Un debito allettante: Harmony Collezione
Di Annie West
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Info su questo ebook
Il perdono è un concetto a lui estraneo.
Nessuno può rubare qualcosa al potente e ricco Jonas Deveson, ma lui sa bene chi è il colpevole e ha tutte le intenzioni di fargliela pagare.
Vedendo la dura espressione che l'amarezza ha scolpito sui suoi bei lineamenti, Asia Ruggiero capisce che Jonas non le concederà alcuna attenuante. Per farle ripagare il suo debito, Jonas la obbliga infatti a lavorare per lui, ma vivere sotto lo stesso tetto li conduce a tentazioni inaspettate quanto proibite, e a quel punto capire chi sia dei due a subire la punizione non è più così facile.
Annie West
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Un debito allettante - Annie West
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
An Enticing Debt to Pay
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2013 Annie West
Traduzione di Anna Vassalli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-078-3
1
«Temo che l’ultima verifica abbia messo in evidenza una... irregolarità.»
Jonas aggrottò la fronte mentre il capocontabile si agitava a disagio sulla sedia di fronte alla sua scrivania.
Che tipo di irregolarità poteva rendere così nervoso Charles Barker? Era il migliore. Jonas assumeva solo i migliori. Non aveva pazienza per chi mancava di esperienza. Barker dirigeva il proprio settore come un congegno ben oleato.
«Un’irregolarità significativa?»
Barker scosse il capo. «Non determinante, in termini finanziari.»
Poiché l’attivo della compagnia era valutato in diversi milioni, Jonas sarebbe dovuto sentirsi sollevato, ma osservando Barker che si allentava la cravatta, ebbe una brutta premonizione.
«Sputa il rospo, Charles.»
L’altro sorrise, un sorriso che si esaurì in una smorfia mentre posava il portatile sulla scrivania.
«Ecco. Le prime due righe.»
Jonas notò la prima operazione, un trasferimento di diverse migliaia di sterline. Subito sotto un’altra, molto più consistente. Nessun dettaglio in merito.
«Cosa mi stai facendo vedere?»
«Prelievi dal tuo vecchio conto.»
Jonas corrugò ancora di più la fronte. Attualmente si serviva di quel conto esclusivamente per trasferimenti tra i vari investimenti.
«Qualcuno ha accesso al mio conto?» Ma la risposta era ovvia. Jonas non aveva fatto quei prelievi. Per le spese personali aveva un altro conto e, benché più consistenti degli standard normali, i prelievi non erano mai così importanti da dover attingere al conto dei trasferimenti tra i vari investimenti.
«Siamo risaliti alla fonte.» Ovvio che Barker avesse trovato una spiegazione prima di sottoporre a Jonas il problema.
«E?» La curiosità aumentò.
«Ricordi che, in origine, il conto era stato aperto per quella che era un’impresa di famiglia?»
E come avrebbe potuto dimenticarlo? Suo padre gli aveva dato carta bianca per dirigere la compagnia, riservandosi il diritto, come capo della famiglia, di restare socio anziano. Ma entrambi sapevano che era stato il talento di Jonas e la sua accanita ricerca del successo ad aver fatto rifiorire la compagnia. Piers si era semplicemente accodato, godendo del successo. Finché padre e figlio avevano imboccato due strade diverse.
«Certo che lo ricordo.» Il ricordo aveva un sapore amaro.
Barker si agitò di nuovo. «I prelievi sono stati effettuati con un vecchio libretto di assegni che si riteneva fosse stato distrutto.» Jonas alzò gli occhi cogliendo un lieve rossore sul viso dell’altro. «I documenti lo confermano, ma questo blocchetto di assegni di tuo padre...»
«Ho capito.» Jonas lasciò scorrere lo sguardo sulla City.
Suo padre. Non l’aveva più chiamato così dall’infanzia, da quando aveva scoperto che uomo in realtà era Piers Deveson. Nonostante le esternazioni sull’onore e sul buon nome della famiglia, Piers non era stato un modello di virtù. Non c’era da stupirsi che il vecchio avesse trovato un modo per attingere illegalmente al conto del figlio. C’era da stupirsi, invece, che non l’avesse fatto in precedenza.
«Così Piers...»
«No!» Barker si raddrizzò. «Mi dispiace, ma abbiamo motivo di credere che non sia stato tuo padre. Ecco.» Gli porse alcune fotocopie.
Jonas le esaminò. Due assegni con la firma a svolazzi di suo padre.
Salvo che non era la firma di Piers Deveson. Era simile a sufficienza per ingannare un estraneo, ma Jonas conosceva molto bene la firma di suo padre per notarne la differenza.
«Osserva le date.»
Jonas lo fece e la sorpresa fu come un pugno allo stomaco. Era già penoso ritenere che suo padre gli avesse sottratto del denaro, ma questo era...
Scosse il capo, i polmoni che si contorcevano all’emozione inaspettata.
«Il secondo ha la data del giorno successivo a quello della morte di tuo padre.»
Jonas annuì in silenzio, il cuore che rallentava il battito. Conosceva bene la data, e non soltanto perché era recente.
Per anni suo padre era stato una spina nel fianco, una macchia sulla famiglia... vivendo nel lusso sfrenato con la scaltra mantenuta, incurante del dolore che aveva causato. Quando Piers era morto, Jonas non aveva provato niente... Né dolore, né allentamento di quella tensione che l’aveva consumato. Si era aspettato di provare qualcosa. Tuttavia per settimane non c’era stato niente, se non vuoto, dove sarebbero dovute esserci delle emozioni. Eppure adesso...
«Allora non si tratta di mio padre.» Il tono era calmo e mascherava la collera. Sotto la scrivania serrava le mani a pugno.
«No. Abbiamo identificato il falsario. E, per la verità, non è stata troppo in gamba, commettendo quell’errore sulla data.» Barker parlava in fretta, ovviamente desideroso di concludere. «Si tratta di una certa signora Ruggiero che abita a Parigi a questo indirizzo.»
Barker porse un altro foglio con l’indirizzo dell’esclusivo appartamento che Piers Deveson aveva condiviso negli ultimi sei anni con l’amante, Silvia Ruggiero.
Jonas esitò prima di prendere il foglio. Le dita gli formicolavano come se la carta scottasse.
«Bene.» Si appoggiò allo schienale. «La puttana di mio padre crede di poter continuare a mungere la sua famiglia anche dopo la sua morte.» La voce era priva di emozioni, ma dentro di sé si sentiva ardere.
Come poteva pensare, quella donna, di passarla liscia dopo tutto ciò che aveva fatto ai Deveson? Non poteva essere tanto stupida da aspettarsi il perdono.
Le pulsazioni aumentarono a dismisura pensando alla donna che aveva causato loro tanta sofferenza.
Ricordava Silvia Ruggiero come se l’avesse vista il giorno precedente, la sua figura voluttuosa, gli occhi lampeggianti e la massa di capelli neri. Sesso semplice e puro, l’aveva definita un suo amico la prima volta che l’aveva vista, quando era ancora la governante di casa Deveson. E aveva avuto ragione. Neppure il grembiule informe riusciva a mascherarne la prorompente sensualità.
Questo era successo diverse settimane prima che il padre di Jonas voltasse le spalle alla famiglia e alle proprie responsabilità, per non parlare della rispettabilità, andandosene con la governante per sistemarsi in un lussuoso appartamento a Parigi.
Quattro mesi dopo, la madre di Jonas era stata trovata morta. Un’accidentale assunzione di farmaci, aveva stabilito il coroner. Ma Jonas sapeva la verità. Dopo anni di tradimenti da parte dell’uomo che amava, il pubblico abbandono era stato la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, e sua madre si era tolta la vita.
Jonas trasse un profondo respiro, immettendo ossigeno nei polmoni contratti. Adesso la responsabile della morte di sua madre aveva colpito di nuovo. Aveva avuto il coraggio di continuare a derubarli.
Accartocciò il foglio che aveva in mano, mentre la rabbia raggiungeva il livello di guardia. La mascella irrigidita gli doleva mentre serrava i denti per trattenere un’invettiva.
Jonas non sprecava mai energia nelle parole, quando le azioni erano molto più efficaci.
Per sei anni aveva respinto sdegnosamente l’idea di una vendetta. Aveva allontanato la tentazione buttandosi nel lavoro e rifiutando ogni contatto con Piers e con la sua cacciatrice di dote.
Ma adesso questo... l’ultimo affronto.
Il sangue scorreva impazzito nelle vene mentre, per la prima volta, contemplava la soddisfazione della vendetta.
«Me ne occupo io, Charles.» Jonas uscì in un sorriso lento, i muscoli facciali sempre rigidi. «Non c’è bisogno di denunciare il furto. Risolvo personalmente la questione.»
Asia, disperata, si guardava intorno nell’appartamento. Adesso sapeva che buona parte della mobilia era falsa, a partire dalle sedie Luigi XV alle porcellane cosiddette di Sèvres e Limoges.
La mamma era stata sempre attenta all’apparenza, anche nei tempi difficili.
Un sorriso riluttante le increspò le labbra. La vita in un appartamento appariscente in Place des Vosges, a Parigi, difficilmente era paragonabile ai giorni della sua infanzia, quando il cibo era scarso e il freddo dell’inverno non poteva essere combattuto con coperte sufficienti. Ma quell’esperienza aveva impartito una lezione. Così, quando il denaro era cominciato a essere scarso, sua madre aveva metodicamente sostituito i pezzi di valore con copie.
Silvia Ruggiero si era sempre arrangiata, anche se la sua versione di arrangiarsi, recentemente, era irragionevolmente su scala lussuosa. Ma era ciò che Piers aveva voluto, e questo per Silvia era ciò che contava.
Asia trasse un profondo respiro. Era molto meglio che sua madre fosse in Italia con un’amica, invece che lì, a venire a patti con le conseguenze della morte di Piers. Se soltanto l’avesse avvertita subito dell’attacco di cuore di Piers, lei si sarebbe precipitata a Parigi il giorno stesso. Anche adesso non poteva credere che sua madre le avesse taciuto la tragedia, preoccupata di disturbare la figlia con i propri problemi!
Le madri! Capiranno mai che i figli sono cresciuti?
Quando era arrivata a Parigi dalla Svizzera, Asia aveva riconosciuto a stento la madre. Per la prima volta era parsa più vecchia della sua età, distrutta dal dolore. Asia era preoccupata per lei. Piers poteva anche non essere stato l’ideale per lei, ma sua madre l’aveva amato.
No, era meglio che la mamma stesse al di fuori di tutto questo. Svuotare l’appartamento era il minimo che lei potesse fare, soprattutto dopo la generosità di cui Piers aveva dato prova quando ne avevano avuto bisogno. Così, che importanza aveva affrontare i creditori e vendere quel poco di valore che era rimasto?
Tornò all’inventario, soddisfatta di aver fissato un incontro con un esperto che avrebbe diviso i pezzi di valore dai falsi. Per Asia tutto quanto aveva l’apparenza oscenamente vistosa e costosa, ma lei, che abitava in uno squallido monolocale nei sobborghi di Londra, non poteva certo giudicare.
Jonas premette una seconda volta il pulsante del citofono, chiedendosi se lei fosse fuori e, il viaggio a Parigi, dettato da un impulso improvviso, non fosse uno spreco di tempo.
Normalmente non agiva d’impulso. Era metodico, misurato e razionale. Ma aveva anche un istinto fantastico per individuare i punti deboli, per cogliere il momento giusto per colpire. E adesso, dopo alcune settimane dalla morte di Piers, l’amante di suo padre sarebbe stata stretta nella morsa dei creditori.
Finalmente una voce femminile, roca, gli risuonò nell’orecchio. «Sì?»
L’istinto aveva visto giusto.
«Voglio vedere la signora Ruggiero.»
«È il signor Giscard? La stavo aspettando. Salga, la prego.»
Jonas entrò nell’atrio di marmo e salì le due rampe di scale per raggiungere quello che era stato il nido d’amore di suo padre. Soffocando un brivido di repulsione, batté alla porta che si aprì immediatamente. Superò una giovane donna e si ritrovò in un’anticamera riccamente arredata.
«Ma lei non è il signor Giscard.»
Jonas si voltò e scorse degli occhi splendidi fissi su di sé.
«No.»
Si fermò a studiare la giovane e fu colto da qualcosa di strano, forse sorpresa.
Sottile al punto da parere fragile, lei aveva tuttavia le curve giuste al posto giusto. Una bocca incantevole, un naso importante, zigomi alti e splendide ciglia lunghe. I tratti del volto erano