Gaetano Scirea: Cuore di Capitano
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Andrea Randighieri è un giornalista pubblicista free lance di Modena di 56 anni (nato a Modena il 4/7/1968), iscritto all’Ordine dei giornalisti di Bologna dal 2004. La sua esperienza comincia molto presto, ancora quindicenne, al “Resto del Carlino” Modena, con successivi passaggi alla “Gazzetta di Modena” e a “Il Giornale”, diretto allora da Indro Montanelli, sempre occupandosi di sport locale. Dopo un ampio periodo come redattore della “Gazzetta di Modena” eppoi della testata giornalistica online CRIF di Ciao Radio (Bologna), accumula esperienze in campo nazionale (Calcio Gold) e ancora locale di nuovo alla “Gazzetta di Modena” e poi a “Comunica” (periodico della Confindustria modenese), al settimanale modenese “Vivo”, quindi a “Nostro Tempo”, organo ufficiale dell'arcidiocesi di Modena e Nonantola. Ultimamente ha collaborato con Pensalibero.it, giornale laico indipendente online. Al suo attivo un primo libro su Scirea (Gaetano Scirea, Cuore di capitano. Edizioni Il Fiorino, 2003 Modena), citato dall'istituto Treccani nel suo Dizionario biografico e uno sui fratelli Sentimenti (I sette Sentimenti, l'interminabile dinastia dei bipedi del pallone. Mucchi Editore, 2004 Modena).
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Anteprima del libro
Gaetano Scirea - Andrea Randighieri
Ragioni della seconda edizione
Una seconda edizione del libro, dopo ben ventun anni dalla prima, prende le mosse sempre da un anniversario, da una ricorrenza.
Quale mai potrebbe essere?
La prima edizione nacque dal 50esimo anniversario della nascita di Gaetano Scirea, nato per l’appunto il 25 maggio del 1953 a Cernusco sul Naviglio in provincia di Milano. Giusto l’anno scorso (il 25 maggio 2023) Gaetano Scirea avrebbe compiuto 70 anni, quel limite oscuro che il sommo poeta Dante Alighieri delineava come difficilmente valicabile e come preambolo inesorabile per l’incontro con il superno e il misterico, rifacendosi peraltro ad un calcolo tutto scritturale (lo ieratico salmo 90 concordemente attribuito a Mosè).
Quest’anno un’altra ricorrenza importante e tutta… agonistica o per meglio dire di bianconero tinta. Nell’estate del 1974, esattamente mezzo secolo fa – questo volume è abbonato al numero 50 – Gaetano Scirea diventava bianconero, passando da Bergamo a Torino, dall’Atalanta alla Juventus, vale a dire alle dipendenze della Vecchia Signora, fortemente voluto dal neopresidente Giampiero Boniperti, cui l’Avvocato Agnelli aveva concesso il ruolo privilegiato di gestore plenipotenziario del giocattolo di famiglia. Per l’ennesima volta (e la politica
sarebbe proseguita) la linea verde, il ringiovanimento dell’organico a cui faceva da contrappeso nonno Altafini, aveva contrassegnato le scelte mercatali della dirigenza bianconera, laddove Italo Allodi aveva lasciato il proprio ruolo di amministratore delegato per non ombreggiare inopportunamente la figura del Presidentissimo. I colpi del mercato bianconero di quell’estate erano stati proprio due giovani di bellissime speranze: Gaetano Scirea e Oscar Damiani. La Juve ancora una volta puntava in alto e lo faceva con un occhio di riguardo alla carta di identità.
Scirea entrò in punta di piedi nel mondo bianconero, peraltro con una valutazione di tutto pregio: 800 milioni ai bergamaschi tra contanti e contropartite tecniche. Niente male per un 21enne che, ancora pischello, titolare della Serenissima S. Pio X di Cinisello Balsamo, dove da Cernusco si era trasferito con la sua famiglia per essere più vicino al posto di lavoro dei due genitori, passò all’Atalanta (complice il suo scopritore Gianni Crimella) per la modica cifra di 150.000 lire.
Cinquant’anni fa nasceva la leggenda bianconera di Gaetano Scirea. Uno Scirea subito protagonista, se è vero, come è vero, che su 30 partite collezionò 28 presenze, imponendosi subito quale titolare inamovibile e di sicuro affidamento, tolta qualche piccola imperfezione peraltro paradossalmente figlia della sua perfezione almeno apparente, come uomo prima e come calciatore poi.
La prima volta che indossò l’ambita casacca fu esattamente il 28 agosto 1974. Fu una partita di Coppa Italia contro il Varese terminata 4-0 per la formazione allora allenata da Parola. In gol andarono Anastasi, Bettega e due volte Damiani, anche lui all’esordio.
Sempre contro il Varese (fatalità) l’esordio in serie A alla terza domenica di campionato, incontro questa volta finito 0-0, partita stracca e abbastanza insignificante. Il terzo turno non fu una scelta strategica dell’allenatore, bensì una sfortunata necessità, essendosi Scirea infortunato nei mesi preparatori all’imminente stagione dovendo così saltare i primi due incontri con il Bologna e con il Milan. Ma a onor del vero occorre precisare. Effettivamente l’uomo della rovesciata che campeggia sulle bustine e sull’album delle figurine Panini non era inizialmente del tutto convinto di lanciare Gay nella mischia, così, all’arrembaggio. Da principio preferisce utilizzare il più collaudato Spinosi. La Juventus comincia male perdendo a Bologna, si ripaga battendo il Milan, gol di Bettega e Anastasi. Scirea compare per la prima volta in campo alla terza giornata, 0-0 a Varese. Alla quinta Sampdoria-Juventus 1-3 con doppietta dell’inesauribile Altafini. Si infortuna Spinosi e la difesa trova il suo assetto definitivo con la cerniera centrale Morini-Scirea. È una coppia straordinariamente bene assortita, perché Morini è implacabile nel controllo diretto della punta centrale avversaria e svetta puntualmente sui palloni alti, laddove Scirea lamenta forse l’unico limite (così appariva) del suo vastissimo repertorio. Il giovane libero, peraltro, ha una lucida visione tattica, sa uscire a tempo debito per appoggiare il centrocampo, sfruttando la vocazione da mediano.
Ma tant’è Scirea era già parte di quel mondo fatato che negli anni avrebbe ulteriormente consolidato il suo impero. Ci sono tanti stemmi, tanti simboli, tanti vessilli, ma se dovessi scegliere una bandiera tra tutte per rappresentare quel mondo di frequenti vittorie e di innumerevoli e succose soddisfazioni, ne sceglierei una e una soltanto: Gaetano Scirea detto Gay. Oggi come cinquant’anni addietro.
E le cose dette ventun anni fa possono essere ribadite tranquillamente e senza tema di smentite anche oggidì, perché certe figure e il loro valore intrinseco non sbiadiscono, esattamente come accade per i classici della letteratura italiana e mondiale. E Gaetano era proprio questo: cittadino del Bel Paese e del mondo intero. Per sempre. Amen.
Detto Gay
Libero di giocare, di giocare bene, anzi benissimo e di essere il migliore
, scriveva Massimo Burzio nel mensile numero 5, di maggio 1983 di Hurrà Juventus
. Libero di essere sé stesso, al di là dei cliché, degli stereotipi, delle convenzioni, dei luoghi comuni, della blandizie e dei venti contrari. Gaetano Scirea detto Gay è stato l’esempio più fulgido di stiloso interprete del ruolo di libero che l’Italia e forse (come sostiene Massimo Burzio nel suo articolo) il mondo intero abbia conosciuto. Libero di infischiarsene delle tradizioni e dei raffronti. Franz Beckenbauer, detto Kaiser, era sicuramente un’icona mondiale, difficilmente scalzabile dal ruolo di esemplare ultimo baluardo davanti alla difesa prima del portiere. Nessuno come lui. Ossia nessuno come lui prima di Gaetano Scirea. Scirea aveva stile, Scirea era lo stile. Lo stile fatto persona, dentro e fuori dal campo. Uno stile ineccepibile. Come giocatore poteva non convincere alcuni (e vi furono, piuttosto petulanti), ma come uomo era di una correttezza monolitica, la stessa correttezza che trasferiva in campo e che gli procurò (eccoli i detrattori) qualche critica sostanzialmente immeritata. Gaetano Scirea venne alla Juve dopo un convincente biennio all’Atalanta, tradizionale feudo bianconero (lo sarebbe stato ancora a lungo, fino a disgregarsi sotto la pesante mano del multimiliardario Berlusconi per via di Donadoni) per sostituire nientepopodimeno che Sandro Salvadore, detto Bill (procediamo di appellativo in appellativo…). Qui si trattava di rimpiazzare un agguerrito protagonista delle aree di rigore. All’epoca vigeva ancora la mentalità piuttosto difensivistica che il libero dovesse provvedere a ripulire l’area di rigore da tutti i palloni sporchi e pericolosi. Gli inglesi, con un pizzico di british humour chiamavano il libero sweeper
ossia spazzino. Perché questo era il suo compito e la sua vocazione: mettere ordine. Come Bill, altrimenti detto (al netto dell’assenza di un vistoso paio di baffi e di una folta barba) Sandrokan, (con la R) nessuno mai. Il problema era stabilire se sarebbe stato nessuno dopo. I fatti (quella concretezza elegante che contraddistinse sempre le movenze di Gay) rovesciarono i termini della questione. Non solo Scirea fu all’altezza del predecessore, ma raggiunse livelli di rendimento tali da mettere in seria difficoltà