a cura di Giorgio Verdiani
Il castello di Sorana
Materiale per la ricerca
Edizioni ETS
PRESENTAZIONI
FASI DI FORMAZIONE E SVILUPPO
Antonino Meo
Il Medioevo
Quali siano stati i tempi e le ragioni dell’occupazione del sito di altura, le forme e l’assetto del loco de
Sorana e del vicino poio Petritulo citati nei documenti dei secoli XI e XII e l’articolazione sociale ed
economica del sito nel primo basso Medioevo sono tra i nodi problematici al quale non è al momento
possibile trovare una risposta esaustiva.
L’analisi dell’insediamento con gli strumenti propri dell’archeologia dell’architettura non ha messo in luce
nessun edificio ascrivibile in maniera sicura ad un ambito cronologico anteriore al XIII secolo. Tale
mancanza, se da un lato potrebbe essere spiegata con l’assenza di un vero e proprio castello inteso
come villaggio accentrato e fortificato prima di quel secolo (come farebbe supporre la documentazione
scritta), dall’altra potrebbe derivare dall’azione di eventuali fattori antropici (demolizioni e ristrutturazioni)
e naturali (terremoti e disfacimenti in caso di materiali deperibili). Come hanno d’altra parte mostrato per
la Valdinievole gli scavi archeologici di Pescia, di Castelvecchio o ancora di Terrazzana, la prevalenza
dell’edilizia civile tra X e XII secolo doveva essere costituita da strutture impostate su palificazioni lignee
che, per ovvi motivi, non avrebbero lasciato alcuna traccia rilevabile attraverso un’indagine di
archeologia dell’architettura applicata a un abitato ancora in vita1. Le evidenze più antiche riferibili ad un
insediamento in pietra sono state individuate nella parte sommitale e in quella meridionale del sito. Si
tratta di pochi lacerti murari, per lo più difficili da interpretare da un punto di vista planimetrico e
funzionale a causa del cattivo stato di conservazione e dello scarso grado di visibilità e di leggibilità, ma
che tuttavia permettono di tratteggiare a grandi linee un insediamento composto da abitazioni di diversa
tipologia posto ai lati e ai piedi di un edificio di culto posto nella parte sommitale2.
I resti della chiesa, documentata almeno dal 12603, sono state individuate all’interno del recinto di
recente ristrutturazione presente nella parte orientale della zona della “Rocca”. Si tratta del cantonale e
delle porzioni dei rispettivi paramenti perpendicolari di un edificio con pareti larghe circa 50 cm e
costituite da conci medio-grandi di arenaria perfettamente quadrata e posti in opera su filari orizzontali.
Dato lo scarso grado di conservazione e di leggibilità delle evidenze non è possibile stabilire con
chiarezza l’icnografia del corpo di fabbrica, per il quale si suppone tuttavia una pianta allungata in senso
Nord-Est/Sud-Ovest. Alla struttura sembra essere associata un’ulteriore muratura individuata nella parte
Nord-orientale e nord-occidentale dell’odierno recinto e interpretabile in maniera preliminare come il
muro di contenimento dello spazio occupato dalla chiesa e, verosimilmente, dal cimitero. La muratura è
caratterizzata da elementi riquadrati e sbozzati posti in opera su filari orizzontali ma frequentemente
interrotti e sdoppiati. L’ipotesi di identificazione della prima evidenza con l’edificio di culto citato nelle
fonti documentarie si basa sulle caratteristiche formali della murature e sul rapporto di cronologia relativa
(di anteriorità) rispetto alle strutture trecentesche e, soprattutto, sulla notizia fornita da una fonte
documentaria del 1375 che mostra come da quarant’anni l’edificio di culto fosse stato convertito in
roccha4. L’impiego di grandi conci in arenaria perfettamente squadrati per la prima struttura sembra
infatti trovare confronti con i contemporanei edifici palaziali costruiti nei siti incastellati della Valdinievole
così come dell’intera Tuscia settentrionale dove le residenze signorili rurali poterono raggiungere alti
livelli architettonici a livello planimetrico seppur nell’impiego generalizzato di bozze più o meno regolari e
di conci squadrati esclusivamente nei cantonali e negli elementi architettonici (es. porte, finestre,
feritoie).
Per quanto riguarda l’edilizia civile duecentesca i dati non sono quantitativamente elevati, ma risultano
assai significativi in riferimento all’articolazione spaziale e sociale dell’insediamento. Le prime evidenze
sono visibili nel tratto di muratura che delimita l’area sommitale del castello di Sorana ergendosi sul
fianco destro della strada che collega porta Balda all’edificio di culto dedicato ai SS. Pietro e Paolo.
La lettura stratigrafica della parete, che risulta essere l’esito di una lunga serie di interventi edilizi,
accorpamenti e di demolizioni, ha permesso di individuare due porzioni di muratura riferibili ad altrettanti
edifici affiancati con sviluppo planimetrico a Nord dei quali avrebbero costituito i perimetrali meridionali.
La prima struttura (a Ovest; edificio 1) si caratterizza per l’impiego di blocchi riquadrati in arenaria di
medio-grandi dimensioni legati con una malta a base di grassello di calce e posti in opera su filari di
altezza grossomodo omogenea, continui e orizzontali. La seconda struttura (a Est; edificio 2) è stata
realizzata invece con bozze di medie dimensioni poste sempre su filari di altezza costante, continui e
orizzontali, con l’impiego di una malta di grassello di calce. Motivi di carattere statico stanno alla base
della scelta di dotare la parte inferiore della struttura di una scarpa costituita da sei filari
progressivamente rientranti. La mancata conservazione dei cantonali, rispettivamente sul lato
occidentale e orientale, non permette di definire con sicurezza la lunghezza dei manufatti, i quali
sembrano interpretabili in maniera preliminare come edifici residenziali caratterizzati forse da uno scarso
sviluppo verticale. La mancanza di aperture sulle pareti oltre che l’appoggio tra i due edifici posti in
prossimità del salto di quota che divide la parte sommitale dal resto del colle sembra suggerire l’ipotesi
che il fronte di case potesse svolgere la funzione di muro di cinta dell’abitato posto nella zona alta
dell’insediamento , ma l’evidenza è purtroppo isolata e potrà essere chiarita in maniera decisiva con la
lettura degli interni degli edifici e/o da scavi stratigrafici.
Dentro l’area sommitale è stato individuato un ulteriore muro interpretabile come il perimetrale orientale
di una struttura residenziale, per il resto ormai perduta, ma che sembrerebbe riferirsi ad un’ulteriore
casa. La tecnica impiegata mostra l’impiego di bozze regolari di medie dimensioni di arenaria poste in
opera su filari orizzontali con lo sporadico uso di pareggiamenti e legate con una malta a base di
grassello di calce. Gli altri resti dell’abitato duecentesco si ritrovano nella parte meridionale
dell’insediamento dove, contrariamente a quanto pare verificarsi nella parte alta, compaiono anche
tipologie edilizie assimilabili alle turres.
L’esempio più leggibile è rappresentato dall’edificio 5, il quale nel XIII secolo doveva configurarsi come
una costruzione turriforme con murature continue su tre lati e aperta a Nord-Est, dove verosimilmente
era presente una parete lignea con ballatoi5.
Sul lato meridionale l’edificio era dotato di una serie di lunghe feritoie aventi probabilmente sia una
funzione lucifera che, seppure forse minoritaria, militare. La tecnica costruttiva si caratterizza per
l’impiego di conci squadrati e spianati sommariamente a punta nei cantonali, e negli elementi
architettonici e di bozze lavorate grossolanamente poste in opera su filari spesso sdoppiati con l’impiego
frequente di zeppe e di pareggiamenti. Immediatamente a Est rispetto all’edificio 5 è visibile un’ulteriore
struttura caratterizzata da una serie di nicchie quadrangolari e da un ordine di buche di sostegno che
suggeriscono di interpretare l’evidenza come il paramento interno del perimetrale settentrionale di un
corpo di fabbrica evidentemente distrutto sul lato meridionale (CF7). La tecnica costruttiva è sempre
della tipologia “a filaretto” con pietre sbozzate poste in opera su filari continui, mentre la tipologia edilizia
pare essere riferibile a quella della casa. Altra struttura in “filaretto”, ma ascrivibile alla tipologia della
turris, è stata individuata immediatamente a Nord-Est rispetto a questo gruppo di edifici, ma essa risulta
difficile da interpretare per problemi di visibilità legati alla vegetazione e alla morfologia del pendio
sottostante.
L’insediamento dovette subire un grande intervento edilizio nel corso della prima metà del Trecento in
concomitanza con il clima di forte instabilità venutasi a creare in quegli anni nel contesto dell’aspro
conflitto tra Lucca, Pisa, Pistoia e Firenze6.
Le fonti documentarie attestano dal 1334 una serie di castellani fiorentini all’interno del castello di
Sorana7 e non sarebbe da escludere che proprio in questi anni il centro abbia subito una nuova
organizzazione da parte di quel comune attraverso l’espulsione dell’edificio di culto dalla parte
sommitale, la costruzione di un cassero, di una cinta esterna e di una nuova chiesa all’interno di essa.
Stando al già citato documento del 13758, la chiesa di Sorana risulterebbe in quegli anni già
defunzionalizzata; dal documento il manufatto risulta infatti adibito ad usum rocche, subendo pertanto
una modifica alla sua destinazione d’uso, da religioso a militare, contrariamente a quanto affermato dal
Sansoni, secondo il quale la chiesetta fu distrutta dall’esercito pisano (la documentazione archivistica
finora rintracciata non supporta però tale tesi). Le evidenze architettoniche mostrano effettivamente una
ripresa delle murature dell’edificio di culto e la realizzazione di una vera e propria cortina a difesa di tutta
l’area sommitale attraverso l’impiego di bozze, prevalentemente allungate e di medie dimensioni, poste
in opera su filari continui e orizzontali talvolta con l’ausilio di pareggiamenti e di una malta a base di
grassello di calce.
Sebbene non sia possibile stabilirlo con certezza, è probabile che sul lato orientale la cinta si innestasse
ad una torre difensiva che, con l’edificazione della nuova chiesa immediatamente all’esterno, venne
adibita a campanile, assolvendo la doppia funzione religiosa e militare. Si tratta di una struttura
imponente a pianta quadrata sostanzialmente priva di aperture e di decorazioni architettoniche9 secondo
il tipo edilizio maggiormente diffuso nel contesto pistoiese10.
All’ultimo piano, divenuto il penultimo a seguito del rialzamento del XVIII secolo, la cella campanaria
doveva essere dotata di grandi aperture delle quali oggi risultano leggibili solo i pilastri sorreggenti in
origine con ogni probabilità degli archi. La tecnica costruttiva prevede l’impiego di conci squadrati in
arenaria di medio-grandi dimensioni nei cantonali e di blocchi squadrati in arenaria di medie dimensioni
probabilmente di reimpiego insieme a elementi sbozzati prevalentemente allungati e spianati
grossolanamente in superficie nei paramenti. A causa della lieve disomogeneità del materiale sono
frequenti sdoppiamenti e interruzioni di filari oltre che le regolarizzazioni attraverso zeppe e
pareggiamenti.
La nuova chiesa, evidentemente in via di completamento nel 1375, venne realizzata con una pianta a
navata unica orientata in senso Nord/Est-Sud/Ovest (probabilmente parallela alla chiesa originaria) con
catino absidale sul lato Sud-orientale. Interventi di ampliamento successivi hanno portato alla
demolizione del lato sinistro rispetto alla porta di ingresso sulla parete Nord-occidentale (conservatasi
per circa 3 metri), all’asportazione del cantonale sul lato Nord-orientale (conservatosi per circa 16 metri)
e all’abbattimento completo dei lati Sud-occidentale e Sud-orientale. Sulla base di una presunta
posizione simmetrica del portale si ipotizza che il lato corto misurasse originariamente circa 5 metri
mentre il lato lungo non superasse i 16,5 metri escluso l’abside. La facciata venne realizzata in conci
quadrati di arenaria alti circa 20 cm e posti in opera con tecnica pseudo-isodoma. L’ingresso venne
costituito da un portale con architrave monolitico sorretto da due mensole modanate e protetto da un
arco a ferro di cavallo. La parete di rinfianco venne invece realizzata in bozze spianate di medie
dimensioni poste in opera su filari orizzontali e continui senza l’ausilio di zeppe o di pareggiamenti.
L’intervento edilizio, oltre al cassero e alla nuova chiesa, previde probabilmente anche la costruzione di
una cinta a protezione dell’abitato sottostante, la quale venne affidata alle stesse maestranze impiegate
nella costruzione del ridotto fortificato. Le tracce del circuito murario si seguono solo in parte, a causa
delle demolizioni attuate nei secoli successivi, ma è possibile supporre le integrazioni con un ragionevole
grado di approssimazione. I tratti sicuri della cinta sono costituiti a Nord-Est e a Nord-Ovest
rispettivamente dalla porta Balda e dalla porta Fredda, oltre che da tratti di cortina nella parte Sudorientale e, in maniera assai discontinua, nella parte meridionale. La tecnica costruttiva, così come
quella del cassero, ha previsto l’impiego di bozze allungate e quadrangolari poste su filari continui nei
paramenti e l’utilizzo di conci quadrati e sagomati per le porte di accesso al castello, le quali si
differenziano l’una dall’altra per l’elemento orizzontale adottato: un architrave monolitico per la porta
Balda e un arco per la porta Fredda. Di particolare interesse è la presenza di una decorazione scultorea
presente sullo stipite orientale della porta Fredda raffigurante un astro a sette raggi inscritto in uno a
quattordici realizzato verosimilmente dalla stessa maestranza esecutrice dei cunei e dei conci dell’arco
di accesso11. Le caratteristiche formali della tecnica edilizia del muro di rinfianco della chiesa (TM8), così
come quella della cinta (TM10 variante a; TM10 variante b), messe a confronto con le tecniche murarie
caratterizzanti le abitazioni dell’abitato trecentesco), lasciano supporre che nei grandi cantieri della
chiesa, così come del muro di cinta, dovettero operare al fianco di maestranze specializzate
verosimilmente allogene (impiegate nella facciata della chiesa e nelle porte di accesso al castello)
scalpellini (sbozzatori) e muratori locali che operarono con un preciso riferimento più o meno
consapevole al medesimo tipo edilizio12.
Negli anni successivi al nuovo incastellamento (presumibilmente tra il 1364, quando Sorana tornò
fiorentina e il 1376, con l’ultimazione del borgo Paradiso), il sito dovette probabilmente aumentare le
proprie dimensioni giungendo ad estendersi anche al di là dell’area protetta dalla cinta, a testimonianza
del successo dell’iniziativa probabilmente comunale. Secondo Juan Antonio Quirós Castillo sulla
Valdinievole gli interventi di potenziamento e di consolidamento militare dei castelli da parte dei comuni
nel corso del Trecento non avrebbero generato delle forti trasformazioni sul territorio circostante, così
come avrebbero fatto le cosiddette “terre nuove” del Valdarno o della Versilia. Nel caso di Sorana però
non è improbabile che la costruzione di nuove opere di fortificazione e di una nuova chiesa possano
essere letti come strumenti impiegati da parte dell’ente promotore – verosimilmente il Comune di Firenze
– al fine di concentrarvi il maggior numero di uomini possibile.
L’edilizia civile di questo periodo si connota per la diffusione della tipologia “a casamento”, cioè di una
casa a muratura continua caratterizzata da una o più grandi aperture centinate al piano terra e da uno
sviluppo generalmente orizzontale (edifici 10 – 14). La tecnica costruttiva prevede l’impiego di conci
squadrati e spianati grossolanamente a punta singola e di bozze generalmente quadrangolari, legate
con una malta a base di grassello di calce. Gli archi si caratterizzano sempre per una ghiera “potenziata”
composta da cunei spianati e da imposte costituite da grandi mensole modanate.
L’indagine archeologica sugli elevati ha permesso di riconoscere alcune tracce riferibili a diversi esempi
di edilizia civile ascrivibili a tale periodo grazie ai rapporti di cronologia relativa e/o al confronto
cronotipologico con esempi di Sorana o più in generale della Valdinievole.
Si tratta in genere di edifici caratterizzati da uno sviluppo orizzontale e da una tecnica edilizia che
prevede l’impiego di blocchi riquadrati e spianati a punta singola nei cantonali e negli stipiti, di elementi
grossolanamente sbozzati generalmente con spianatura superficiale a subbia posti in opera su filari per
lo più continui e orizzontali con episodico impiego di pareggiamenti e di zeppe e di malta di grassello di
calce come legante.
Non è stato possibile stabilire in maniera esatta le dimensioni delle case a causa del loro stato di
conservazione o ancora per problemi di visibilità/leggibilità così come pochi dati si sono potuti
raccogliere riguardo alle finestre e più in generale alla distribuzione delle aperture rispetto ai prospetti
per cui la descrizione degli edifici si baserà principalmente sulle caratteristiche dei portali di accesso.
Sono stati individuati tre soli esempi di edificio accesso architravato pur in mancanza dell’elemento
orizzontale. In due casi si tratta l’apertura costituisce l’unica via d’accesso conservata mentre in un altro
essa è associata a un portale centinato.
I primi due edifici sono posti rispettivamente a Sud del cassero (CF10) e uno nel Borgo Paradiso (CF16).
Gli stipiti sono composti da blocchi riquadrati e spianati a subbia di dimensioni variabili (per lo più mediograndi) e solo nel secondo esempio mostrano la presenza di una mensola modanata a quarto di cerchio
rivolta verso l’interno della luce dell’apertura.
Il Corpo di Fabbrica 12, posto immediatamente a Est rispetto a CF10, mostra due aperture sulla stessa
parete di cui una architravata e una centinata con mensole modanate e con stipiti costituiti
prevalentemente da grandi blocchi riquadrati posti di coltello.
Altra tipologia edilizia è rappresentata da edifici con grandi portali di accesso al piano terra, i quali sono
posti sia nella parte occidentale del castello (CF14, in appoggio alla cinta muraria)13, sia nella parte
meridionale (CF9), sia nel Borgo Paradiso (CF15).
Nel primo e nel terzo caso è stato possibile individuare anche i resti delle finestre al primo piano, le quali
si caratterizzano per dimensioni essenzialmente ridotte e, nel caso di CF14, per la presenza di un
grande architrave come elemento orizzontale.
Il portale con arco di caratterizza inoltre per la presenza di grandi mensole modanate secondo una
tipologia che, nelle sue piccole varianti, ha trovato grandissima fortuna nell’architettura domestica
medievale della Valleriana e più in generale di tutta la Valdinievole (cfr. fig. 11)14.
Allo stato attuale delle indagini, il Quattrocento sembra essere stato un momento di sostanziale stasi dal
punto di vista costruttivo.
L’unico intervento ascrivibile in maniera ipotetica a questo periodo sembra essere rappresentato da un
edificio posto in prossimità della Porta Fredda (CF17)
Si tratta di un corpo di fabbrica con prospetto principale rivolto verso l’accesso al castello e caratterizzato
al pian terreno da una grande apertura d’accesso centinata con mensole modanate e da una finestra
architravata immediatamente alla sua sinistra. Rispetto agli edifici prima descritti, la struttura si
differenzia per l’impiego di una tecnica costruttiva che ha previsto l’impiego di blocchi di pietra serena
riquadrati e spianati accuratamente a punta singola posti in opera su filari continui e orizzontali.
Si tratterebbe probabilmente dell’esempio più tardo della tipologia edilizia attestata nel XIV secolo a
Sorana che, come attesta l’esempio di Vellano datato su base epigrafica al 1448, avrebbe avuto una
larga fortuna nella Valle fino ad almeno il XV secolo15.
NOTE:
Per Pescia, piazza S. Romualdo, cfr. M. Milanese - J. A. Quirós Castillo, Archeologia medievale e postmedievale della
Valdinievole, Atti del convegno Archeologia della Valdinievole, Buggiano 1997, p. 104 e a Castelvecchio (Ibid. p.114). Strutture
in legno dovevano caratterizzare anche il sito di Terrazzana, il quale nell’alto Medioevo doveva essere cinto da una muratura in
pietra e in legno (Ibid., p. 117).
2
La datazione al XIII secolo, in mancanza di dati stratigrafici, si basa sui rapporti di cronologia relativa e sugli aspetti tecnologici
e formali delle singole architetture.
3
AAL, Libri Antichi di Cancelleria n. 32, c. 71r.
4
“In auctorem salutis vestris petitionis inclinati tenore petitum aucti et honorem [?] ut de ecclesiam sancti Petri de Sorana quam
dicitis fuisse a XL anis et citra prout modo est ad usum Rocche et in qua dictum officium [?] non celebratur vel potest celebrari
duo altaria in eadem ecclesia erecta facere removeri destrui et ipsa in ecclesia sancti Petri nuper edificata in eadem terra
facere adportari” AAL, Libri antichi di Cancelleria 32, c.71 (1375) (trascrizione Federico Andreazzoli).
5
La tipologia edilizia trova confronti nel vicino castello di Uzzano. Cfr. F. Redi, Edilizia civile in Valdinievole nel Medioevo: primi
risultati di un censimento, in Atti del convegno su architettura in Valdinievole (dal X al XX secolo) (Buggiano castello, 26 giugno
1993), Buggiano, n. 15 (1994), pp. 87-102: 93-94 e tav. 3, p. 95.
6
Sugli scontri di questi anni cfr. J. A. Quirós Castillo, La Valdinievole nel medioevo. Incastellamento e archeologia del potere nei
secoli X-XII, Pisa 1999, p.191. La cinta della sommità del castello di Montecatini si data alla seconda metà del XIV secolo (M.
Milanese - J. A. Quirós Castillo, op. cit., p. 114).
7
I Consigli della Repubblica fiorentina: Libri fabarum XVII ( 1338 - 1340 ), a cura di F. Klein, Roma 1995.
8
AAL, Libri antichi di Cancelleria 32, c.71, 1375.
9
I marcapiani sono stati inseriti a strappo successivamente.
10
F. Redi, Chiese medievali del pistoiese, Pistoia 1991; M. T. Filieri, Per un catalogo dell’architettura religiosa medievale in
Valdinievole, in Alluccio da Pescia: un santo laico dell'età postgregoriana (1070-1134), a cura di C. Violante, Roma 1991, pp.
303-323.
11
Sui segni di identità e più in generale sui segni lapidari cfr. N. Reveyron, Marques lapidaires : the State of the Question, in
«Gesta», XLII/2 (2003), p. 271-311; G. Bianchi, I segni dei tagliatori di pietre negli edifici medievali. Spunti metodologici ed
interpretativi, in «Archeologia dell’Architettura», II (1997), pp. 25-37; J. L. Van Belle, Les signes lapidaires: essai de
terminologie, in Actes du Colloque international de glyptographie de Saragosse (7-11 jullet 1982), a cura di Gilles Désiré dit
Gosset, Zaragoza 1983, pp.565-577.
12
Per i concetti di tecnica e di tipo edilizio cfr. G. Bianchi, L’analisi delle tecniche murarie. Spunti interpretativi per la
comprensione dei principali assetti abitativi, in Segesta II. Il castello e la moschea (scavi 1989-1995), Palermo 1997, a cura di
A. Molinari, pp. 213-233.
13
L’edificio viene ascritto al gruppo in via ipotetica dato che manca lo stipite destro del portale.
14
Cfr. F. Redi, Edilizia civile in Valdinievole nel Medioevo, cit.; J. A. Quirós Castillo, G. Zanchetta, Note sull’architettura e il
territorio della Valleriana dal medievo ad oggi, in Atti del convegno su architettura in Valdinievole (dal X al XX secolo), Buggiano
1
castello, 26 giugno 1993, Buggiano 1994, pp.157-174.
Quirós Castillo, op. cit., p.234.
15