Raccontando Villaurbana
Di Silvia Zucca
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Info su questo ebook
In sommario le testimonianze orali di Angela Anedda, Alberto Gualtiero Angius, Dino Ardu, Luigino Atzeni, Antonia Canalis, Anna Maria Casas, Lucia Casas, Agnese Casta, Camilla Casta, Antonio Casula, Savina Contu, Sabina Craba, Siro Luigi Crobu, Mario Dessì, Maria Dichi, Anselmo Fadda, Antonio Fadda, Orazio Fadda, Osvaldo Bruno Garau, Efisio Lai, Elena Marras, Teresina Marras, Efisio Meloni, Eudisia Elvira Onorata Meloni, Giovanni Meloni, Maria Greca Meloni, Peppina Meloni, Remedina Meloni, Amelia Murru, Efisio Murru, Fannina Murru, Venanzio Ollosu, Giulia Pala, Elio Paolo Gaetano Paulesu, Franco Paulesu, Rosa Perria, Elvezia Picciau, Angelina Pisci, Costantino Pisci, Fernando Antonio Pisci, Edvige Pisu, Rosa Porru, Eleonora Pulisci, Olga Salis, Bianca Sanna, Clelia Sanna, Luigia Sanna, Gaudenzio Scalas, Teresa Scalas, Gesuina Serra, Luciano Serra, Maria Serra, Luigi Spiga, Cesira Zucca, Efisio Zucca, Eleonora Zucca, Margherita Zucca, Marinella Zucca, Melania Adelina Zucca, Natalia Zucca, Salvatore Zucca, Zenobia Aristea Zucca.
Il presente e-book ripropone in versione digitale i contenuti del volume "Raccontando Villaurbana" di Silvia Zucca (Cargeghe, Editoriale Documenta, 2022, Isbn 978-88-6454-470-0).
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Anteprima del libro
Raccontando Villaurbana - Silvia Zucca
Silvia Zucca
Raccontando Villaurbana
ISBN: 978-88-6454-471-7
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
https://writeapp.io
Indice
Prefazione
Introduzione
Ringraziamenti
Nota editoriale
Il paese
Le case di una volta
Gli antichi portali
Il Comune
La Chiesa di Santa Margherita
Le case di làdiri
L’acqua
Una vita di sacrifici
In tempo di guerra
La vita del pastore
Il lavoro nei campi e l’affittacamere
La sartoria
Il fabbro
La macelleria di nonno
Il carpentiere meccanico
La falegnameria
La sarta
L’impiegata delle Poste
Fai sa giàrra
I mattoni in làdiri
La macelleria
La vendita dei dolci
La mietitura
Il maniscalco-fabbro
L’Etfas
La falegnameria e l’osteria
Su gridéri
Il servizio dei trasporti e il negozio di alimentari
Il pescivendolo
Il frutto di tanto impegno
Il muratore
Il lavoro del campanaro
Il canestraio
Il calzolaio
Il panificio
Il duro lavoro del pastore
I barbieri
Lavoro e sacrifici
Una dote innata
La preparazione del pane
Il bucato a mano
Sa lissía
Un’importante fonte di sostentamento
Il corso di taglio e cucito
Il ricamo
La vendemmia
La raccolta delle olive
A s’arríu
L’alimentazione di una volta
I vari condimenti
La carne di cinghiale
Battesimo, Comunione, Cresima
Il fidanzamento con Felicino
Il matrimonio
Il Corpus Domini
La Settimana Santa
Le feste
La festa di Santa Greca
Santa Margherita e sa painscedda
Il pane delle feste
I funerali
I balli in piazza
L’Azione Cattolica
La partecipazione alla vita ecclesiastica
La voglia di dare una mano
Ricordi d’infanzia
Adempiere ai doveri sin da piccolo
Un’infanzia difficile
Quanti bei ricordi!
La scuola
Era bello andare a scuola
Ricordi scolastici
I passatempi di una volta
I divertimenti da ragazzi
La sala da ballo
Il calcio
Passatempi d’infanzia
Il premilitare
Tempo di condivisione
Rimedi alternativi
Le cure con i rimedi naturali
Rimedi e superstizione
Credenze di una volta
Cristollu e Cristolleddu
I racconti degli adulti
L’abbigliamento
Il cinema
Il circo
Antioco Zucca
Il viaggio con il filosofo Antioco Zucca
Il dottor Angius
Il passaggio di Mussolini
Fatiche e gioie
Il lungo viaggio in bicicletta
Il mare
Ricordi di una vita semplice
Un sogno premonitore
Si musicanta
Sa musìca
Filastrocche e preghiere
© EDITORIALE DOCUMENTA
www.editorialedocumenta.it
in copertina
Ritratto di Annetta Canalis e Onorio Pau
Proprietà letteraria riservata
Prima edizione ebook: marzo 2023
ISBN 978-88-6454-471-7
Prefazione
Racconti come immagini, ricordi come ritratti, storie come schegge di vita di un tempo perduto che rivive nelle testimonianze documentali, ora intense e vibranti, ora flebili e periture, degli abitanti di Villaurbana, protagonisti di un'antologia di pensieri sulla storia sociale ed economica del paese all'alba del Novecento. Brani vergati di seppia per riecheggiare, sul filo di una memoria divenuta storia, uno spaccato di vita comunitaria, sospesa tra racconto e fantasia, mito e leggenda, all'ombra di un passato che è nostalgia, malinconia, tormento, ma anche inviolabile eredità storica e spirituale, da custodire e tutelare.
Introduzione
Ascoltare e accogliere le testimonianze di chi ha vissuto il nostro paese tra i due conflitti mondiali e durante gli anni della ripresa, mi ha proiettata in un periodo molto diverso da quello attuale, caratterizzato da una società semplice e umile, animata da un profondo spirito di sacrificio, di fatica, ma anche di generosità, condivisione e spensieratezza.
Una realtà in cui si apprezzavano le piccole cose di cui si disponeva, in cui il rispetto per le figure di riferimento, quali genitori, insegnanti e sacerdoti, non era mai messi in discussione.
L’immagine di Villaurbana che il viaggio tra le memorie del Primo Novecento mi restituisce è quella di un centro vivo, in cui ognuno con il proprio ruolo e i propri mezzi trova collocazione all’interno di una comunità che si fa espressione di collettiva reciprocità e solidarietà.
Non era sicuramente una vita fatta di comodità e abbondanza quella di chi ci ha preceduto, ma con tanta forza di volontà, impegno e ingegno ci si adattava.
I racconti riportati tra le pagine di questo libro, talvolta divertenti e scanzonati, ma talaltra profondamente dolorosi, rappresentano una ricchezza inestimabile soprattutto per le nuove generazioni chiamate a mantenere viva l’unicità della nostra storia in virtù di quel bagaglio di usi e costumi consegnatoci da chi ci ha preceduti.
Questo lavoro nasce a seguito della conoscenza del progetto Raccontando
promosso dalla Biblioteca di Sardegna. Dopo aver letto uno dei libri della collana dedicato a uno dei comuni sardi coinvolti, ricordo di essere rimasta colpita dalle testimonianze rese dagli intervistati, tanto da aver l’impressione di veder scorrere davanti ai miei occhi le vicissitudini di quella comunità, come se fossero riportate in un documentario.
Questo il motivo per il quale ho accolto l’invito a condurre la medesima ricerca nel mio paese d’origine, da una parte curiosa di conoscere le storie in cui mi sarei imbattuta, dall’altra intimorita dalla possibilità di entrare in contatto con i ricordi più intimi e privati dei miei interlocutori.
Ricerca che non sempre è stata semplice e lineare, soprattutto a causa dell’imprevisto avvento della pandemia da Covid-19 che ci ha costretti, prima a un’interruzione dei lavori, poi a una lenta ripresa mediante l’osservazione delle restrizioni vigenti in materia di sanità pubblica, ma con tanta pazienza e disponibilità da parte di tutti si è tuttavia riusciti a rievocare storie e aneddoti del passato del nostro paese: eredità di cui far tesoro per uno sviluppo locale futuro.
Silvia Zucca
Ringraziamenti
Esprimo viva gratitudine alla Biblioteca di Sardegna e all’Editoriale Documenta per avermi concesso l’opportunità di firmare quest’opera.
Curare il volume è stato come intraprendere un viaggio lungo la linea del tempo della storia del mio paese e la possibilità di poterla sentire raccontare dalle voci dei suoi protagonisti è stato motivo di emozione e arricchimento personale. Ringrazio, pertanto, tutti gli informatori orali che hanno voluto collaborare alla buona riuscita della ricerca.
Un grazie, infine, alla mia famiglia per il partecipato supporto.
S. Z.
Nota editoriale
Il presente e-book ripropone in versione digitale i contenuti del volume Raccontando Villaurbana
di Silvia Zucca (Cargeghe, Editoriale Documenta, 2022, Isbn 978-88-6454-470-0).
Il volume raccoglie una selezione di testimonianze orali di abitanti di Villaurbana. I testi, trascrizione di interviste realizzate sul campo nell’arco temporale intercorrente tra i mesi di marzo 2020 e marzo 2022, riportano il contenuto dei documenti orali originali con larga fedeltà alle forme sintattiche e semantiche adottate dagli informatori.
Il paese
Il paese che conosciamo oggi è molto cambiato rispetto a quand’ero ragazzino io, negli anni Quaranta.
Se prendiamo in considerazione i confini di Via Vittorio Emanuele, il centro abitato finiva in prossimità dell’odierna casa di Giovanni e Venanzia Zucca, dopo la quale c’erano campi a seminativo. Via Santa Greca e tutta la zona circostante erano coltivate. Via XX Settembre e Via Massaia erano campagne, in Via De Cristoforis c’era solo la casa di Attilio Murru, e in Via Amsicora quella di tziu Michele Carcangiu e di tzia Letizia Cancedda e Luigi Pau. Proseguendo in Via Amsicora, si trovavano le case di Giuseppe Atzeni, tziu Agostino Cancedda e Giuseppe Meloni. Scendendo nell’attuale piazza che fa ad angolo tra Via Mazzini e Via Amsicora, c’era la casa di tziu Luigi Scalas.
Nei primi anni Cinquanta la prima casa presente in Via Vittorio Emanuele, arrivando da Siamanna, era la casa di tzia Rosa Murru. In Via San Crispo, l’ultima casa era quella di tzia Maria Scanu, situata a circa cento metri dall’odierno portico; al di sotto era tutto coltivato, la zona si chiamava is Trammatzus.
Dove ora ci sono le Poste, e sino a Via San Crispo, non c’era niente, solo campi: si poteva vedere soltanto il vecchio lavatoio che fu costruito nel 1921 circa.
Se pensiamo all’odierna Via Mannu, ricordo che un tempo il paese si fermava nella casa di Antioco Garau, sotto il piazzale delle scuole. All’epoca le scuole si trovavano nello stesso stabile del Comune e se servivano altri spazi si prendevano in affitto delle stanze dai privati. In Via Sardegna, il centro abitato terminava con la casa di tziu Pietro Murroni, mentre tutta Via Oristano era a seminativo.
Il primo acquedotto che portò l’acqua in paese dalla sorgente de sa Spendua fu costruito nel 1927. Nelle case l’acqua corrente arrivò nel 1960 circa: prima di allora, precisamente negli anni Cinquanta, si trasportava dai rubinetti pubblici alle case con le brocche. Ce n’erano tre, uno in sa Gruxi Manna, all’incrocio tra Via Monte Granatico e Via Santa Margherita, uno a sa Gruxixedda, all’incrocio tra le odierne Via Umberto I, Via Mazzini e Via Santa Margherita, e il terzo nell’odierna Piazza Italia, dove oggi c’è la fermata del pullman. In seguito, man mano che il paese si espanse, ne costruirono altri per avvicinare l’acqua alle famiglie.
C’erano anche dei pozzi pubblici che oggi non ci sono più, tranne quello di Via Vittorio Emanuele, nella casa di Milena Fadda, che riattivarono in un periodo di siccità che colpì il paese.
Un pozzo, che is antigus chiamavano funtanedda, si trovava all’incrocio tra le attuali Via De Castro e Via Italo Balbo, di fronte al portico, e venne eliminato in seguito a un incidente subito da un cavallo. C’erano poi Funtana bella in Piazza Italia, un altro pozzo in sa Gruxixedda e un altro ancora in sa Gruxi Manna.
Quando arrivò l’acqua dall’acquedotto, i pozzi vennero chiusi ma in occasione di una brutta siccità vennero riattivati: ricordo ancora il personale che ci lavorò, Terigiu Urru e Salvatore Delogu. In quel periodo, il Comune aveva il diritto di chiedere a chi possedeva carri e buoi tra la cittadinanza, di lavorare quattro giorni gratis all’anno prestando servizio al Comune. Chi non aveva i mezzi doveva farlo come bracciante. Fu così che ripristinarono i pozzi in quella situazione di emergenza.
Nel 1927 venne costruito anche il cimitero che utilizziamo tuttora. Prima di allora si trovava vicino alla Parrocchia. Ricordo quattro losas, lapidi, in particolare: quella di Angelina Satta, che apparteneva alla famiglia Paulesu, quella di Francesco Mele, quella di Annicca Carta, che apparteneva alla famiglia di Onorato Carta, e quella di Peppino Pisci, che aveva una tomba con un busto di marmo e una colonna purtroppo andati distrutti.
Is muntronàxus, i mondezzai, si trovavano alla periferia del paese, uno dove c’era il mattatoio, un altro nell’odierno piazzale delle scuole elementari, uno all’incrocio tra Via Santa Greca e Via Vittorio Emanuele, e un altro ancora in Via San Crispo. Ricordo che nel 1947 circa ci fu una moria di maiali e vennero portati lì; lo stesso succedeva quando morivano galline o cani. Non c’era certamente una situazione igienica ideale e gli odori si sentivano forti.
Da bambini passammo diverse malattie tra cui sa pabèdda, il morbillo, la rosolia, e poi un’infezione agli occhi. Ricordo che durante la notte le ciglia si attaccavano e, perché potessimo andare a scuola, la mattina i nostri genitori prendevano un po’ di acqua calda e ce li pulivano. Poi arrivò la malaria che fu debellata dopo il 1946 dagli americani. Ricordo anche un’invasione di cavallette che durò due-tre anni. Anche queste furono debellate dagli americani con l’utilizzo di un gas.
Dal lato di Via Italo Balbo, il confine del centro abitato si fermava nella casa di mio padre, l’odierno incrocio tra Via Santa Margherita e Via Italo Balbo, ma durante la guerra la via venne divisa perché ricordo che dall’odierno supermercato Crai a sa Gruxixedda era tutta Via Santa Margherita.
Le vie venivano segnalate con un pezzo di tavola, ma ho visto anche nomi delle vie incisi su lastre di pietra fissate sul muro della prima casa della via. Via Santa Margherita un tempo iniziava dove oggi c’è la Banca con la casa di tziu Chiccu Ciarroisi, Francesco Cerronis .
Una delle prime famiglie ad avere l’elettricità fu quella di mio padre poiché costruì la nuova casa proprio nel periodo in cui si iniziò ad installarla, nel 1933-34 circa. L’illuminazione elettrica era presente solo nella via principale, nel resto del paese c’era buio e in famiglia ci si illuminava con le candele o con le lampade ad olio. Veniva utilizzata la morchia, chi non l’aveva utilizzava l’olio del lentischio.
In Via Vittorio Emanuele non c’erano i pali elettrici come ora, i fili elettrici passavano da una casa all’altra, che avevano più o meno la stessa altezza, e al centro c’era la lampada: pariada un crabatòri, sembrava un coperchio.
Nel 1943 in paese era tutto tranquillo, non si percepiva che ci fosse la guerra. C’erano le truppe tedesche: ricordo che in una stanza in Via Vittorio Emanuele c’erano gli ufficiali tedeschi mentre i militari soggiornavano in Via Roma. In Via Monte Granatico, dove c’era la casa di tziu Giuseppe Lai, c’era il battaglione San Marco.
Non abbiamo mai avuto problemi con i militari, andavano d’accordo con mio padre. Avevano ogni grazia de Deus: scatolame, sigarette, cose da mangiare, ma quello che non avevano era il pane, o meglio avevano delle gallette durissime. Il pane del nostro paese è sempre stato molto buono e c’era una sorta di baratto con mio padre che faceva l’artigiano: lui dava un civràxu, una pretzída, tipi di pane, e loro in cambio gli davano un pacchetto di sigarette e qualche scatoletta. Quando nacque mio fratello Costantino, era il 1943, i tedeschi portarono a casa nostra una torta abbastanza grande e per noi fu come se ci avessero regalato un tesoro!
Dopo il 1943 iniziò a mancare il cibo perché l’Italia doveva sostenere i militari impegnati in guerra. In paese durante la trebbiatura del grano, che avveniva in s’ Axrioba Manna, c’era una coppia di finanzieri che chiedeva al proprietario del grano quanti figli avesse e dopo aver fatto i conti decidevano che per sfamare quella famiglia occorreva una certa quantità di grano requisendo il resto.
Lo stesso succedeva per il maiale, animale che tutte le famiglie allevavano: metà veniva requisita