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La nascita della tragedia
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È sempre difficile, per chi non ci è troppo abituato, avvicinarsi a un filosofo e alla filosofia in sé.
Nella sua ambiguità e nei suoi giochi, la letteratura si presta a ben altre immediatezze, talvolta veicolando anche concetti propri di altre discipline, come la Storia o, appunto, la Filosofia, troppo spesso ritenute ostiche da chi non le frequenta assiduamente, preferendo, a torto o a ragione, certe impalpabilità letterarie, cercando la distanza pure dalla logica e dalle scienze.
Conservo della filosofia un sacco di reminiscenze scolastiche, universitarie soltanto di striscio; poi, letture e letturine sparpagliate, sempre per vedere di entrarci dentro a poco a poco, magari affidandomi a coloro che ne sanno, a quegli studiosi capaci di condensare in poche pagine il pensiero di un filosofo tirando grossomodo le somme.
Sempre di introduzioni e interpretazioni si tratta, ovvio: ed è qui che uno deve andare dritto alla fonte, a consultare direttamente l'autore, se davvero si vuole addentrare nella disciplina.
A casa avevo un sacco di testi filosofici che mi scrutavano severi; tra questi, alla fine, ne ho scelto uno di Nietzsche: vuoi perché mi era stato in precedenza consigliato o perché spesso mi era stato indicato come uno dei pensatori più prossimi alla sensibilità letteraria; e dopo aver letto La nascita della tragedia, sento di doverlo confermare anch'io.
Nietzsche nasceva come filologo classico, un ragazzo prodigio con cattedra a Basilea. Studioso e intellettuale dalle infinite conoscenze, i greci e i latini li conosceva a menadito, a partire dalla lingua stessa, senza tuttavia tralasciarne i contenuti, le poetiche e lo spirito.
Ed è ai greci che si rifà in questo suo primo libro, un assurdo concentrato di idee, concetti, arti e, com'è chiaro, filosofia.
Mentirei se dicessi d'aver capito tutte queste densissime pagine: diciamo che ho inteso senza comprendere del tutto. Anche perché, Nietzsche non lascia al lettore - mi riferisco in particolare al novizio - molto spazio di comprensione, sebbene l'assunto di base sia cristallino: bisogna ripartire dai greci, dalla tragedia greca, e di questa far rivivere lo spirito metafisico, Dionisiaco, contrapposto qui a quello socratico, l'Apollineo.
Due concetti, Apollineo e Dionisiaco, che mi fecero fare qualche bella figura al liceo, e che qui ho ritrovato con piacere quasi nostalgico: sono in effetti sviscerati in tutte le loro declinazioni, con rimandi agli autori tragici che fecero grande la cultura greca, nonché ai filosofi a essi coevi.
Inoltre, il Filosofo si concentra anche sull'imprescindibilità della Musica, nella fattispecie quella strumentale, riallacciandosi alle bellissime pagine che Schopenhauer le dedicò nel Mondo come volontà e rappresentazione (finalmente qualcosa che conosco un po' meglio).
La scrittura di Nietzsche è un magma incandescente: fluviale ed evocativa come lo spirito al quale egli si rifa, trovando un filo conduttore che parte dalla grecità e arriva alla cultura tedesca del suo tempo, passando per un pessimismo che permea la disillusa visione dell'età contemporanea.
La nascita della tragedia è un testo che può sembrare semplice rispetto ad altri suoi fratelli e parenti, predecessori o epigoni; ma è un dato solo apparente: questo è un volumetto ricco e complesso, che spalanca portoni e apre inattesi spiragli di luce, a tratti indecifrabili. È l'opera prima di uno dei più grandi filosofi mai nati, dunque quella che darà il là a quello che sarà poi il pensiero nietzschiano.
Insomma, tutto parte da qui.
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È sempre difficile, per chi non ci è troppo abituato, avvicinarsi a un filosofo e alla filosofia in sé.
Nella sua ambiguità e nei suoi giochi, la letteratura si presta a ben altre immediatezze, talvolta veicolando anche concetti propri di altre discipline, come la Storia o, appunto, la Filosofia, troppo spesso ritenute ostiche da chi non le frequenta assiduamente, preferendo, a torto o a ragione, certe impalpabilità letterarie, cercando la distanza pure dalla logica e dalle scienze.
Conservo della filosofia un sacco di reminiscenze scolastiche, universitarie soltanto di striscio; poi, letture e letturine sparpagliate, sempre per vedere di entrarci dentro a poco a poco, magari affidandomi a coloro che ne sanno, a quegli studiosi capaci di condensare in poche pagine il pensiero di un filosofo tirando grossomodo le somme.
Sempre di introduzioni e interpretazioni si tratta, ovvio: ed è qui che uno deve andare dritto alla fonte, a consultare direttamente l'autore, se davvero si vuole addentrare nella disciplina.
A casa avevo un sacco di testi filosofici che mi scrutavano severi; tra questi, alla fine, ne ho scelto uno di Nietzsche: vuoi perché mi era stato in precedenza consigliato o perché spesso mi era stato indicato come uno dei pensatori più prossimi alla sensibilità letteraria; e dopo aver letto La nascita della tragedia, sento di doverlo confermare anch'io.
Nietzsche nasceva come filologo classico, un ragazzo prodigio con cattedra a Basilea. Studioso e intellettuale dalle infinite conoscenze, i greci e i latini li conosceva a menadito, a partire dalla lingua stessa, senza tuttavia tralasciarne i contenuti, le poetiche e lo spirito.
Ed è ai greci che si rifà in questo suo primo libro, un assurdo concentrato di idee, concetti, arti e, com'è chiaro, filosofia.
Mentirei se dicessi d'aver capito tutte queste densissime pagine: diciamo che ho inteso senza comprendere del tutto. Anche perché, Nietzsche non lascia al lettore - mi riferisco in particolare al novizio - molto spazio di comprensione, sebbene l'assunto di base sia cristallino: bisogna ripartire dai greci, dalla tragedia greca, e di questa far rivivere lo spirito metafisico, Dionisiaco, contrapposto qui a quello socratico, l'Apollineo.
Due concetti, Apollineo e Dionisiaco, che mi fecero fare qualche bella figura al liceo, e che qui ho ritrovato con piacere quasi nostalgico: sono in effetti sviscerati in tutte le loro declinazioni, con rimandi agli autori tragici che fecero grande la cultura greca, nonché ai filosofi a essi coevi.
Inoltre, il Filosofo si concentra anche sull'imprescindibilità della Musica, nella fattispecie quella strumentale, riallacciandosi alle bellissime pagine che Schopenhauer le dedicò nel Mondo come volontà e rappresentazione (finalmente qualcosa che conosco un po' meglio).
La scrittura di Nietzsche è un magma incandescente: fluviale ed evocativa come lo spirito al quale egli si rifa, trovando un filo conduttore che parte dalla grecità e arriva alla cultura tedesca del suo tempo, passando per un pessimismo che permea la disillusa visione dell'età contemporanea.
La nascita della tragedia è un testo che può sembrare semplice rispetto ad altri suoi fratelli e parenti, predecessori o epigoni; ma è un dato solo apparente: questo è un volumetto ricco e complesso, che spalanca portoni e apre inattesi spiragli di luce, a tratti indecifrabili. È l'opera prima di uno dei più grandi filosofi mai nati, dunque quella che darà il là a quello che sarà poi il pensiero nietzschiano.
Insomma, tutto parte da qui.
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Reading Progress
Started Reading
June 4, 2017
–
Finished Reading
July 29, 2017
– Shelved