Papers by Andrea Zambrini
In un recente convegno, organizzato da Serena Bianchetti, ho colto l'occasione, forse tardiva, di... more In un recente convegno, organizzato da Serena Bianchetti, ho colto l'occasione, forse tardiva, di discutere la datazione innovativa di Bosworth per gli Indikà di Megastene( 1 ). Come avrà modo di constatare chi vorrà leggere quel contributo, ho manifestato alcuni dubbii di fondo che mi spingono a insistere sulla vecchia datazione: per me gli Indikà continuano a essere un'opera da inserire e comprendere nel quadro dei rapporti tra Seleuco Nicatore e Candragupta Maurya dopo le vicende del 305 a.C. In quella sede ho sviluppato un ragionamento essenzialmente incentrato sul contesto storico, per me eccentrico, in cui Bosworth preferisce inserire la missione diplomatica e la composizione dell'opera megastenica; tuttavia nella parte finale della comunicazione facevo alcune osservazioni generali, e generiche, relative al contenuto degli Indikà. Oggi vorrei concentrarmi più decisamente sull'opera megastenica, per completare il ragionamento iniziato a Firenze e per ricalibrare il mio giudizio sugli Indikà, che, anche se non cambia nella sostanza, tuttavia tende oggi a una maggiore articolazione, per recuperare il significato complesso di quella ricerca, che attualmente mi sembra smarrito. Questo, almeno, è il mio desiderio. Farò dunque una breve premessa relativa al contesto, in cui si è sviluppata la mia ricerca megastenica allora (e quella etnografica più in generale).
Apodexis: quale "esposizione"?
Risposta a Ph. Stadter, recensione a Lexicon historiographicum graecum et latinum (LHG&L), fasc. ... more Risposta a Ph. Stadter, recensione a Lexicon historiographicum graecum et latinum (LHG&L), fasc. 2, αλ-αφ, HR 3/4/2009 Andrea Zambrini (Università della Tuscia, Viterbo) Apodexis: quale "esposizione"? Il 3 Aprile 2009 Philip Stadter ha pubblicato in questo sito, Historiarum Reliquiae, una recensione al secondo fascicolo del Lexicon Historiographicum Graecum et Latinum, αλ-αφ, pubblicato a Pisa nel 2007, in cui avanza delle obiezioni e delle riserve sulla mia inter-pretazione del termine apodeixis, voce da me redatta nel fascicolo or ora ricordato. Vorrei replicare tanto alle critiche dedicate al modo di intendere e tradurre apodeixis quanto alle implicazioni che concernono il problema della natura della storiografia antica. Stadter osserva, a proposito della mia traduzione di apodexis nel proemio erodoteo ("esposizione argomentata"; uso la forma ionica tutte le volte che riferisco il termine a Erodoto), che non ho tenuto conto del significato del successivo participio passivo aoristo (apodechthenta), accordato con erga e chiaramente imparentato con apodexis, dato che ambe-due derivano dalla stessa radice dek-. Siccome per Stadter nella forma verbale è centrale "the sense of performance" ne deriva che anche in apodexis il "senso della performance" debba essere centrale e che in apodechthenta è difficilmente leggibile il significato "argo-mentato". Da qui l'ulteriore osservazione che io sottovaluto lo stretto nesso performan-ce/dimostrazione implicato in apodexis. Innanzi tutto: non credo che valga l'osservazione per cui il significato di apodechthenta debba riversarsi automaticamente, senza ulteriori slittamenti o modificazioni, su apodexis. A livello generale, è chiaro che non tutti i significati opzionali espressi dalla "radice" di base si distribuiscono ugualmente tra forme verbali e nominali. Ne consegue che apodexis, nel suo significato tecnico può avere una valenza specifica che viene sollecitata e ulteriormente approfondita, nonché orientata, dall'accostamento con historie (tale accostamento è centrale e non va né sottovalutato né passato sotto silenzio). Questo significato non corrisponde con esattezza a nessuno dei varii significati di apodeiknumi, anche se, evidentemente, rimane l'apparentamento di base, ed è normale che sia così: tanto per fare un esempio, sarebbe assurdo se volessimo dare a una qualsiasi occorrenza di poiein la pregnanza di significato tecnico espressa da poiema. Quello di apodeixis è un significato che si forma in ambito filosofico e medico e mi sembra che i rimandi letterari da me citati lo testimonino pianamente. Vorrei inoltre osservare che, come dico all'inizio della voce, il preverbio apo-contribuisce a precisarne il significato, aggiungendovi il riferimento a una dimensione contestuale supplementare. Questa dimensione è l'historie, strettamente legata all'apodexis in un senso non tanto "performativo" quanto "espositivo/dimostrativo": l'apodexis è resa possibile dalla historie e, a sua volta, l'apodexis rende accessibile l'historie al pubblico. L'evoluzione stessa del termine dimostra senza equivoci l'appartenenza di apodeixis a un ambito semantico legato, tecnicamente, a ciò che è "dimostrazione", espressione articolata del proprio pensiero, e nella fattispecie sostegno argomentativo a un discorso storico. E del Reseñas A. Zambrini: Risposta a Ph. Stadter, LHG&L 2 (αλ-αφ) 1
A Companion to Greek and Roman Historiography. Edited by John Marincola, Wiley-Blackwell, 2011
MITI DI GUERRA RITI DI PACE. LA GUERRA E LA PACE: UN CONFRONTO INTERDISCIPLINARE, 2011
«Quando parlo di "società fredde" e di "società calde", ho in mente dei casi limite. Ho detto, sc... more «Quando parlo di "società fredde" e di "società calde", ho in mente dei casi limite. Ho detto, scritto, ripetuto cento volte che nessuna società è assoluta-mente "fredda" o "calda". Si tratta di nozioni teori-che di cui abbiamo bisogno per elaborare le nostre ipotesi. Le società empiriche si distribuiscono lungo un asse di cui nessuna di esse occupa i poli estremi. In secondo luogo non stabilisco una distinzione og-gettiva tra differenti tipi di società. Mi riferisco al-l'atteggiamento soggettivo che le società umane adottano nei confronti della propria storia. Quando parliamo di società "primitive" mettiamo delle vir-golette perché si sappia che il termine è improprio e impostoci dall'uso. E tuttavia è adatto in un senso preciso: le società che noi chiamiamo "primitive" non lo sono in alcun modo, ma esse si vorrebbero tali. Si sognano primitive, perché il loro ideale sa-rebbe di restare nello stato in cui gli dei o gli antenati le hanno create all'inizio dei tempi. Ben inteso, esse si illudono e non sfuggono alla storia più delle altre. Ma questa storia, di cui diffidano, che non amano, esse la subiscono. Mentre le società calde-così la nostra-hanno un atteggiamento radicalmente diffe-rente di fronte alla storia. Noi non riconosciamo sol-tanto l'esistenza della storia, noi le dedichiamo un culto perché …. la conoscenza che noi crediamo o vogliamo avere del nostro passato collettivo, o più esattamente il modo in cui lo interpretiamo, ci serve a legittimare o a criticare l'evoluzione della società in cui viviamo e a orientare il suo futuro. Noi inte-rioriziamo la nostra storia, ne facciamo un elemento della nostra coscienza morale». Questa lunga citazione di Claude Lévi-Strauss, tratta dal libro intervista curato da Didier Eribon 1 , rappresenta un eccellente punto di partenza teorico per tracciare uno schizzo del ruolo svolto da Erodoto e Tucidide nella sco-perta della storia e del movimento storico e ci aiuta anche a sottrarre la discussione sul rapporto tra storio-grafia antica e moderna al ristretto ambito dell'antichi-stica che, limitando la prospettiva storico-culturale a specifiche questioni tecniche, spesso secondarie e non strutturali, rischia di rendere oscuro ciò che invece, a mio avviso, deve rimanere ben chiaro: la storia, come ancora la intendiamo e la pratichiamo oggi, è una eredità che ci deriva da Erodoto e Tucidide non soltanto per fatti tec-nico-compositivi persistenti, seppure sottoposti a cam-biamento a seconda dei contesti storico-culturali, quanto, soprattutto, perché essi sono stati i fondatori del movi-mento storico e della coscienza storica; ciò ha compor-tato uno specifico modo di ricordare il passato e un suo conseguente uso in prospettiva presente e futura. Infine, come vedremo, la scoperta del movimento storico porta con sé una visione della guerra che, mi pare, influenza anche il giudizio implicito, inespresso, di Erodoto e Tu-cidide sul movimento storico stesso, cioè sullo sviluppo. Naturalmente so di operare per generalizzazioni e sem-plificazioni in una materia complessa, articolata, sfug-gente come il sentimento di Erodoto e Tucidide rispetto alla storia; me ne scuso in anticipo. I Greci per primi, dunque, hanno scoperto la storia come movimento coerente e logicamente concatenato di avvenimenti, operando una rottura rispetto ad altri modi di ricordare; a loro dobbiamo l'affermarsi della co-scienza storica, cioè l'interpretazione del passato come elemento della coscienza del presente: è chiaro che in Erodoto le disavventure dell'impero persiano sono un modello paradigmatico per ogni impero (con allusione chiara ad Atene, per es.) 2 ; in Tucidide la paradigmati-cità del presente, che si tramuterà assai presto in passato, è teorizzata. E si capisce bene che per loro, come per Lévi-Strauss, l'interpretazione del passato costituisce un elemento determinante del comportamento nel presente 1 The war in Herodotus and Thukidides Herodotus and Thukydides discover the historical movement and then work out the idea of historical process and historical conscience. But, even if they acknowledge the unavoidableness of the historical movement, they donʼt seem to love it unlike us: in fact, the wars too are caused by the movement; even better, the growth of civilization of the Greek society leads to always greater wars, until the most devastating of all, the Peloponnesian war.
Politiche Religiose nel mondo antico e tardoantico, 2011
POLITICHE RELIGIOSE NEL MONDO ANTICO E TARDOANTICO-© 2011 · Edipuglia s.r.l.-www.edipuglia.it AND... more POLITICHE RELIGIOSE NEL MONDO ANTICO E TARDOANTICO-© 2011 · Edipuglia s.r.l.-www.edipuglia.it ANDREA ZAMBRINI ALESSANDRO IN INDIA: TRA CONQUISTA, RELIGIONE E TOLLERANZA In apertura del libro settimo dell'Anabasi di Alessandro 1 , Arriano raggruppa nei primi tre capitoli alcuni aneddoti emblematici del carattere di Alessandro: la sua sete insazia-bile di conquista che, sulla soglia della morte, lo spinge verso progetti di imprese occi-dentali; la sua ammirazione per filosofi e asceti (Diogene, i saggi indiani) che, lontani dalle lusinghe del mondo e concentrati su se stessi, non temono il potente re e i suoi or-dini perentorî, anzi si permettono di tenergli testa con risposte piene di dignità. Tra gli asceti fa eccezione l'indiano Calano che, tradendo la regola, i costumi patrî e attirando su di sé un giudizio sprezzante dei suoi compagni, seguirà Alessandro e la sua corte, fino alla morte per suicidio, una volta ammalatosi senza rimedio 2. Tralascio di occu-parmi delle notizie sul desiderio di conquista del Macedone, anche se non può sfuggire il collegamento tra l'ambizione e l'orgoglio di Alessandro, testimoniato dai cosiddetti 'ultimi piani', e la prima risposta dei saggi indiani di 7, 1, 5: ricordano all'ineguaglia-bile Conquistatore che egli è un uomo effimero e di passaggio, come tutti, e che presto possiederà tanta terra quanta basterà per seppellire il suo corpo ormai estinto 3. A prima vista questi aneddoti sembrano esprimere un giudizio negativo sul carattere di Alessan-dro, in realtà credo che vogliano comunicare al lettore l'unicità e l'originalità di una grandezza di carattere e di azione che tutto riassorbe in se stessa e purifica, anche gli aspetti negativi. Riassumendo quanto ho scritto nel commento ai luoghi arrianei or ora ricordati: «parafrasando liberamente Strabone (1, 1, 23), Alessandro è per Arriano una di quelle statue colossali, di cui non si esaminano accuratamente tutte le singole parti, ma si considera l'aspetto d'insieme; e l'immagine di Alessandro, nella sua totalità, è grandiosa e inarrivabile» 4. Mi concentro, in questa sede, sul modo di comporre di Ar-riano e sulla sostanza storica che si può intravedere in questi aneddoti sui saggi indiani
Conference Presentations by Andrea Zambrini
L'Uso dei Documenti nella Storiografia Antica, 2003
In questa sede riprendo una questione ormai annosa: la datazione degli In-dikà di Megastene rifor... more In questa sede riprendo una questione ormai annosa: la datazione degli In-dikà di Megastene riformulata da Brian Bosworth in modo originale in un articolo su Classical Philology del 1996 1. Un argomento che, per ovvie ra-gioni, mi sta a cuore; devo a Serena Bianchetti, se espongo qualche osserva-zione sulla datazione proposta da Bosworth. Mi preme, tuttavia, dichiarare che, qualsiasi obiezione io avanzi in merito, ciò non scalfisce minimamente l'ammirazione, e il debito di riconoscenza, anche personale, che nutro nei confronti di uno studioso del calibro di Brian Bosworth. Inoltre preciso che discuterò la tesi di Bosworth, limitandomi quasi esclusivamente a una riconsiderazione delle poche fonti antiche utili per la datazione della mis-sione in India di Megastene: "quasi esclusivamente", perché in conclusione mi riserverò alcune osservazioni, di carattere molto generale, sugli Indikà, che naturalmente avrebbero bisogno di essere trattati più ampiamente e dettagliatamente. Bosworth ribalta i termini della questione Megastene, così come era sta-ta affrontata fino ad allora. Nega che Megastene sia un uomo dell'ambiente di Seleuco; nega che egli sia un ambasciatore di Seleuco Nicatore presso 1
Drafts by Andrea Zambrini
Presentazione di un libro di Pierre Briant al Dipartimento di Storia a Firenze
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Peer-review. Articoli e note inviati per la pubblicazione alla rivista sono sottoposti -nella for... more Peer-review. Articoli e note inviati per la pubblicazione alla rivista sono sottoposti -nella forma del doppio anonimato -a peer-review di due esperti, di cui uno almeno esterno al Comitato Scientifico o alla Direzione. Ogni due anni sarà pubblicato l'elenco dei revisori.
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Recensione a U. FANTASIA, La guerra del Peloponneso
Estratto ANDREA ZAMBRINI Perchénon possiamo non dirci 'colleghi' di Erodoto e Tucidide. Considera... more Estratto ANDREA ZAMBRINI Perchénon possiamo non dirci 'colleghi' di Erodoto e Tucidide. Considerazioni a partire da un recente libro
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