Sulle tracce dell'inganno (Il Bunker)
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Tra case immerse nella nebbia, boschi e rifugi di montagna affacciati sul fiume, emerge la terribile scoperta di un omicidio e di menzogne sepolte da anni.
Diana è una giovane donna che non ricorda chi fu a rapirla in quella stessa stagione, in cui aveva appena compiuto diciassette anni. Sopravvissuta per miracolo e tormentata da incubi ricorrenti, viene coinvolta nelle indagini del commissario Zanier, insieme ai suoi amici di un tempo, tra cui il suo ex-fidanzato e ora giornalista Andrea, tornato in paese dopo anni di assenza.
Esiste un legame tra Diana, i suoi compagni d'adolescenza e quel delitto irrisolto? Chi era quello sconosciuto? Chi è la donna misteriosa che spia ogni loro movimento?
Perché ognuno di loro sembra intenzionato a nascondere colpe e oscuri segreti? Qual è il prezzo che tutti loro hanno pagato per l'indissolubile amicizia che li legava fin da ragazzi? E, mentre il commissario Zanier indaga, qualcuno agisce nel buio per dar vita a una spirale di nuovi omicidi, finché nella valle trionferà una terribile verità sepolta per troppo tempo.
Già pubblicato nel 2013 con il titolo Il Bunker da E-pubblica Editore.
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Sulle tracce dell'inganno (Il Bunker) - Viviana De Cecco
Viviana De Cecco
Sulle tracce dell'inganno
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Indice
Sulle tracce dell'inganno
SCOPRI I BESTSELLER E LE NOVITA' THRILLER
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 27
Capitolo 26
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Epilogo
BESTSELLER THRILLER E GIALLI
BESTSELLER MISTERY E NOVITA'
Sulle tracce dell'inganno
Viviana De Cecco
Edizione digitale 2016
Copyright 2016 © Viviana De Cecco
Editore: StreetLib, 2016
Progetto di Copertina 2016: Viviana De Cecco
Licenza Immagini Creative Commons 2016
A norma della legge sul diritto d’autore è vietata ogni riproduzione, anche parziale, di tale libro, con qualsiasi mezzo, elettronico, cartaceo, filmico e altri supporti.
SCOPRI I BESTSELLER E LE NOVITA' THRILLER
di VIVIANA DE CECCO
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Prologo
Non appena la ragazza aprì gli occhi, si rese conto che il buio sigillava il suo corpo come una pietra tombale.
L’odore muschiato dei luoghi abbandonati le diede la fatale impressione che quel luogo fosse già diventato un sepolcro stantio.
Accovacciata contro la parete, percepì un lento e inesorabile formicolio che le aggrediva braccia e gambe.
Era rimasta in posizione fetale per ore, con i polsi e le caviglie stritolati dalle corde, mentre la notte calava su quel luogo dimenticato da Dio e dagli uomini.
Non aveva bisogno di alcun indizio per capire dove si trovasse. Il suo carnefice non poteva immaginare che ne conoscesse ogni angolo.
Nella sua mente aveva sempre registrato ogni minimo dettaglio, come se un giorno dovesse aspettarsi che la fine sarebbe giunta proprio tra quelle pareti.
Con le poche forze che le restavano, cominciò a strisciare lentamente nella disperata ricerca della posizione che le avrebbe facilitato la liberazione.
Le sue mani si agitavano convulse, setacciando a tentoni il muro.
Passarono due minuti prima che le sue dita incontrassero il gelido tocco del ferro.
Un chiodo.
Conficcato nella pietra e abbastanza sporgente per aiutarla nell’impresa. Sorrise, in un misero trionfo contro quel male che avrebbe desiderato schiacciarla.
Non le restava che agire. Non doveva arrendersi.
Nel silenzio ovattato della sua nuova prigione, si dilatò il lieve sfrigolio delle corde sul chiodo rugoso e arrugginito. Ogni rumore pareva amplificarsi per sopraggiungere alle sue orecchie come il rassicurante stridio della libertà.
Ignorò il freddo, le abrasioni e le ferite che sanguinavano.
Ce l’aveva quasi fatta.
All’improvviso, un rumore di passi la interruppe.
Un’ombra scura e imponente ingombrò lo spazio della soglia. Era lì, davanti a lei.
La ragazza soffocò un gemito e respirò a fondo. Il tempo della salvezza era scaduto.
Capitolo 1
All’improvviso, lo squillo del telefono gli apparve come un suono arcano e misterioso che saliva dalle profondità della casa.
Andrea si voltò nel letto, passandosi una mano sulla fronte per liberare gli occhi da un ciuffo ribelle di capelli e guardò l’ora.
Le quindici del pomeriggio, l’ora del meritato riposo dopo una frenetica mattinata in redazione.
Soffocò un’imprecazione tra le pieghe del cuscino e afferrò bruscamente il cellulare.
«Pronto?» biascicò, tentando di liberarsi dalla morsa delle coperte che gli tenevano prigioniere le gambe.
«L’hanno trovato», disse una voce all’altro capo del filo.
Il suo tono secco e asciutto dava l’impressione che Andrea dovesse comprendere immediatamente di cosa stesse parlando.
«Cosa? Hanno trovato… chi?» ripeté lui, riuscendo finalmente a mettersi a sedere sul letto.
«Il Forestiero. Hanno trovato i resti del Forestiero…»
Andrea sussultò. Le sue dita spinsero con forza il telefono contro l’orecchio, quasi che quel maggiore contatto potesse fargli sentire meglio le parole del suo interlocutore.
Nella sua mente riaffiorarono le immagini dell’estate del 2000. La stagione dei suoi diciassette anni, la stagione della spensieratezza che si era trasformata in quella della morte.
«Non è possibile,» replicò, in un debole sussurro in cui si concentravano i sentimenti che, in quel preciso istante, si dibattevano nel suo cuore in tumulto. Sgomento, colpa, rabbia e paura.
Soprattutto, paura. Un terrore che gli afferrava il respiro, come se le dita di uno spettro invisibile avessero iniziato a stritolargli la gola.
«Devi tornare. Subito,» ordinò la voce in tono deciso.
Andrea annuì, come se l’altro si trovasse proprio lì, accanto a lui, seduto sulla sponda di quel letto sconosciuto, in quella città lontana mille miglia da dove avevano trovato il corpo ormai decomposto del Forestiero.
Quell’uomo che, in un tempo lontano, in quei giorni spensierati della sua adolescenza, era scomparso da Borgonero senza lasciare alcuna traccia.
«Dove l’hanno trovato?» domandò, pentendosi subito dopo della sua stupida e ingenua domanda.
La voce emise un sospiro.
«Sai bene, dove.»
«Vicino al rifugio,» replicò Andrea.
«Sì.»
Fu l’ultima risposta che gli concesse la voce.
Poi, Andrea non sentì nient’altro che il suono della telefonata interrotta senza preavviso.
Appoggiò il cellulare sul comodino e aprì il cassetto. Frugò tra le calze e le cinture che conservava in perfetto disordine e la sua mano tremante incontrò ciò di cui aveva bisogno.
Percepì sotto i polpastrelli il tocco gelido e rassicurante della pistola e le sue labbra si distesero in un sorriso soddisfatto.
Sì, era giunto il momento di tornare a casa.
La sua vera casa, non quel surrogato di appartamento in cui abitava da dodici anni, da quando era fuggito per sempre dal paese in cui era nato e cresciuto, per inseguire il sogno di diventare giornalista.
Ora, avrebbe dovuto chiamare la redazione di Viaggi e dintorni, la rivista per cui scriveva i suoi modesti articoli di viaggio e inventare una scusa per prendersi qualche giorno di ferie. Del resto, in tutti quegli anni non si era mai concesso una vacanza.
Era sempre stato puntuale nelle consegne e, a volte, si era ritrovato a dover svolgere il lavoro degli altri senza fiatare.
Aveva vissuto nell’ombra, in quel misero bilocale composto da due soffocanti stanzette, dove la luce del sole latitava sia d’estate che d’inverno.
La sua vera casa, pensò, si trovava a Borgonero, quel minuscolo angolo di mondo che sorgeva sulle rive del fiume Judrio, a due passi dal confine in cui l’Italia scivolava nei territori austriaci.
Uno scenario da cartolina che mostrava una cittadina d’origine longobarda e un fiume che pareva un diamante liquido incastonato nel disegno roccioso dei monti.
Nella sua mente riuscì a ricostruire quelle forme perdute.
Le montagne che si inchinavano verso le case come teste coronate da un verde cappello, le linee marcate dei tetti sonnacchiosi che si incastravano nel disegno delle rovine scheletriche di un vecchio mulino, con quella ruota paralizzata che un tempo aveva sfamato i paesi contadini della vallata.
E più in là, oltre la barriera delle piccole abitazioni ammassate lungo le strade, si raffigurò la morbida silhouette delle colline e quella slanciata delle vette più alte.
Andrea sentì il suo corpo distendersi, mentre quelle familiari visioni iniziavano a sostituire ciò che stava per lasciarsi alle spalle, in quella città qualunque dove aveva trovato un lavoro qualunque.
Ricordò sua madre, piccola ombra ripiegata su se stessa, che mormorava: «Perché, perché devi partire?» spazzando la sua sicurezza come un colpo di vento autunnale.
Lui aveva scrollato le spalle e si era chiuso in un ostinato silenzio.
Non poteva confessare le ragioni della sua decisione.
Non poteva rivelarle il segreto che lui e gli altri avrebbero dovuto custodire per sempre.
Quel segreto legato al vecchio rifugio sulla montagna.
Così, era partito in punta di piedi, e così faceva ritorno.
Il rifugio sarebbe stato ancora lassù, i piedi di cemento ancorati nella roccia, integro baluardo di difesa di una guerra finita da tempo, a cui non restava altro compito se non quello di dominare con il suo sguardo vigile e attento il lento fluire del fiume e delle loro stesse vite.
E lui, si sarebbe ritrovato di nuovo tra le sue pareti, sfinito da una vita che non sembrava appartenergli più.
Sarebbe stato solo ad affrontare le sue colpe? si domandò amaramente.
E la salvezza, sarebbe stata la vita o una punizione liberatoria?
Sentiva che nella sua vita ci fosse ancora una nebbia, densa e impenetrabile, che avvolgeva chi gli stava accanto, come una maschera di inganni che copriva il vero volto del passato.
Sentì un’ondata di nausea travolgerlo in pieno. Non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che qualunque cosa stesse accadendo, sarebbe rimasto vittima di un orrore che si celava nella sua stessa coscienza.
Castigo. Fu la prima cosa che gli venne in mente.
Ma era lì, in quella valle di gioia e morte che tutto aveva avuto inizio.
Ed era lì che tutto sarebbe finito, si disse, alzandosi in tutta fretta per andare a farsi una doccia.
Capitolo 2
Il dottor Leonardo De Marchi si svegliò di soprassalto.
Chissà perché alcuni ricordi d’adolescenza erano tornati a tormentare il suo sonno. Aveva sognato il fiume, cinque ragazzi stesi a godere del sole estivo e una montagna che incombeva su di loro con il suo rifugio di pietra in vista sul crinale.
Appoggiò i gomiti sulla scrivania su cui si era addormentato. Sul ripiano, ingombro di prontuari e ricette firmate da ritirare, un elegante portacenere di ceramica accoglieva uno spinello che aveva fumato a metà.
Una debolezza quasi adolescenziale, pensò, senza particolare vergogna.
Capitava spesso che, in quelle fredde serate di fine autunno, quando la sala d’aspetto del suo studio si svuotava completamente e lui era certo che nessun altro paziente l’avrebbe disturbato, non riuscisse a resistere alla tentazione e alla piacevole sensazione di abbandono che gli procurava il fumo.
Aveva appena compiuto trent’anni, aveva portato a termine i suoi studi di