Ascoltavamo la sera il grammofono a tromba
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Info su questo ebook
Il filo conduttore dell’intera narrazione di Ascoltavamo la sera il grammofono a tromba è l’atmosfera rassicurante che solo con il calore della famiglia si può creare e della quale l’autore si è servito per costruire una narrazione diretta, ricca di continue riflessioni e divagazioni tra passato e presente, con l’obiettivo di raccontare pezzi di memoria storica costruiti con il suo punto di vista, che si discosta dagli eventi spiegati nei libri o nei documentari e regala pagine di esperienze concrete e uniche tra emozioni, amicizie, incontri ed eventi privati e personali che, nel corso del tempo, si sono trasformati in ricordi indelebili e preziosi.
Mario Ghisolfi è nato a Tortona (AL) nel maggio del 1927.
Nel 1950, si laurea in ingegneria meccanica al Politecnico di Torino e si avvia verso una brillante carriera presso le industrie petrolchimiche in Sicilia, Sardegna e alta Italia.
Nel 1959, sposa Carla Tedeschi con la quale vive felicemente da sessantacinque anni tra Milano e Tortona.
Insieme hanno avuto due figli e ora godono anche della compagnia di quattro nipoti.
Si è sempre definito antifascista convinto.
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Anteprima del libro
Ascoltavamo la sera il grammofono a tromba - Mario Ghisolfi
Mario Ghisolfi
ASCOLTAVAMO
LA SERA
IL GRAMMOFONO
A TROMBA
© 2024 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - [email protected]
ISBN 978-88-306-9630-3
I edizione giugno 2024
Finito di stampare nel mese di giugno 2024
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
ASCOLTAVAMO LA SERA
IL GRAMMOFONO A TROMBA
Nuove Voci
Prefazione di Barbara Alberti
Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.
È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.
Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi
Non esiste un vascello come un libro
per portarci in terre lontane
né corsieri come una pagina
di poesia che s’impenna.
Questa traversata la può fare anche un povero,
tanto è frugale il carro dell’anima
(Trad. Ginevra Bompiani).
A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.
Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.
Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.
Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov
.
Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.
Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.
Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.
GENNAIO 2024
Pre-premessa introduttiva
Scrivo questi miei brevi ricordi un po’ per passare il tempo (quello del pensionato un po’ suonato) un po’ perché penso, forse stoltamente, che possano essere di un certo interesse per figli e nipoti, come lo erano per me i racconti di mio padre e di mio nonno: chissà perché ho scarsi ricordi dei favoleggiamenti di mamma e nonna. Forse è vero quel che si dice sulle donne e cioè che sono più pragmatiche, più matter of facts
come dicono gli inglesi, non meno romantiche, perché lo sono per i fatti degli altri, ma meno disposte a lasciarsi coinvolgere in atmosfere fantastiche che riguardano la famiglia, sempre timorose di perdere il contatto con la realtà e di sconfinare in vaneggiamenti improduttivi – penso che invece gli uomini abbiano la presunzione di sapersi dominare e quindi di saper vivere e separare realtà e fantasia: sarà poi così? Oggi come oggi, invero, i maschi vivono un losco presente per la violenza ingiustificata esercitata sulle femmine e, poi, in base alle esperienze vissute in diverse parti del mondo, sembra che il genere femminile vada acquistando maggiori competenze e determinazioni caratteriali rispetto al passato: che si stia passando dal maschilismo al femminismo? Mah!
Premessa all’ennesima(!?) ristampa dei miei raccontini
Ho rivisitato qualche ricordo qua e là: sono frammenti di memoria che ritornano inaspettatamente a galla e che penso valga la pena di raccontare.
A questo proposito, ho pensato di integrare i ricordi infantili e giovanili con una rivisitazione dei punti più intriganti o curiosi della mia carriera professionale; questa estensione dei miei ricordi è sempre motivata dal desiderio di lasciare a chi leggerà queste note (soprattutto figli, nipoti e così via) qualche testimonianza sincera di un’epoca trascorsa e superata, ma forse non del tutto inutile per giudicare anche il presente dei futuri lettori. Approfitto però dell’occasione per fare una riflessione social-politica che mi si è palesata in questi ultimi tempi (parlo di mesi e anni non di giorni): chi ha letto queste mie memorie con un filo di attenzione si sarà accorto che, in due o tre occasioni, ho fatto delle considerazioni sul tema del clima politico attuale, anche in rapporto al mio vissuto
degli anni post-seconda guerra e più su sino a fine secolo. Nei miei primi commenti, rilevavo la mancanza di ideali politico-filosofici nei giovani dell’ultimo novecento; ovviamente, le mie riflessioni si riferivano al contesto nazionale, non erano cioè influenzate da un orizzonte più vasto, da trasformazioni in atto su scala internazionale che si erano già preannunciate nel secolo scorso e che si stavano sviluppando negli ultimi decenni con una accelerazione incredibile, come del resto tutte le attività umane (scienza, tecnologia, critica sociale e via discorrendo): in sostanza, mi sono poi reso conto, come tutti, in Italia e fuori, che qualcosa nel clima social-politico internazionale (sostanzialmente nelle democrazie) era entrato in crisi e non si intravedevano all’orizzonte nuovi sviluppi, possibilmente positivi, per cui, un fondo di sfiducia, pessimismo e protesta si era prodotto e, di conseguenza, le attese e le speranze di un migliore futuro erano in forte crisi. A complicare le cose tragicamente, sono sopravvenute una serie di evenienze epocali che ancora ci minacciano e chissà ancora per quanto tempo parlo: prima della pandemia da Coronavirus che ancora circola subdola, anche se più controllata, poi, dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin e, ultimamente (last but not least), dell’ennesimo cruento e minaccioso scontro medio-orrientale, entrambe crisi politiche foriere di una nuova devastante terza guerra mondiale: che Dio, se c’è, ci assista. Tanto per tirarci su il morale, si sono moltiplicate su tutto il Pianeta trasformazioni climatiche che, addirittura, vanno minacciando, con ripetute catastrofi naturali, la stessa vivibilità del nostro Pianeta. In queste ultime settimane, poi, influenzato da scritti di validi commenti giornalistici sul succedersi di molte evenienze minacciose, mi si è prospettato un quadro un po’ apocalittico sul futuro del Pianeta: non è che il succedersi di catastrofi geo-ecologiche mai prima registrate si stia verificando parallelamente a un clima social-politico deteriorato (guerre, attriti sociali, economici e teologici)? Il tutto foriero dell’approssimarsi di una crisi planetaria scritta nel Programma segreto della Natura? In fin dei conti, tutto è già successo diverse volte sotto diverse forme: il diluvio di Noè, la scomparsa dei dinosauri, la stessa comparsa dell’uomo sul Pianeta, lo spostamento delle placche terrestri e altri eventi affini.
Per ora basta, non mi dilungo oltre (che siano solo miei incubi notturni?), anche se leggo che, sul problema del futuro del Pianeta, molte menti di spicco si stanno interrogando, soprattutto sugli effetti che produrranno gli sviluppi delle scienze fisiche, informatiche e biologiche una volta integrate, cioè sommandone gli effetti sulla psiche umana: c’è chi arriva a prospettare una mutazione genetica nell’umanità, come era avvenuto ad esempio fra Neanderthal e Sapiens! (Leggere in proposito i Libri dello storico israeliano Harari Sapiens, e altri). Per ora, torno ai miei più pacifici raccontini esistenziali.
I° INTRODUZIONE
Viva Tortona con il suo Scrivia, il Castello, le sue colline e le sue vecchie case: U Lavè
(vecchio edificio popolare oggi demolito, un tempo abitato da una curiosa umanità, e prima ancora lavanderia