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L’uomo del mistero
L’uomo del mistero
L’uomo del mistero
E-book130 pagine1 ora

L’uomo del mistero

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Info su questo ebook

La vita sembra essere implosa per Diana, che alla soglia dei trent’anni deve fare i conti con la morte della sua amata nonna e l’allontanamento del suo fidanzato. Lasciata dopo dodici anni di relazione, la ragazza coglie la palla al balzo per andare a casa di sua nonna, in Abruzzo, per sistemare mobili e scartoffie, tanto per non pensare. Proprio lì ritrova Sebastiano il nipote dei vicini di casa, compagno di giochi nelle lontane estati di bambine sue e di sua sorella. Ma riordinando le carte della nonna, Diana trova un plico di lettere d’amore per lei e non scritte da suo nonno. Chi era quell’uomo che ha amato nonna Elena e che la chiamava Titania e si firmava Oberon? Come mai nessuno in famiglia ha mai saputo di questa storia? Con l’aiuto di Sebastiano, Diana risolverà questo mistero, venendo a conoscenza di un segreto di famiglia e avrà forse anche la possibilità di vivere anche lei l’amore che si merita.
LinguaItaliano
Data di uscita1 gen 2023
ISBN9788893472289
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    Anteprima del libro

    L’uomo del mistero - Errigo Benedetta Maria

    cover.jpg

    Maria Benedetta Errigo

    L’uomo del mistero

    Prima Edizione Ebook 2023 © R come Romance

    ISBN: 9788893472289

    Immagine di copertina su licenza Adobestock.com, elaborazione Edizioni del Loggione

    img1.png

    www.storieromantiche.it

    Edizioni del Loggione srl

    Via Piave 60

    41121 Modena – Italy

    [email protected]

    http://www.storieromantiche.it e-mail: [email protected]

    img2.jpg

    La trama di questo romanzo è frutto della fantasia dell’autore.

    Ogni coincidenza con fatti e persone reali, esistite o esistenti, è puramente casuale.

    Maria Benedetta Errigo

    L’UOMO DEL MISTERO

    Romanzo

    INDICE

    I 4

    II 8

    III 12

    IV 17

    V 23

    VI 26

    VII 36

    VIII 44

    XIX 46

    X 53

    XI 57

    XII 68

    XIII 76

    L’autrice 78

    Catalogo 79

    I

    «Il maglione. Te ne sei presa almeno un paio?»

    «Sì, non ti preoccupare.»

    «E le coperte? Va bene che dovrebbero essercene lì, ma…»

    «Mamma.»

    «Forse è meglio se ti preparo qualcosa di caldo per il viaggio.»

    «Mamma…»

    «Avrai posto per un thermos in borsa, vero?»

    «Mamma.»

    Le prendo le mani che frugano nel mio borsone sul letto. La costringo a guardarmi e a fermarsi un momento.

    Nonna, sua madre, è morta tre mesi fa, poco prima di Natale. Era nell’aria, ma è stato un duro colpo per tutti, come si può immaginare.

    Nonnina Elena, come io e mia sorella l’abbiamo sempre chiamata, era una donna piccola, ma con un carattere fortissimo. Nata e cresciuta in un paesino dell’Abruzzo, non si era mai spostata di lì. Da ragazzina aveva conosciuto nonno Carlo, suo coetaneo, si erano innamorati e sposati ed erano andati a vivere in una casetta che nonno e suo padre avevano costruito con le loro mani. Poi era arrivata subito mia madre, ma non c’erano stati altri figli. Non ho mai capito se fosse stata una decisione dei nonni o se perché c’erano pochi soldi e si faticava ad andare avanti. Quel che mia madre mi ha sempre raccontato è che i nonni si amavano moltissimo e anche lei si è sempre sentita voluta e amata.

    Nonno però è morto quando mamma aveva solo cinque anni e nonnina allora si è rimboccata le maniche e ha fatto mille lavori per non fare mancare nulla alla sua piccola Marisa. E infatti a mia mamma non è mancato nulla: cibo, studi, anche la possibilità di andare a scuola di danza. Prendeva il pullman da sola, con il suo borsone, e andava in città dove poteva prendere parte a queste lezioni. Mamma è riuscita ad andare anche all’università ed è lì che ha conosciuto il suo futuro marito, il mio papà Maurizio, che se ne è innamorato e l’ha rapita per portarsela a Roma, come ama ripetere come scherzo.

    Ma se anche mamma era andata a vivere a Roma ed eravamo arrivate io e mia sorella Sara, andavamo spesso a trovare nonna tutti assieme, in quella casa dove si stava bene e dove ancora i muri trasudavano tutto l’amore che quella casa aveva vissuto.

    Ricordo che quando arrivavamo c’era sempre una specie di copione di rispettare. Parcheggiavamo davanti a casa della nonna e lei era lì che ci aspettava seduta in veranda, su quel bel dondolo, dove amavo tanto addormentarmi d’estate. Lei si alzava e ci sorrideva.

    «Benvenuti! Pensavo che non arrivaste più!»

    La frase era sempre la stessa anche se eravamo arrivati in anticipo. Poi io e mia sorella eravamo le prime a scendere dall’auto e a correrle incontro nel piccolo giardino davanti a casa.

    «Bambine! Diana, Sara, fate piano.»

    «Non ti preoccupare, Marisa, non sono mica fatta di cristallo!»

    E poi c’erano abbracci per tutti, fino a che a papà non si scioglieva dalla stretta e portava dentro le valigie.  E lì partiva la seconda parte del nostro copione familiare.

    «Tu e Maurizio dormite nella mia stanza.»

    «Ma non ci pensare neppure, mamma. Stiamo nella mia vecchia camera, come al solito.»

    «Ci sono due letti singoli e cosa me ne faccio io, invece, di un letto matrimoniale?»

    Io e mia sorella non ascoltavamo nemmeno più, sapevamo che alla fine nonna sarebbe rimasta nella sua camera mentre io e Sara avremmo dormito sul divano che diventava un comodissimo letto. Ci piaceva stare lì, c’erano sempre merende buone, serate passate in compagnia a giocare a carte o a vedere la televisione assieme. Se era estate, nonna ci permetteva di aiutarla con le conserve di frutta e verdura che poi sarebbero state buone durante l’inverno.

    Se invece eravamo da lei durante le feste natalizie, ci godevamo la neve che non mancava mai, l’ululato dei lupi che veniva dai boschi e noi due ragazzine col naso schiacciato sulle finestre per riuscire a vederne qualcuno. E il profumo dei dolci fatti nella stufa in cucina, quello della carne lessa, degli arrosti, quello dell’albero di Natale, vero, che papà addobbava assieme a noi poco prima della vigilia.

    Da grandi poi abbiamo anche imparato a sciare, io e Sara, era tutto bello in quel paesino per noi. E nonnina ci sembrava la persona più forte del mondo. E lo è stata fino a sei mesi fa, quando siamo andati a prendercela per portale a casa nostra a Roma. Ha aspettato fino all’ultimo per dirci che stava male. E noi siamo corsi da lei, abbiamo impacchettato un po’ delle sue cose e siamo tornati qui. Dormiva con me, mia sorella si è sposata due anni fa e io ero contenta di averla nella mia camera. Quando ne aveva voglia mi raccontava ancora episodi della sua infanzia, altri piccoli aneddoti di quando andavamo da lei. Ma mi accorgevo che respirava sempre peggio, che era sempre più curva. E tre mesi fa si è spenta.

    E ora è la mia mamma che mi sembra sempre più curva. Il dolore è stato grande per tutti, ma per lei sembra essere insormontabile. Per fortuna che papà le è vicinissimo, ma, in ogni caso, non voglio addossarle troppe incombenze. Così, quando qualche giorno fa ha detto che forse si sarebbe dovuti andare a casa di nonna per recuperare un po’ di cose, controllare i mobili e decidere cosa tenere e cosa no, non ci ho pensato due volte e mi sono offerta di andare da sola. Ho parecchie ferie arretrate e così mi sono presa una settimana dall’ufficio. Ed eccoci qui, sedute sul mio letto, le sue mani fra le mie. Gliele stringo forte, vorrei passarle un po’ di forza, un po’ di calore.

    Vedo che sbircia il letto dove fino a poco tempo fa dormiva nonnina.

    «Mamma, non ti devi preoccupare. Ho tutto ciò che mi serve. E le coperte sono nell’armadio della camera di nonna. Se ho freddo prenderò quelle.»

    «Sei proprio sicura di voler andare sola? Io e papà…»

    «No, state tranquilli. Posso farcela.»

    «Magari Sara può raggiungerti nel fine settimana.»

    «Ma anche no, è giusto che i piccioncini passino del tempo fra loro.»

    Mamma toglie una mano dalla mia stretta e mi fa una carezza sulla guancia.

    «Sei molto dolce. E giudiziosa.»

    «Ecco, ricordalo la prossima volta che discuteremo!»

    Cerco di farla sorridere, ci riesco anche se solo per un attimo.

    «Comunque, credo che tu e papà dovrete venire una prossima volta. Io posso portare una lista delle cose che, secondo me, sono da vendere. Però poi l’ultima parola spetta a te. Quando te le sentirai.» Mi affretto ad aggiungere. Non voglio darle nemmeno per un momento l’impressione di volere qualcuno con me.

    Anche perché questa potrà essere una occasione per me per rilassarmi e cercare di riflettere su me stessa. Non l’ho ancora detto ai miei, ma Luca, il mio fidanzato storico, mi ha lasciato subito dopo Natale.

    Almeno ha aspettato Santo Stefano per non rovinarmi il pranzo coi parenti. Che gentile. E mi ha lasciato con una di quelle frasi che non hanno senso: Stiamo assieme da tanti anni. A questo punto o ci si lascia o ci si sposa. Ma io non me la sento di sposarmi. Certo, mi pare logico, non ci sono altre alternative a parte queste due. Mi sono messa a ridere e gli ho detto di dirmi la verità.

    Ed è venuto fuori che la verità si chiamava Emanuela. Ecco tutto. Però a mamma e papà non l’ho ancora detto. Capirai, stavamo assieme da quando avevamo sedici anni. Dodici anni insieme. Una vita, a quell’età. Luca veniva spesso a casa mia, i miei si erano affezionati. Così quando non l’hanno più visto comparire a casa qualche domanda me l’hanno fatta, ma io ho glissato. Ho detto che eravamo in un momento di pausa, ma che non dovevano preoccuparsi. Non volevo aggiungere anche questo dopo la morte di nonna.

    Però credo che mamma abbia notato che dal

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