Liberi di non comprare: Un Invito alla Rivoluzione
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Anteprima del libro
Liberi di non comprare - Raffaella Milandri
Introduzione
Caro Amico, Cara Amica,
Mai come in questo libro ho ritenuto di dovermi spogliare di orpelli letterari e di esotismi narrativi, per poterti consegnare un testo chiaro e diretto al punto. Non ho voluto distrarti con sfondi che mi sono usuali: paesaggi meravigliosi, cerimonie suggestive, costumi e usanze indigeni, indagini sui diritti umani. Non ho voluto farti commuovere né divertire: ho cercato di indurti a riflettere, nella tradizione del teasing dei Nativi Americani, che è la tradizione di punzecchiare e provocare un amico o un membro della famiglia, in modo burbero o scherzoso, a fin di bene. Il teasing ha una funzione morale e civile a vantaggio di chi ne è oggetto, è una sorta di parabola dinamica, contenente un insegnamento o un ammonimento; il termine parabola
, che viene dal verbo greco parabállein , significa mettere di fianco, confrontare.
T’invito quindi ad accettare il mio teasing, la mia parabola, e ti accorgerai che su alcuni temi saremo completamente d’accordo; però su altri, probabilmente, opporrai resistenza, perché toccano la tua vita quotidiana e le tue abitudini. Ed è proprio dal confronto su questi temi che vuole nascere una positiva provocazione. Per te, per noi tutti.
Prologo
Ho iniziato ad accumulare bollette non pagate, lettere mai aperte, piatti non lavati. Poi, ho smesso di cambiarmi d’abito e di portare via l’immondizia. Non ho risposto più al telefono. Quando mi hanno staccato la luce e non ho potuto più guardare la tv, allora ho deciso di mollare tutto. Ora la mia tv è la strada
. Jesus mi guarda per un secondo negli occhi – non con vergogna, ma per indagare l’effetto delle sue parole – poi torna a fissare le sue mani arrossate dal freddo e annerite dallo sporco, che stringono una tazza di caffè fumante. Ogni mattino, per tre giorni, mi sono fermata sul marciapiede della 31esima strada, di fronte al suo succinto cartello one coffee please
, un caffè per favore
, lasciandogli caffè, zucchero e paletta. E solo al terzo giorno, riconoscendomi, ha risposto al mio saluto, come una dignitosa concessione. Eccoci qui al quarto giorno, seduti su una panchina fuori da un McDonald’s. Jesus è uno dei senzatetto che affollano New York. E Jesus, che mi sta raccontando la sua storia, è l’agnello sacrificale del gregge, la vittima perfetta per la parabola che insegni e ammonisca.
Vittima di se stesso, diranno alcuni. Vittima del sistema, dico io. Perché quello che è successo a Jesus, potrebbe accadere a ognuno di noi. Da quando non ho più nulla, sono sereno
, mi dice.
Capitolo 1
1
Oggi più che mai gli uomini dovrebbero imparare a vivere senza gli oggetti. Gli oggetti riempiono l’uomo di timore: più oggetti si hanno più si ha da temere.
BRUCE CHATWIN
Tutto è cominciato dalle mie due vite. E dalla mia valigia. Una, la vita delle strade polverose e assetate, percorse da piedi nudi, e che ai margini assiepano cespugli di scarne mani affamate. Strade nei Paesi in via di sviluppo, visitati durante i miei viaggi. L’altra, la vita dei marciapiedi lastricati che rifiutano germogli o terriccio, percorse da tacchi a spillo e suole high tech, illuminate da vetrine con giungle di prezzi e di suadenti promesse. In Italia, e ovunque regni l’Occidente, dove vivo. La mia doppia vita si è travasata e incarnata nella spartana valigia dei miei viaggi. Contrapposta al mio enorme, inamovibile armadio ricolmo, una pesante àncora al mio mondo occidentale che reclama orpelli, ammennicoli, fronzoli, divise e livree. Continui camuffamenti. Col tempo ho associato l’idea di Libertà e Verità al concetto della mia valigia leggera. Libertà è privazione e non possesso. Il possesso è schiavitù. Ma la valigia non basta, e non vale fuggire da qui, dal mio mondo occidentale i cui confini dilagano e si dilatano. Ho cominciato a provare profondo disagio, fino al malessere fisico, nei centri commerciali e nel fare shopping. Mi sono sentita una schiava dalle catene invisibili. Le catene fatte di soldi e di comunicazioni virtuali. E così sono arrivata alla necessità di scrivere questo libro. Di scriverti questo libro. È stato vicino al concepimento per almeno tre anni, in cui ho girato con taccuino e penna nella borsa, prendendo appunti, scrivendo frasi prima che evaporassero dalla mia memoria.
Osservavo con la mente sgombra da preconcetti. Ed ero sempre più arrabbiata di fronte a quello che vedevo. Ma aspettavo chi mi traghettasse dall’altra parte: quel lato del fiume destinato a chi esce dal sistema
in cui viviamo, dal percorso quotidiano disseminato di regole nel quale, giorno dopo giorno, veniamo incolonnati come un gregge sotto la custodia di una ristretta oligarchia di pastori apparentemente benevoli che nasconde appetiti insani e brutali. Quel gregge siamo noi: i consumatori. E il mio traghettatore è Jesus.
Capitolo 2
2
Se cerco d’immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla di innumerevoli uomini uguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri.
ALEXIS DE TOCQUEVILLE
Di cosa parla questo libro? È in fin dei conti uno dei miei viaggi, questa volta a New York, una giungla di cemento. Non parlerò di New York, bensì di consumismo e globalizzazione, e di piccoli stratagemmi da applicare perché ognuno di noi possa uscire da un vortice maligno prima che questo ci inghiotta, privandoci del senso stesso della vita. Dobbiamo riconquistarci un briciolo di Libertà. La libertà di non comprare e di non essere considerati solo in funzione dei nostri acquisti, già indotti e pianificati dal mercato prima ancora che ne siamo coscienti. Siamo un gregge inconsapevole, e solo il pastore sa dove andremo e dove andrà il frutto del nostro lavoro e della nostra vita: in mille rivoli di denaro, che defluiscono in un oceano di conti bancari e statistiche senza anima.
Noi siamo consumatori e non più persone, noi siamo denaro e non più persone. Noi siamo un flusso costituito da numeri. Di chi è la colpa? Della finanza globale, della politica mondiale, del capitalismo nelle sue varie forme e di un sistema nel quale il cittadino, l’uomo, non è più protagonista. Può solo assistere. Può e deve partecipare, senza alternative, solo come consumatore: praticamente un atto patriottico
poiché, consumando, fa girare l’economia e potrebbe permettere, dicono, ripresa e crescita economica in questo periodo di crisi. Crisi imposta dalla politica dei consumi: oggi la produzione industriale globale fabbrica e ruota sempre più velocemente. Senza inizio né fine come il serpente che si morde la coda. Quindi noi dobbiamo acquistare di più.
Una subdola dittatura. Per uniformarci alla massa dobbiamo avere, dobbiamo spendere, ma lo stesso vale per distinguerci come individui: dobbiamo possedere di più, spendere diversamente, per identificarci, per dimostrare che esistiamo. È la prima pulsione che, nei Paesi in via di sviluppo, attanaglia subito chiunque raggiunga un minimo e modesto potere di acquisto: comprare.
È ora di fare una piccola rivoluzione.
Di agire con deliberato dispetto, contro il nostro nemico e tiranno: il consumismo. Il mio traghettatore di questo viaggio è Jesus, e lo sono i Popoli Indigeni, che con la loro filosofia e cultura sono sempre stati discriminati e vittime di soprusi efferati. I soldi? Ci occorrono solo nella misura in cui ci permettono di mantenere la nostra cultura e le nostre tradizioni che, peraltro, sono basate sul condividere ciò che possediamo con tutta la nostra comunità. Prima dell’avvento dell’Uomo Bianco, non usavamo denaro, non compravamo niente. La nostra terra e il nostro mare ci procuravano tutto il necessario. Quando catturiamo una balena, la carne di cui ci nutriamo viene divisa equamente tra tutti noi e distribuita gratis. La comunità è a carico di tutti coloro che possono contribuire, in un modo o nell’altro. Quassù, noi ci aiutiamo a sopravvivere
, dice Roy, un nativo Inupiaq dell’Alaska, che vive in un remoto villaggio oltre il Circolo Polare Artico, raggiungibile solo via aerea.
Capitolo 3
3
Con la modernità, in cui non smettiamo di accumulare, di aggiungere, di rilanciare, abbiamo disimparato che è la sottrazione a dare la forza, che dall’assenza nasce la potenza. E per il fatto di non essere più capaci di affrontare la padronanza simbolica dell’assenza, oggi siamo immersi nell’illusione inversa, quella, disincantata,