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Cenerentola non era una sfigata: e Wendy ha lasciato Peter Pan
Cenerentola non era una sfigata: e Wendy ha lasciato Peter Pan
Cenerentola non era una sfigata: e Wendy ha lasciato Peter Pan
E-book170 pagine3 ore

Cenerentola non era una sfigata: e Wendy ha lasciato Peter Pan

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Info su questo ebook

Come superare i tornado della vita che ci fanno perdere riferimenti e certezze?Come trovare il coraggio di ricominciare a desiderare dopo un'esperienza fallimentare?Come rendersi indipendenti da una relazione tossica? A queste e ad altre domande di crescita personale viene dato spazio in questo libro, attraverso il raccondo delle vicende di Dorothy, Raperonzolo ed altri eroi senza tempo.Le fiabe raccontano chi siamo e chi possiamo diventare in modo semplice e nello stesso tempo stupefacente, per la loro capacità di chiarire i processi evolutivi interiori. Ci incoraggiano a credere che tutti abbiamo una magia dentro e possiamo cambiare totalmente la nostra condizione attuale, se siamo disposti a rischiare le trasformazioni che sottendono ad ogni vera fiaba di magia. Diventiamo solo ciò che abbiamo avuto l'ardire d'immaginare.
LinguaItaliano
Data di uscita21 dic 2021
ISBN9791220377379
Cenerentola non era una sfigata: e Wendy ha lasciato Peter Pan

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    Anteprima del libro

    Cenerentola non era una sfigata - Manuela Toto

    IL MAGO DI OZ OVVERO LA MAGIA DI CREDERE IN SE STESSI

    L’esperienza è la sola cosa che porta la conoscenza, e piú tempo passi sulla terra, piú esperienza ti fai.

    F. Baum

    Una fiaba rivoluzionaria

    Il meraviglioso mago di Oz è un libro per l’infanzia scritto da Frank Baum e pubblicato in America nel 1900, diventato subito un best seller al pari di Harry Potter di J.K.Rowling ai giorni nostri. Infatti, come per le vicende del piccolo mago di Hogwarts, Baum scrisse molti volumi che narravano le storie di Dorothy e dei suoi compagni di avventure dopo il successo della prima edizione.

    Il film Il mago di Oz, diretto da Victor Fleming, lo stesso regista di Via col vento, è tutt’ora uno dei film più visti in assoluto e, all’epoca della sua uscita al cinema, venne particolarmente apprezzato per l’uso spettacolare degli effetti speciali.

    Per comprendere profondamente questa fiaba, è importante sapere che L. Frank Baum è stato uno dei membri fondatori della Società Teosofica in America, un’organizzazione che si occupava dello studio comparato delle religioni al fine di spodestare le diverse teorie teologiche e formare una dottrina universale accessibile a tutti, priva delle logiche di potere che, secondo Baum, caratterizzano le organizzazioni religiose.

    Lo scrittore, infatti, aveva una profonda comprensione della teosofia e una grande sete di verità: cercava una strada per liberare l’uomo dalle ideologie e dalle false credenze che gli toglievano la possibilità di credere in se stesso più che a delle prescrizioni esterne. Come accade sempre a ogni autore, Baum finisce col mettere parte di sé nella sua opera che, inevitabilmente, è intrisa del suo modo di essere, delle sue scoperte e del suo intento spirituale. Non so quanto l’abbia fatto in maniera consapevole, ma è certo che, con il Mago di Oz, ha creato un’ allegoria degli insegnamenti teosofici nei quali credeva.

    La storia, raccontata nel libro, narra il viaggio tra sogno e realtà della dodicenne Dorothy, che vive in una fattoria del grigio Kansas insieme ai suoi zii, ma sogna di vivere al di là dell’arcobaleno, in un mondo a colori. Durante un tornado, la ragazzina, per rincorrere il suo cane Totò, non riesce a ripararsi con gli zii nel seminterrato della loro casa. Colpita da un fulmine, sviene e rimane incosciente immergendosi in un mondo confuso tra sogno e realtà.

    La casa viene spazzata via dal tornado e, dopo essersi alzata in volo, atterra nel regno del Mago di Oz e più precisamente sulla malvagia Strega dell’Est, che viene così uccisa involontariamente.

    Per tornare a casa Dorothy deve cercare il Mago di Oz, che è l’unico che può aiutarla, come le svela la buona Strega del Nord.

    Durante il suo cammino, la piccola protagonista, incontra diversi personaggi: lo spaventapasseri senza cervello, l’uomo di latta senza cuore e il leone senza coraggio. Tutti insieme si dirigono verso Oz per chiedere al grande e potente mago un cervello per lo spaventapasseri, un cuore per l’uomo di latta, il coraggio per il leone e la possibilità di tornare a casa per Dorothy. Oz chiede loro in cambio di uccidere la perfida strega dell’Ovest, sperando in realtà di togliersi di torno i quattro visitatori.

    Dopo mille avventure, Dorothy e i suoi amici riescono a eliminare la strega cattiva, mentre scoprono che il mago di Oz in realtà è solo un imbroglione.

    I tre amici di Dorothy scopriranno di avere già dentro di loro le facoltà di cui si ritenevano mancanti e la ragazzina tornerà a casa solo grazie a se stessa.

    Dorothy: un’orfana in trasformazione

    Dorothy deriva dal greco doron che significa dono, regalo: se è vero che la sua storia rappresenta il processo di crescita interiore di ciascuno, allora questo dono di cui parla il nome della protagonista del romanzo di Baum riguarda certamente il dono più importante che tutti noi abbiamo ricevuto e che presuppone tutti gli altri, cioè il dono della vita.

    Dorothy fa parte del lungo elenco degli orfani già presenti in molte fiabe (Pinocchio ha solo il padre, Cappuccetto Rosso solo la madre, Cenerentola perde entrambi i genitori, il padre della Sirenetta e di Bella sono vedovi, il Brutto Anatroccolo non sa quale sia la sua vera famiglia...): insomma, le fiabe sembrano essere il luogo d’elezione di figli costretti a crescere senza l’affetto e il supporto di entrambi i genitori.

    La condizione di orfananza a livello interiore indica il momento in cui, nel nostro percorso di crescita, in qualche modo lasciamo che muoiano i nostri punti di riferimento esterni, per diventare pian piano noi stessi il centro della nostra capacità decisionale. Questo passaggio non è necessariamente collegato alla perdita reale dei propri genitori: dalla nascita in poi, infatti, ci costruiamo un genitore interiore sul modello dei nostri genitori reali e di altre figure di riferimento importanti nella nostra infanzia ed esse ci condizionano da dentro per tutta la vita. Inoltre, spesso lasciamo andare alcune figure di riferimento, per appoggiarci ad altre: prima chiedevamo l’approvazione di mamma e papà nello stesso modo in cui oggi forse chiediamo al nostro partner o agli amici l’approvazione per ogni nostra scelta, delegando di fatto il nostro libero arbitrio agli altri.

    In sostanza, diventiamo adulti solo quando restiamo soli, in un processo caratterizzato spesso dal conflitto e inevitabilmente dalla sofferenza che, se vissuta fino in fondo, è l’esperienza su cui possiamo fondare la nostra capacità di autoaffermazione: l’orfano è colui che si sente abbandonato, per apprendere nel tempo che può benissimo cavarsela da solo, non solo a livello materiale, ma anche

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