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Un posto tutto per noi: Harmony Bianca
Un posto tutto per noi: Harmony Bianca
Un posto tutto per noi: Harmony Bianca
E-book157 pagine2 ore

Un posto tutto per noi: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Karina: Mi sono lasciata alle spalle la mondanità di Auckland e ho scelto di aprire uno studio medico in una piccola cittadina solo per garantire a Mickey la tranquillità di cui ha bisogno. Ma ora che Logan è tornato vuole portarci via tutto quello che per noi è importante. Riuscirò a convincerlo che quello di cui ha bisogno si trova sotto questo tetto, insieme a noi?

Logan: Come tutore di Mickey ho diritto di far valere la mia volontà, soprattutto se coincide con gli interessi del bambino. Il fatto che io sia attratto da Karina non significa che non sia in grado di prendere delle decisioni lucide e assennate. Anche se in realtà, quando sono con lei, non riesco a pensare ad altro che alle sue labbra...
LinguaItaliano
Data di uscita10 gen 2021
ISBN9788830524033
Un posto tutto per noi: Harmony Bianca

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    Anteprima del libro

    Un posto tutto per noi - Sue Mackay

    978-88-3052-403-3

    1

    «Temo che questa banca non possa aiutarla, signorina Brown» disse il direttore, alzandosi per farle capire che il colloquio era finito.

    Karina strinse i denti per non rispondere male. Signorina Brown? In un paese dove tutti venivano chiamati per nome, lei era appena stata insultata. Viveva a Motueka da poco meno di un anno, ma nessuno la chiamava signorina. Era Karina Brown. Punto. Lo era stata sin dal giorno in cui aveva lasciato Auckland tra i flash delle telecamere e gli spintoni dei giornalisti che le puntavano i microfoni in faccia, chiedendo risposte a domande cui lei non aveva intenzione di rispondere. Quel giorno aveva ripreso il suo nome da ragazza e si era lasciata alle spalle la vecchia vita, reinventandosi.

    «Grazie, signor Pederson» borbottò a denti stretti.

    Si alzò, stupita di sentire le gambe tremanti. Si lisciò la gonna color pastello e infilandosi la giacca di sartoria, un capo che non indossava da Auckland, Karina uscì dall'ufficio del direttore con tutta la dignità che apparteneva alla vecchia se stessa.

    Non avrebbe implorato per avere i soldi di cui aveva disperatamente bisogno per comprare l'altra metà della casa. Non ancora.

    Quel rifiuto aumentava solo la sua determinazione a farcela.

    «Come è andata?» le chiese Rebecca, abbastanza forte da farsi sentire.

    Karina andò allo sportello clienti dall'amica, più comunemente nota come Becca, nonostante quello che diceva il suo cartellino. Scosse il capo. «Un disastro. A quanto pare, non sono una candidata ideale a cui prestare soldi.»

    Ironico, considerato il suo passato. Una volta, le venivano regalate migliaia di dollari. Ora, invece, viveva del suo stipendio di infermiera alla clinica di cui condivideva la proprietà, nella piccola cittadina rurale di Motueka, lontana dalla sua vecchia, ricca vita. Aveva qualcosa da parte per i giorni più difficili, ma non era abbastanza per comprare la metà che apparteneva a Logan Pascale.

    «Non ti azzardare a pensare certe cose!» esclamò Becca.

    «Gli ho mostrato la valutazione della proprietà e ho suggerito di dilazionare il prestito in trent'anni.» Allora avrebbe avuto sessantaquattro anni e sarebbe stata prossima alla pensione, ma ne sarebbe valsa la pensa.

    Becca si sporse verso di lei.

    «Non dovrebbe influire, però metà del problema sta nel fatto che non sei di qui. Venire dal nord è come venire da un altro pianeta, per la gente di Motueka.»

    «L'ho sentito abbastanza spesso da sapere che è vero.» Questo tuttavia non spiegava lo sguardo malizioso negli occhi di Pederson quando le aveva detto di no. Si stava divertendo a sue spese. «Scommetto che mi ha cercata su internet.»

    «Sei davvero sicura che vuoi caricarti il peso di un mutuo sulle spalle? Non potresti chiedere i soldi a qualcuno della tua famiglia, questa volta?»

    «Cosa?» Karina rabbrividì. Provare a suo padre che aveva sempre avuto ragione? Che non riusciva a farcela da sola? «No!» sbottò, un po' troppo forte.

    Becca non poteva capire quanto lei avesse bisogno di contare solo su se stessa e fare la cosa giusta per un bimbo per cui era tutto.

    «Non posso farlo» continuò, con più calma. Questa era la prova più dura che abbia dovuto superare nella sua lotta per l'indipendenza. Quindi fatti forza e porta la fortuna dalla tua parte.

    «Ero sicura che l'avresti detto, ma non lasciare che il tuo orgoglio ti impedisca di fare la cosa giusta.»

    Santo cielo, Becca, sii più diretta, no?

    «Tutto quello che faccio è quello che è meglio per Mickey.»

    Mickey. Il bimbo che amava come fosse suo. In qualità di sua tutrice, voleva fare tutto ciò che era in suo potere per assicurarsi che potesse continuare a vivere nell'unica casa che conosceva. L'aveva promesso ai genitori del piccolo.

    «Come sta quel fagottino di guai? Non lo vedo da giorni.»

    «Sta bene.»

    Cavolo, se era difficile. Aveva bisogno di mantenere tutto come al solito anche per se stessa. Si era costruita una nuova vita in cui era felice e a suo agio, e aveva il controllo di ogni cosa.

    «Be', ci sono i soliti problemi. Come il fatto che non gli metto abbastanza miele sul pane tostato o che gli preparo la magliettina sbagliata per l'asilo.»

    «Scommetto che gli dai tutto quello che vuole.»

    «Come posso fare altrimenti quando mi sorride felice? Stamattina, però, non voleva lasciarmi andare e farsi portare all'asilo. Piuttosto strano. Ha detto che aveva male al pancino.»

    «Hai insistito per farlo andare?»

    Karina scosse le spalle. «Jonty si è offerto di dargli un'occhiata mentre io ero qui.»

    Becca tornò al problema originale. «Cosa farai per il dottor Pascale?»

    «Conosci un milionario che tiene i soldi sotto il letto?» chiese. A lei sarebbero bastati qualche migliaio di dollari ma, fatto trenta si poteva fare trentuno.

    «Vuoi anche un bell'uomo, con quei milioni?»

    «Ricco e bello? Tutto insieme? Qual è il trucco?»

    Perché ne aveva provato uno, e sapeva che c'era sempre qualche lato negativo.

    «Non conosco nessuno nei dintorni che possa tener fede alla descrizione» sorrise Becca.

    «Meglio così» sospirò Karina, ricambiando il sorriso, felice che l'amica non avesse sottolineato chi tra loro conosceva più milionari.

    «Ancora non vuoi lanciarti sul mercato degli appuntamenti?»

    «È decisamente l'ultima cosa che voglio. Mi piace avere il controllo della mia vita. Perché dovrei rinunciarvi per farmi dire a quali feste partecipare e chi invitare a cena?»

    Becca scelse di non rispondere. «Sai quando arriverà il buon dottore?» chiese invece con una luce particolare negli occhi.

    «Non ne ho idea. Non so neanche se è già partito dall'Africa.» Sperava davvero fosse ancora lì, con persone che avevano bisogno di lui. «Se non ho sue notizie, ho più tempo per pensare a una soluzione per la casa.»

    In realtà il tempo passava, e in fretta.

    «Mi chiedo come sia. Anche se non ha milioni sotto al letto, potrebbe essere bello.»

    «Come se facesse differenza.»

    La situazione era già abbastanza complicata, perché condividevano sia la casa e la clinica, che la tutela di Mickey. Non si erano mai incontrati, e questo le andava benissimo. Aveva tenuto lei tutto sotto controllo da quando Maria e James erano morti.

    Il dottor Pascale non era venuto al funerale del fratello e della cognata, e non le aveva neanche mai parlato. L'unica forma di comunicazione che avevano avuto era stata attraverso gli avvocati perché, per il bene di Mickey, avrebbero dovuto collaborare.

    Quando le era arrivata la notizia che il dottor Pascale aveva intenzione di vendere la proprietà e investire il denaro per il futuro di Mickey, si era sentita come se qualcuno le avesse dato un pugno in pieno petto. Solo che questa volta si era rifiutata di farsi mettere i piedi in testa. Questa volta, avrebbe fatto fronte a tutto quello che le sarebbe arrivato addosso, e nessuno avrebbe potuto dirle cosa fare.

    Mickey non avrebbe dovuto essere allontanato da ogni ricordo che aveva dei genitori.

    Quando Maria e James le avevano chiesto di diventare tutrice di Mickey, se fosse successo loro qualcosa, lei aveva promesso che avrebbe fatto qualsiasi cosa per rendere felice il bambino. Maria, la sua migliore amica, l'aveva abbracciata e le aveva detto che era proprio per quello che glielo avevano chiesto. Be', adesso, aveva quella promessa da mantenere.

    Mettendo da parte quei pensieri, Karina annunciò: «Credo che sia meglio che vada a casa». Si voltò a guardare fuori attraverso le porte di vetro e rabbrividì. «Non stava piovendo quando sono venuta.» In effetti il cielo era grigio e minacciava tempesta. «Devo cambiare le gomme all'auto.» Nel frattempo, la vecchia berlina rimaneva immobile nel vialetto di casa.

    «Ti offrirei di prendere la mia, ma l'ho prestata a mio fratello.» Becca le porse un grande ombrello con il logo della banca stampato vistosamente in blu. «Offre la banca. Solo per i nostri migliori clienti.»

    Karina non riuscì a parlare per un improvviso groppo in gola. Grazie, pensò, osservando quella donna che, inaspettatamente, era diventata una sua buona amica. Grazie. Sperò che Becca capisse.

    Il vento le gettava la pioggia in viso, mentre percorreva High Street diretta verso casa.

    Casa, Mickey, la clinica: la sua vita. La vita che credeva di riuscire a controllare.

    «Più o meno...» mormorò, mentre il temporale peggiorava.

    Nel giro di pochi minuti la gonna era completamente fradicia e la giacca le si stava bagnando sul davanti. Non era stata pensata per essere chiusa. Era un capo di classe, ma decisamente scomodo per il suo nuovo stile di vita.

    Cercò di sbrigarsi, senza pensare a evitare le pozzanghere. Avrebbe anche iniziato a correre tuttavia, dato che indossava i tacchi a spillo, sempre per cercare di fare colpo sull'impassibile direttore di banca, sarebbe stata una pazzia, persino per lei.

    L'aria fredda non l'aiutò a far passare la rabbia per quel rifiuto. Avrebbe voluto chiederne la ragione, però si rifiutava di offrire al signor Pederson un motivo di soddisfazione rivelandogli che ci era rimasta male.

    Ora avrebbe dovuto pensare a un altro modo per trovare il denaro necessario. Oh, certo, per esempio? A meno di vendere tutto quello che possedeva, non aveva idee.

    Ingoiò la delusione e l'ingiustizia subita, celandoli in quella parte del cuore dove nascondeva tutti i problemi troppo grandi per lei, e si concentrò per tornare a casa il prima possibile. Prima di pranzo doveva cambiare la medicazione alla ferita che Jonty si era procurato cadendo nel pollaio.

    Il vecchio, caro Jones, così brontolone. Segretamente, adorava Jonty. Sotto tutto quel brontolare, era un uomo dolcissimo, e l'aiutava molto. Senza di lui, non sarebbe riuscita a preparare l'orto in tempo per piantare le patate e le cipolle. Si era lamentato a ogni colpo di zappa, ma quando lei aveva cercato di togliergli l'attrezzo dalle mani, l'aveva zittita.

    Un colpo di vento si abbatté su di lei, rivoltandole l'ombrello. Secchiate di acqua le si riversarono sui capelli accuratamente acconciati, e resero trasparente la camicetta. E il suo tentativo di sembrare decente per una volta, andò a farsi benedire. Ovviamente l'ombrello della banca era pessimo. Si adattava perfettamente al direttore.

    Chiuse il cancello di casa e si voltò verso l'edificio, gemendo. Il buco nell'asfalto si era riempito di pioggia, allagando il vialetto.

    Acqua, acqua ovunque...

    Nonostante l'angoscia che provava, un lieve sorriso le salì alle labbra. Tanto valeva divertirsi un po', e comportarsi come la delinquente che il signor Pederson credeva che fosse. Avrebbe vinto il senso d'impotenza che provava, anche se questo avrebbe comportato rovinare le scarpe. Tanto, non credeva che le avrebbe indossate ancora.

    Karina fece un profondo respiro e saltò nella buca. Schizzò acqua fangosa ovunque, si bagnò piedi e gambe. Su

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