Il Milan dalla A alla Z
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Dagli scudetti alle vittorie in Champions una storia tutta rossonera
Gli uomini che hanno tenuto alto il vessillo rossonero, issato al cielo le coppe, i campioni che hanno trovato nel club il luogo ideale dove esprimere al meglio le loro doti, ma anche i presidenti, i dirigenti, gli allenatori e tutti i personaggi che hanno contribuito alle vittorie nazionali e internazionali di una delle squadre più blasonate della storia. Una raccolta in ordine alfabetico, con gli aneddoti, le notizie e tutti i dettagli su coloro che hanno reso grande il mito rossonero, dal lontano 1899 fino ai giorni nostri.
Giuseppe Di Cera
è nato a Taranto nel 1975. Laureato in Scienze politiche, ha collaborato con diverse testate sportive e attualmente lavora come cronista sportivo. Con la Newton Compton ha pubblicato tre volumi dedicati alla squadra rossonera: 1001 storie e curiosità sul grande Milan che dovresti conoscere, I campioni che hanno fatto grande il Milan, Il romanzo del grande Milan e Il Milan dalla A alla Z.
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Anteprima del libro
Il Milan dalla A alla Z - Giuseppe Di Cera
465
Prima edizione ebook: novembre 2016
© 2016 Newton Compton editori s.r.l.
Roma, Casella postale 6214
ISBN 978-88-227-0188-6
www.newtoncompton.com
Edizione elettronica realizzata da Pachi Guarini per Studio Ti s.r.l., Roma
Giuseppe Di Cera
Il Milan dalla A alla Z
Tutto quello che devi sapere sul mito rossonero
Prefazione di Giovanni Stroppa
Newton Compton editori
A tutti gli innamorati del Milan
Un sentito e grazie a Lino Zingarelli e Francesco Ricci
per la pazienza e la disponibilità.
Prefazione
Il Milan? Una famiglia! La mia
famiglia.
Sono arrivato al Milan a 10 anni. Tifoso di Platini, con simpatie juventine ereditate da mio papà Giuseppe, ci sono rimasto 13 anni. Logico che senta il Milan come una parte importante di me: la mia famiglia, appunto. I miei genitori mi hanno insegnato l’educazione, al Milan ho imparato a vincere ma con stile, lo stile Milan.
Ma non è stato sempre così.
Quando sono arrivato al Milan non erano ancora gli anni di Berlusconi, i rossoneri non se la passavano bene. Io mi allenavo a Linate, con le giovanili, e a Milanello ci passavo ogni tanto: non mi aveva fatto una bella impressione.
Poi è arrivato Berlusconi ed è cambiato tutto.
A 16 anni ho fatto il primo ritiro con la prima squadra a Milanello: sembrava il Paradiso. Tutte le strutture e gli impianti erano cambiati. Nuovi colori, pulizia, si percepiva la voglia di creare uno stile nuovo, di far accrescere in tutti quelli che frequentavano il centro di Milanello un senso di appartenenza al Milan: si cominciava a percepire lo stile di Silvio Berlusconi.
Che poi, detto così, potrebbe sembrare solo uno stile legato all’immagine: niente di più sbagliato! Berlusconi voleva che il Milan fosse un esempio di bellezza, voleva dare l’immagine della perfezione, ma soprattutto voleva una sola cosa: un Milan vincente. Padroni del gioco, padroni del campo. Questo ripeteva sempre Berlusconi. E per raggiungere questo obiettivo ha portato al Milan un allenatore come Sacchi da cui rimase folgorato in occasione di un doppio confronto di Coppa Italia quando il tecnico di Fusignano era al Parma. Con Sacchi il Milan è stato davvero vincente, bello, padrone del campo e padrone del gioco, in Italia e nel mondo. Proprio come voleva Berlusconi. Con il Milan ho vinto 1 Coppa dei Campioni, 2 Supercoppe Europee, 2 Supercoppe Italiane e 2 Coppe Intercontinentali. A Tokio, contro l’Olimpia Asuncion feci anche il gol del 2-0: impossibile scindere la mia storia personale da quella del Milan. Padroni del campo e padroni del gioco.
Un pensiero che, grazie al Milan, ho fatto mio nella mia vita di calciatore, prima, e di allenatore adesso. Al Milan ho cominciato la mia carriera di calciatore, al Milan ho cominciato la mia carriera di allenatore, nelle giovanili, sempre con gli stessi concetti, sempre con lo steso stile, sempre con gli stessi sentimenti.
Perché il Milan è passione, amore.
Gli stessi sentimenti che, evidentemente, armano la penna dell’autore di questo libro: Giuseppe Di Cera. Mi fa piacere leggere cose che riguardano il Milan scritte in maniera così dettagliata da uno scrittore che, evidentemente, è prima un tifoso del Milan. A lui vanno i miei complimenti, al Milan i miei auguri che possa sempre essere bello e vincente.
Giovanni Stroppa
Introduzione
Il Milan dalla A alla Z ha la pretesa di racchiudere in sé ogni manifestazione, storia o fatto scaturito nei 117 anni di storia del club rossonero.
Un fenomeno continuamente alimentato dall’arrivo di nuovi calciatori, allenatori, presidenti e dirigenti e da tutti quei volti meno conosciuti che gli ruotano attorno. Niente di più normale, perché una società è anche un emozionante incontro di vite, vissuti, sentimenti, gioie e dolori. Tutto concorre a creare la Storia (la S maiuscola non è un caso), attraverso vittorie e sconfitte, tifo, lacrime e sorrisi. Tutto questo (e non si dica nuovamente che l’opera sia pretenziosa) è presente nel libro, che con le sue oltre mille voci ripercorre in lungo e largo la straordinaria avventura del Milan.
Persino nel lungo momento di grande incertezza societaria vissuto per oltre un anno e dove l’unica… certezza è stata la necessità (vorrei dire l’obbligo morale), di cambiare passo, di rimettersi in moto e di ricominciare a produrre successi. Esattamente come in una catena di montaggio, per ottenere buon umore, sorrisi, risate e lacrime (ma di felicità) da trasporre in fotogrammi da mostrare, con orgoglio, agli altri. Dove per altri
si intendano i non milanisti
, in una visione augustea di pax milanista, che proceda di pari passo con la rinascita di un nuovo impero rossonero. Dal 5 agosto il Milan ha una nuova proprietà, con il passaggio da Silvio Berlusconi a una cordata cinese. In mezzo trenta anni e sei mesi di successi.
Dunque quest’opera è più da considerarsi un vocabolario o un’enciclopedia? Piace pensare che si tratti di una via di mezzo, laddove a far pendere la bilancia, ora da una parte ora dall’altra, sia il tipo di ricerca da effettuare, si tratti di un modo di dire o il nome e cognome di un protagonista di questa gloriosa avventura secolare. Reperire informazioni su tutti e tutto non è stato facile, perché molto spesso le notizie sono scarse e per ottenerle è necessario estrapolarle tra le righe di qualche articolo. Frammenti di vita professionale (e qualche volta privata) riemergono impolverati dal peso del tempo, con annessa indicibile eccitazione, la stessa che prova un archeologo alle prese con uno scavo.
Il lavoro di ricerca, lettura e incrocio delle informazioni è stato estenuante, ma interessante e gratificante, poiché ti dà modo d’imparare sempre qualcosa di più sul vecchio Milan. L’obiettivo è offrire, attraverso l’uso del presente storico, una lettura il più possibile viva, dinamica e brillante. I dati statistici, come presenze o gol fatti, sono presenti per tutti in una sezione a parte, ma esulano dalla parte discorsiva proprio per snellire il racconto e renderlo leggero.
Ad alcune personalità milaniste, ovviamente, è stato dedicato uno spazio maggiore, ma in nessun caso lo scopo è stato riportarne lo scibile, anche perché di libri sul singolo personaggio ne sono stati pubblicati tanti (e altri lo saranno). Qui ci sono solamente gli affreschi delle vite di tutti gli illustri ed eccellenti uomini in rossonero (senza scomodare particolarmente Cornelio Nepote e Giorgio Vasari), che spero suscitino la curiosità del lettore. Perché il Milan è sacro!
A
a, serie Nella massima serie il Milan fa sfoggio di 84 campionati (l’85º, annata 2016-17, è in corso) in quindici dei quali si è laureato campione d’Italia. Gli scudetti conquistati sono complessivamente diciotto, ma tre (1900-01, 1905-06 e 1906-07), sono stati vinti prima di istituire l’attuale serie A nella stagione 1929-30. La squadra rossonera vive diversi momenti di gloria soprattutto nei decenni Cinquanta – con quattro tricolori – e Novanta – con cinque – ma nel periodo intermedio non sono mancate le soddisfazioni. A partire dalla stagione 1946-47 la squadra pone le basi delle sue fortune (ma non esclusivamente) su un trio di formidabili svedesi: Gunnar Gren, Gunnar Nordahl e Nils Liedholm, su un sudamericano di grande classe come Juan Pepe
Schiaffino e su giovani di indubbio valore come Lorenzo Buffon e Cesare Maldini. Quattro decenni dopo, a fare la differenza è un’intera squadra, composta dai tre olandesi, Ruud Gullit, Frank Rijkaard e Marco van Basten, più Franco Baresi, Paolo Maldini, Roberto Donadoni e Carlo Ancelotti solo per citarne alcuni. Negli anni Sessanta, durante la prima parte della carriera di Gianni Rivera, i primi posti sono due, mentre nei due lustri successivi il traguardo è tagliato una sola volta. Negli anni Ottanta, sotto la guida tecnica di Arrigo Sacchi, si registra un solo tricolore. A giustificare la drastica riduzione di scudetti, nel trentennio ’60-’90, ci sono diverse ragioni. Intanto il Milan manifesta apertamente la vocazione per i trofei internazionali, attitudine che non investe le maggiori concorrenti; in seconda battuta ottiene diversi secondi posti, alcuni anche clamorosi. Senza contare l’imprevisto del Totonero, che condanna la squadra all’inferno della b all’inizio degli anni Ottanta. Nei primi sedici anni di questo secolo, infine, il Milan impone due volte i suoi obiettivi, nel 2003-04 e nel 2010-11.
Campionati disputati: 84; scudetti: 15; secondo posto: 14; terzo posto: 17; altre posizioni: 37
abate ignazio (Sant’Agata de’ Goti, BN, 1986) Figlio di Beniamino Abate, ex portiere di Udinese e Inter e attuale preparatore dei portieri delle giovanili del Milan, Ignazio è un veloce difensore di fascia destra, dotato di spiccate doti offensive. Con il Milan vince uno scudetto nel 2010-11 e una Supercoppa italiana il 6 agosto 2011 nel derby giocato sul neutro di Pechino (2-1). Nel Milan gioca… in due tempi. Esordisce in Coppa Italia il 3 dicembre 2003 (vittoria per 1-0 sulla Sampdoria), mentre il 9 è uno degli interpreti della gara di Champions League con il Celta Vigo (sconfitta per 2-1): ha appena 17 anni e 27 giorni, il che lo fa diventare il più giovane rossonero nella storia della competizione (record poi battuto dal compagno Bryan Cristante). Ceduto in prestito a diverse squadre tra cui Napoli, Piacenza e Modena, Abate passa in comproprietà prima all’Empoli e poi al Torino, da cui rientra nella casa madre nel 2009. All’attivo ha due soli gol, nel 3-3 con il Bologna del 25 settembre 2013 e nel 4-2 di Frosinone del 20 dicembre 2015. La sua crescita professionale è spesso interrotta sul più bello da un gran numero di infortuni. Per la prima volta è stato convocato in Nazionale l’11 novembre 2011, nella gara amichevole in casa della Polonia (successo per 2-0), giusto il giorno prima del suo 25º compleanno.
Calciatore. In rossonero: 2009, in rosa; ruolo: difensore; presenze: 236; reti: 2. Bacheca: 1 scudetto (2010-11), 1 Supercoppa europea (2011-12).
abatino Soprannome dato, negli anni Sessanta, dal giornalista Gianni Brera a Gianni Rivera per indicare una persona dalla corporatura esile e mingherlina. La definizione è affibbiata anche al centrocampista del Bologna Giacomo Bulgarelli, scomparso nel 2009, e all’interista Sandro Mazzola, che però non vi danno peso. Il termine non avrebbe particolare fortuna se non ci fosse, per sua stessa ammissione, l’aspra reazione del numero 10 rossonero.
abbiati christian (Abbiategrasso, MI, 1977) Non è sempre vero che il 17 porti sfortuna. Il 17 gennaio del 1999, infatti, il portiere di Abbiategrasso riceve il suo battesimo calcistico nel Milan in una partita non semplice con il Perugia. Qualche minuto prima di fare il suo ingresso Sebastiano Rossi, il titolare dei pali rossoneri, viene espulso per un gesto antisportivo nei confronti del perugino Cristian Bucchi. È allora che si aprono le porte… della porta del Milan, che mai più si richiuderanno alle sue spalle sino alla fine della stagione, con scudetto annesso. Dal 15 settembre comincia a difendere i pali pure in Champions League (0-0 con il Chelsea). Il 24 marzo 2000, durante la partita con la Juventus, si scontra con il compagno di squadra Sala e perde un dente, ma per il Diavolo si fa questo e altro. Almeno sino al 2005, anno in cui viene dirottato a Torino, sponda bianconera come indennizzo per l’infortunio subito dal numero 1 bianconero Gianluigi Buffon, durante il Trofeo Luigi Berlusconi. L’anno dopo rimane nel capoluogo piemontese, ma indossando la maglia del Torino; quindi nella stagione 2007-08 si trasferisce in Spagna, sempre in prestito, come numero 1 dell’Atlético Madrid, confermando le sue ottime doti. Per questa ragione il Milan lo richiama nell’estate del 2008, continuando a rinnovargli la fiducia sino alla stagione 2015-16, l’ultima prima del ritiro dal calcio giocato. Nel suo conclusivo anno in rossonero, gioca una sola partita di campionato (Chievo-Milan 0-0 del 13 marzo 2016) al posto dell’infortunato Gianluigi Donnarumma, sostituito dopo neanche venti minuti. A fine gara striglia i compagni per l’opaca prestazione, dimostrandosi l’ultimo leader di una gloriosa stirpe di vincenti. Va meglio in Coppa Italia, che gioca per intero, saltando la sola finale del 21 maggio con la Juventus. Con 380 presenze è il portiere più longevo della storia del Milan.
Calciatore. In rossonero: 1998-2005, 2008-16; ruolo: portiere; presenze: 380. Bacheca: 3 scudetti (1998-99, 2003-04, 2010-11), 1 Champions League (2002-03), 1 Supercoppa Europea (2003-04), 2 Supercoppe Italiane (2003-04, 2011-12), 1 Coppa Italia (2002-03).
acerbi francesco (Vizzolo Predabissi, MI, 1988) Viene acquistato dal Chievo nell’estate del 2012 all’indomani dell’addio di Alessandro Nesta, verso il quale nutre grande ammirazione, tanto da sceglierne lo stesso numero di maglia: il 13. Forse eccessivamente caricato di responsabilità, non dà il meglio di sé e a gennaio ritorna al Chievo con cui termina il campionato. In estate passa al Sassuolo, formazione dove tuttora milita e di cui costituisce uno dei perni più importanti della difesa. Durante le visite mediche di rito, scopre di avere una neoplasia ai testicoli: inizia così la sua battaglia più importante, dalla quale esce fortunatamente indenne.
Calciatore. In rossonero: 2012-13; ruolo: difensore; presenze: 10.
acquabella È lo stadio che ospita le partite interne del Milan dal 1903 al 1905. Abbandonato il Trotter, i rossoneri si trasferiscono sul campo sportivo sito nell’attuale zona di piazzale Susa. L’ingresso allo stadio è gratuito, perché non ci sono posti a sedere: gli spettatori seguono gli incontri rigorosamente in piedi, a ridosso della linea di delimitazione del campo di gioco. In questo stadio i rossoneri non hanno particolare fortuna e sulle cinque partite ufficiali giocate ne vincono una (1-0 con l’Andrea Doria, il 12 marzo 1904), ne pareggiano due (1-1 con la Juventus, il 13 marzo 1904 e 3-3 con la us Milanese il 12 febbraio 1905) e ne perdono due (22 marzo 1903 e 20 marzo 1904, 2-0 e 3-0 sempre con la Juventus).
agostini massimo (Rimini, 1964) Da tutti soprannominato il Condor
, l’attaccante riminese si guadagna le attenzioni del Milan di Arrigo Sacchi dopo la positiva esperienza con i bianconeri del Cesena (22 gol in 59 partite), dove milita anche il portiere Sebastiano Rossi. L’avventura rossonera non è delle più felici e dura il tempo di una stagione, in cui colleziona 25 presenze impreziosite da 4 reti. È titolare nell’infausta serata marsigliese del 20 marzo 1991 (quando si spengono i fari dello stadio Velodrome), che costa ai rossoneri l’eliminazione dalla Coppa dei Campioni e la squalifica dalle competizioni internazionali per l’anno successivo. Nel corso della carriera veste diverse maglie tra cui quelle di Parma e Roma. Poi diventa allenatore, seguendo la nazionale italiana di beach soccer.
Calciatore. In rossonero: 1990-91; ruolo: attaccante; presenze: 25; reti: 4. Bacheca: 1 Coppa Intercontinentale (1989-90), 1 Supercoppa europea (1989-90).
aigotti stefano (Sesto S. Giovanni, MI, 1907-1952) Centravanti dotato di discreti piedi, è chiamato dal Milan proprio quando il presidente Piero Pirelli si appresta a vivere l’ultimo suo anno al vertice. Aigotti proviene dalla Reggiana e si mette in evidenza soprattutto con la poderosa tripletta rifilata ai cugini dell’Inter l’8 luglio 1928 (Inter-Milan 2-3) rubando, per una volta, la scena al compagno Giuseppe Santagostino. La partita, valida per la fase finale del campionato di Prima Divisione, si sblocca subito: al 5' raccoglie una corta respinta di Degani sul tiro di Santagostino, quindi nella ripresa pareggia i conti con un perfetto colpo di testa e infine realizza il gol vittoria a conclusione di una formidabile azione corale.
Calciatore. In rossonero: 1927-29; ruolo: attaccante; presenze: 32; reti: 14.
ajax Con la squadra olandese i confronti sono spettacolari ed emozionanti. Le due compagini si guardano per la prima volta negli occhi il 28 maggio 1969, nella finale di Coppa dei Campioni che il Milan si aggiudica con un roboante 4-1, in virtù delle reti di Sormani e Prati, quest’ultimo autore di una favolosa tripletta. Appena cinque anni dopo, i lancieri di Amsterdam si riprendono una velenosissima rivincita nel doppio confronto di Supercoppa Europea: il 9 gennaio il Milan vince 1-0 a San Siro con rete di Chiarugi, ma sette giorni dopo segue il tonfo in Olanda, con sei reti al passivo: mai più il Diavolo sarà costretto a bere un così amaro calice in campo internazionale. Le due formazioni si ritrovano tre volte nella Champions League 1994-95 e ad avere ragione è sempre la formazione biancorossa, nella fase a girone con un doppio 2-0 ad Amsterdam il 14 settembre e sul neutro di Trieste il 23 novembre 1994. L’opera si completa in finale il 24 maggio 1995 con un successo di misura: 1-0. Nel 2003 il teatro dello scontro è ancora la Champions League. Il sorteggio accoppia i due undici nei quarti di finale: l’andata si gioca ad Amsterdam l’8 aprile e termina 0-0, mentre il ritorno si disputa a San Siro, il 23, e vede prevalere il Milan all’ultimo secondo di gioco (3-2). Da campione d’Europa, il Diavolo sfida ancora i seguaci di Aiace Telamonio – eroe greco simbolo della società olandese – nella successiva edizione e l’esito è positivo: doppio vittorioso 1-0, il 16 settembre e il 26 novembre 2004. Nell’edizione 2010-11 della Champions League, Milan e Ajax vengono inserite nello stesso girone. Gli incontri si concludono 1-1 nei Paesi Bassi, il 28 settembre, e 2-0 in favore dei tulipani, l’8 dicembre 2010. Infine l’ultimo confronto, in tono minore, risale al 2013: 1-1 il primo ottobre e 0-0 l’11 dicembre 2013.
Sfide: 12 (Coppa dei Campioni-Champions League, Supercoppa Europea); vittorie: 5; pareggi: 2; sconfitte: 5.
albero di natale Lo schema inventato da Carlo Ancelotti per il suo Milan, allenato dal 2002 al 2009. Traducendolo in numeri è un 4-3-2-1, che nel tempo ha diversi interpreti con le punte Ševčenko e Inzaghi, alle cui spalle agiscono, principalmente, Rui Costa, Seedorf, Kaká e Rivaldo.
albertazzi michelangelo (Bologna, 1991) Per il giovane difensore di origine bolognese, un solo gettone di presenza nella stagione 2014-15. Ai rossoneri arriva dopo aver rifiutato, giovanissimo nel 2005, un triennale da 250.000 euro proposto dall’Arsenal. Ceduto in prestito al Verona nell’estate del 2015, con gli scaligeri colleziona un discreto numero di presenze, in un’annata che si conclude con la retrocessione in serie b. Ha fatto parte di tutti i gruppi under della Nazionale.
Calciatore. In rossonero: 2014-15; ruolo: difensore; presenze: 1.
albertini demetrio (Besana in Brianza, MI, 1971) Da tutti definito il Metronomo
, per via della propensione a scandire i tempi della manovra, il centrocampista trasforma una sfortuna in fortuna. Ovvero saper sostituire con intelligenza e bravura… l’insostituibile titolare Carletto Ancelotti, che nel 1992 saluta il calcio giocato. Demetrio Albertini è subito riconosciuto come uno dei maggiori talenti del calcio italiano ed europeo, che dirige la mediana rossonera con impeccabile perizia. L’esordio è datato 15 gennaio 1989 in Milan-Como 4-0, in cui fa il suo ingresso al posto di Angelo Colombo. Tuttavia il primo e vero incontro ravvicinato del giovane regista con i campioni della prima squadra di Sacchi non è dei migliori, poiché durante un allenamento entra duro su Chicco Evani, estromettendolo dall’undici che il 19 aprile avrebbe affrontato lo spauracchio Real Madrid nella semifinale di ritorno di Coppa dei Campioni. L’ottima considerazione di cui gode nell’ambiente non lo preserva dalla cessione in prestito al Padova con cui si mette in evidenza nella stagione 1990-91, per poi fare ritorno nella società lombarda. La sua stella brilla ben presto anche in Nazionale, con battesimo a Foggia il 21 dicembre 1991 (Italia-Cipro 2-0). Ormai è un affermato calciatore (è anche il rigorista) che detiene le chiavi del centrocampo rossonero ininterrottamente sino al 14 aprile 2002, quando un infortunio al tendine d’Achille nella gara con la Juventus lo mette ko. L’incidente di gioco e la non più giovane età persuadono il Milan a cederlo in prestito all’Atlético Madrid, quindi alla Lazio in cambio del difensore Giuseppe Pancaro. Con i biancazzurri trascorre una sola stagione (2003-04), quindi nei mesi successivi si prospetta il rientro; invece sul più bello è ceduto all’Atalanta prima e nel gennaio 2005 al Barcellona, che a giugno non gli rinnova il contratto. Il 15 marzo 2006, a San Siro, gioca la sua partita d’addio nelle fila del Milan contro il Barcellona, e la curva gli dedica un lungo striscione che racchiude tutti i sentimenti della tifoseria: «Il Milan nel tuo cuore, tu nel cuore della curva… grazie Demetrio». Lasciato il campo, al bivio tra panchina e scrivania, opta per quest’ultima e nel 2007 diventa vice commissario straordinario della figc, candidandosi alla sua presidenza nel 2014. Il suo avversario è Carlo Tavecchio che, supportato dai grandi club tra cui il Milan, ha alla fine la meglio.
Calciatore. In rossonero: 1988-2002; ruolo: centrocampista; presenze: 406; reti: 28. Bacheca: 3 Coppe dei Campioni (1988-89, 1989-90, 1993-94), 1 Coppa Intercontinentale (1989-90), 2 Supercoppe Europee (1989, 1995) 5 scudetti (1991-92, 1992-93, 1993-94, 1995-96, 1998-99), 4 Supercoppe di Lega (1988-89, 1991-92, 1992-93, 1993-94).
albertosi enrico (Pontremoli, MS, 1939) La classe, nel senso di anno di nascita 1939 e di talento, è la stessa di alcuni dei grandi campioni del Milan degli anni Sessanta e inizio Settanta, come per esempio Giovanni Trapattoni. Prima di essere convinto dal Milan, vince uno scudetto con il Cagliari nel 1970 e, sempre nello stesso anno, difende i pali della Nazionale in Messico diventando vice campione del mondo. Nell’estate 1974 Enrico Albertosi – figlio d’arte perché anche il papà è un portiere – approda in rossonero professionalmente molto maturo (ha 35 anni suonati), motivo per cui i tifosi criticano il suo acquisto ritenendolo un giocatore finito. Nulla di più falso, perché farà ricredere i suoi detrattori continuando il duello a distanza con l’altro signore dei pali: lo juventino Dino Zoff. Al Milan capita in un momento particolare. Il presidente è il petroliere Albino Buticchi, l’allenatore è Gustavo Giagnoni. Rivera è in un momento no e per di più è in pessimi rapporti con i primi due. In tutto questo la squadra arranca e fa fatica a esprimersi ai consueti livelli, reduce com’è dal triplice e consecutivo secondo posto dietro l’Inter nel 1971 e la Juventus nel 1972 e nel 1973, e dalla sconfitta in finale di Coppa delle Coppe con il Magdeburgo del 1974. L’annata è poco esaltante e si conclude con un modesto quinto posto, ma il portierone toscano, da tutti chiamato Ricky
e con la passione per le scommesse ippiche e il biliardo, fa il suo con ottime parate. L’anno successivo è ancora tra i migliori di una squadra che ottiene un buon terzo posto a sette lunghezze dal Torino, quindi nella stagione 1976-77 il contributo dell’estremo difensore è fondamentale per conseguire addirittura la salvezza a tre punti dal baratro della b; uno scampato pericolo a cui fa da contraltare la vittoria della Coppa Italia con l’Inter. Nel 1978, a 39 anni, è chiamato dal commissario della Nazionale Enzo Bearzot in qualità di terzo portiere per la spedizione mondiale in Argentina, ma poi non parte più perché, si dice, la sua sola presenza renderebbe il titolare Zoff meno sicuro dei propri mezzi. Tuttavia la sua annata migliore coincide con il successo tricolore 1978-79, in cui para due rigori, uno a un giovane Antonioni il 4 marzo alla ventesima giornata e l’altro il 18 alla ventiduesima all’altrettanto giovanissimo centravanti interista Alessandro Altobelli. Con la vittoria dello scudetto, a distanza di un decennio, il Milan rientra in Coppa dei Campioni, ma è eliminato al primo turno dai portoghesi del Porto, che nel settembre 1979 passano 1-0 a San Siro approfittando di una sua leggerezza sulla non irresistibile conclusione di Duda. Le sue prodezze tra i pali vengono oscurate il 23 marzo 1980, quando è arrestato assieme al presidente Felice Colombo e al compagno Giorgio Morini, nell’ambito del primo vero scandalo del Totonero. Per l’estremo difensore, in relazione alla combine della partita Milan-Lazio (2-1 del 6 gennaio), si aprono per undici giorni le porte del carcere romano di Regina Coeli, mentre due anni dopo la condanna a quattro anni di squalifica è ridotta per celebrare la vittoria italiana al Mundial spagnolo del 1982. Ormai la sua avventura rossonera, durante la quale si dà anche all’imprenditoria aprendo il ristorante Tatum, si è conclusa e per tornare a giocare accetta, a 47 anni, la maglia dell’Elpidiense in c2. Dello scandalo che lo coinvolge, Albertosi racconta di aver fatto semplicemente da ambasciatore tra la richiesta di Cruciani, uno degli allibratori del sistema parallelo, e il presidente del Milan. Il suo unico errore sarebbe stato di avere avvisato Colombo, e non le forze dell’ordine, della telefonata che invitava alla combine tra rossoneri e biancocelesti. Del suo ruolo dice: «Guai se un portiere si fa divorare dal dubbio di avere sbagliato. Un portiere non sbaglia mai, la colpa è sempre degli altri. Così non si abbatte».
Calciatore. In rossonero: 1974-80; ruolo: portiere; presenze: 233. Bacheca: 1 scudetto (1978-79), 1 Coppa Italia (1976-77).
album Il primo contenitore di figurine di calciatori, da sempre oggetto del desiderio di centinaia di migliaia di ragazzini, è prodotto nel 1961. Per la copertina, su sfondo giallo, si sceglie un calciatore ritenuto super partes: Nils Liedholm. Cinquant’anni dopo l’album ha acquisito un valore di 10.000 euro.
alessandria Dopo quasi 56 anni in due incontri, uno di andata e uno di ritorno, il 18 febbraio e il primo marzo 2016, Milan e Alessandria si ritrovano in Coppa Italia, come oltre mezzo secolo fa. Nella gara di andata, giocata all’Olimpico di Torino per questioni di capienza, i rossoneri vincono con un gol di scarto (1-0, Balotelli su rigore alla fine del primo tempo). Anche a San Siro l’Alessandria, formazione di Lega Pro, prova a rendere difficile la vita agli avversari, ma la sua fiera resistenza dura una ventina di minuti, poi il Milan dilaga sino al 5-0. Il doppio successo vale la conquista dell’undicesima finale, la quarta con la Juventus. Cinquant’anni fa, il 18 settembre 1960, vince ancora il Milan che in squadra ha un giovanissimo Rivera, con un pesante 5-3. Due altri i precedenti nella coppa nazionale, il 31 maggio del 1936 e il 6 gennaio 1937 con una vittoria a testa, grigia per 1-0 all’ultimo minuto e rossonera per 4-0. In campionato la formazione piemontese è una delle pochissime squadre ad avere la meglio, statisticamente, sul Milan. La spiegazione è semplice: i piemontesi vantano un glorioso passato… remoto, ma con un passato prossimo e un presente fatto di campionati di serie b, Lega Pro. I grigi vantano 16 successi su 44 incontri sin qui disputati. Il primo si gioca il 17 gennaio 1915, giusto cinque mesi prima che l’Italia entri nella Grande Guerra accanto alla duplice intesa franco-britannica ed è valido per il girone di semifinale del campionato. Il Milan, vincitore del suo girone dell’Italia settentrionale, sconfigge gli alessandrini sul gelato terreno del velodromo Sempione con il punteggio di 2-1 (Pizzi e Morandi). Curiosissimo quanto avviene nel 1927 con un triplice rinvio. Inizialmente prevista il 16 gennaio, non si disputa per impraticabilità di campo ed è rinviata al successivo 30 gennaio. Tuttavia un’abbondante nevicata produce un nuovo differimento a domenica 6 febbraio. Neanche a dirlo un’altra fortissima nevicata sorprende le squadre mentre stanno giocando e il direttore di gara è ancora costretto a sospendere le ostilità, che possono avere luogo solo il 27 febbraio. Per di più il Milan perde 3-1. Tanta fatica per nulla. Le due squadre si incrociano in a per l’ultima volta nella stagione 1959-60: all’andata, il 20 settembre, il Milan campione d’Italia viene perentoriamente battuto per 3-1, in virtù della tripletta dell’argentino Juan Carlos Tacchi, ben servito da un giovanissimo Gianni Rivera, appena acquistato dal Milan ma lasciato in prestito ai piemontesi. Nella gara di ritorno, il 7 febbraio 1960, i rossoneri si rifanno con identico punteggio. Alessandria e Milan si sfidano anche sul set cinematografico: nel 1953 si gira il film Gli Eroi della domenica, in cui una squadra, mai nominata ma detta dei grigi
, ottiene un’insperata salvezza all’ultima giornata di campionato, pareggiando 3-3 in casa del Milan, dopo essere andata sotto di tre reti. Nei confronti tra le due squadre, in effetti, esiste un solo 3-3 giocato a San Siro e risalente al 21 maggio 1933, ma nell’occasione a essere in vantaggio di tre reti è l’Alessandria, dopo 55 minuti di gioco.
Sfide (campionato, Coppa Italia): 45; vittorie: 15; pareggi: 13; sconfitte: 16.
alex rodrigo dias da costa (Niterói, Brasile, 1982) Prelevato dai francesi del Paris Saint-Germain, con cui vanta due scudetti e una militanza di due anni e mezzo, Alex è uno degli uomini di punta del mercato estivo della stagione 2014-15. Se nelle gerarchie del tecnico Pippo Inzaghi è in buona posizione, sino a indossare la fascia di capitano (Milan-Parma 3-1 del primo febbraio 2015), fa un po’ più di fatica con Siniša Mihajlović, che gli assegna il ruolo di chioccia accanto all’altro centrale Alessio Romagnoli. Due le reti segnate: il 20 dicembre 2015 al Frosinone e il 31 gennaio 2016 all’Inter. Tuttavia alle attese non corrisponde un rendimento di livello, per cui dopo due stagioni il Milan decide di privarsene.
Calciatore. In rossonero: 2014-16; ruolo: difensore; presenze: 48; reti: 4.
alfieri luciano cesare (Milano, 1936) L’estremo difensore ha la sfortuna di trovare sulla sua strada prima Lorenzo Buffon e poi Giorgio Ghezzi. La carriera rossonera si sviluppa in due tranche: prima nella stagione 1958-59 e poi, dopo il prestito al Siracusa, nel triennio 1959-62. L’esordio avviene, il 9 marzo 1958, nel difficile contesto della Torino bianconera. La gara del giovane guardiano è di pregevole fattura e in più di una circostanza i suoi tuffi preservano la porta dalla capitolazione, almeno sino a cinque minuti dal termine, quando Charles vanifica ogni sforzo dal dischetto. Ben peggiore, invece, il battesimo in Coppa dei Campioni, dato che a Barcellona, il 25 novembre 1959, raccoglie cinque palloni dal fondo della rete. Partecipa con la Nazionale olimpica ai giochi di Roma del 1960, risultando il più anziano del gruppo.
Calciatore. In rossonero: 1957-58 e 1959-62; ruolo: portiere; presenze: 24. Bacheca: 2 scudetti (1958-59, 1961-62), 1 Coppa dei Campioni (1962-63), 1 Coppa Latina (1956).
aliyu datti >mohammed (Makada, Nigeria, 1982) Uno di quei giocatori che non lasciano il segno. Almeno in prima squadra, perché invece con la Primavera, che partecipa nel febbraio 1999 al torneo di Viareggio, segna la rete più veloce di sempre al Bayern di Monaco, appena 15 secondi dopo il fischio d’inizio.
Calciatore. In rossonero: 2001-02; ruolo: attaccante; presenze: 3. Bacheca: 1 scudetto (1998-99).
allegri massimiliano (Livorno, 1967) Calcisticamente cresciuto in importanti formazioni come Pisa, Perugia e Pescara (in Abruzzo migliora sotto l’ala protettrice dell’esperto tecnico Galeone), Massimiliano Allegri succede a Leonardo sulla panchina del Milan nella stagione 2010-11. Si chiude temporaneamente un cerchio, visto che l’esordio nella carriera da calciatore è proprio contro il Milan, l’11 giugno 1989, quando milita nel Pisa. Nei suoi tre anni e mezzo l’andamento della squadra è costantemente decrescente: il primo lo consacra assieme ai suoi ragazzi campione d’Italia, nel secondo ottiene un polemico secondo posto dietro la Juventus del collega Antonio Conte, nel terzo consegue all’ultima giornata un preziosissimo terzo posto, infine nell’ultimo riceve anzitempo il benservito. Il 12 gennaio 2014 il 4-3 subito in casa del Sassuolo è determinante per il suo esonero. Una settimana prima, con il successo per 1-0 sull’Atalanta aveva centrato la vittoria numero 100 nella sua carriera da allenatore in serie a. Esonerato rimane sei mesi alla finestra, quindi il 16 luglio del 2014 viene ingaggiato dalla Juventus, che cerca in fretta e furia un nuovo allenatore, al posto del dimissionario Conte. Così com’era accaduto al Milan vince lo scudetto al primo colpo, ripetendosi l’anno successivo. Nell’estate del 2015 dà vita a una propria App, Mr Allegri Tactics, rivolta ai giovani allenatori per insegnare loro il mestiere.
Allenatore. In rossonero: 2010-14; panchine: 178. Bacheca: 1 scudetto (2010-11); 1 Supercoppa italiana (2011-12).
allievi eugenio (Milano, 1899-?) Nato nell’anno della fondazione del club, i destini del Milan e di Allevi si incrociano nella stagione 1922-23. Il tecnico austriaco Ferdi Oppenheim lo impiega nove volte: il battesimo di fuoco si compie l’8 ottobre 1922 a Genova, ma a girare non è solo lui, bensì tutta la squadra che soccombe 4-1.
Calciatore. In rossonero: 1922-23; ruolo: difensore; presenze: 9.
allison david (Mentone, Francia, 1873-?) Tra i cofondatori della società rossonera, nonché primo capitano del Milan, è l’autore della prima rete in senso assoluto della storia della squadra, anche se non è segnata in una gara ufficiale di campionato. Nell’amichevole sul terreno rossonero del Trotter, l’11 marzo 1900, il Diavolo sconfigge i cugini della Mediolanum per 2-0. Il raddoppio è di Kilpin.
Calciatore. In rossonero: 1899-1901; ruolo: attaccante; presenze: 4.
altafini josé joão (Piracicaba, Brasile, 1938) Uno dei più forti attaccanti di sempre della storia del Milan. Dotato di numeri di alta scuola calcistica e anche di un fine humour, José Altafini impressiona subito dirigenza e tifosi rossoneri, che trovano in lui un centravanti su cui fare sicuro affidamento. Giunge al Milan nel 1958, da campione del mondo con la Nazionale brasiliana in Svezia, alla considerevole cifra di 135 milioni dal Palmeiras. Il vicepresidente Giangerolamo Carraro e il tecnico Gipo Viani lo cercano fortemente e convincono Rizzoli che la spesa valga l’impresa. José non si fa pregare e sul rettangolo verde fa ciò che sa fare: segnare. Il 7 febbraio 1960 realizza il 2-1 all’Alessandria, ovvero la rete numero 3.000 del Diavolo dalla sua fondazione nel 1899, mentre il 26 marzo 1961 impiega 20 secondi per trafiggere l’Inter. Con lui la squadra diviene subito competitiva e pronta a vincere lo scudetto al primo colpo, per poi ripetersi nella stagione 1961-62. Nel 1963 è il protagonista assoluto della Coppa dei Campioni, in cui va a segno 14 volte (record battuto da Cristiano Ronaldo solo nell’edizione 2013-14), di cui due in finale contro i bicampioni d’Europa del Benfica del grande Eusebio. Cinque reti le realizza in novanta minuti, il 12 settembre 1962 all’us Luxemburg. È in quel momento che la sua parabola rossonera tocca il punto più alto, prima di iniziare una precipitosa discesa. I rapporti con Gipo Viani non sono idilliaci, soprattutto da quando il dirigente lo apostrofa coniglio
, con il semplice e chiaro intento di accusarlo di vigliaccheria sia in campo che fuori. Di contro Gianni Brera, sempre avvezzo ai neologismi, lo chiama conileone
. Nell’estate del 1964 il Milan gli propone un contratto diverso e che gli avrebbe fatto guadagnare di meno. Altafini non ci sta e a settembre abbandona volontariamente il gruppo andandosene in Brasile per stare vicino al suocero affetto da gravi problemi di salute. Trovato l’accordo con la società rientra in Italia nel febbraio 1965, alla vigilia della gara casalinga con il Vicenza. La squadra, prima in classifica, viene parzialmente destabilizzata dal suo ritorno e con i veneti stecca clamorosamente perdendo 1-0. Giornata dopo giornata l’ambiente si surriscalda e alla fine del campionato il Diavolo si classifica al secondo posto, dietro i cugini dell’Inter incredibilmente campioni d’Italia. Il negativo epilogo spinge le parti a dirsi definitivamente addio, anche perché Altafini viene nuovamente messo sotto accusa. La sua nuova casa è a Napoli, dove rimane sette anni, quindi passa alla Juventus con cui vince due scudetti in quattro anni. Soprannominato Mazola
, per la sua somiglianza con il centravanti torinista Valentino Mazzola, tragicamente scomparso a Superga nel 1949, l’oriundo Altafini è convocato anche sei volte in Nazionale.
Calciatore. In rossonero: 1958-65; ruolo: attaccante; presenze: 246; reti: 161. Bacheca: 2 scudetti (1958-59, 1961-62), 1 Coppa dei Campioni (1962-63).
amarildo tavares da silveira (Campos dos Goytacazes, Brasile, 1940) Amarildo è l’attaccante che serve a rafforzare il già forte reparto offensivo, ma il suo arrivo non coincide con un periodo vincente. Il suo poker di anni lombardo (1963-67) si contraddistingue per le ottime giocate, non sufficienti a risollevare il Diavolo che, pur campione d’Europa in carica, sembra aver smarrito la via della vittoria. Segna nella gara di andata di Coppa Intercontinentale contro il Santos di Pelé (4-2 a San Siro il 16 ottobre 1963), ma poi tutto è vanificato nella gara di ritorno. È risolutivo nell’edizione 1966-67 della Coppa Italia: il 7 giugno realizza in semifinale, nei supplementari, il 2-1 alla Juventus e poi, in finale, l’l-0 al Padova il 14 giugno 1967. Sugli spalti dell’Olimpico di Roma, dove si gioca l’ultimo atto della competizione, è presente Nereo Rocco, che qualche mese dopo, in sostituzione di Silvestri, decide di non confermarlo lasciandolo andare alla Fiorentina.
Calciatore. In rossonero: 1963-67; ruolo: attaccante; presenze: 131; reti: 38. Bacheca: 1 Coppa Italia (1966-67).
ambrosini massimo (Pesaro, 1977) Nel segno della continuità, una delle bandiere e il penultimo degli highlander a lasciare il Milan delle meraviglie. Il suo arrivo in seno alla squadra, a soli diciotto anni dal Cesena, è datato 1995, con esordio sia in campionato (5 novembre, 3-2 contro il Cagliari), che nelle competizioni internazionali (facilissimo 4-0 in Coppa uefa ai danni dei polacchi dello Zagłębie Lubin). L’anno dopo è titolare in Champions League, nel 4-1 in casa dei norvegesi del Rosenborg. Il Milan, nella stagione 1997-98, lo manda a Vicenza per farsi le ossa e l’idea è buona perché quando rientra nei ranghi è pronto a indossare la maglia da titolare. Nel granitico centrocampo rossonero, il biondo pesarese sa ritagliarsi il suo spazio sino a diventare un vero e proprio punto di forza. Il 4 febbraio 2001, a San Siro, è vittima di un brutto infortunio (distorsione al ginocchio sinistro), che lo lascia fuori sino a dicembre, per poi tornare più forte che mai. Ha la soddisfazione di indossare più volte la fascia da capitano, come nel caso della Supercoppa Europea alzata a Montecarlo nell’agosto del 2007. A maggio il suo Milan aveva vinto la settima e ultima Champions, giusto qualche giorno dopo lo scudetto interista. Al rientro da Atene, sede della finale, la squadra festeggia il trofeo transitando per le vie della città su un autobus scoperto. Sopra ci sono i calciatori e naturalmente anche Ambrosini, che esibisce un poco elegante striscione con su scritto: «Lo scudetto mettitelo nel…». La goliardata provoca qualche tensione con l’Inter. La sua ultima partita nel Milan, giocata il 19 maggio 2013 in un decisivo 2-1 a Siena per l’accesso in Champions League, si conclude anzitempo per un’espulsione. Lascia il Milan in polemica, perché avrebbe desiderato un rinnovo contrattuale di un altro anno, ma la volontà della società è differente ed emigra nella Fiorentina, rimanendovi una stagione. Dal 2014 è commentatore sportivo. Come Gianfranco Zola, vanta 35 presenze in Nazionale.
Calciatore. In rossonero: 1995-97, 1998-2013; ruolo: centrocampista; presenze: 489; reti: 36. Bacheca: 4 scudetti (1995-96, 1998-99, 2003-04, 2010-11), 2 Champions League (2002-03, 2006-07), 1 Coppa Italia (2002-03), 2 Supercoppe Europee (2003-04, 2007-08), 2 Supercoppe Italiane (2004-05, 2011-12), 1 Mondiale per Club (2007-08).
amburgo Con i tedeschi il Milan ha il piacere, perché di questo si tratta, di giocare una sola volta, il 23 maggio 1968 a Rotterdam, nella finale di Coppa delle Coppe. I novanta minuti sono risolti dalla doppietta dell’uccellino Hamrin che, in neanche venti minuti, infila due volte l’estremo difensore turco Özcan.
Sfide (Coppa delle Coppe): 1; vittoria: 1.
amelia marco (Frascati, RM, 1982) Proveniente dal Genoa, non ha vita facile tra i pali rossoneri, ricoprendo spesso il ruolo di secondo dietro Christian Abbiati. Più spazio, invece, trova in Coppa Italia, dove disputa due semifinali nel 2010-11 con il Palermo e nel 2011-12 con la Juventus. L’esordio in maglia rossonera si registra il 19 ottobre 2010 al Bernabeu di Madrid, gara terminata 2-0 per le Merengues. Nella stagione 2013-14, ultima in rossonero, racconta lo stesso portiere, sarebbe arrivato alle mani con il compagno di squadra Daniele Bonera, reo di aver sbeffeggiato, a suo dire, i tifosi desiderosi di salutare i calciatori. Nel 2014 il Milan non gli rinnova il contratto, ma non mancandogli la forza di rimettersi in gioco (ha appena 32 anni) scende nella Promozione laziale per sistemarsi nel Rocca Priora, diventando presidente onorario e direttore tecnico. Nell’agosto 2015 si tessera con il Lupa Castelli Romani in Lega Pro, ma a ottobre Mourinho lo sceglie come terzo nel Chelsea.
Calciatore. In rossonero: 2010-14; ruolo: portiere; presenze: 41. Bacheca: 1 scudetto (2010-11), 1 Supercoppa Italiana (2011).
american bar Luogo di ritrovo della comunità britannica che vive a Milano tra la fine del 1800 e il 1900. Alcuni di loro fondano il Milan, assieme a un gruppo di italiani su richiesta del connazionale Herbert Kilpin.
amoroso dos santos márcio (Brasilia, Brasile, 1974) Fa capolino al Milan a 32 anni, giocando pochissimo: solo cinque, infatti, le presenze dell’attaccante. Tre anni prima, il 4 aprile 2002, realizza due delle quattro reti rifilate ai rossoneri dal Borussia Dortmund nella semifinale di Coppa uefa.
Calciatore. In rossonero: 2005-06; ruolo: attaccante; presenze: 5; reti: 1.
ancelotti carlo (Reggiolo, RE, 1959) Buona parte della carriera di Carlo Ancelotti è legata al Milan a doppio filo, prima come giocatore per un quinquennio, poi come tecnico per otto anni. I due periodi, in comune, hanno il gran numero di successi ottenuti in giro sui campi di tutto il mondo. Il Milan di Berlusconi lo acquista dalla Roma nel 1987, su esplicita richiesta del tecnico Arrigo Sacchi: il presidente avrebbe delle perplessità, per via di un ginocchio malandato, ma il roccioso centrocampista romano mette a tacere tutti dando ragione all’allenatore. Anche nella stagione 1988-89 è decisivo con una serie di importanti prestazioni, che culminano nella spettacolare semifinale con il Real Madrid, in cui gioca da ala sinistra: il Diavolo si impone con cinque reti e ad aprire le danze è proprio il numero 8, con un bolide di destro scagliato da posizione centrale, che s’infila sotto la traversa alle spalle del portiere spagnolo Buyo. In finale con lo Steaua Bucarest, il 24 maggio 1989, fa ammattire il rumeno Hagi, scelto dal tecnico Iordănescu per francobollare un giocatore ritenuto lento. Invece Carletto è, ancora una volta, devastante. Gioca la sua ultima gara a San Siro il 17 maggio 1992 con il Verona, regalandosi una splendida doppietta. Appena sette giorni dopo a Foggia (pesantissimo 8-2 rifilato ai Satanelli pugliesi) scende in campo per l’ultima volta: troppi, nonostante abbia solo 33 anni, i fastidi procurati dal ginocchio per poter sopportare un’altra annata tra allenamenti e gare ufficiali. Con la Nazionale partecipa a due Mondiali: nel 1986, senza scendere mai in campo e nel 1990, in cui dà il suo apporto in tre occasioni prima di alzare bandiera bianca per un infortunio. La gavetta da tecnico non manca, iniziando con Reggiana e Parma, quindi va alla Juventus, con cui consegue due secondi posti consecutivi. Il tecnico di Reggiolo diventa allenatore del Milan quasi per caso. All’inizio del novembre 2001 è pronto per firmare nuovamente con il Parma, ma l’amministratore delegato Adriano Galliani lo convince a passare prima da Milano per prendere il posto del turco Fatih Terim. Ha inizio così la sua seconda straordinaria avventura con il Diavolo, ma questa volta sulla panchina. Tatticamente schiera la squadra con il suo proverbiale albero di Natale
, ovvero un micidiale 4-3-2-1 che dà un incredibile equilibrio alla squadra. In più colloca magistralmente davanti alla difesa Andrea Pirlo, prelevato dall’Inter. Al suo secondo anno vince la Champions League, battendo la Juventus e dando uno schiaffo morale ai tifosi della Signora che gli rimproverano, a volte con insulti pesanti e gratuiti, l’incapacità di allenare e vincere. A giugno, appena pochi giorni dopo il trionfo europeo, vince anche la Coppa Italia contro la sua Roma. Sconfitto nel 2005 dal collega Benitez, che allena il Liverpool, nella finale di Champions, due anni dopo si vendica riportando la squadra sul tetto d’Europa. L’ultimo suo trofeo lo ottiene a dicembre nel Mondiale per Club contro il Boca Juniors: è il 18º trofeo della gloriosa storia milanista, facendo diventare i rossoneri la squadra più titolata al mondo. Il suo rapporto si chiude due anni dopo per approdare al Chelsea, quindi si trasferisce in Francia per dirigere il Paris Saint-Germain. Nell’estate del 2013 accetta la corte del Real Madrid con cui consegue la decima
, ovvero la decima Coppa dei Campioni o Champions League. A fine stagione 2014-15, estromesso dalla Champions in semifinale dalla Juventus, viene esonerato: il Milan lo corteggia, ma a giugno Carletto si prende un anno sabbatico continuando a pubblicare libri autobiografici. A dicembre convola a giuste nozze con il Bayern di Monaco, avventura che, ufficialmente, inizia il primo luglio 2016.
Calciatore. In rossonero: 1987-92; ruolo: centrocampista; presenze: 160; reti: 11. Bacheca: 2 scudetti (1987-88, 1991-92), 2 Coppe dei Campioni (1988-89, 1989-90), 2 Coppe Intercontinentali (1988-89, 1989-90), 2 Supercoppe Europee (1989, 1990), 1 Supercoppa di Lega (1988-89). Allenatore. In rossonero: 2001-09; 1 scudetto (2003-04), 2 Champions League (2002-03, 2006-07), 1 Coppa Italia (2002-03), 2 Supercoppe Europee (2003, 2007), 1 Supercoppa Italiana (2003-04), 1 Coppa del Mondo per Club (2006-07).
andersson andreas (Osterhoninge, Svezia, 1974) A ventitré anni il biondo attaccante svedese si guadagna la chiamata del Milan e il Göteborg, squadra con la quale segna diciannove volte in ventisei incontri, non può opporsi. Tuttavia la stagione non è esaltante e dopo diciotto presenze compie il suo dovere di centravanti una sola volta alla sua seconda partita contro l’Empoli, il 5 ottobre 1997. Nonostante un contratto che lo legherebbe al Milan sino al 2002 sceglie, assieme alla società, di cambiare aria nell’estate del 1998. Si ritira a 30 anni a causa di diversi guai fisici.
Calciatore. In rossonero: 1997-98; ruolo: attaccante; presenze: 18; reti: 1.
andegari Il Milan vive la sua seconda età dell’oro, sotto Andrea Rizzoli, in questa via, al civico 4, nel centro della città meneghina. Sono sette anni, dal 1955 al 1962, in cui la squadra regala ai suoi tifosi tre scudetti e una Coppa Latina. Nei suoi uffici passano, tra gli altri, Schiaffino, Cesare Maldini, ma soprattutto lo Sceriffo
Gipo Viani e il Paròn
Nereo Rocco.
andreoli luigi (Milano, 1893-1955) Difensore dai piedi ruvidi si veste di rossonero a intermittenza, in tre distinte occasioni. La sua unica rete viene messa a segno nel Torneo Bellico, il 26 novembre 1916 in Milan-Cremonese 8-2.
Calciatore. In rossonero: 1913-14, 1916-18, 1920-21; ruolo: difensore; presenze: 22; reti: 1.
angelillo antonio valentín (Buenos Aires, Argentina, 1937) Centravanti dal gol facile, nella stagione 1958-59 è capace di segnare 33 gol in altrettante partite laureandosi capocannoniere della serie a. Solo che il record lo ottiene indossando la maglia dell’Inter. Nel Milan giunge nel 1965, ma al termine della stagione, con tre reti all’attivo di cui due in Coppa delle Fiere, si sistema a Lecco, prima di farvi ritorno, segnare un solo gol e vincere lo scudetto. Nel 1960, da oriundo, risponde positivamente alla convocazione della Nazionale italiana, assieme ad Altafini e Sivori.
Calciatore. In rossonero: 1965-66, 1967-1968; ruolo: attaccante; presenze: 30; reti: 4. Bacheca: 1 scudetto (1967-68).
angeloni daniele (Bergamo, 1875-1957) Tipico esempio di factotum del calcio di inizio xx secolo, ossia: calciatore, allenatore e dirigente allo stesso tempo. Dotato di discreta tecnica, è protagonista del primo scudetto rossonero (1901), senza saltare nessuna delle quattro partite ufficiali. Assieme al fratello Francesco è uno dei fondatori del Milan Football Club and Cricket.
Calciatore. In rossonero: 1900-05; ruolo: centrocampista; partite: 10. Bacheca: 1 scudetto (1900-01). Allenatore. In rossonero: 1906-07; panchine: 6. Bacheca: 1 scudetto (1906-07). Dirigente. In rossonero: 1902-08. Bacheca: 2 scudetti (1905-06, 1906-07).
annoni pietro (Milano, 1886-1960) Di tutti i presidenti d’epoca fascista è colui che sembra incarnare meglio il detto del regime: «Libro e moschetto, fascista perfetto!». Con una certa baldanza dirige la società in anni difficili, in cui le casse non sono particolarmente floride. Nell’unico anno di presidenza, stagione 1935-36, il Milan, rafforzato dagli attaccanti Gabardo e Arnoni, mette in cascina 28 punti, utili a puntellare un modesto ottavo posto. I due derby terminano in parità, mentre con la Juventus si contano un successo e una sconfitta.
Presidente. In rossonero: 1935-36.
annovazzi carlo (Milano, 1925-1980) Dieci anni in rossonero, dieci anni di amore per i colori del Diavolo, culminati nella vittoria dello scudetto 1950-51 e della Coppa Latina vinta nella stessa stagione. Detto el Negher, il negro
in milanese, per via del suo capello riccio, il difensore è per la prima volta titolare il 16 dicembre 1945, il giorno del quarantaseiesimo compleanno del Milan. E da quel momento per il calciatore, tifoso dell’Inter, inizia una brillante carriera in rossonero. Lascia il Milan, da capitano, proprio alla vigilia del secondo ciclo vincente della sua storia, subito prima del cambio al vertice da Umberto Trabattoni ad Andrea Rizzoli, passando all’Atalanta in cambio del danese Sørensen. Segna moltissimo, ben 55 reti di cui 54 in serie A e una in Coppa Latina, quest’ultima nella vittoriosa finale (5-0) con il Lille del 24 giugno 1951. Nel 1950 partecipa con la Nazionale al Mondiale brasiliano.
Calciatore. In rossonero: 1943-53; ruolo: centrocampista; partite: 292; reti: 55. Bacheca: 1 scudetto (1950-51), 1 Coppa Latina (1951).
anquilletti mario angelo (San Donato Milanese, MI, 1943-2015) Marcatore vecchio stile e numero 2, dedica quasi interamente la sua vita professionale al suo amato Milan, contribuendo sia ai successi nazionali (uno scudetto e una Coppa Italia), che internazionali (una Coppa dei Campioni e una Coppa Intercontinentale). È il sesto calciatore rossonero per presenze e ciò basterebbe a regalargli un posto nell’Olimpo dei signori in rossonero. Il terzino è un mastino ed è raro vederlo superato. Nella finale di Coppa dei Campioni del 1969 contro l’Ajax, morde le caviglie di Swart a cui lascia solo briciole. Alla fulgida carriera nel Diavolo non corrisponde un’altrettanta fortuna in azzurro, lo stesso colore dei suoi occhi, ma non certo per demerito. Se è vero che il commissario tecnico Valcareggi gli preferisce l’interista Tarciso Burgnich, è altrettanto vero che alla vigilia della quasi certa convocazione nel gruppo, che di lì a poco sarebbe partito per i Mondiali del Messico, non parte per un infortunio. Il 29 marzo 1970 il Milan è impegnato con la Juventus, ma dopo soli sette minuti cade male dopo uno scontro con il bianconero Leonardi e si lussa la caviglia destra, che è costretto a ingessare. Il referto medico parla chiaro e per lui è richiesto assoluto riposo per un mese. Finito di giocare, una serie di investimenti sbagliati gli porta via molto del patrimonio accumulato negli anni rossoneri ed è costretto a lavorare in un autolavaggio, una mansione del tutto insufficiente per saldare i debiti accumulatisi nel corso degli anni. Tanto che ipoteca persino la casa. Anquilletti muore nel gennaio del 2015, ma solo un anno dopo il figlio rende pubblico che la casa è stata riscattata per l’intervento di Roberto Donadoni.
Calciatore. In rossonero: 1966-77; ruolo: difensore; partite: 418; reti: 2. Bacheca: 1 scudetto (1967-68), 1 Coppa Italia (1966-67), 1 Coppa dei Campioni (1968-69), 1 Coppa Intercontinentale (1969-70), 2 Coppe delle Coppe (1967-68 e 1972-73).
antonelli luca (Monza, 1987) Cresciuto nelle giovanili rossonere, dove consegue la fascia di capitano della Primavera, fa parte della rosa campione d’Europa 2006-07, in cui colleziona tre presenze. Poi per l’esterno basso sinistro inizia un lungo pellegrinaggio che si conclude nel 2014 con l’acquisto a titolo definitivo dal Genoa nel gennaio del 2015. In sei mesi dimostra di essere tra i più attivi e segna un gol alla Juventus. Sul finire del maggio 2016 rinnova sino al 2019, mentre il 5 settembre 2016, contro Israele (successo per 3-1), ottiene la seconda presenza in Nazionale.
Calciatore. In rossonero: 2006-07, 2014-in rosa; ruolo: difensore; presenze: 50; reti: 4.
antonelli roberto (Morbegno, SO, 1953) Padre di Luca, attuale difensore rossonero, il suo nome è strettamente annodato alla favolosa annata 1978-79, quella della stella. In quella stagione Dustin
(questo il soprannome per la vaga somiglianza con l’attore statunitense Dustin Hoffman) va a segno cinque volte, di cui una su rigore: per l’attaccante, che predilige la ricerca degli spazi sugli esterni, è una grande soddisfazione. Suo il gol del pari interno nella gara di andata con il Perugia il 3 dicembre 1978. Di fatto però le sue migliori performance arrivano nella sua ultima stagione in maglia rossonera, ovvero nel primo dei campionati di serie b (1980-81) con quindici reti all’attivo. Non particolarmente alto (1,74) gode di un buono scatto e di un forte tiro. Conclude la carriera nel Monza in serie b.
Calciatore. In rossonero: 1977-82; ruolo: attaccante; presenze: 143; reti: 32. Bacheca: 1 scudetto (1978-79), 1 Mitropa Cup (1981-82).
antonini giuseppe (Verona, 1914-1989) Il veronese Antonini è una delle colonne