Sballerio-2 FUSILLO
Sballerio-2 FUSILLO
Sballerio-2 FUSILLO
ISSN 2531-7547
http://dx.doi.org/10.14672/20201712
Abstract • L’articolo discute le prospettive attuali della critica tematica e della mito-
critica, analizzandone i rischi metodologici (il contenutismo e l’accumulo indiscrimi-
nato di materiali), e proponendo un modello di comparatistica transmediale, che po-
trebbe rivitalizzare l’approccio classico degli inter artes studies. L’analisi, che investe
anche il concetto di modo come insieme di tratti formali e tematici, si conclude con
un esempio concreto: un grande mito della modernità, Don Giovanni, strettamente
connesso al tema della seduzione, ricco di implicazioni filosofiche e antropologiche.
Parole chiave • Tematologia; Mitocritica; Transmedialità; Metamorfosi; Seduzione
Abstract • The article focuses on the recent perspectives of thematic and myth crit-
icism, by analyzing the methodological risks they have to face (the contentism and the
indiscriminate accumulation of materials), and by proposing a model of transmedial
comparativism which could revitalize the classic approach of inter artes studies. In the
last part, the article, which also focuses on the idea of mode as a set of formal and
thematic traits, discusses the example of Don Giovanni, a modern myth strictly con-
nected with the theme of seduction and with a lot of philosophical and anthropolog-
ical implications.
Keywords • Thematology; Myth criticism; Transmediality; Metamorphosis; Seduction
Miti, temi, modi. Per una comparatistica transmediale
Massimo Fusillo
1
Cfr. Remo Ceserani, Convergenze. Gli strumenti letterari e le altre discipline, Milano, Bruno Mon-
dadori, 2010; Letteratura europea, vol. 5, Letteratura, altre arti, altri saperi, a cura di Piero Boitani
e Massimo Fusillo, Torino, UTET, 2014.
Massimo Fusillo • Miti, temi, modi 13
2
A Comparative Intermedial History of the Baroque, a cura di Massimo Fusillo e Helga Mitterbauer,
per la collana del Research Committee on Comparative History of Literatures in European Lan-
guages (CHLEL) dell’ICLA, pubblicata dall’editore John Benjamins.
3
Transmediality / Intermediality / Crossmediality: Problems of Definition, edited by Hans-Joachim
Backe, Massimo Fusillo and Mirko Lino, with a section on Dante’s Intermedial Reception edited
by Caroline Fischer and Mattia Petricola, «Between», vol. 10, n. 20, 2020.
4
Henry Jenkins, Cultura convergente [2006], prefazione di Wu Ming, trad. di Vincenzo Susca e
Maddalena Papacchioli, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2007, cap. 3, pp. 81-129.
5
Lubomír Doležel, Heterocosmica. Fiction e mondi possibili [1997], trad. di Margherita Botto, Mi-
lano, Bompiani, 1999; Thomas Pavel, Mondi di invenzione. Realtà e immaginario narrativo, trad.
di Andrea Carosso, Torino, Einaudi, 1992.
14 5 2020 • Comparatismi
anche grazie al contributo dei fruitori, se si pensa a fenomeni come la fanfiction o i blog.
Molto efficace la sintesi di questo nuovo paesaggio mediale fatta da due narratologi, Marie-
Laure Ryan e Jean-Noel Thon:
serial storyworlds that span multiple installments and trans-medial storyworlds that are de-
ployed simultaneously across multiple media platforms, resulting in a media landscape in
which creators and fans alike constantly expand, revise, and even parody them.6
Una comparatistica che voglia interagire con questo paesaggio mediale, lo voglia de-
scrivere, interpretare, e far dialogare con il passato, può giocare su diversi piani. Può im-
bastire percorsi sulle forme e sulle strategie espressive, come, ad esempio, la focalizza-
zione, categoria transmediale di grande efficacia, presente in tutte le arti e i media con
diverse funzionalità.7 Può allo stesso modo costruire percorsi di tipo tematico ancora più
ricchi, anzi spesso eccessivamente ricchi, al punto da creare un accumulo indiscriminato
che può risultare problematico (vedremo fra poco quali sono gli antidoti possibili contro
questo rischio di contenutismo esasperato). E infine può cercare una connessione fra i due
piani attraverso un concetto come il modo: un insieme di costanti formali e tematiche sto-
ricamente determinate, ma che ricorrono in diversi contesti culturali e in diversi generi,
come i modi realistico, sentimentale, patetico,8 o come il melodramma, che è in alcuni casi
un genere (nel teatro musicale, nel cinema), ma è soprattutto un codice stilistico, un’estetica
fortemente transmediale.9
6
Marie-Laure Ryan e Jean-Noël Thon (a cura di), Storyworlds Across Media. Towards a Media-
Conscious Narratology, Lincoln-London, U of Nebraska P, 2014, p. 1.
7
Cfr. Massimo Fusillo, Focalization as Transmedial Category, in Transmediality / Intermediality /
Crossmediality, cit.
8
Cfr. Remo Ceserani, Guida allo studio della letteratura, Roma-Bari, Laterza, 1999, pp. 131-132.
9
Oltre al classico Peter Brooks, L’immaginazione melodrammatica [1976], Parma, Pratiche, 1985,
da vedere ora Fabio Vittorini, Melodramma. Un percorso intermediale fra teatro, romanzo, cinema
e serie TV, Bologna, Patron, 2020.
10
Henry Jenkins, Cultura convergente, cit., p. 112.
11
Roland Barthes, S/Z. Una lettura di “Sarrasine” di Balzac [1970], trad. di Lidia Lonzi, Torino,
Einaudi, 1973, pp. 17 e 19.
Massimo Fusillo • Miti, temi, modi 15
dell’immaginario, e per indagare il ruolo che la letteratura può giocare al loro interno, bi-
sogna scegliere metodi antigerarchici, che rifiutino ogni predominio del verbale e del let-
terario su altre forme espressive, e che decostruiscano definitivamente ogni metafisica
dell’originario. Praticare dunque analisi che superino l’impianto organicistico e storici-
stico, sempre articolato in una relazione monodirezionale che va da un modello alle sue
rielaborazioni. La comparazione deve essere invece multidirezionale, e deve valorizzare la
creatività della ricezione e il suo effetto retroattivo sull’originale, assecondando così l’ete-
rogeneità dell’immaginario contemporaneo.
Suggestioni molto utili in questo senso possono venire dal diffractive reading teorizzato
da Donna Haraway come un nuovo modello epistemologico. Scegliendo un fenomeno ot-
tico come la diffrazione, che dipende tanto dalle onde luminose quanto dall’oggetto inve-
stito, e si contrappone alla riflessione, mimetica e gerarchica, Haraway propone una lettura
che fa interagire testi spesso non legati da vincoli di parentela, per produrre una nuova
coscienza critica non più interessata al rapporto fra originale e copia, ma alla metamorfosi:
Diffractions is about heterogeneous history, not about originals. Unlike reflections, diffrac-
tions do not displace the same elsewhere, in more or less distorted form, thereby living rise
to industries of metaphysics. Rather, diffraction can be a metaphor for another kind of critical
consciousness at the end of this rather painful Christian millennium, one committed to mak-
ing a difference and not to representing the Sacred Imagine of the Same.12
12
Donna Haraway, Modest_Witness@Second_Millenium.FemaleMan_Meets_OncoMouse,
Routledge, New York, 1997, p. 273.
13
Odo Marquard, Lob des Polytheismus. Über Monomythie und Polymythie, Berlin, De Gruyter, 1979.
14
Nicolas Bourriaud, Il radicante. Per un’estetica della globalizzazione [2009], trad. di Gianni Ro-
mano, Milano, Postmedia Books, 2014.
15
Maurizio Bettini, Contro le radici. Tradizione, identità, memoria, Bologna, Il Mulino, 2011; Id.,
Elogio del politeismo. Quello che possiamo imparare dalle religioni antiche, Bologna, Il Mulino,
2014.
16
Il riferimento d’obbligo va a Rosi Braidotti, Il soggetto nomade. Femminismo e crisi della mo-
dernità, Roma, Donzelli, 1994.
16 5 2020 • Comparatismi
visione fortemente instabile dell’identità, costruita da infinite performance, deve molto alla
teoria queer, e si differenzia dal precedente significativo del rizoma di Deleuze (altra for-
tunata metafora botanica) proprio per il rilievo dato alla soggettività (assente nel modello
rizomatico) e al viaggio come infinita dilatazione spazio-temporale.
Entrambe le metafore, la diffrazione e il radicante, rendano bene il modello di compa-
ratistica intermediale e transmediale che avrei in mente: multidirezionale, eterogenea, an-
tigerarchica, e totalmente depurata dal problema dell’origine. Questo non significa comun-
que che tutte le ricerche di comparatistica intermediale debbano avere un’irradiazione cao-
tica e capillare: si tratta essenzialmente di un metodo di lettura, di un atteggiamento men-
tale, che può valere anche per le analisi di stampo più tradizionale. Bisogna insomma ac-
quisire quella che un filosofo ed estetologo italiano, Piero Montani, ha chiamato «immagi-
nazione intermediale», profondamente attenta alla complessità dei linguaggi e delle strate-
gie di autenticazione dell’immagine.17 In questo modo sapremo valorizzare i rischi della
comparatistica come «indisciplina» (l’efficace definizione di David Ferris)18 per creare
connessioni imprevedibili: proporre un sapere eterogeneo in cui la letteratura si ibrida con
il mediascape.
3. Nuove tematologie
Nel 1993 Werner Sollors curava per la Harvard University Press un saggio collettivo dal
titolo programmatico ed efficace, The Return of Thematic Criticism, che conteneva fra l’al-
tro anche un contributo da parte italiana, di Francesco Orlando.19 Tredici anni dopo Susan
Wolfson e Marshall Brown curano un altro saggio collettivo, dal titolo Reading for Form,
in cui propongono un ritorno all’analisi delle forme.20 La storia della critica letteraria, e la
storia della cultura in generale, è spesso una storia di ricorsività, ritorni ciclici, reazioni
edipiche più o meno violente. L’approccio tematico è ritornato in auge dopo decenni di
anatemi (o di semplice diffidenza) che venivano dall’idealismo crociano e dallo scientismo
strutturalista, poco incline verso una categoria fluida e indistinta come il tema. Dopo un
periodo di egemonia del tematismo, che include in un certo qual modo anche la galassia
dei cultural studies, sono riemersi i suoi limiti e i suoi rischi, che sintetizzerei in due punti
fondamentali: 1) il contenutismo, di cui tratta in questo numero Giovanni Bottiroli, sotto-
lineando che «il linguaggio non è solo un veicolo di contenuti»; e 2) l’accumulo indiscri-
minato di materiali non sempre rilevanti e significativi.
Per evitare questi due rischi bisogna innanzitutto ricordarsi che il tema è sempre frutto
di una scelta ermeneutica: come sostiene Daniele Giglioli in un libro di introduzione alla
tematologia molto acuto e oggi purtroppo introvabile, il tema è lo spazio di tensione fra
l’argomento e il senso; è la prospettiva da cui il lettore (qualunque tipo di lettore) decide di
17
Piero Montani, L’immaginazione intermediale. Perlustrare, rifigurare, testimoniare il mondo vi-
sibile, Roma-Bari, Laterza, 2011.
18
David Ferris, Indiscipline, in Comparative Literature in an Age of Globalization, a cura di Haun
Saussy, Baltimore, The Johns Hopkins UP, 2006, pp. 78-99.
19
Werner Sollors (a cura di), The Return of Thematic Criticism, Cambridge (Mass.)-London, Har-
vard UP, 1993.
20
Susan Wolfson e Marshall Brown (a cura di), Reading for Form, Seattle, U of Washington P,
2006; da vedere soprattutto l’introduzione di Susan Wolfson, in cui rifiuta comunque «any totalizing
agency» (p. 23), e auspica che la maggiore attenzione alle forme possa anche revitalizzare la teoria
e i cultural studies.
Massimo Fusillo • Miti, temi, modi 17
interpretare e ri-usare il testo, o una serie di testi di vario genere.21 È quindi una categoria
soggettiva, che riguarda l’interpretazione, e si distingue perciò dalla categoria parallela, ma
più oggettiva e riconoscibile, del motivo (non a caso al centro della narratologia funziona-
lista e strutturalista che segue il modello di Propp). A questa posizione possiamo accostare
(nonostante le innegabili differenze, soprattutto per l’assenza della dimensione soggettiva)
la ricerca dell’ultimo Francesco Orlando, che si stava orientando sull’ambito dell’inventio
e sui compiti del critico tematico. Valentina Sturli l’ha ricostruita sulla base degli appunti
dello studioso:22 ne risulta che per Orlando la realtà preesistente alla letteratura, infinita
nelle sue manifestazioni, deve essere sempre filtrata da una serie di codici letterari che sono
invece finiti; tocca al critico ricostruirli, analizzando il modo in cui un tema viene artico-
lato, modulato e modelizzato, e non limitandosi a segnalare la sua presenza in un testo,
come faceva la Stoffgeschichte, la prima declinazione positivistica della tematologia:
Troppe volte l’indagine tematica rischia di risolversi in una lista di occorrenze di un dato
contenuto che si ripete da un testo all’altro, senza che vengano poste effettive domande su
come esso prenda forma all’interno di una singola opera. Elencare per esempio tutte le ma-
nifestazioni di un ipotetico tema del fantasma nella letteratura non è di per sé operazione
particolarmente pregnante. Ci sono fantasmi e fantasmi, come diversissimi sono i modi di
trattarli in letteratura: un fantasma può essere testimone di un passato che non muore, un’oc-
casione di deliziosa parodia, un modo per mettere in forma angoscia e aspettative sul pre-
sente, un elemento di folklore puro e semplice, un’orrida realtà persecutoria.23
Personalmente ritengo che un primo modo per superare i rischi della tematologia sia la
scelta di temi con forte pregnanza filosofica, culturale, antropologica, psicologica, come
suggerisce Pierluigi Pellini nei suoi cinque paradossi sulla critica tematica.24 Aggiungerei
subito però che la pregnanza può essere scovata e valorizzata anche in temi apparentemente
poco significativi e di respiro non ampio, come la polvere, a cui la ricerca di Marilena
Parlati ha dato una dimensione culturale e simbolica notevole, a riprova che i cultural stu-
dies non sono sempre caratterizzati da facile contenutismo.25 Per quanto riguarda invece
l’accumulo indiscriminato, credo che le osservazioni fatte prima sul diffractive reading, e
sui percorsi eterogenei, non lineari e non sistematici, possano fornire una valida risposta.
Bisogna liberarsi dalla ricerca spasmodica di esaustività e totalizzazione, utopia ottocente-
sca che sembra talvolta rinascere data la disponibilità smisurata di materiali in rete. Meglio
concentrarsi su pochi episodi pregnanti, capaci però di irradiazioni infinite e imprevedibili.
21
Daniele Giglioli, Tema, Firenze, La Nuova Italia, 2001, soprattutto la conclusione (pp. 121-122)
sull’illuminazione reciproca fra testo e interprete, e sulla flessibilità della tematica.
22
Valentina Sturli, Figure dell’invenzione. Per una teoria della critica tematica in Francesco Or-
lando, Macerata, Quodlibet, 2020.
23
Ivi, pp. 33-34.
24
Pierluigi Pellini, Les cinq paradoxes de la critique thématique: notes pour une palinodie, in La
critique littéraire du XXe siècle en France et en Italie, a cura di Stefano Lazzarin e Marielle Colin,
Caen, PU de Caen, 2007, pp. 53-65.
25
Marilena Parlati, Beyond Inchoate Debris. Dust in Contemporary Culture, «European Journal of
English Studies», vol. 15, n. 1, 2011, pp. 73-84.
18 5 2020 • Comparatismi
abbiamo appena parlato. Il rapporto fra mito e tema ha varie facce: il mito, come ogni forma
di racconto (e di testo) contiene in sé un fascio potenzialmente amplissimo di temi, che
possono essere in vario modo realizzati da chi lo reinterpreta, ma nello stesso tempo è anche
capace di esemplificare un singolo tema in modo antonomastico, come è accaduto per
Ulisse, Narciso, Proteo. Sono tre esempi che mostrano le diverse declinazioni possibili:
Ulisse concretizza nell’immaginario globale un campo tematico e metaforico immenso e
sfruttatissimo, quello del viaggio, che nella sua prima realizzazione archetipica, l’Odissea,
è una prova imposta dagli dèi, un fattore negativo che serve a costruire il finale positivo,
mentre da Dante in poi diventa al contrario un elemento positivo, un simbolo dell’inesau-
ribile curiositas umana.26 Nei casi di Narciso e Proteo troviamo invece l’intersezione fra
un racconto mitico e una categoria filosofica e psicologica che ne è scaturita: l’amore di sé
diventa così un’eresia filosofica che va dagli gnostici a Kierkegaard, e poi si trasforma in
una delle più fortunate categorie psicanalitiche;27 la plasmabilità, la duttilità e la metamor-
fosi infinita rappresentate da Proteo avranno invece innumerevoli attualizzazioni dall’anti-
chità al romanzo realista dell’Ottocento (Balzac usa questo mito per descrivere il proprio
narratore) fino ai nostri giorni, con un’ambivalenza netta fra positivo e negativo.28 La mi-
tocritica diventa così molto vicina alla metaforologia, praticata da Blumenberg, che ha an-
che teorizzato, notoriamente, l’elaborazione infinita del mito; per il filosofo tedesco il mito
non è una forma originaria, ma esiste solo nella ricezione, ed è un modo per contrapporsi
all’assolutismo della realtà.29
Uno degli strumenti con cui il mito viene maggiormente rivitalizzato in tutti i media
della cultura contemporanea è la lettura tendenziosa: una lettura alla luce di nuclei forte-
mente connotati, di gangli vitali con una forte carica politica. Prendiamo Tiresia: un mito
che dalla tragedia greca alla Terra desolata di Eliot è stato riattualizzato soprattutto nella
chiave del profeta-poeta, a cui la metamorfosi da maschile a femminile conferisce profon-
dità e ambiguità affascinanti.30 Nella mani di Kate Tempest, rapper, performer e dramma-
turga britannica, questo antefatto della doppia transessualità di Tiresia diventa un elemento
centrale, un simbolo di sessualità non conformi e di fragilità esistenziali (Tempest ha cam-
biato il nome di recente da Kate a Kae, per la propria scelta gender fluid). Il suo poema
Hold Your Own,31 tradotto da Riccardo Duranti, diventa a sua volta la base per uno spetta-
colo di Giorgina Pi, regista che lavora sulle contaminazioni fra teatro e musica. In Tiresias
(2020) il personaggio mitico è un adolescente timido, una donna irrequieta, un vecchio
cieco, ed è soprattutto un simbolo di tutte le esperienze che rifiutano l’ordine della natura
e la gerarchia del tempo. Prendiamo un altro mito “minore”: Endimione. La storia del ra-
gazzo amato dalla luna nel sonno evoca oggi soprattutto i languori struggenti e affascinanti
di tanta pittura dal Seicento in poi, o la dimensione notturna e romantica di tanta poesia. Se
però scegliamo di leggerlo dalla prospettiva di due temi poco battuti, perché repressi e
26
Piero Boitani, L’ombra di Ulisse. Figure di un mito, Bologna, Il Mulino, 1992.
27
Paul Zweig, L’eresia dell'amore di sé. Storia dell’individualismo sovversivo nella cultura occi-
dentale [1980], Milano, Feltrinelli, 1984, sulla linea filosofico-letteraria; sul narcisismo in psicana-
lisi la bibliografia è ovviamente sterminata.
28
Attilio Scuderi, Il paradosso di Proteo. Storia di una rappresentazione culturale da Omero al
postumano, Roma, Carocci, 2013.
29
Hans Blumenberg, L’elaborazione del mito [1979], trad. di Bruno Argenton, Bologna, Il Mulino,
1991.
30
Per un quadro generale, cfr. Luc Brisson, Le Mythe de Teirésias. Essai d’analyse structurel [1976],
Leiden, Brill, 1997; Emilia Di Rocco, Io Tiresia. Metamorfosi di un profeta, Roma, Editori riuniti,
2007.
31
Kate Tempest, Hold Your Own, New York-London, Bloomsbury, 2014.
Massimo Fusillo • Miti, temi, modi 19
32
In una dissertazione in corso di stesura finale, per il dottorato in Lingue e culture moderne, in
consorzio fra le Università di Bologna e L’Aquila.
33
Ian Watt, Miti dell’individualismo moderno. Faust, don Chisciotte, don Giovanni, Robinson Cru-
soe [1996], trad. di Maria Baiocchi e Mimì Gnoli, Roma, Donzelli, 2007, che mette in rilevo anche
il ruolo della ricezione romantica.
34
Søren Kierkegaard, Enten-Eller, I. Un frammento di vita [1843], trad. di Alessandro Cortese, Mi-
lano, Adelphi, 1976 (da vedere anche Id., Don Giovanni, a cura di Gianni Garrera, Milano, BUR,
2006); Jean Baudrillard, Della seduzione [1979], trad. di P. Lalli, Milano, SE, 2017.
35
Shoshana Felman, The Scandal of the Speaking Body. Don Juan with L.J. Austin, or Seduction in
Two Languages, forward by Stanley Cavell, afterword by Judith Butler, Stanford, Stanford UP,
2002.
36
Giovanni Bottiroli, Le incertezze del desiderio. Scritti brevi su strategia e seduzione, Genova,
ECIG, 2005.
37
Jean Rousset, Il mito di Don Giovanni [1978], Parma, Pratiche, 1992.
20 5 2020 • Comparatismi
alla stesura di questo contributo (ottobre 2020): il balletto Don Juan del coreografo norve-
gese Johan Inger, coadiuvato dal drammaturgo catalano Gregor Acuña-Pohl (prima asso-
luta Reggio Emilia, Aterballetto, 29 Ottobre 2020), con le musiche originali di Marco Ál-
varez. Si tratta di una lettura tendenziosa del mito, sulla scia dell’interpretazione femmini-
sta della scrittrice Susanne Pilar, e di una lettura intensiva di 25 versioni del mito. La danza
contemporanea è un’arte che permette grande libertà di riscrittura: qui Don Giovanni e
Leporello non sono padrone e servo, ma due doppi (sulla scia del saggio psicanalitico di
Otto Rank);38 la storia del libertino per eccellenza è rimotivata attraverso la figura della
madre, che prende il posto del Commendatore, e quindi del morto che ritorna, e che era
stata costretta ad abbandonare il figlio da bambino.
Una riscrittura attraverso dunque le lenti del femminismo e della psicanalisi, che non
appesantisce di ideologia il libero estrinsecarsi di musica, danza, performance, ma mostra
come la metamorfosi infinita sia la maggiore potenzialità del mito nella nostra epoca ibrida
e transmediale.
38
Otto Rank, La figura del Don Giovanni [1922], prefazione di Francesco Marchiaro, Milano, Su-
garCo, 1996.