Milano da bare
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Anteprima del libro
Milano da bare - Marta Zacchigna
A mio padre Michele,
che un giorno, con aria grave, mi disse:
«alla fine tutti gli eventi dell’esistenza umana
inclinano inevitabilmente verso il comico...»
«...la città dell’amaro,
l’amaro di chi vive e lavora,
l’amaro della vita...»
spot RAMAZZOTTI
, 1987.
GOODMORNING MILANO
h.07.00
Gooodmooorning Milaaano!
Andiam! andiam! andiam a lavorar! fiu fiu fiu fiu…
Allora:
Primo, Piove.
Secondo, Umidità del 90%.
Terzo, Buio pesto.
Olà, un bel buongiorno Vita, che il sole non c’è, e se c’è, naviga dietro una coltre di smog impenetrabile.
Esci di casa e ti dirigi verso quello straordinario mezzo tecnologico che si chiama metropolitana. All’inizio non spaventa, anzi, richiama l’efficientismo moderno che ci vuole tutti in corsa per dire la nostra… ed è solo piano piano, col passare degli anni, che si comincia a comprendere che il treno sotterraneo restituisce lo scenario di uno stato d’emergenza permanente:
— «Di là!»
— «Noi di qua»
— «Fammi scendere!»
— «Devo salire!»
— «Dov’è mio figlio?»
— «Il mio fidanzato!»
— «Le uscite laterali!»
— «Smistiamoci!»
Una simulazione d’evacuazione rapida, come quella che ti galvanizzava a scuola, solo che avevi dodici anni, ridevi come un matto e baciavi quella della quinta.
È così: l’underground è uno dei pozzi preferenziali, dove si scaricano frustrazioni e astinenze millenarie; ecco allora che il precipitato della peggior umanità si dà appuntamento nel sottosuolo.
Ma partiamo dall’inizio.
Solitamente tutto comincia con colazione fuori, perché sei in ritardo e, mentre facevi la doccia, hai fuso la moka, quindi.
Bar.
Macchiato.
Sigarette.
Esci ingurgitando una brioche vuota perché sei arrivato tardi per quelle alla crema, ti accorgi che ti sei dimenticato la cartellina, ti viene il dubbio di non aver chiuso la porta (o di averla chiusa lasciando i bambini dentro), un lembo rigato spunta dalla giacca: è il pigiama.
Questo per dire che, ancora prima di calarsi nella tane suburbane, si è già parecchio spossatini.
Un extracomunitario con giubbetto fluorescente e ombrello da combattimento ti consegna il giornale. È la prima benedizione mattutina, non puoi sottrarti: passa il primo, afferra il giornale, poi il secondo e afferra il giornale, tipo ilcorpodicristoamen.
Le notizie in prima pagina ti predispongono subito alla grande verso il mondo:
«Barbone arso vivo per divertimento»
«Rubavano le cornee ai cadaveri»
«Stuprata il giorno di San Valentino»
Domani faranno gli hamburger con i neonati, pensi, e, per evitare turbamenti, passi direttamente al tempo e all’oroscopo: quindi nuvoletta con saetta a lato, l’ariete ha Saturno contro ma alla fine c’è scritto Incontri, che per un uomo metropolitano non è che sia proprio una rivelazione. Comunque, è il momento di cogliere l’ondata positiva quindi lanci il giornale nel cestino e non fai centro.
Per recuperare ancora un po’ di ottimismo c’è il nigeriano che ti offre una cintura colorata e una borsa targata GK, tanto per ricordarti che non nuoti nella vita reale ma nel suo preciso surrogato. Libero di approfittarne tuttavia, che le compere la mattina presto danno il giusto tocco tonificante.
— «Quella lì»
— «Quindici»
— «Cinque»
— «Dieci»
— «Cinque»
— «Sette»
— «Cinque»
— «Sette»
— «Cinque»
— «Sette!»
— «Fanculo»
Procedi e pensi: ma perché la prima cosa che faccio la mattina è andare sotto terra da vivo?
MACABRO TOR(N)ELLO
Il difficile ha però da venire: entri nella fase totemica del tornello, sì, quella sorta di giostrina dall’estetica raccapricciante che si preoccupa di separare il tuo corpo da quello degli altri. Allora, se hai l’abbonamento tutto è piuttosto facile: superi il momento della foto, ricordi a te stesso che non sei il cugino di Totò Riina e che anzi paghi le tasse anche per lui, strisci sereno la carta ATM, passi.
Semplice semplice proprio. Sembri un po’ la guardia carceraria del Miglio Verde, ma l’uomo che sta nel gabbiotto sta peggio di te. Tienilo a mente nei momenti di scoramento maggiore.
Se devi munirti di biglietto, invece, la cosa è un tantino più complicata. Per esempio: hai mai parlato con un quadrato grigio? Bene, allora, scegli la tipologia di biglietto che fa al caso tuo, inserisci l’euro che, naturalmente, tenevi stretto nel palmo della mano da quando hai chiuso la porta di casa perché c’è la fila amore mio, e nessuno ha voglia di aspettare che tu apra il comparto monete del tuo portafogli. Se sei così disorganizzato da non premunirti di doblone, puoi tentare una cosa che però ti porta dritto dritto al linciaggio, ovvero inserire le monetine, senza contarle preventivamente: dieci secondi per sapere che arrivi a novanta centesimi, tre secondi per imprecare, sospiro, sparata di monetine, tac, schermata principale, operazione annullata.
— «Mi scusi eh?… ma io non ho tutta la mattina…»
— «Deve premere là!… poi inserisce l’euro…»
— «Ha stampato signorina… su coraggio!»
La mattina è il momento migliore per la mortificazione del prossimo. Ora, piccola insicurezza sulla direzione?
Tranquillo.
C’è l’omino dell’ATM: vero, umano e respira anche. Solo che il personaggio si nausea, appena vede uno sguardo in richiesta. Convinto che alle elementari si studi il reticolato metropolitano al posto delle tabelline, ti osserva più o meno come Elliott guarda E.T. la prima volta che lo vede nel magazzino degli attrezzi. D’altra parte, per un barbaro, le fermate hanno dei nomi che ridefiniscono la geografia mondiale: tipo che non voglio scendere a Lima ma neanche a Udine, figuriamoci in Uruguay. Sembra le abbia inventate un enigmista: fai un anagramma e scopri dov’è il calice del Santo Graal.
Abbiategrasso! ma cos’è? una campagna contro l’anoressia?
Vimodrone sembra un film di Cronemberg…
A Bande Nere… boh? c’è il museo dei pirati?
Gessate?… un esercito di donne in tailleur?
Il migliore, direi, è Villapizzone, se vuoi una doppia margherita servita con guanti bianchi.
Mentre rifletti su questo shakerato di lettere che neanche con lo Scarabeo arrivi a tanto, mentre immagini Crocetta come il tempio del quiz, e Piola come un’enorme fabbrica di scale, un branco di tori inferociti oltrepassa i tornelli.
Tutti incazzati. E tu ti chiedi, ma perché sei così? scendi a Gioia, vediamo se succede qualcosa, oppure cambia lavoro, fai una gita in bici, un figlio, vai in piscina… innamòraaati! Ecco, innamòrati.
E invece: tutti seri come gendarmi.
Non dico di mettersi a ballare, ma guarda una bella signorina, sorridi a una vecchietta, fai piri piri a un bambino. Invece tutto è spedizione al macabro tornello: via uno, via due, via tre, la stessa dinamica dello skilift: posizionamento, agganciamento e trasporto; tocca a te ora! sei oltre… no, non sei oltre. Hai infilato il biglietto dalla parte sbagliata. Il tornello si è inchiodato e ti ha diviso in due l’intestino.
Ecco, adesso: c’è qualcosa di meglio dell’incitamento degli altri quando soffri?
— «La freccia, signorina, la freccia»
— «Vuole che faccia io… facciamo prima»
— «È anche evidenziata… ma non la vede?»
Poi, il maestro di vita ti sfila il titolo di viaggio dalle dita, si volta con quello sguardo da commissione d’esame, ghigno sprezzante:
— «Ha visto? è facile no?…»
— «Sì, è facile. Non mollate con me ragazzi»
Il segreto per praticare la non violenza è quello suggerito da Gandhi: stendersi per terra, ma è un po’ sporchetto e conviene piuttosto incamerare tutto quello che arriva con la pacatezza e la superiorità dello stoico. Ti ci vuole più o meno un lustro, ma ci arrivi.
IL BUONGIORNO SI VEDE DAL GRADINO
Non è finita, neanche il tempo di inserire il biglietto nella tasca che, oplà, con passo sincronizzato, ognuno colloca il suo piede sullo scalino in fìeri. Allora: ordine, disciplina e rigore. Salire esattamente nello scalino successivo a quello sul quale si è stanziato l’amico che ti sta di fronte perché se ti viene l’idea di saltarne uno, per evitare di mangiare i capelli di quello davanti, la gente s’infastidisce per lo spreco.