Smart working - A lavoro da casa
Di Aa.vv.
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Lavorare da remoto, infatti, è diventato non più soltanto una misura di modernità e conciliazione, ma per molti una necessità se non addirittura un obbligo.
Favorito anche dall'ultimo protocollo di sicurezza, concordato da governo, aziende e sindacati, il telelavoro o smart working consente a chi non svolge una professione di prima necessità di proseguire la propria attività da casa.
Qual è la normativa di riferimento nel nostro Paese? Come si applica e quali vantaggi può portare?
Nella guida saranno trattate le differenze normative e differenze rispetto a telelavoro o lavoro agile, le modalità operative, le regole nel pubblico impiego tutto quello che riguarda le piattaforme tecnologiche il tema connesso della privacy.
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Anteprima del libro
Smart working - A lavoro da casa - Aa.vv.
LE REGOLE
Diritti, sicurezza, privacy: il lavoro si declina al futuro
di Giuseppe Bulgarini d’Elci e Matteo Prioschi
L’ emergenza epidemiologica causata dal coronavirus ha determinato il ricorso massivo allo svolgimento dell’attività lavorativa subordinata fuori dai locali aziendali e prevalentemente dall’abitazione del dipendente.
Una sorta di applicazione sperimentale su larga scala di una modalità di lavoro che in anni recenti è comunque stata adottata spontaneamente da un numero crescente di aziende e che nel 2017 ha ricevuto un inquadramento normativa con la legge 81/2017 che, oltre a occuparsi della tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale, contiene «misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato» cioè lo smart working o, nella definizione italiana, lavoro agile.
La norma
La legge varata tre anni fa ha regolamentato un fenomeno che nei fatti già stava prendendo piede nelle imprese multinazionali e di media grande dimensione, definendo una cornice di regole per il corretto svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali dell’impresa e senza vincoli di orari, a beneficio del dipendente e del datore di lavoro: dalla cooperazione del dipendente all’attuazione delle misure su salute e sicurezza, alla tutela del patrimonio aziendale e all’utilizzo degli strumenti tecnologici (inteso come conoscenze, procedure, programmi e dispositivi utilizzati per lavorare).
p7-1L’emergenza. L’impatto del coronavirus ha cambiato le modalità di lavoro, lo smart working resterà anche dopo, una volta superata la crisi
Ma è una normativa leggera
perché lascia a impresa e lavoratore la possibilità di declinare i principi generali in base alle esigenze specifiche, tramite un accordo tra le parti.
L’utilizzo dello smart working che si sta facendo in queste settimane differisce soprattutto per intensità da quella che sarebbe la sua natura. Il lavoro agile, infatti, nasce e si incardina nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato e ne costituisce una costola, come alternanza di attività svolta in parte dentro e in parte fuori la sede dell’azienda.
L’eccezione
E così è stato fino a poco tempo fa quando il numero di dipendenti coinvolti era nettamente inferiore ma soprattutto la quantità di giorni lavorati fuori ufficio nella maggior parte dei casi era pari al 20-40% del totale.
I decreti emergenziali che si sono succeduti a distanza di poco tempo sono arrivati invece a indicare lo smart working come modalità da favorire in senso assoluto, al fine di evitare spostamenti sul territorio e contatto tra le persone. Il dipendente, quindi, non alterna più giornate dentro e fuori l’azienda, ma può trascorrere intere settimane a casa. Il fatto che lo smart worker lavori sempre da casa avvicina la sua attività a quella del telelavoro, altra soluzione esistente da tempo ma soggetta a regole differenti.
Una sorta di deroga di fatto, perché l’impianto della legge 81/2017 non è stato modificato e l’unica variazione esplicita e temporanea (al momento fino al 31 luglio) riguarda la non obbligatorietà dell’accordo iniziale e la semplificazione dell’informativa da dare al dipendente in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Resta invariato quell’insieme di regole che sono il cuore pulsante della disciplina dello smart working e che è opportuno continuare ad applicare in questa fase di emergenza.
Le regole base
Il lavoro agile si colloca nella cornice del lavoro subordinato, il cui tratto centrale continua a essere l’esercizio dei poteri di direzione e controllo. Nella prassi si è affermata la regola di chiedere ai dipendenti la compilazione di una scheda con le prestazioni da svolgere nell’arco di un periodo dato (la settimana, il mese), così come un report finale sugli obiettivi conseguiti. Altra modalità di controllo diffusa in ambito del lavoro agile consiste nella fissazione di obiettivi di risultato e nella periodica misurazione rispetto al loro conseguimento o nella richiesta ai dipendenti, settimana per settimana, di compilare un questionario con le prestazioni svolte.
Altrettanto necessarie continuano a essere le forme di coordinamento, che si possono efficacemente realizzare prevedendo un obbligo di reperibilità telematica o telefonica in determinate fasce orarie, così come di partecipazione a riunioni di team, utilizzando le tecnologie digitali (Whatsapp, Meet, Hangouts eccetera). Un esempio potente sono le lezioni online che, in questo periodo di emergenza sanitaria, gli insegnanti stanno erogando in smart working agli studenti a fronte della chiusura delle scuole.
Tema centrale, quando si opera in modalità agile, è la protezione dei dati aziendali da intrusioni esterne, che richiede alle imprese l’enunciazione di norme di comportamento rigorose sull’uso degli strumenti elettronici e sull’accesso a internet. Molti accordi e regolamenti aziendali, a questo preciso fine, pongono limiti di luogo, enunciando il divieto di prestare l’attività in locali pubblici o da postazioni con wifi ad accesso libero.
Altre regole sono relative al divieto di scaricare applicazioni che non siano strettamente funzionali alla prestazione, così come di riversare i dati aziendali sui tools personali.
Il tema della sicurezza informatica si associa a quello del decalogo sul corretto utilizzo dei dispositivi in dotazione per lo smart working, che risulta opportuno anche per soddisfare le prescrizioni dello statuto dei lavoratori (articolo 4, comma 3).
Le informazioni acquisite dall’impresa attraverso gli strumenti di lavoro possono essere, in questo senso, utilizzate a tutti i fini connessi al rapporto (per esempio sul piano disciplinare, per valutare la maturazione del bonus) solo se i dipendenti sono stati edotti su modalità e termini d’uso, nonché sulle possibili forme di controllo da parte datoriale.
Sono in voga previsioni sull’uso responsabile della mail aziendale, con regole che impongono di non mandare messaggi al di fuori dell’orario di lavoro, di utilizzare un contenuto sintetico e di evitare l’invio a destinatari in copia conoscenza. In caso di guasti o malfunzionamento degli strumenti tecnologici, è prassi chiedere al dipendente in smart working di avvisare il proprio responsabile e di fare rientro immediato in sede, laddove la prestazione da remoto sia inibita.
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In sintesi
Il quadro normativo
Il lavoro agile, o smart working, è normato dalla legge 81/2017 contenente alcuni punti fermi. Tra questi: avvio tramite accordo scritto tra datore di lavoro e dipendente; rispetto dell’orario massimo di lavoro; diritto alla disconnessione; regolamentazione del potere di controllo; tutela della salute e sicurezza. I decreti legge e i decreti del presidente del Consiglio dei ministri varati per far fronte all’emergenza coronavirus hanno introdotto delle procedure e delle deroghe temporanee senza modificare l’impianto normativo di base
Obiettivi
L’attivazione di questa modalità di lavoro subordinato comporta una maggior autonomia del dipendente e la capacità dello stesso, ma anche dei superiori, di lavorare per obiettivi più che sui canoni di ore impiegate e controllo costante dell’attività
Alternanza
Il lavoro agile dovrebbe prevedere l’alternanza dell’attività svolta in azienda con quella svolta in altri luoghi secondo le modalità concordate. In fase emergenziale l’attività può essere svolta interamente dall’abitazione del dipendente e invece dell’accordo è sufficiente un atto dispositivo/informativo del datore di lavoro
Platea
Fino a poche settimane fa lo smart working era utilizzato principalmente da grandi aziende, a vantaggio di lavoratori con mansioni compatibili, ma per un numero contenuto di giorni al mese (per lo più 1 o 2 giorni a settimana). L’esperienza di questi giorni dimostra che potrebbe essere adottato da milioni di persone
IL PROGRAMMA
Dall’emergenza nascerà l’opportunità di innovare
di Nunzia Catalfo
Gentile direttore, quello che il nostro Paese sta attraversando è, senza ombra di dubbio, uno dei periodi più difficili della sua storia. Come ben noto a lei e ai suoi lettori, da subito il Governo si è impegnato a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per fronteggiare la situazione, fino al decreto Cura Italia con il quale sono stati stanziati oltre 10 miliardi (sui 25 totali) per tutelare lavoratori e famiglie. Un pacchetto robusto fatto di ammortizzatori sociali, congedi parentali e contributo per gli autonomi, solo per citare alcuni esempi. Interventi che siamo pronti a rifinanziare se necessario.
Nel quadro descritto, c’è un altro elemento che può aiutarci - e molto nella lotta contro la diffusione del Coronavirus: il lavoro agile. Come ministro del Lavoro, da subito ho voluto puntare con convinzione su questa modalità, anche perché non comporta oneri per le aziende e in molti casi può essere decisiva per la funzionalità di attività economiche strategiche per il nostro Paese.
È ovvio che si tratta solo di uno degli strumenti a nostra disposizione, ma è comunque una freccia nel nostro arco che dobbiamo scoccare con forza e decisione. Proprio per questo, invito tutte le realtà che possono usare lo smart working a farlo. È un momento delicato per l’economia italiana e le restrizioni che ci siamo imposti per contenere il contagio del virus avranno delle conseguenze.
Se già oggi il mondo produttivo, che ha fin qui dimostrato grandi capacità di adattamento, decidesse di entrare nell’ottica di un approccio diverso rispetto a questa modalità di lavoro, sono certa che terminata l’emergenza si diffonderà una diversa consapevolezza nella concezione del lavoro stesso.
È bene ricordare che allo stato attuale possono ricorrere allo smart working tutte le imprese italiane, usando una procedura semplificata (che non deve più obbligatoriamente passare dalla sottoscrizione di accordi individuali con ogni singolo collaboratore), mentre gli obblighi di informativa sulla salute e sicurezza nei confronti dei lavoratori e degli RLS sono assolti in via telematica, anche ricorrendo alla documentazione presente sul sito dell’Inail.
Gli ultimi dati a nostra disposizione (23 marzo) ci dicono che sono oltre 1,3 milioni i lavoratori in smart working, di cui 1,1 milioni attivati dall’avvio dell’emergenza epidemiologica a seguito della pubblicazione del Dpcm del 1° marzo.
Un grande lavoro è stato fatto anche nel pubblico impiego, dove la ministra Dadone ha subito emanato una circolare per avviare lo