La vita ha portato Antoni Rubanu a ritrovarsi nell’epicentro del pullulare festivo di gare poetiche. Nato a Orgosolo nel 1938, Rubanu, come molti dei suoi compaesani e più in generale dei conterranei delle fredde e montuose Barbagie al...
moreLa vita ha portato Antoni Rubanu a ritrovarsi nell’epicentro del pullulare festivo di gare poetiche. Nato a Orgosolo nel 1938, Rubanu, come molti dei suoi compaesani e più in generale dei conterranei delle fredde e montuose Barbagie al centro dell’isola, deve presto farsi pastore in tràmuda (transumante) verso territori per clima e terra più favorevoli al mestiere. Prende la strada del Nord, spostando di sede in sede la propria attività lungo il quadrante nord-occidentale di Sardegna, fra Nurra, Planargia, Sassarese e Meilogu, e insomma attraverso il Logudoro: regione fertile, storicamente, anche di poeti cantadores (che poi "cantadore" e "poeta/poete" in Sardegna, quantomeno anticamente, sono sinonimi). E dove nasce e si sviluppa quella plurisecolare “lingua della poesia”, diversa dalla naturale orgolese, poi adottata da Rubanu nel suo comporre.
Antoni è dunque pastore-studente fuori sede all’università della poesia sarda, ma è piuttosto un corso di perfezionamento, perché a Orgosolo c’è già una buona scuola, e vige «sa moda paesana» di cantare alternandosi «a rima pro oras intreas» di Zobbo, Farina, Mattana e Menneas «cunfrontende cuntzettos e bideas» ("A Antoni Zobbo").
Producono senso e rime in proprio i cantadores di un paese dove nei primi anni Cinquanta le "voqes" del canto polifonico a tenore cercano anche senso nei classici moderni della poesia sarda, scegliendo in particolare quella comunicativa e pure ideologicamente scoperta di Peppinu Mereu (1872-1901), della cui fortuna orgolese si ha una delle prime testimonianze nella circolazione – avversata dalle autorità – dell’anticlericale Anima niedda raccontata da Franco Cagnetta nell’Inchiesta su Orgosolo (1954, in "Nuovi Argomenti"). Mereu la fa da padrone nell’adozione di testi del passato da parte delle varie troppas (‘brigate, combriccole’) orgolesi dedite in quel tempo al canto a tenore: questo straordinario veicolo di cultura poetica, giacché è prerogativa nota dei tenores orgolesi quella di una particolare attenzione prestata al testo, quindi al sensu di ciò che si canta.
Al movimento nello spazio geografico per seguire le garas, Rubanu affianca infatti l’escursione nel tempo lungo la tradizione dei poeti a taulinu, dedicandosi al culto per i mazores, gli auctores della letteratura sarda in versi, officiato dentro e intorno alla rivista S’ischiglia (nata nel 1949) da personalità come Angelo Dettori (1894-1981), Antonio Sanna (1918-1981), e quel Tore Tedde cui si rivolge uno degli epicedi più toccanti di Rubanu. Sono tutti uomini di Bonorva, patria del mazore Paolo Mossa (1821-1892): «gèniu immortale» della poesia d’espressione sarda, come lo definisce il sonetto di Rubanu scritto in sua memoria. Spazio e tempo s’incrociano: in territorio di Bonorva Rubanu ha spostato la propria attività lavorativa e si rapporta direttamente con questi maestri di lingua e poesia, mentre colleziona inediti di autori vecchi e nuovi costituendo la sua personale biblioteca di buone «cantones trascuradas» che con la fine della prima serie de "S’ischiglia" (1957) trovano con difficoltà uno sbocco editoriale.