Mariangela Maraviglia
Studi
Dottorato di ricerca in Scienze religiose presso la Fondazione per le Scienze religiose Giovanni XXIII di Bologna (relatore Frédéric Gugelot, 2014)
Magistero in Scienze religiose presso l’Istituto superiore “Beato Ippolito Galantini” di Firenze (relatore Luciano Martini, 2003)
Laurea in Storia della Chiesa presso la Facoltà di lettere dell’Università di Firenze (relatore Michele Ranchetti, 1984)
Collaborazioni scientifiche
Membro del Comitato scientifico della Fondazione Don Primo Mazzolari (Mantova, dal 2007)
Membro del Comitato scientifico del Fondo Documentazione Arturo Paoli (Lucca, dal 2020)
Membro del Comitato di direzione della rivista «Impegno. Rassegna di Religione, Attualità, Cultura» (dal 2007)
Membro del Comitato scientifico di «Religioni e Società. Rivista di Scienze sociali della religione» (dal 2017)
Membro del Comitato di redazione di «Egeria. Rivista di Scienze religiose» (dal 2020)
Iscrizione all’Albo dei giornalisti, sezione pubblicisti, nell’elenco dell’Ordine regionale della Toscana (dal 1988)
Dottorato di ricerca in Scienze religiose presso la Fondazione per le Scienze religiose Giovanni XXIII di Bologna (relatore Frédéric Gugelot, 2014)
Magistero in Scienze religiose presso l’Istituto superiore “Beato Ippolito Galantini” di Firenze (relatore Luciano Martini, 2003)
Laurea in Storia della Chiesa presso la Facoltà di lettere dell’Università di Firenze (relatore Michele Ranchetti, 1984)
Collaborazioni scientifiche
Membro del Comitato scientifico della Fondazione Don Primo Mazzolari (Mantova, dal 2007)
Membro del Comitato scientifico del Fondo Documentazione Arturo Paoli (Lucca, dal 2020)
Membro del Comitato di direzione della rivista «Impegno. Rassegna di Religione, Attualità, Cultura» (dal 2007)
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Membro del Comitato di redazione di «Egeria. Rivista di Scienze religiose» (dal 2020)
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Books by Mariangela Maraviglia
La Samaritana di don Primo Mazzolari uscì il 15 maggio 1944, in piena seconda guerra mondiale, edito dalla Pia società San Paolo di Alba, dopo essere stato pubblicato a puntate sul settimanale edito il quegli anni da Carlo Rossi della Pro Civitate Christiana La Festa.
L’interesse che l’episodio della Samaritana aveva suscitato nel parroco di Bozzolo non sorprende. Si tratta di uno dei brani evangelici che più ha affascinato i commentatori di tutte le epoche e latitudini: da padri della Chiesa come Agostino a scrittori come Leone Tolstoj; da maestri spirituali come Divo Barsotti a vivi testimoni del Novecento postconciliare come Luisito Bianchi e Adriana Zarri, che volle essere sepolta con tra le mani il Vangelo aperto al brano della donna di Samaria.
Nel personaggio femminile protagonista del dialogo con Gesù narrato nella pagina evangelica di Giovanni, Mazzolari riconosceva l’immagine dei tanti «lontani» assetati di giustizia e di amore a cui la Chiesa non sapeva far giungere la parola del Vangelo. Un’umanità estranea al linguaggio della fede ma pronta ad accogliere la vita promessa dalla parola di Cristo, se presentata con una disposizione di ascolto e di misericordia, «credendo nell’amore e nel metodo dell’amore», come scriveva don Primo. Il dialogo con la donna di Samaria gli offriva lo spunto per rilanciare il cuore del suo messaggio: l’annuncio cristiano come un incontro personale che tocca e trasforma nel profondo, risposta alla «sete d’infinito», «fonte di vita» rinnovata nella storia di tutti e nel quotidiano di ognuno.
Nella Milano della Resistenza e del dopoguerra, nella Firenze di Giorgio La Pira, a Sotto il Monte – terra di Giovanni XXIII – negli anni precedenti e successivi al Concilio Vaticano Il, dentro e fuori i canoni dell’Ordine dei Servi di Maria a cui con convinzione appartenne, Turoldo diede corpo e voce alle aspirazioni di rinascita religiosa, civile, sociale della sua generazione, guadagnando consensi e suscitando dissensi. Le censure e le sanzioni in cui incorse per via gerarchica non gli impedirono – consolato da una vena poetica che si completò negli anni con una fertile ispirazione di traduttore dei Salmi e creatore di inni per la liturgia – di esprimere in molteplici forme comunicative le domande di libertà, giustizia, pace, che animavano gli scenari e le coscienze del suo tempo.
Questo volume ricostruisce per la prima volta, attraverso un’accurata indagine d’archivio, l’intera vicenda esistenziale di David Maria Turoldo, nell’intento di restituire alla storia una figura più volte rievocata in termini mitizzanti o aneddotici: la ricchezza dei suoi incontri permette di recuperare la memoria di ideali, tensioni, disincanti che, in ambito cattolico e oltre, hanno percorso il secolo scorso.
Storia controversa di un libro molto auspicato p. 5;
Nei meandri della censura p. 11;
La "fiduciosa confidenza" del vescovo Cazzani p. 14;
Le bozze scomparse p. 23;
Dire la fede come "vita" p. 28;
Le fonti: dal Diario a “La Vie intellectuelle” p. 35;
Mazzolari lettore di Yves Congar e Marie Dominique Chenu p. 43;
Pagine "attese e appaganti" p. 49;
Nota alla presente edizione p. 56;
Ringraziamenti p. 57;
Primo Mazzolari, Della fede:
Humanus sermo p. 61;
Humana plenitudo p. 83;
Vox vitae p. 103;
Il travaglio dell’uomo di fede p. 131;
La grammatica della fede p. 145;
Il mistero dell'incredulità p. 149;
"Credi tu questo?" p. 165;
Lettera inedita del vescovo di Cremona Giovanni Cazzani (16 giugno 1943) p. 171.
Abstract. «Riguardo al libro di Mazzolari, mi hanno dato di lui informazioni così impressionanti, che non desidero pronunciare a riguardo della sua dottrina giudizio alcuno. Mi si dice che faccia parte di un gruppo di modernisti». Queste allarmate e lapidarie parole inviate il 17 luglio 1943 dal cardinal Ildefonso Schuster al vescovo di Cremona Giovanni Cazzani pongono una pietra tombale sulla possibilità di pubblicare il saggio Della fede che don Primo aveva concluso nel marzo dello stesso anno, ma che potrà vedere la luce soltanto sulle pagine del quindicinale «Adesso» nel 1955.
Il vescovo Cazzani, in una lettera al parroco di Bozzolo rinvenuta di recente nell’Archivio Colla e pubblicata in appendice del volume, si mostra comprensibilmente preoccupato per le reazioni che il libro può suscitare sia nei lettori che negli occhiuti censori romani. Della fede, infatti, possiede all’ennesima potenza lo stigma mazzolariano della parola che comunica, quasi senza mediazioni, le urgenze dell’animo. Fin dalle prime pagine l’autore prende le distanze da un cristianesimo conformista, dalla «dimissione» dei propri principi in cambio di falsi privilegi - trasparente il rimando all’abbraccio «costoso» con il fascismo - e individua i possibili interlocutori nei «cercatori di ogni strada, che si sono liberati «dalle strutture libresche per rigustare il sapore di un discorso umano».
Tempo di credere nella produzione mazzolariana p. 7;
Il Vangelo e la storia p. 13;
Nella cultura del suo tempo p. 20;
La censura e il sequestro p. 25;
Il cristiano «uomo tra gli uomini» p. 40;
Nota alla presente edizione p. 44;
Ringraziamenti p. 45.
Primo Mazzolari, Tempo di credere.
Tempo di credere p. 53; Io credo;
Nel cenacolo p. 63;
L’ora desolata;
Su la soglia;
La strada p. 77;
Dimenticare;
Parliamo di cose nostre;
Ho perduto il Signore!;
Egli mi è venuto vicino;
Occhi che non vedono;
Prime inquietudini;
Chi vuole il mio star male?;
… e l’un dei Due …;
Il fatto di Gesù;
Verso la speranza;
Custos? quid de nocte?;
Tempo d’Avvento;
Voci lontane;
Voci vicine;
Ma Lui non l’hanno visto!;
… o tardi di cuore a credere!;
Taverna p. 203;
Emmaus e «più oltre» …;
… solo i violenti …;
Resta con noi;
Ci sei tu!;
… con loro;
- e Lo riconobbero nello spezzare il pane;
Credere per chi non crede;
Credere con chi crede;
Presentazione all’edizione del 1964 p. 265.
Abstract. Tempo di credere, terminato da don Primo nella seconda metà del 1940, viene sequestrato per ordine del Ministero della cultura popolare nel marzo 1941 e diffuso in forma clandestina negli anni successivi. È una meditazione sull’episodio evangelico dei due discepoli di Emmaus, ma il sequestro indica in modo eloquente l'irriducibilità della proposta mazzolariana ai miti propugnati dalla propaganda fascista.
Rifiutando atteggiamenti apologetici e spiritualmente disincarnati, Mazzolari definisce la Chiesa come «focolare che non conosce assenze», proponendo il principio il principio dell’accoglienza dei lontani e degli "smarriti"..
Gesù che si fa uomo e che cammina con l’uomo restituisce prospettive rinnovate all’intera vicenda umana, la consapevolezza dell’amore donato e condiviso permette di reinventare uno stile di carità che don Primo auspica fermento creativo dell’umanità e della Chiesa.
Gli scriveva con profonda adesione Giancarlo Vigorelli: «Ho letto quasi tutto il tuo libro, che mi è sembrato ed è certo il tuo più carico ed intenso, il più giustamente disperato».
Spesso le loro intense esperienze, pur essendo state poste ai margini della Chiesa e perciò vissute drammaticamente, come nel caso dell’eremo di Campello in Umbria, hanno costituito lo stimolo per una rinnovata concezione della Chiesa e del cristianesimo, anticipando esigenze che, almeno in parte, sono poi emerse nel concilio Vaticano II.
(Carlo Fantappiè)
Pur non essendo giunto ad elaborare un pensiero organico, un progetto politico ben delineato, Mazzolari ha saputo individuare problemi cruciali, offrire orientamenti radicalmente innovativi ad un mondo da ricostruire, gettare ponti tra i due popoli — cristiani e comunisti — in cui appariva divisa l'Italia degli anni Quaranta e Cinquanta, intravedere nella centralità della pace il problema su cui si giocava il futuro dell'intera umanità.
Questo libro ripercorre nel saggio iniziale il singolare itinerario del pensiero mazzolariano; ripropone quindi una serie di sue pagine significative, relative a questioni nodali nella vita del nostro Paese, ma che lasciano trasparire al tempo stesso una intensa dimensione spirituale; presenta infine una utile rassegna critica degli scritti dedicati al sacerdote.
m.d.p., “Jesus”, luglio, 1996
Questo lavoro, attraverso una accurata ricostruzione del personaggio e una lettura attenta della sua complessa biografia, ci restituisce un profilo di Grandi sottratto alla agiografia o, più spesso, al silenzio, e lo inserisce, finalmente a pieno titolo, tra i protagonisti della storia del cattolicesimo sociale e della democrazia italiana […]»
(dalla Presentazione di Giovanni Bianchi)
Scriveva alla mamma in uno di quegli splendidi carteggi che lo rendono un autore di letteratura a tutto tondo: «Ho la superba convinzione che le cariche di esplosivo che ho ammucchiato negli anni di San Donato non smetteranno di scoppiettare per almeno cinquant’anni sotto il sedere dei miei vincitori». Lo scriveva il 14 luglio 1952, con quella scrittura paradossale, urticante, che arriva diretta al lettore come una freccia, due anni prima il suo trasferimento a Barbiana. «Profezia per difetto» perché noi siamo qui ben oltre i cinquanta anni da lui previsti, ancora a parlare di lui.
Offrivo una sintesi della sua vita e un primo profilo critico nel 1992, la rileggo e la ripropongo a cento anni dalla nascita.
Mazzolari trasferiva infatti su «Adesso» gran parte delle tematiche al centro della sua attenzione: il tema dei «lontani», che lo collocava in un atteggiamento di ascolto e di dialogo «agli avamposti», e di revisione delle «opacità» interne alla Chiesa, ostacolo all’auspicato riavvicinamento di quanti si erano allontanati; la radicale opzione per la pace, maturata, disconoscendo l’iniziale interventismo nella prima guerra mondiale, con l’avanzare, nel corso del secondo dopoguerra, del pericolo atomico e del rischio di un nuovo conflitto mondiale; la passione per la condizione dei poveri, che fondava l’inesausto appello di giustizia nella sapienza antropologica di una comune povertà, sperimentata nella precarietà e incompiutezza di ogni esistenza.
Dalle pagine di «Adesso» giungeva ai suoi lettori l’esperienza di una fede intensamente vissuta, non timorosa di confrontarsi con le inquietudini, le resistenze, l’incredulità dell’uomo contemporaneo, e insieme l’espressione di preoccupazioni crescenti nei confronti del processo di secolarizzazione che stava trasformando la società italiana.
Nell’analisi di Maraviglia, ha scritto Giuseppe Battelli nella Prefazione al volume, le pagine della rivista sono «correttamente rilette alla luce di due coordinate essenziali. Quella mazzolariana di lungo periodo: attenta cioè a cogliere le permanenze e le variazioni rispetto alla lunga fase della vita di Mazzolari che precede la nascita di “Adesso”. Quella del contesto religioso, sociale, politico del secondo dopoguerra italiano; ragione di innesto e continuo elemento di “provocazione” per i dibattiti ospitati dal periodico».
Dibattiti situati storicamente, in un preciso contesto di tempo e di spazio, ma che non cessano di presentare importanti termini di confronto e di riflessione per la particolare declinazione evangelica, umana, sociale della proposta cristiana di don Primo Mazzolari.
Papers by Mariangela Maraviglia
E poi la sua lucidissima consapevolezza della secolarizzazione in atto, ampiamente misconosciuta in una Chiesa cattolica che si sentiva ancora «onnipotente», e l’esigenza di rivoluzionare i modelli di pastorale, e la sua intuizione della ricreazione come «bestemmia del tempo», da ripensare oggi, di fronte a un immaginario collettivo colonizzato da “ricreazioni” infinitamente più raffinate e pervasive di quelle che don Milani denunciava.
Rileggere "Esperienze pastorali" oggi permette di ripensare all’accusa che gli fu rivolta di «misoginia», scoprendone la sostanziale infondatezza. E tornare alla potenza sovversiva della radicalità evangelica da lui testimoniata, all’origine di una delle vicende più capaci di risvegliare coscienze critiche, educative e politiche, dal Sessantotto fino ai nostri giorni.
Le parole di Màdera aprivano uno scenario inedito rispetto a una declinazione tradizionalmente religiosa del fenomeno mistico, evocandolo come uno slancio di comunione che sorge nella gratuità dell’esperienza ordinaria e trasporta oltre la dimensione del quotidiano.
Con Michela Pereira e Anna Scattigno, abbiamo preso spunto da quella riflessione per aprire alcuni squarci su quell’apertura verso un “altrove” che l’appellativo “mistica” accomuna senza uniformare. Un’apertura espressa oggi da volti molteplici e voci diversissime, che la disaffezione nei confronti delle forme religiose istituzionali, soprattutto nell’Occidente europeo e nordamericano, non sembra dismettere.
Abbiamo convocato figure di studiosi (Giuseppe Cognetti, Giannino Piana, Paolo Trianni), e di studiose (la filosofa Annarosa Buttarelli e la teologa Antonietta Potente), nei cui saggi si rintracciano personalità dalla fama acclarata, come il pensatore Raimon Panikkar e il cantautore Franco Battiato, accanto a religiosi di profondo fascino ma quasi sconosciute , come il prete valdostano don Michele Do.
Ne emerge un piccolo campionario di voci della mistica contemporanea, evidenziandone in particolare «il potenziale di trasformazione» della vita e della storia. La mistica qui evocata è «esperienza integrale della vita» piuttosto che privilegio contemplativo, capacità di immergersi nel cuore della realtà, attenti al mistero, alla bellezza, al dolore del mondo.
Sommario del numero:
Mariangela Maraviglia, Arnaldo Nesti, Editoriale;
Saggi:
Mariangela Maraviglia, Michela Pereira, Anna Scattigno, Dalla «mistica selvaggia» alla «mistica discorde»: ai confini di questo mondo e oltre; Romano Màdera, Una mistica per tutti? Al crocevia dell’incontro e dello scontro tra crisi del sacro e desiderio di senso; Giuseppe Cognetti, Raimon Panikkar e la mistica; Giannino Piana, Michele Do. Una esperienza spirituale pura e creativa; Paolo Trianni, «Un uomo religioso e basta». L’itinerario spirituale di Franco Battiato; Annarosa Buttarelli, La mistica come forma mentis femminile; Antonietta Potente, Mistica. Umanissimi percorsi in cui il Mistero si svela
Note:
Stefano Sbalchiero, Giuseppe Giordan, Raccontare le spiritualità. Forme di credenza oltre la religione; Roberto F. Scalon, Anticamera dei dieci segreti di Medjugorje. La pandemia da Covid-19 nella lettura escatologica di Radio Maria; Luca Diotallevi, «La messa è sbiadita». La partecipazione a riti religiosi altamente istituzionalizzati in Italia tra il 1993 ed il 2019; Paolo Di Motoli, Fondamentalismo e homeschooling negli Stati Uniti; Ari Pedro Oro, Claude Petrognani, Le Dieu des Brésiliens, de Lula et Bolsonaro: Considérations socio-anthropologiques;
Recensioni:
Carmelina Chiara Canta, Papa Francesco parla alle donne (Verónica Roldán); Urban Religious Events. Public Spirituality in Contested Spaces, edited by Paul Bramadat, Mar Griera, Julia Martínez-Ariño, Marian Burchardt (Carlo Genova); Antonio Cavicchia Scalamonti, Il disagio dei morti (Antonio Camorrino); Giuseppe Scattolin, Riccardo Paredi, Manifestazioni spirituali nell’Islam, vol. I (Antonio Albanese).
Nate alla fine del fascismo come espressione della «corrente cristiana» del sindacato unitario dei lavoratori (CGIL), nel quadro di un disegno unitario di riconquista della società moderna da parte della Chiesa cattolica, le ACLI si qualificano negli anni Cinquanta come «movimento sociale dei lavoratori italiani» caratterizzate dalla triplice fedeltà «alla classe lavoratrice», «alla democrazia», «alla Chiesa».
Negli anni Sessanta e Settanta, l’attenzione alle lotte operaie e studentesche e al dibattito suscitato dal Concilio Vaticano II conduce le ACLI a una rottura del tradizionale «collateralismo» con il partito della Democrazia Cristiana e a una «scelta socialista» giudicata scandalosa e inaccettabile dalla gerarchia cattolica, che ritira l’«assistente ecclesiastico», figura di servizio pastorale e insieme di raccordo con i vertici ecclesiali.
Negli anni Ottanta e Novanta le ACLI si contrassegneranno per il contributo di analisi, interlocuzione, partecipazione alle trasformazioni di una società civile e una realtà politica in rapido mutamento, con un contributo particolarmente vivo al movimento per la pace.
Il dialogo ecclesiale si riapre da posizioni di autonomia e pluralismo delle scelte politiche e con la riscoperta, dall’interno del movimento, della «conversione al Vangelo come via per la riforma della politica».
Così padre Turoldo parlava del suo amico e confratello padre Giovanni Vannucci (1913-1984). Quest'ultimo si era innamorato della vita monastica attraverso l'amicizia con Sorella Maria di Campello. Si traccia qui un profilo della relazione tra queste due figure, che incarnano quel "cristianesimo mistico" di cui sentivano l'urgenza Raimon Panikkar e Karl Rahner quando affermavano: «Il cristianesimo del futuro o sarà mistico o non sarà».
The paper gives particular attention to the predominant motif of the senses, which appear in the title of his fundamental collection, O sensi miei... Poesie 1948-1988 (Milan 1990), a praise to the Earth, the cosmos, and history, themes which Turoldo borrowed from the theology of his time and from his constant reading and meditation on the Bible, which he abundantly quotes, refers to and alludes to.
Lo studio ripercorre la ricca produzione poetica di padre David Maria Turoldo (1916-1992) e ne presenta carattere, temi, fortuna critica. La poesia accompagnò l’intera vita del servo di Maria, sviluppandosi come diario intimo dei suoi sentimenti, manifestazione del suo anelito alla liberazione dell’umanità dall’ingiustizia, confessione dell’incessante ricerca del volto di Dio.
Nel testo si sottolinea in special modo il tema centrale dei sensi, scelto come titolo della sua fondamentale raccolta O sensi miei... Poesie 1948-1988 (Milano 1990), espressione di una valorizzazione della terra, del cosmo, della storia, che Turoldo mutuava dalla teologia del suo tempo e da una costante lettura e meditazione della Bibbia, vero e proprio bacino di citazioni, rimandi, allusioni.
Nell’eremo camaldolese di Monte Giove si promossero convegni che misero a confronto leader intellettuali della sinistra comunista (Pietro Ingrao, Rossana Rossanda, Mario Tronti, Massimo Cacciari) con monaci e teologi cpme Benedetto Calati e Sergio Quinzio; Giovanni Bianchi con padre Pio Parisi avviò nelle ACLI seminari di spiritualità e con Giuseppe (Pino) Trotta diede vita alla rivista “Bailamme” come laboratorio di “spiritualità e politica”; filosofe e teologhe iniziarono a leggere il pensiero delle mistiche del passato e del presente raccolte intorno a Romana Guarnieri, a Luisa Muraro e, soprattutto, a partire dallo Specchio delle anime semplici di Margherita Porete.
Arturo Paoli avrebbe parlato di “mistica discorde”; Antonietta Potente di “mistico/politica”: Adriana Zarri e David Maria Turoldo senza dare loro questi nomi avevano già vissuto quella postura nella loro vita. Mario Tronti ne scrisse con più convinzione e più forza teorica di tutti. Avvertendo le parole dei Padri del deserto: ascesi, vigilanza, pazienza, ascolto, meditazione, preghiera, silenzio, solitudine, come le più radicali e salutari alternative al potere reale (produzione-circolazione-consumo) che ci comanda (M. Tronti, Dello spirito libero. Frammenti di vita e di pensiero, Il Saggiatore, Milano 2015).
La Samaritana di don Primo Mazzolari uscì il 15 maggio 1944, in piena seconda guerra mondiale, edito dalla Pia società San Paolo di Alba, dopo essere stato pubblicato a puntate sul settimanale edito il quegli anni da Carlo Rossi della Pro Civitate Christiana La Festa.
L’interesse che l’episodio della Samaritana aveva suscitato nel parroco di Bozzolo non sorprende. Si tratta di uno dei brani evangelici che più ha affascinato i commentatori di tutte le epoche e latitudini: da padri della Chiesa come Agostino a scrittori come Leone Tolstoj; da maestri spirituali come Divo Barsotti a vivi testimoni del Novecento postconciliare come Luisito Bianchi e Adriana Zarri, che volle essere sepolta con tra le mani il Vangelo aperto al brano della donna di Samaria.
Nel personaggio femminile protagonista del dialogo con Gesù narrato nella pagina evangelica di Giovanni, Mazzolari riconosceva l’immagine dei tanti «lontani» assetati di giustizia e di amore a cui la Chiesa non sapeva far giungere la parola del Vangelo. Un’umanità estranea al linguaggio della fede ma pronta ad accogliere la vita promessa dalla parola di Cristo, se presentata con una disposizione di ascolto e di misericordia, «credendo nell’amore e nel metodo dell’amore», come scriveva don Primo. Il dialogo con la donna di Samaria gli offriva lo spunto per rilanciare il cuore del suo messaggio: l’annuncio cristiano come un incontro personale che tocca e trasforma nel profondo, risposta alla «sete d’infinito», «fonte di vita» rinnovata nella storia di tutti e nel quotidiano di ognuno.
Nella Milano della Resistenza e del dopoguerra, nella Firenze di Giorgio La Pira, a Sotto il Monte – terra di Giovanni XXIII – negli anni precedenti e successivi al Concilio Vaticano Il, dentro e fuori i canoni dell’Ordine dei Servi di Maria a cui con convinzione appartenne, Turoldo diede corpo e voce alle aspirazioni di rinascita religiosa, civile, sociale della sua generazione, guadagnando consensi e suscitando dissensi. Le censure e le sanzioni in cui incorse per via gerarchica non gli impedirono – consolato da una vena poetica che si completò negli anni con una fertile ispirazione di traduttore dei Salmi e creatore di inni per la liturgia – di esprimere in molteplici forme comunicative le domande di libertà, giustizia, pace, che animavano gli scenari e le coscienze del suo tempo.
Questo volume ricostruisce per la prima volta, attraverso un’accurata indagine d’archivio, l’intera vicenda esistenziale di David Maria Turoldo, nell’intento di restituire alla storia una figura più volte rievocata in termini mitizzanti o aneddotici: la ricchezza dei suoi incontri permette di recuperare la memoria di ideali, tensioni, disincanti che, in ambito cattolico e oltre, hanno percorso il secolo scorso.
Storia controversa di un libro molto auspicato p. 5;
Nei meandri della censura p. 11;
La "fiduciosa confidenza" del vescovo Cazzani p. 14;
Le bozze scomparse p. 23;
Dire la fede come "vita" p. 28;
Le fonti: dal Diario a “La Vie intellectuelle” p. 35;
Mazzolari lettore di Yves Congar e Marie Dominique Chenu p. 43;
Pagine "attese e appaganti" p. 49;
Nota alla presente edizione p. 56;
Ringraziamenti p. 57;
Primo Mazzolari, Della fede:
Humanus sermo p. 61;
Humana plenitudo p. 83;
Vox vitae p. 103;
Il travaglio dell’uomo di fede p. 131;
La grammatica della fede p. 145;
Il mistero dell'incredulità p. 149;
"Credi tu questo?" p. 165;
Lettera inedita del vescovo di Cremona Giovanni Cazzani (16 giugno 1943) p. 171.
Abstract. «Riguardo al libro di Mazzolari, mi hanno dato di lui informazioni così impressionanti, che non desidero pronunciare a riguardo della sua dottrina giudizio alcuno. Mi si dice che faccia parte di un gruppo di modernisti». Queste allarmate e lapidarie parole inviate il 17 luglio 1943 dal cardinal Ildefonso Schuster al vescovo di Cremona Giovanni Cazzani pongono una pietra tombale sulla possibilità di pubblicare il saggio Della fede che don Primo aveva concluso nel marzo dello stesso anno, ma che potrà vedere la luce soltanto sulle pagine del quindicinale «Adesso» nel 1955.
Il vescovo Cazzani, in una lettera al parroco di Bozzolo rinvenuta di recente nell’Archivio Colla e pubblicata in appendice del volume, si mostra comprensibilmente preoccupato per le reazioni che il libro può suscitare sia nei lettori che negli occhiuti censori romani. Della fede, infatti, possiede all’ennesima potenza lo stigma mazzolariano della parola che comunica, quasi senza mediazioni, le urgenze dell’animo. Fin dalle prime pagine l’autore prende le distanze da un cristianesimo conformista, dalla «dimissione» dei propri principi in cambio di falsi privilegi - trasparente il rimando all’abbraccio «costoso» con il fascismo - e individua i possibili interlocutori nei «cercatori di ogni strada, che si sono liberati «dalle strutture libresche per rigustare il sapore di un discorso umano».
Tempo di credere nella produzione mazzolariana p. 7;
Il Vangelo e la storia p. 13;
Nella cultura del suo tempo p. 20;
La censura e il sequestro p. 25;
Il cristiano «uomo tra gli uomini» p. 40;
Nota alla presente edizione p. 44;
Ringraziamenti p. 45.
Primo Mazzolari, Tempo di credere.
Tempo di credere p. 53; Io credo;
Nel cenacolo p. 63;
L’ora desolata;
Su la soglia;
La strada p. 77;
Dimenticare;
Parliamo di cose nostre;
Ho perduto il Signore!;
Egli mi è venuto vicino;
Occhi che non vedono;
Prime inquietudini;
Chi vuole il mio star male?;
… e l’un dei Due …;
Il fatto di Gesù;
Verso la speranza;
Custos? quid de nocte?;
Tempo d’Avvento;
Voci lontane;
Voci vicine;
Ma Lui non l’hanno visto!;
… o tardi di cuore a credere!;
Taverna p. 203;
Emmaus e «più oltre» …;
… solo i violenti …;
Resta con noi;
Ci sei tu!;
… con loro;
- e Lo riconobbero nello spezzare il pane;
Credere per chi non crede;
Credere con chi crede;
Presentazione all’edizione del 1964 p. 265.
Abstract. Tempo di credere, terminato da don Primo nella seconda metà del 1940, viene sequestrato per ordine del Ministero della cultura popolare nel marzo 1941 e diffuso in forma clandestina negli anni successivi. È una meditazione sull’episodio evangelico dei due discepoli di Emmaus, ma il sequestro indica in modo eloquente l'irriducibilità della proposta mazzolariana ai miti propugnati dalla propaganda fascista.
Rifiutando atteggiamenti apologetici e spiritualmente disincarnati, Mazzolari definisce la Chiesa come «focolare che non conosce assenze», proponendo il principio il principio dell’accoglienza dei lontani e degli "smarriti"..
Gesù che si fa uomo e che cammina con l’uomo restituisce prospettive rinnovate all’intera vicenda umana, la consapevolezza dell’amore donato e condiviso permette di reinventare uno stile di carità che don Primo auspica fermento creativo dell’umanità e della Chiesa.
Gli scriveva con profonda adesione Giancarlo Vigorelli: «Ho letto quasi tutto il tuo libro, che mi è sembrato ed è certo il tuo più carico ed intenso, il più giustamente disperato».
Spesso le loro intense esperienze, pur essendo state poste ai margini della Chiesa e perciò vissute drammaticamente, come nel caso dell’eremo di Campello in Umbria, hanno costituito lo stimolo per una rinnovata concezione della Chiesa e del cristianesimo, anticipando esigenze che, almeno in parte, sono poi emerse nel concilio Vaticano II.
(Carlo Fantappiè)
Pur non essendo giunto ad elaborare un pensiero organico, un progetto politico ben delineato, Mazzolari ha saputo individuare problemi cruciali, offrire orientamenti radicalmente innovativi ad un mondo da ricostruire, gettare ponti tra i due popoli — cristiani e comunisti — in cui appariva divisa l'Italia degli anni Quaranta e Cinquanta, intravedere nella centralità della pace il problema su cui si giocava il futuro dell'intera umanità.
Questo libro ripercorre nel saggio iniziale il singolare itinerario del pensiero mazzolariano; ripropone quindi una serie di sue pagine significative, relative a questioni nodali nella vita del nostro Paese, ma che lasciano trasparire al tempo stesso una intensa dimensione spirituale; presenta infine una utile rassegna critica degli scritti dedicati al sacerdote.
m.d.p., “Jesus”, luglio, 1996
Questo lavoro, attraverso una accurata ricostruzione del personaggio e una lettura attenta della sua complessa biografia, ci restituisce un profilo di Grandi sottratto alla agiografia o, più spesso, al silenzio, e lo inserisce, finalmente a pieno titolo, tra i protagonisti della storia del cattolicesimo sociale e della democrazia italiana […]»
(dalla Presentazione di Giovanni Bianchi)
Scriveva alla mamma in uno di quegli splendidi carteggi che lo rendono un autore di letteratura a tutto tondo: «Ho la superba convinzione che le cariche di esplosivo che ho ammucchiato negli anni di San Donato non smetteranno di scoppiettare per almeno cinquant’anni sotto il sedere dei miei vincitori». Lo scriveva il 14 luglio 1952, con quella scrittura paradossale, urticante, che arriva diretta al lettore come una freccia, due anni prima il suo trasferimento a Barbiana. «Profezia per difetto» perché noi siamo qui ben oltre i cinquanta anni da lui previsti, ancora a parlare di lui.
Offrivo una sintesi della sua vita e un primo profilo critico nel 1992, la rileggo e la ripropongo a cento anni dalla nascita.
Mazzolari trasferiva infatti su «Adesso» gran parte delle tematiche al centro della sua attenzione: il tema dei «lontani», che lo collocava in un atteggiamento di ascolto e di dialogo «agli avamposti», e di revisione delle «opacità» interne alla Chiesa, ostacolo all’auspicato riavvicinamento di quanti si erano allontanati; la radicale opzione per la pace, maturata, disconoscendo l’iniziale interventismo nella prima guerra mondiale, con l’avanzare, nel corso del secondo dopoguerra, del pericolo atomico e del rischio di un nuovo conflitto mondiale; la passione per la condizione dei poveri, che fondava l’inesausto appello di giustizia nella sapienza antropologica di una comune povertà, sperimentata nella precarietà e incompiutezza di ogni esistenza.
Dalle pagine di «Adesso» giungeva ai suoi lettori l’esperienza di una fede intensamente vissuta, non timorosa di confrontarsi con le inquietudini, le resistenze, l’incredulità dell’uomo contemporaneo, e insieme l’espressione di preoccupazioni crescenti nei confronti del processo di secolarizzazione che stava trasformando la società italiana.
Nell’analisi di Maraviglia, ha scritto Giuseppe Battelli nella Prefazione al volume, le pagine della rivista sono «correttamente rilette alla luce di due coordinate essenziali. Quella mazzolariana di lungo periodo: attenta cioè a cogliere le permanenze e le variazioni rispetto alla lunga fase della vita di Mazzolari che precede la nascita di “Adesso”. Quella del contesto religioso, sociale, politico del secondo dopoguerra italiano; ragione di innesto e continuo elemento di “provocazione” per i dibattiti ospitati dal periodico».
Dibattiti situati storicamente, in un preciso contesto di tempo e di spazio, ma che non cessano di presentare importanti termini di confronto e di riflessione per la particolare declinazione evangelica, umana, sociale della proposta cristiana di don Primo Mazzolari.
E poi la sua lucidissima consapevolezza della secolarizzazione in atto, ampiamente misconosciuta in una Chiesa cattolica che si sentiva ancora «onnipotente», e l’esigenza di rivoluzionare i modelli di pastorale, e la sua intuizione della ricreazione come «bestemmia del tempo», da ripensare oggi, di fronte a un immaginario collettivo colonizzato da “ricreazioni” infinitamente più raffinate e pervasive di quelle che don Milani denunciava.
Rileggere "Esperienze pastorali" oggi permette di ripensare all’accusa che gli fu rivolta di «misoginia», scoprendone la sostanziale infondatezza. E tornare alla potenza sovversiva della radicalità evangelica da lui testimoniata, all’origine di una delle vicende più capaci di risvegliare coscienze critiche, educative e politiche, dal Sessantotto fino ai nostri giorni.
Le parole di Màdera aprivano uno scenario inedito rispetto a una declinazione tradizionalmente religiosa del fenomeno mistico, evocandolo come uno slancio di comunione che sorge nella gratuità dell’esperienza ordinaria e trasporta oltre la dimensione del quotidiano.
Con Michela Pereira e Anna Scattigno, abbiamo preso spunto da quella riflessione per aprire alcuni squarci su quell’apertura verso un “altrove” che l’appellativo “mistica” accomuna senza uniformare. Un’apertura espressa oggi da volti molteplici e voci diversissime, che la disaffezione nei confronti delle forme religiose istituzionali, soprattutto nell’Occidente europeo e nordamericano, non sembra dismettere.
Abbiamo convocato figure di studiosi (Giuseppe Cognetti, Giannino Piana, Paolo Trianni), e di studiose (la filosofa Annarosa Buttarelli e la teologa Antonietta Potente), nei cui saggi si rintracciano personalità dalla fama acclarata, come il pensatore Raimon Panikkar e il cantautore Franco Battiato, accanto a religiosi di profondo fascino ma quasi sconosciute , come il prete valdostano don Michele Do.
Ne emerge un piccolo campionario di voci della mistica contemporanea, evidenziandone in particolare «il potenziale di trasformazione» della vita e della storia. La mistica qui evocata è «esperienza integrale della vita» piuttosto che privilegio contemplativo, capacità di immergersi nel cuore della realtà, attenti al mistero, alla bellezza, al dolore del mondo.
Sommario del numero:
Mariangela Maraviglia, Arnaldo Nesti, Editoriale;
Saggi:
Mariangela Maraviglia, Michela Pereira, Anna Scattigno, Dalla «mistica selvaggia» alla «mistica discorde»: ai confini di questo mondo e oltre; Romano Màdera, Una mistica per tutti? Al crocevia dell’incontro e dello scontro tra crisi del sacro e desiderio di senso; Giuseppe Cognetti, Raimon Panikkar e la mistica; Giannino Piana, Michele Do. Una esperienza spirituale pura e creativa; Paolo Trianni, «Un uomo religioso e basta». L’itinerario spirituale di Franco Battiato; Annarosa Buttarelli, La mistica come forma mentis femminile; Antonietta Potente, Mistica. Umanissimi percorsi in cui il Mistero si svela
Note:
Stefano Sbalchiero, Giuseppe Giordan, Raccontare le spiritualità. Forme di credenza oltre la religione; Roberto F. Scalon, Anticamera dei dieci segreti di Medjugorje. La pandemia da Covid-19 nella lettura escatologica di Radio Maria; Luca Diotallevi, «La messa è sbiadita». La partecipazione a riti religiosi altamente istituzionalizzati in Italia tra il 1993 ed il 2019; Paolo Di Motoli, Fondamentalismo e homeschooling negli Stati Uniti; Ari Pedro Oro, Claude Petrognani, Le Dieu des Brésiliens, de Lula et Bolsonaro: Considérations socio-anthropologiques;
Recensioni:
Carmelina Chiara Canta, Papa Francesco parla alle donne (Verónica Roldán); Urban Religious Events. Public Spirituality in Contested Spaces, edited by Paul Bramadat, Mar Griera, Julia Martínez-Ariño, Marian Burchardt (Carlo Genova); Antonio Cavicchia Scalamonti, Il disagio dei morti (Antonio Camorrino); Giuseppe Scattolin, Riccardo Paredi, Manifestazioni spirituali nell’Islam, vol. I (Antonio Albanese).
Nate alla fine del fascismo come espressione della «corrente cristiana» del sindacato unitario dei lavoratori (CGIL), nel quadro di un disegno unitario di riconquista della società moderna da parte della Chiesa cattolica, le ACLI si qualificano negli anni Cinquanta come «movimento sociale dei lavoratori italiani» caratterizzate dalla triplice fedeltà «alla classe lavoratrice», «alla democrazia», «alla Chiesa».
Negli anni Sessanta e Settanta, l’attenzione alle lotte operaie e studentesche e al dibattito suscitato dal Concilio Vaticano II conduce le ACLI a una rottura del tradizionale «collateralismo» con il partito della Democrazia Cristiana e a una «scelta socialista» giudicata scandalosa e inaccettabile dalla gerarchia cattolica, che ritira l’«assistente ecclesiastico», figura di servizio pastorale e insieme di raccordo con i vertici ecclesiali.
Negli anni Ottanta e Novanta le ACLI si contrassegneranno per il contributo di analisi, interlocuzione, partecipazione alle trasformazioni di una società civile e una realtà politica in rapido mutamento, con un contributo particolarmente vivo al movimento per la pace.
Il dialogo ecclesiale si riapre da posizioni di autonomia e pluralismo delle scelte politiche e con la riscoperta, dall’interno del movimento, della «conversione al Vangelo come via per la riforma della politica».
Così padre Turoldo parlava del suo amico e confratello padre Giovanni Vannucci (1913-1984). Quest'ultimo si era innamorato della vita monastica attraverso l'amicizia con Sorella Maria di Campello. Si traccia qui un profilo della relazione tra queste due figure, che incarnano quel "cristianesimo mistico" di cui sentivano l'urgenza Raimon Panikkar e Karl Rahner quando affermavano: «Il cristianesimo del futuro o sarà mistico o non sarà».
The paper gives particular attention to the predominant motif of the senses, which appear in the title of his fundamental collection, O sensi miei... Poesie 1948-1988 (Milan 1990), a praise to the Earth, the cosmos, and history, themes which Turoldo borrowed from the theology of his time and from his constant reading and meditation on the Bible, which he abundantly quotes, refers to and alludes to.
Lo studio ripercorre la ricca produzione poetica di padre David Maria Turoldo (1916-1992) e ne presenta carattere, temi, fortuna critica. La poesia accompagnò l’intera vita del servo di Maria, sviluppandosi come diario intimo dei suoi sentimenti, manifestazione del suo anelito alla liberazione dell’umanità dall’ingiustizia, confessione dell’incessante ricerca del volto di Dio.
Nel testo si sottolinea in special modo il tema centrale dei sensi, scelto come titolo della sua fondamentale raccolta O sensi miei... Poesie 1948-1988 (Milano 1990), espressione di una valorizzazione della terra, del cosmo, della storia, che Turoldo mutuava dalla teologia del suo tempo e da una costante lettura e meditazione della Bibbia, vero e proprio bacino di citazioni, rimandi, allusioni.
Nell’eremo camaldolese di Monte Giove si promossero convegni che misero a confronto leader intellettuali della sinistra comunista (Pietro Ingrao, Rossana Rossanda, Mario Tronti, Massimo Cacciari) con monaci e teologi cpme Benedetto Calati e Sergio Quinzio; Giovanni Bianchi con padre Pio Parisi avviò nelle ACLI seminari di spiritualità e con Giuseppe (Pino) Trotta diede vita alla rivista “Bailamme” come laboratorio di “spiritualità e politica”; filosofe e teologhe iniziarono a leggere il pensiero delle mistiche del passato e del presente raccolte intorno a Romana Guarnieri, a Luisa Muraro e, soprattutto, a partire dallo Specchio delle anime semplici di Margherita Porete.
Arturo Paoli avrebbe parlato di “mistica discorde”; Antonietta Potente di “mistico/politica”: Adriana Zarri e David Maria Turoldo senza dare loro questi nomi avevano già vissuto quella postura nella loro vita. Mario Tronti ne scrisse con più convinzione e più forza teorica di tutti. Avvertendo le parole dei Padri del deserto: ascesi, vigilanza, pazienza, ascolto, meditazione, preghiera, silenzio, solitudine, come le più radicali e salutari alternative al potere reale (produzione-circolazione-consumo) che ci comanda (M. Tronti, Dello spirito libero. Frammenti di vita e di pensiero, Il Saggiatore, Milano 2015).
"Il nome di Mazzolari ricorreva nel discorso di don Michele come un patrimonio caro e indelebile, suoi brani venivano citati nelle omelie, qualche parola veniva perfino assunta nel senso impresso da don Primo, per esempio Cristo «acqua saliente per la sete della Samaritana», il «far fronte» come risposta a un dovere duro e inderogabile. Soprattutto i lettori di Mazzolari possono ritrovare nel pensiero di Do un credere che comprende e non respinge le inquietudini della fede; il richiamo dell’«Assoluto» tanto esigente quanto rispettoso della libertà di chi lo rifiuta; una dimensione di fede vissuta come sguardo di misericordia di un «Padre» che abbraccia e non nega l’umanità dei suoi figli. E scopriranno che la preghiera più nota di don Michele aveva don Primo come essenziale fonte ispiratrice".
La poesia di Turoldo nasce come profezia della storia, secondo suoi versi notissimi ‒ «Profeta non è / uno che annuncia il futuro, / è colui che in pena denuncia / il presente» ‒, e insieme come profezia di una comunione più vasta, che raccoglie con le antenne dei sensi voci e silenzi vicini e lontani, respiri e sospiri cosmici e divini.
.Fioretta Mazzei (1923-1998) visse con Giorgio La Pira, sindaco di Firenze negli anni Cinquanta e Sessanta, un lungo sodalizio spirituale e politico che segnò le loro vite e la storia della città. Il saggio ricostruisce la sua vicenda di contemplativa immersa nella storia, ne evidenzia la vicinanza ma anche l’autonomia dal più famoso La Pira, e presenta l’amicizia con personalità rilevanti del cattolicesimo novecentesco italiano come don Lorenzo Milani. Condividendo con lui la scelta dei poveri e il dovere di «dare la parola ai poveri», fece del suo ricco palazzo fiorentino una «casa aperta a tutti», spazio educativo di ospitalità, fraternità, incontro.
Da documenti e lettere emergono nomi di teologi e biblisti di punta (John A.T. Robinson, Marie-Dominique Chenu, Friedrich Gogarten, Charles H. Dodd) e pensatori originali come Giuseppe Lanza del Vasto; autori del cristianesimo ortodosso come Serafino di Sarov, Silvano del Monte Athos, Olivier Clément, il patriarca Atenagora; protagonisti del cattolicesimo italiano come Enzo Bianchi, Arturo Paoli, Adriana Zarri, Ernesto Balducci, Divo Barsotti, Luigi Bettazzi, David Maria Turoldo.
Tutti pubblicati da un editore “piccolo” nelle dimensioni ma non negli orizzonti culturali e spirituali; “cattolico” ma fieramente refrattario a tradizionali obbedienze e a nuove militanze; proteso a tenere insieme fedeltà diverse, tra tensioni interiori, profonde amicizie, sapiente conduzione dell’impresa editoriale.
Come scriviamo nell’Introduzione, noi che abbiamo compilato questa bibliografia di un autore che ci è stato amico, non riteniamo che possa considerarsi definitiva: alcune informazioni bibliografiche risultano incomplete poiché non è stato possibile accedere al documento originale; la consultazione di ulteriori riviste può rivelare collaborazioni finora non emerse; la scelta di escludere alcune testate “pastorali” può essere ripensata alla luce di considerazioni più inclusive. Saremo grati a chiunque voglia collaborare a renderla quanto più completa possibile con indicazioni bibliografiche o suggerimenti
Beatrice Iacopini, Mariangela Maraviglia, Andrea Vaccaro
The essay presents the book Notte di luce e di pietosa bontà (Milan 2019), which publishes the letters exchanged between Margherita Marchi, founder of the monastery of Viboldone (Milan) and her spiritual director. The correspondence highlights the affinity of mother Marchi with some of the most innovative religious figures of the 20th century (such as Jacques Maritain, Aurelio Escarré, Geremia Bonomelli, Sister Maria di Campello) who, like her, enhanced the ideas of personal conscience, reading and praying with the Bible, a feeling of universal communion with humanity and creation, the Christian life declined as the "primacy of love".
L’impegno a dare «la parola ai poveri» pervase tutta la vita e l’opera di don Primo Mazzolari. Colpito dalla drammatica e diffusa povertà, ispirato dalla lettura del Vangelo e di autori contemporanei come Charles Péguy, Jacques Maritain, Emmanuel Mounier, egli avvertì con forza la necessità di superare le tradizionali forme di carità e di impegnarsi per un profondo rinnovamento della Chiesa e della società.
Per Mazzolari i cristiani devono vivere pienamente la loro umanità nella storia, non rifugiandosi in concezioni spiritualistiche o intimistiche della fede, ma impegnandosi nella promozione di una società che abbia a cuore la giustizia e la pace, anticipazioni sulla terra del promesso «Regno di Dio». Nella sua opera la povertà è da una parte riconosciuta nel suo valore evangelico di rinuncia a ricchezza e potere, dall’altra combattuta quando si manifesta come ingiustizia e oppressione.
Fedele a queste istanze, don Primo testimoniò nella sua vita grande libertà da ogni «idolatria del denaro»; condivise la lotta antifascista rischiando più volte di essere ucciso; incalzò i responsabili della politica italiana verso un radicale riformismo che rimuovesse gli squilibri economici e assicurasse, come scriveva, «lavoro e pane» a tutti; offrì nel suo ministero presbiterale un esempio di quel volto di Chiesa accogliente e attenta ai bisogni dell’umanità che raccomandava nei suoi scritti.
Condivise queste aspirazioni con numerose personalità italiane, fra qeuste il parroco educatore don Lorenzo Milani e il politico e poi monaco Giuseppe Dossetti, ispiratore di uno storico discorso sulla povertà pronunciato dal cardinale di Bologna Giacomo Lercaro al Concilio Vaticano II. Un discorso raccolto in particolare dall’episcopato della Chiesa latinoamericana, che fece della «opzione preferenziale per i poveri» la cifra del suo rinnovamento.
Papa Francesco, conferendo nuova centralità a una Chiesa che sia sempre più «Chiesa povera e per i poveri», fa propria oggi una richiesta e un impegno che sorgeva dalle voci più sensibili del cristianesimo del secolo scorso, e tra queste la voce viva e partecipe di don Mazzolari.
Il maestro di cui si parla è padre Giovanni Vannucci (1916-1984), ancora seguito e amato da don Luigi Verdi e dalla fraternità toscana di Romena, da padre Guidalberto Bormolini e dai Ricostruttori della preghiera, da padre Alberto Maggi, che ha intitolato a lui il suo Centro Studi Biblici "Giovanni Vannucci", ma di cui si rischia di perdere velocemente la memoria nel nostro tempo troppo affollato di presente.
Grande sapienza e grande amore delle sapienze occidentali e orientali, nelle pagine di padre Giovanni si riconoscono le voci di tanti spiriti del passato e del presente, da Meister Eckart a Angelo Silesio, da Teilhard de Chardin a Raimon Panikkar, da Ernesto Buonaiuti ad Albert Schweitzer. E la sua vita ci ricorda tanto generoso Novecento: dall’avventurosa vicenda di Nomadelfia, la città della fraternità di don Zeno Saltini; alla vitalissima Firenze di Giorgio La Pira, condivisa con l’impetuoso confratello e amico David Maria Turoldo; alla realizzazione del suo sogno eremitico e monastico, a San Pietro alle Stinche (Panzano in Chianti, Firenze).
Per chi ha voglia di rileggerne vicende e messaggio c’è oggi un corposo studio, frutto di tanto amore e di una ricerca ultradecennale, di Michela Marinello, Serva di Maria come padre Giovanni Vannucci.
In particolare traccia con puntualità lo «scontro» che si giocò in quegli anni tra due visioni diverse della Chiesa cattolica e della relazione da instaurare con la modernità. Da una parte la convinzione che il Vangelo potesse essere vissuto in pienezza anche in una società moderna, complessa, tecnicamente avanzata, «evangelizzando la secolarizzazione»; dall’altra la certezza che i vessilli del cattolicesimo dovessero essere innalzati per recuperare valori e radici, non accontentandosi di “partecipare” alla società ma con l’intento di indirizzarla e guidarla.
La prima visione, sostenuta da Martini e da altri grandi pastori europei fedeli al dettato del Concilio Vaticano II fu sconfitta, in favore della linea intransigente sostenuta dall’allora pontefice Giovanni Paolo II in accordo con Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, e Camillo Ruini, segretario e poi presidente della Conferenza Episcopale Italiana.
Ma lo scenario che si è venuto sempre più delineando nella società europea, segnato dal definitivo affermarsi di un multiforme pluralismo culturale e religioso, dalla marginalizzazione se non irrilevanza della fede cattolica nella vita pubblica e privata, dalla perdita di credibilità per l’emergere di abusi e disordini di ogni genere, denuncia la fragilità di quella “vittoria”.
Pubblicato nella collana Teologhe e teologie a cura del Coordinamento Teologhe Italiane, il libro è un racconto storiografico che dipana dense trame di personalità, vicende, relazioni di donne del primo Novecento proiettate verso un nuovo protagonismo storico e culturale. Roberta Fossati, avvalendosi di numerosi studi e ricerche, a partire dagli studi pioneristici di Lorenzo Bedeschi e Paola Gaiotti De Biase e dal suo Élites femminili e nuovi modelli religiosi nell'Italia tra Otto e Novecento (Quattro venti, Urbino 1997), dà conto di molteplici voci, espressive di una cultura femminile accomunata dalla riscoperta del Vangelo, dal primato della coscienza, dalla riforma morale, non circoscritta all’aspetto individuale ma intesa alla costruzione di una società rinnovata.
Distanti nella interpretazione del ministero presbiterale soprattutto in relazione al “fare scuola”, vicini nella convinzione che il Vangelo dovesse inverarsi nella storia dalla parte degli ultimi e nella strenua «fedeltà», che collocava tutti, pur colpiti da dolorose censure, all’interno della comunione ecclesiale, nell’attesa condivisa e promossa di un «volto umano della chiesa».
Riccardo Cesari inizia così il suo libro su don Milani. Un fermoimmagine che indica perché di don Milani si continui ancora a scrivere, anche dopo aver ascoltato, letto e parlato molto di lui.
The series is a celebration of the life and work of Don Lorenzo Milani, the Italian Catholic priest who argued for and took upon himself the challenges and the tasks of education for the underprivileged. Don Lorenzo Milani was born in Florence on the 27th of May 1923 and died in Florence on the 26th of June 1967 and Collegio A Volta has puposedly aligned the Access to Education - 2023 seris with the birth centenary of Don Lorenzo Milani. The poster of the first part of series on Education. Global Challenges is available here. The poster of the second part of the series on Education. Focus on Italy will be published shortly. A brief tribute to the life and work of Don Lorenzo Milani is available at this page.
Il 6 ottobre alle 14 il Collegio universitario Alessandro Volta (via Ferrata 17 Pavia) ospita un pomeriggio aperto alla cittadinanza, fortemente voluto dal professor Ermanno Gherardi, rettore del Collegio, dedicato alla figura di don Lorenzo Milani, ideale conclusione, in lingua italiana, del ciclo di seminari con esperti internazionali che nella scorsa primavera ha avuto come tema Education, global challenges ossia Istruzione, le sfide globali, con dedica al priore di Barbiana, nato il 27 maggio 1923, nell’anno del centenario.
Tre gli incontri previsti:
• Elisa Chiari giornalista a Famiglia Cristiana, dal 1997 interessata alla figura del sacerdote fiorentino, affronterà il tema: Don Lorenzo Milani, una memoria “incandescente”, condizionata dal sentito dire, per ricontestualizzarne la figura, al di fuori della miriade di citazioni in cui è finita frammentata.
• Mariangela Maraviglia, storica, da sempre coinvolta negli studi sulle figure dei preti “incarnati” nella storia anche civile (in particolare David Maria Turoldo, Primo Mazzolari, Lorenzo Milani), componente del Comitato Nazionale per le celebrazioni per il Centenario di don Lorenzo Milani, parlerà sul tema La partenza irreversibile per l'Assoluto. Don Milani, il Vangelo, la Chiesa, per ricostruire il percorso di una fede per certi versi ancora misteriosa e il rapporto, tormentato, con quella che don Milani chiamava la Ditta.
• Francesco Messina, magistrato, consigliere di Corte d’appello a Lecce, appassionato studioso delle vicende del sacerdote fiorentino e impegnato nello studio delle carte del processo che vide don Milani imputato per apologia di reato a seguito della Lettera ai cappellani militari in cui difese le ragioni degli obiettori di coscienza, indagherà l’aspetto dell’impegno civile in Coscienza critica e legge in don Lorenzo Milani: un equilibrio instabile.
San Gimignano, Sala Tamagni, Eremo di San Pietro alle Stinche, 7 dicembre 2022
Come indica un titolo suggestivo di Arturo Paoli, Della mistica discorde. L’impegno come contemplazione (La Meridiana, Molfetta 2002), l’orizzonte spirituale è apparso risorsa creativa per l’impegno politico in un tempo, il secondo Novecento, di crisi e poi di crollo delle potenti narrazioni orientatrici e trasformatrici del vivere sociale, civile, economico.
A quell’orizzonte rimandano la vita di preghiera, lotta e poesia di figure religiose come Adriana Zarri a David Maria Turoldo; la scoperta della spiritualità come «coltivazione di sé non per sé ma contro il mondo» di intellettuali non credenti come Mario Tronti, Rossana Rossanda, Pietro Ingrao; l’ardua scommessa di una politica rifondata sull’interiorità lanciata da Giovanni Bianchi (a lungo presidente del movimento cristiano delle ACLI); e ancora, la valorizzazione della capacità trasformativa e antagonista della tradizione mistica di teologhe e filosofe femministe.
Una galassia di donne e uomini di diversissime formazioni, dislocazioni, scelte di vita, che hanno tratto dalla dimensione religiosa un motivo del loro impegno nella storia, o addirittura la convinzione che per realizzare «un altro mondo in questo mondo» occorresse confrontarsi con i patrimoni spirituali del passato e del presente, ma sempre con la barra dritta verso la laicità della politica, in direzione “ostinata e contraria” a ogni connubio con poteri religiosi, a ogni tentazione di derive clericali.
Una ricognizione di queste differenti figure, che spesso si sono incrociate in ricerche, convegni, dialoghi, dando vita a meticciati inediti, permette di recuperare frammenti di una storia recente in un tempo, come il nostro, intento a dimenticare se non a “distruggere” il passato. Non abbandonando così la memoria di evocatori di uno Spirito che sappia «disordinare il mondo» (Tronti); di cercatori di «un’etica che possa rimettere in piedi l’umanità» (Paoli); di una politica che assuma le proprie responsabilità verso i popoli, la natura, il cosmo. Raccogliendo, anche dal ricordo di queste voci e di questi volti, la provocazione lanciata da Arnaldo Nesti a «vivere il mistero della storia, oggi, con responsabilità».
Enrica Calabresi (Ferrara 1891 – Firenze 1944) entomologa di grandissima qualità, ricercatrice e docente universitaria, fu perseguita dal fascismo in quanto ebrea e le fu impedito di insegnare all'Università prima di Firenze e poi di Pisa. Internata nel carcere di Santa Verdiana a Firenze dai fascisti per essere consegnata alle SS, si avvelenò prima di cadere in loro mani.
Anna Maria Enriques Agnoletti (Bologna, 1907 – Sesto Fiorentino, 12 giugno 1944) è stata una intellettuale, civil servant che pose la sua competenza professionale e il suo senso civico al servizio della collettività e infine militante politica antifascista e partigiana. Torturata dalla banda Carità e fucilata dai nazisti, è stata insignita di Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.
Eda Pelagatti (Calenzano, 1912- Firenze, 2002) è stata la colonna femminile dell’esperienza di Barbiana, la parrocchia di montagna dove don Lorenzo Milani ha condotto la sua attività di prete e quella che diventerà la sua celebre scuola.
Fioretta Mazzei (Firenze, 26 settembre 1923 – Firenze, 11 novembre 1998): una donna immersa nella politica e nell'attività sociale. Collaboratrice con vari ruoli di Giorgio La Pira, è stata una delle figure di rilievo della storia istituzionale e religiosa di Firenze.
Neera Fallaci (Firenze, 1932-1984), autrice di una insuperata biografia di don Lorenzo Milani (Milano Libri 1974 e Rizzoli 1993). Dalla parte dell'ultimo. Vita del prete Lorenzo Milani rimane tuttora un testo fondamentale per ricchezza di documentazione e meticolosa precisione, illuminante per comprendere sia la figura profetica del parroco di Barbiana sia il contesto storico, religioso e sociale in cui operò.
ideali, ecclesiali e politici. Il fenomeno modernista incrocia tutto questo e svela la complessità delle sue istanze di riforma ecclesiale e riformulazione teologica, di trasformazione civile e articolazione pedagogica. Le donne vi sono coinvolte a molti livelli: nelle relazioni di amicizia testimoniate negli epistolari, nelle iniziative educative e solidali, nella letteratura impegnata, nel sogno di un diverso rapporto fra i sessi, nell’ideale di autenticità religiosa al di là delle barriere confessionali. In una ricca trama biografica, letteraria e geografica si incrociano nomi noti o poco conosciuti come quelli di Dora Melegari, Adelaide Coari, Antonietta Giacomelli, sorella Maria di Campello, Teresa Pioli, Maria Montessori. Altre novellatrici e intellettuali, giornaliste e poetesse, educatrici e scrittrici per l’infanzia formano una galassia che resta in parte sommersa. In questo studio riescono non solo a emergere, ma anche a mostrare le connessioni che ne fanno una sorta di comunità solidale. Un racconto avvincente pieno di volti e di memorie e ricco di sogni, che è al tempo stesso un valido strumento di ricerca e di ricognizione bibliografica
UNESCO, 29 novembre 2018
Sous le patronage de l’UNESCO, la Mission d’Observation Permanente du Saint-Siège auprès de l’UNESCO et le Diocèse de Crémone (Italie), en collaboration avec la Fondation “DON PRIMO MAZZOLARI”, organisent un Colloque international sur don Primo Mazzolari bâtisseur de la paix.
L’événement aura lieu de 15h à 18h le jeudi 29 novembre 2018, auprès du siège principal de l’UNESCO (Salle II) – 125 Avenue de Suffren – 75007 Paris (Francia).
Le rencontre – intitulé “LE MESSAGE ET L’ACTION DE PAIX DE DON PRIMO MAZZOLARI (1890-1959)” – sera honoré de la présence de S.EM. Le CARD. PIETRO PAROLIN, Secrétaire d’Etat de Sa Sainteté, qui délivrera l’intervention principale.
Après les amabilités de MGR. FRANCESCO FOLLO, Observateur Permanent du Saint-Siège auprès de l’UNESCO, et de S.E. MGR. ANTONIO NAPOLIONI, Evêque de Cremona, le Directeur Générale Adjoint MR. XING QU, présentera le point de vue de l’UNESCO sur le sujet de l’événement.
Ensuite, la parole passera à :
- PROF. GUY COQ, présidente honoraire de l’association “Amis d’Emmanuel Mounier”,
- PROF.SSA MARIANGELA MARAVIGLIA, membre du comitée scientifique de la Fondation “Don Primo Mazzolari”,
- PROF. DON BRUNO BIGNAMI, présidente de la Fondation “Don Primo Mazzolari”).
MGR. FRANCESCO FOLLO, conjointement avec S.E. MGR. ANTONIO NAPOLIONI, soumettra des brèves réflexions conclusives.
Il s’agit d’un événement revêtant une importance culturelle internationale autour de la personne et des œuvres de DON MAZZOLARI : attiré par la philosophie française, DON MAZZOLARI il fut contemporaine du français EMMANUEL MOUNIER, (1905 - 1950) philosophe et fondateur du personnalisme communautaire et il fut lecteur de la Revue « Esprit » qui se définit comme « un espace un espace de rencontres autour de quelques points d’appui où chrétiens, musulmans, agnostiques, juifs et incroyants peuvent se retrouver dans une réflexion sur le monde que nous avons à construire ».
Il n’est pas possible de comprendre l’écrivain don Primo Mazzolari, son engagement pour la résistance et son activité après la seconde guerre mondiale à travers le bimensuel « Adesso », sans l’influence de la philosophie française. Toutefois, il a amélioré le personnalisme d’idées pour donner force à la vision évangélique de l’homme.
Pour appliquer ces idées, en particulier dans la lutte contre la pauvreté, DON PRIMO MAZZOLARI a assuré une publication intitulée « la parole aux pauvres » aussi pour diffuser le message biblique de Salut apporté aux pauvres et au service de la rédemption humaine.
Enfin, il s’engage avec amour pour parvenir à une culture de paix, entre autres par l’éducation et tous les moyens qui puissent promouvoir une civilisation de justice et de paix. Il est un visionnaire avant l’heure, accompagnant l’UNESCO qui est engagée dans son objectif de bâtir la paix dans l’esprit des hommes et des femmes d’aujourd’hui.
Il fut aussi précurseur du modèle de rapport Eglise-monde exprimé par le Concil Vatican II dans la Constitution pastorale “Gaudium et spes”.
Balducci e Turoldo, nella lontananza del nostro tempo dal loro, sono ricordati come due "figure di umanità resistente", "spiriti liberi", nutriti di un "amore oppositivo per il mondo". Un amore per il mondo che non rinuncia a contrapporsi al male presente nel mondo: in termini evangelici a farsi forza di sovversione in tutti quegli ambiti che tradiscono il "sogno di Dio" nella storia; in termini laici, a «dare spazio» e a «far durare» tutto ciò che «non è inferno» nell’universo dei viventi (Italo Calvino).
Dalla Introduzione di Marco Campedelli al testo pubblicato
Dopo 25 anni dalla morte di Turoldo e Balducci ci sembrava importante fermarci a riflettere “voltandoci indietro" e guardando al tempo trascorso "con loro" " senza di loro". Per questo motivo abbiamo chiesto ad una storica, Mariangela Maraviglia, di aiutarci nella riflessione in un anniversario che aveva anche un valore simbolico come quello dei 25 anni. Perché a una storica? Per poter cogliere le due figure profetiche dentro la complessità del loro tempo e del nostro tempo.
Il legame ideale con i due testimoni Turoldo e Balducci ha sempre costituito per tutti noi un grado di "vicinanza" […] abbiamo voluto inserire una riflessione critica che accostasse alla "vicinanza" una prospettiva di "lontananza". […] Una sorta di decostruzione che si rivela un antidoto contro possibili forme di idealizzazione e ideologizzazione da cui nessuno è esente […;] un "vademecum dello sguardo" per continuate a guardare a Turoldo e Balducci per dirlo con il titolo di un bellissimo film di Wenders " così vicino così lontano".
«Sorella Maria e Mazzolari nutrivano la convinzione di non potersi ritenere orgogliosi possessori di verità, magari da imporre ad altri, come ancora avveniva per gran parte del Novecento; la poesia di Turoldo era pervasa dalla macerante domanda sul “silenzio di Dio” e approdava a un affidarsi tormentato al mistero dell’“Altro”; Adriana Zarri, abbandonandosi a un “Tu” appassionatamente amato, già viveva una dimensione cosmica “immersiva” che prelude alle ultimissime interrogazioni teologiche.
C’è in tutti loro l’avvertimento di inquietudini poi largamente condivise, e insieme il disagio di fronte all’esclusione di chiunque fosse considerato “lontano”, il superamento di un approccio individualistico e intimistico, oggi risorgente in gruppi e ambienti tradizionalisti e di nuova religiosità. In tempi e con stili diversi, da tutti giunge l’invito-provocazione a stare nel cuore della storia condividendone le sfide radicali e drammatiche; a esercitarsi nell’accoglienza e nell’ospitalità, scommettendo nella riconciliazione tra umani e con il creato; a cantare “il sogno del mondo”, come invitava Turoldo nel suo verso più luminoso».
Saremo grati a chiunque voglia collaborare a renderla quanto più completa possibile con indicazioni bibliografiche o suggerimenti
Beatrice Iacopini, Mariangela Maraviglia, Andrea Vaccaro
«La biografia di Maraviglia mette in luce un aspetto non abbastanza ricordato di Adriana Zarri: la sua teologia mistica e trinitaria. Quella trama “trialogica” che, nella sua concezione, investiva ogni relazione ed ogni piano del vivere. Era convinta che tutta la realtà ne fosse coinvolta in un unico “movimento d’amore”. Da cui la sua comprensione per le vicende degli ultimi, la sua attenzione per ogni sfumatura della complessa trama cosmica, il suo invito all’incontro con la terra, tutt’altro che panteista. Amava dire che “Dio è Altro, ma un Altro dentro!”, di cui bisogna saper riconoscere la presenza amorevole in “tutta quella vita che fiorisce, che pigola, che fruttifica, che miagola”. Parole in cui si intravedono temi e motivi sviluppati nella teologia contemporanea e nel magistero dell’attuale Pontefice: il rifiuto dell’antropocentrismo sfruttatore e devastatore; la comprensione della terra come "grembo vitale" di una comunità fraterno-sororale di esseri. Parole che, all’epoca, disgustarono molti e che, oggi, alla luce della Laudato si’, non solo non danno più scandalo, ma partecipano di questo tratto di strada della Chiesa nella lunga vicenda del mondo».