Il caso Gracie Allen
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Info su questo ebook
S.S. Van Dine
pseudonimo di Willard Huntington Wright, nacque a Charlottesville (Virginia), nel 1888. Studiò in California e si specializzò all’Università di Harvard. Fu poi a Monaco e a Parigi per studiare arte. Nel 1907 iniziò l’attività di critico letterario e d’arte. Nel 1925 cominciò a scrivere romanzi polizieschi ed ebbe subito un successo straordinario. Il creatore del detective Philo Vance morì a New York nel 1939.
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Anteprima del libro
Il caso Gracie Allen - S.S. Van Dine
92
Titolo originale: The Gracie Allen Murder Case
Traduzione di Elvira Cuomo
Prima edizione ebook: settembre 2012
© 2012 Newton Compton editori s.r.l.
Roma, Casella postale 6214
ISBN 978-88-541-4716-4
www.newtoncompton.com
Edizione digitale a cura di Librofficina
Progetto grafico: Sebastiano Barcaroli
Immagine di copertina: © Steve Debenport/iStockphoto
S.S. Van Dine
Il caso Gracie Allen
Edizione integrale
Personaggi principali
Philo Vance
investigatore privato
John F.X. Markham
procuratore distrettuale della contea di New York
Ernest Heath
sergente della Sezione Omicidi
Gracie Allen
operaia in una fabbrica di profumi
George Burns
miscelatore di profumi e saggiatore di aromi
Daniel Mirche
maître d’hotel del caffè Domdaniel
Dixie Del Marr
cantante del caffè Domdaniel
Philip Allen
fratello di Gracie Allen
Gufo
Owen
capo di una banda di criminali
Benny Poiana (Beniamino Pellinzi)
gangster
Non si arriva mai così in alto come quando non si sa dove si va.
(Cromwell)
1. Fuga di una poiana
(Venerdì 17 maggio, ore 20.00)
Il caso Gracie Allen, cosa piuttosto strana, piaceva a Philo Vance più di ogni altro di cui si fosse occupato.
Il caso, forse, non era altrettanto serio quanto certi altri… be’, ripensandoci, non sono poi tanto sicuro che ciò sia proprio vero. In effetti, era pieno di potenzialità infauste; e i suoi elementi di base, ora che ci penso, erano in realtà fortemente drammatici e sinistri, nonostante fosse quasi costantemente permeato di comicità.
Ho spesso chiesto a Vance perché fosse tanto affezionato a questo caso, ed egli ha sempre dato in risposta, con disinvoltura, una breve spiegazione: esso costituiva il suo unico palese fallimento tra i tanti delitti affidatigli dal procuratore distrettuale John F.X. Markham.
− No… oh, no, Van; il caso non è stato per niente mio, sai − disse Vance strascicando le parole una sera d’inverno, molto tempo dopo i fatti, mentre eravamo seduti davanti al caminetto di casa sua. − Veramente, sai, non mi tocca nessuna parte del merito. Sarei stato completamente in alto mare, non fosse stato per l’affascinante Gracie Allen che spuntava fuori sempre al momento cruciale per salvarmi dalla rovina.
− Se mai immortalassi questo caso sulla carta stampata, ti prego di dare il merito a chi ne ha diritto.
− Perbacco, che ragazza straordinaria! Le dee della dimora olimpica di Zeus non hanno mai tormentato il vecchio Priamo e Agamennone con la forza mostrata da Gracie Allen nel perseguitare i recidivi di quella storia profumatissima. Sorprendente!…
È stato un caso quasi incredibile sotto molti punti di vista, per niente ortodosso e prevedibile. Il mistero e l’incanto del profumo hanno permeato tutto il quadro. La magia della chiromanzia e l’aruspicina commerciale in genere sono state strettamente connesse alla sua decifrazione. E c’era un elemento umano e romantico a conferirgli un insolito colore rosa.
Per cominciare, era primavera, il 17 maggio, e il clima era insolitamente mite. Vance, Markham e io eravamo a cena sulla spaziosa veranda del Bellwood Country Club che si affaccia sull’Hudson. Tutti e tre chiacchieravamo in modo sconnesso, perché doveva essere un momento di assoluto relax e piacere, senza alcuna intrusione degli stridenti interludi criminali che, negli ultimi anni, caratterizzavano tanti nostri discorsi.
Comunque, anche in quel momento di serenità, cominciavano a sporgere brutti angoli criminali, sebbene al di sopra di ogni nostro sospetto; e la loro ombra strisciava silenziosa verso di noi.
Terminato il caffè, sorseggiavamo una chartreuse, quando il sergente Heath1, sconcertato e scuro in volto, apparve alla porta che collegava la sala da pranzo con la veranda, e venne a grandi passi verso il tavolo.
− Salve, signor Vance − disse in tono frettoloso. − Come va, Capo? Spiacente di disturbarla, ma in ufficio è arrivato questo mezz’ora dopo che lei è andato via e, sapendo dove si trovava, ho pensato di portarglielo in quattro e quattr’otto. − Tirò fuori dalla tasca un foglio giallo ripiegato, lo aprì e lo mise con enfasi davanti al procuratore distrettuale.
Markham lo lesse attentamente, alzò le spalle, e lo ripassò a Heath.
− Non vedo perché − disse con freddezza − questa banale informazione abbia reso necessario un viaggio fin qui.
Heath gonfiò le guance esasperato.
− Ma come, Capo, è il tipo che ha minacciato di farla fuori.
− Lo so, lo so − disse freddamente Markham; poi aggiunse addolcendo un po’ il tono: − Si sieda, sergente. Si consideri fuori servizio per il momento e si faccia una bevuta del suo whisky preferito.
Heath si accomodò su una sedia, e Markham proseguì.
− Sicuramente non si aspetterà che, all’ultim’ora, io cominci a prendere sul serio le sparate isteriche dei criminali che ho fatto condannare in tutti i miei anni di servizio.
− Ma, Capo, questo tipo è un hombre duro, e non è di quelli che dimenticano o perdonano.
− Comunque − rise Markham senza alcun interesse − al massimo, potrebbe essere a New York domani.
Mentre Heath e Markham parlavano, Vance alzò le sopracciglia con una certa curiosità.
− Perbacco, Markham, tutto ciò che sono riuscito a racimolare è che il tuo sergente tutelare teme che ti accorcino l’esistenza, e tu invece sei alquanto infastidito dalle sue zelanti preoccupazioni.
− Accidenti, signor Vance, non mi preoccupo − sbottò Heath. − Considero solo le possibilità, come direbbe lei.
− Sì, sì, lo so − sorrise Vance. − Sempre attento. A ricucire punti che non si sono neanche strappati. Prode e ammirevole come sempre, sergente. Ma donde scaturisce la sua apprensione?
− Spiacente, Vance − Markham si scusò per non aver dato spiegazioni. − È davvero un fatto di nessuna importanza, solo un comune annuncio telegrafico di un’evasione alquanto banale da Nomenica2. Tre uomini con molti anni da scontare hanno organizzalo l’esodo, e le guardie hanno sparato a due di loro.
− Non m’importa dei tipi a cui hanno sparato − interruppe Heath. − È l’altro, il tipo che se l’è filata sano e salvo, che mi dà da pensare.
− E chi sarebbe questo stimolatore di pensiero, sergente? – chiese Vance.
− Benny Poiana! − sussurrò Heath con enfasi melodrammatica.
− Ah! − sorrise Vance. − Un esemplare ornitologico, Buteo borealis. Forse si è reso uccel di bosco…
− Non c’è niente da ridere, signor Vance. − Heath divenne ancora più serio. − Benny Poiana, o Benny Pellinzi, per chiamarlo col vero soprannome, è proprio un duro, anche se ha l’aspetto di un ragazzo palliduccio. Solo pochi anni fa andava in giro impettito dicendo a chiunque di essere il pericolo pubblico numero uno. Un tipo così. Ma era solo un pesce piccolo, soltanto duro e malvagio, in realtà nient’altro che un muto e stupido ratto.
− Ratto? Poiana?… Perbacco, sergente, non sta facendo confusione nella storia naturale?
− E solo tre anni fa − proseguì imperterrito Heath − il signor Markham lo fece mettere dentro per vent’anni. E oggi pomeriggio evade e la fa franca. Bello, no?
− Ma − suggerì Vance − simili disertori sono stati presi prima di questo.
− Sicuro. − Heath prolungò la sua pausa dal servizio e prese un altro whisky. − Ma avrà letto cosa ha combinato in tribunale questo tipo quando è stato condannato. Il giudice non aveva ancora finito di rifilargli i vent’anni quando lui tirò fuori la sputafuoco. La puntò contro il signor Markham e, a squarciagola, giurò come un pazzo di ritornare per farlo fuori, fosse stata l’ultima azione della sua vita. E sembrava parlare sul serio. Era tanto imbestialito che ci vollero due feroci ufficiali giudiziari per trascinarlo fuori dall’aula. Generalmente è il giudice a beccare le minacce; ma questo tipo ha preferito prendersela col procuratore distrettuale. E forse ha più senso.
Vance annuì lentamente.
− Sì, proprio così. Afferro l’idea, sergente. Diverso e perciò pericoloso.
− E la vera ragione per cui sono venuto qui stasera − proseguì Heath − è dire al signor Markham cosa ho intenzione di fare. Naturalmente, faremo la posta a Poiana. Potrebbe venire direttamente qui; o potrebbe puntare a ovest e tentare di raggiungere il Dakota, se ha cervello.
− Esatto − intervenne Markham. − Probabilmente ha ragione a sospettare che punterà a ovest. E io certamente non ho in programma gite alle Black Hills.
− Comunque, Capo − proseguì imperterrito il sergente − non scommetto niente su di lui, soprattutto perché siamo ben informati sui suoi vecchi soci da queste parti.
− A chi si riferisce, sergente?
− A Mirche, del caffè Domdaniel, e all’ex amichetta di Benny che canta lì, la Del Marr.
− Se Mirche e Pellinzi siano soci − disse Markham − è un punto controverso nella mia mente.
− Non nella mia, Capo. E se Poiana dovesse intrufolarsi a New York, mi sa che andrebbe subito a chiedere aiuto a Mirche.
Markham non dibatté oltre sulle ipotesi. Si limitò invece a chiedere:
− Che piano intende seguire, sergente?
Heath si protese al centro del tavolo.
− Ho pensato così, Capo. Se Poiana deciderà davvero di tornare al vecchio terreno di caccia, starà ben attento. Lo farà in fretta e all’improvviso, immaginando che noi non ci saremo preparati. Se non si farà vedere nei prossimi giorni, abbandonerò semplicemente l’idea, e i ragazzi terranno gli occhi aperti come al solito. Ma, a cominciare da domani mattina, ho intenzione di tenere Hennessey in quella vecchia pensione di fronte al Domdaniel, a marcare la porticina che dà sull’ufficio privato di Mirche. E Burke e Smitkin staranno con Hennessey nel caso il pennuto si facesse vedere.
− Non è un po’ ottimista, sergente? − chiese Vance. − Tre anni di prigione possono operare molti cambiamenti sulla fisionomia di una persona, soprattutto se la vittima è ancora giovane e non troppo robusta.
Heath liquidò lo scetticismo di Vance con un gesto di impazienza.
− Mi fido di Hennessey, ha buon occhio.
− Oh, non dubito della vista di Hennessey − lo rassicurò Vance − ammesso che il suo Poiana in libertà sia così stupido da scegliere la porta principale per entrare nell’ufficio di Mirche. Ma in realtà, mio caro sergente, Mastro Pellinzi potrebbe giudicare più saggio intrufolarsi per la porta di servizio, sa.
− Non ci sono porte di servizio − spiegò Heath − e non ci sono neanche porte laterali. Una stanza strettamente privata con un solo ingresso sulla strada. Ecco la sistemazione alla luce del sole di questo Mirche: tutto pulito. Limpido come l’acqua.
− È una struttura separata questo studio? − chiese Vance. − O è annesso al caffè? Non me lo ricordo.
− No. E non lo noterebbe, se non lo stesse cercando. È come una stanza terminale ricavata all’angolo dell’edificio, come si ricava uno studio medico o una bottega in un grande appartamento. Ma se vuol vedere Mirche è lì che lo può trovare facilmente. Quel luogo ha l’aspetto innocente della casa di una vecchietta.
Heath ci lanciò sguardi significativi e proseguì.
− Però succedono tante cose in quella stanzetta. Se potessi farci piazzare un dittafono, l’ufficio del procuratore distrettuale avrebbe in mano abbastanza processi di mala per tenersi occupato fin da adesso.
Fece una pausa e rivolse un’occhiata di intesa a Markham.
− Che ne pensa della mia idea per domani?
− Non può far danni, sergente − rispose Markham senza entusiasmo − ma penso che sarebbe uno spreco di tempo e di energie.
− Forse. − Heath finì il whisky. − Ma sento che devo seguire lo stesso il mio presentimento.
Vance mise giù il bicchierino con una bizzarra espressione negli occhi.
− Ma sì − disse strascicando le parole − sarebbe uno spreco di tempo e di energie, a prescindere dal risultato. Ah, la vostra preziosissima legge, e le sue affettate procedure! Come complicate le cose semplici della vita voi Soloni! Anche se questo falco dalla coda rossa e il nome melodrammatico apparisse nella vecchia tana e restasse intrappolato nella rete del sergente, ancora lo trattereste con i guanti di velluto dietro la frase eufemistica debita procedura legale
. Non finireste di coccolarlo. Prendereste tutte le possibili precauzioni per portarlo dentro vivo, anche se lui facesse saltare il cervello a un paio di colleghi del sergente. Poi gli dareste ottimo vitto e alloggio; lo portereste a spasso per la città in una potente limousine; lo riportereste a Nomenica con una piacevole gita panoramica. E a che scopo, vecchi cari? Per il privilegio molto discutibile di mantenerlo in modo eccellente.
Markham fu ovviamente punto nel vivo.
− Suppongo che tu riusciresti a sistemare tutta la faccenda con uno schiocco delle dita.
− Potrebbe darsi, non si sa mai. − Vance era in vena di stuzzicare. − Ecco un individuo spregevole che è da tempo una spina nel fianco della legge; che, come ben sai, ha ucciso un uomo e si è beccato la meritata condanna; che ha architettato un’evasione fuorilegge costata altre due vite; che ha promesso di ucciderti a