
04
G:
05
Mr:
06
07
09
Mr: [=lo:?r
09
G:
10
11
J:
[pane di brooklyn.
12
G: ah.
13
(0.6)
14
15
J: [hm
16
17
A:
18
[O::h ((si gira verso Mc)) (.) antoantonio:: (.) gianluca s fatto il forno fuori per fare il
pa:ne.
19
Mc: oh s:.
20
(1.0)
21
22
23
24
G:
25
A:
26
[ fa' le pi[zze
[andiamo a fa' il pa::ne allo[ra
l
27
G:
28
29
Mr: ((ad A)) [se l'ha fa:tta 'na pi:zza mamma comera buo::na ha
30
[hm-
detto gaetano
J partecipa poco alla conversazione, ma i suoi due turni in italiano alle rr. 7 e 11
farebbero pensare a un orientamento analogo a quello osservato nellesempio
precedente. Ma quando, poco dopo, J interviene per spiegare come il forno stato
176
costruito (es. 35b), la maggior parte delle sue produzioni linguistiche avviene invece in
inglese.
Es. 35b (USA, Pr 1b)
01
02
03
04
Mr: ((scrolla le spalle)) he::h non lo so. (.) chi lha fatto. (.)
05
06
07
08
09
10
11
12
A:
13
14
15
16
[hm::::
J: ceme::nt.
A: (1 sill) [(2 sill)
J:
17
J:
17
18
Mr:
19
A: no::
20
21
J:
22
Mr:
[le:[gno
[a legna
177
23
J: yeah
24
Mr: [a:::h
25
26
J:
27
28
J:
29
[s.
[gotta put it gotta heath it up
Mr: e::hi I put too much wood i(h)n there ((scuote la testa
30
31
S:
32
33
Mr: ((guarda Mc, poi S)) (2-3 sill) its (.) it's easy
34
the
35
con un accendino))
36
J:
37
38
[yeah but you don' get the ta:ste you gotta have [the
wood it's a ho-
Mr:
39
[o:h
anche quell ve::ro ma,
40
(1.0)
41
42
43
A:
44
J:
45
A partire dalla r. 29 Mr, che fino a quel momento aveva espresso commenti positivi circa
il forno, cambia posizione: una volta appreso che si tratta di un forno a legna, inizia a
sottolinearne la scomodit. Si crea dunque una divergenza dopinione con J, il quale
tende a minimizzare questo aspetto sottolineando invece il valore positivo del forno, che
permette di ottenere un pane pi buono (rr. 36-37). Anche A sostiene questultima
posizione, affermando che il forno permette di fare il pane come una volta (r. 25) e che
il sapore del pane cotto in questo modo naturale (r. 43).
Si tratta di una divergenza che non investe tanto il forno in s, ma piuttosto il suo
valore come simbolo del modo tradizionale di fare il pane. La valutazione positiva
espressa da J indica una sua identificazione con i valori della tradizione, che per lui
incarnano lidentit italiana; Mr, invece, chiama in causa la propria esperienza diretta
(cfr. alla r. 29 I put too much wood in there), che le permette di valutare questattivit
178
Cfr. ad esempio Sachdew & Giles 2004; Shepard, Giles & Le Poire 2001; Giles, Coupland & Coupland
1991.
179
Vari studi orientati secondo questa prospettiva teorica hanno dimostrato la rilevanza dei
fenomeni di convergenza linguistica per la negoziazione dellidentit (cfr. per esempio
Coupland 1984). Anche Auer 1984 introduce nel suo studio sul CS il principio generale
della preferenza per la stessa lingua (preference for the same language talk), secondo
il quale due parlanti bilingui generalmente tendono a usare la stessa lingua, come scelta
di
default;
una
scelta
linguistica
divergente
pu
invece
funzionare
come
02
03
F:
04
L:
05
Z:
06
07
L:
08
Z:
09
10
[=santo cie::[lo.
[una laurea no.
il do::tto::rato.=
11
12
L: ((ride e annuisce))
13
180
(.)
Poco pi avanti (cfr. es. 36b), L cita come autorit il prete del suo paese, e la figlia
commenta questa affermazione con unulteriore sottolineatura ironica (she quotes
Shakespeare):
Es. 36b (AUS, Mz 1b)
53
54
55
sulla sua coscia in alto)) che arriva quass. (.) hai voglia:
56
tu.
57
G: ((a F, ridendo)) hai vi[sto che::- (.) che tesi (.) che a:::-=
58
L:
59
60
61
rappresentato
sia
dallesperienza
australiana,
sia
dalla
prospettiva
02
03
S: [la?
04
05
S:
06
07
08
09
10
11
pratica[mente.=
12
G:
[((annuisce)) s.
13
14
G:
[hm.
Alle rr. 5-6, S si trova a dover contraddire quanto affermato da G; lo status dispreferito
di tale risposta indicato da vari segnali, come il gesto di guardare verso lalto e il
marcatore di esitazione (hm), che servono a dilazionare lespressione del rifiuto e a
7
I concetti di preferito e dispreferito sono qui usati nel senso tecnico ad essi attribuito nellanalisi della
conversazione: in una coppia adiacente, preferito il turno verso il quale si indirizza laspettativa di chi ha
prodotto la prima parte. Esso, quindi, sar prodotto con una serie di caratteristiche che ne marcheranno lo
status preferenziale, ad es. lassenza di esitazione o di mitigazione o la minore complessit. Viceversa, un
turno dispreferito sar prodotto con esitazioni, elementi di mitigazione, prefazioni, o comunque con una
maggior complessit strutturale.
182
mitigarla. Anche il turno successivo, alle rr. 8-9, finalizzato a mitigare il disaccordo
esprimendo una parziale adesione a ci che G ha detto (adesso sono divisi tra il
centrodestra e il centrosinistra), mentre la fine del turno (rr. 10-11), in cui S ribadisce di
nuovo il disaccordo, espressa con un ritmo pi lento e con un attenuatore finale
(praticamente).
Quando un interlocutore esprime una valutazione, lazione preferita invece
quella di dichiararsi daccordo, come avviene nelles. 38:
Es. 38 (USA, Pr. 2a)
01
02
[s
03
04
05
S:
[raddoppiati
06
J:
02
(0.5)
03
G: [eh.
04
05
06
A: setta[ndatr a::nni.
07
J:
183
08
09
10
A: quilli-,
11
12
13
G:
14
[SEI GIOVANO:TTO
15
16
A:
17
Mc:
18
[devne pre::nde[re
[e:: iddio vi
benedi::ca.
Alla r. 1, Mc esprime una valutazione negativa della propria et, alla quale tutti gli altri
parlanti reagiscono dichiarandosi in disaccordo. In questo caso, proprio il disaccordo
lazione preferita, perch esprime allineamento e solidariet con linterlocutore. Anche
in questo caso, come in quello precedente, in J si osserva un parallelismo tra azione
preferita e convergenza linguistica (con lunica eccezione di un breve elemento in
inglese alle rr. 7-8).
Vi sono per casi in cui tale parallelismo non ha luogo: azioni preferite come
laccordo e lallineamento vengono espresse senza convergenza linguistica, e viceversa
azioni dispreferite adoperano litaliano, convergendo cos sul codice-base della
conversazione.
Nelles. 40, S sta riferendo che anche a Perugia si fanno dei dolci simili a quelli
che Mr ha cucinato:
Es. 40 (USA, Pr 2a)
01
02
G:
03
04
05
06
((guarda S))
07
08
09
(1.0)
10
J?: hm
[hm hm?
184
11
12
me::gli ma:,
13
(1.0)
14
G: so' buo::[ne.
15
Mr:
16
(0.5)
17
[hm mhm
Nei due turni alle rr. 3-6 e 11-12, Mr pronuncia dei giudizi auto-svalutativi, ai quali
rispondono prima A e G in italiano (r. 8 e r. 14), poi J in inglese (r. 17). Nonostante J stia
perseguendo una strategia di allineamento e solidariet, la sua scelta linguistica
divergente in quanto si orienta sullinglese.
Ancora pi numerosi sono i casi in cui un dis-allineamento viene espresso da J
tramite una scelta linguistica convergente. Due casi se ne possono osservare negli es. 41
e 42.
Es. 41 (USA, Pr 2b)
01
02
Mc:
03
04
J:
05
06
Mr:
07
Jh:
02
03
A:
04
05
06
07
[lei n ve::nc
In entrambi i casi, J esprime il suo disaccordo adoperando il dialetto, ossia con una scelta
linguistica convergente verso quella dei suoi interlocutori (come gi detto, il suo italiano
185
Mc: il padre ha-, (.) ha critissato che, (.) kerry <ha offeso> >suo
02
figlio.<
03
(0.8)
04
J: s:,
05
06
S:
07
08
09
10
11
12
13
14
15
Mc:
In questo caso, J prima esprime il proprio disaccordo con Mc in italiano (r. 8), poi
riformula un elemento in inglese (r. 10); nel turno successivo passa al dialetto (r. 12) ma
termina il turno in inglese (rr. 12-13); lo stesso avviene nel turno alla r. 15. Qui sono in
opera varie strategie: alla r. 8, la scelta dellitaliano dovuta non solo allesigenza di
conferire espressivit alla frase, ma anche alla ripresa cataforica delle parole pronunciate
da Mc alle rr. 1-2 (ha offeso suo figlio), espediente che serve a marcare ulteriormente
il disaccordo, tramite il rovesciamento di quanto Mc ha detto. Il tutti della r. 8
ribadito alla r. 10, questa volta in inglese (all of em) per metterlo in risalto tramite il
contrasto linguistico. I due turni alle rr. 12-13 e 15 seguono infine unuguale strategia: J
enuncia in dialetto lelemento che nella frase ha valore topicale, per poi commentarlo in
186
02
03
04
(0.6)
05
J: e l povr no::.
Unaltra caratteristica notevole degli es. 41-44 che in essi non si osserva alcun
segnale di mitigazione o dilazione del disaccordo, che anzi viene espresso in modo
estremamente deciso. Ci dipende dal fatto che si tratta non di una semplice divergenza
su questioni fattuali, come quella delles. 37, ma piuttosto di veri e propri contrasti di
opinioni (anche piuttosto accesi, come nelles. 43), nei quali gli interlocutori oppongono
le proprie idee in maniera esplicita8.
Gli esempi analizzati hanno mostrato che il parallelismo tra convergenza
linguistica ed espressione dellaccordo valido solo come framework generale: non si
pu quindi dare per scontato che una scelta linguistica convergente con linterlocutore si
possa associare automaticamente a una strategia comunicativa di allineamento e
solidariet (o viceversa). Bisogna invece osservare attentamente il contesto in cui il CS
occorre e individuare se tale associazione sia o no rilevante.
Lo stesso vale per la connessione tra strategie di convergenza/divergenza e
negoziazione dellidentit: in molti casi, anche in presenza di un lavoro di negoziazione
identitaria, la convergenza o divergenza linguistica pu non essere rilevante per essa, ma
svolgere funzioni meramente discorsive. Lo si pu vedere nei prossimi due esempi.
Cfr. gli studi di C. e M. Goodwin sulle dispute tra bambini, ad es. Goodwin & Goodwin 1987.
187
02
03
04
Mr?:
05
Mc: [mhm
06
A:
07
G:
08
sono pi
u[mani in italia?
[(3 sill) qua s'a:
09
Mc: tsk
10
A: qua(.)[(ti mangiano.)
11
J:
12
S:
13
14
S: .hh
15
16
17
[nient
18
Mr:
[e:h
19
S: ((guarda Mr)) una piccola tassa ma::, insomma no: non si paga
sessanta dollari sicuramente ((G fa un cenno di diniego))
20
Mc: na::? in italia fate un'altra vi::ta. qui:, (.) qui in america
02
03
04
05
06
J:
07
08
09
[(ma::h)
10
11
12
Mr: marco
13
J: sit(h) dve(h)::rs
posizione nei confronti dei fatti narrati e come tale uso possa avere una rilevanza
identitaria. Alcuni casi simili si possono reperire anche nel comportamento di J.
Les. 47 segue immediatamente la conversazione riportata negli es. 35a-35c, in
cui J e Mr avevano mostrato una divergenza di opinioni circa lattivit del cucinare il
pane in un forno a legna.
Es. 47 (USA, Pr 1b)
01
G: ((a J)) a ch- (.) a che ora hai detto che andiamo domani
02
03
(0.6)
04
G: a che ora
05
06
07
189
08
09
10
J: ((si volta verso G)) s::. (.) ((G e J fanno per alzarsi; J si
volta verso A)) il pa::ne, la pi::[zz, LA CALZO::n,
11
12
G:
13
14
15
S:
16
17
telefono))
18
19
(0.5)
20
21
Mr:
22
23
24
[h:: mhm
J:
190
02
torno in [ame:rica,
03
Mr:
04
J:
05
06
G: hm
07
08
G:
09
11
12
13
14
J:
15
S:
16
J:
[s ['ngra:::ss s- (.)
[mhm mhm
[mamma mi::
17
18
19
J:
20
21
Mr:
22
23
S: ((guardando J))
24
25
26
[(h)stai ma(h)le?
27
28
G: h:m. mhm
29
30
S: mhm
31
32
33
J:
34
la madre)) (.) .h
191
35
36
Alle rr. 1-12, G racconta che, al contrario di quanto succede a lei, J torna dalle sue visite
in Italia ingrassato. Mr (r. 13) termina in dialetto la frase che G ha lasciato sospesa, e J fa
eco al commento della madre, aggiungendone poi un altro, sempre in dialetto (rr. 14 e
16). In questo caso, luso del dialetto da parte di J dovuto a motivi di convergenza con
Mr o di espressivit.
Ma pi interessante quanto avviene alle rr. 19-20: dopo losservazione di A che
in Italia lo fanno mangiare troppo, J si produce in unimitazione caricaturale del
comportamento dei parenti italiani: lironia sottolineata dalla prosodia esagerata e
cantilenante e dal tono di voce particolarmente caricato che J adopera. In questo caso,
quindi, luso del dialetto ha la funzione di mettere in scena il comportamento dei
parenti.
S coglie tale intenzione e sottolinea come il comportamento recitato da J sia
tipico delle donne italiane di una certa et (rr. 23 e 25-26): J e Mr (rr. 29-36) accettano
tale interpretazione e la confermano anche attraverso la loro esperienza personale.
Questo comportamento contribuisce a co-costruire lattivit come tipicamente italiana.
La conversazione prosegue poi sullo stesso argomento: vengono citati vari casi di
familiari che mostrano comportamenti simili. Nelles. 49 si vede come J riadoperi il
dialetto con lo stesso fine mimetico.
Es. 49 (USA, Pr 2a)
01
02
03
04
05
J:
06
07
J: (a G)
08
09
10
11
J:
[no::
[your mother she says, no:, (5 sill)
[your fa::ther tu. (.)((indica qualcuno con il dito)) n
mang s- in::
192
TAV. 6
fig. 1
fig. 2
fig. 3
fig. 4
193
12
13
Mr:[.hhhh
14
((guarda G)) you m- (.)(1 sill) hmh (.)ma ::, cos::, bravo
15
(3 sill) d il cuo:re
Il dialetto viene usato qui per caratterizzare in senso comico ed espressivo le parole
citate. Tale funzione non svolta solo dal CS, ma sottolineata anche dalla prosodia
scandita e perentoria, dal tono di voce (che alla r. 12 assume una coloritura roca e
assertiva) e dalla gestualit, illustrata dalla tav. 6 (p. 193). Nel pronunciare le parole alle
parole your father (r. 9), J assume una postura inclinata verso Mr e J (fig. 1), quindi
sottolinea le parole tu e n mang con un doppio movimento dellindice (fig. 2 e fig.
3) e infine pronuncia il turno alla r. 12 con un atteggiamento che vuole mimare quello di
una persona che si avvicina a unaltra per intimargli un ordine (fig. 4).
In questo caso, per, non possibile individuare un preciso valore identitario
nelluso del CS, che piuttosto uno degli indici di contestualizzazione usati da J per
marcare la funzione mimetica delle sue parole.
Ancora una volta, va sottolineato come, negli esempi analizzati, il dialetto usato
da J assuma rilevanza per diversi motivi, legati al contesto di enunciazione: innanzi tutto,
esso incorniciato e messo in evidenza come reported speech, attraverso luso di una
serie di mezzi prosodici e gestuali; in secondo luogo, esso svolge una funzione
allinterno dellinterazione (rappresentare mimeticamente le parole riportate); infine, la
rilevanza identitaria di quanto viene detto co-costruita da tutti i parlanti attraverso i
loro commenti e le loro reazioni. Non tanto il CS in s ad assumere un valore
identitario, ma piuttosto linterplay tra il CS e i fattori contestuali allinterno dei quali
esso ha luogo.
02
03
04
05
Mr?: (3 sill)
06
A: =a::h ((annuisce))
07
08
G: ((guarda J))
09
10
J: [(2-3 sill)
11
Alle rr. 1-4, G illustra ai familiari le ragioni della presenza della videocamera. Il turno
presenta vari motivi di interesse.
Innanzi tutto, la sua strutturazione linguistica piuttosto complessa: dopo un
primo marcatore discorsivo in italiano (allora), G inizia una frase in inglese, poi
effettua un code-repair verso litaliano (r. 2), quindi continua in italiano, inserendo per
un elemento in inglese (to the videocamera, r. 3). La scelta iniziale dellinglese si pu
far risalire alla struttura partecipativa (G si sta rivolgendo ai suoi familiari), mentre il
code-repair coerente con quanto il turno stesso dice: in quella particolare situazione, la
lingua da usare litaliano. Linserzione dellelemento inglese alla r. 3 probabilmente
una ripresa cataforica del termine videocamera della riga precedente, ed dovuta a
ragioni di coesione e strutturazione discorsiva.
Dal punto di vista delle azioni compiute, poi, questo turno si pu leggere a vari
livelli. A un livello pi immediato, G sta semplicemente spiegando ai familiari il motivo
della presenza della videocamera: ma, in realt, ci che sta facendo dare una
definizione dellevento linguistico in corso (una ricerca sociolinguistica, il cui fine
195
conosce lorientamento linguistico favorevole allinglese, che infatti sar manifestato nel
corso della registrazione. Ad essere messa in rilievo qui lidentit di J in quanto
membro della seconda generazione, e quindi piuttosto restio ad usare litaliano. Il fatto
che tale interpretazione sia anche quella dei partecipanti dimostrato dalle loro reazioni:
dopo il commento di J alla r. 10, purtroppo non comprensibile, Mr lo guarda e sorride.
Le ragioni di tale comportamento si comprendono osservando il prosieguo
dellinterazione.
Es. 50b (USA, Pr 1a)
12
Mr: oh::? [mo giusepp parl [be:n? ((allunga una mano per
13
14
J:
15
G:
16
17
J:
18
19
20
Mr:
21
G:
22
Sia Mr sia J dimostrano di aver compreso quanto era implicito nel turno di G alla r. 8:
Mr, infatti, si affretta a esprimere solidariet e apprezzamento per J, affermando che
ora9 egli parla bene; J, invece, manifesta apertamente il suo orientamento linguistico,
dichiarando di voler parlare inglese. Stranamente, per, questa affermazione non
formulata in inglese, ma in dialetto: tale comportamento si pu spiegare come una
convergenza linguistica di J verso il codice-base dellinterazione (che, in effetti, sarebbe
litaliano: ma abbiamo gi visto come per J il dialetto rappresenti lopzione pi vicina
allitaliano tra quelle a sua disposizione).
Emerge quindi un secondo contrasto: da una parte la spinta di G perch J parli
italiano, dallaltro il rifiuto di J (che contrasta per con il suo effettivo comportamento).
probabile che ora voglia sottintendere ora che ha sposato una donna italiana: G stessa, durante una
conversazione con il ricercatore, ha infatti affermato di stimolare spesso il marito a parlare in italiano e di
insistere perch migliori la sua competenza linguistica.
197
Alle rr. 15-16 G reagisce ribadendo la propria posizione (J deve parlare in italiano),
anche se la mitiga aggiungendo un po.
interessante la reazione di J alle rr. 17-18: riprende la frase di G per rovesciarla
ironicamente (i parl italian), poi si volta verso Mc e pronuncia una frase che mette
in scena in maniera caricaturale le proprie limitate capacit di parlare italiano (s no s
no). In base a quanto visto nei capitoli precedenti (e in particolare nel paragrafo 3.3.),
sembra possibile considerare questultima frase un vero e proprio CS: non perch essa
commuti tra due sistemi grammaticali distinti, ma perch, in questo contesto, svolge una
precisa funzione (teatralizzare linadeguatezza di J attraverso una mimesi delle sue
produzioni linguistici) che la isola e incornicia rispetto al resto della produzione. In altri
termini, pur non essendo distinguibile dal resto dellenunciato per le sue caratteristiche
lessicali o fonologiche, esso svolge in questo contesto una funzione ben definita ed
quindi caratterizzabile come un CS dal punto di vista comunicativo. La frase, inoltre, ha
una precisa rilevanza identitaria, in quanto tramite essa J convoglia una propria
immagine di parlante non competente.
Alle rr. 19 e 21 G risponde al turno di J, prima ribadendo il proprio disaccordo
(no), poi contestando lintonazione ironica usata da J ( na cosa seria). Mr, da parte
sua, continua la strategia di solidariet gi dimostrata in precedenza: il suo turno alla r.
20 (s e no eh), accompagnato da un cenno affermativo, un apprezzamento delle sia
pur limitate capacit linguistiche di J. Mc, invece, si orienta verso la posizione di G,
confermando quanto ella ha detto (r. 22).
Es. 50c (USA, Pr 1a)
23
24
Mr:
25
Mc:
26
J: =i parl diaLE::tt.
27
28
29
30
A:
[( ve::ro)
[ha ragione Giulia.
[no proble:m.
[((scuotendo la testa)) <ANCHE IL DIALETTO : (6 sill)>
198
Di fronte alle reazioni dei familiari, J compie un aggiustamento della propria posizione:
dichiara di non voler parlare inglese, ma dialetto (rr. 23 e 26). G e A accettano questa
posizione, ma dimostrano anche una diversa valutazione di quanto J ha appena
affermato: se infatti J sembra considerare il dialetto come una scelta alternativa rispetto
allitaliano, G e A sembrano invece ritenerla unopzione accettabile (r. 27) o addirittura
una variet compresa nella stessa categoria dellitaliano (r. 30). Ancora una volta, in
gioco una valutazione di tipo sia metalinguistico, sia metapragmatico: lappropriatezza
situazionale delluno e dellaltro codice vista in maniera diversa dai diversi parlanti, ed
quindi soggetta a negoziazione.
Il turno di A alla r. 30 sovrapposto a quello di Mc riportato nelles. 50d.
Es. 50d (USA, Pr 1a)
31
Mc: [I KNO:W, I KNO:W JOE. (.) I know che forte che tu vai
32
a [parl: in italia::no,
33
Mr:
34
35
Mr:
36
J: s:.=
37
38
39
[(eh no:)
[e (povr figghi:)
t fa cap:? [sforziamoci la
mente.
Mr:
40
[(eh beh lo
mba::r?)
41
J:
[(1-2 sill)?
42
43
Mr prosegue ancora la sua strategia di solidariet nei confronti di J: esprime empatia per
lui (r. 35) e lo incoraggia a migliorare la sua competenza dellitaliano (rr. 39 e 42). Mc
tenta invece di convincerlo a seguire le indicazioni di G: dimostra comprensione per le
sue difficolt linguistiche (rr. 31-32 e 34), ma afferma anche limportanza di parlare in
italiano, come sostiene G (rr. 37-38).
Quanto Mc dice alla r. 34 (parlare italiano difficile per voi che siete nati qua)
ha anche una rilevanza identitaria. Parlando a J, non usa la seconda persona singolare,
ma un voi che include J in una categoria pi ampia (i membri della seconda
199
45
G:
46
Mc:
47
48
Ma:
49
[fa
nie::nte joe
50
51
Mc:
52
A:
53
54
G:
10
E. Goffman definisce faccia (face) an image of self delineated in terms of approved social attributes
(cfr. Goffman 1967, Brown & Levinson 1987). Ogni membro di un gruppo sociale, nellinteragire con gli
altri, ha interesse a mantenere la propria faccia e a non svalutarla con comportamenti socialmente
disapprovati; inoltre ognuno degli interattanti ha anche interesse a salvare la faccia degli altri, onde evitare
situazioni che possono causare imbarazzo. Per questo, nellinterazione si tende normalmente ad evitare i
face-threatening acts, ossia tutto ci (azioni, parole, gesti, situazioni) che pu minacciare la faccia delle
persone presenti. Questo salvare la faccia (face-saving) fa parte di una complessa serie di rituali che
hanno il fine di mantenere linterazione fluida e di contenerla entro i canoni socialmente accettabili.
200
55
56
57
J: ((a Mc))
58
[s.
Ognuno dei familiari produce dei turni che, in maniera diversa, tendono a sminuire
quanto detto da J: G lo incoraggia a migliorare il suo italiano (r. 45), Mc valuta
positivamente le sue capacit (rr. 46-47) e sminuisce la sua paura di commettere errori
(rr. 48-49, 53 e 55), A dimostra solidariet affermando di avere gli stessi problemi con
linglese (r. 50). Si tratta di atti improntati a un principio di politeness e finalizzati a
difendere la faccia di J.
Alle rr. 54, 56 e 58, G propone un cambio di topic, offrendo agli zii del vino.
Es. 50f (USA, Pr 1a)
59
Mc:
60
61
J:
62
[no: i pa:rl
>n ppnzann a me<
63
64
Mr: e::h.
65
66
J:
67
68
J:
69
70
[na:::
[na:::
71
J:
72
73
201
J: ((a G))
75
76
G:
77
J:
78
79
80
81
82
G:
83
84
Mc: bianco me:glio. sai perch =non fa venire il so:nno disse pap
Con laccettazione dellofferta da parte di Mc (r. 78) si apre una nuova sequenza.
Questo episodio interessante innanzi tutto perch permette di vedere in opera
vari processi di negoziazione identitaria, implicita o esplicita. Nel corso dellinterazione,
emergono vari tipi di identit, basati sullesibizione e attribuzione di competenze
specifiche (ad es. quella relativa alla definizione dellevento linguistico in corso) o di
preferenze linguistiche (lorientamento di J verso linglese). Ciascuna di queste identit
ha valore locale e pu essere soggetta a riaggiustamenti e riposizionamenti nel corso
dellinterazione.
In secondo luogo, in questo episodio emergono in maniera piuttosto evidente i
meccanismi con cui vengono negoziati sia lorientamento linguistico dei parlanti, sia
lappropriatezza dei codici allinterazione in corso, dimostrando ancora una volta che n
luno n laltra sono pre-definiti, ma piuttosto dipendono da un lavoro di coordinamento
e allineamento tra i parlanti. Tale negoziazione presente in maniera consapevole nella
coscienza dei parlanti, dato che, come abbiamo visto, alle rr. 27-30 la discussione si
sposta su un piano esplicitamente metalinguistico e metapragmatico.
202
Infine, esso permette di vedere come la definizione funzionale del CS (visto cio
come alternanza di codici portatori di significato sociale) vada distinta da una sua
definizione meramente grammaticale.
5.5. Conclusioni
Lanalisi condotta in questo capitolo ha permesso di evidenziare come, in un
singolo nucleo familiare, possano essere presenti repertori linguistici, orientamenti e
pattern di uso estremamente variegati, non solo tra parlanti di generazioni diverse, ma
anche tra membri della stessa generazione. La preferenza linguistica dimostrata da un
parlante pu costituire gi di per s un importante indicatore della sua attitudine nei
confronti delle possibili identit a sua disposizione. Nel caso di J, ad esempio, abbiamo
visto come il suo orientamento generale verso linglese costituisca per gli altri parlanti
un importante criterio di categorizzazione della sua identit, che condiziona il loro
comportamento nei suoi confronti; inoltre, esso permette di valutare quali dei suoi usi
linguistici si possano considerare normali e quali devianti. Linterpretazione del CS
deve quindi tener conto innanzi tutto del repertorio a disposizione dei parlanti e
dellorientamento linguistico da essi dimostrato.
Questi due fattori vanno poi ad interagire con le circostanze locali
dellinterazione: il codice-base che viene negoziato in una particolare sequenza; le lingue
usate nei turni precedenti e seguenti e leventuale valore oppositivo di una lingua rispetto
allaltra; le funzioni discorsive e interazionali che il CS svolge; il modo in cui i parlanti
negoziano la valutazione dei topic discussi; le strutture partecipative; e infine, un gran
numero di indici di contestualizzazione come la prosodia, la gestualit, la postura
corporea ecc. Questo complesso intreccio di fattori fa s che le diverse lingue del
repertorio vengano attivate in modi diversi e con funzioni diverse: il CS non ha dunque
un valore pre-definito, ma va interpretato a seconda del suo contesto di occorrenza. Solo
unanalisi accurata dellinterazione in corso pu permettere di individuare quale
funzione, tra le molte possibili, il CS effettivamente svolga.
203
Ci vale anche per la sua rilevanza identitaria, che emerge non da legami linguaidentit stabiliti a priori, ma piuttosto dallinterplay tra lorientamento generale dei
parlanti e le circostanze contestuali che determinano le loro scelte linguistiche. Nel caso
di J, ad esempio, abbiamo potuto vedere come luso dellinglese non implichi
necessariamente un dis-allineamento rispetto allidentit italiana (o viceversa), sia
perch luso delluna o dellaltra lingua legata spesso a strategie di strutturazione
discorsiva (contrasto, messa in rilievo, citazione, ecc.), sia perch la rilevanza o meno di
una identit non dipende soltanto dalla lingua usata, ma viene negoziata su base locale.
Inoltre, la posizione di J rispetto allidentit italiana non unica e fissa, ma varia nel
corso dellinterazione, a volte allineandosi a volte distanziandosi da quella dei suoi
familiari: non esiste una identit di J, assegnabile a priori e una volta per tutte, ma si
deve parlare piuttosto di un repertorio di possibilit identitarie, allinterno del quale egli
si posiziona in modi diversi a seconda delle circostanze sempre mutevoli
dellinterazione. Il CS pu essere rilevante per il suo posizionamento identitario, ma pu
anche non esserlo e svolgere invece funzioni di altro tipo.
204
Capitolo 6
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
6.1. Regole versus regolarit strutturali
6.2. Analisi del contesto
6.3. Impossibilit di stilare una lista chiusa di funzioni per il code-switching
6.4. Linterazione sociale come negoziazione
6.5. Comportamento linguistico e fattori macro-sociali
6.6. Lidentit come costrutto dinamico
6.7. Identit discorsiva versus identit stabile?
205
tratti
che ogni azione ingenera negli altri partecipanti allinterazione. Questa metodologia si
basa sulla concezione dellinterazione discorsiva come incessante gioco di azioni e
reazioni, nel quale ogni partecipante riconsidera e riposiziona le proprie azioni per
rispondere a quelle dei turni precedenti. Pertanto, se si vuole sostenere che una data
azione (nel nostro caso, un CS) ha effettivamente un valore interazionale, sar necessario
assumere la prospettiva dei partecipanti allinterazione e osservare quali effetti quella
data azione provochi su di loro. Si tratta insomma di non sovrapporre allinterazione in
corso una prospettiva analitica esterna e formulata a priori, ma piuttosto di interpretare
le azioni dei partecipanti attraverso le procedure da essi stessi utilizzate per strutturare
linterazione. Tale metodologia, proprio perch fortemente empirica, ha il vantaggio di
basarsi su fenomeni osservabili, piuttosto che su costrutti astratti.
Il contesto, in questo senso, sar da intendersi soprattutto come linsieme delle
azioni che, di turno in turno, ognuno dei partecipanti svolge tramite il CS (mediazione,
segnalazione di particolari strutture partecipative, evidenziazione del discorso riportato,
ecc.). Emblematico, a questo proposito, il caso della convergenza o divergenza
linguistica esaminato in 5.3.1, dove abbiamo mostrato che necessario comprendere
dove, come e a quale scopo il CS viene usato, prima di supporre una sua rilevanza per la
negoziazione dellidentit.
Ci implica anche un importante portato teorico e metodologico: non detto che il
CS debba avere sempre e comunque un valore sociale e identitario. Esso
potenzialmente dotato di tale valore, che per viene messo in atto dai parlanti attraverso
procedure negoziate a livello locale. Lanalisi di tali procedure permette di dimostrare la
rilevanza identitaria del CS.
Local meanings of language alternation [] are built into the context in and
for which they are produced. [] The local function of language alternation
is not selected by speakers out of a list of pre-established categories, but is
arrived at in each case with the help of more general principles [].
Interactants start out seeing the new language as a departure from what has
happened thus far; they then determine which properties of the situation are
affected.
208
Ovviamente, tale categorizzazione non viene conseguita solo attraverso il CS, ma anche attraverso
numerose altre pratiche discorsive, molte delle quali sono analizzate in Ciliberti 2007: gli studi compresi in
questo volume si occupano, ad esempio, delle discussioni sul cibo, delle narrazioni autobiografiche, delle
descrizioni di s e degli altri, dei procedimenti attraverso cui viene conseguito il riferimento a persone
presenti o assenti, della ricerca di parole, dei ruoli discorsivi, ecc., tutti mezzi attraverso i quali i parlanti
negoziano e costruiscono le categorie identitarie.
210
212
Bibliografia
Aa. Vv. (2005), Verso lAmerica. Lemigrazione italiana e gli Stati Uniti, Roma, Donzelli
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222
224
APPENDICE 1
Convenzioni di trascrizione
Le convenzioni di trascrizione sono quelle comunemente in uso nellambito dellanalisi della
conversazione, basate sul sistema elaborato da Gail Jefferson (cfr. Atkinson & Heritage 1984, pp.
ix-xvi).
Non viene riportata punteggiatura in senso tradizionale. Le parole non sono riportate in grafia
fonetica, ma nella normale grafia italiana o inglese. Sono stati indicati con simboli IPA solo alcuni
fenomeni come la centralizzazione di vocali in schwa (), quando essi rappresentano evidenti
marche di variet dialettali o regionali.
Simboli utilizzati:
(1.5)
(.)
(parola)
(all the/other)
segmento incomprensibile
(2 sill)
((
))
fra doppie parentesi sono inseriti elementi non verbali (es. gesti, espressioni
del viso, postura, sguardo) o informazioni su ci che avviene durante la
conversazione (es. spostamenti, manipolazione di oggetti, avvenimenti di
vario genere)
so::
intonazione sospesa
intonazione discendente-conclusiva
hm / mh
risate
(h)
espirazione
.h
inspirazione
capi-
no
pronuncia enfatica
225
NO
parola
parola
>parola<
<parola>
I nomi dei parlanti sono indicati allinizio di ogni turno, sostituiti dalle iniziali (ad es. F), oppure
dalliniziale e una seconda lettera (ad es. Mc e Mr) quando c possibilit di equivoci. Quando essi
vengono citati nel corso della conversazione, sono sostituiti da nomi di fantasia.
Quando il parlante non identificabile o di incerta identificazione, il nome viene sostituito o
affiancato da un punto interrogativo.
Allinizio di ognuno degli esempi riportati, indicata una numerazione progressiva, la provenienza
dei dati (AUS per Australia, USA per Stati Uniti), la famiglia (Pr, Vn, Pt ecc.) e il numero del CD
contenente la registrazione:
Es. 11 (USA, Pr 2a)
tondo
italiano
neretto
dialetto
corsivo
inglese.
226
APPENDICE 2
Questionari somministrati alle famiglie dopo la registrazione
Questionario per la prima generazione di immigrati (nati in Italia)
Basic personal information
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
Languages
10.
11.
12.
13.
With whom do you speak Italian outside your family? (colleagues at work, friends, associations,
church, etc.)
15.
16.
17.
18.
What kind of people are you in contact with? Italians? Americans? Both?
20.
21.
22.
23.
24.
227
25.
26.
What are the activities that for you represent a connection with Italy? (cooking? special
celebrations, etc.)
27.
Are there groups or initiatives in your area that center around Italy or Italian? How do you feel
about them?
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
Languages
12.
What language(s)/dialect do you speak at home in your immediate family? If more than one, in what
circumstances?
13.
14.
15.
Have you (any of your family members) ever studied Italian in school?
16.
Do you ever read Italian? If yes, what (newspapers, magazines, cartoons, fiction, etc.)?
17.
Do you ever speak Italian/an Italian dialect outside home? If yes, whom with? In what
circumstances?
18.
Do you have any contact with Italians in Italy: relatives/ friends? Do you correspond with them? If
so, in what language?
19.
Do you remember any Italian poems, games, songs, tongue twisters, riddles, fairy tales, or sayings?
If so, from whom did you learn them?
20.
228
21.
In case you speak more than one language, is there a language that you prefer?
22.
23.
25.
What kind of people are you in contact with? Italians? Americans? Both?
26.
27.
28.
29.
30.
Do you have any funny (or other) experiences with your last name? Do people pronounce it
correctly? (if not) does it ever bother you? Did you or your relatives change their name? (spelling/
English translation)
31.
32.
33.
What are the activities that for you represent a connection with Italy? (cooking? special
celebrations, etc.)
34.
What about the members of your family (sons, daughters, parents). What activities connect them to
Italy?
35.
Are there groups or initiatives in your area that center around Italy or Italian? How do you feel
about them?
229
APPENDICE 3
Descrizione delle famiglie registrate
(informazioni desunte dai questionari)
DATI AMERICANI
Famiglia Pr
Alla registrazione partecipano:
- Mr, 68 anni (prima generazione);
- A, 71 anni, sorella di Mr (prima generazione);
- Mc, 73 anni, marito di A (prima generazione);
- J, figlio di Mr, 32 anni (seconda generazione);
- G, moglie di J, 30 anni, italiana.
Lincontro si svolge durante una cena (ore 19,40-21,30) nella sala da pranzo della casa di J e G in
un sobborgo presso Princeton, New Jersey. I partecipanti rimangono prevalentemente seduti intorno
al tavolo.
Non stato possibile sistemare entrambe le videocamere, per mancanza di spazio. La videocamera
stata comunque sistemata in modo da riprendere lintera tavola. Video e audio sono buoni.
La famiglia di J molisana, originaria di Pettoranello, in provincia di Isernia (mentre per G, v.
sotto). Allincontro avrebbe dovuto partecipare anche la madre di Mr e A, novantenne, che non ha
potuto in quanto indisposta.
I membri pi anziani della famiglia (Mc, A e Mr) parlano prevalentemente in un italiano misto di
forme dialettali, anche se A e Mr alternano spesso segmenti anche piuttosto estesi in inglese. J
parla quasi esclusivamente inglese, inframmezzato da espressioni in dialetto. G perfettamente
bilingue, ma si esprime quasi sempre in italiano.
Mr nata a Pettoranello (Isernia) nel 1936. Ha frequentato la scuola fino alla quarta elementare e ha
svolto soprattutto attivit di casalinga. vedova e ha cinque figli. emigrata in America nel 1955,
a 19 anni, e da allora tornata tre volte in Italia. In famiglia parla inglese, dialetto e italiano
(dichiara di frequentare anche corsi di inglese, che comunque parla abbastanza correttamente);
capisce un po di spagnolo. Parla italiano con amici e parenti italiani e frequenta sia italiani, sia
americani. Mantiene contatti con parenti e amici in Italia. Attualmente non fa parte di associazioni
italiane (a cui era invece iscritta finch era in vita il marito), ma qualche volta partecipa alle loro
feste e iniziative.
A nata a Pettoranello (Isernia) nel 1933. Ha frequentato la scuola fino alla quarta elementare, poi
ha lavorato in ospedale e come bambinaia e ha fatto la casalinga. sposata con tre figli. emigrata
in America nel 1955, a 22 anni, e da allora tornata una sola volta in Italia. In famiglia parla
inglese, dialetto e italiano, fuori dalla famiglia parla italiano con parenti e amici. I suoi vicini sono
soprattutto americani; frequenta sia italiani sia americani e mantiene contatti con i parenti in Italia.
Non fa parte di associazioni italoamericane e partecipa poco alle loro iniziative, ma frequenta vari
italoamericani in chiesa.
Mc nato a Pettoranello (Isernia) nel 1930. Ha frequentato la scuola fino a quindici anni, studiando
agraria, poi ha lavorato come contadino. emigrato in America a 25 anni, nel 1955. in famiglia
parla italiano, dialetto e inglese (con il quale per dichiara di provare ancora parecchia difficolt).
Parla italiano con amici e parenti e frequenta sia italiani sia americani. Non fa parte di associazioni
italoamericane e partecipa raramente alle loro iniziative.
230
J nato a Princeton (New Jersey) e ha sempre vissuto l. laureato in architettura; sposato e non
ha figli. In famiglia, parla dialetto e inglese; con la moglie parla anche in italiano. Capisce litaliano
e il dialetto (oltre a un po di spagnolo) e qualche volta a legge giornali italiani, ma non
abitualmente. stato in Italia un paio di volte e mantiene contatti con i parenti in Italia, mentre in
America parla solo occasionalmente italiano o dialetto fuori dalla famiglia. Nella sua scuola cerano
corsi di italiano e nella sua comunit cerano molti italoamericani. Frequenta sia italiani sia
americani e fa parte di alcune associazioni di italoamericani. Sottolinea con un certo orgoglio la sua
identit di italoamericano e ci tiene a far notare di aver conservato le tradizioni e di aver sposato
unitaliana.
G nata in Sudafrica da genitori italiani, originari di Arpino. tornata in Italia a 12 anni e ha
compiuto gli studi fino alla laurea in lingue, vivendo tra Gaeta e Napoli. emigrata in America nel
2000 per ragioni di lavoro (accompagnatrice turistica) e l ha sposato J (nel 2002 o 2003). Parla
italiano, inglese e afrikaans.
Famiglia Vn
Alla registrazione partecipano:
- F, 53 anni (prima generazione);
- Sv, padre di F, 81 anni (prima generazione);
- R, moglie di Frank, 51 anni (prima generazione);
- Rs, madre di R, 74 anni (prima generazione);
- Ra, figlia di F e R, 17 anni (seconda generazione);
- L, sorella di F, 35 anni circa (seconda generazione);
- Fr, marito di R, 35 anni circa (seconda generazione);
- i tre figli di L e Fr: St, G e J, di et compresa fra 1 anno e mezzo e 5 anni circa (terza
generazione).
Il setting dellincontro la camera da pranzo della famiglia Vn, a Stamford (Connecticut). La
registrazione stata effettuata durante un fine settimana, nel corso di un brunch (ore 10-11 circa).
Le videocamere sono sistemate in due angoli della stanza, lungo la stessa parete. Un
audioregistratore stato sistemato al centro della tavola. Video e audio sono buoni, tranne per
alcune interferenze dello stereo acceso nelle vicinanze della videocamera n. 1.
La famiglia di origine calabrese, con leccezione di Fr, di origine pugliese. F e R hanno altri tre
figli pi grandi, non presenti allincontro.
F nato a Girifalco, provincia di Cosenza, nel 1951. In Italia ha preso il diploma da geometra, poi
emigrato in America nel 1969, a diciotto anni, e ha continuato gli studi laureandosi in ingegneria.
sposato con quattro figli. tornato in Italia cinque volte. A casa parla italiano, inglese e dialetto;
conosce anche un po di spagnolo. Frequenta amici e colleghi con cui parla italiano, mentre nel suo
vicinato abitano soprattutto americani. Mantiene contatti con amici e parenti in Italia. Fa parte di un
gruppo sportivo (calcistico) di italiani, al quale ha iscritto anche i figli (due dei quali hanno
compiuto studi in Italia, a Firenze). Prende parte alle iniziative delle associazioni italoamericane del
quartiere.
Sv nato nel 1929 a Girifalco, in provincia di Cosenza. Ha frequentato le scuole fino alla quinta
elementare e ha fatto soprattutto lavori manuali (contadino, uomo di fatica). sposato con quattro
figli. emigrato in America nel 1969, allet di 40 anni, e da allora tornato varie volte in Italia. In
casa parla soprattutto calabrese, mentre dichiara di conoscere molto poco linglese perch non ha
mai avuto tempo di studiarlo (durante la registrazione, dimostra di capirlo almeno a un livello
elementare, mentre non lo parla mai). A volte parla italiano con colleghi, amici ecc., mentre i suoi
vicini di casa sono di altre nazionalit. Frequenta sia italiani (soprattutto familiari), sia americani;
231
Famiglia Pt
Alla registrazione partecipano:
- E, 81 anni, originaria della provincia di Parma (prima generazione)
- A, figlia di E, 52 anni (seconda generazione);
- An, 25 anni, e Al, 17 anni, figli di A (terza generazione).
Il setting la sala da pranzo di casa Pt, nel Bronx, in una zona (Westchester) dove risiedono
numerosi italiani e dove sono attive numerose associazioni di italo-americani. La registrazione dura
unora circa ed stata effettuata durante un pranzo domenicale.
Le videocamere sono puntate ai due lati del tavolo. La visibilit non ottima, perch il poco spazio
a disposizione nel soggiorno ha costretto a disporre le telecamere molto vicine al tavolo; sono
comunque visibili tutti i partecipanti allincontro e laudio buono, tranne per qualche interferenza
della TV accesa nella stanza accanto.
I partecipanti allincontro rimangono seduti al tavolo per quasi tutta la durata del pranzo.
E parla prevalentemente italiano con segmenti in inglese. A e i due figli capiscono litaliano ma non
lo parlano (anche se, secondo E, sua nipote An sarebbe capace di farlo piuttosto bene).
E nata a Ghieri di Verceto (Parma) nel 1923. andata a scuola fino alla terza elementare e poi ha
fatto la casalinga. vedova, con tre figli. emigrata in America nel 1951, a 28 anni, ed tornata
varie volte in Italia, anche se non di recente. In famiglia parla italiano, dialetto e inglese; mantiene
232
contatti telefonici piuttosto frequenti con i parenti in Italia. In America ha numerosi vicini di casa e
amici con i quali parla sia italiano sia dialetto. Si dichiara molto soddisfatta della vita in America e
frequenta sia italiani sia americani. Ha frequentato associazioni di italoamericani finch era in vita il
marito, mentre ora non lo fa pi e non partecipa nemmeno alle loro iniziative.
A nata a New York (Bronx) nel 1952 e vissuta sempre l. Ha il diploma di scuola superiore e
lavora come business manager. sposata con due figli. stata varie volte in Italia, anche se non
ci va regolarmente. Parla solo inglese, ma capisce litaliano e il dialetto parlato dalla madre.
Frequenta i gruppi di italoamericani della sua zona e si dichiara molto legata alle tradizioni italiane.
An nata a New York (Bronx) nel 1979 e vissuta sempre l, in una zona residenziale abitata da
molti italiani. Ha un titolo di studio di BA (Bachelor of Arts, corrispondente grossomodo a una
laurea italiana di primo livello) in Fashion Merchandising e lavora come rappresentante in un
negozio di abbigliamento. Non mai stata in Italia. Durante la registrazione parla solo inglese, ma
capisce litaliano (che ha studiato anche a scuola), ma non il dialetto. Non ha contatti con amici o
parenti italiani e legge raramente stampa in italiano. Non fa parte di associazioni italoamericane.
Al nato a New York (Bronx) nel 1987 e sempre vissuto l. Frequenta la scuola superiore. Non
mai stato in Italia; parla solo inglese e dichiara di non capire n litaliano n il dialetto (anche se
dalla registrazione sembrerebbe dimostrare una comprensione almeno elementare dellitaliano) e di
non leggere mai stampa in italiano. Conosce un po di spagnolo. Ha contatti con italiani o
italoamericani (parenti, amici), con i quali per parla in inglese. Nella sua zona ci sono molti
italoamericani e varie associazioni, ma non fa parte di nessuna di esse.
DATI AUSTRALIANI
Famiglia An
Alle registrazioni partecipano:
- N, 71 anni (prima generazione);
- E, 33 anni, figlia di N (seconda generazione);
- R, 38 anni, figlio di N (seconda generazione), con la moglie M, di origine greca, e
la figlia D, dellet di 15 mesi;
- J, 10 anni, figlio di E (terza generazione)
Con questa famiglia sono stati registrati due incontri. Il primo (cd-Rom 1a e 1b) si svolto a casa di
N a Melbourne, durante una cena; partecipano tutti i membri della famiglia sopra elencati. Il
secondo incontro (cd-Rom 1c) si svolto a casa di a casa di E, sempre a Melbourne; partecipano N,
E e J.
Sono disponibili solo i questionari di N, E e R.
N nata nel 1934 a Rofrano, in provincia di Salerno, ed arrivata in Australia a 28 anni, nel 1962.
Ha frequentato le scuole fino all'et di 8 anni, poi ha fatto la casalinga. tornata in Italia solo una
volta, nel 1974. A Rofrano ha lasciato una sorella e vari parenti. vedova e ha altri due figli, oltre
E; suo marito era originario di Senigallia. Parla inglese, italiano e dialetto rofranese. Parla italiano
con amici che frequenta in chiesa o con commercianti di origine italiana, e rofranese con alcuni
paesani. Ha qualche problema a capire l'inglese quando parlato troppo stretto. Non appartiene a
nessuna associazione di italiani in Australia. Frequenta persone di tutte le etnie.
E nata a Melbourne, dove ha sempre vissuto. laureata e lavora come assistente sociale.
divorziata dal marito italiano (padre di J) e attualmente vive con una compagna. stata in Italia
quando era molto piccola e progetta di tornarci. In famiglia parla italiano e inglese; capisce il
233
dialetto della madre e, a causa del suo lavoro, frequenta molti anziani di origine italiana e capisce i
loro diversi dialetti. Ha studiato italiano a scuola, legge giornali, riviste e romanzi in lingua italiana
e parla italiano anche con amici e al lavoro (dichiara che litaliano la lingua che preferisce.
Appartiene all'associazione Arci-Lesbica Australia e fa parte di un support group di lesbiche
italo-australiane.
R nato a Melbourne dove ha sempre vissuto. Ha un titolo di studio di high school e svolge lavori
manuali di giardinaggio. sposato e ha un figlio. stato in Italia da bambino e poi ci tornato per
il viaggio di nozze. Nel suo ambiente familiare di solito parla in inglese, ma capisce sia l'italiano
sia il dialetto della madre; a volte usa anche litaliano, con i parenti che conoscono poco l'inglese;
legge la stampa italiana pubblicata a Melbourne. Sa un po' di greco, per via della moglie di origine
greca. Dichiara comunque di preferire linglese. Non appartiene a nessuna associazione di italiani in
Australia. Frequenta persone di tutte le etnie.
Famiglia Bl
Alla registrazione partecipano:
- G, 81 anni (prima generazione);
- A, 72 anni, moglie di G (prima generazione);
- F, 42 anni, figlia di G e A (seconda generazione);
- V, 47 anni, figlio di G e A (seconda generazione);
- N, 44 anni, moglie di V (prima generazione);
- B, 15 anni, figlia di V e N (terza generazione);
- R, 13 anni, figlio di V e N (terza generazione);
Lincontro di svolge in casa di V, a Melbourne.
G nato a Castiglione Casauria, in provincia di Pescara ed arrivato in Australia a 28 anni.
pensionato. In famiglia e a casa parla abruzzese, italiano e inglese. Al di fuori della famiglia parla
italiano con colleghi di lavoro, amici, membri delle associazioni e persone che frequenta in chiesa.
membri di due associazioni di italiani (Co.As.It e Italian Pensioners' Club). stato in Italia cinque
volte.
A nata nello stesso paese di origine del marito ed arrivata in Australia a 22 anni. In famiglia
parla dialetto abruzzese, ma conosce anche litaliano e linglese. Fa parte dell'Italian Pensioners
Club.
F nata a Melbourne. Ha compiuto studi universitari e post-graduate e lavora come insegnante di
lingue nella high school. Non sposata e non ha figli. Va in Italia ogni due anni.
Parla abruzzese con la madre, inglese con il fratello e con i nipoti, italiano con il padre. Inoltre parla
italiano a scuola, con i colleghi e con i suoi studenti. Legge la stampa italiana e mantiene relazioni
via telefono, posta ed e-mail con i parenti in Italia. Dichiara di preferire la lingua italiana.
Conosce diverse altre lingue: giapponese, spagnolo e indonesiano. Non appartiene a nessuna
associazione di italiani in Australia e ha conoscenze con persone di provenienze diverse.
V nato a Melbourne. Ha studiato la lingua italiana alle scuole superiori e all'universit e insegna
italiano in una scuola superiore; ha vissuto in Italia per 4 anni. A casa parla inglese e abruzzese e
legge stampa italiana. Non mantiene contatti con italiani residenti in Italia e non fa parte di nessuna
associazione italiana a Melbourne.
N nata in Italia, in provincia di Catanzaro; arrivata in Australia a 3 anni e da allora non mai pi
tornata in Italia. Ha frequentato la scuola fino all'et di 16 anni, poi ha fatto la casalinga. Parla
inglese, dialetto calabrese e dialetto abruzzese.
B nata a Melbourne, dove frequenta la scuola superiore. stata in Italia con i nonni. In casa parla
inglese e dialetto (abruzzese e calabrese, con i rispettivi nonni). Capisce la lingua italiana e i dialetti
234
del padre e della madre. Studia italiano a scuola e legge giornali e libri scolastici in italiano. Non
frequenta nessuna associazione di italiani in Australia.
R nato a Melbourne e non mai stato in Italia. In famiglia parla inglese, ma capisce litaliano e lo
studia a scuola; non capisce invece il dialetto. Legge italiano ad un livello elementare. Non fa parte
di associazioni di italiani in Australia e non ha corrispondenza o rapporti di amicizia con italiani.
Famiglia Pa
Alla registrazione partecipano:
- R, 52 anni (seconda generazione);
- C, 52 anni, marito di R (seconda generazione);
- J, 19 anni, e M, figlie di R e C (terza generazione).
- F, fratello di R, con sua cognata S (seconda generazione) e i due figli B e D (terza
generazione);
Con questa famiglia sono state registrati due incontri: al primo partecipano R, C e le due figlie M e
C, al secondo tutte le persone sopra elencate. Sono disponibili solo i questionari compilati da R, C e
J.
R nata in Australia ed sempre vissuta l. laureata e lavora come insegnante e come
bibliotacaria al CoAsIt, unassociazione di italiani. Parla normalmente inglese, ma capisce litaliano
parlato e il dialetto del paese da cui proviene la sua famiglia (Licodia Eubea in Sicilia). Non ha mai
studiato litaliano a scuola; parla italiano con i parenti pi anziani e ha contatti con i parenti in Italia
(in dialetto per telefono e in italiano via e-mail). Non fa parte di alcuna organizzazione italiana e ha
amici e conoscenti soprattutto australiani.
C nato in Australia e vi ha sempre vissuto. laureato e lavora come ingegnere aeronautico. Parla
normalmente inglese, ma capisce litaliano parlato e il dialetto del paese da cui proviene la sua
famiglia (Licodia Eubea in Sicilia). Non ha mai studiato litaliano a scuola. Parla italiano con i
parenti pi anziani e ha contatti telefonici (in italiano) con i parenti in Italia. Non fa parte di alcuna
organizzazione italiana e ha amici e conoscenti di nazionalit diverse. R e C hanno anche unaltra
figlia, non presente agli incontri.
J la figlia minore di R e C. nata in Australia e vi ha sempre vissuto. Frequenta luniversit. A
casa, di solito parla inglese, ma capisce litaliano parlato e un po del dialetto siciliano. Studia
italiano alluniversit e parla italiano con i parenti, anche se la sua competenza piuttosto
elementare. Frequenta soprattutto australiani.
Famiglia Pm
Alla registrazione partecipano:
- N, 81 anni (prima generazione);
- M, 70 anni (prima generazione);
- E, 34 anni, figlia di N e M (seconda generazione);
- U, 35 anni, marito di E (prima generazione);
- G, 5 anni, figlia di E e U (seconda/terza generazione)
- F, 16 anni, figlio di U (seconda generazione)
Lincontro si svolte in casa di N ed M.
235
Famiglia Mz
Alla registrazione partecipano:
- S, 65 anni (prima generazione);
- L, 66 anni, moglie di S (prima generazione);
- P, 36 anni, figlio di S e L (seconda generazione), con i figli H (8 anni) e M (10)
(terza generazione);
- G, 39 anni, figlia di S e L (seconda generazione), con il marito Z (37) e i figli A (3
anni) ed E (6) (terza generazione);
- C, fratello di Z (24 anni).
Non sono disponibili altre informazioni sui partecipanti allincontro.
236
APPENDICE 4
[NOME]
29.
Sixty-eight.
30.
S, a Pettoranello (Isernia).
31.
Fourth grade.
32.
Housewife.
33.
S.
34.
35.
Quarantanove anni.
36.
S, tre volte.
37.
Con la famiglia inglese e dialetto, a volte in italiano. Dopo tanti anni si perde la lingua italiana,
se non si usa.
38.
39.
40.
Parlo italiano quando trovo italiani; con mia mamma parlo in dialetto.
41.
42.
S, mi piace.
43.
Per me differente, perch per noi era una vita molto difficile in Italia, anni fa. Adesso
cambiata, qui, molto meglio, almeno per me: perch adesso buono in Italia, ma per me mi
trovo bene qui.
44.
Sono bravi.
45.
46.
Tutti e due.
47.
48.
49.
50.
51.
52.
53.
54.
237
An (prima generazione)
1.
[NOME]
2.
Seventy-one.
3.
S, a Pettoranello (Isernia).
4.
Quarta classe.
5.
Quando sono venuta, ho lavorato allospedale di Princeton. Poi sono stata a casa, ho avuto la
famiglia e ho fatto la bambinaia.
6.
7.
Tre figli.
8.
49 anni.
9.
Una volta.
10.
Italiano e americano.
11.
S, le prime volte. Per quattro anni ho avuto tante difficolt, poi ho imparato linglese in chiesa,
seguivo il prete. Adesso ho ancora qualche difficolt, litaliano pi bello.
12.
13.
Quanto incontro qualche persona del paese o di altri paesi, parliamo inglese. Con amici,
famiglie, whoever.
14.
15.
16.
Mah, lItalia ormai sono anni che sono qui, ma lItalia bella. Ci sono stata dieci anni fa e mi
sembrata veramente bella. La patria sempre la patria.
17.
18.
19.
20.
21.
Non troppo, perch lavoro. Solo in chiesa abbiamo una comunit, ci andiamo una volta al mese.
22.
23.
24.
25.
26.
27.
238
Mc (prima generazione)
1.
[NOME]
2.
73
3.
4.
Quindici anni.
5.
Contadino.
6.
S.
7.
Tre figli.
8.
49 anni.
9.
S, molte volte.
10.
Italiano ed inglese.
11.
Molta difficolt.
12.
Pettoranese.
13.
Amici.
14.
Americani.
15.
Mi piace.
16.
Qui meglio.
17.
Simpatici.
18.
No.
19.
Tutti e due.
20.
No.
21.
No.
22.
Parenti.
23.
Tutti e due.
24.
25.
26.
Cucina, feste.
27.
239
J (seconda generazione)
36.
[NOME]
37.
32.
38.
39.
Yes.
40.
Degree in architecture.
41.
Architect.
42.
Recently married.
43.
No.
44.
Isernia.
45.
A couple of times.
46.
...
47.
48.
Yes.
49.
50.
Yes.
51.
52.
Yes, sometimes.
53.
54.
55.
56.
57.
58.
59.
60.
Both.
61.
Yes.
62.
I was born in America, but I also feel Italian. Sometimes I say Im more Italian than my wife,
because we retained all the old Italian traditions.
63.
Italian.
64.
Dialect.
65.
No, they pronounce it properly. I know some people that changed their name, but not in our family.
66.
67.
It still plays a big role. My wife is Italian and I remain Italian, though I was born in America.
68.
69.
Cooking, feasts.
70.
240