L'ignoto e i problemi dell'Anima
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Lo scopo dell’autore è di ottenere per questi fenomeni – nella fattispecie: manifestazioni telepatiche di persone in punto di morte; sogni premonitori; trasmissione del pensiero; vista da lontano di fatti attuali; – il riconoscimento della dignità spettante ai fatti osservati. Non si avventura invece nella ricerca delle possibili cause e, insieme a Laplace, sottolinea che “ non sarebbe filosofico negare i fenomeni solo perchè essi sono inesplicabili allo stato attuale delle nostre conoscenze”. Allo scopo di raccogliere fatti e testimonianze, l’autore pubblica nel 1899 un appello su Les annales politiques et littéraires teso a ottenere testimonianze tra gli abbonati a proposito di “fatti misteriosi d’apparizioni, di manifestazioni di moribondi o di morti, di presentimenti nettamente definiti”.
Ne risultano centinaia di testimonianze, tra le quali Flammarion sceglie una vasta documentazione vagliata e verificata. L’interesse di una parte del mondo della scienza in quegli anni per i fenomeni di “spiritismo”, telepatia, e in genere per acquisizioni di conoscenza non attribuibile ai cinque sensi riconosciuti, trova in Flammarion un interprete certamente non secondario che ha offerto, nel tempo, nuove prospettive di ricerca.
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Anteprima del libro
L'ignoto e i problemi dell'Anima - Camille Flammarion
CAMILLE FLAMMARION
L’IGNOTO
E
I PROBLEMI DELL’ANIMA
Indice generale
INTRODUZIONE 4
LE MANIFESTAZIONI TELEPATICHE DEI MORENTI E LE APPARIZIONI. 18
AMMISSIONE DEI FATTI. 141
LE ALLUCINAZIONI PROPRIAMENTE DETTE. 169
L’AZIONE PSICHICA DI UNO SPIRITO SOPRA UN ALTRO. 191
Trasmissione di pensieri – Suggestione mentale – Comunicazioni a distanza fra viventi. 191
IL MONDO DEI SOGNI. 277
Diversità indefinita dei sogni – Fisiologia cerebrale – Sogni psichici: manifestazioni di moribondi sentite durante il sonno – La telepatia nei sogni. 277
LA VISTA DA LONTANO, IN SOGNO, DEI FATTI ATTUALI. 331
I SOGNI PREMONITORI E LA DIVINAZIONE DEL FUTURO. 373
CONCLUSIONE 416
INDICE 434
INTRODUZIONE
Le aspirazioni universali e costanti dell’umanità che pensa, il ricordo ed il rispetto dei morti, l’idea innata di una giustizia immanente, il sentimento della nostra coscienza e delle nostre facoltà intellettuali, la miserabile incoerenza dei destini terrestri paragonata all’ordine matematico che regge l’universo, l’immensa vertigine d’infinito e d’eterno sospesa nelle altezze di una notte stellata, e, in fondo a tutte le nostre concezioni, l’identità permanente del nostro io, malgrado le variazioni e le trasformazioni perpetue della sostanza cerebrale, tutto concorre a stabilire in noi la convinzione dell’esistenza della nostra anima come entità individuale, della sua sopravvivenza alla distruzione del nostro organismo corporeo.
Tuttavia, la dimostrazione scientifica non c’è ancora, ed i fisiologi al contrario insegnano che il pensiero è una funzione del cervello, che senza cervello non c’è pensiero, e che tutto muore con noi: c’è dunque una contraddizione fra le aspirazioni ideali dell’umanità e ciò che si chiama la scienza positiva.
D’altra parte, non si sa, nè si può affermare che quello che si è imparato; e non si saprà mai altro che quello che si sarà imparato. La scienza sola è in progresso nella storia attuale dell’umanità. Essa ha trasformato il mondo, benchè le sian rese molto raramente la giustizia e la riconoscenza che le son dovute. È per suo mezzo che oggi viviamo intellettualmente e perfino materialmente; in essa sola troviamo luce e guida.
Quest’opera è un saggio d’analisi scientifica di soggetti considerati generalmente come estranei alla scienza, e perfino come incerti, favolosi e più o meno immaginari.
Io mostrerò che questi fatti esistono.
Io tenterò d’applicare i metodi delle scienze d’osservazione alla constatazione ed all’analisi di fenomeni fin qui relegati nel dominio delle fiabe, del meraviglioso o del soprannaturale, e di stabilire che essi sono prodotti da forze ancora sconosciute ed appartengono ad un mondo invisibile, naturale, differente da quello che cade sotto i nostri sensi.
È razionale questo tentativo? è logico? può condurre a qualche risultato? Lo ignoro. Ma è interessante, e se ci mettesse sulla via di conoscere la natura dell’anima umana e di dimostrare scientificamente la sua sopravvivenza, esso farebbe fare all’umanità un progresso superiore a tutti quelli che le sono stati portati fin qui dall’evoluzione graduale di tutte le altre scienze riunite.
La ragione umana non può ammettere come certo se non ciò che è dimostrato. Ma, d’altra parte, noi non abbiamo il diritto di negar nulla anticipatamente, poichè la testimonianza dei nostri sensi è incompleta e ingannevole.
Noi dobbiamo avvicinare ogni soggetto di studio senza idee preconcette, esser disposti ad ammettere ciò che sarà provato, ma a non ammettere che ciò che lo sarà. Generalmente, in questo genere di ricerche riguardanti la telepatia, le apparizioni, la visione a distanza, la suggestione mentale, i sogni premonitori, il magnetismo, le manifestazioni psichiche, l’ipnotismo, lo spiritismo e certe credenze religiose, è stupefacente il vedere quanta poco illuminata critica si è messa nell’esame delle cose in questione, e quale incoerente raccolta di sciocchezze si accolga come verità. Ma è possibile applicare il metodo d’osservazione scientifica a tutte queste ricerche? Ecco ciò che noi dovremo determinare da principio col mezzo delle ricerche stesse.
Quale principio, noi non dobbiamo credere a nulla senza prove.
Non ci sono che due metodi a questo mondo: quello dell’antica scolastica che affermava a priori certe verità alle quali i fatti erano tenuti di conformarsi, e quello della scienza moderna dopo Bacone, che prende le mosse dall’osservazione dei fatti e costruisce le teorie dopo averli constatati. Non ho bisogno d’aggiungere che qui applichiamo il secondo di questi metodi.
Il metodo di quest’opera è essenzialmente scientifico. Lascerò in disparte per principio le cose che non mi parranno aver ricevuto sufficiente certezza sia dall’osservazione, sia dall’esperienza.
Molti dicono: «A quale scopo cercare? Voi non troverete niente. Sono segreti che Dio si riserva». C’è sempre stata della gente che ha preferito l’ignoranza al sapere. Con questo modo di ragionare e d’agire, non si sarebbe mai saputo niente, e più d’una volta questo sistema è stato applicato anche alle ricerche astronomiche. È il ragionamento di coloro che non hanno l’abitudine di pensare colla propria testa, e che confidano a pretesi direttori la cura di tener la loro coscienza nelle dande.
Altri affettano d’obbiettare che questi capitoli delle scienze occulte fanno retrocedere il nostro sapere verso il medioevo invece di farlo progredire verso l’avvenire luminoso preparato dal progresso moderno. Ebbene, lo studio razionale di questi fatti non può ricondurci ai tempi della stregoneria, più che lo studio dei fenomeni astronomici non possa ricondurci ai tempi dell’astrologia.
E nel cominciare quest’opera, i miei occhi sono caduti sulla prefazione di un libro del conte Agenore de Gasparin su Les tables tournantes, e vi hanno letto quanto segue:
«C’è una frase, un gran frasone, che richiede d’esser rischiarato: «il soggetto del mio lavoro non è serio». In altri termini, noi non vogliamo sapere se voi avete torto o ragione; ci basta di sapere che la verità di cui pretendete prender la difesa non è nel numero delle verità brevettate ed autorizzate, delle quali ci si può occupare senza compromettersi, delle verità confessabili, delle verità serie. Esistono verità ridicole; tanto peggio per loro! La loro volta verrà forse, ed allora la gente che si rispetta si degnerà di prenderle sotto la sua protezione; ma, nell’attesa, fintanto che certe persone aggrotteranno le ciglia, fintantochè in alcuni salotti si riderà, sarebbe cattivo gusto sfidare il biasimo dell’opinione ammessa. Non ci parlate della verità! Si tratta di convenienza, si tratta di garbo, si tratta di restar nel solco dove camminano in fila gli uomini seri».
Queste parole scritte a un dipresso mezzo secolo fa sono vere anche oggi. La nostra povera specie umana, così ignorante di tutto, e per cui le ore trascorrono, in generale, così stupidamente, ha nelle sue file individui che ammirano sè stessi con grande serietà e giudicano gli uomini e le cose. Non c’è che un partito da prendere quando si studia una questione qualunque; ed è di non preoccuparsi di questi individui, della loro opinione pubblica o privata e di proceder diritto davanti a sè nella ricerca della verità. I tre quarti dell’umanità sono composti di esseri ancora incapaci di comprendere questa ricerca e che vivono senza pensare da sè. Lasciamoli ai loro giudizi superficiali e sprovvisti di valore reale.
È ormai molto tempo che io mi occupo di queste questioni nelle ore di riposo lasciatemi dai miei lavori astronomici. La mia antica tessera di «membro associato libero della Società parigina di studi spiritici» mi passa ora sotto gli occhi: essa è del 15 novembre 1861 (avevo allora 19 anni ed ero da tre anni alunno astronomo all’Osservatorio di Parigi). Da più d’un terzo di secolo sono stato tenuto al corrente della maggior parte dei fenomeni osservati in ogni parte del nostro globo, e ho esaminato la maggior parte dei «medium». M’è sempre parso che questi fenomeni meritavano di essere studiati con uno spirito di libero esame ed ho creduto doveroso in varie circostanze insistere su questo punto. A cagione senza dubbio di questa lunga esperienza personale si è tanto insistito nel domandarmi la redazione di quest’opera.
Forse anche la pratica abituale dei metodi sperimentali e delle scienze d’osservazione assicura un controllo più degno di confidenza che le vaghe approssimazioni di cui ci contentiamo abitualmente nella vita ordinaria.
Ma io esitava sempre. Il tempo è veramente venuto? è sufficientemente preparato? il frutto è maturo?
Nondimeno si può cominciare (e lo si fa con ragione): il tempo svilupperà il germe.
Adunque, questo è un libro di studi concepito ed eseguito col solo intendimento di conoscere la realtà, senza preoccupazione delle idee fino ad oggi generalmente ammesse, colla più completa indipendenza di spirito e col disinteresse più assoluto dell’opinione pubblica.
Bisogna d’altronde confessare che se questo lavoro dal punto di vista della ricerca di verità sconosciute interessa, appassiona anzi, dal punto di vista di questa opinione pubblica è assai, assai ingrato. Tutti, o quasi, disapprovano coloro che vi consacrano un poco del loro tempo. Gli scienziati pensano che non è un soggetto scientifico, e che rincresce sempre perdere il proprio tempo. Al contrario, le persone che credono ciecamente alle comunicazioni spiritiche, ai sogni, ai presentimenti, alle apparizioni trovano inutile il sussidio d’uno spirito critico di analisi e di esame. Non ci dissimuliamo affatto che il soggetto resta indeterminato ed oscuro, e che avremo molta fatica da fare per rischiararlo di vera luce. Ma se anche questo lavoro non servisse che a portare un sassolino all’edificio delle conoscenze umane, sarò felice d’averlo intrapreso.
A quanto pare, il più difficile per l’uomo è di restare assolutamente indipendente e libero da ogni ambizione personale; di dire ciò ch’egli pensa, ciò ch’egli sa, senza alcuna cura dell’opinione che si può avere di lui, disinteressandosi di tutto. La pratica della divisa di Gian Giacomo non produce altro che nemici; perchè l’umanità è anzitutto una razza egoista, grossolana, barbara, ignorante, vile e ipocrita: gli esseri che vivono dello spirito e del cuore sono un’eccezione.
Ciò che è anche più strano, forse, è che la libera ricerca della verità è sgradevole a tutti, poichè ogni cervello ha i suoi piccoli pregiudizi ai quali non vuol rinunziare.
Se io dico, per esempio, che l’immortalità dell’anima, già insegnata dalla filosofia, sarà fra breve provata sperimentalmente dalle scienze psichiche, più d’uno scettico sorriderà della mia affermazione.
Se io dico invece che lo spiritista che chiama Socrate o Newton, Archimede o Sant’Agostino al suo tavolino, e che crede di conversare con loro, è vittima d’una illusione, ecco tutto un partito che mi scaglierà addosso dei macigni.
Ma, ancora una volta, non ci preoccupiamo di queste opposte opinioni.
Si domanda anche: a che cosa possono condurre questi studi sui problemi psichici?
A mostrare che l’anima esiste e che le speranze d’immortalità non sono chimere.
Il «materialismo» è un’ipotesi che non può più sostenersi dopo che conosciamo meglio «la materia». Questa non offre più il solido punto di appoggio che le si attribuiva. I corpi sono composti di miliardi di atomi mobili invisibili, che non si toccano e che sono in moto perpetuo gli uni intorno agli altri; questi atomi infinitamente piccoli sono ora considerati essi stessi come centri di forza. Dove è la materia? Essa sparisce nel dinamismo.
La legge intellettuale regge l’universo, nel cui organismo il nostro pianeta non è che un umile organo: è la legge del progresso. Ho mostrato nella mia opera Le monde avant la création de l’homme che il trasformismo di Lamarck e Darwin non è che una constatazione di fatti e non una causa (il prodotto non può mai essere superiore al suo generatore), e nella mia opera La fin du monde, che nulla può finire, poichè dopo l’eternità già trascorsa tutto esiste ancora...
Lo studio dell’universo ci fa intravedere l’esistenza di un piano e di uno scopo, che non hanno affatto per oggetto speciale l’abitatore del nostro pianeta, e che d’altronde sono inconoscibili alla nostra piccolezza.
Una legge del progresso che regge la vita, l’organizzazione fisica di questa stessa vita, l’attrazione dei sessi, la previdenza inconscia delle piante, degli insetti, degli uccelli ecc. per porre al sicuro la loro progenitura, e l’esame dei principali fatti della storia naturale stabiliscono, come ha scritto Oersted, che vi ha «dello spirito nella natura».
Gli atti della vita abituale non ci mostrano il pensiero che nel cervello degli uomini e degli animali. Da ciò i fisiologi hanno concluso che esso è una proprietà, un prodotto del cervello; si afferma, vogliam dire, che non c’è pensiero senza cervello.
Ora nulla ci autorizza ad ammettere che la sfera delle nostre osservazioni sia universale e che essa comprenda tutte le possibilità della natura in tutti i mondi.
Nessuno ha il diritto d’affermare che il pensiero non possa esistere senza cervello.
Se l’uno o l’altro dei milioni di microbi che abitano il nostro corpo cercasse di generalizzare le proprie impressioni, potrebbe mai immaginarsi, navigando nel sangue delle nostre arterie o delle nostre vene, divorando i nostri muscoli, perforando le nostre ossa, viaggiando nei diversi organi del nostro corpo, dalla testa fino ai piedi, che questo corpo è retto come il suo da una unità organica?
Noi siamo sensibilmente nello stesso caso rispetto all’universo degli astri.
Il sole, cuore gigantesco del suo sistema, fonte della vita, raggia nel fuoco delle orbite planetarie, e gravita anch’esso in un organismo siderale più vasto ancora. Noi non abbiamo il diritto di negare che un pensiero possa risiedere nello spazio e dirigere questi movimenti come noi dirigiamo quelli delle nostre braccia o delle nostre gambe. La potenza istintiva che regge gli esseri viventi, le forze che regolano i battiti dei nostri cuori, la circolazione del nostro sangue, la respirazione dei nostri polmoni, il funzionamento dei nostri organi, non esistono forse in altra forma nell’universo materiale, reggendo condizioni di esistenza incomparabilmente più importanti che quelle di un essere umano, poichè, per esempio, se il sole s’estinguesse o il movimento della terra fosse profondamente alterato, morrebbe non un essere umano soltanto, ma la intera popolazione del globo, senza parlare degli altri pianeti?
Esiste nel cosmo un elemento dinamico, invisibile e imponderabile, diffuso nell’universo, indipendente dalla materia visibile e ponderabile, e agente su di essa. Ed in questo elemento dinamico, c’è una intelligenza superiore alla nostra.
Sì, senza dubbio, noi pensiamo per mezzo del cervello, come noi vediamo per mezzo degli occhi, come noi sentiamo col senso dell’udito; ma non è il nostro cervello che pensa più che non siano i nostri occhi che vedono. Che cosa dire d’una persona che si rallegrasse con un canocchiale di veder bene i canali di Marte? L’occhio è un organo. Il cervello ne è un altro.
I problemi psichici non sono così estranei ai fenomeni astronomici come si potrebbe supporre. Se l’anima è immortale, se il cielo è la sua patria futura, la conoscenza dell’anima non può restare estranea alla conoscenza del cielo. Lo spazio infinito non è esso il dominio dell’eternità? Che c’è dunque di sorprendente nel fatto che alcuni astronomi siano stati pensatori, bisognosi d’illuminarsi sulla vera natura dell’uomo come della creazione? Non rimproveriamo a Schiaparelli, direttore dell’Osservatorio di Milano, osservatore assiduo del pianeta Marte, al prof. Zöllner, dell’Osservatorio di Lipsia, autore di ricerche importanti sui pianeti, a Crookes che fu astronomo prima d’essere chimico, all’astro-fisico Huggins e ad altri scienziati, quali il prof. Richet, Wallace, Lombroso ecc., d’avere cercato di conoscere ciò che v’è di vero in queste manifestazioni. La verità è una, e tutto è collegato nella natura.
Oserei anche aggiungere che non ci sarebbe per noi grande interesse a studiare l’universo siderale, se fossimo certi che ci è e ci resterà eternamente estraneo, se noi non dovessimo mai conoscere qualche cosa da vicino. L’immortalità negli astri mi sembra essere la conseguenza logica dell’astronomia. In che può interessarci il cielo, se noi non viviamo che un giorno sulla terra?
Le scienze psichiche sono molto in ritardo sulle scienze fisiche. L’astronomia ha avuto il suo Newton, la biologia non è che a Copernico, la psicologia è ancora agli Ipparchi e ai Tolomei. Tutto ciò che noi possiamo attualmente fare è di raccogliere le osservazioni, di coordinarle e di facilitare i primi passi della nuova scienza.
Si presente, si prevede che la religione dell’avvenire sarà scientifica, sarà fondata sulla conoscenza dei fatti psichici. Questa religione della scienza avrà su tutte le altre che l’avranno preceduta un vantaggio considerevole: l’unità. Oggi, un ebreo o un protestante non ammette il culto della Vergine e dei santi, un mussulmano odia «il cane di cristiano», un buddista ripudia i dogmi dell’Occidente. Nessuna di queste divisioni potrebbe sussistere in una religione fondata sulla soluzione scientifica generale dei problemi psichici.
Ma siamo per ora ben lungi dall’appianare questioni di teorie o di dogmi. – Ciò che importa anzitutto è di sapere se veramente i fenomeni in parola esistono, e di risparmiarci la perdita di tempo ed il ridicolo di cercare la causa di ciò che non esiste. Constatiamo prima i fatti. Le teorie verranno più tardi. Quest’opera sarà composta sopratutto di osservazioni, di esempi, di constatazioni, di testimonianze; il meno possibile di frasi. Si tratta d’accumulare prove di tal sorta che ne risulti la certezza. Noi tenteremo una classificazione metodica dei fenomeni, raggruppando insieme quelli che offrono fra loro più analogie e cercando quindi di spiegarli. Questo libro non è un romanzo, ma una raccolta di documenti, una tesi di studio scientifico. Ho voluto in esso seguire questa massima dall’astronomo Laplace: «Noi siamo così lontani dal conoscere tutti gli agenti della natura (scriveva egli precisamente a proposito del magnetismo umano) che non sarebbe filosofico negare i fenomeni solo perchè essi sono inesplicabili allo stato attuale delle nostre conoscenze. Soltanto, noi dobbiamo esaminarli con un’attenzione scrupolosa e determinare fino a qual punto bisogna moltiplicare le osservazioni o le esperienze, a fine di ottenere una probabilità superiore alle ragioni che possano aversi per non ammetterli».
Il nostro programma è conosciuto. Coloro che vorranno, seguirci, vedranno che se questo lavoro ha un merito, è quello della sincerità. Noi desideriamo sapere se si può giungere ad affermare che i fenomeni misteriosi dei quali l’umanità sembra essere stata testimone dalla più alta antichità esistono realmente. Non abbiamo altro scopo che la ricerca della verità.
Parigi, marzo 1900.
LE MANIFESTAZIONI TELEPATICHE DEI MORENTI E LE APPARIZIONI.
Fatti! Non parole!
Dobbiamo metterci in guardia contro due disposizioni dell’intelletto contrarie alla libera ricerca della verità: l’incredulità e la credulità, ed avere la più gran cura di tener sempre il nostro spirito in questa completa indipendenza più indispensabile che mai nell’ordine di studi che vogliamo intraprendere. A ogni istante saremo urtati nelle nostre idee scientifiche abituali e saremo condotti a non ammettere i fatti ed a negarli senza altro esame. Così pure ad ogni istante, una volta messici nella corrente, ci sentiremo trasportati un poco troppo rapidamente nell’accettazione di fenomeni insufficientemente osservati, e saremo esposti al ridicolo di cercare la causa di ciò che non esiste. Che lo spirito positivo del metodo sperimentale, al quale la nostra specie umana ancora così inferiore e così barbara deve il poco progresso che ha fatto, non ci abbandoni mai in queste ricerche!
So bene che anche il metodo sperimentale non è assoluto e che anche ha condotti eminenti psicologi a negar tutto. Taine insegna che «la percezione esterna è una vera allucinazione» e che nel nostro stato normale sano, ragionevole, noi non abbiamo «che una serie di allucinazioni che non riescono a nulla». Berkeley, Stuart-Mill e Bain dichiarano che «i corpi non sono che un puro nulla» eretto, per un’illusione del nostro spirito, a sostanze e a cose esteriori; secondo questi tre filosofi non vi sarebbe niente d’intrinseco in una pietra, in un pezzo di ferro, in un albero, in un animale. Uno dei nostri più profondi matematici francesi al quale sottoponevo recentemente la questione mi confessava che, per lui, non esistono che delle sensazioni. Che cosa sono le sensazioni senza un essere che le percepisca? Quest’essere esiste dunque realmente. Se si ammettesse la teoria, ne seguirebbe che l’universo non esiste che nel pensiero degli uomini e per conseguenza solamente dopo che vi sono uomini sopra la terra. È questa, a mio parere, l’opinione filosofica del mio brillantissimo amico Anatole France e di alcuni dei nostri contemporanei. Ora l’astronomia e la geologia ci provano – senza contare il resto – che l’universo esisteva prima dell’uomo. E poi, se ammettete le vostre sensazioni non potete rifiutarvi di ammettere quelle dei vostri vicini: dunque il vostro vicino esiste conte voi, e gli altri esseri pure, ed egualmente le cose. Diffidiamo un poco dei nostri ragionamenti troppo trascendentali. Zenone di Elea non aveva dimostrato che la freccia che vola è immobile, e Democrito che la neve è nera?...
Diffidiamo pure del piacere dei paradossi. È certo un divertimento molto gradevole che ci solleva sopra il buonsenso volgare, ma Alessandro Dumas figlio ci ha insegnato, col suo esempio, che quello spirito non è senza pericoli...
Affine di riconoscerci nel mondo misterioso che ci accingiamo a scrutare, e tirare da queste osservazioni qualche risultato istruttivo, noi cominceremo col fare una classificazione metodica dei fenomeni, raggruppando insieme quelli che si rassomigliano e tentando di dedurne le conclusioni che ci parranno le più sicuramente fondate. Il soggetto ne vale la pena. Si tratta di noi, della nostra natura, della nostra esistenza, o del nostro nulla... Oh! ecco senza dubbio dei messeri che crollano la testa sorridendo e che provano molto disprezzo per il nostro tentativo.
«Voi sapete bene, dicono costoro, che questi pretesi orizzonti dell’al di là sono immaginari, poichè alla morte tutto finisce per noi».
Ma no, noi non lo sappiamo; e voi neppure. Voi non ne sapete niente affatto e le vostre affermazioni come le vostre negazioni non sono che parole, parole vuote. Tutte le aspirazioni dell’umanità protestano contro questa negazione. L’ideale, il sogno, la speranza, la giustizia non sono forse delle pure illusioni, non altrimenti che i corpi di cui parlavamo or ora. Il sentimento non esiste egli, come la ragione? In ogni caso si tratta qui di un problema reale e grave. «L’immortalità dell’anima è una cosa così importante, scriveva Pascal, che bisogna aver perduto ogni sentimento per restare nell’indifferenza del suo futuro destino.» Perchè si dispererebbe di arrivare mai a conoscere la natura del principio pensante che ci anima e di sapere se sopravvive o no alla distruzione del corpo? Le ricerche che intraprenderemo qui ci daranno qualche nozione sicura su questo punto? Forse.
Checchè ne sia, io prego i lettori di non essere, se è possibile, leggendo queste linee, nè intransigenti, nè intolleranti, nè radicali, nè atei, nè materialisti, nè israeliti, nè protestanti, nè cattolici, nè musulmani, ma semplicemente liberi pensatori. Questo è un tentativo di indagine; niente altro. Nessuno vi cerchi altra cosa. Degli amici eccellenti mi assicurano che c’è da compromettersi entrando così francamente in questa via; che è fare atto d’imprudenza, di troppa audacia e di grande temerità. Io prego i miei migliori amici di pensar bene che io non sono niente – niente altro che un ricercatore – e che tutto ciò che si può scrivere, dire o pensare di me, mi è assolutamente indifferente. Nessun personale interesse, di nessuna specie, ha mai guidato un solo dei miei passi.
Si dice anche: già da molti secoli si cerca, non si è mai trovato nulla; dunque non si troverà mai nulla. Con ragionamenti di questa sorta non si sarebbe mai imparato nulla.
Vitam impendere vero: Consacrare la propria vita alla verità! era il motto di Gian Giacomo. Ve n’è uno più nobile per tutti i filosofi, per tutti i pensatori?
Tentativo d’istruzione, diciamo che rassomiglierà talvolta alle inchieste dei giudici istruttori nelle cause criminali, perchè si saranno implicati elementi umani di cui bisognerà tener conto, e questi fenomeni non hanno la semplicità di un’osservazione astronomica o di un’esperienza di fisica. Il primo dovere per noi è di seguire un metodo e di fare una prima classificazione dei fatti da esaminare.
Cominceremo con le manifestazioni telepatiche dei morenti. Io dico manifestazioni e non solamente apparizioni per generalizzare un insieme di fatti di cui le apparizioni visuali non formano che una parte.
Il nome di telepatia è già conosciuto dal pubblico da alcuni anni. Si è costruito etimologicamente (come si erano formati i nomi di telescopio, telegrafo telefono) dalle radici greche τῆλε, lontano e πἁθος, sensazione. Simpatia, antipatia hanno la medesima origine etimologica. Significa dunque semplicemente «essere avvertiti con una sensazione qualunque d’una cosa che avviene lontana»¹.
Nell’ordine dei fatti, di cui ci occuperemo, s’incontrano ad ogni passo racconti incerti od esagerati, relazioni dubbie, osservazioni prive di valore causa l’assenza di qualsiasi spirito critico. Noi non dobbiamo accogliere questi racconti che con la più grande prudenza – stavo per scrivere diffidenza – ed eliminare subito tutti quelli che ci paiono sospetti. Qui più che altro importa tener conto del discernimento, della coltura, del valore morale ed intellettuale delle persone che ce li riferiscono. L’amore per il meraviglioso ed il fantastico possono trasformare in avvenimenti fantastici cose affatto ordinarie e che si spiegano con tutta semplicità. Certe persone potrebbero raccontarmi storie durante tutto un anno, col più gran lusso di prove apparenti e di dimostrazioni eloquenti, senza che io ne credessi la prima parola, come farei per le proteste di certi deputati e di certi ministri... Altre al contrario col loro carattere serio ci ispirano una confidenza giustificata. Nella mia inchiesta su questi fatti, questi principî di prudenza elementare mi hanno sempre guidato istintivamente, e spero di non aver accettata nessuna relazione senza che la sua autenticità fosse garantita dal chiaro criterio scientifico degli autori che me l’hanno voluta affidare o per lo meno da un giudizio chiaro e da una perfetta buona fede.
Sottoporrò dunque ai lettori una scelta di osservazioni molto varie; delle quali, come abbiamo detto, tenteremo una classificazione metodica. Importa, per nostra istruzione, di avere sott’occhio un gran numero di fatti autentici, le spiegazioni e le teorie verranno dopo. Noi siamo gli operai del metodo sperimentale.
Apriremo questa inchiesta con alcune manifestazioni inesplicabili e strane di morenti, non di «morti»; la distinzione deve esser precisata.
Manifestazioni di morenti osservate allo stato normale, essendo gli osservatori perfettamente svegli, e non durante il sonno; non sogni dunque. Ve n’è un certo numero di apparizioni viste in sogno che non debbono esser considerate come nulle; ma esse saranno esposte in un altro capitolo.
Il mio eccellente amico, generale Parmentier, uno dei nostri dotti più distinti e più stimati, mi ha affermato i due fatti che seguono avvenuti nella sua famiglia².
I. Parecchie persone erano riunite per una colazione ad Andlau (Alsazia). Avevano aspettato il padrone di casa che era a caccia; ma essendo passata l’ora, avevano finito col mettersi a tavola senza di lui, avendo la sua signora dichiarato che non poteva tardar molto a rientrare. Si cominciò la colazione, parlando di cose allegre, e si calcolava veder arrivare da un minuto all’altro il ritardatario troppo zelante discepolo di S. Uberto.
Ma il tempo passava e tutti erano stupiti del ritardo, quando ad un tratto, con un tempo splendido e calmissimo, la finestra della sala da pranzo che era spalancata si chiuse violentemente con un gran rumore e si riaprì all’istante. I convitati furono tanto più sorpresi inquantochè questo movimento della finestra non si sarebbe potuto produrre senza far cadere una caraffa d’acqua posata su d’una tavola davanti la finestra, e nonpertanto questa caraffa aveva conservata la sua posizione. Tutti coloro che videro ed intesero il movimento non ne compresero niente.
— È accaduta una disgrazia! – gridò la padrona di casa alzandosi spaventata. La colazione restò lì. Tre quarti d’ora dopo il corpo del cacciatore era riportato su d’una barella; egli aveva ricevuto una scarica in mezzo al petto, ed era morto quasi subito, non pronunziando che queste parole: «Moglie mia, miei poveri figliuoli!»
Ecco un fatto, un fatto di coincidenza da spiegare.
A prima vista ci pare volgare ed assurdo. Che significa quel bizzarro movimento di finestra e a che cosa corrisponde? Non è perdere il proprio tempo occuparsi seriamente di un incidente così insignificante?
Anche le rane del Galvani erano molto insignificanti, come la marmitta di Papin. Nonpertanto l’elettricità ed il vapore non lo sono affatto.
L’altro giorno il fulmine ha colpito un uomo in mezzo alla campagna, ma non gli ha fatto altro male che strappargli le scarpe e lanciarle ad una ventina di passi levandone tutti i chiodi senza eccezione.
Un’altra volta ha spogliato una giovine contadina, l’ha denudata completamente e l’ha lasciata sul prato. I suoi vestiti furono trovati sospesi ad un albero.
Un’altra volta ha ucciso sul colpo un lavoratore nel momento che questo portava un pezzo di pane alla bocca. Egli resta immobile, qualcuno gli s’avvicina e lo tocca: egli cade in cenere. Ma i suoi vestiti erano intatti.
Le bizzarrie della natura non ci devono impedire di studiare i fenomeni: al contrario, sentendo raccontare l’incidente del cacciatore di Andlau, la prima idea che ci viene è senza dubbio quella di negare puramente e semplicemente. Non già che si possa supporre che la storia sia stata inventata di sana pianta e che essa sia completamente menzognera, perchè le circostanze nelle quali s’è svolta ed il carattere del narratore non lo permettono. Ma si può dire che vi sia stato un piccolo movimento della finestra prodotto da una causa volgare: un colpo di vento, un urto, un gatto, che so io? e che la sua coincidenza con un avvenimento tragico l’ha fatto amplificare dopo il fatto? Supposizione difficile ad ammettere, poichè la padrona di casa ed i suoi vicini ne sono stati così fortemente impressionati.
Ecco ciò che parrebbe si fosse prodotto:
La finestra non si è mossa; la caraffa ne è la prova, e la contraddizione fu rimarcata. Prima di entrare nell’analisi di questi fatti noi possiamo pensare fin d’ora che questa signora, ed una o parecchie altre persone hanno avuto un’illusione della vista e dell’udito, la sensazione di un fenomeno irreale, e che il loro cervello è stato impressionato vivamente da una causa esterna.
Noi possiamo anche pensare che questa causa era la forza psichica del morente, di colui che era aspettato, che a quell’ora doveva essere a quella tavola, che vi si è trasportato col pensiero, che ha proiettato in quella direzione l’ultima sua energia. Telegrafia senza fili...
Perchè si è manifestata in quel modo?
Come l’impressione cerebrale ha potuto essere collettiva?
Perchè?.... Perchè?....
I tuoi perchè, dice il Dio, non finirebbero mai.
Noi siamo in pieno mistero e non possiamo fare che delle ipotesi.
Oh! senza dubbio, se questa storia fosse unica nel suo genere potrebbe passare inavvertita, ma è l’infima nel grandissimo numero di quelle che dobbiamo riportare qui. Non insistiamo per il momento sulla maniera di spiegarla e continuiamo.
Ecco un secondo esempio di trasmissione telepatica al momento della morte non meno singolare, più rimarchevole anzi, che debbo, del pari, alla gentilezza del generale Parmentier che ne garantisce l’autenticità.
II. Siamo a Schlestadt, dipartimento del Basso Reno. Era una calda notte d’estate. La porta di comunicazione tra la camera da letto ed il salotto era aperta, e le due grandi finestre del salotto erano spalancate e tenute ferme con sedie i cui schienali vi si appoggiavano. Il padre e la madre del signor Parmentier dormivano.
Tutt’a un tratto la signora Parmentier è svegliata da un brusco movimento del letto dal basso in alto. Sorpresa ed un poco spaventata, sveglia suo marito e gli comunica l’impressione provata. Subitamente una seconda scossa si produce violentissima. Il padre del generale Parmentier crede ad un terremoto, benchè siano rari in Alsazia, si alza, accende una candela, non trova nulla d’insolito e torna a letto. Ma subito dopo una nuova scossa fortissima del letto, poi rumore e frastuono nel salotto vicino come se le finestre si fossero chiuse con violenza rompendo i vetri. Il terremoto pareva essersi accentuato in modo straordinario; i Parmentier si alzano e vanno a verificare i danni del salotto: niente; le finestre sono sempre spalancate, le sedie non hanno cambiato di posto, l’aria è calma, il cielo puro e stellato. Non vi era stato nè terremoto, nè colpo di vento; il baccano inteso era fittizio.
I Parmentier abitavano al primo piano, e a pianterreno stava una donna d’una certa età la quale possedeva un armadio che quando lo si apriva o chiudeva strideva sempre in modo penoso. Questo stridore si era fatto sentire ed i Parmentier si chiedevano che cosa poteva avere quella donna per aprire e chiudere il suo armadio ad una tal’ora.
Constatando che nel salotto non vi era nulla di spostato, nè alle finestre, nè nella disposizione del menomo oggetto, la signora Parmentier ebbe paura. Ella credette ad una disgrazia sopraggiunta ai