Insegnare A Chi Non Vuole Imparare.
Insegnare A Chi Non Vuole Imparare.
Insegnare A Chi Non Vuole Imparare.
INSEGNARE
A CHI NON VUOLE IMPARARE
Insegnare
a chi non vuole
imparare
Lettere dalla scuola, sulla scuola
e su Bateson
edizione/ristampa
2006
2007
2008
II
III
IV
Prefazione
di Marcello Cini *
preferisco applicarmi (e far applicare loro) alla cura delle procedure, al possesso degli strumenti ai quali ladottare il criterio di giusto e sbagliato meno aleatorio, direi quasi oggettivo. A
cominciare dallortografia, dalla punteggiatura, dalla costruzione di
frasi ben formate. Di qui, per esempio, viene la sua insistenza sullimportanza dellinsegnare ai ragazzi a dire le cose nel modo universalmente riconosciuto come appropriato: un dire piano, fluente,
grammaticalmente a posto, insomma, classico. E ancora: Il discorso parlato: ecco dove inciampano, ecco labilit che per loro sarebbe la chiave di tutto. Non fosse altro che per questo: nessuno si permetterebbe mai di bocciare, di giudicare male un ragazzo che sa dire
le cose che sa.
Giuseppe Bagni un insegnante di scienze che insiste continuamente a non voler trascurare nellinsegnamento di queste discipline il ricorso allimmaginazione, alla narrazione e allimprevisto.
Cosa dovrebbe fare linsegnante di scienze?, si domanda. In
primo luogo risponde riconoscere i contatti che le scienze
hanno con la struttura della narrazione: con la contingenza come
contesto che favorisce un evento rispetto agli altri e, a un altro livello, la scelta di una teoria rispetto ad altre possibili. Questo implica che le pagine dimenticate di vita della scienza gli anni di
pausa della cosiddetta scienza normale, il tempo delle teorie in
conflitto e i fattori che hanno spinto in favore delluna o dellaltra,
la scelta di una direzione e di un paradigma che automaticamente
hanno reso le altre vicoli ciechi, il loro recupero spesso avvenuto
in momenti successivi sono preziose per insegnare il modo della
costruzione delle conoscenze.
Ma non basta. Per non cadere nellerrore di proporre un altro
modo di imparare le scienze la storia della scienza al posto della
scienza bisogna aggiungere che questo atteggiamento aperto
alle alternative pone s un problema di contenuti, ma soprattutto di
metodo. Non si deve accettare la tesi che esista una scienza minorenne che si pu insegnare con un agire senza teorizzare, e poi una scienza maggiorenne, che si insegna teorizzando (con falsa linearit) senza
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ragazzi che riempiono queste pagine con le loro vite di adolescenti, le loro difficolt scolastiche ed esistenziali, ma anche i loro successi e le loro scoperte. C, per esempio, Andrea Demarco, che fa
impazzire Rosalba: Certe volte mi cascano le braccia. Con
Demarco le ho provate tutte, fino a quando mi sono arresa Forse
gli ho detto sbaglio io, sbagliamo tutti noi a tirarti da una certa
parte, nellunica direzione che abbiamo scelto per te nonostante la
tua volont. Non un cattivo ragazzo, anzi pure simpatico. Di
tanto in tanto lo ritroviamo, nel corso dellanno scolastico, con la
sua rozza saggezza: Lei non si preoccupi rassicura la prof noi
abbiamo capito: solo che non lo sappiamo dire. Ma per lui non
finita bene: alla fine dellanno stato bocciato, nonostante gli scrupoli di Rosalba che tenta, senza riuscirci, di ripescarlo allultimo
momento. Non se laspettava: il giorno delluscita dei quadri ha
girato come un pazzo per la scuola inseguito dai bidelli che lo consolavano.
E allora Rosalba si domanda: Che hanno di diverso Demarco e
Cardelli (laltra bocciata con lui) rispetto ad altri che, come loro,
non hanno aperto un libro, e, come loro hanno fatto casino per
tutto lanno?. La risposta amara: Demarco e Cardelli, persone
innocenti, non sanno ricorrere alle giuste furbizie: quelle che noi
insegnanti ci aspettiamo perch lessere ingannati si accompagni al
riconoscimento della nostra autorit. Demarco e Cardelli sono
insomma ingenuamente e costantemente fuori contesto a scuola sintende, altrove se la cavano benissimo , e, per ragioni diverse, lasciati soli a sbrigarsela con gli affari di scuola.
A Capriati invece andata meglio. Fin dallinizio dellanno non
gli pareva vero di potersi esibire a tutto campo nel ruolo che gli sta
a pennello del piacione romano. Ma non il rompiscatole classico.
Partecipa come suol dirsi. Per vuole stabilire con me un rapporto privilegiato, che a lui sia permesso ci che agli altri severamente proibito: dire la battuta quando viene cio a sproposito ,
uscire ogni cinque minuti, fare i compiti s e no, scrivere le i senza
il puntino Mi domando cosa fare con lui. Assecondare un rap-
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Premessa
Dice un proverbio:
Io posso portare il cavallo allabbeveratoio, bere affar suo.
Insegnare non un semplice travasare la scienza da una mente a
unaltra mente. Insegnare e imparare presuppongono lazione attiva
di tutti i soggetti implicati nella relazione: cosa tanto facile da concepire in via teorica ma non altrettanto facile da realizzare nella pratica:
fosse pure una acritica trasmissione, quella culturale non mai
stata, nemmeno per i bravi scolaretti, una comoda passeggiata.
Chi conduce il cavallo allabbeveratoio non pu certo bere al
posto del cavallo. Tuttavia per restare nella metafora pur vero
che lintero contesto pu essere disegnato (e ri-disegnato) con svariate modalit: non c un unico modo di conduzione n un tempo
unico per arrivare alla meta; labbeveratoio pu avere forme diverse, lacqua pu essere pi o meno appetibile e, infine, il cavallo
un organismo vivente, predisposto perci ad apprendere, cos
come pu apprendere chi lo conduce.
Questo libro nasce da una intesa: scriversi delle lettere per ragionare di scuola nellarco di un anno scolastico.
In un lungo racconto che pone al centro il contesto e la relazione con i ragazzi*, entrambi ragioniamo di apprendimento e dei suoi
risvolti teorici; ma per le specificit delle materie che insegniamo e
per le diverse storie personali, ciascuno di noi portato a rendere
centrali anche altri e differenti temi, a sentire lurgenza e la neces* I nomi degli alunni citati sono, per ovvi motivi, tutti di fantasia e non riferibili a
persone realmente esistenti.
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Roma, 25 settembre
Caro Giuseppe,
ieri mattina ho portato per la prima volta i ragazzi in biblioteca,
e posso dire ragazzi al maschile a buon diritto: sono tutti maschi, e
questo mi esonera dal dover menzionare sia maschile sia femminile, come oggi il politically correct impone: una cosa cui mi adeguo
sempre malvolentieri.
Solita sensazione di sgomento: tanta lofferta e poche le idee che
ho su quello che pu fare centro e inchiodarli a divorare un libro
fino allultima pagina. Per la loro et 14-15 anni , se dovessi considerare la loro et come condizione perenne e universale dello spirito, non soggetta quindi alle mode come invece , vanno bene
Guerra e pace, Delitto e castigo, Leducazione sentimentale e via
elencando i massimi.
Dapprima un giro illustrativo, guidati dal bibliotecario della
scuola. Ho chiesto aiuto: consigliali tu. Lui invece li ha lasciati liberi di scegliere. Si sono precipitati nella stanza riservata ai gialli, alla
fantascienza, allo sport. Uno ha preso un libro che spiega come si
gioca a calcio. Va bene?, mi ha chiesto. Ma non lo conosci gi il
gioco del calcio? ho detto io. Lui; S, ma leggerlo diverso.
Poi ci ha ripensato, ha preso un manuale sul gioco del golf:
Questo non lo conosco.
Caro Beppe, beato te che insegni una scienza precisa! Io invece devo educare, alimentare il loro immaginario come suol dirsi
e questo compito mi pesa, mi pesa lassenza di confini e aggiun-
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P.S. Nella sala dingresso della biblioteca li osservavo standomene in disparte mentre aspettavano il turno per registrare il libro.
Seduti attorno a un grande tavolo discutevano tra loro disinvolti e
allegri. Si conoscono da due settimane e hanno tanto da dirsi, e
sono rispettosi luno dellaltro. Non c stato niente del genere nella
mia vita scolastica. Solo bugie, silenzi, giudizi sullaltro covati dentro, alleanze rivolte a ferire qualcuno, competizione E se fosse
questa loro innocenza il bene da preservare, la zona sacra che
non bisogna invadere, la promessa di un mondo migliore? E se
fosse che per loro Guerra e pace un di pi, non cos necessario?
Firenze, 2 ottobre
Cara Rosalba,
anchio ho avuto il primo incontro con la mia classe. Una prima
di diciassette alunni, tutti vivaci come si conviene negli istituti professionali. La classe quasi equamente ripartita fra femmine e
maschi e dodici, dei diciassette, sono accomunati da precedenti
bocciature subite in una qualche prima superiore o alle medie.
Quando in laboratorio abbiamo parlato delle loro scelte cera di
che disperarsi: chi aveva chiesto altri indirizzi ma non vi aveva trovato posto, chi aveva scelto per esclusione. In gergo scolastico la
chiameremmo una classe di raccattati. Eppure, come quasi tutti
gli anni, questi alunni da mani-nei-capelli, appena diventano i miei
alunni, mi entusiasmano. Mi sembrano tanti singoli mondi che
nascondono tante qualit, piccoli gioielli da portare alla luce.
Vorrei bruciare le tappe della conoscenza e, se potessi, li seguirei a
casa per scoprire di che materia sono fatti i loro discorsi, da chi
hanno preso i loro gesti e il modo di sorridere. So che non si pu e
soprattutto non si deve.
Anche questanno, lavorando in Presidenza, ho il semidistacco:
chimica e laboratorio nella sola prima classe, con otto ore settima-
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Resto seduta di fronte a lui e mi ciama, mi ciama in nome e mi soride con la sua facia dolce. Il suo colore da qualce parte blu e da qualche parte celeste mi tranquilla lanima. E iniziamo a parlare.
Io racconto tutte le mie cose, e lui mi ascolta. il migliore amico che
ho, che non mi tradisce mai e con nessuno.
Questo mio migliore amico laqua il mare.
Tutte le volte quando sto con lui aspetiamo con ansia il tramonto del
sole, che cambia il suo colore, e a me questo piache tanto anche se
dura poco. Quando sono triste lui mi abracia forte, mi tranquilla il
corpo e mi tolie tutti i pensieri tristi dalla mente. Ma quando triste
lui io non facio niente solo lo vedo, e lui questo vuole e piache.
Laqua non soltanto un elemento indispensabile alla nostra vita,
anche se questa la pi importante ma laqua anche un elemento
che ti aspira, ti tranquilla e in tanti casi ti fa sognare.
Ecco perch il mare il mio migliore amico.
Il giudizio della mia collega Isabella stato questo: Il tuo elaborato molto bello e pieno di poesia, anche la calligrafia molto
bella e chiara, cos mi dispiace sporcare queste pagine con la correzione. Lo correggeremo insieme.
Ho condiviso la delicatezza delle sue parole di fronte a un componimento tanto solare, frutto di una sensibilit che ignora i confini delle carte geografiche e sfugge alla prigionia delle regole grammaticali, tanto difficili, le nostre, e ancora sconosciute per Gerta.
Giuseppe
Roma, 4 ottobre
Caro Giuseppe,
spiegare: un verbo che identifica la scuola e che riassume in una
sola parola che diavolo fa un insegnante: che fa? Spiega.
Gli esseri umani non si accontentano di contemplare la realt. E
nemmeno si limitano alla pura e semplice descrizione: si appassio-
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molto poco) o quanto poco tutti quanti sappiamo di cose che crediamo di sapere (fortunati voi, che sarete in vita quando sar chiaro ci che oggi un punto oscuro).
Quanta libert mi prendo! E tuttavia questa libert la controllo
e a modo mio la definisco, fingo che qualcuno che ne sa pi di me
stia a guardare, mi immergo cio nella condizione di chi venga
osservato, ascoltato, valutato da un giudice sapiente e togato che
pu fare pollice verso.
Non farti lidea che spieghi sempre. Ho la fortuna di avere due
sole classi, in una ben dieci ore a settimana, e in due giorni ho tre
ore di fila Tu come organizzi il tempo della lezione? Io in quelle
tre ore di fila gi da molti anni metto in programma un solo
argomento (ti faccio un esempio: ieri in II G luso della virgola
prima del pronome relativo), e in questo tempo c spazio anche
per la classica spiegazione. Il resto laboratorio: esercizi, verifiche immediate, aggiustamenti un conversare quasi alla pari. A
venti minuti dalla fine detto le consegne per i compiti a casa, e qui
sono di una pignoleria che a qualcuno apparir maniacale.
Entrambi insegniamo in scuole scelte dai ragazzi perch qui si studia poco. Per fargli cambiare opinione bisogna perci dare un
segnale tangibile di quanto conta (e quanto sar tenuto in conto) il
loro impegno individuale. Ma io sto attento alla spiegazione! Non
basta?, chiede Manzi. S, una buona premessa dico facilita il lavoro a casa ma non lo sostituisce.
Oggi, mentre spiegavo prendendo gli oggetti a portata di mano
lastuccio era una pietra, la gomma da cancellare era una selce
e mostravo il gesto del battere una pietra sullaltra, quello straordinario passaggio evolutivo mi diventato chiaro come non mai. E mi
sono chiesta: chiss se lhanno capito come adesso lho capito io.
Spiegare vuol dire capire in un altro modo, capire con lintero
corpo: unesperienza che gli allievi devono poter fare: comunicare ad altri ci che si compreso, cercare la strada che sia convincente e avvincente Ma perch linterrogazione classica non
funziona? Perch di rimando abbiamo solo frasi smozzicate?
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Firenze, 10 ottobre
Cara Rosalba
la tua lettera mi ha stimolato a riflettere sulla spiegazione.
Insegnando chimica, le spiegazioni che mi competono si giocano
tutte in campo scientifico, dove sembrano assumere un carattere
estremamente preciso. Bruner, in La cultura delleducazione, riassume molto bene levoluzione dello spiegare scientifico. Ti propongo
un breve passaggio del libro che trovo illuminante. So di rischiare
di appesantire le mie risposte con troppe citazioni, ma il piacere
dello scriverti per me sta anche nel riflettere, rileggere, ritornando
a storie che mi hanno coinvolto e sono state importanti per la mia
formazione. Allora eccoti il brano:
A partire dal diciassettesimo secolo lideale della comprensione
(qualunque ne sia loggetto) stata la spiegazione causale per mezzo
di una teoria: lideale della scienza. Una teoria che funziona tutto
sommato un miracolo: idealizza le nostre diverse osservazioni del
mondo in forma [...] ridotta allessenziale [...] permettendoci di
vedere i miseri particolari come esempi di un caso generale. Le teorie esplicative inoltre funzionano indipendentemente da quello che
se ne pensa e (almeno presumibilmente) dalla particolare prospettiva personale con cui si guarda il mondo4.
4 J.
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pp 102-103.
il passato, il presente e il possibile il titolo del quarto capitolo de La
cultura delleducazione citato.
Nel linguaggio scolastico questi temi sono oggetto delle materie studi sociali, storia
e letteratura, ma secondo Bruner la guida degli studenti alla comprensione vera di queste tre P (maiuscole) dellumanit coinvolge tutti gli ambiti di studio e apre le discipline stesse.
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pretando, raccontando, cercare di mettere in scena una sovrapposizione di approcci e rapporti col mondo che siano la scintilla capace dinnescare la comprensione.
Anche a me piace spiegare. E come pu non piacere? un palcoscenico interamente a nostra disposizione, una recita a soggetto
con il controllo diretto di tutti gli elementi della scena. Una bella
lezione coinvolge corpo e mente e, se davvero bella, penetra nella
sfera dellemotivit di tutti. Forse sono proprio le sue qualit di
completezza e coinvolgimento che generano quel senso dintimit
di cui tu parli.
Eppure quella stessa tua diffidenza verso la spiegazione mi si
andata via via rafforzando. Da anni ricorro sempre pi raramente alla
lezione classica; mi capita, certo, di farne, ma non pi la spiegazione pianificata dei miei primi anni. pi spesso un modo di introdurre il tema che approfondiremo. Procedo per accenni, innesco problemi che mi guardo bene dal chiudere, con linteresse preminente di
farli diventare un problema anche per loro. Preparo gli alunni a concentrare la loro attenzione su precisi passaggi della ricerca.
In altri momenti la lezione un tirare le fila, correggere la rotta,
chiudere lesperienza selezionando e connettendo (riprendo le tue
parole) le parti pi significative, l dove i miei giovanotti non arrivano. Detto cos, so che sembra la classica storia della comparsa
attenta ad assumere il ruolo del protagonista quando lattore protagonista cade malato. Ma appunto per questo, perch una storia
classica, non da escludere che sia un canovaccio buono anche per
la scuola.
La mia diffidenza cresciuta di pari passo con la mia pratica di
insegnante di laboratorio. Mi sono trovato negli ultimi anni a dover
imparare a fare a meno non solo della cattedra ma dellaula stessa,
cio del luogo che d fisicit alla lezione e ne favorisce lo svolgimento secondo regole canoniche.
Io stesso ho favorito, sette o otto anni fa, questo allontanamento
dallaula tradizionale: evidentemente era lesito naturale del mio
modo di intendere la lezione.
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Roma, 11 ottobre
Caro Giuseppe,
mi dicevi del senso di vertigine che si prova davanti a tanto
orizzonte e che noi frastorniamo con i nostri discorsi. Ed
proprio per limitare i guasti di un frastornamento incauto, che
andasse cio a scombinare un equilibrio che non sappiamo dove si
appoggia n di cosa fatto, che preferisco applicarmi (e far applicare loro) alla cura delle procedure, dove il criterio di giusto e
sbagliato meno aleatorio (quasi quasi oggettivo). A cominciare dallortografia, dalla punteggiatura, dalla costruzione di frasi
ben formate (concordanze, congiunzioni, preposizioni, ecc.). So
anche che su queste evidenze oggettive si appunter il giudizio di
chi li prender dopo di me, al triennio: l, devono poter fare bella
figura, l che verranno mazzolati al primo errore di ortografia
E il giudizio che verr formulato sulla base del loro primo compito
in classe il loro biglietto da visita potr diventare un pre-giudizio che li favorir o li dannegger per tutto lanno. Forse esagero,
ma quante volte ci capita di restare tenacemente ancorati alla prima
impressione che abbiamo avuto dallincontro con una persona!
A inizio anno, a quegli studenti che scrivono in modo arruffato,
cos come gli viene, assegno per casa un dettato e un copiato al
giorno, e la verifica devono farla da s, scrivendo in calce il numero degli errori. A me tocca solo di apporre una sigla: Visto.
Le prime volte fanno una revisione alla grossa, e devo perci
controllare io ogni parola. Li sgrido per quanto tempo mi fanno
perdere, li terrorizzo (Non un mese! Tre, quattro mesi di copiato,
se domani trovo una sola parola sbagliata! Se ancora devo dannarmi per decifrare queste zampe di gallina!). Poco alla volta vengono fuori quasi dei quadri: le o tonde, ogni i col suo puntino
sopra, gli accenti al posto giusto, lapocope, insomma, errori
zero, pagine in bella grafia, impaginate con margini regolari, ecc.
Poi mi accorgo che gli altri compiti quelli assegnati a tutti e che
anche loro devono fare li fanno con la non-cura di prima. Perch?
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Pur sapendone ormai tanto di apprendimento e delle sue differenti tipologie, mi comporto spesso come se questo passaggio dal
caso alla generalit dei casi, dallelemento alla classe fosse un passaggio automatico e diretto. Ogni anno cado nello stesso errore,
comunico loro una fretta inopportuna. Non mi ricordo che il
miracolo avviene a met o a fine anno. E in verit qualche volta
non avviene.
sempre unimpresa scardinare abitudini a lungo coltivate, e
per loro quei compiti in pi il dettato e il copiato fatti come si
deve costituiscono una parentesi isolata dal resto.
Tornando alla tua prima lettera, anche io ho apprezzato la delicatezza dellinsegnante di Gerta: Gli errori li correggeremo insieme.
A noi che insegniamo italiano e sollecitiamo con i temi lespressione del cosiddetto mondo interiore, succede spesso di trovare ragazzi e ragazze potenziali scrittori. E siccome so quale dura disciplina
lo scrivere, questi ragazzi un po speciali cerco da un lato di incoraggiarli lodando la loro genialit, daltro canto per divento con loro
ancora pi severa, ancora pi intransigente, affinch non si facciano
illusioni (un famoso scrittore e critico letterario non ricordo il nome
alla domanda: Qual un metodo per insegnare ai giovani a scrivere?, rispondeva: Quale? Ce n forse un altro? Bastonarli!).
A quellet facile illudersi che baster andare dove il cuore
comanda: la creativit, innanzitutto! E le doppie? E i congiuntivi? Se
non intervieni subito e al biennio sarebbe gi tardi gli automatismi sbagliati non li smuovi pi, sono come le radici di un albero che
vanno sempre pi sotto per crescere comodamente indisturbate.
Ed forse il non sottovalutare il lato tecnico della scrittura la
ragione per cui a fare una buona riuscita sono i ragazzi che accettano il duro tirocinio che sta a monte della creativit, non i nostri
allievi ingenui, sregolatamente creativi.
A quellet, quando sei preso dalla melanconia che deriva dal
misurare la grandezza del tuo pensiero con la pochezza del
mondo che ti sta intorno, se non c chi ti sostenga puoi cadere nel
precipizio.
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Roma, 12 ottobre
Caro Giuseppe,
oggi ho chiesto in II G: Dove siete arrivati lo scorso anno con la
storia?. Nessuno se lo ricorda. O fingono di non ricordarlo. La
caduta dellImpero romano? Forse s, forse no Ho dato unocchiata al programma di questanno: troppo vasto per metterci pure
quattro capitoli (e che capitoli!) dellanno precedente. Allora ho
detto: state a sentire, vi faccio un riepilogo dei fatti Arrivati al
Cristianesimo, abbiamo letto insieme una pagina sulla modernit del
pensiero di Paolo di Tarso: il suo ripudio di quelli che oggi chiamiamo fondamentalismi (non mescolare lo Stato con la fede religiosa!). Vedete, ho detto, le idee che sono il pane dei nostri tempi lui le
propagava duemila anni fa. San Paolo! e vai!!. Tutti contenti,
come fosse il portiere della Roma. Demarco: Noi, modestamente,
ce labbiamo qui! (la basilica di san Paolo accanto alla scuola).
Ieri il preside ha proiettato sullo schermo i dati dello scorso anno:
medie di profitto per materie, per classi parallele, ecc. Colonne di
varia altezza si stagliavano sullo schermo nella loro palese oggettivit: gli alunni sono strati di intere colonne, sono numeri.
Oggi che i ragazzi della I G erano impegnati in un compito, li
osservavo uno a uno. Mi chiedo quale descrizione di loro pi
appropriata. Che cosa vedo io, con quali tratti li identifico.
Riotti: fra i tanti Andrea, Massimiliano, Danny, ecc. porta un
nome originale, vale a dire antico: Pasquale. Quando detto i
compiti a casa, anzich prendere il diario e la penna guarda stupito, come per dire: che sta succedendo?
Corbelli come lui, quando assegno i compiti mi guarda sbalordito, ci mette un po per riprendersi. Mi ricorda mio figlio in prima
elementare: ogni mattina chiedeva: Anche oggi?. Arrossisce, il
rossore sulle guance perenne, una soluzione adattativa economica, per non doverci pensare ogni volta.
Fleuri: presentandosi al gioco di mi ricordo, ha detto: Mi
ricordo del giorno che ho creato il mio sito. Ora lo guardo ammi-
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rata. Capisco vagamente la ragione del suo successo con i compagni: uno che sa il fatto suo. Si distrae di continuo, riempie fogli
con scritte del tipo murales, e i suoi traffici non finiscono qui. Gli
ho detto: Continua cos e alla fine dellanno sarai bocciato. E lui:
Impossibile, io sono bravo.
Tonucci invece ha paura, paura di essere bocciato. Il giorno che
gli ho chiesto perch non risponde mai alle domande ha detto: Io
sono timido, ho sempre paura. Anche alle medie ero cos. Io a
modo mio lho rassicurato: Fai bene ad avere paura, la paura ti
rende cauto, ti garantisce contro la tentazione di lasciarti andare. Sembrava convinto, poi se ne tornato al banco suo ondulando le spalle come un damerino. Non ho ancora capito se la lezione la segue davvero, intento com a sistemarsi di continuo i due
riccioli laterali sulla fronte. Va fiero dei suoi pantaloni nuovi in stile
militare, con la cintura stretta in vita e portata molto in alto, non
molto in basso come usa adesso.
Marangoni: non mette la stanghetta alla a e nemmeno il puntino
sulla i. Quanto al resto, si fa notare per la faccia da bambino e la
corporatura da uomo fatto. un atleta, pratica uno sport (forse
il calcio) da quasi professionista. amico di Capriati, il quale ogni
tanto se lo abbraccia. Sedevano vicini, li ho separati. Hanno accettato senza fiatare, eppure mi immaginavo di dover affrontare faticose contrattazioni. Strano come Marangoni sia acquiescente agli
ordini miei, forse obbedire gli viene facile per la consuetudine
con il mister. Ora sta vicino a DAngeli, uno bravo. Sta buono,
ma si annoia, sbadiglia. Almeno prima lottava. Capriati gli ha fatto
la campagna per farlo eleggere rappresentante di classe: un voto
plebiscitario. Ora devi dare lesempio, ho detto. E lui: Mi hanno
voluto loro, io non volevo.
Corsetti: ha un dente canino cresciuto di traverso. Giorni fa si
assentato perch si dovuto operare, al ritorno mi ha fatto vedere
la ferita sul palato. Fa errori di ogni tipo, di tutti i tipi, quando scrive e quando parla: perch ho il dente malato, dice lui. Ha un taglio
degli occhi orientale, furbesco, ma un agnellino.
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Gionfriddo: quello che diventer, da grande, una brava persona. Riservato, diligente, sobbalza quando sente il suo nome. Di lui
un compagno ha scritto: Porta i capelli dipinti sulla testa, chiss
che cosa voleva dire
Carandini: che dire di lui? bravo, lallievo che tutti sogniamo.
Uno che in altri tempi sarebbe stato normale. Qui una quasieccezione. Studia ogni giorno, senza affanno. Suo nonno lo aiuta
nelle ricerche, gli stampa le pagine dei Promessi sposi da Internet.
Reyes e Puruggan sono stranieri. Tutti e due hanno fatto le medie
qui. Reyes preoccupato di non saper rispettare le regole di impaginazione. Per i margini do loro due possibilit: tre centimetri a
sinistra e otto a destra, oppure la mezza colonna, rigorosamente
mezza per chi fa errori di grammatica, pi di mezza per gli altri
Reyes non ha ancora deciso in quale categoria stare. Si agita, allinizio consegnava il foglio sgualcito, ora va meglio: prima di mettersi a scrivere disegna i bordi con la matita e la squadra.
Osservo la tensione che si crea durante il compito in classe. Io,
dalla cattedra o passando tra i banchi, provo a garantirne la durata. Riotti non sembra minimamente turbato dalla eccezionalit del
momento. Tra una chiacchiera e laltra riesce a scrivere e a non perdere il filo. Lui. Gli altri non si perdono una sua battuta di spirito,
sono tuttorecchi.
Rosalba
Roma, 15 ottobre
Roma, 13 ottobre
Caro Giuseppe,
oggi, pensa un po, ho parlato ai ragazzi di identit e cambiamento. Ricordi la metafora che usa sempre Bateson? Lequilibrista sta sul
filo e cambia continuamente la posizione del bilanciere e delle
braccia, dei piedi, ecc. per restare dove sta, per non cambiare.
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Caro Giuseppe,
ieri in II G una ragazza caduta in quello che io chiamo da
anni lerrore di Pomponio.
Devi sapere che tanti anni fa, quando insegnavo nella scuola
media, avevo una classe terribile, tutti maschi (ah! come invidiavo
quelli che insegnano alle magistrali: tutte donne!). Molti di loro
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venivano da un quartiere periferico di Bari: caseggiati cadenti, strade male illuminate, al centro la piazza deserta, qualche ragazzino
dietro al pallone. Questa classe faceva disperare tutta la scuola. La
diedero a me perch ero lultima arrivata. Lalunno Pomponio era
alto e grosso, faceva il pugile. Ai miei occhi di allora, non esperti,
sembrava un uomo, e lo rispettavo, lo lasciavo stare, come fa una
donna (del sud) riguardo al maschio di casa. Naturalmente non studiava mai e mai unassenza, sembrava venisse a scuola solo per
riposarsi. Al primo banco, si distoglieva dai suoi pensieri solo per
mettere a tacere la gazzarra quando lui aveva mal di testa.
Un giorno stavo spiegando (lottando per spiegare) le congiunzioni subordinanti, in particolare la differenza tra perch e
affinch. Scrissi una frase alla lavagna: Lascensore si fermato
perch andata via la corrente. Cosimo Pomponio alz la testa,
lesse la frase, ne fu colpito, e chiese: Di che marca lascensore?.
Io dissi che questo non centrava niente, e tuttavia presi sul serio la
sua domanda: Gli ascensori dissi vanno a corrente elettrica,
eccetera. Lui replic: Non era un ascensore Bellomo. Suo
cognato lavorava alla ditta Bellomo. Alz le braccia come per
annunciare il Verbo, e rivolto alla classe disse: Gli ascensori
Bellomo non si fermano, anche quando non c la luce. Segu un
applauso.
Ieri Monica Cardelli ha detto qualcosa di simile. Ha commentato
la frase scritta alla lavagna, che esemplificava luso dei correlativi
nn : Marco non n bello n intelligente, tuttavia ha successo, dicendo che era impossibile, che per avere successo eccetera
eccetera. Allora, come faccio ogni anno, ho raccontato la storia di
Pomponio, e come ogni anno ho assegnato la paternit dellerrore a
chi per primo c cascato: ieri, in II G, Cardelli. Uso il metodo di
denominare gli errori con la persona che li fa perch ho scoperto
che cos se li ricordano: per esempio, lerrore di Colosimo riguarda
la paragrafazione (a ogni frase, punto e a capo); lerrore di
Provenzano mettere la congiunzione dopo la copula (La rotazione agricola quando), e cos via.
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poco alfabetizzati, ricchi della loro cultura orale. Che cosa insegni
in Italia?, mi chiese uno studente. E quando dissi che insegnavo
italiano agli italiani dapprima si mise a ridere, poi disse: In
Somalia diverso, il somalo qui lo sanno tutti.
Ecco, e se stessimo sottovalutando che si pu soffrire di troppa alfabetizzazione?
Alle volte, poi, mi viene il sospetto che noi occidentali stiamo
correndo il rischio di disconnetterci dal resto del mondo E siccome nessuna risposta mi viene facile, provo con Bateson ad allargare la domanda: Qual la struttura che connette tutte le creature viventi?.
Rosalba
Roma, 16 ottobre
Caro Giuseppe,
siamo in I G e largomento della lezione per tutta la settimana la
descrizione. A descrivere i ragazzi sono stati esercitati lungamente
gi alle medie e conoscono gi un gran numero di regole. Eppure
Dato un racconto una nave corsara che va verso le Antille , lesercizio chiedeva di completare il testo inserendo una descrizione: la
descrizione del capitano della nave. Facile, no? Invece molti ragazzi
i pi ingenui spontaneamente completano lesercizio non
descrivendo il capitano, ma raccontando che cosa lui fa.
Coltivare nei ragazzi la loro naturale tendenza a narrare: senzaltro positivo, e tu, da scienziato, lo rivendichi anche per la tua
materia. Ma a scuola dobbiamo culturalizzare la natura (scusa la
definizione affrettata). E mi torna il dubbio: perch censurare la
tendenza a vedere le cose nel tempo (narrare) affinch imparino a
vederle come fossero fuori del tempo? (descrivere, generalizzare,
dare definizioni). Cosa si guadagna? Cosa si perde? E come si fa
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a contemperare esigenze contrapposte? Per esempio, si pu ignorare del tutto il rigore del linguaggio scientifico?
Prendiamo la definizione.
Lesperienza mi dice che quando un ragazzo, interrogato, inizia
col definire correttamente ci che poi dovr sviluppare, gi sulla
buona strada. stato in Somalia, insegnando il linguaggio scientifico a partire da zero, che ho capito quanto importante nelle culture scritte definire un concetto in una o due frasi, in un linguaggio
altamente formale.
Insomma, definire una cosa seria, tanto seria che viene quasi la
tentazione di far ripetere a pappagallo le definizioni prese dal libro.
Molti insegnanti, anche di materie scientifiche, dicono invece ai
ragazzi: Esprimiti con parole tue. Io credo che proprio qui non si
debba barare: non forse qui che si identifica il linguaggio scientifico? Si pu accettare una definizione fatta alla belle meglio
soltanto nella fase iniziale, per partire da l e portare poi i ragazzi a
riflettere sulle peculiarit, sui vincoli, sulla brevit, sulla densit,
anche leleganza una delle caratteristiche della definizione. Serve a
scuola ragionare su queste sottigliezze? Qualche dubbio ce lho, ma
invece di coltivare il dubbio, con i ragazzi ragiono di sottigliezze.
Quanto al riassunto, qui lassenza di incertezze pressoch generale: a scuola si deve imparare a riassumere, senza se e senza ma.
Ti racconto ci che accaduto ieri. Mi stato chiesto di verificare la preparazione in storia di un ragazzo che viene da unaltra
scuola, un allievo di seconda che ha un debito formativo. Non si
preparato, questa estate non ha studiato niente: lha detto lui.
Prendo il libro, gli faccio leggere un paragrafo: vediamo se sai riassumere ci che hai capito. Il paragrafo diceva pressa poco questo:
Insieme con larte del levigare la pietra, gli uomini del neolitico, i
quali ormai vivevano in comunit numericamente pi grandi, sviluppano larte delladdomesticamento degli animali, imparano a
selezionare i semi per lagricoltura, ecc.. Incertezza, silenzio.
Qual lidea centrale?, gli chiedo. E lui, dando unocchiata al
libro: Gli uomini del neolitico erano pi numerosi.
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Forse conosci laneddoto dellantropologo che spiega agli abitanti di un villaggio africano con laiuto di un filmato come si usa
un certo congegno, mettiamo una trivella a mano, e quelli, alla
domanda avete capito? avete domande da fare?, rispondono:
Dove finita la gallina?. La scena era stata filmata, e nel filmato
si vedeva una gallina che per tutto il tempo ha razzolato alle spalle
dellantropologo.
Racconto ai ragazzi questa storia quando capita che uno commetta lerrore di rendere centrale una informazione secondaria. Da
quel momento, per designare la natura dellerrore diciamo: Tu hai
visto la gallina.
Rosalba
Firenze, 28 ottobre
Cara Rosalba,
il tuo alunno Pomponio mi ha ricordato mio figlio Filippo. Anni
fa, facevo con Filippo i compiti di matematica per le vacanze. Un
problema parlava di un certo Marco, di quarantadue anni, sposato
a una Carla. La somma degli anni della coppia faceva sessantatre.
Quanti anni aveva Carla? Filippo stette a lungo in silenzio (o cos
parse a un padre insegnante), poi disse che chi scriveva questi esercizi era davvero scemo: quando mai una ragazza di ventuno anni
sposerebbe un vecchio (sic) di quarantadue! Ricordo che discutemmo a lungo se queste coppie esistessero davvero oppure no. Il
suo interesse era giustamente altrove rispetto al compito richiesto.
E sempre Pomponio mi ha fatto ricordare cose passate: i tempi
in cui insegnavo al serale. Non tanto per limpegno che nei miei
studenti della notte era altissimo, specialmente confrontato con
quello delle classi che avevo al mattino, ma per lassenza, nella
descrizione che fai di quel ragazzo, dellesuberanza tipica degli
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adolescenti. Perch Pomponio ha molto in comune con i miei alunni adulti, che venivano in classe con una cartella gi piena di storia
vissuta.
Quel rispetto che tu portavi allalunno Pomponio come una
donna (del sud) al maschio di casa io lo portavo ai miei alunni;
una sorta di soggezione come di un figlio laureato (del centro) di
fronte al padre, che ormai sovrasta per cultura ma da cui sovrastato per tutto il resto.
Per loro, come mi par di capire per Pomponio, la definizione di
studente perdeva molto del potere connotativo. Troppo poco infatti avevano da spartire con la vita dello studente, molto pi giusto
dire che questi uomini diventavano studenti in un pezzetto serale
della loro vita. Per quanto valore attribuivano a quel piccolo e faticoso segmento!
Certo non mancavano aspetti atipici e curiosi rispetto ai criteri
usuali che abbiamo della vita di classe, come lintervallo che si dilatava in una sorta di pausa-cena con i banchi apparecchiati con un
tovagliolo, una bottiglia di vino e una bella fetta di pane. Alle ultime ore cera sempre qualcuno che si addormentava (quasi sempre
il fornaio cedeva prima delle undici). Eppure qualche volta mi
viene da pensare che quella fosse vera scuola.
Non ti ho parlato dei miei anni al serale solo per lanalogia datteggiamento dei miei adulti con il tuo giovane pugile ho ben chiaro, Rosalba, che solo una somiglianza superficiale ma perch
hanno molto influito su quello che penso del famoso errore di
Pomponio.
Errore senza tempo, difficile da sradicare per le sue connessioni
con latteggiamento psicologico molto naturale che privilegia lesperienza soggettiva diretta e confida nel senso comune.
Anche nelle classi di oggi sono convinto che ci siano molti alunni che commettono lerrore di Pomponio. Colgono i significati
complessivi e non riescono spesso nemmeno ci provano ad analizzare gli aspetti strutturali del discorso. un atteggiamento analogo a quello che nella mia materia li porta a cercare in fretta la
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Non sono per niente daccordo con chi trancia giudizi categorici sui nostri giovani (stupidi, ignoranti). Prima diamo una scuola
di qualit, per tutti e per ciascuno, spendiamo per aiutare i pi
sprovvisti di risorse e motivazioni (senza chiuderli in riserve indiane) e poi saremo legittimati a discutere di quello che, comunque, ci
sembrano essere.
molto superficiale pensare che i nostri alunni siano gli stessi di
cinquantanni fa, solo progressivamente pi scemi e svogliati. Ma
veramente non possibile fare di meglio? Ancora non siamo in
grado di accontentare Popper, che gi un secolo fa sognava una
scuola che non pretendesse risposte non sollecitate a domande mai
poste? Tu, riflettendo da studiosa di Bateson quale sei, mi scrivi che
barcamenandosi nei doppi vincoli gli uomini imparano a crescere.
Bene, anche noi docenti dobbiamo prendere atto che in quello che
scegliamo di fare a scuola si misura un doppio vincolo: da un lato
deve avere un valore disciplinare vincolo epistemologico dallaltro deve adattarsi alla mente di chi apprende vincolo psicologico.
Come dice mio fratello Andrea, al senso del dovere che chiediamo ai nostri alunni corrisponde, per noi, il dovere di dar senso al
loro apprendere.
Giuseppe
Firenze, 29 ottobre
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Roma, 29 ottobre
Caro Giuseppe,
te lo dico spesso, tra le righe e qualche volta sopra le righe: a
procurarmi non poche perplessit non tanto linsegnamento dellitaliano quanto un certo insistere nel voler istruire i giovani contrastando la naturalit del loro crescere, pensare, agire, ecc.,
ignorando la loro personale epistemologia, per dirla con Bateson.
Con listruzione si acquista da un lato e si perde dallaltro. Agli
occhi di alcuni i nostalgici dellet delloro (se mai esistita) di
unumanit perfettamente integrata con il mondo vivente si perde
soltanto, e qualcosa di fondamentale: una sorta di innocenza,
anche in senso letterale: la capacit di non-nuocere. Sempre sia il
mio cuore aperto ai piccoli / uccelli che sono il segreto del vivere /
qualsiasi loro canto meglio del sapere dicono i versi di una
poesia di Cummings15 che amo citare.
E se fosse sbagliato mettere in riga il mondo?
So bene che spostando lattenzione tutta e soltanto sulla naturalit dellapprendimento rischiamo di cadere in una semplificazione
grossolana, anche di comodo: una buona scusa per lavarsi le mani,
per lasciare le cose come stanno (e spesso le cose stanno malissimo).
Tuttavia pur sempre una verit, e cio una possibile descrizione
di un fenomeno che altri spiegano in altro modo, questo: listruzione, la cultura che identifica lessere (il divenire) umani.
15 May my heart always be open to little, in E.E. Cummings, Poesie, Einaudi,
Torino 1974, p. 167.
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Roma, 30 ottobre
Caro Giuseppe,
rinunciare a insistere con chi non ce la fa, con chi non portato per gli studi teorici? Accettare che siano differenziati i percorsi? Chiss. A patto che nel percorso detto di serie B vengano
impiegati gli insegnanti migliori, il meglio che oggi c sul mercato.
Parlo di una scuola dove il sapere non sia separato dal saper
fare, dove insomma si coltiva una mente non-divisa: qui che
potrebbe nascere unidea di istruzione nuova e un tipo di essere
umano pienamente umano. Mi dirai che questa scuola stata gi
inventata: che altro sarebbero gli istituti professionali! In linea di
principio hai ragione. Ma non forse, quella, una scuola trattata da
serie B? Vissuta davvero come una scuola inferiore?
E ritorno a quella che ho chiamato laltra verit, radicata in
molti adulti istruiti, inconsapevolmente in molti insegnanti di scuola superiore, anche i buoni insegnanti, anche i pi democratici.
Guardiamo come adattano il programma affinch rispecchi il
livello della classe. Abbassare il tiro una soluzione che avvantagger i ragazzi: andare incontro ai loro gusti, alle loro tendenze,
non affaticarli troppo, non chiedere limpossibile! e chiss che
limpossibile non sia ci che ragionevolmente essi potrebbero
capire e imparare.
Dai discorsi che sento fare sugli studenti raccattati ho tratto
una riflessione generale: un insegnante insegna bene ai ragazzi che
gli assomigliano. Con quelli che non gli assomigliano si dispera, non
li capisce. E quando, dopo faticose contrattazioni, riesce a ottenere
dieci righe di riassunto senza strafalcioni, la data del congresso di
Vienna potrebbe chiedersi: ne valeva la pena? E se fosse che altre
curiosit, altre passioni stavano mettendo radici e io le ho disseccate mettendoci il concime sbagliato, adatto a unaltra pianta?
Accostando (non sostituendo) una verit allaltra, riuscendo a
contemperarle entrambe, a vivere cio dentro un doppio vincolo,
la domanda: che cosa andato perduto? diventa una domanda legit-
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tima. Provo a precisare mettendomi nei panni (e mi viene facile) dellinsegnante dubbioso: che cosa non ho educato della sua mente che
poteva pi facilmente e con maggiore efficacia essere educata? Che
cosa non ho valorizzato di ci che potenzialmente egli ha gi e poteva acquistare altro valore? Quel poco dieci righe, una data
garantisce davvero la struttura che lo connetter alla societ in cui
vive? A quella parte della societ che io insegnante considero, nel
bene e nel male, espressione della migliore tradizione culturale?
Nel frattempo, mi chiedo, forse andato perduto uno sguardo
nuovo? (Che succede se diventa importante saper guardare la gallina?). Io non lho capito, e se lho capito non lho saputo n raccogliere n assecondare n metterlo in primo piano perch, mi
dico nei giorni neri, questo sguardo nuovo non mi parla, e
quindi non so educarlo. Ed proprio in quei giorni che mi appare
non-legittima la pretesa di mettere in riga una visione del mondo
che poteva crescere a suo piacere, nella sua forma.
Per, per, e qui mi viene in soccorso laltra verit: in quale
altro luogo, se non nella scuola, poesia e prosa, mito e scienza, sentimento e ragione, possono convivere e combinarsi in uno stesso
pensiero?
Ma allora, chi mai sar questo educatore?, il quale vede sfuggire di mano lestetica dellessere vivi (per non dire dellinnocenza) se mai lha conosciuta
Rosalba
Firenze, 31 ottobre
Cara Rosalba,
voglio raccontarti una storia.
Balli un mio alunno di questanno che ha cambiato classe dopo
appena una decina di giorni. Ho conosciuto la madre. venuta in
Presidenza a scrivere la domanda di passaggio ad altro indirizzo.
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Roma, 1 novembre
Caro Giuseppe,
ma che fatica star dietro agli interessi dei ragazzi per agganciarli, come tu dici, ai nostri discorsi di scuola!
Gi, i nostri discorsi. In unaltra lettera mi facevi osservare che
la scuola non pi in sintonia con la lingua madre dei ragazzi.
Ma la scuola non parla, non pu parlare nella lingua madre. Per il
semplice fatto che la scienza (tutto ci che oggetto di studio) non
stata scritta nella lingua materna. E non mi sorprende che questo
ritorno al linguaggio materno-naturale sia uno come te a sostenerlo: un fiorentino che insegna scienze, non una meridionale come
me, lungamente smaliziata da studi linguistici. Io la lingua madre la
insegno (al Sud era e forse ancora quasi lingua straniera), e vedo
i ragazzi inciampare di continuo nellerrore, e non perch la lingua
madre troppo diversa dai linguaggi formali della scienza ma perch gli assomiglia troppo: qui la difficolt, qui linganno.
Tu, crescendo, hai assimilato il linguaggio scientifico al punto
che non ne avverti pi lestraneit: per te, quel linguaggio per davvero materno. Il caso ha voluto che il passaggio sia stato
graduale, indolore, forse non lo hai avvertito. Come non labbiamo
avvertito da ragazzi io e i miei fratelli: tra noi e la scuola cera di
mezzo un padre che correggeva i nostri svarioni e voleva che parlassimo come un libro stampato (per me lemancipazione stata
non soltanto andare via di casa ma poter dire le cose in modo
sgrammaticato). Ma per i nostri ragazzi, cosa ci corre in mezzo?
Proprio quel triplo salto mortale di cui parli. Un salto che per
alcuni davvero mortale: vedi quelli che abbandonano gli studi,
quelli che arrancano fino alla fine
Ricordi quello che ti ho detto di Marguerite Yourcenar immersa
precocemente nella letteratura, e Norbert Wiener che leggeva
Darwin e Spencer a sei anni Persone fuori del comune, dirai.
Dietro ogni genio ci sono storie cos. Per, le persone geniali
in quanto casi estremi come lo sono i casi al loro esatto opposto
ci fanno capire meglio la normalit.
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In una lettera precedente ti ho parlato dei vantaggi di una precoce alfabetizzazione alta (linguaggio proposizionale, saper generalizzare, definire, ecc.). I destini degli studenti si giocano in
famiglia, nella cura della mente e del corpo non guasta una buona
alimentazione. Mi dirai che ho scoperto lacqua calda. Allora diciamo anche questo: per uno come Balli, che ha una madre non
istruita, pu diventare cruciale il divenire consapevole che si tratta
davvero di un triplo salto mortale, e che questo difficile salto ha
una valenza politica. Ricordi Gramsci? Nel progettare una scuola di
tutti, che sapesse dare a ogni cittadino la possibilit di diventare
governante, Gramsci sapeva bene che non sarebbe stato facile far
accettare laspetto non dilettevole dello studio a chi, abituato alla
fatica del lavoro, vedeva le complicazioni dello studio come un trucco a suo danno (Vedono il figlio del signore compiere con scioltezza e apparente facilit il lavoro che ai loro figli costa lacrime e
sangue, e pensano che ci sia un trucco)18.
Mi viene in mente quello scrittore americano, nero (non ricordo
il nome), che da piccolo abitava in un sobborgo newyorkese, in un
caseggiato dove norma erano il crimine, lo spaccio di droga, la prostituzione e cos via. Si chiese: come faccio a uscire di qui? La scuola! Andare bene a scuola, prendere una borsa di studio E cos
fece. Senza andare oltre oceano, la storia di Giuseppe Di Vittorio19,
che da ragazzo, bracciante, studiava a lume di candela con un dizionario e un quaderno Casi isolati. Per, nel passato, ne ho avuti
allievi cos: rari, ma li ho avuti. Ragazzi che, come dici tu, si facevano una dote non richiesta da alcun matrimonio.
Rosalba
18 A. Gramsci, Quaderni del carcere, vol. III, Quaderno 12, 1555, Einaudi, Torino
1975.
19 Giuseppe Di Vittorio (1892-1957), segretario generale della CGIL dal 1945.
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Firenze, 2 novembre
Cara Rosalba,
ho appena finito di leggere la tua lettera. Come sempre sincera,
appassionata. Pi di altre per me coinvolgente. Sembri rispondere in
anticipo alla mia ultima che ti ho scritto. Ti voglio rispondere subito, a caldo e senza rileggere. Poi ci saranno occasioni per riflettere.
Cera una volta
una ragazza che in Inghilterra lavorava come parrucchiera.
Era fidanzata con un ragazzo che le voleva bene, o almeno tutto lo
faceva pensare. Due lavori normali, ma sufficienti per poter contare su un futuro in linea col loro presente: il sabato sera passato al
pub, con gli amici; qualche ubriacatura ogni tanto come da regolamento per sentirsi liberi da regole. Una casa, dei figli.
La ragazza decide di iscriversi alluniversit. Perch lo fa? Forse
perch su quel futuro non vuole pi contare.
Corsi serali che il college inglese organizza per gli studenti lavoratori. Il tutor che le viene assegnato un professore di letteratura,
molto disincantato sui vantaggi dellistruzione, che non avrebbe nessuna voglia di perdere tempo con una parrucchiera, se non fosse
imposto dalle norme. Il loro inizialmente uno scontro: lei entusiasta, che vuole imparare di tutto; lui annoiato, che non crede nelle parrucchiere che vogliono istruirsi, n nel suo lavoro alluniversit. Lei
che gli invidia la cultura, il linguaggio; lui che non sa pi cosa farsene.
A una lezione, il professore domanda agli studenti perch un
uomo che viene colpito da una tegola in testa mentre passeggia
una disgrazia ma non una tragedia. La ragazza produce nella
classe un effetto dirompente osservando che per la letteratura non
sar una tragedia, ma per chi lha presa in testa s.
In un altro momento, quando il tutor le propone di cimentarsi su
un possibile componimento per lammissione ai corsi universitari,
dal titolo Come risolverebbe il candidato i problemi tecnici di messa
in scena del Peer Gynt di Ibsen?, la ragazza risponde in un rigo che
basterebbe darlo alla radio
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Lentamente, dopo le prime arrabbiature, il professore viene colpito dalla spontaneit e dalloriginalit del pensiero della ragazza, cose
che vede perdersi nei suoi studenti regolari, spenti e stereotipati.
Alla fine del percorso, alle soglie dellesame dammissione, il
professore fa di tutto per convincere la ragazza a tornare al suo
lavoro, al fidanzato, al pub del sabato sera; tutte cose pi vere di
quelle che cerca nelluniversit. La esorta a tenersi la sua testa e il
suo forte accento dialettale, di sfuggire allomologazione, unico
destino che lattende dentro luniversit.
Arriva il giorno della prova. Il tema che esce dalla busta chiusa
proprio quello sulla messa in scena del Peer Gynt
La sera il professore le chiede notizie, le dice che spera che abbia
scritto alla commissione quel rigo che lei aveva tanto difeso di fronte a lui come legittima risposta.
La ragazza risponde che era stata tentata, ma alla fine aveva deciso
di scrivere quattro pagine, accettando di misurarsi sul terreno che le
veniva proposto. Il professore le chiede perch, che cosa lavesse convinta, che cosa sentisse daver imparato per accettare di stare al gioco.
Lei risponde che era stata un attimo a riflettere prima di decidere come affrontare la prova. In quel momento aveva ripercorso
tutto quello che la scelta di studiare aveva significato per lei. La
separazione dal fidanzato e dai vecchi amici, la rinuncia alle certezze, la fatica, le umiliazioni e tutto il resto. Poi si era resa conto di
avere gi vinto la sua scommessa. Si era resa conto che era libera di
scegliere se e come svolgere il componimento. Per la prima volta in
vita sua aveva sentito di poter decidere tra pi futuri possibili.
Cera una volta
un uomo che saliva con la macchina verso lAmiata.
In un tratto disabitato un vecchio corre allimpazzata per la
discesa sotto la pioggia. Proprio mentre sta oltrepassando una macchina, cade a terra sulla strada. Luomo alla guida si ferma, lo aiuta
a risollevarsi: la faccia coperta di sangue, pronuncia frasi sconnesse. Poco dopo sopraggiunge una macchina che si ferma accanto alla
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Roma, 4 novembre
Caro Giuseppe,
ho letto le tue storie. La libert di scegliere si impara facendo esperienza. Altrove, la scuola non basta. Da giovani bisogna correre la
prateria, ci diceva alluniversit Vittorio Bodini, ispanista e poeta.
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Oggi, in II G, solita musica: chi non sta attento, chi non prende
a cuore la propria concentrazione, chi non si attrezza perch il filo
dei discorsi rimanga teso Studiare unimpresa troppo faticosa!
Alla vostra et bisognerebbe essere per strada e correre la prateria.
Io, alla vostra et ho aggiunto se avessi potuto a scuola non
ci sarei andata. Ci sono andata perch mio padre non immaginava
per me un destino diverso. Stupore generale. E voi? ho detto
guardando negli occhi quelli degli ultimi banchi C qualcuno tra
voi non obbligato? Che pu sfuggire a una tale condanna?. Ma
che dice?! , avranno pensato . Questa qui sta dicendo tutto il contrario delle prediche che sentiamo a casa. Che senso ha far male
lunica cosa che qui vi viene chiesto di fare?, ho detto. Traccio alla
lavagna la freccia del tempo e indico la punta della freccia: Voi
siete qui, non torner indietro questo tempo. Se lo perdete, se perdete le occasioni che questo tempo vi offre, le perdete e basta.
A scuola tutto viene predisposto perch tutto funzioni come un
orologio: il sogno di un universo newtoniano in perfetto accordo
con regole certe e immutabili e in tutto e per tutto prevedibili
come se si fosse miracolosamente realizzato. Orario delle lezioni
pronto gi dalla prima settimana di scuola, la campanella elettronica non sbaglia un colpo, collegi, consigli di classe, persino data e
ora degli scrutini di giugno li sappiamo gi a settembre, il regolamento distituto al capitolo giustificazioni delle assenze disciplina il
dettaglio (i ritardi: di un minuto, non si giustifica, da due in poi s,
a dieci si entra alla seconda ora), le circolari avvertono giorno per
giorno di nuove evenienze, e anche di queste vengono regolamentati causa ed effetto Eppure, tutto intorno congiura affinch il
filo si perda. Basta un giorno di vacanza inaspettata uno sciopero
per esempio a cui furbescamente viene fatta seguire la richiesta
dellassemblea degli studenti ( sabato), il luned successivo magari io ho il giorno libero e il marted mi ritrovo in mezzo al mare.
Con somma gioia dei ragazzi: Ma noi pensavamo che lei mica ci
aveva detto che. Ognuno ha un libro diverso, io stessa non
ricordo niente.
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Al tanto che ci scodella il programma (i libri di testo, non ne parliamo) io mi sforzo di contrapporre il poco selezionando il
meglio: i granelli di sabbia in cui si concentra il significato e il senso
del mondo intero: due ottave di Ariosto, un sonetto di Petrarca, di
Foscolo, un film di Olmi, e poterli ricordare, richiamare.
Varcato il cancello della scuola, sui ragazzi si riversa un mondo che
con la scuola non ha a che vedere. Il centro dei loro discorsi qualche
volta siamo, s, noi, ma i nostri tic, le nostre debolezze, chi simpatico e chi no Laltro giorno ho chiesto a Riotti: Come andavi alle
medie in italiano? e potevo evitarmi la domanda, che tanto la risposta gi la sapevo: Tutto bene. La professoressa era simpatica.
Andiamo dicendo da qualche tempo che la relazione prioritaria
rispetto ai termini, agli oggetti implicati nella relazione: io e te, da
bravi batesoniani, non leggiamo forse il mondo creaturale sotto
questa luce? Essendo Riotti e compagni creature viventi, al primo
posto per loro c il modo di relazionarsi (buono o cattivo) degli
insegnanti. Eppure quando sento parlare della simpatia degli
insegnanti do i numeri: ma che centra adesso, che vuoi che me ne
importi se ti piaceva o no la professoressa!
Io per quello che mi ricordo, dalla media in su, non ho mai pensato ai miei professori in termini di simpatia, forse non li consideravo nemmeno come umani. Ma lasciamo perdere. Io appartengo alla preistoria e, alla mia et, il passato viene letto per
apparire migliori.
Rosalba
Roma, 7 novembre
Caro Giuseppe,
oggi alle mie tre ore se ne sono aggiunte due (la collega di scienze in permesso). Cinque ore di fila. Una buona occasione per correggere i compiti individualmente. Puoi immaginare quanto mi
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Firenze, 8 novembre
Cara Rosalba,
ti ho proposto nellultima mia lettera due storie che ho associato
sotto la suggestione delle tue parole. Vorrei provare adesso, con pi
calma, a ragionarci sopra.
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Firenze, 9 novembre
Cara Rosalba,
trovo che tra la struttura scolastica e le storie che vi si svolgono
ci sia una relazione per molti versi analoga a quella batesoniana tra
forma e processo. La mia idea di occuparci sia della forma, che ci
compete, sia dei processi, che ci coinvolgono. Mi pare di averti gi
scritto che mi piace molto lidea di una scuola che coinvolge i
ragazzi in unimpresa collettiva di valore. Valori vissuti in prima persona, che possano diventare storie di valori.
La forma della nostra scuola usurata, anacronistica, obsoleta. Se i contenuti e i metodi non funzionano, non ci sono buone
relazioni che salvino la situazione. La simpatia un ingrediente
importante ma hai ragione a dire che se lunica qualit di un insegnante non una qualit.
Vorrei raccontarti qualcosa della mia esperienza di studente,
sopravvissuto al liceo degli anni Sessanta-Settanta, per chiarirti
meglio il peso che attribuisco alla forma.
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Ho dei ricordi molto vivi della mia esperienza di studente liceale. Iscritto alla prima nel 1977, la maturit esattamente trentanni
fa. Anni di tumulto, non solo ormonale. Nella memoria ho tutti o
quasi i compagni, molti professori ma nulla, dico nulla, della scuola insegnata. Questa tabula rasa della memoria contenutistica
non la sento come una conferma della priorit delle relazioni non
credo che nemmeno ci faccia bene stabilire delle priorit pi semplicemente non cera niente degli insegnamenti che mi abbia davvero segnato dentro.
Certo vi molto di mio in questo disastro liceale. Entrai in prima
come vincitore di concorso nella scuola media per uscirne dopo cinque anni col minimo impegno, il minimo dei voti e la certezza che, se
dopo la quinta ci fosse stata una sesta, non sarei sopravvissuto.
Eppure avrei ben voluto allora essere coinvolto, almeno quanto
oggi ricordare qualcosa di scuola, non soltanto i compagni, le amicizie, in generale i valori umani. Perch quello era il momento della cultura disinteressata non finalizzata e non specialistica, dove trovare
aiuto per impadronirsi degli strumenti di cittadinanza. Li ho conquistati da autodidatta; nella scuola, certo, ma quasi nonostante la scuola.
Fallimentari non erano tanto le persone e le relazioni, per lo
meno non tutte, quanto la proposta che mi veniva fatta. Quella
forma con cui leggiamo le storie scolastiche non la vedo granch
modificata, anche oggi che diventata ancor pi anacronistica
rispetto alle caratteristiche nuove dei ragazzi peggiori? E se anche
fosse questo, ci assolve forse dal riflettere su quale scuola vada proposta loro? Oggi, prima del saper leggere, scrivere e far di conto
serve ridare un motivo per farlo, dice Gardner. Io aggiungerei che
altrettanto importante insegnare a ri-leggere, ri-scrivere, fare altri
conti. Abbiamo alunni malati dai troppi messaggi, linguaggi, saperi dozzinali di senso comune. Abbiamo bisogno di una didattica
dello svuotamento e della ricostruzione.
Ma tu ti sfoghi per la loro poca partecipazione, e hai ragione.
Giuseppe
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Roma, 12 novembre
Caro Giuseppe,
che te ne pare di come vestono le nostre ragazze? Disposte a
cedere su tutto tranne che sulla lunghezza delle loro imbarazzanti
magliette (limbarazzo mio). Eppure credo che qualcuno dovrebbe dirlo a Cardelli e Velati che a scuola non ci si dovrebbe vestire
cos Oggi avrei voluto chiamarle in disparte, parlare loro da
donna a donna, ma non lho fatto, non so quali siano le parole adatte per una questione tanto personale.
Il disappunto mi resta dentro, e per non alimentarlo apro subito
il libro e senza fare lappello inizio la lezione.
Il nome. Il capitolo lavevano gi studiato (tutti? ovviamente no)
e due ore mi bastano appena per precisare, farli riflettere
Finita la prima ora, insofferenza negli ultimi banchi; nei primi
laria persa. Perci passo alla pratica con questioni terra-terra: i
nomi in -cia e -gia come fanno al plurale? Che fine fa la i? Il plurale lo deducevano automaticamente, ma la regola non lavevano studiata o non se la ricordavano. Allora, nuovo esercizio: un elenco di
nomi. Il mio umore peggiorava a ogni incertezza. Insomma, a cinque minuti prima della fine della seconda ora, scrivete sul diario:
ripasso del nome. Esercizi: tutti!
Nellora successiva mancava linsegnante, e siccome sarebbe
stata unora di diritto, abbiamo letto insieme le due pagine assegnate: diritto pubblico, diritto privato. I reati che ricadono nella
sfera pubblica, evadere le tasse per esempio; luso privato dei beni
pubblici: i muri dei palazzi utilizzati per fare le scritte, per esempio.
Noto da un po di tempo che qui, a scuola, avete rispetto dei beni
comuni, ho aggiunto. Le aule, per esempio, restano incustodite
durante la ricreazione (ben venti minuti, e tutti sono fuori, al bar
della scuola, nei corridoi) e non si registra un solo furto! In anni
recenti, invece, la processione dei derubati che andava a chiedere
giustizia al preside, collettivi convocati ad hoc, genitori che sporgevano denuncia contro ignoti O sono diventati tutti pi ricchi,
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Roma, 15 novembre
Caro Giuseppe,
come la capisco la collega di matematica. La sua disperazione di
ieri assomiglia alla mia di oggi.
Siamo sempre in II G: il testo argomentativo. Gi a casa avrebbero dovuto fare gli esercizi. Verifica: hanno fatto i compiti i soliti
quattro. Riassumo le regole dellargomentazione e per esemplificarle leggo la recensione di un film presa da La Stampa. Mentre leggevo, e molto piano, notavo che il silenzio non era motivato da interesse, anzi, quasi tutti parlottavano sottovoce fra loro. Mazzanti
scribacchiava sul diario, Proietti meditava fra s cose sue, ecc. Ma
ho fatto credere di non essermi accorta della finta attenzione e poi
li ho puniti. Come immediata verifica, farete un elenco scritto degli
argomenti che Lietta Tornabuoni ha addotto a favore del film.
Sconcerto. Avevano preso quella lettura per un intermezzo, come
fosse la pubblicit dentro uno sceneggiato.
Mi sono distratto, vuole rileggere larticolo?, dice Proietti.
E io: No. Procedete. Quindici minuti di tempo. Varr come
interrogazione orale (e mi trover a dover dare 3 a tutta la classe,
bel risultato! Ben mi sta!).
Consegnano i compiti, ne prendo uno e lo leggo ad alta voce:
misera cosa. Unargomentazione poggia sui fatti, ho detto, non sui
giudizi ( bello, brutto, mi piace). E poi, argomentare e questo dovreste saperlo significa mettere al centro una tesi.
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Mi accorgo adesso di aver seminato, questa mattina, solo inquietudine, e quel che peggio un sentimento di sfiducia: quella l, staranno forse dicendo, non sa nemmeno lei che caspita vuole!
Devo rimediare, vigilare sul mio umore, devo avere cura di me
stessa. Domani far un giro per villa Ada, dalla parte del laghetto
E luned sapr, senza averlo programmato, voltare pagina.
Adesso dimmi tu una parola buona (e non farmi aspettare
troppo).
Rosalba
Firenze, 15 novembre
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Ed vero che ce ne sono di ragazzi che fanno politica nei movimenti per la pace, nel volontariato. Li ho visti alla recente manifestazione per la pace in Iraq. Ma ricordo anche quanti studenti di
Firenze hanno disertato la scuola durante il Social Forum Europeo
standosene alla larga dai luoghi di dibattito: a casa a dormire o
davanti alla televisione. Impauriti. Credo che il motivo abbia molto
a che vedere proprio con la loro debolezza come studenti, incapaci ancora di usare gli alfabeti per rileggere e comprendere le cose
che accadono intorno: candidati naturali a un futuro da esclusi.
Facili prede delle nuove forme di comunicazione e di coloro che
riducono il significato dellinserimento nella comunit a quello di
seguire, tutti, gli stessi quiz televisivi.
Non trovano nessun problema a giudicare lagire senza applicarvi i criteri del giusto, del vero e del bello che pure possiedono
spontaneamente. Sono quindi divisi in due senza sentire alcuna
contraddizione. Renderli liberi lo scopo dellistruzione: solo se
liberi saranno veramente naturali, menti che tornano ad essere nondivise, capaci di seguire linsegnante che mette in riga il mondo
per trovare la propria riga nel mondo.
Giuseppe
Roma, 16 novembre
Caro Giuseppe,
hai presente le nostre uscite con i ragazzi? Quellacchiappaacchiappa chi sta indietro, chi si ferma al chiosco dei gelati, quelli
che fingono daver sbagliato autobus e te li ritrovi alla meta e non
sai come ci sono arrivati
Prima di entrare nel merito delle storie che mi hai raccontato,
voglio raccontarti anchio una storia tratta da I 400 colpi di F.
Truffaut: la sequenza della lezione di ginnastica. La lezione si fa
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per strada, il professore porta fuori la classe, e da vero atleta, vestito come devessere un corridore (maglietta e calzoncini bianchi),
corre davanti ai ragazzi a passo cadenzato e regolare. Quelli corrono a modo loro, e dapprima lo seguono, infreddoliti, con il cappotto abbottonato stretto sui calzoni alla zuava, sciarpa e berretto,
le scarpette non da ginnastica; vanno dietro di lui a due a due, a tre
a tre. E a due e a tre, man mano si nascondono in un portone, o
cambiano strada La scena si chiude con limmagine del professore che corre da solo.
La domanda : lui lo sa? Lo sa che sta perdendo via via i ragazzi? E se lo sa (e io sono convinta che lui lo sa), perch non si volta
mai?
Ho ragionato a lungo su questa storia, al di l delle intenzioni del
regista. Lho letta come metafora di un rapporto gerarchico (e
anche della segretezza: tema che ricorre spesso nei nostri incontri di
studio, nei seminari del Circolo Bateson, e di cui ti parler in unaltra lettera): chi sta sul gradino pi in alto deve chiudere un occhio,
e qualche volta due occhi, per concedere a chi sta in basso qualche
innocente libert: purch resti non svelata, purch non se ne parli.
Nel film di Truffaut ho poi trovato esemplificato un rapporto tra
padri e figli, insegnanti e allievi che stato della mia adolescenza.
Quel prendersi cura dei ragazzi ma mai fino in fondo, senza prendere sul serio i moti dellanima le speranze, le paure : la strada per crescere, per adattarsi al mondo dovevano trovarla da s.
Cos era per i ragazzi della scuola media che ho avuto negli anni
Settanta, a Bari.
Non c societ che non si impegni a istruire i piccoli: ogni societ lo fa a modo suo, e la trasmissione culturale pu consistere nellinsegnare a scuoiare un capretto, a potare alberi, a riconoscere il
volo degli uccelli. Dalle nostre parti un ragazzino deve saperne di
chimica, di storia antica, moderna, di informatica, ecc. Ma quando
la trasmissione culturale non funziona, chi e cosa deve produrre
adattamento? il sistema di istruzione che deve adattarsi alle
richieste (nuove) dei giovani? Oppure sono loro che devono forza-
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Roma, 17 novembre
Caro Giuseppe,
da un bel po di anni che i voti (a numeri) mi sembrano una grande trovata. Non che non ne veda la balordaggine (dare un numero
a una persona!), per mentre da giovane mi sarei fatta torturare pur
di non prendere sul serio questa storia di dare numeri, adesso li
trovo uneccellente risorsa in caso di emergenza. Come sono andato?
chiedeva ogni cinque minuti un ragazzo che anni fa mi faceva disperare, uno che stava sempre sul chi vive. E io, allistante: sette. Questo
trucco funziona perch hanno fede: nei numeri e in me.
Piuttosto ragionerei sullopportunit di dichiararlo o di tenere
segreto il voto.
Ai miei tempi, dopo uninterrogazione il voto non si doveva
sapere. Forse, senza averlo consapevolmente deciso, con questo
trucco i professori ci tenevano sulla corda. Facciamo lipotesi che
sia ancora utile tenere gli studenti in uno stato dallerta (non c
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80
Firenze, 17 novembre
Cara Rosalba,
mi hai parlato di contesti gerarchici e di segretezza. Provo a
risponderti spostando il discorso sui rapporti di continuit fra generazioni. E ti parlo di altri ragazzi. Una Babele di ragazzi e ragazze che, alcuni anni fa, parteciparono al Social Forum di Firenze.
Ricordo che si riposavano nel prato e, allo stesso tempo, ricordo
lincredibile disciplina e attenzione con cui seguivano le conferenze e i workshop. Una Babele alla rovescia, cos la defin Guglielmo
Ragazzino22.
Quellesperienza stata molto importante per me, perci voglio
rifletterci insieme a te. Solo apparentemente fuori tema rispetto
allimpegno che ci siamo assunti di scrivere sulla nostra esperienza
scolastica. Centra eccome.
I ragazzi e le ragazze che ho visto a Firenze in quei cinque giorni erano abitanti di un altro pianeta? Forse E allora come sarebbe bello se la terra si lasciasse invadere da questi marziani!
Questa generazione che a scuola viene definita priva di interessi
e ambizioni, che non connette e non capisce, conformista tanto in
22 Giornalista
de il manifesto.
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quello che indossa quanto in quello che pensa, ha mostrato in quella occasione una faccia che i conformisti non si aspettavano. Credo
che i ragazzi che ho visto al Social Forum non siano una sacca residuale della deriva consumistica: pochi corpi solidi ancora da
fondere da parte della nostra modernit liquida che, come dice
Bauman, penetra, avvolge, trascina.
Pu darsi siano davvero i primi visibili anticorpi che questa
modernit produce.
Non credo di peccare di ottimismo (anche se ne abbiamo tutti
bisogno) se dico che quasi settantamila deleghe, in gran parte
paganti, non sono un fenomeno marginale. Settantamila persone, in
maggioranza giovani, che hanno partecipato almeno a un giorno di
dibattiti ma spesso a tutti facendo la coda per le cuffie, stando
in seconda o terza fila in piedi ad ascoltare relatori che raccontano
in dieci, quindici minuti le proprie esperienze, non possono essere
liquidate come un fenomeno epidermico, la ribellione di pochi
emarginati. In quei giorni, a Firenze, non si respirava emarginazione ma latmosfera attiva e polverosa di un cantiere. Un grande cantiere edile per costruire cosa? Vedremo. Per il cemento sembra di
buona qualit. gi qualcosa.
Giuseppe
Firenze, 18 novembre
Cara Rosalba,
continuando il discorso, ci sono in particolare due argomenti di
cui oggi ti voglio parlare: i legami e i riti.
C stato di recente un forum su Saperi, formazione e globalizzazione. Te ne ho gi fatto un accenno: Ida Dominijanni ha osservato
che le relazioni che si stabiliscono a scuola non sono n orizzontali,
nel senso di una simmetria totale tra i soggetti coinvolti, n di tipo
semplicemente gerarchico. Le ha definite genealogiche, per metter-
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to di un vero e proprio rituale, fortemente simbolico. Ma come possiamo interpretare la richiesta di rispettoso silenzio dei coordinatori di conferenze che si svolgevano in capannoni pieni fino
allinverosimile di ragazzi gi in perfetto silenzio?
Regole, appunto.
Insomma, una partecipazione non priva di emozione, che testimoniava il rispetto riconosciuto a tutte le esperienze vissute e narrate brevemente dal microfono, ma che si faceva essa stessa messaggio a un livello pi alto e simbolico; dove forse questi ragazzi
stanno tracciando le linee per una nuova identificazione.
Tu mi ricordi che lidentificazione passa quasi sempre attraverso
azioni rituali. Ma quello che allora mi sorprese fu la grande somiglianza di queste occasioni con quelle che pensiamo necessarie per
una buona pratica di scuola.
C oggi, in molti giovani, un desiderio di nuova ritualit; qualcosa di indimenticabile, solido, duraturo. Una voglia di identificazione senza gerarchie. ( unutopia? E conviene coltivarla?).
Marco Revelli23 sostiene che oggi gli individui si connettono con
grande facilit ma non si legano. Una causa la virtualit dellidea
stessa di connessione. Il legame un vincolo, una delimitazione,
una rinuncia. In passato il legame sempre stato garantito da unidentificazione gerarchica ad esempio allepoca delle corti con il
re , oggi questo non pi possibile. Per i legami servono luoghi
veri; luoghi del contatto e dei doveri reciproci.
Ho visto i fiorentini alle finestre legati ai manifestanti che riempivano la strada dal comune desiderio di vivere unesperienza,
appunto, indimenticabile.
Quello che si desidera molto importante. Qualcuno ha detto
che nel futuro troveremo quello che impariamo a desiderare nel presente.
Beppe
23 Anche
Marco Revelli era relatore al dibattito gi citato sulla scuola allinterno del
Social Forum Europeo nel novembre 2002.
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Roma, 22 novembre
Caro Giuseppe,
mi parli di forma e processo, di legami, rituali, relazioni: spiegano i fenomeni della vita, compreso il Social Forum, compresi i
tuoi studenti svogliati e cialtroni. Compreso tutto ci che
oggetto di studio, specie le nozioni che ci sono pi familiari e che
quindi ci appaiono ovvie.
Se insisto con i ragazzi su soggetto e predicato, analisi logica e
cos via, perch il terreno gi stato coltivato alle medie. E cos
oggi in I G ho richiamato il modo abituale e che gi conoscono
di intendere la gerarchia delle componenti di una frase, e ho fatto
capire, ne sono certa, che la definizione di nucleo della frase come
coincidente con il soggetto e il predicato non sbagliata, ma solo
una mappa meno precisa di un territorio del quale possiamo
dare descrizioni che siano meno lontane dalla sua natura, dalla
sua autodescrizione. Ieri avevo preso ad esempio la frase
Prima della battaglia, molti doni i sacerdoti porteranno agli dei:
qui il nucleo molti doni i sacerdoti porteranno agli dei, in quanto il complemento oggetto (i doni) e il complemento di termine
(agli dei) vanno considerati nella stessa gerarchia dimportanza
del soggetto (i sacerdoti): sono le tre valenze del verbo. Diremo
piuttosto che la valenza detta soggetto ha in pi, nella lingua italiana, questa peculiarit: una stretta relazione formale (morfologica)
con il verbo, pur quando il soggetto grammaticale non coincidesse con il soggetto logico. Quindi, dico ai ragazzi, la classica
domanda chi fa lazione? non va posta prima ma solo dopo aver
cercato e rilevato la relazione formale soggetto-predicato. Un procedimento, questo, pi lungo, che sembra non porti dritto alla meta.
Del resto proprio cos: mai in materia di apprendimento la strada
pi breve una linea retta: sinuosa, un fiume che fa giri oziosi.
Il modo che io propongo di descrivere e analizzare la frase non
si aggiunge, precisandolo, al modo prima da loro praticato, ma lo
cambia, e pi in generale introduce (tende a introdurre) un cam-
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Firenze, 24 novembre
Cara Rosalba,
la descrizione che noi abbiamo di noi stessi scrivi la
nostra verit. E quanto conta per un insegnante tenere conto di
come i suoi ragazzi si autodescrivono e si raccontano! E che dire,
poi, di quelli che non hanno le parole per raccontarsi
Unamica, preside in una scuola media, mi diceva di un questionario svolto dai loro alunni. Alla domanda su quale luogo della
scuola fosse il preferito, un ragazzo ha risposto: Mi trovo bene sul
terzo gradino delle scale, prima della campanella. Lei gli aveva
chiesto perch proprio sul terzo gradino e lui aveva spiegato che il
terzo gradino il pi alto prima del pianerottolo controllato a vista
dalla portineria. Da quella posizione si vedono tutti i compagni e
ancora non si visti dagli adulti.
Invece Davide Forti non riuscito a trovare un gradino analogo
nella mia scuola. A dire il vero non lha neppure cercato. Lanno
scorso si iscritto in prima, certificato dalla media. Certificato per
cosa? mi chiederai. Al mio primo incontro non lavrei saputo dire:
non era un mio alunno e io lho conosciuto nella mia funzione di
Vicepreside, perch dopo due mesi di scuola non comunicava, non
si apriva, mostrava carenze di ogni tipo, necessitava insomma di un
riorientamento. Oggi direi che era affetto da mal di scuola, una sorta
dallergia che di norma consiglia il soggiorno nei professionali.
Davide un ragazzo dallo sguardo vispo, curioso verso la scuola, ma di quella curiosit tipica di un turista in viaggio in un paese
molto diverso dal suo. Non ho mai avuto la sensazione che considerasse lesperienza scolastica come qualcosa che appartenesse alla
sua vita reale. Tutto quello che vede lo confronta col suo mondo:
zona Piagge, periferia di Firenze; madre che lavora tutto il giorno,
padre assente, la sua stanza pi grande il marciapiede della strada, condiviso con gli amici.
So bene che non una storia originale, daltra parte i casi delle
scuole raramente corrispondono a ragazzi o ragazze con storie par-
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Roma, 25 novembre
Caro Giuseppe,
ieri in II G (la classe era dimezzata per via delle gare sportive)
successo questo: stavamo correggendo per lennesima volta la parafrasi di un canto di Leopardi. Procediamo lentamente, annotiamo
poche cose per volta. da pi di un mese che stiamo dietro a due
sole poesie. Ricerca dei significati delle parole, studio della sintassi,
del verso, prove (intermedie) di lettura a voce alta, ecc. DUrso si
era fermato a che travagliosa / era mia vita: ed , n cangia
stile (Alla luna) perch non aveva capito. E cos una buona
mezzora se ne andata su questa frase, sul valore dei due punti,
sulla omissione del nome (travagliosa) dopo il predicato (ed ),
sulle cesure, sulla posizione degli accenti dellendecasillabo, ecc.
Poi, in conclusione, ho fatto leggere la poesia a tutti i ragazzi, a
turno.
Lo vado dicendo da anni: una poesia bisogna saperla leggere. A
voce alta. Punto e basta. Tutto il lavoro precedente, arrivati l, pu
essere buttato nel cestino delle carte. E loro hanno letto bene, si
capiva benissimo dalle pause e dallintonazione che avevano compreso ogni sfumatura. (I voti sul registro: dallotto in su.)
Puoi immaginare la mia soddisfazione e anche quella dei ragazzi, dopo il loro personale travaglio. Quando sono scesa in sala
insegnanti ho raccontato tutto a una collega e ho trovato conforto
nel fatto che anche lei procede cos, anzi fa di pi, registra le letture meglio riuscite e a fine anno le raccoglie in un CD. Allo stesso
tavolo doveravamo noi, due colleghi si raccontavano le solite barzellette sugli svarioni dei ragazzi, sulla loro stupidit, ecc.
Com che reagisco sempre male, come se mi pugnalassero,
quando sento denigrare gli studenti? Le storie dei nostri ragazzi
non dico di no, ma andrebbero raccontate in luoghi protetti, non
in luoghi aperti al via vai, non accanto alla porta del gabinetto!
Rosalba
91
P.S. I due punti dopo era mia vita: che eleganza, che soluzione
geniale quel giustapporre le due frasi! ho detto ai ragazzi, anche
loro ammirati del genio di Leopardi. Poi ho aggiunto: a una distanza planetaria risulter che oggi abbiamo soltanto perso tempo!
(Mi piace insistere sulla gratuit, sulla inessenzialit di quello
che a scuola studiano: lo trovo altamente educativo, di questi tempi.)
Altra annotazione: la lettura espressiva di una poesia non
ammette alcuno sbaglio: anche una sola sillaba cambiata comporta
linterruzione della prova, che viene rimandata ad altro giorno
Albanese infatti stato rimandato.
Nellesercitarsi a casa per non sbagliare le parole e nel tenere in
debito conto questo vincolo basilare (non si pu leggere diversamente da come il poeta ha licenziato al pubblico la sua opera!)
succede che, senza accorgersene, imparano la poesia a memoria.
Roma, 26 novembre
Caro Giuseppe,
in attesa di una tua lettera, mi siedo sul terzo gradino e provo
a dare voce alle domande che tengono me e te sulla corda: sempre necessario obbligare i ragazzi che di scuola non ne vogliono?
Chi sono io che li obbligo? io che decido il cosa e il come. E in
generale, accrescere le conoscenze comunque un fatto positivo?
Noi due insegniamo in un tipo di scuola dove giorno per giorno
tra gioie e dolori siamo portati (anche involontariamente) a ragionare sulla natura della nostra cultura. Non un caso che proprio
nelle scuole che non sono licei trovino facile terreno le domande di
fondo (e legittime) sullistruzione. E come gi successo ad altri,
anche per noi c il rischio che ci si attesti sui due punti estremi: o
farne una tragedia o buttarla a ridere (fino ad ora: la prima).
Al Circolo Bateson ieri Mauro Chicca ha parlato delle teorie di
Tomatis sulleducazione allascolto (al ritmo, allarmonia) e sulla
giusta calibrazione di pensiero e linguaggio. A questo proposito
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ha ripescato una pagina dove Steiner scrive tra laltro che ai bambini bisogna far imparare a memoria cose di cui non capiscono il
significato24.
Succedeva nelle scuole di una volta. Era cos anche per le preghiere, per la messa in latino, recitate storpiando le finali, attaccando e staccando impropriamente le parole e nellignoranza quasi
totale di quello che volevano dire. Magari uno lo capiva da grande
( successo a me), quando il bla-bla ti ritornava alla mente e di colpo
le parole si dichiaravano. Ma fino ad allora il mistero era fitto.
Ripetendo meccanicamente si imparava forse la durata di una
frase? A esercitare sulla frase il tempo del respiro? Ammettiamo
per ipotesi che tutto questo abbia a che fare con la crescita inconsapevole della forma del pensiero. E allora, non forse qui, nella
forma pi che nella sostanza come ci ha insegnato Bateson che
il mondo biologico incontra il terreno delle necessit, vale a dire
del sacro? E chiss che quel ripetere meccanicamente senza capire fosse il presupposto per un salto di livello
Mi fermo qui. Sono domande troppo grandi, che mi trovano
impreparata. Guardiamo invece lopinione che hanno gli insegnanti dellapprendimento meccanico: grosso modo sostiene Bateson
sono schierati cos: i conservatori lo considerano positivo, i
progressisti no, e insistono perch gli allievi capiscano.
Da che mi ricordo di aver imparato qualcosa, solo al catechismo,
in parrocchia, mi veniva chiesto di ripetere a memoria e basta.
Devo aver avuto una maestra progressista: niente a pappagallo, anche le poesie rigorosamente a memoria bisognava averle
capite, e averci aggiunto pensieri formulati con parole proprie
spesso solo sciocchezze.
Insomma, nel bene e nel male, il nostro sapere critico. Essendo
fondato sul testo sulla scrittura, sul commento di testi scritti
un sapere critico anche quando un testo crediamo di assumerlo cos com.
24 R.
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Questo sapere critico, questo ragionare da s cercando interpretazioni originali, si acquisisce nel liceo, dopo il tirocinio del ginnasio con la traduzione quotidiana dal latino e dal greco: puntuale,
fedele, quasi banale. Nei primi anni di scuole come la tua e la mia
non c quasi niente che assomigli a quel lavorare nel ginnasio giorno dopo giorno coltivando un qualche perfezionismo: gli automatismi relativi al linguaggio scritto e di conseguenza parlato. Le
materie da noi sono tante, mal collegate o collegate solo sulla carta:
tante materie, tante conoscenze in pi dir qualcuno tante possibilit di comprendere il mondo in cui viviamo... Con tante
materie il tempo passa certamente pi in fretta, e di conseguenza
ogni apprendimento frettoloso. Si impara, s, ma bene nulla.
Prendiamo Manzi: vivace, attento, pronto, lui riassume perfettamente le caratteristiche dello studente non-liceale di oggi. Gli procura un grande piacere conoscere come andarono le cose tra
Persiani e Ateniesi, la differenza duso tra perch e poich e altre
quisquilie. Messo davanti a un test con le crocette mette le crocette giuste. il primo a consegnare i test, altro non vuole fare.
Mi dirai che in tutte le scuole superiori il tran tran lo stesso dei
licei: dalle norme convenzionali alla creazione di un proprio stile,
dalla imitazione alla invenzione, dal mettere i passi in un terreno
sicuro (regole gi definite, facili da applicare) al mare aperto del
pensiero libero (si fa per dire). Insomma, quello che ho detto
prima va corretto cos: da noi, oggi, anche gli insegnanti pi progressisti non sottovalutano i vantaggi degli automatismi. Forse che
non assegnano compiti a casa per lesercizio meccanico di regole?!
Giorni fa, esco di pomeriggio per una passeggiata nel giardino
della basilica di san Paolo, incontro ragazzi e ragazze dellet dei miei
studenti. A gruppi, stesi sul prato fanno chiacchiere, sfaccendati:
come! Sfaccendati? E i compiti? Non gli hanno dato compiti a casa?
O sono loro che hanno deciso di non farli? I miei ragazzi invece
Come sono brava! Io! Che li metto al riparo dalla tentazione di sfuggire ai loro doveri: il tipo di compiti che assegno io richiede una
necessaria applicazione, esercizi che possono essere svolti anche senza
94
Firenze, 28 novembre
Cara Rosalba,
se mi fai un poco di posto mi siedo accanto a te, sul terzo gradino. E riprendo le belle domande che poni portandole nel campo
che mi appassiona di pi che , come sai, quello delle scienze.
Tu mi scrivi sullimportanza della crescita inconsapevole della
forma del pensiero e ti chiedi se questa non sia legata anche ad
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apprendimenti meccanici, a esercizi che potrebbero sembrare perfettamente inutili come le quotidiane traduzioni del ginnasio. Se
con meccanico intendi automatico e inconsapevole sono daccordo
con te, ma non ho dubbi che la crescita inconsapevole della forma
del pensiero richiede la scelta consapevole da parte di noi insegnanti
di temi sensati. Limportanza del fare esercizio non va contrapposta a quella dellaffrontare problemi significativi.
Per spiegarmi meglio ed evitare di scivolare nel banale riprendo
gli argomenti che ho utilizzato quando mi hai invitato a Roma per
presentare il libro di Elena Gagliasso25.
Tutto quello che seguir potrebbe essere titolato: La mela di
Newton e i vicoli ciechi della scienza. Ovvero la scienza e la struttura della narrazione, con il ruolo che vi giocano la contingenza
come contesto che favorisce un evento rispetto ad altri possibili
una teoria rispetto ad altre possibili e il tempo, responsabile dellirreversibilit dei fenomeni.
Dice Prigogine che la natura come una stanza. In essa vi sono
parti gi allequilibrio che di conseguenza non mostrano alcuna
tendenza a ulteriori trasformazioni; ad esempio laria della stanza
dove le particelle dei gas componenti si muovono con un disordine
ormai stabile. Ma anche con oggetti ben lontani dallequilibrio,
come lo sarebbero i fiori posti in un vaso: strutture molto organizzate e soggette a una trasformazione permanente e irreversibile.
Ecco che la stanza contempla nello stesso momento lannullamento del tempo e la sua funzione costruttiva. Ora, proprio il ruolo
del tempo e il concetto di irreversibilit giustificano la grande attualit dellapproccio storico-narrativo anche in ambito scientifico.
In una conferenza del 1988 Popper26 osserva che anche se
Newton ha descritto perfettamente il moto della caduta di una
mela, prevedendone istante per istante la posizione, le mele reali
25 E. Gagliasso, Verso unepistemologia del mondo vivente, Guerini Studio, Milano
2001.
26 K.R. Popper, Un universo di propensioni, in Verso una teoria evoluzionistica
della conoscenza, Armando Editore, Roma 1990.
96
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Cosa dovrebbe fare linsegnante di scienze? In primo luogo riconoscere i contatti che le scienze hanno con la struttura della narrazione: con la contingenza come contesto che favorisce un evento
rispetto agli altri e, a un altro livello, la scelta di una teoria rispetto
ad altre possibili. In questa prospettiva le pagine dimenticate di vita
della scienza gli anni di pausa della cosiddetta scienza normale;
il tempo delle teorie in conflitto e i fattori che hanno spinto in favore delluna o dellaltra; la scelta di una direzione e di un paradigma
che automaticamente hanno reso le altre vicoli ciechi; il loro
recupero spesso avvenuto in momenti successivi sono preziose
per insegnare il modo della costruzione delle conoscenze. La scienza caratterizzata da una domanda appassionata, non da una
risposta (ancora una splendida espressione di Prigogine).
Ma se al centro la domanda tutta la nostra ricostruzione della
scienza a scuola monca e impoverita, perch nasconde ai ragazzi
il travaglio della risposta: il conflitto tra le risposte possibili, gli
eventi che ne hanno fatto preferire una sulle altre.
Tuttavia, per non cadere nellerrore di proporre un altro modo di
imparare le scienze la storia della scienza al posto della scienza
invece che insegnare ad essere uno scienziato, bisogna aggiungere
che questo atteggiamento aperto alle alternative, che cerca sempre di
chiarire i presupposti delle scelte ed disponibile alle revisioni, continua, pone s un problema di contenuti ma soprattutto di metodo.
Allora, le teorie da insegnare a scuola non sono le teorie della scienza cos come le conosciamo oggi almeno non da subito ma le
risposte scientifiche che gli alunni possono dare a domande che scaturiscono da attivit e osservazioni adatte alla loro fase evolutiva.
La risposta scientifica sempre un primo livello di astrazione.
Non si deve accettare la tesi che esista una scienza minorenne che si
pu insegnare con un agire senza teorizzare, e poi una scienza maggiorenne, che si insegna teorizzando (con falsa linearit) senza agire.
Sarebbe come sostenere che i minorenni agiscono senza il sostegno di un pensiero che condivide del loro agire la stessa natura, per
cos dire, minorenne.
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Roma, 30 novembre
Caro Beppe,
oggi siamo andati nellaula multimediale.
Quaranta minuti di grande meraviglia. Le scarne illustrazioni del
libro di geografia, per i ragazzi della I G sono diventate storie.
Ah, come sarebbe bello se ogni lezione fosse accompagnata da uno
spettacolo cos memorabile.
Noi siamo nellala della scuola detta vecchia: per raggiungere
lala nuova, dove si trovano le aule speciali, occorrono lunghi spostamenti, e non ti sto a dire gli incidenti di percorso: questi, tutti prevedibili (Manzi si ferma al bar, Reyes finge di essersi perso nel piano
seminterrato, Tonucci va nella stanza del bidelli a pettinarsi i riccioli
davanti allo specchio...). E cos devo limitare le lezioni speciali.
Eppure lo so, e la psicologia dellapprendimento lo dimostra: le
nuove tecnologie sono molto pi efficaci, anche pi democratiche,
delle spiegazioni tutte e solamente verbali. Se i ragazzi possono
imparare anche a scuola non soltanto fuori della scuola attraverso
procedimenti pi veloci e che suggeriscono immagini mentali non
ambigue, che le precostituiscono cio, perch contrastare questa
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naturale tendenza? E fingere che una frase basta leggerla per avere
tutto chiaro? Senti questa; era scritto sul libro di Storia: I Romani
dovettero fronteggiare una massiccia invasione dei Sabini. Come
te la immagini? ho chiesto laltro giorno a Corsetti Quale immagine si formata nella tua mente?. E Corsetti, alzandosi in piedi e
allargando le braccia: Un mucchio di pietre grandi cos.
Ha quindi ragione chi propone di destinare alle tecniche
sequenziali alla spiegazione verbale in primo luogo il 30% del
tempo scolastico, non il 70% come di norma si fa. Il 70% alle tecnologie audiovisive, informatiche, interattive, che favoriscono il
pensiero simultaneo, cos vivo nei ragazzi.
Domani ce lo fa vedere il documentario sugli Etruschi?, chiede Corsetti. Ma se lavete visto una settimana fa alla televisione!
rispondo. E insisto a tenermi il mio 70%: adesso dovete studiare
dal libro! Dovete leggere anche i documenti
Mi chiedo se sono troppo obsoleta, con luso esclusivo di gesso
e lavagna unica aggiunta alla spiegazione. Eppure credo che imparare attraverso il linguaggio verbale sia un arricchimento, e una
occasione che soltanto la scuola pu dare. Quella capacit di aggirare lostacolo della linearit delle parole e di riuscire a tra-durre un
concetto (fatto di parole) in una immagine mentale, e tale che chi
lascolta si crei la stessa immagine... Per, per niente di pi efficace e di pi veloce della fotografia di un coccodrillo per capire
come fatto un coccodrillo!
C pure chi sostiene (uno di questi Pino Longo27) che la differenza del supporto un computer oppure un libro una differenza in cui si giocano la stabilit, la memorabilit a lungo termine, la qualit delle informazioni. Per di pi, da quando le elaborazioni logico-formali sono state affidate alle macchine (tv, computer)
i ragazzi si sentono esonerati dallesercitarle. Non parliamo poi dellargomentare! Spiegare come si scrive un testo argomentativo o un
27 G.O.
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bilit, ma ci impone una scelta sola. E allora, avere acquisito labitudine a tenere fede a un ragionato solido convincimento pu
esserci utile. Ma il dubbio resta Con la retorica dellargomentare
attorno a una sola tesi mi pare di legittimare e rinforzare una prassi che gi i ragazzi conoscono: di scontro frontale su posizioni rigide, che non fanno evolvere nuove idee vedi i dibattiti televisivi. E
la vita invece non fatta cos!
Firenze, 1 dicembre
Cara Rosalba,
la cosa mi convince, anzi mi appare ovvio che lo spazio da destinare alla lezione tutta e soltanto verbale debba essere ridotto a vantaggio delloperativit e dei linguaggi visivi: ovvio per la mia materia, per le materie tecniche e scientifiche sintende, dove spiegazioni ed esperienze di laboratorio si combinano necessariamente con
una oralit rigorosa e anche poco rigorosa, purch sia viva.
Per quanto riguarda le mie personali abitudini, io adesso preferisco
imparare studiando, e sui libri, ma unabitudine adulta: di fatto ho
studiato pi da insegnante sulla scuola che da studente a scuola, eppure anche in quel tempo ho imparato. Quando ho letto Oralit e scrittura di Ong mi sono fatto lidea che i miei nonni vivessero ancora in
una civilt orale in quanto entrambi analfabeti, eppure non li definirei
ignoranti. Gli appartenenti alle culture orali [] imparano molto,
posseggono e praticano una profonada saggezza ma non studiano,
scrive Ong28. I miei nonni invece avevano imparato molto senza studiare, sul luogo di lavoro e attraverso le relazioni della quotidianit.
Mio padre ha interrotto gli studi alla quarta elementare, facendo
appena in tempo a imparare a leggere e scrivere, eppure divenuto
imprenditore e per una vita ha mandato avanti una fabbrica con oltre
28 Ong,
102
cento dipendenti. Penso si possa dire che ha goduto per anni di una
cittadinanza piena, anche culturale, eppure oggi fatica a prendere i
soldi allo sportello bancomat. Non capisce quel linguaggio: le risposte da dare in un certo tempo per non tornare alla schermata precedente, la necessit di conferma del dato, la risposta da dare non su
un rigo ma toccando un punto di una mappa bidimensionale. Per
questo e per tanti altri motivi, oggi un cittadino minore.
Vorrei tanto che certi nostri ragazzi capissero il senso della
minorit che li attende rifiutando dimparare a scuola, ma so che
non nelle loro corde. E daltronde, a inviare segnali contraddittori la stessa societ del sapere: da un lato moltiplica le fonti della
conoscenza (mai usciti nel passato tanti libri, mai tanti documentari
scientifici alla tv, e poi Internet), dallaltro non disdegna di allevare i giovani come semplici consumatori di beni. Diventa di conseguenza puramente didattico il problema di quali strade possiamo
percorrere per in-segnare segnare dentro chi cerca di attraversare il tempo della scuola in fretta e sui marciapiedi pi bui.
Offrire meno scuola a chi non vuol imparare una scelta insensata, almeno quanto aumentargli le ore con i corsi di recupero al
pomeriggio. Sarebbe come se una madre al figlio che non mangia
proponesse solo scatolette e a tutte le ore. Anche se pu apparire
paradossale, nella mia esperienza il mal di scuola si guarisce solo
con la scoperta del gusto dellimparare. Come quando, per esempio, i miei alunni imparano, nel senso pi ricco del termine, le
norme di sicurezza da seguire negli ambienti di lavoro lavorando il
vetro ai bunsen del laboratorio di chimica. Norme apprese senza
studio poi verr anche quello grazie alla loro applicazione in
una procedura che per di pi permette loro di farsi i propri strumenti di laboratorio. Li useranno tutto lanno, compagni di lavoro
e, insieme, oggetti carichi dapprendimento, sottoponibili addirittura a una valutazione estetica che si tratti di una definizione ben
fatta o dellapprezzamento di una procedura.
Oggetti e procedure carichi di significati, appunto, che mi fanno
ripensare alla radio costruita dal protagonista del film Padre padro-
103
104
Roma, 2 dicembre
Caro Beppe,
ognuno di noi, specie se insegna italiano, d ai ragazzi unimpronta, uno stile dellimparare che loro si portano nel tempo. Pu succedere allora che laver preso un certo stile da un certo insegnante non
li metta del tutto in grado di affrontare le verifiche a cui altri li sottoporranno. Mi dirai che ci che conta che imparino a pensare. Forse
per insegnare a pensare io sacrifico le cosiddette nozioni Ma no,
non cos... Per far apprendere nozioni, per stabilire collegamenti,
anche io cos come fanno tutti delimito il campo isolando specifici argomenti (e come altrimenti si potrebbe insegnare?).
Credo che il mio insegnamento sia molto cambiato da quando ho
imparato qualcosa di circuiti di retroazione e di processi ricorsivi, ma non saprei dirti come e dove si fa concreto ci che ho
imparato. Quello che so per certo che, procedendo in modo cibernetico in negativo cio: constatata lalternativa che si realizzata, interrogarsi sul perch le altre alternative concepibili non si sono
realizzate , riesco ad afferrare la complessit dei sistemi viventi (i
miei studenti compresi), e forse mi avvicino, in positivo, allatteggiamento estetico che mi fa apprezzare le uscite creative dei
ragazzi e ogni sorta di passaggio di livello: come per esempio il
negare qualcosa, che ha le sue regole, per affermare qualcosaltro
sulla base di nuove, differenti regole. Ricordi lesempio del granchio? Bateson osserva che la chela pi grande dellaltra non semplicemente asimmetrica: Essa dapprima propone una regola di
simmetria e poi nega sottilmente questa regola proponendo una
combinazione di regole pi complessa31.
In I G stavo spiegando la differenza tra descrizione oggettiva
e soggettiva (qui la mia anima costruttivista avrebbe dovuto
ribellarsi: non esiste alcuna descrizione oggettiva! Sono tutte
31 La spiegazione cibernetica, in Verso unecologia della mente, edizione ampliata, Adelphi, Milano 2000, p. 446.
105
mappe di un territorio la cui verit ultima non ci dato conoscere, ecc. ecc.; invece ho sorvolato per ora). Una delle caratteristiche della descrizione soggettiva la personalizzazione degli
oggetti. Cerco di esemplificare la cosa guardandomi attorno. La
parete di fronte occupata per intero da un attaccapanni: vuoto,
c soltanto un ombrello appeso dalla cordicella, prendo di l lo
spunto e dico: Lombrello se ne sta timido e solitario al gancio dellattaccapanni. Capriati si alza e appende accanto a quello il suo
ombrello. Lerrore di Pomponio! E invece no, un finto-errore-diPomponio. Infatti Capriati propone e lo fa con lscamotage dellironia luso del livello pragmatico (estensionale) della frase
dopo averne attraversato mentalmente e negato (con un computo
velocissimo, quasi inconsapevole) luso intensionale. Vale a dire
che lui ha affermato e allo stesso tempo negato la funzione esemplificatrice di quella frase. Questo errore un attraversamento di
tipi logici mi ha fatto pensare per analogia al granchio, che propone la a-simmetria attraversando la negazione della simmetria.
Nella vita succede anche che le idee nuove restino senza regola o
che non trovino chi le raccoglie: si perdono e basta. Succede nel
cammino della scienza, me lo dici spesso: qui le idee perdenti
non si contano
Rosalba
Firenze, 3 dicembre
Cara Rosalba,
su alcune tue lettere sono rimasto indietro, e tento ora di mettermi a paro come dicono i tuoi studenti.
Lascio decantare ancora qualche giorno la lettera dove mi parli
della segretezza nella scuola. Ci rifletter sopra rileggendo qualcosa di Bateson e di Portmann.
106
1993.
107
to: oggi molto pi facile fare che dire; o meglio ri-dire, come ricostruzione degli algoritmi che sottendono lagire33.
Tuttavia fare un verbo bellissimo, che per a scuola ha avuto
pochissima fortuna. Allepoca della pedagogia dellattivismo si era
tradotto nella priorit dellagire manuale, o gi di l, con danni
gravi per tutti. Nella pedagogia odierna, invece, torna come distinzione tra sapere e saper fare, con grande rischio che con essa
tornino anche i danni di un tempo.
Eppure fare resta un verbo centrale nella vita di tutti e incarna il desiderio di lasciare traccia di noi nel mondo. Il senso comune e forse non solo il senso comune tiene fare e desiderare ben
separati. Sembrano divisi dallabisso che separa il mondo materiale
dallimmateriale, ma se luomo fatto della sostanza di cui sono
fatti i sogni, allora questa distinzione solo superficiale.
Quando si ripensa al passato sempre nella forma del cosa si
fatto nella vita, non del cosa si imparato o studiato. Non ti sembra,
allora, che ci che chiediamo di imparare debba misurarsi con ci che
si in grado di capire, fare, apprezzare per s? Che cio il nostro insegnamento debba collocarsi tutto in quello spazio di sviluppo possibile (zona di sviluppo prossimale lha chiamata Vygotskij) che sta oltre
le capacit degli studenti, ma non cos oltre da perdere il dialogo
con loro ed essere seguiti solo da quelli che accettano le fatiche della
scuola sempre e comunque, per il rispetto di regole altrove assimilate?
Per dialogare bisogna conoscere il loro linguaggio e far conoscere il nostro. La mia curiosit verso la psicologia dellapprendimento si spiega proprio per la convinzione che ne sappiamo ancora
troppo poco. Eppure lesplosione delle facolt della mente che ha
realizzato il software alfabetico una volta installatosi nel cervello,
non dovuto proprio al suo essersi veramente incorporato, proprio
come avviene nel tai-chi?
Pu darsi che abbia usato male il termine, ma limportante
chiarire che non penso affatto a una scuola materna nel senso che
33 G.O.
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Firenze, 4 dicembre
Cara Rosalba,
in una lettera mi parlavi di Di Vittorio35. Al tempo in cui visse Di
Vittorio la scuola era un modo per uscire da un orizzonte e conquistarsene altri. Il caso dello scrittore nero americano che scommette sullandare a scuola, o meglio nellandar bene a scuola, per
uscire dal ghetto ne un altro esempio. Ma questo messaggio di
fiducia nella scuola come via di fuga e di autodeterminazione veniva lanciato dalla societ stessa. Oggi, invece, alla fine del percorso
distruzione si prospetta ancora insicurezza e precariet, celate dietro le esigenze di un mercato che promuove soprattutto lavoro flessibile e a tempo determinato.
Tutte cose che si sanno. La scuola delle tre i (tra cui non c la i
di italiano: ma allora, vedi che i somali avevano ragione?) significa
meno-scuola-per-molti i soliti non portati e saperi segmentati, velocemente capitalizzabili per linserimento nel mercato del
35 Cfr.
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Roma, 4 dicembre
Caro Beppe,
quando si legge in classe, come salutare (per me) pensare insieme ai ragazzi. Ieri, per esempio, dal libro di geografia, una bella
descrizione della Via della seta. E chiss come ognuno di loro si
costruiva mentalmente gli scenari, e come avrei voluto essere nella
loro testa per vederli!
Insomma, mi sono fatta labitudine a leggere e a riflettere in compagnia. Se leggo da sola mi vengono solamente brutti pensieri
oppure sono belli ma li perdo subito.
Ma veniamo alloggetto di questa lettera: la manipolazione.
Lultimo incontro del Circolo Bateson aveva per oggetto il capitolo
Apologia della fede (Dove gli angeli esitano). Com per ogni
scritto di Bateson, si torna sempre sui presupposti, ogni argomento
buono per ripassare i fondamenti: della vita, della conoscenza A
proposito di non mi ricordo che cosa, qualcuno ha detto: e noi?
come la intende ciascuno di noi la manipolazione? Sergio Boria
psichiatra e psicoterapeuta ha detto che nel suo lavoro la intende
come una proiezione della sua personale immagine del mondo sullimmagine che ne ha inconsapevolmente il suo paziente. Uno psicoterapeuta sa di cosa fatto il mondo dei sogni del suo paziente
mentre questo lo sa senza saperlo ed (sarebbe) facile per lui
riversare sul paziente il proprio mondo affinch ristrutturi laltro.
come se lo psicoterapeuta dicesse senza dirlo per a chiare
lettere : cos che devi pensare quello che finora hai pensato.
Ecco, ha detto Sergio Boria, questa per me manipolazione.
Come ne esci? gli abbiamo chiesto. E lui: Cerco di creare le premesse perch il paziente racconti delle storie. E questo meno
facile, richiede pi tempo di quanto ne occorre per dare al paziente una veloce regolata.
Far emergere storie non difficile con gli studenti (anzi, a
volte bisogna fermarli), ma nella psicoterapia bisogna attendere
qualche volta mesi, e non detto Per indurre nel paziente un
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messo un altro mattone allidea che progresso non (non sempre) la continuazione in meglio di ci che gi c. Insomma, io so
che nella loro immagine del mondo gli occhiali con cui lo vedono lidea di progresso si accompagna con lidea che tutto ci di
cui oggi siamo circondati un avanzamento in positivo rispetto a
ci che prima cera (e questo nonostante da due mesi faccia una
celebrazione esagerata dei modi di vivere e di pensare degli uomini della preistoria!). Non solo, c in loro anche lidea che questo
nostro mondo (nella versione detta occidentale) il migliore dei
mondi possibili. In verit, certe volte anchio mi cullo in questa
idea: se penso allhabeas corpus, allIlluminismo, alla FIOM, allesenzione dal ticket per i malati poveri, agli asili di Reggio Emilia,
alla lavatrice elettrica, ecc. In me, per, questa idea corretta da
un vigile senso critico, anzi, dir meglio: da una seconda, da una
terza, da infinite altre verit.
Contemperare tante verit ci permette di confrontare ci che
accaduto con le diverse alternative che avrebbero potuto presentarsi, di non predeterminare quindi la soluzione, di non far derivare lagire linearmente da una sola descrizione (e interpretazione)
dei fatti. Tutto questo ha a che fare con la spiegazione cibernetica. Quello che comunque conta, per me, linsegnamento che ne
ho tratto: di fronte a un dilemma, anzich cercare unimmediata
soluzione, conviene porsi in una posizione dalla quale ampliare la
prospettiva e quindi la domanda. Affrontando il rischio, meglio: il
vantaggio di trovarsi nel bel mezzo di un doppio vincolo.
Ma torniamo alla premessa (la manipolazione). Ammettiamo che
gli allievi abbiano senza sapere di saperlo una visione del
mondo che io reputo sbagliata. Che faccio io allora? Mi adopero
per indurre in loro un deutero-, meta-, insomma un secondo
apprendimento, vale a dire che giorno per giorno li educo a una
diversa abitudine di pensiero senza che loro ne abbiano consapevolezza. Utilizzo un messaggio esplicito (la nascita della citt un
fatto recente nella storia umana) per veicolare un metamessaggio
(dovete ristrutturare la vostra idea di progresso), proprio come
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Roma, 5 dicembre
Caro Beppe,
la collega di disegno ha suggerito che si nomini un tutor per i
ragazzi che non vanno bene: cos si fa nelle scuole francesi, ha detto.
Ieri ho dato unaccelerata alla lezione per dedicare una delle tre ore
alla nomina dei tutor. Mi sono dovuta inventare alcuni bravi scola-
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Firenze, 7 dicembre
Cara Rosalba,
vorrei parlare della segretezza: vorrei parlarne anche come spazio
di rispetto.
Il primo anno in cui ero vicepreside, circa otto anni fa, un pomeriggio una madre venne a prendere suo figlio a scuola per portarlo
a una visita medica. Era una signora dimessa, piuttosto giovane e di
una loquacit fuori misura. Nellattesa che suo figlio arrivasse in
Presidenza, mi aveva raccontato la storia di tutta la famiglia. Ero
stato io ad avviare la conversazione chiedendole che tipo di controllo dovesse fare il ragazzo e mi disse che lo portava dallo psicologo perch era anoressico. Io le chiesi ancora del figlio perch era
la prima volta che sentivo di unanoressia maschile (sembra che il
fenomeno sia in crescita) e la signora mi raccont che il ragazzo
aveva cominciato a smettere di mangiare da cinque o sei mesi,
quando era passato alla scuola superiore. Lui diceva alla mamma
che aveva qualcosa in gola che lo infastidiva quando ingoiava, e saltava pranzo e cena. Da qui la prima diagnosi di anoressia. Era passato in cura da uno psicologo che aveva formulato una diagnosi
molto pi complessa e scomoda abbastanza velocemente.
La signora mi aveva gi fatto capire che i rapporti in famiglia
erano burrascosi, ma non per cose gravi: erano i litigi di tutti i giorni che pensava che accadessero in tutte le famiglie. Invece il dottore aveva scoperto che i problemi del figlio erano cominciati dal
momento in cui aveva abbandonato lorario (anticipato) di uscita
della scuola media, che lo portava a mangiare da solo in cucina, e
aveva seguito quelli della nostra scuola che lo portavano ad essere
a tavola insieme ai genitori: il ragazzo non sopportava quella tavola, quelle voci alterate, forse le grida. Di conseguenza tutta la famiglia era stata messa in terapia.
Unesposizione inopportuna, prematura rispetto alla sua capacit di fare a meno di certezze fondamentali come lequilibrio familiare, aveva prodotto nel ragazzo uno stato quasi patologico. Come
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Firenze, 7 dicembre
Cara Rosalba,
oggi ritorno a parlare di scienza che mi permette di fare meno
chiacchiere in astratto. La scienza, come tu mi ricordi, non certo
fondata sul senso comune. Spiega il noto per mezzo dellignoto
dice Popper , proponendo teorie antiintuitive per spiegare cose
che sembrano spesso banali.
Il linguaggio della scienza non naturale ma comunque profondamente radicato nella natura umana e nellesperienza.
Si fonda sul desiderio di spiegare, richiede immaginazione e
rigore, ricorre a doppie descrizioni come moltiplicazioni dei punti
di vista. Non solo linguaggio riflessivo, formalizzato. soprattutto un punto di vista che si pu apprendere naturalmente.
Per farti capire cosa intendevo quando ti ho scritto che bisogna
ridurre la distanza con la lingua madre dei ragazzi, ti riporto le
pagine di due quaderni di scienze di alunne di una quarta elementare di Barberino di Mugello (le uso spesso nei corsi del CIDI perch mi sembrano molto significative).
Si tratta del resoconto di due esperienze fatte in unaula normale,
senza attrezzature particolari, ma con un esito tuttaltro che comune.
Riscaldiamo una piccola quantit di acqua distillata. Descrivi quello
che succede allacqua nel beker.
Oggi abbiamo provato a riscaldare su una piastra elettrica un beker
con lacqua distillata. Allinizio allacqua non succedeva niente.
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C rigore e immaginazione, riflessione e sorpresa, anche coinvolgimento emotivo. Siamo vicini alle parole di Bruner, quando
chiede agli insegnanti di scienze di ricostruire il clima avventuroso
che caratterizza la vita degli scienziati e di non limitarsi a un resoconto della scienza finita. Se ricordo bene, la scienza finita la chiama addirittura morta.
Questa lalfabetizzazione alta che io vorrei. In questo senso non
la considero estranea alla lingua madre dei ragazzi, perch vi affon-
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da le radici, anche se poi si staccher cercando lignoto delle spiegazioni pi ricche e complesse.
Mi fermo qui. Ti scrivo dalla Presidenza, con la scuola prossima
alloccupazione, e mentre scrivo mi arrivano continuamente sollecitazioni ad altri discorsi, a collegamenti che mi dispiace far cadere
o rinviare.
A presto.
Beppe
Roma, 8 dicembre
Caro Beppe,
anche io oggi ho sentito la parola che ogni anno, tra novembre e
dicembre, secondo un rituale ormai (malamente) collaudato si
ripresenta carica di promesse e di minacce: autogestione.
Mercoled terranno unassemblea. Staremo a vedere.
Negli scorsi anni li mettevo in guardia da avventure dissennate,
questa volta ho preferito lasciar perdere. Da noi assemblea (le
poche volte che si fa per davvero) e autogestione sono uno sbraco
totale. Funziona bene soltanto il servizio dordine, che i capi
organizzano con geometrica precisione perch riesca il gioco di
guardie e ladri: se da autogestione si passa a occupazione, vengono occupate le aule sotto la stretta sorveglianza di quelli che con
la fascia rossa al braccio vigilano.
Ricordo i quattro che giocavano a carte sulla cattedra e proprio
in quel periodo al Circolo Bateson si discuteva della ritualit e del
sacro: quella scena mi parve un esempio di dissacrazione.
Lesperienza mi dice che pochi ragazzi se ne avvantaggiano (acquistano durante lautogestione una sapienza nuova), mentre tutti
gli altri, che proprio a novembre hanno cominciato a entrare nella
macchina, si perdono.
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carattere altamente formale del linguaggio scientifico e apprezzavano leleganza di una definizione Ecco, quella volta ho capito come
non mai che cosa pu essere un insegnamento partecipato, quanto
conta la forma della partecipazione, e quanto sia cruciale il contesto:
un tempo disteso, nessuna urgenza di finire al suono di una campanella, un luogo non affollato, lassenza di variabili distraenti (gli
altri, gli sfaccendati, erano in giro a tirare calci al pallone), una condizione di intimit cos necessaria allo studio.
Fu da quella esperienza che imparai a programmare diversamente la scansione delle lezioni: non pi unora di questo e unora di
questaltro. Non pi, grammatica, antologia, Promessi sposi, storia (e
in prima, anche geografia) diluite nellarco della settimana. No. Una
sola materia al giorno, anche per tre ore di seguito un solo argomento, e per certi periodi e per certi argomenti si andava avanti per tutta
la settimana. Cos faccio ancora adesso. Quindi, lautogestione serve.
Mi raccontavi tempo fa dei ragazzi impegnati in politica: partecipano ai dibattiti, sono rispettosi della ritualit, delle regole e delle
procedure... Quelli non sono i nostri ragazzi. So gi che i nostri nelle
prossime giornate di protesta se ne andranno per Mc Donalds o
resteranno a casa a dormire. Ma la democrazia si regge sulle minoranze. Dovremmo semmai temere se nemmeno una minoranza si
muove.
Rosalba
Roma, 9 dicembre
Caro Beppe,
la campanella dellautogestione suonata. Le mie due classi questa mattina erano dimezzate. Ho fatto una lezione dimezzata.
Un ragazzo di terza entrato come una furia (E voi, che fate
qua?) e ha spiegato agli indecisi le ragioni della protesta: le porte
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antincendio si aprono allincontrario! Perch non chiedete al consiglio di istituto che le aggiustino? ho detto. Non ci hanno fatto
fare le prove di evacuazione ha detto lui, leggendo da un foglio
che aveva in mano.
Devi sapere che la mia scuola, costruita da ingegneri di una volta,
quelli tutti dun pezzo, una scuola dove ha sempre insegnato e insegna un buon numero di ingegneri i quali tengono a norma laboratori e il resto, una delle pi sicure del mondo. (Ti aggiorner
sugli sviluppi).
Caro Beppe, quante volte negli anni passati abbiamo chiuso gli
occhi di fronte a situazioni che gridavano vendetta! E cosa imparano i ragazzi da questo andazzo? Che idea si fanno dei diritti e
doveri di una democrazia? Quando la scuola, da essere riservata a
unlite, diventa scuola di tutti, non c altra scelta: deve essere rigida. Il modello? Il primo che mi viene in mente Barbiana.
Rosalba
Roma, 10 dicembre
Caro Beppe,
tu dici sempre che occorre dare senso a ci che si fa. Questo
dare senso a ci che a scuola si fa viene inteso da alcuni come un
dover giustificare e adattare le scelte di metodo e di contenuto alla
luce della contemporaneit, alla vita questa s, vera fuori della
scuola. Quando invece e questo lo credo fermamente la scuola
ha senso se sensato ci che si fa allinterno di un progetto che
non detto sia sensato visto dallesterno. Faccio un esempio. Che
vuol dire ragionare ore e ore attorno alla morfologia del soggetto o
alla scansione dellendecasillabo? I miei ragazzi, futuri meccanici,
informatici, elettronici, usciti dalla scuola mai troveranno chi gli
chieder conto di cesure ritmiche e di concordanze morfologiche.
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na, e chiss se basta una vita per non sbagliare, per sbagliare di
meno E chiss che tenendo in classe i ragazzi a fare mezze lezioni, in giorni, questi, dove i loro compagni partecipano alla baraonda che infuria nel cortile, io non li stia privando di una esperienza
necessaria...
Ma com che non esiste mai una sola verit?!
Rosalba
P.S.: A proposito di empatia: ho letto che gli operatori del film Il
popolo migratore37, dopo le lunghe ore passate in cielo a filmare gli
uccelli cos da vicino che sentivano il loro affanno, quando scendevano a terra scoppiavano in un pianto disperato.
Firenze, 11 dicembre
Cara Rosalba,
mi parli dellautogestione del tuo istituto. Nel mio appena finita e prendo lo spunto per tornare sulla cura e sulle soglie del
nostro agire, se vi sono.
Ti sento molto amareggiata e non mi stupisce: anchio sono anni
che cerco di capire cosa pensare di queste autogestioni/occupazioni che, quando vanno bene, offrono molto a pochi studenti e
pochissimo a molti. Di solito se ne parla come delle vendemmie:
questanno andata bene, meglio dellanno scorso oppure stata
unannata da dimenticare. Fenomeno stagionale, ineluttabile e
imprevedibile.
Due anni fa nel mio istituto fu appunto una di quelle annate da
dimenticare. I ragazzi pretendevano autogestione e occupazione
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quero. Dal giorno dopo la tensione cal: noi scegliemmo di lasciare comunque le porte aperte, loro entrarono uno alla volta e fecero
molta attenzione a non provocare danni, ma fu lunica cosa che
misero in mostra. Il dominio del nulla non venne scalfito minimamente e i ragazzi si facevano mandare a casa sempre prima. Fu
unesperienza disperante, da non dormire la notte a pensare allo
stato di malessere in cui si trovavano questi ragazzi.
Lanno scorso cominci sotto i peggiori auspici. Arrivati alla stagione propizia per le autogestioni, chi entrava doveva percorrere la
scalinata coperto dai fischi di chi se ne andava. Ma nessuno osava
mettere piede nella scuola se non per fare lezione: era come se del
vuoto di idee messo in mostra lanno prima tutti avessero coscienza e paura.
Poi la sorpresa: salta fuori un gruppetto di studenti di quarta con
una sigla mai sentita (naps) che stampano dei volantini molto efficaci sulla riforma e anche ricchi di autoironia sullo stile di vita giovanile. Una mattina mi chiedono microfono e amplificatore e sulla
scalinata tengono per unora i ragazzi a discutere dei comportamenti dellanno precedente. Cera moltissima autocritica su quello
che era avvenuto e un taglio politico molto pi netto. Ricordo che
hanno letto una lettera di Gino Strada38 e discusso della povert. I
molti applausi e lattenzione concessa al gruppo ci hanno fatto
capire che sarebbe arrivata di l a poco lautogestione a guida naps
e cos stato.
Questanno il gruppo ha di nuovo guidato lautogestione con un
radicalismo maggiore dellanno scorso, ma tutto sommato con
responsabilit. Mentre lanno prima ci avevano chiesto di controllare che nessuno fumasse nelle aule e ci chiamavano a buttare fuori
i grandi di quinta del tecnico (loro, di terza e quarta del professionale, si sentivano un po in soggezione), questanno invece
hanno chiarito subito che loccupazione non si fa daccordo col preside e non si deve chiedere il permesso.
38 Medico
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Ovviamente non andata proprio cos, si giustamente contrattato molto fra le parti, fino alla possibilit di dormire nellistituto,
cosa che i ragazzi hanno imposto accettando per di usare la palazzina che abbiamo destinato allo scopo.
Ovviamente non cerano i duemila e passa alunni dellistituto,
ma la presenza stata sorprendente, con film e dibattiti molto
seguiti e qualche classe che ha scelto di svolgere comunque lezione.
Che dire in conclusione? Che forse vero che pochi se ne avvantaggiano e molti ne escono delusi per non aver saputo onorare le
aspettative come dici tu , eppure ci sono state cose che ci hanno
colpito tutti. Il gruppo di lavoro per la scrittura degli striscioni, ad
esempio, ha appeso per la prima volta la frase che il professore
(parole di un professore! ti rendi conto?) dice al giovane Holden:
Ci che distingue luomo immaturo che vuole morire per una
causa, mentre ci che distingue luomo maturo che vuole vivere
per essa.
Un altro striscione rifiutava le tre i della scuola di Berlusconi
ribattezzandole come Ignoranza, Ingiustizia e Intolleranza. Il pi
grande, dal tetto dellistituto si prendeva cura di avvertire i passeggeri dei treni in arrivo alla Firenze-Rifredi che non ci avrete mai
come ci volete voi. Tutte cose assolutamente inusitate nel nostro
professionale.
La mia ex alunna Sonia Montagni, ora in terza chimico-biologico,
si molto impegnata in tutta la settimana dellautogestione; lho trovata a scuola sia al mattino sia al pomeriggio e allora sabato, lultimo giorno, le ho chiesto come fosse andata per lei, che non sapevo
cos impegnata. Sonia mi ha detto che era stanchissima, che non
aveva mai spazzato cos tanto in vita sua, che era arrabbiatissima con
chi votava per lautogestione e poi stava a casa, ma era felicissima:
aveva conosciuto pi ragazzi in questa settimana che nei tre anni
precedenti e ne aveva conosciuti di molto in gamba. Professore,
questi ragazzi del naps sanno un sacco di cose e io ho imparato tantissimo!. E mi ha garantito che avrebbe continuato ad andare alle
riunioni anche quando la scuola sarebbe tornata alla normalit.
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Firenze, 13 dicembre
Cara Rosalba,
come vedi, torniamo sempre sul problema del come insegnare a
chi non vuole imparare: nessuno mi toglie dalla testa che Sonia nellautogestione (dentro la scuola, quindi) abbia trovato un motivo
per imparare, scoprendo un modello positivo di adolescente istruito. Un modello comprensibile per una studentessa come lei e alla
sua portata. Ecco qualcosa che noi trascuriamo, Rosalba.
Ma se ovvio, almeno tra noi insegnanti, che per insegnare a chi
non vuole imparare senza per questo trascurare i bravi ci vuole
una buona scuola, non sarei come te sicuro che lautogestione la
faccia peggiorare. Tu scrivi che la vedi come unoccasione persa per
far risaltare la natura politica dellistruzione; io non lo direi, perch oggi non sono le occasioni a mancare, ma gli adolescenti capaci di coglierle.
Nel 68 la scuola era una barca scossa dai venti della rivolta giovanile, oggi la scuola il vento che deve portare le barche degli studenti fuori dalle secche. Tutto cos diverso che non mi paiono
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la, ci sono state aspre discussioni tra gli alunni grazie al fatto che letica della partecipazione molto pi sentita delletica dellimpegno
scolastico. In qualche modo allora, individuale o collettivo, si pu
sperare che un ripensamento ci sia stato. Che quel vuoto messo
in mostra diventi ingombrante e scandaloso per loro stessi, nel
momento in cui dilaga nella scuola e ne ferma le lancette.
Ma non credo che sia giusto giudicare, Rosalba: il loro non
non pi un vero attacco allistituzione-scuola e non mi pare che
ci interroghino in quanto insegnanti di una disciplina.
Nella nuova ritualit delle occupazioni vedo non la domanda di
gestire la scuola comera nel 68 , ma il suo tempo, sempre pi
prezioso perch sempre pi lunico che scandisce, per ragazzi e
ragazze, unesperienza collettiva. Quello che vediamo durante le
autogestioni non il risultato di quello che si o non si insegnato, n il teatrino di studenti che vogliono sostituirsi ai docenti.
Parlano anche di scuola ma soprattutto parlano a scuola daltro. E
quelli che non parlano di nulla ci rappresentano il dramma di
ragazzi che non hanno nulla di cui parlare e non sembrano soffrirne. Ma sar poi cos?
Alla fine dellautogestione c sempre del materiale che gli studenti hanno elaborato. Questanno, come ti ho detto, stata una
buona annata, con parole dordine e articoli per il giornalino piuttosto ben fatti (penso a un Voi dateci la cultura che il lavoro ce lo scegliamo da soli), eppure non questo laspetto pi importante.
Daltra parte questi periodi non intaccano lenergia collaterale
che manda avanti la scuola. Quel ragazzo che parlava con la
Becheroni lo faceva nel nome di una pratica quasi quotidiana di
relazione che superava di slancio linferriata che li divideva; era una
storia comune che negava la tensione, come se quella conversazione
stesse avvenendo su una nuvola scesa per puro caso sulla scalinata.
Voglio dire che c una ritualit che non si deposita nelledificio ma
che, in una buona scuola, si conserva nei soggetti.
Forse, come accadeva nelle vecchie civilt orali, diventiamo
memorabili per opposizione, quando veniamo negati.
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Roma, 13 dicembre
Caro Beppe,
ieri pomeriggio abbiamo consegnato nelle mani dei genitori il
pagellino non ha lo stesso valore della pagella di fine quadrimestre, ma questo i genitori non lo sanno.
Immagina il mio sgomento al sovrappi di informazione, quando
vengo a sapere dalla madre di un ragazzo le storie di famiglia,
com lui adesso, come era prima, come lo giudicano i parenti, e
devo perci riaggiustare il tiro sulla base dei nuovi racconti, accostare al mio il loro punto di vista.
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Tornata a casa con la quasi certezza di aver sbagliato tutto, faccio piani meticolosi: per due settimane lascio perdere la storia,
rendo pi agevole la grammatica con un unico modulo su frase
semplice e complessa e sulla punteggiatura, sposto la geografia al
venerd: due ore di esercizio in classe, per gruppi: uno ripete la
lezione, il compagno lo sta a sentire e lo corregge, con il libro aperto (il libro che ho in adozione si presta ad essere ri-usato per fare
discorsi: lunghi paragrafi di storia economica e politica, le religioni, le lingue, i costumi dei popoli extra europei). Questo metodo
(tu lo dici a me io lo dico a te) me lha suggerito una collega: pare
che funzioni.
Quanto alle verifiche, prima della vacanze di Natale tre giorni di
compito in classe. Lultima ora del luned, in I G, correzione dei
compiti alla lavagna: sospender per due settimane la lettura dei
libri di narrativa. Insomma, far in modo che quelli finora incerti
poggino i piedi ben piantati su un terreno certo.
Ma so gi che non potr contare su un periodo liscio: luned
c la prova di evacuazione, venerd lassemblea di Istituto, gli insegnanti ATA39 sono in fermento, le prime due ore di gioved la classe ha un incontro con la psicologa Bisogna imparare s a fare
piani, ma soprattutto bisogna imparare a disfarli.
Rosalba
Roma, 15 dicembre
Caro Beppe,
tu insegni una materia scientifica e il metodo per capire la scienza, io devo dare gli strumenti linguistici perch il capire abbia
voce. Litaliano il pane. Eppure anche a me, anche se cerco di
39 Attivit
tecnico aggiuntive.
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ridimensionare il ruolo della mia materia nel tentativo di alleggerire le mie responsabilit, succede di pensarla come la pensano tutti:
Come va in italiano? Chi linsegnante di italiano?, chiedo quando so di un ragazzo che va male a scuola.
Noi capiamo, solo che non lo sappiamo dire, disse Demarco.
Tu scrivevi tempo fa che molto pi facile fare che dire, e poi
argomentavi sulla bellezza del fare e del desiderare Per noi
donne ci scontato, inscritto a tal punto nella nostra cultura
che non potremmo condurre la nostra vita diversamente. per gli
uomini che la bellezza del fare e del desiderare costituisce una scoperta (le donne, nel frattempo, stanno scoprendo lutilit del dire e
del farsi sentire).
La lingua materna incorporata in ciascuno scrivi ,
diverse sono le storie personali, ciascuno ha un modo di apprendere incorporato nella biologia: e questa una premessa indubitabile. Lasciare che si sviluppino sapere e saper fare nella variet e
diversit dei percorsi. Ah, come bello il mondo quando vario!
Se non fosse che, usciti dalla scuola, a scegliere cosa fare sono
soltanto quelli che le cose le sanno fare e soprattutto dire nel modo
universalmente riconosciuto come appropriato: un dire piano,
fluente, grammaticalmente a posto, insomma: classico.
Il discorso parlato: ecco dove inciampano. Ecco labilit che per
loro sarebbe la chiave di tutto, la carta vincente. Non fosse altro che
per questo: nessuno si permetterebbe di bocciare, di giudicare male
un ragazzo che sa dire le cose che sa.
E i nostri ragazzi? Che fanno loro a casa? Leggono, capiscono,
chiudono il libro. Oppure capiscono a scuola (dalla spiegazione) e
a casa danno solo unocchiata al libro. Invece, proprio quelli che litaliano non lo masticano e sono i pi, nelle scuole come la mia e
la tua sintende a casa dovrebbero ripetere il contenuto.
Ricordi la bella formuletta? Ripetere il contenuto. Tu dici che
non hai nessuna nostalgia del tempo in cui si imparavano a memoria pappardelle incomprensibili. E quel tantissimo che ha imparato la tua Sonia Montagni non viene certo da un acritico bla-bla.
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Roma, 17 dicembre
Caro Beppe,
certi giorni vivo in uno stato di grazia: nessun lavoro bello
come il mio. In I G consegno i compiti di storia. Molti gli otto e i
nove. Alla lista delle voci per la valutazione (paragrafazione, ortografia, concordanze, ecc.) ne avevo aggiunto due nuove: capacit
di attenzione e coerenza del discorso, e queste sarebbero state
decisive per il voto. Il giorno del compito avevo letto ai ragazzi la
pagina di un capitolo di storia: cretesi e micenei, gi studiati una
settimana prima; dovevano perci costruire un discorso su un argomento gi noto e rimasticato. Una difficolt alla volta: nei giorni
precedenti, capire e ragionare (domandine e rispostine), adesso,
costruire anzi ri-costruire un discorso speculare a quello appena
ascoltato: una prova sulla coerenza, sulla sintassi. E per lasciare un
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solo vincolo (le scelte sintattiche), la scaletta dei fatti lavevo dettata io.
Ho preso i compiti uno per uno, ho letto a voce alta i passaggi
logici grammaticalmente riusciti, riusciti anche nel compito di
Tonucci, Riotti e Corsetti. Tonucci ha tirato fuori da una delle
numerose tasche la calcolatrice per aggiornare la media dei suoi
voti. Riotti ha chiesto due volte: Allora, sono andato bene?. Io ho
finto di non essermi meravigliata del suo successo: Che lo chiedi a fare? Io non dubitavo che ci saresti riuscito. Capriati e Manzi
sono stati gli unici a non aver tenuto conto dei vincoli della prova.
Hanno preso quattro un compito scopiazzato. Superati dai compagni che ritengono peggiori, si sono svegliati dal lungo sonno,
finalmente. Da oggi non capeggiano pi il gruppetto dei candidati
alla bocciatura: gli manca il seguito. Prevedo perci un ravvedimento. Posso sedermi al primo banco? ha detto Manzi venendo
dal fondo dellaula gi carico delle masserizie: le sciarpe della Roma
e una pila di libri, lui li porta tutti ogni giorno perch non sa mai
che diavolo si far quel giorno. Gli stato cambiato per tre volte il
tutor, lultimo della Lazio, durato poco. Lintera macchina del
tutoraggio non ha funzionato: dapprima si scambiavano i ruoli, poi
non si capito pi niente.
Rosalba
P.S.: Ho appena finito di leggere un libro sulla nozione giapponese di iki: una parola intraducibile in italiano: forse con seduzione, estetica, bellezza... Iki una casa dal tetto appena appena
spiovente, iki il chimono tradizionale dalle righe parallele, unica
forma decorativa della stoffa. Poi verranno in uso motivi complicati: e si perde liki. Si perde la purezza della forma, in cambio di
fronzoli. Ricordo lo scriba giapponese che al museo di arti popolari si esib nella cerimonia della scrittura: un rito lungo, complicato,
lungo e complicato quanto la cerimonia del t. In Giappone ancora oggi le famiglie della borghesia intellettuale curano leducazione
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Roma, 16 gennaio
Caro Giuseppe,
vorrei dedicare pi tempo a entrare nel merito delle tue lettere,
ma il pomeriggio, tra compiti da correggere e lezioni da preparare,
il tempo che resta se ne va a tenere aggiornato il mio diario (che
il laboratorio per queste lettere). Il fatto che la quotidianit, nei
suoi minuti particolari, occupa quasi interamente i miei interessi.
Lo sento come il solo terreno sul quale ho qualcosa da dire.
A partire da quanto hai scritto tu sullautogestione, mi restano in
sospeso alcune domande, a cominciare da questa: cosa accade
quando insegnanti e studenti diventano consapevoli della natura
politica dellistruzione? Per me, significa accentuare laspetto pragmatico del mio lavoro; per loro diventa la scoperta che a scuola si
pu discutere anche daltro, e, come tu dici, si diventa capaci di
valutare quel diverso modo di stare a scuola e di pensare la scuola
con strumenti che nella scuola stessa hanno appreso. Non quindi con parametri esterni, non in una scala di giudizio in cui la cultura occupi un posto secondario o nessun posto (questa tua osservazione la trovo interessante).
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