Architettura Senza
Architettura Senza
Architettura Senza
A- T
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Crollate le ideologie, scomparso ogni simbolo che sia talmente
importante da essere celebrato per l'eternit, cambiati i modi di vve-
re e i luoghi dove spendere la propria esistenza non sembra essere
rimasto pi nulla che abbia acquisito il diritto di essere imperituro. Si
sono dovute mettere in disparte, quando non letteralmente dismesse,
le architetture della celebrazione poich sembra che abbiano perso il
senso del loro esistere. A queste si sono sostituite costruzioni f ugaci,
ef f imere, che rappresentano un tempo in cui nulla ha una durata su-
periore all' istante o alla distrazione, in un certo senso equivalenti. La
continua variazione dei parametri che stanno alla base del costruire e
della percezione e interpretazione dei manuf atti architettonici, co-
stretta a non avere il tempo per stabilizzarsi, o rallentare il suo ritmo,
sostituisce se stessa a se stessa. L'obsolescenza il parametro che
misura la durata delle cose. Per non entrare in questa partita sorge la
necessit di lottare continuamente contro se stessi e contro l'entropia
che la natura ha generosamente distribuito ovunque, in ogni luogo
antropizzato e non.
La teoria dell' entropia (. . . ) non si occupa della probabilit di successione in
una serie di elementi, bens della distribuzione generale dei tipi di elementi in
una disposizione data. Quanto pi lontana tale distribuzione da una distribu-
zione casuale, tanto minore sar l' entropia e pi alto il l i vel l o di ordine1.
Scendono in campo una serie di stratagemmi per condizionare il
128
Rudolf Arnheim, Entropy and Art. An Essay on dsorder and order, Regentsof th Univer-
si ty of Cali f orni a (tr. it., Entropia e arte. Saggio sul disordine e l'ordine, Einaudi, Torino,
2001, p. 28).
129
contesto in cui tutto ci avviene. L'architettura, nella sua manifesta-
zione fsica, rappresenta uno dei livelli pi alti della sfida del fare
umano al mondo intero e a se stessa. Questa sfida ha raggiunto in e-
poca contemporanea il livello pi alto di contraddizione e di rappre-
sentazione mai raggiunto. La tecnologia, che condiziona abbondan-
temente la produzione architettonica, soffre di una sorta di delirio di
potenza. Questa sua condizione egemone indebolisce ogni possibilit
di recupero del pensiero che si trova a doversi confrontare con situa-
zioni del tutto inattese, mai prima esperite.
6.1. Regole effimere
Effmero tutto ci che connotato da una breve durata, labilit,
caducit. Cos recitano i dizionari. Effmero, per quanto possibile
interpretare, ci che concerne una temporalit corta. Ma di quale
misura, di quale ordine di grandezza la brevit che determina
l'effmero? Per dare una mano alla confusione che si fatta imme-
diatamente strada si pu aggiungere un altro tassello:
se confrontiamo cinque mi nuti di Ludwig van Beethoven con cinque mi nut i
del movimento della terra quest' ul ti mo prosegue uniformemente durante quei
cinque mi nut i , mentre nei cinque mi nut i di Beethoven si hanno rallentamenti e
accelerazioni, dei ritorni al l ' i ndi etro e delle anticipazioni di temi che compari-
ranno successivamente. Si tratta dunque di un tempo indipendente dal tempo
esterno, che non potrebbe essere nemmeno concepito da organismi meno evolu-
ti (. . . ) cosicch, leggere la storia dell' universo come storia di un tempo auto-
nomo o di autonomia crescente del tempo una delle tentazioni pi interessanti
della scienza contemporanea".
Per altre vie Borges perviene ad analoga considerazione , che cio
possono coesistere tempi diversi, non solo in termini di misura, az-
zardando persine il crollo della monodirezionalit. Questo non aiuta
minimamente a dirimere la questione, anzi. Non v' dubbio che la
difficolt di stabilire quando un tempo breve e quando non lo
rende da una parte ancora pi complessa la risposta riguardante
l' effimero e dall' altra riapre i termini di un vincolo atavico col quale
2 llya Prigogine, La nascita del tempo, Bompiani, Mi l ano, I988, p. 24.
5 Cfr. Jorge Luis Borges, Ora/, Editori R i uni t i , Roma, 1981, p. 68.
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l' uomo ha sempre dovuto fare i conti. Durata e direzione temporale,
cos come appena sopra accennate, si troverebbero a collidere con le
primigenie considerazioni aristoteliche4, giocando ruoli indipendenti.
Ci si potrebbe persino trovare in presenza di archi temporali, relativi
a fenomeni analoghi, diversi fra loro.
Un'apertura del tutto inattesa proprio nell' ambito del fenomeno
pi difficilmente controllabile. Esso diventa inaspettatamente foriero
di prospettive e potenzialit illimitate, prima di tutto per ci che at-
tiene il tempo, ma di conseguenza, secondo la teorizzazione di Ein-
stein, in caduta su qualunque questione spaziale. Laddove introdot-
ta una variazione temporale si ha una conseguente mutazione dei pa-
rametri spaziali. Tutto ci conduce inevitabilmente in una direzione,
o meglio in infinite direzioni, quelle della continua apertura di pro-
spettive, in un territorio privo di ogni configurazione stabile, dove
ogni interpretazione contemporaneamente veritiera e fallace.
La nostra contemporaneit, pienamente immersa in questo mara-
sma, viaggia perennemente lungo canali multi direzionati dei quali
non si conoscono i limiti, nemmeno quel l i pi prossimi. Contempo-
raneo colui che,riceve in pieno viso il fascio di tenebra che provie-
ne dal suo tempo . Nell'epoca contemporanea sembra che siano
scomparsi tutti indistintamente i punti fermi, le certezze che hanno
guidato chi ci ha preceduto nella configurazione del mondo che ab-
biamo ereditato.
Alcune parole chiave come: mutazione, cambiamento, variazione,
l i qui do, impersistente, effimero e molte altre che negano ogni certez-
za stabile sono da qualche tempo entrate nel linguaggio corrente, a
conferma delle ipotesi che sottendono il filo del ragionamento sul
nostro tempo. Se questa la condizione del vivere nella contempora-
neit, per tutti i discorsi fin qui portati avanti, non sembra consiglia-
bile mettere in disparte questioni che diventano progressivamente
sempre pi contingenti, soprattutto per il fatto che incidono pesante-
mente sul fare architettonico attuale, sulla sua materializzazione, filo
conduttore e motivo del presente scritto.
Vivere in epoche dotate di un bagaglio di regole consolidatesi
lungo un lasso di tempo sufficiente per conferire alcune certezze ha
4 Cfr. Aristotele, Fisica, 219b.
Giorgio Agambcn, Che cos' il contemporaneo?. Not t et empo, Roma, 2008, p. 15 .
m
generato un insieme di procedure comportamentali che hanno fornito
un certo grado di sicurezza. Solitamente le regole hanno la funzione
di attribuire significato ai comportamenti. Le ritualit, che discendo-
no dall'applicazione delle regole, sono a loro volta un segno di ap-
partenenza che impongono contegni da esperire negli spazi della so-
cialit. Nella maggior parte dei casi i partecipanti si adeguano senza
sapere come e perch corre l'obbligo di rispettare certe regole piutto-
sto che altre.
Questa prassi, dell'adeguarsi supinamente senza sapere le motiva-
zioni che sottendono i comportamenti, divenuta una costante epo-
cale che, vi sono buone ragioni per ritenerlo, non risparmia certa-
mente il settore dell' architettura, delie costruzioni e del suo indotto.
Per chiarire l'argomento sufficiente riportare un esempio, surrogato
da un altro settore, valido per tutti. Quando si prendono le medicine
per guarire da una malattia, per buona parte della popolazione si trat-
ta di compiere un atto di fiducia, di totale sottomissione rispetto al l e
prescrizioni di un medico e/o farmacista. Non si conoscono n i
componenti la medicina n i metodi per produria, e tanto meno dove
agisce, cosa innesca all' interno del nostro organismo. Questo atto di
fiducia delega a terzi una delle questioni ritenute fra le pi importanti
da molti soggetti: la qualit della salute, e quindi della vita. Cio si
delega a un soggetto terzo la gestione di una parte ritenuta strategica
per una buona esistenza, diventando da soggetti a semplici oggetti di
cura. L'artista Damien Hirst si interessato dell'argomento chieden-
dosi come mai la gente si fida del farmacista per curarsi e non
dell'arte come medicina.
Come nascono gli armadiett delle medicine?
Credo di averli visti dal farmacista. Parlavo molto del mio lavoro con mia
madre, cercavo di spiegarle cosa facevo. una persona dalla mentalit aperta,
ma non riusciva proprio a capire. "A che cosa serve?". Non c'era verso di spie-
garglielo. Ero con lei dal farmacista, si stava facendo fare una ricetta e si fidava
completamente di qualcosa di cui non sapeva niente. Negli armadietti delle me-
dicine non ci sono bottigliette, sono impacchettate, come sculture formali, per-
fettamente organizzate. Dal farmacista mia madre guardava la stessa cosa che
facevo io e ci credeva ciecamente, mentre quando le vedeva in una gal l eri a
d'arte no. Secondo me era la stessa cosa, sapevo come stavano le cose e pensa-
vo: "Ah, se solo potessi fare un' arte che faccia lo stesso effetto", finch non ho
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deciso di farlo direttamente. Mi sempre piaciuta l' idea che l'arte possa curare
le persone6.
Accettare, consapevolmente o inconsapevolmente, cose scono-
sciute appartiene al salto nel buio che la suddivisione dei saperi riu-
scita a imporre alle societ, non dato sapere se scientemente o arta-
tamente. L'operazione cartesiana di frazionamento del sapere ha pro-
dotto il risultato della sostituzione nell'acccttazione fideistica. Se un
tempo era necessario credere a determinate imposizioni per far parte
della societ, oggi necessario credere nella scienza per motivi pro-
babilmente analoghi. La differenza sta nel fatto che forse il cambia-
mento dei fattori non produce necessariamente lo stesso risultato. La
farmacia, per dirla con Hirst, non una galleria d'arte. Il trasferimen-
to dei saperi e delle competenze non sempre garantisce congruit di
risultato, ma soprattutto non facilmente accettato.
6.2. Trasferimento effimero
Un approccio al mondo delle costruzioni di questo tipo potrebbe
apparire di difficile comprensione, magari tendenzioso, che nasconde
chiss qual i sotterfugi o stratagemmi, proprio laddove vi una diffu-
sa tendenza all'esaltazione della pratica del trasferimento tecnologi-
co. Una certa cautela non sarebbe disdicevole e magari pi utile di
quanto non sia dato pensare, in particolare quando un settore che non
ha grande conoscenza di un altro, cerca di surrogare da quest' ultimo
conoscenze e tecnologie delle qual i possiede solo nozioni superficia-
li. fuor di dubbio che la mera ripetizione, magari ottenuta mediante
sforzi superiori a quelli strettamente necessari, non ha molto senso;
in particolare non ha senso quando basta surrogare conoscenze, ma-
teriali e tecnologie di settori diversi. Ma il trasferimento richiede
anch'esso una dose di conoscenze che a volte non sono cos agevol-
mente disponibili in settori altri rispetto a dove si sviluppata la ri-
cerca o l'applicazione originaria. Cio si conosce il contesto di arri-
vo, ma assai poco quello di partenza. Cos trasferire non una sem-
6 Damien Hirst, Gordon Burn, On th Way to Work, Faber and Faber, London, 2001 (tr. il.,
Manuale per giovani artisti. L 'arte raccontata da Damien Hirst, Postmedia, Milano, 2004, p. 22).
133
plice azione meccanica, ma presuppone una dotazione dijmginalit e
di ricerca della soluzione pi consona al risultato che si vorrebbe ot-
tenere, conoscendo assai bene non solo il settore dove si vuole intro-
durre la novit, ma anche e non sommariamente quello da dove si in-
tende trasferire quel particolare qualcosa che pare utile alla soluzione
di determinate problematiche. Il risultato che si raggiunge sembre-
rebbe in ogni modo effmero, di breve durata, per il fatto che ogni
trasferimento costituisce esattamente uno dei modi, di quelle prassi
gi descritte nella conquista dei territori lasciati liberi7, che stimolano
il superamento.
Nel momento in cui le regole comportamentali saltano, a causa
dell' instaurarsi di nuovi e inaspettati fattori, le prime a non essere pi
frequentate sono proprio le ri tual i t. sufficiente porre attenzione al
fatto che tutti i modi di fare legati alla "buona creanza", per esempio,
sono oggi soppiantati dalla volgarit e dalla scortesia distribuita a
piene mani su ogni livello sociale, o che il rito dell' adorazione del l e
vetrine dei negozi ha preso i! posto della visita domenicale alla pa-
rentela. Ma forse l'aspetto che oggi non pu passare inosservato e
che ha un notevole impatto sul l a ri tual i t riguarda il mul ti cul tural i -
smo che preoccupa alcuni paesi a capitalismo maturo. Il confluire in
un medesimo territorio di culture diverse, ognuna portatrice di pro-
prie storie, tradizioni, riti e miti8, produce gli effetti magistralmente
descritti nel l e opere di Claude Lvi-Strauss. Egli, compiuti i cento
anni , giunge al l a conclusione che ogni progresso una coalizione tra
forze diverse che cercano una sintesi senza abbandonare la propria
diversit. In fondo concordava con il Mahatma Gandhi:
Non voglio che !a mia casa sia cinta da un muro su tutti i l ati e le mie fine-
stre sbarrate. Voglio che le cul tur e di tutte le terre circolino nella mia casa con
la massima libert. Ma mi ri fi uto di lasciarmi dominare da una sola di queste9.
una sorta di emergenza, reale o fittizia, che sta coinvolgendo al-
cune realt contemporanee occidentali sotto la spinta del l a pressione
delle migrazioni di popolazioni e dell' allargamento dei mercati. Ma
anche quello che si pu riscontrare in ambito architettonico, nella sua
7 Cfr. capitolo 2, // tempo posseduto.
s Cfr. Roland Barthes, Miti d'oggi, Ei naudi , Torino, 1974.
'' Mahatma Ga ndhi , in Jererny R i f k i n , L 'era dell 'accesso, Mondadori, Mi l a n o, 2000, p. 345.
134
costruzione e materializzazione. Le diversit sono contemporanea-
mente un dato positivo di crescita, essenziali per stimolare il cam-
biamento, ma innescano inderogabilmente anche dfaillances pi o
meno evidenti che si materializzano a breve, medio o lungo termine.
La commistione, l' introduzione di novit, dell' esotico collocato al-
trove rispetto al suo luogo naturale mantiene sempre e comunque
l'aspetto di Giano bifronte (o quadrifronte in alcuni casi, protettore
delle partenze e dei ritorni). A ci va aggiunta una mutazione assolu-
tamente rilevante nel modo di comunicare. La babelizzazione dei lin-
guaggi, oltre che delle storie, delle origini, delle tradizioni e di mi l l e
altri fattori che il sovrapporsi di culture sta producendo agevola ine-
vitabilmente la scomparsa della necessit di celebrare qualcosa di
condiviso. La diversit solitamente non portatrice di "meltingpoF,
di aggregazione, bens si esplicita prioritariamente come una "salad
bowl", sola vicinanza, spesso conflittuale .
In nessun periodo storico la comunit degli uomi ni stata omogenea ma
sempre accaduto che le differenze fossero reciprocamente organizzate in senso
piramidale. (. . . ) Al contrario, in una democrazia convivono gruppi sociali di-
somogenei e contrapposti che tendono a sovrapporsi per frammenti cul t ur al i ,
ideologici e qui ndi fi gurati vi , determinando cos la forma di un enorme caleido-
scopio in conti nuo movimento, in cui ciascun gruppo esprime e svi l uppa propri
e di fferenti val ori ".
Tutto ci al quale si potrebbe attribuire una grande importanza e
che potrebbe essere condiviso sembra essere cos definitivamente
scomparso. La sola frammentazione tiene insieme le mille differenze.
Non sono pi le religioni, perch nello stesso territorio ve ne sono
molte e fra loro spesso incompatibili. Non vi pi lo stato, perch
nel gioco fra locale e globale, nell'aggregazione economica e produt-
tiva le nazi oni , laddove si sono consolidate, sono divenute solo un
impaccio allo sviluppo, un centro di costo. Persino il mercato e
l' economia, per i qual i la maggior parte degli sconvolgimenti di cui
si sta accennando si sono attivati, non risultano essere pi cos de-
terminanti. Sembra riconoscibile una pl ural i t di interessi di gruppi
eterogenei fra loro, pubblici o privati che siano. Insomma un confl ui -
Cfr. Giampaolo Fabris, Nuove identit Nuovi consumi, II Sole 24 Ore, Milano, 2006.
Fulvio Leoni, L'architettura delia simultaneit, Mel temi , Roma, 2001, p. 24.
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re di motivi che hanno promosso la configurazione della nostra con-
temporaneit sono riusciti a produrre la garanzia della incertezza e
dell'insicurezza.
Nell'epoca in cui non vi pi nulla di cos importante da celebra-
re appare evidente che scompare, trascinata nel vortice della tempo-
raneit breve, la necessit di realizzare opere cos importanti e dura-
ture da rimanere come segno imperituro per la posterit. L' architet-
tura che realizza manufatti capaci di sfidare l'eternit sembra aver
perso, strada facendo, ogni dotazione di senso. Le si sostituita una
nuova forma di esistenza, breve, a volte brevissima, accompagnata
da un rovesciamento dei processi. Alcune architetture sono talmente
effmere che serve pi tempo per progettarle rispetto a quello in cui
rimangono edificate.
6.3. Memoria effmera
Nel pensiero collettivo ogni edificio, quando appartiene ancora al-
la sfera del desiderio, solitamente immaginato come qualcosa che
detiene inconfutabilmente una lunga durata. Persine le costruzioni
temporanee contengono in nuce una sorta di solidit, di stabilit, di
matericit certamente non effimera. Buona parte della popolazione
ritiene che un edifcio debba durare per lungo tempo, che sia destina-
to a rimanere per i posteri e di conseguenza lo immagina, e quando
pu lo realizza, con metodi, materiali e strumenti funzionali alla per-
sistenza, solidit, tettonicit, grevit che sinonimo di una durata
giustapposta all' effmero. Per molti possedere un simile manufatto
costituisce un punto fermo, quantomeno un investimento duraturo,
quando non valevole per tutta la vita, da lasciare in eredit ai figli. A
riscontro di tale affermazione vi il fatto che per acquistare un al-
loggio sembra essere divenuto assai comune indebitarsi per lungo
tempo, persine al limite della speranza di vita, e delle proprie capaci-
t finanziarie.
Questo atteggiamento ha condotto alla propriet immobiliare ca-
pillarmente distribuita12. Tale fenomeno, che per la sua dimensione
Tra le varie fonti che forniscono dati sulla propriet immobiliare degli italiani si evince un
dato emblematico: le case di propriet di residenti in I t alia sembra aggirarsi attualmente in-
136
non pu certamente essere trascurato, incide pesantemente sulla evo-
luzione della popolazione, sulla cultura dei luoghi, sulla capacit di
migrazione verso i poli produttivi o di interesse e su moltissimi a-
spetti che riguardano l'evoluzione di un popolo. In parallelo un simi-
le modello congela o fa regredire l'evoluzione tecnologica riguardan-
te il costruire, relegandola a declinarsi secondo l'immaginario di
soggetti che sono sufficientemente lontani dalla realt del loro tem-
po. Il modello delle costruzioni di una popolazione iperstanziale fil-
trato da una visione onirica degli esempi del passato, scimmiottati sia
nelle forme che nelle tecnologie.
Sorge quindi un dubbio: si potrebbe immaginare che il recupero di
molti materiali da costruzione, tecniche edificatorie, processi produt-
tivi legati alla sostenibilit, biocompatibilit, ecologia e loro emuli
siano parte di questo processo di recupero della memoria? Si tratta
per caso di un recupero storico, ovviamente reinterpretato secondo
prospettive e necessit che nulla hanno a che vedere con il tempo in
cui certi modi di costruire erano praticati?
Il ricorso massiccio a concetti desueti lascerebbe intendere che vi
sia una necessit impellente di fare una repentina marcia indietro ri-
spetto alle mete raggiunte. L'emergenza ambientale potrebbe essere
un argomento sufficientemente importante per interrompere una stra-
da che porta diritto a una catastrofe. Ma chi, tra gli interlocutori con-
temporanei, cos convinto di negare l'evoluzione di qualche centi-
naio d' anni senza gettare al vento conquiste che non sarebbero mai
state raggiunte se tale evoluzione non avesse mai visto la luce? Non
serve nemmeno una grande immaginazione n pare necessario com-
piere ricerche scientifiche approfondite per capire che il modello
produttivo preindustriale conteneva i germi di una migliore compati-
bi l i t a ambientale rispetto al periodo successivo.
Ci non implica necessariamente il ritorno a quel modello. Le
conquiste effettuate nel frattempo, proprio perch hanno approfondi-
to alcuni aspetti strategici, sono capaci di rivedere molte delle moti-
vazioni legate a una evoluzione sostenibile. Forse un certo grado di
ragionevolezza, e non di consapevolezza1 , pu essere di estrema uti-
torno a una media dell' 80 % circa.
13 Non si conviene con l'uso della parola consapevolezza, abusata in qualche ambiente cul-
turale, perche la consapevolezza contiene in nuce un atteggiamento ideologico, antiscientifi-
co, grazie al quale argomenti importanti diventano di moda, trattati solo superficialmente.
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lit per predisporre gli strumenti utili alla ricerca e intrapresa di per-
corsi alternativi. Tali percorsi non possono essere quel l i della memo-
ria, specie in architettura, legati al recupero di tecnologie estempora-
nee tutte da reinventare perch nessuno pi in grado di ricordarle, e
la loro interpretazione effettuata traendo le informazioni a l i vel l o bi-
bliografico portano diritto al fraintendimento, airerrore (tale termine
odiando). Vi gi stato pi di qualcuno che in termini culturali e
formali ha gi percorso una strada di questo tipo, culminata e in un
certo senso terminata con la mostra "Strada Novissima" tenutasi
presso la Prima Mostra Internazionale di Architettura della Bi ennal e
di Venezia nel 1980 . I danni di tale ricerca, trasferiti nel mondo del
quotidiano e della speculazione edilizia, sono ancora drammatica-
mente attuali e visibili nelle infinite realizzazioni pseudo postmoder-
ne che riempiono il territorio e l ' i mmagi nari o di molta gente.
Forse qualcuno non si rammenta pi del fatto che certe coltivazio-
ni estensive del passato e t al uni commerci cambiarono la geografia
produttiva per via dell'eccesso di domanda di determinati beni di o-
rigine naturale. L' i mpi ego massiccio dei prodotti chimici in agricol-
tura stato richiesto dalla volont di sfruttare al massimo le coltiva-
zi oni , passando sopra a tutto ci che aveva attinenza con le questioni
ri guardant i il rispetto della natura.
Sorge anche il dubbio che l'eccessivo interesse che molti settori
contemporanei stanno dimostrando nei confronti di non ben definite
produzioni ecologiche, o biocompatibili che dir si voglia, sembra es-
sere solo uno dei tanti aspetti dello svi l uppo del commercio, che ri-
sponde cos alla concorrenza spieiata a cui sottoposto quotidiana-
mente. Secondo il modello di svi l uppo capitalistico l'apertura di una
nuova offerta toglie ossigeno alla fetta di mercato precedente.
L' ul t i ma arrivata, come nella migliore tradizione, cerca di trasfor-
marsi in monopolio. Vendere natura sembra essere diventato assai
pi facile che piazzare un manufatto i ndust ri al e, oltre che pi conve-
niente, anche se questo comporta ri mmi ssi one nel mercato di pro-
dotti che di naturale non hanno proprio nul l a a che vedere.
Forse rientra in questa logica anche il commercio di prodotti che
toccano la bilancia energetica. L'esempio pi eclatante, in questo
Cfr. AA. VV. , La presenza del passato. Prima mostra internazionale di architettura, La
Biennale di Venezia, Venezia, 1980.
138
momento storico (ma ovviamente non il solo), riguarda la spieiata
pubblicizzazione e sponsorizzazione statale dei pannelli fotovoltaici
in edilizia. Con il fatto di voler risparmiare alcuni tipi di risorse per
produrre energia si inquina molto di pi rispetto a prima, vincolando
il presente a consumare molta energia per realizzarli e il futuro nel
doversi far carico del loro smaltimento. Ma l'impressione dell'uomo
della strada quella che grazie ai raggi del sole produce energia qua-
si gratuita, che per gi unt a sembra non inquinare. Per nessuno si pre-
occupa di mettere al corrente quel signore che ogni trasformazione di
energia prevede sempre una perdita, cio che serve pi energia per
produrre e smaltire un pannello fotovoltaico rispetto all'energa che
questo sar in-grado di generare durante tutta la sua vita ut i l e.
Per quanto affascinante e magari poetico possa essere, non sembra
nemmeno plausibile il ritorno alle costruzioni in terra cruda o in le-
gno, perch materiali divenuti ormai i nat t ual i , sia dal punto d vista
cul t ural e, sia da quello produttivo. Si ritiene che nelFaffrontare taluni
argomenti un certo pragmatismo sia doveroso, soprattutto per non es-
sere presi per sprovveduti. Un ritorno al passato, che pur affascina e
trascina schiere di adepti, non mai stato storicamente un atteggia-
mento seriamente praticabile. Eventualmente stato appannaggio so-
lo di alcune lites pi o meno nostalgiche.
Forse sfugge agli innamorati della natura che essa intrinseca-
mente effimera. Ha necessit di esserlo per lasciare spazio al suo rin-
novamento, per garantirsi la perenne giovinezza. La strada pi sem-
plice per esserlo consiste nel l ' el i mi nar e il vecchio, l' usurato, il de-
crepito cercando di obbligare la riproduzione e agevolando la scom-
parsa. Per farlo mette in atto tutti i meccanismi di cui si pu dotare,
da quel l i pi delicati a quelli pi cruenti. In ambito naturale una ec-
cessiva durata sarebbe troppo costosa, insostenibile, per l'inadeguato
sovrapporsi di generazioni. Pertanto l'effimero appartiene a pieno ti-
tolo ai fenomeni naturali. La natura non pu che essere effimera, .ca-
pace, per, di rigenerarsi e riconvertirsi. Non vi morale alcuna nei
fenomeni naturali, tutto terribilmente finalizzato.
Se tale contesto quello in cui avvengono tutte le esplicitazioni
dell'architettura, ed estensivamente di tutti i manufatti, per traslato
ogni azione neg-entropica umana destinata ad essere effimera. La
dimensione di questa quant i t di effimero data dal l ' uni t di misura.
Se la vita di una farfalla ci pu sembrare breve e quella di un elefante
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lunga solo per il fatto che l'ordine di grandezza, l' unit di misura
stabilita da un essere umano, dalla sua persistenza media in vita. Per-
tanto le architetture, pur tutte effimere, possono essere eterne in rap-
porto alla durata di una vita umana. Perlomeno cos sembra essere
stato finch successo qualcosa che ha modificato il modo di misu-
rare, calibrato soprattutto sull' uso, sulla rendita e sulla contempora-
neit degli edifici.
6.4. Informazione effimera
Per colui che avvezzo alla stanzialit, alla certezza dei punti di
riferimento, alla conduzione di una vita spesa dentro un castello di
abitudine, la costrizione al confronto quotidiano con la modificazione
e la perdita di parti del suo mondo deve essere una enorme sofferen-
za. Veder crollare le proprie esperienze sotto la coercizione del cam-
biamento innescato da qualche novit che costantemente si auto elide
potrebbe diventare persino drammatico, dramma che si produce per
la perdita di significato, di senso dell'esistenza stessa. Le esperienze
sono rumori che solo nella dimensione di ci che abituale acquista-
no significato15. Tuttavia non vi luogo sulla terra che non si lasci
modificare in continuazione, e nel momento storico attuale tale a-
spetto sembra essere assai pi palese che in passato.
Nel passato i paesaggi erano progettati per essere abbracciati con uno
sguardo da punt i di vista pr i vi l egi at i (. . . ) e, se non progettati, permettevano
comunque di racchiudere una veduta (. . . ) insiemi coerenti di oggetti. (. . . ) 11 pa-
esaggio metropolitano (attuale, n.d.a.) non offre neppure sequenze (...), va at-
traversato lungo diversi canali - tangenziali, sopraelevate, ascensori panoramici
- per farsene una ragione, per afferrarne facce successive, discontinue. (...)
Velocit e distrazione condizionano la percezione quotidiana16 .
La citt, la metropoli e i luoghi antropizzati sembrano essere dive-
nuti gli spazi privilegiati del cambiamento, dove la contemporaneit
dipana i suoi percorsi in maniera pi eclatante. Il senso della con-
temporaneit tutto racchiuso nel cambiamento, nel continuo variare
1 5 Vilm Flusser, La cultura dei media, Bruno Mondadori, Milano, 2004, p. 172.
16 Claudia Cassatella, Iperpaesagg, Testo & Immagine, Torino, 2001, p. 26.
140
della diversit. Le stesse identiche cose non sono mai se stesse, co-
strette a rapportarsi con un intorno che condiziona e si auto condizio-
na. Il processo di adattamento dell' individuo, per natura, non pu es-
sere immediato e tantomeno automatico. La sensazione di inadegua-
tezza, di spaesamento che la novit ingenera si trasferisce nelle so-
matizzazioni tipiche dell' individuo contemporaneo. La sofferenza
che accompagna i grandi sconvolgimenti del contemporaneo si rende
evidente nei modelli sociali, linguistici, psichici e persino biologici
degli i ndi vi dui che faticano a capire le motivazioni e gli adattamenti
necessari per riuscire a sopravvivere in questo nuovo contesto.
Un certo grado di colpevolezza per questo stato di cose va ricono-
sciuto anche all'architettura. Questa stata garante, per moltissimi
secoli, dell'invarianza, del lento incedere che si appoggia su fonda-
menti quasi immutabili. Una processione di simili ha costituito le ba-
si su cui ogni edificio assomigliava all'altro. Se non proprio dal pun-
to di vista formale, per via della committenza e della progettazione17,
la similitudine era realizzata dai materiali e dalle tecniche in uso. Fu-
rono i materiali e le lavorazioni a determinare o permettere sia le va-
rianti, sia le invarianti. Anche l' avvento di nuovi materiali ha sempre
condizionato le configurazioni, e non viceversa. Al limite l'arguzia
del desiderio o del bisogno ha agevolato alcune scoperte. La possibi-
lit tecnologica ha concesso o negato ogni tipo di espressivit. Il pro-
getto ha sempre costituito il fattore strategico, un modo per ottenere
alcune soluzioni. L'aspetto culturale, generato in seguito alla confi-
gurazione materiale dell'opera d'arte architettonica, sempre stato
insito, invece, nell'insieme edificato. La distinzione sulla quale non
vi possono essere dubbi riguarda solo il fatto che Un'opera d'arte
I R
non chiede un significato; lo contiene . Ma quale significato con-
tengono le architetture della contemporaneit?
La nuova architettura comunicazione, media, e la concretezza della citt
deve andare a farsi benedire. (. . . ) La vocazione dell' architettura oggi quella
di smaterializzare le citt, di sottrarle alla carne quotidiana di pietre e abitanti e
di trasformarle in cristalli liquidi' 1 * .
Cf r. capitolo 1 , Costruire per l'eternit.
18 Rudolf Arnhem, op. cit. , p. 77.
1 Franco La Cecia, Contro l'architettura, Bollati Boringhieri, Torino, 2008, p,l 10.
141
Uno degli aspetti che pi balza agli occhi riguarda la "morte" del
tempo, il suo superamento, il suo essere sempre pi effimero. Il tem-
po con il quale ogni soggetto contemporaneo si deve confrontare pa-
re non essere pi lineare, n scandito uniformemente e tantomeno
monodirezionato. L' ambiente tecno comunicativo di una societ che
fa della fibrillazione il suo naturale spazio di percorrenza non neces-
sita in assoluto di cose immobili, statiche, pesanti. Esattamente
all' opposto desidera prodursi in tutto ci che varia incessantemente,
senza soluzione di continuit e con ri t mi esponenziali.
Al l ' i nt er no di una societ che privilegia la comunicazione globale
istantanea, il panorama che la connota non pu che adeguarsi al suo
tempo storico. Per dare giustificazione alla propria epoca, e non ca-
dere nel ridicolo che pervade l'ignorante societ arricchita la quale
surroga dal passato gli st i l emi formali delle costruzioni , 1' architet-
tura contemporanea continua, come ha sempre fatto, a ricercare i mo-
tivi fondanti della sua esistenza. Lo fa in un costante stato critico,
nell' incertezza e nel l ' i nsi curezza, scontrandosi quotidianamente con
la necessit di trovare i motivi della sua essenza, per i ndi vi duare tutti
quei segnali che istituiscono il contemporaneo. Proprio per questo,
lontana dagli stili che sarebbero una comodissima struttura per acqui-
sire un certo consenso, si esplicita in i nnumerevol i soluzioni, a volte
fra loro contrapposte. Ci sembrerebbe dovuto sia a questioni di or-
di ne generale che particolare.
Le questioni di ordine generale riguardano principalmente pro-
blematiche esterne al l a di sci pl i na, ma che sono essenziali per capire
cosa si dovrebbe rappresentare in quest'epoca. Nel l o scorrere quoti-
diano delle faccende sono i mmancabi l i aspetti che di rado sono per-
cepiti.
La contemporaneit immersa nei rumori di fondo. Non vi mo-
mento del giorno e della notte che non sia attraversato dal frastuono
degli apparati meccanici, elettrici ed elettronici2 1 . Paral l el ament e lo
scenario del quot i di ano attraversato dagli odori t i pi ci di un mondo
20 La considerazione potr sembrare pesante, ma sufficiente rammentare ci che avviene
nella realizzazione di t ul l i quei centri commerciali, outlet e casupole fnto posi moderno che
tappezzano il territorio nazionale. Evidentemente sono l a dimostrare che l' estetica della
popolazione non coincide con quella dell' architettura, perlomeno di quel l a di cui qui si sta
trattando.
21 Cfr. Gillo Dorfles, Horror pieni. La (in)civilt del rumore, Castelvecchi, Roma, 2008.
142
che mescola l' artificiale al naturale; bisogna proprio cercarli quei
luoghi dove l'odore di stallatico puro prevalente, poich anche que-
sto eccessivo, provocato dagli allevamenti intensivi. I colori, a loro
volta, si rendono percepibili solo attraverso una cortina d' aria e di
condizioni ambientali sufficientemente inquinate, dove la polluzione
sottile modifica la densit dell'aria e la trasmissione luminosa. In-
somma, la natura sembra ormai definitivamente artificializzata, do-
vendo rispondere a logiche sufficientemente diverse rispetto a quelle
che l' immaginario onirico di ognuno ritiene veritiero.
In parallelo un eccesso di segnali, messaggi, simboli e quanf altro
viene sbattuto in faccia ad ogni spettatore, costringendolo a compiere
operazioni di scelta istantanea ottenute stocasticamente, piuttosto che
scientemente o razionalmente. Nasce cos la necessit di interpretare
il contesto con un approccio e con strumenti nuovi. L'interpretazione
avviene soprattutto mediante la lettura di immagini, che ha di gran
lunga superato la vecchia elitaria scrittura segnica, per secoli detenu-
ta dalla minoranza al potere, e gli strumenti sono divenuti i nuovi
1")
media. Le immagini sono superfici . I nuovi media, strumenti
tecnologici che agevolano la trasmissione, a loro volta hanno com-
piuto il trasferimento del l ' umano a una sfera che gi da tempo preoc-
cupa non pochi pensatori23.
1 nuovi media, cos come attualmente sono trasmessi, trasformano le imma-
gi ni in modelli di comportamento e gli uomini in oggetti; ma potrebbero anche
essere distribuiti secondo diverse modalit di collegamento e trasformare le
immagini in vettori di significato, e gli uomini in cooperanti progettatori di si-
gnificato24.
1 jiuQvi media non sono pi unilaterali, monodirezionati, ma in-
staurano una sorta di cortocircuito informazionale. Sono mezzi po-
tenti, come tutti quelli che la tecnica ha distribuito a piene mani a
ogni strato della popolazione. Con pochissima fatica si possono spo-
stare montagne intere, cos che non viene percepito il senso delle a-
22 Vi l m Flusser, op. cit., p.79.
23 Poich l' argomento particolarmente ampio si ritiene di consigliare un unico riferimento
all' interno del quale si citano varie fonti che si occupano dell' umano nella contemporaneit.
Cfr. Umberto Galimbert, Psiche e Techne. L 'uomo nel! 'et della tecnica, Fel t ri nel l i , Mi l a-
no, 1999.
24 Vilm Flusser, op. cit., p.86.
143
zi oni , la loro dimensione. Tutto sembra semplice, facile, anche il la-
voro pi faticoso. Gli strumenti ipertecnologici sono intrinsecamente
eccessivi, incapaci di rendere edotto Futilizzatore di quello che real-
mente sta facendo. Hanno reso ogni vita densa di aspetti ludici, o
perlomeno lo si lascia intendere, ma contemporaneamente sempre
pi effmera, priva di fondamenti stabi li n di futuro certo. Il basso
l i vel l o di visione critica che sottilmente pervade ormai una buona
parte di ogni settore culturale, sufficientemente ipnotizzato dalle me-
raviglie lecnologiche, gioca un ruolo non i ndi fferente nella accctta-
zione dei cambi amenti . Questi avvengono. Sono confezionati sempre
altrove. Sembra che non vi sia modo di interferire, di mettersi di tra-
verso o perlomeno di manifestare posizioni diverse. Una sorta di ne-
ghittosit lascia che le cose accadano.
Se questi sono al cuni degli aspetti che costituiscono i fattori eso-
geni, all' i nterno della di sci pl i na essi sono abbondantemente fagocita-
ti e trasferiti nel fare. Le questioni particolari ruotano prevalentemen-
te intorno ad una serie di aspetti ri t enut i condi vi si bi li . Se questa una
societ che pri vi legi a le i mmagi ni , nel senso che sono segnali impor-
tanti , va da s che con queste bisogna fare i conti. Le immagini si
materi ali zzano pri ori tari amente su delle superfici. L'epoca contem-
poranea sembra essere quella che pri vi l egi a la superfi ci ali t rispetto a
tutto ci che possiede sostanza, peso, volume.
Gli edifici sono presentati come spettacoli, non come luoghi in cui siano
domi nant i comfort, comuni cazi one, interazione sociale, salute o altre conside-
razioni psicologiche. La bellezza nell' arte e nel l ' archi t et t ura occidentale un
oggetto di visione, i gnorando t ut t i gli al t ri sensi, o consi derandol i come elemen-
ti secondari'5.
In architettura da qualche tempo il tema della superficie partico-
larmente dibattuto. L' attenzione ri volta da molti progettisti alla pelle
dell' edi fci o sembra essere doverosamente si gni fi cati va. Lo sia dal
punto di vista culturale e artistico, di luogo fisico laddove si concen-
trano maggiormente i si gni fi cati architettonici e arti sti ci , ma lo an-
che per l' ambi to strettamente tecnologico.
Derrick de Kerckhove, L'architettura dell 'intelligenza, Testo & Immagine, Torino, 2001, p. 11.
144
6.5. Abitare effimero
La centralit dell'aspetto tecnologico nella determinazione del si-
gnificato appare essere decisiva quando si consolida un particolare
approccio al modo di costruire. Nel momento in cui il fare massiccio
si rivela essere una prassi eccessivamente onerosa, che spreca mate-
ri ali , energie e pensiero a fronte di forti vi ncoli comunicativi si fa
strada un nuovo approccio all' edificare. L' ottimizzazione delle risor-^
s.e e delle prestazioni sono gli argomenti che sembrano pilotare il
cambiamento. Da una parte il costo 6 dei materiali e delle loro lavo-
razioni e dall' altra una domanda di qual i t crescente27 riescono, in
tempi e modi diversi, a far nascere ed espandere sempre di pi la co-
struzione stratificata. Questa ha ricevuto una notevole spinta in se-
guito al l ' aument o dei costi dell' energia, i ni zi ato gi con la crisi del
1974. Da allora l' i ntroduzi one di normative che imponevano la ridu-
zione dei consumi di materiale combustibile ha agevolato la realizza-
zione di pareti esterne stratificate. L'ottimizzazione prestazionale
delle singole parti degli edi fci , ottenuta mediante la formazione di
pareti multistrato, conduce al consolidarsi della logica che di st i ngue
fra struttura e rivestimento, peraltro anche nella separazione dei
compiti fra gli specialisti che intervengono sia nella fase di ideazione
sia del l e maestranze che partecipano alla realizzazione.
Nell' archi tettura contemporanea, se si escludono casi particolari le-
gati al l a poetica del progettista o a questioni normative, da tempo
di venuta prassi comune realizzare la struttura indipendente dal rive-
stimento o dalle partizioni che si realizzeranno. La pianificazione del
processo edificatorio, defi ni ti vamente assimilato a qualunque produ-
zione i ndustri ale, si organi/za lungo percorsi predeterminati al fine di
ottenere i risultati voluti nei termini e ai costi predefi ni ti . La realizza-
zione di pareti stratificate, ideate, prodotte e poste in opera per ri-
2(1 Quando si parla di costo si i ntende in termi ni estensi vi , abbracciando non solo gli aspetti
monetari, ma anche quel l i politici, sociali, culturali , di sostenibilit ambientale e cos via.
Esistono materi ali che producono conseguenze pol i t i che (es. petrolio, gas, di amant i . . . ), so-
ci ali (es. l'estrazione mi nerari a del l e materie prime che servono anche in edilizia), cul t ur al i
(es. elaborazione e archiviazione dei dati su supporti fisici o i nformati ci ) e cosi di seguito.
27 Questa domanda di qualit contiene al suo interno anche la mutazione dello stile di vita e
le ripercussioni che questa produce, a sua volta indotta da t ut t i i cambi amenti pol i t i ci , sociali
ed economici che i ni nterrottamente si modi fi cano nel tempo.
145
spendere al l ' ot t i mi zzazi one fra costi, prestazioni e durate, rispondo-
no a precisi calcoli.
Gli edi fi ci cos assistono a una evidente moltiplicazione dei loro
elementi costitutivi, sottoposti all' azione combinata della richiesta di
presta^ionj_f4nzifnali sempre pi sofisticate e di soluzioni in grado
di soddisfarle. Dalla descritta scissione tra struttura e suddivisione
spaziale si pervenuti, per fasi successive, alla moltiplicazione fun-
zionale degli strati. Gli involucri) sono divenuti il risultato della_so-
vragposizipne di molteplici rjiani^ciascuno dedicato a mediare il rap-
porto tra interno ed esterno in termini ambientali ( cl i mat i ci e acusti-
ci), energetici, di resistenza all' usura, di comunicazione, e cos via.
Ma questo modo di intendere la costruzione instaura nel l ' archi t et t ura
contemporanea un diffuso conflitto fra produzione e rappresentazio-
ne. Le logiche della ottimizzazione delle prestazioni e delle priorit
del calcolo e della tecnologia si trovano spesso a collidere con le
questioni del l a rappresentazione, con il fare pi intrinsecamente arti-
stico dell' architettura. L'impasse che la recente produzione architet-
tonica si trova a dover di ri mere non sembra essere proprio indolore.
Da una parte si tratta di cJiinaj;e_j^j^p.^ijTOn^^ al
domi ni o del calcolo e del perfezionamento f i ne a se stesso, e
dal l ' al t ra di cercare una via di fuga, superando in ogni modo possibi-
le la coercizione, pur con la coscienza che [ferchitetturj proprio per
il fatto che legata inscindibilmente alla materia assai pi di altre ar-
ti, non sembra essere decisamente libera (con Eduard von Hartmann:
unfreie kunst}.
Si gi assistito alla morte della forma, alla sua def i ni t i va sepoltu-
ra attraverso tutte le configurazioni casuali generate dal l e regole non
codificate. Sono ormai datate, secondo la misura del tempo nel l a
contemporaneit, molte delle architetture decostruite, casuali, fluide,
organiche, deformate e deformi, prive di regola geometrica identifi-
cabile. Contemporaneamente si sgombrato il campo dal l a significa-
zione degli spazi e dei contenuti, spostando l' attenzione verso la peri-
feri a, sul l e epi der mi di , esaltando la priorit della superficie sul l a
forma. La leggerezza, fsica o simulata, approdata a simbolo del l a
societ, nel l e sue esplicitazioni materiche o i mmat eri al i . I parametri
che giocano un ruolo decisivo partecipano al l ' uni sono al l e trasparen-
ze, traslucenze, riflessioni, opacit simulate di questo mondo che
ammicca sempre pi palesemente all' effimero.
146
Si tratta di un effmero che riguarda il modo di essere di ogni uo-
mo di questo tempo. Egli prevalentemente un nomade, non solo
perch viaggia nel vero senso del termine molto di pi dei suoi ante-
nati, ma perch non appartiene a nessun luogo. La sua esistenza so-
litria e priva di punti fermi, perennemente delocalizzato. I nonluo-
ghi del l a surmodernit sono gli spazi che pi utilizza. Lo spazio del
nonluogo non crea n identit singola, n relazione, ma sol i t udi ne e
similitudine2 8 . Non possiede, perch tutto ci con cui entra in con-
tatto diventa obsoleto in un baleno. Ogni possedimento un impac-
cio al cambiamento, al rapido adattamento alle condizioni che velo-
cemente si sostituiscono l ' una al l ' al t ra. Ecco perch il suo costruire
non pu che essere impermanente. Se il cambiamento sempre pi
veloce necessario adeguarsi nel pi breve tempo possibile, trovarsi
nelle condi zi oni di riuscire a seguire ogni novit lasciando sul terreno
la minore quantit di macene. Egli deve perci costruire leggero,
modificabile, veloce, ma contemporaneamente eclatante, ri l evabi l e
come eccesso, stupefacente, percepibile dalla pi ampia platea di
spettatori.
Nascondersi fra le maglie del l ' i nvi si bi l i t del l ' uomo qualunque, o
meglio delP wwwo senza qualit di musiiiana memoria (o senza
quantit di Andrea Branzi30), non sembra essere questione apparte-
nente all' epoca contemporanea. Solo .apparendo si acqui si sce i l di r i t -
to di esistere. So si \ i s l i dal numer o pi e l e v a l o possi bi l e di spet t a-
tori si acquisisce il dirtto_di_essee. Pertanto l'immagine sembra es-
sere la sola capace di dirimere_ ogni. .Questione, in grado di determina-
re l'esistenza in vita o meno di ognuno. Apparendo si esiste, altri-
ment i non si nessuno, nemmeno degni di un fugace sguardo. La
grande fortuna dei Reality Show, di Second Life, di YouTube, di Fa-
cehook e di tutti i loro emul i costituisce la palese dimostrazione che
la porce/ i one del mondo fisico, nella sua banal i t quot i di ana, con le
sue pene e felicit passeggere non detiene alcun senso, nessun signi-
ficato degno di essere vissuto. Ma se ]a medesima quot i di ani t viene
trasferita nel pianeta dei voyeur informatici, neJ mondo dei bit e degli
algoritmi, giocata tutta sulle superfici elettroniche, la_cosa_cambja_ra-
2S Cfr. Mare Auge, Non-!ieux, op. cit., p. 95.
29 Cfr. Robert Musi], Der Manti ohne Eigenschaften, Rowohlt, Berlin, 1930 (tr. it., L'uomo
senza qualit, Ei naudi , Torino, 1957-1972).
30 Cfr. Andrea Branzi, Modernit debole e diffusa, Skira, Milano, 2006, p. 28.
147
ducalmente. La finestra su questo mondo, chiamata appunto window
nel l a neolingua globale, garantisce della
sono. proiettati sul l e supcrfici degli schermi.
Persine il costruire, l'edificare, il progettare non pu che adeguar-
si a questa nuova tendenza. La continua espansione globale della rete
Internet non fa che moltiplicare e rendere distribuita l' informazione e
un certo tipo di conoscenza a ogni fascia della popolazione, analo-
gamente a ci che era avvenuto a suo tempo con l'avvento della
stampa .
Internet diventato il cantiere ideale per chi interessato a costruire nel
territorio delle informazioni (. . . ) Chi guarda una rappresentazione architettoni-
ca su computer non sar in grado di capire se si tratta di edifici esistenti nella
realt o se si tratta invece di proposte progettuali, a meno che non conosca
l ' edi f ci o e la cit t rappresentate32.
D'altronde un edificio virt ual e costa assai meno di uno al vero. 1
costi di costruzione su Internet sono senz'altro molto inferiori rispet-
to alla realt33. Quindi la simulazione computerizzata, oltre ad esse-
re un economico, agevole e ingombrante strumento di progettazione,
capace di condizionare pesantemente la generazione di forme, geo-
metriche o casuali, e di conseguenza la progettazione architettonica,
costituisce ormai una parte essenziale del paesaggio immaginario o
reale. In un certo senso l ' archit et t ura dell' informazione costringe
l ' archit et t ura materiale a esserle subalterna. Sembra che non siano
esclusivamente i costi ad agevolare la propensione alla simulazione
delle architetture, bens la radicale mutazione degli utenti. Persine
l'uomo della strada, incapace di leggere i disegni tecnici, ma persine
le prospettive o le maquettes, strumenti principe nel l a comunicazione
del progetto alla committenza per secoli, richiede espressamente
all' architetto la simulazione computerizzata. Questa sorta di analfa-
betismo nel l a lettura dei disegni e del l e forme deriva dal fatto che il
nuovo medioevo richiede espressamente un aj^c^tjrjo_dijmguaggio,
basato sulle immagini (come succedeva appunto nel medioevo).
31 Cfr. capitolo 4, "Cosa successo? naia l'era de/la macchina".
" Gerhard Schmitt, Information Architecture, Testo &Immagine, Torino, 1998, p. 73.
33 Gerhard Schmitt, op. cit., p. 75.
148
1 messaggi al fanumeri ci e iconici cominciano a svincolarsi dai loro suppor-
ti materiali, in particolare dalla carta, per trasmigrare nel campo elettromagneti-
co. (...) Ci avr conseguenze rilevanti per la cul t ura di domani. La cultura
un dispositivo per la creazione, la trasmissione e lo stoccaggio di informazio-
ni34.
La cultura contemporanea produce, trasmette e immagazzina in-
formazioni in modo non materico, molto diverso rispetto al passato.
Quest o dat o sembra c os t i t u i r e un pu n t o di svol t a ne l l a f a t t i b i l i t
dell' architettura contemporanea, nella sua fase materiale e cul t ural e.
In altri termini l'elettromagnetismo, alimentandosi di variazione con-
tinua e istantanea, incide inesorabilmente su tutti gli ambiti che ne
fanno uso, compresa l' architettura. A questa in particolare sembra sia
stato riservato un futuro sempre meno solido e durevole: effimero
appunto.
34 Vi l m Flusser, op. c i t . , p. 5 1 .
149
Conclusioni
Una parola echeggiava fra i discorsi di coloro che si occupavano
di arte: creativit. Intuizione, ispirazione e simili erano il condimento
di molti dei loro discorsi. I loro occhi possedevano una strana luce,
come se fossero degli esseri sovrumani, sicuramente bizzarri e poco
capiti dalla popolazione, la quale li aveva etichettati come artisti. 11
marchio di artista si addiceva a colui che per qualche strano motivo
non si adeguava alle regole che tutti condividevano. Per dalle loro
mani uscivano delle cose cos belle che era il caso di accettarli cos
comperano, un errore della natura, un'eccezione. Forse erano creature
diaboliche.
La prerogativa divina del creare, trasferitasi nelle mani delF/ zomo
sapiens sapiens faber, dilagata, rompendo tutti gli argini. Oggi
chi unque in grado di creare, poich di questo si tratta, di estrarre da
un presunto nulla, dall'inesistenza, un risultato tangibile, o perlome-
no percepibile. Non sembra pi necessaria la dotazione di una buona
capacit manuale connessa con altrettanta conoscenza della materia
di cui ci si occupa. Qualcuno, non si sa dove e quando (ma ci non
ha la minima importanza per quanto suddetto a riguardo delle consi-
derazioni di Hirst), ha compiuto un'adeguata sintesi. La fiducia in
costui, o costoro la pi cieca mai esistita nella storia. Nessun mo-
narca avrebbe potuto immaginare una si mi l e generale sottomissione.
Ma questo non importa, nel senso che i vantaggi sembrano essere su-
periori alle presunte coercizioni. E quindi doveroso che il pragmati-
smo regni sovrano. Basta essere provvisti di un computer, un colle-
gamento al World Wide Web, e il gioco fatto. Si ha a disposizione,
a un tocco di click, la pi grande biblioteca mai esistita. Il suo conte-
nuto sar certamente veritiero, anche se qualcuno ha contribuito di
1 5 1
proposito a immettere alcune informazioni fasulle. D'altronde prima
d'ora la carta stampata ha spianato il campo al dubbio e fatto diveni-
re veritiera pi di qualche inesattezza. Pare qui ndi un atteggiamento
ragionevole adeguarsi pensando che percentualmente la maggior par-
te delle informazioni corretta.
Sono disponibili i programmi per computer per eseguire qual un-
que operazione si desideri. Se il computer collegato con delle mac-
chine a controllo numerico si capaci, praticamente senza fatica, ma
soprattutto senza immaginare fino in fondo cosa realmente si sta fa-
cendo, di materializzare ci che si creato per via simulata. La crea-
zione vera e propria qui ndi a portata di mano di chi unque. In altri
t ermi ni le macchine di cui si oggi dotati costituiscono la sintesi di
processi di elaborazione compi ut i altrove, da specialismi assai lonta-
ni da quelli con i qual i si sta operando.
Le costruzioni di questo periodo sono il risultato dell' applicazione
di processi governati per la maggior parte da queste macchine e da
questi presupposti. Non necessitano pi di creativit vera, quella ac-
cennata pocanzi, ma di quel l a derivante da una nuova sorta di schia-
vit. Si superata la schiavit del lavoro. A liberarci da questa ar-
rivata quel l a del gioco. Il gioco, liberando dal lavoro, occupa le men-
ti dei suoi adepti a tempo pieno. Questo nuovo gioco non finalizza-
to e non si vince nul l a; si partecipa soltanto. Le nuove generazioni
cominciano fin da giovani a passare la maggior parte del l a giornata
davanti alle nuove finestre, perdendo la cognizione del tempo. Occu-
pare le giornate davanti agli schermi non concede spazio alla fatica
fisica, di solito lo si fa in ambienti ben riscaldati o climatizzati, sgra-
nocchiando qualcosa. Il corpo divenuto quasi prevalentemente un
organismo in cui gli occhi, a volte gli orecchi, e le dita (al massimo
una mano), sono gli organi umani essenziali per esistere nel nuovo
pianeta.
Progettare e costruire, in questo contesto, si relaziona direttamente
con metodi e processi assai lontani dalla tradizione. Soprattutto per il
fatto che l'oggetto dell' ideazione prima e della realizzazione dopo
pu essere compiuto in assenza, o quasi, delle conoscenze un tempo
necessarie per praticare il mestiere e l'arte dell' architettura. Una so-
ciet dell' informazione non ha tempo per stabilire una cont i nui t cul-
!52
turale n fervide fondamenta morali1. Questa societ dell' informa-
zione si trova nella condizione di dover ampliare i propri orizzonti,
come avvenuto per tutte le storie precedenti, trovando di fronte a s
molti ostacoli, il pi imponente dei quali proprio l'architettura.
Lungo moltissimi secoli le costruzioni si sono moltiplicate, sovrap-
poste, integrate, compenetrate, producendo agglomerati, citt, metro-
poli e tutte le manifestazioni dell'antropizzazione che hanno plasma-
to fisicamente ogni territorio. Tali edifici oggi sono barriere che si
contrappongono all'espansione della nuova cultura. L'avvenire di
questa societ dell'informazione non promette
un rigido mondo-macchina dove la forma segue la funzione e tutto obbedi-
sce al buon senso, ma un mondo dove la forma non riesce nemmeno a trovarla,
una funzione, e tantomeno a seguirla. E una giungla digitale, un mondo le cui
istituzioni brulicano di fiori e insetti, bufere e infestazioni, fecondit algale,
morte improvvisa e rapida putrefazione. un mondo che scarseggia in cultura,
civilt, senso della storia, ma anche abbonda di immaginazione, inventiva e cri-
si di identit2.
Nul l a di nuovo rispetto a quanto gi visto e descritto. La contem-
poraneit gi tutto questo. il problema che attanaglia chi opera
nel mondo dell' architettura. Come si fa a rappresentare questo diso-
rientamento, questo diluvio di insicurezza, incertezza, indetermina-
zione? Quale pu essere il livello di sostenibilit da ritenere accetta-
bile nella rappresentazione di un simile contemporaneo? Costruire
insostenibile per definizione, perch va a intaccare equilibri naturali
generando artificialmente uno squilibrio che la natura stessa, con i
suoi tempi, prima o poi riporter a pi miti consigli. Costruire legge-
ro, veloce, impermanente, privilegiando le superfci pare essere gi
un buon passo avanti. Molte archistar, come qualcuno chiama gli ar-
chitetti di grido, ma non solo loro, si sono gi preoccupate di rendere
attuali simili soluzioni. Forse serve un ulteriore sforzo, che non sem-
bra essere quello gi esperito di far diventare i manufatti degli enor-
mi schermi urbani, degli edifci mediatici, o Media Building che dir
si voglia. Questa pu essere una delle tante risposte possibili, forse
quel l a pi adeguata ai tempi, ma gi obsoleta. Nell'epoca dell' iper
1 Bruce Sterling, Tomorrow now, Mondadori, Milano, 2004, p. 46.
2 Bruce St erl i ng, op. ci t., p. 52.
153
tachia, del l ' effi mero, tutto tremendamente gi superato, persine
prima della sua apparizione.
Anche l'esaltazione delle problematiche energetiche sembra un ri-
paro emergenziale privo di un reale futuro. La societ dell' informa-
zione necessita di grandi quantit di energia. In qualche modo dovr
procurarsela. Non certamente con azioni sparagnine che risolver i
suoi problemi. Probabilmente la soluzione non solo tecnologica.
Certo, senza il fare tecnico l'uomo non sarebbe sopravvissuto3, ma
sempre stato dotato di una grande capacit previsionale, di antici-
pazione, quella che i greci attribuivano a Prometeo. Probabilmente
sar il pensiero indagatorio dell' arte che i ndi vi duer le strade percor-
r i bi l i o far emergere i veri problemi. Allo stato attuale non si scor-
gono molti spiragli. Le previsioni e le anticipazioni sembrano tutte
ancora eccessivamente inattuali.
La tecnologia, nel suo momento di dominio incontrastato, conti-
nua a perseguire il suo perfezionamento, condizionando qual unque
arte. All' architettura sembra aver destinato una strada prioritaria,
quella di ridurre sempre pi la sua durata, e quindi la fisicit, privile-
giando le superfici. Un di l uvi o di proposte tecnologiche costipa le ri-
viste patinate di settore e pi di qualche libro si profuso nel loro e-
logio. Non possibile stabilire se a torto o a ragione. L'eccessiva vi-
cinanza con i fenomeni deforma quasi sempre la visione, ingranden-
do sovente solo gli aspetti marginali.
Tuttavia la tecnologia che concerne il fare edificatorio di sci pl i na
particolarmente ingombrante, che non mai stata capace di starsene
in disparte, ma ha voluto contribuire, condizionando sempre pesan-
temente, l'espressivit artistica dei manufat t i architettonici. La sua
non innocenza viaggia di pari passo con il pensiero progettante. Am-
bedue sono a t ut t i gli effetti un unico soggetto, e qual unque separa-
zione, soprattutto in questo momento storico, sembra essere inesora-
bi l ment e fuori luogo.
3 Umberto Galimberti, Psiche e Techne. L 'uomo nell'et della tecnica, Feltrinelli, Milano,
1999, p. 7 1 5 .
154