❉✉r❤❛♠ ❘❡s❡❛r❝❤ ❖♥❧✐♥❡
❉❡♣♦s✐t❡❞ ✐♥ ❉❘❖✿
✵✺ ◆♦✈❡♠❜❡r ✷✵✶✽
❱❡rs✐♦♥ ♦❢ ❛tt❛❝❤❡❞ ✜❧❡✿
P✉❜❧✐s❤❡❞ ❱❡rs✐♦♥
P❡❡r✲r❡✈✐❡✇ st❛t✉s ♦❢ ❛tt❛❝❤❡❞ ✜❧❡✿
P❡❡r✲r❡✈✐❡✇❡❞
❈✐t❛t✐♦♥ ❢♦r ♣✉❜❧✐s❤❡❞ ✐t❡♠✿
❇❛♥❡✈✱ ❑r❛st✉ ❛♥❞ ❋✐❧❛r❡t ❞✐ ▲✬✈✐✈ ❡ ●❛❧✐③✐❛✱ ❛♥❞ ▼❛❦❛r②❛♥✱ ❆❞❛♠ ❛♥❞ ▼❡♥✐♥✐✱ ❆♥t♦♥✐♦ ❛♥❞ ❨❛♥♥❛r❛s✱
❈❤r✐st♦s ✭✷✵✶✻✮ ✬▼✐s❡r✐❝♦r❞✐❛ ❡ ♣❡r❞♦♥♦ tr❛ ❧❡ ❝❤✐❡s❡✳✬✱ ✐♥ ▼✐s❡r✐❝♦r❞✐❛ ❡ ♣❡r❞♦♥♦✳ ❆tt✐ ❞❡❧ ❳❳■■■ ❈♦♥✈❡❣♥♦
❡❝✉♠❡♥✐❝♦ ✐♥t❡r♥❛③✐♦♥❛❧❡ ❞✐ s♣✐r✐t✉❛❧✐t❛ ♦rt♦❞♦ss❛ ❇♦s❡✱ ✾✲✶✷ s❡tt❡♠❜r❡ ✷✵✶✺ ❛ ❝✉r❛ ❞✐ ▲✉✐❣✐ ❞✬❆②❛❧❛ ❱❛❧✈❛✱
▲✐s❛ ❈r❡♠❛s❝❤✐ ❡ ❆❞❛❧❜❡rt♦ ▼❛✐♥❛r❞✐ ♠♦♥❛❝✐ ❞✐ ❇♦s❡✳ ▼❛❣♥❛♥♦ ✭❇■✮✿ ❊❞✐③✐♦♥✐ ◗✐q❛❥♦♥✱ ❈♦♠✉♥✐t❛ ❞✐ ❇♦s❡✱
♣♣✳ ✸✼✶✲✸✾✵✳ ❙♣✐r✐t✉❛❧✐t❛ ♦r✐❡♥t❛❧❡✳
❋✉rt❤❡r ✐♥❢♦r♠❛t✐♦♥ ♦♥ ♣✉❜❧✐s❤❡r✬s ✇❡❜s✐t❡✿
❤tt♣s✿✴✴✇✇✇✳♠♦♥❛st❡r♦❞✐❜♦s❡✳✐t✴❡♥✴❡❞✐③✐♦♥✐✲q✐q❛❥♦♥✴♠✐s❡r✐❝♦r❞✐❛✲❡✲♣❡r❞♦♥♦
P✉❜❧✐s❤❡r✬s ❝♦♣②r✐❣❤t st❛t❡♠❡♥t✿
❆❞❞✐t✐♦♥❛❧ ✐♥❢♦r♠❛t✐♦♥✿
❯s❡ ♣♦❧✐❝②
❚❤❡ ❢✉❧❧✲t❡①t ♠❛② ❜❡ ✉s❡❞ ❛♥❞✴♦r r❡♣r♦❞✉❝❡❞✱ ❛♥❞ ❣✐✈❡♥ t♦ t❤✐r❞ ♣❛rt✐❡s ✐♥ ❛♥② ❢♦r♠❛t ♦r ♠❡❞✐✉♠✱ ✇✐t❤♦✉t ♣r✐♦r ♣❡r♠✐ss✐♦♥ ♦r ❝❤❛r❣❡✱ ❢♦r
♣❡rs♦♥❛❧ r❡s❡❛r❝❤ ♦r st✉❞②✱ ❡❞✉❝❛t✐♦♥❛❧✱ ♦r ♥♦t✲❢♦r✲♣r♦✜t ♣✉r♣♦s❡s ♣r♦✈✐❞❡❞ t❤❛t✿
• ❛ ❢✉❧❧ ❜✐❜❧✐♦❣r❛♣❤✐❝ r❡❢❡r❡♥❝❡ ✐s ♠❛❞❡ t♦ t❤❡ ♦r✐❣✐♥❛❧ s♦✉r❝❡
• ❛ ❧✐♥❦ ✐s ♠❛❞❡ t♦ t❤❡ ♠❡t❛❞❛t❛ r❡❝♦r❞ ✐♥ ❉❘❖
• t❤❡ ❢✉❧❧✲t❡①t ✐s ♥♦t ❝❤❛♥❣❡❞ ✐♥ ❛♥② ✇❛②
❚❤❡ ❢✉❧❧✲t❡①t ♠✉st ♥♦t ❜❡ s♦❧❞ ✐♥ ❛♥② ❢♦r♠❛t ♦r ♠❡❞✐✉♠ ✇✐t❤♦✉t t❤❡ ❢♦r♠❛❧ ♣❡r♠✐ss✐♦♥ ♦❢ t❤❡ ❝♦♣②r✐❣❤t ❤♦❧❞❡rs✳
P❧❡❛s❡ ❝♦♥s✉❧t t❤❡ ❢✉❧❧ ❉❘❖ ♣♦❧✐❝② ❢♦r ❢✉rt❤❡r ❞❡t❛✐❧s✳
❉✉r❤❛♠ ❯♥✐✈❡rs✐t② ▲✐❜r❛r②✱ ❙t♦❝❦t♦♥ ❘♦❛❞✱ ❉✉r❤❛♠ ❉❍✶ ✸▲❨✱ ❯♥✐t❡❞ ❑✐♥❣❞♦♠
❚❡❧ ✿ ✰✹✹ ✭✵✮✶✾✶ ✸✸✹ ✸✵✹✷ ⑤ ❋❛① ✿ ✰✹✹ ✭✵✮✶✾✶ ✸✸✹ ✷✾✼✶
❤tt♣✿✴✴❞r♦✳❞✉r✳❛❝✳✉❦
M. BADANIN, K. BANEV, J. BEHR, N. BOLŠAKOVA,
S. P. BROCK, S. CHIALÀ, G. E. DEMACOPOULOS,
EPIPHANIUS DI SAN MACARIO, FILARET DI L’VIV E GALIZIA,
G. HATZIOURANIOU, W. KASPER, A. MAKARYAN, A. MENNINI,
D. MOSCHOS, B. A. NASSIF, E. J. PENTIUC, P. PERIĆ, B. PETRÀ,
E. V. ROMANENKO, A. SOKOLOV, V. THERMOS, A. TORRANCE,
M. VGHENOPOULOS, K. WARE, CH. YANNARAS
MISERICORDIA
E PERDONO
Atti del XXIII Convegno ecumenico internazionale
di spiritualità ortodossa
Bose, 9-12 settembre 2015
a cura di
Luigi d’Ayala Valva, Lisa Cremaschi e Adalberto Mainardi
monaci di Bose
estratto
EDIZIONI QIQAJON
COMUNITÀ DI BOSE
MISERICORDIA E PERDONO TRA LE CHIESE
Krastu Banev, Filaret di L’viv e Galizia,
Adam Makaryan, Antonio Mennini, Christos Yannaras*
Krastu Banev – Le relazioni che abbiamo ascoltato ci hanno
arricchito e invitano a pensare 1. Ora è l’occasione di aprirci a
un dialogo sul tema del nostro convegno. Per introdurre questo
dibattito vi propongo un viaggio a ritroso nel tempo: immaginate di trovarvi a Calcedonia, l’8 ottobre del 451, alla presenza
di numerosi vescovi di provenienza diversa, che parlano lingue
diverse. Questi trecentosessantacinque vescovi gridano a una sola
voce: “Possiamo tutti sbagliare. Dio ci perdoni. Tutti abbiamo
sbagliato!”. Queste parole vengono riferite all’imperatore che
ha convocato il concilio.
Ho scelto questo riferimento storico perché mi offre lo spunto
per porvi una domanda. In questi giorni abbiamo parlato della
conversione come cammino individuale che porta alla riconciliazione. Ma noi credenti siamo anche membra di un corpo,
della chiesa; e allora chiediamoci: come è possibile convertirci
come chiesa? Qualcuno in questi giorni ha ricordato le parole di
Silvano del Monte Athos, il quale diceva che il futuro sta nel
* Trascrizione e traduzione dalle lingue originali a cura di Luigi d’Ayala Valva, Lisa
Cremaschi e Adalberto Mainardi.
1 Krastu Banev è professore associato presso il Dipartimento di teologia e religione
all’Università di Durham. Tra i suoi libri più recenti: Theophilus of Alexandria and the
First Origenist Controversy, Oxford 2015.
371
Tavola rotonda
pentimento e nell’umiltà. Dobbiamo seguire la legge del Signore
insieme, come membra del corpo della chiesa. Come possiamo
pentirci come chiesa, come comunità? Come possiamo riconoscere i nostri errori? E come possiamo giungere al pentimento
e alla riconciliazione? È questa la prima domanda che vorrei
porre ai partecipanti a questa tavola rotonda.
Antonio Mennini – La richiesta di perdono riguarda ciascuno
di noi individualmente 2, ma ci riguarda anche in quanto membri
della chiesa uniti nella stessa comunione di fede nella Trinità,
in Dio Padre, Figlio e Spirito santo. Quindi credo davvero che
ciascuna delle nostre chiese dovrebbe essere pronta, anche come corpo e realtà comunitaria, a chiedere perdono delle proprie
mancanze, dei propri peccati passati e anche di quelli presenti. A
questo riguardo, qualche relatore ha menzionato l’esortazione che
fece Paolo VI al momento di inaugurare la seconda sessione del
concilio Vaticano II, invitando tutte le chiese ad avanzare sulla
via della purificazione della memoria: da parte sua, il papa chiese
perdono per le colpe della chiesa cattolica nei confronti delle altre
chiese cristiane e assicurò il perdono, a nome della chiesa cattolica, per il male eventualmente subito da parte di altre chiese. In
occasione dell’anno santo (2000), papa Giovanni Paolo II chiese
poi perdono per tutti i peccati commessi dalla chiesa e, come
già ricordava il metropolita Maximos di Silyvria, nel corso della
sua visita ad Atene (2001), chiese perdono per l’offesa arrecata
alla chiesa ortodossa da parte dei cattolici al tempo della quarta
crociata (1204). Tutto ciò è certamente un fatto molto importante.
Ma come iniziare questo cammino sicuramente non facile?
Da parte mia, posso riferire la mia esperienza. Quando sono
stato nominato nunzio in Russia, i rapporti tra la chiesa cattolica e
2 Monsignor Antonio Mennini, dal 2000 arcivescovo titolare di Ferento, è stato
nunzio apostolico nella Federazione russa dal 2002 al 2010. Il 18 dicembre 2010 papa
Benedetto XVI lo ha nominato nunzio apostolico per la Gran Bretagna.
372
Misericordia e perdono tra le chiese
ortodossa non erano tra i più brillanti, anche e soprattutto perché
gli ortodossi erano rimasti molto offesi dalla creazione di diocesi
cattoliche senza che la santa Sede li avesse informati previamente.
Cominciando a dialogare con loro, anche in occasione di incontri
conviviali, io ho sempre cercato di mettere in luce quelli che
sono stati i meriti della chiesa ortodossa nella salvaguardia della
fede lungo tanti anni di persecuzione e di oscurità; e spesso ricordavo loro l’innumerevole schiera di cristiani ortodossi morti
come martiri. Ricordavo le parole di Tertulliano: “Quanti più ci
mietete, tanti più diventiamo; il sangue dei martiri è un seme di
cristiani” 3. Dicevo loro che, grazie ai suoi martiri, la chiesa russa
è riuscita a salvare la fede, nonostante tutto, e questo è un grande
dono, non solo per la chiesa ortodossa ma per tutti i cristiani,
anche se forse questo dono non sempre è stato debitamente
riconosciuto nel suo giusto valore dalle altre chiese occidentali.
Per esempio, quando ero in Bulgaria e parlavo con qualche metropolita (come quello che in seguito sarebbe diventato l’attuale
patriarca Neofit), accennando anche alle accuse rivolte alle chiese
ortodosse di aver collaborato con i regimi comunisti, mi ricordo
come essi mi rispondevano: “Certamente a volte noi abbiamo
collaborato con il regime, ma all’interno della cortina di ferro
non avevamo nessuno che ci difendeva, per esempio un papa.
Cercavamo vie per non far soffrire i nostri fedeli”. Penso quindi
che sia molto importante mettersi un po’ di più nei panni degli
altri, capire le loro sensibilità, capire ciò che li offende, ciò che
ancora li rende suscettibili di atteggiamenti non dico di rifiuto,
ma di sospetto verso l’altra chiesa. È importante testimoniare
loro il nostro rispetto, il nostro amore, la nostra venerazione per
quello che veramente hanno fatto, probabilmente in un nascondimento generale e senza che questa loro azione di grande valore
venisse riconosciuta; perché se la Santa Russia ha salvato la fede,
3 Tertulliano, Apologeticum 50,13, a cura di E. Dekkers, CCSL 1, Turnhout 1954,
p. 171.
373
Tavola rotonda
certamente questo è stato un dono per tutti i cristiani. Questo
per me è il primo passo da compiere nella prospettiva della
riconciliazione. Ciò non toglie che, una volta compiuto questo
passo, sarà necessario anche studiare con precisione i fatti e gli
episodi – anche presenti – che tuttora turbano i rapporti tra
le varie chiese e umilmente chiedere perdono, cercando di far
di tutto per non ferire o offendere l’altro. A questo proposito
mi ricordo che una volta, parlando con il metropolita Kirill,
l’attuale patriarca di Mosca, dicevo: “Nella misura in cui continueremo a conoscerci, a volerci bene e a stimarci vicendevolmente, anche quando dovremo affrontare intorno a un tavolo
delle questioni spinose, siccome avremo instaurato un rapporto
fraterno tra di noi, cercheremo non dico un compromesso, ma
faremo di tutto per non offenderci, e anzi trovare soluzioni che
non arrechino danno o fastidio all’altra chiesa”. Questo perché
veramente siamo chiese sorelle e tutti membri del corpo di
Cristo.
Adam Makaryan – Sono dell’opinione che ci siano due punti principali che ostacolano la riconciliazione tra le chiese 4: prima di tutto la cristologia, e poi la comprensione dell’eucaristia.
Nel medioevo, per esempio, l’entusiasmo per l’eucaristia finì
per trasformarsi in fanatismo. Le accuse vicendevoli, che scaturivano dalla non conoscenza della tradizione spirituale delle altre chiese, ostacolavano la riflessione sul vero significato
dell’eucaristia. Pochi mesi fa è accaduto un fatto nuovo: il papa
ha proclamato dottore della chiesa Gregorio di Narek dopo
un accurato esame teologico da parte della congregazione delle cause dei santi 5. È un evento straordinario: dei teologi di
4 Padre Adam Makaryan, membro del consiglio teologico della Sede madre della chiesa
armena di Santa Etchmiadzin e del consiglio della Società biblica armena, è attualmente
segretario di Sua Santità Karekin II, catholicos di tutti gli armeni.
5 Gregorio di Narek (951-1010 ca), “monaco, dottore degli armeni, insigne per
la dottrina, gli scritti e la scienza mistica” (Martirologio romano del 27 febbraio), fu
374
Misericordia e perdono tra le chiese
espressione calcedonese proclamano dottore della chiesa un
padre della chiesa armena. Tra i venti autori proclamati dottori
della chiesa nel xxi secolo vi è un teologo della chiesa apostolica
armena. Questo significa che i cattolici conoscono bene l’eredità
teologica di quest’altra chiesa. Ci possiamo chiedere: che cosa
ostacola il dialogo teologico? Alcuni teologi nel passato hanno
formulato asserzioni teologiche scorrette; occorre saper fare un
passo indietro e recedere dalle nostre posizioni. Facciamo qualche esempio. La chiesa cattolica condannò Galileo per aver sostenuto la teoria eliocentrica, che contrastava con la tradizionale
dottrina della creazione del mondo. A distanza di secoli, la
chiesa cattolica ha fatto un passo indietro e ha capito di aver sbagliato. Un altro esempio: Tommaso d’Aquino giustificava la pena
di morte; oggi l’Europa la rifiuta per motivi umanitari e la chiesa
cattolica la respinge nonostante le affermazioni di Tommaso,
senza per questo svalutare la sua importanza di teologo. Forse se
nel dialogo tra le chiese, ciascuna potesse fare un passo indietro
e riconoscere di aver sbagliato a sostenere certe affermazioni,
questo passo indietro costituirebbe un passo in avanti nel dialogo tra le chiese.
Christos Yannaras – Ho l’impressione, forse sbagliata, che
in questi giorni stiamo comprendendo il significato del perdono
e della misericordia solo a livello del comportamento 6. Ora, il
monaco nel Monastero di Narek, a sud-est del lago di Van, nell’attuale Turchia. Tra le
sue opere il Libro della lamentazione è un capolavoro della letteratura armena antica,
e alcuni passi sono entrati nella liturgia armena. Il 12 aprile 2015 papa Francesco ha
proclamato san Gregorio dottore della chiesa con apposita lettera apostolica (Litterae
apostolicae quibus sanctus Gregorius Narecensis Doctor Ecclesiae universalis renuntiatur),
annunciandolo solennemente nella basilica di San Pietro in occasione del centenario
del genocidio degli armeni. Gregorio è il trentaseiesimo dottore della chiesa proclamato
dalla chiesa cattolica [N.d.C.].
6 Christos Yannaras, nato ad Atene nel 1935, è uno dei più influenti filosofi ortodossi
contemporanei. Tra i suoi numerosi libri, tradotti in diverse lingue, ricordiamo: La libertà
dell’ethos. Saggi per una visione ortodossa dell’etica (1970); La metafisica del corpo. Studio
su Giovanni Climaco (1971); La persona e l’eros (1976); La libertà dell’ethos (1979); La
375
Tavola rotonda
comportamento è qualcosa che riguarda sempre gli individui.
Certamente possiamo spostare il discorso sui comportamenti
collettivi, e chiederci quali siano stati gli errori collettivi nel
passato, come possiamo domandare perdono, come correggere
concezioni di comportamento sbagliate attraverso il perdono
e la riconciliazione. A mio avviso, però, il problema posto in
questi termini finisce in un vicolo cieco. La chiesa non si interessa del comportamento. Anzi, potremmo dire che, a livello
del comportamento, la chiesa, considerata nel suo insieme, è un
gran fallimento. Per fortuna! Paolo ci aveva avvertiti: “La mia
potenza si manifesta pienamente nella debolezza … Quando
sono debole, è allora che sono forte” (cf. 2Cor 12,9-10). Cosa
sono queste parole? Semplici espressioni simboliche, che si
collocano di nuovo a livello del comportamento? Credo di no.
Il fatto è che la nostra natura è mortale, è creata e sottomessa
alla morte; e la chiesa non è venuta a correggere dei comportamenti. Se la chiesa dovesse correggere dei comportamenti,
permettetemi di dire che le attuali società hanno ottenuto
risultati molto migliori, con i loro metodi, con un savoir vivre
che si è imposto gradualmente lungo i secoli. E alla fin fine
perché non andare allora a fare i boy scout? Se andiamo a
fare i boy scout, miglioriamo il nostro comportamento! Ma se
noi facciamo parte della chiesa credo che sia perché vogliamo
sperimentare concretamente che è vero ciò che la chiesa annuncia come vangelo, cioè come gioiosa notizia: che la morte ha
vinto la morte. O questo è vero, oppure tutto il resto è inutile
e superfluo. Di conseguenza anche il problema del perdono e
della misericordia, penso che sarebbe forse più efficace se lo
ponessimo a questo livello, a livello cioè di un modo (trópos)
di esistenza diverso da quello che conduce alla morte. Nel lindisumanità del diritto (1997); Il detto e l’indicibile. I limiti linguistici di realismo della
metafisica (1999); Ontologia della relazione (2004); Contro la religione (2006); L’enigma
del male (2008); Sei pitture filosofiche (2011).
376
Misericordia e perdono tra le chiese
guaggio del pensiero umano in generale facciamo la distinzione
tra il modo di esistenza del “creato” e quello dell’“increato”.
Nell’ambito del “creato” vi sono alcune necessità stabilite, che
noi conosciamo bene per esperienza, e sono la corruzione e la
morte. Perché questo? Perché la causa dell’esistenza del creato
è fuori dal creato stesso: è altrove. Quindi il creato è “causato”:
ha un inizio e una fine. L’increato invece è causa di se stesso,
esiste. E qui la chiesa ci ha davvero manifestato una visione
radicalmente diversa del significato dell’esistenza, ci ha dato la
testimonianza storica, per mezzo dell’incarnazione di Cristo,
che il principio causale dell’esistente è un’esistenza personale
e cosciente la quale esiste, perché vuole esistere liberamente,
e vuole esistere perché ama. Solo in questo consiste l’integrità
dell’esistenza, la salvezza dell’esistenza, nel senso del termine
greco sóon (dal verbo sózo), che significa “integro”, giunto alla
pienezza dell’esistenza. Dio non è rimasto chiuso in questa sua
pienezza autarchica. Ha voluto donare questa pienezza, perché
egli è amore. E l’amore è il vertice della libertà dell’esistenza.
Se esisto perché sono costretto a esistere per natura, per necessità, questo è un supplizio, un inferno; se invece esisto per
libera scelta, ovvero per amore, allora la mia vita diventa una
grandissima festa! La chiesa annuncia precisamente questo.
Ora, se nel corso dei secoli ci sono stati vescovi che hanno
ambito ai primi posti, altri che hanno gravemente peccato,
altri che sono stati avidi di denaro, o cose simili, tutte queste
cose sono passate. Quello che ci interessa non è tanto chiedere
perdono per correggere tali comportamenti, ma come possiamo
ritrovare oggi il significato del vangelo, ossia della buona notizia
che la morte è vinta dalla morte. Quindi credo che il problema
del perdono e della misericordia possiamo esaminarlo in modo fecondo solo se usciamo dall’ambito dei comportamenti.
Ma voglio aggiungere ancora una cosa. I comportamenti certo
possono rivelare qualcosa che appare attraverso di essi, se cioè
prendiamo gli insuccessi come peccati individuali o se invece
377
Tavola rotonda
li istituzionalizziamo. Su questo le chiese, e in particolare le
chiese locali, penso che potrebbero fare un esame di coscienza.
Faccio un esempio molto semplice. Il vescovo nella chiesa ha
la dignità, il compito di essere padre, non solo amministratore
o maestro. “Non avete molti padri” (1Cor 4,15), ha detto
Paolo. La paternità è un carisma, significa generare alla vita,
alla vita senza limiti. Se è questo dunque il ruolo del vescovo,
noi vediamo che la chiesa in occidente per cause storiche assai
comprensibili ha ordinato anche vescovi “titolari”, dotati di un
semplice titolo, qualcosa come dei funzionari di alto livello; ma
questo ha abolito la paternità, non ha significato solo trasgredire
una regola o una tradizione, ha abolito un servizio di vita, il
servizio della paternità. Durante i secoli della turcocrazia anche gli ortodossi hanno preso la stessa abitudine. Simili errori
istituzionalizzati sono questione di vita e di morte! Ora, in
occidente a partire da Agostino si è imposta la visione secondo
cui la salvezza è un’impresa individuale; dipende dagli atti,
dalle virtù, dalle convinzioni, dalle opinioni individuali… E
questa comprensione individualistica della salvezza ha prodotto
non solo una chiesa ma un’intera cultura, che oggi è diventata planetaria. L’altra tradizione, la cosiddetta “ortodossa”,
ha insistito maggiormente sul fatto che la salvezza è evento
“ecclesiale”, comunitario. Quel che mi salva non è il fatto di
essere buono, ma di partecipare a una comunione di santi,
perché mi amano e a mia volta amo, esisto al modo in cui ama il
Figlio perché lo ama il Padre. Ho accettato l’adozione a figlio,
partecipo al corpo del Figlio, il quale è intronizzato sul trono
della divinità. Questo dunque è da sempre il contenuto della
predicazione della chiesa. Si può comprendere la cosa anche
dal punto di vista logico: che salvezza è se sono salvato io e
non è salvato mio figlio? Se non sono salvate le persone che
amo? La salvezza ha un altro contenuto: è un evento ecclesiale, è partecipazione, è carisma, è dono che io accetto dicendo
“amen!”, concretamente, con la mia libertà.
378
Misericordia e perdono tra le chiese
Filaret di L’viv e Galizia – Quando proclamiamo il Credo
durante la liturgia 7 e diciamo: “Credo nella chiesa una”, questo
esprime la fede di tutta l’assemblea nella chiesa una, santa, cattolica e apostolica, raccolta attorno al vescovo nella celebrazione
eucaristica. Ma quando negli incontri ecumenici ci troviamo
divisi, è come se questa consapevolezza dell’unità della chiesa
venisse meno. I nostri fedeli si chiedono perché non riusciamo a
riconciliarci con gli altri cristiani, si chiedono come sia possibile
perdonare i nemici se nemmeno tra cristiani si giunge al perdono
e alla riconciliazione. Anba Epiphanius del Monastero di San
Macario oggi diceva una cosa verissima: “Non so che cosa sia la
divisione, so che cos’è l’unità e come aspirare ad essa”. Indubbiamente il cammino verso l’unità è la ricerca di ciò che più ci
unisce e la comprensione gli uni degli altri. Questo cammino di
comprensione reciproca, per quanto riguarda la chiesa cattolica
e le chiese ortodosse, è già incominciato. Il concilio Vaticano
II ha dato avvio a un dialogo che unisce teologi di confessioni
diverse, a un cammino di conoscenza e rispetto reciproco. Ma
spesso regna quell’individualismo di cui ha parlato Christos
Yannaras; se sul piano teologico comprendiamo chiaramente
quali siano i passi necessari e concordiamo su testi importanti,
quando si tratta di cercare concretamente l’unità, non si è disposti alla metánoia, alla conversione. Non c’è nessuna formula
per risolvere questo problema della comprensione gli uni degli
altri, del reciproco sostegno, dell’accoglienza fraterna: c’è solo
la formula dell’amore. E per questo bisogna pregare; pregare lo
Spirito santo che con i suoi doni arricchisce la chiesa, affinché
ci accordi misericordia, pazienza, mitezza e capacità di comprensione reciproca.
7 Il vescovo Filaret di L’viv e Galizia (Sergij Ivanovyč Kučerov), medico chirurgo
per formazione, dopo gli studi teologici all’Accademia teologica di Kiev, ha diretto dal
2003 al 2011 il Dipartimento sinodale della chiesa ortodossa ucraina per la missione di
assistenza sociale ai minori, e dal 2011 presiede il Dipartimento sinodale per la pastorale
della sanità. Nel 2012 è stato insignito dell’onorificenza civile al merito di III grado.
379
Tavola rotonda
Krastu Banev – Nel mio mestiere di storico mi sono accorto
come noi spesso siamo a disagio con la storia. Non dobbiamo
esserne prigionieri, ci ha ammonito Christos Yannaras, ma è
anche vero che non si può sfuggire alla storia. Non la si può
cancellare! Monsignor Mennini ha parlato della purificazione
della memoria. Quale dovrà essere allora il nostro atteggiamento
di fronte alle tragedie non sanate del passato, come per esempio
il genocidio armeno, di cui quest’anno ricorre il centenario?
Tra la rimozione del passato, che contraddice la giustizia, e la
recriminazione senza vie d’uscita, c’è un altro modo per affrontare la questione? Come possiamo purificare la memoria storica
delle nostre chiese?
Adam Makaryan – Centinaia di migliaia di armeni sono
morti in Turchia. È possibile dimenticare e andare avanti?
Come è possibile rimuovere la storia? Forse bisogna superare
gli eventi dolorosi del passato in altro modo; ma non è giusto
rifiutarsi di guardare indietro e andare solo avanti. La chiesa
cattolica ha chiesto perdono per le crociate e durante il concilio
Vaticano II ha rivisto le sue posizioni. È stato un atto molto
importante in vista della purificazione della memoria. Ma che
cosa significa che un intero popolo perdoni un altro popolo?
Il popolo armeno è cristiano e, come cristiani, tutti i fedeli
armeni hanno davanti a sé il Cristo crocifisso. Eppure il popolo
armeno fatica a dire: “Perdoniamo e andiamo avanti”. Il popolo non riesce a farlo, lo fanno alcuni santi come lo ha fatto
il protomartire Stefano (cf. At 7,60). Il popolo pensa a Cristo
piuttosto come a colui che ha cacciato dal tempio i mercanti
che non osservavano la volontà di Dio. Non è possibile perdonare senza un’autopurificazione del popolo. Per una profonda
riconciliazione tra popoli diversi, è necessario un processo di
pentimento ed è necessaria anche la giustizia. Il popolo tedesco
ha chiesto perdono agli ebrei, questo non è avvenuto nel caso
dei turchi. Dal pentimento scaturisce il perdono. La giustizia è
380
Misericordia e perdono tra le chiese
necessaria, la si può avere con il pentimento e dal pentimento
scaturisce il perdono.
Christos Yannaras – Ci è stato chiesto da parte del moderatore se c’è un altro modo (trópos). Anche se non so come sia
stata tradotta nelle altre lingue, mi piace la parola “modo”, che
è molto pregnante. Penso che oggi nell’ambito del cristianesimo
cerchiamo di correggere gli errori del passato con dei “modi”
(trópoi) che poco o nulla hanno a che fare con la chiesa. Uno di
questi è il dialogo, che è stato escogitato da parte della modernità
sulla base del principio dei diritti individuali e delle soluzioni
razionalistiche e che viene per lo più applicato nell’ambito delle
istituzioni politiche (Nazioni Unite, Unione Europea, eccetera).
Eppure possiamo ben vedere come le guerre, le tragedie e gli
eccidi continuino… Il dialogo – penso – è un modo di agire
che si colloca agli antipodi della chiesa! Ciascuno porta avanti
la sua opinione e non si arriva da nessuna parte. Per questo,
poco fa dicevo a fratel Enzo che forse potremmo immaginare
un “dialogo ecumenico” tra i cristiani che escluda i professori
universitari e i vescovi e tutti quelli che fanno parte della chiesa
istituzionale, e li sostituisca con monaci, asceti, eremiti, uomini
spirituali, artisti, persone sensibili all’esperienza, ricercatori di
senso… Eppure anche questa è un’idea cerebrale, escogitata in
astratto. La chiesa in realtà ha un suo proprio modo di soluzione del problema. Il modo per uscire dai nostri fallimenti, dai
nostri peccati, del passato e del presente, per la chiesa è uno
solo: l’eucaristia. Ma l’eucaristia è la realizzazione di un modo
di esistenza, non semplicemente una celebrazione religiosa. È
un cambiamento radicale del modo di esistenza. Nell’eucaristia
io esisto prendendo cibo, non per esser nutrito nel mio essere
individuale e corruttibile; ma esisto comunicando al cibo, comunicando all’esistenza, con tutte le dilatazioni che ha l’eucaristia. Ora, seguendo invece la logica dell’assunzione dei metodi
moderni, noi cerchiamo di essere uomini “ecclesiali” all’interno
381
Tavola rotonda
di una società che ci costringe a vivere non solo in modo non
ecclesiale, ma agli antipodi del modo di vivere ecclesiale. Noi
oggi di fatto viviamo come individui, in modo individualistico:
siamo costretti a farlo. Ciascuno di noi ha un numero per la
carta di identità, un numero per l’assicurazione sanitaria, un
codice fiscale… Siamo sottoposti all’organizzazione razionale
dell’individualismo; e allo stesso tempo vogliamo essere membri
della chiesa! E allora la nostra identità ecclesiale diventa sentimentalismo, romanticismo, retorica… Ora, la chiesa indivisa ha
sempre insistito sul fatto che ogni eucaristia è la manifestazione
della chiesa cattolica. La cattolicità non è l’universalità geografica. Sono le ideologie totalitarie che rivendicano l’universalità
geografica. La cattolicità ecclesiale è piuttosto la realizzazione e
la manifestazione dell’intero, del totale. E questo avviene in ogni
eucaristia locale. Quindi ogni vescovo locale con il suo corpo
ecclesiale è la realizzazione e la manifestazione del regno dei
cieli. Non c’è bisogno di alcuna autorizzazione di una qualche
sede infallibile, di qualche autorità suprema, perché in ogni
chiesa locale c’è tutta la chiesa. Anche l’attuale papa Francesco
continua a ripetere la necessità di un ritorno alla sinodalità.
Questa è veramente una grande speranza, perché se il papa avrà
il coraggio di reintrodurre la sinodalità nella chiesa occidentale,
penso che non ci sia più alcun problema! Il primato in confronto
è di importanza del tutto secondaria e lo si potrà sempre comprendere come responsabilità e non come privilegio, nell’ambito e allo scopo di un buon funzionamento della sinodalità, di
quella sinodalità che è prosecuzione dell’eucaristia. Ma voglio
aggiungere un’ultima cosa. Nel passato recente abbiamo ricevuto
da Dio la grande benedizione di un’improvvisa e straordinaria
fioritura nella storia della teologia ortodossa, eppure spesso,
quando ascolto i nostri capi di chiese, vescovi, arcivescovi, patriarchi, mi chiedo se non sia stata del tutto inutile. Le loro parole
spesso continuano a rimanere a un livello puramente “religioso”
senza toccare minimamente l’esistenza concreta dell’uomo. Mi
382
Misericordia e perdono tra le chiese
chiedo: a cosa ci è servita quella fioritura teologica? Abbiamo
letto teologi come Alexander Schmemann, John Meyendorff,
Georges Florovsky, Ioannis Zizioulas?
Antonio Mennini – Vorrei ritornare alla domanda posta dal
nostro moderatore, Krastu Banev. Ha senso dimenticare? Non
ha alcun senso se significa voltare rapidamente pagina. Anzi
io credo, come è stato scritto da qualcuno, che senza memoria
non esiste futuro; anzi senza memoria si rischia di ricadere negli
errori del passato. Per esempio, come per la Shoah del popolo
ebraico, non si tratta solo di ripercorrere il tragico cammino di
milioni di persone uccise nei campi di sterminio nazisti, ma anche di aprirsi al futuro, cioè educare le nuove generazioni perché
la storia non si ripeta, e questi drammi siano evitati.
Vorrei tuttavia proporre di attualizzare la domanda. Al di là
dei molti problemi teologici, cristologici che ancora dividono i
cristiani, come ci ricordava padre Makaryan, guardiamo al mondo
di oggi in cui i popoli crescono nella consapevolezza di appartenere tutti a un’unica famiglia umana. Penso per esempio all’impegno a favore dell’ecologia su cui recentemente ha richiamato
l’attenzione papa Francesco. Stamattina mi hanno fatto riflettere
le parole con cui l’arcivescovo Irineos di Creta, commentando le
affermazioni del metropolita Maximos di Silyvria, si chiedeva
se durante tutti questi secoli di incomprensione tra occidente e
oriente non ci siano mai state “teste di ponte”, cristiani cioè che
abbiano cercato di cambiare le cose. Senza tornare indietro fino
alla quarta crociata, fermiamoci alla storia recente e guardiamo
a che cosa è successo nella guerra in Jugoslavia: noi abbiamo
assistito inerti alla carneficina tra cattolici e ortodossi! Questo è
un fatto e ci verrà rimproverato dalle generazioni future. Del resto
anche oggi noi assistiamo senza far niente alla situazione della
guerra in Ucraina. Indubbiamente essa dipende da motivazioni
storiche e politiche che superano le nostre storie personali e
comunitarie, ma perché là in Ucraina, i cristiani, cattolici, gre383
Tavola rotonda
co-cattolici e ortodossi, non riescono a dimostrare che, al di là di
tutte le divisioni, c’è un valore più grande da raggiungere, che è
quello della pace? Anche nel nostro paese, molti si stracciano le
vesti per l’arrivo di profughi e migranti, ma non mi sembra ci
siano state marce di cristiani a difesa della vita dei cristiani in
Medio oriente… O ci svegliamo, o la storia ci saluta!
Filaret di L’viv e Galizia – Anche nel caso dell’Ucraina, per
il risanamento della memoria e la riconciliazione è necessario il
dialogo. Vorrei ricorrere a un esempio semplice, tratto dalla vita
quotidiana, per esprimere in che modo si possano concretamente
superare le ferite e le incomprensioni del passato. Pensiamo a
una coppia che ha litigato; se si fermano a ciò che è successo,
ricordando con risentimento le ferite subite, non riusciranno a
continuare il loro rapporto. Se la discussione tra i coniugi degenera, sarebbe bene che si fermassero, si separassero, fino a che
ciascuno non riesca di nuovo a guardare l’altro con gli occhi con
cui l’ha guardato quando è nata la loro storia d’amore. Un altro
esempio è quello dell’educazione. Il dialogo non basta; occorre
superare il conflitto e mostrare anche ai figli che l’amore è più
forte delle ferite che ci infliggiamo reciprocamente. Che accade
oggi in Ucraina? Ortodossi dell’est e ortodossi dell’ovest hanno
levato le armi gli uni contro gli altri. È al tempo stesso una
tragedia per la chiesa, che non ha saputo educare i suoi fedeli
all’amore e al perdono. Un ortodosso combatte contro un altro
ortodosso! Pensate a ciò che accadde nel Majdan, la piazza
principale di Kiev, nel momento più acuto degli scontri: i capi
di tutte le chiese e anche i capi della comunità musulmana sono
intervenuti e hanno invitato i propri fedeli a deporre le armi e
fermare il conflitto, a riconciliarsi con l’altra parte; e i fedeli non
li hanno ascoltati. Non è forse una tragedia per la chiesa? Questa
domanda retorica suona paradossale nello spazio postsovietico.
Da venticinque anni la chiesa è libera; abbiamo ricostruito tutto,
abbiamo aperto magnifiche chiese e monasteri, dorato le cupole,
384
Misericordia e perdono tra le chiese
celebrato splendide liturgie; ma siamo riusciti a educare il popolo nella fede? In questi venticinque anni la gente ha visto il
rifiorire della chiesa ma, come ha rivelato questa tragica crisi, il
popolo non ha assunto uno spirito cristiano, quello Spirito che
rende capaci di deporre le armi, di riconciliarsi e guardarsi negli
occhi. È qui necessario, mi sembra, un processo di educazione
alla fede che vada in profondità. C’è ancora molto lavoro da fare
per la chiesa in quest’epoca postotalitaria: abbiamo ricostruito
le chiese ma non abbiamo ricostituito le anime!
Adam Makaryan – Durante la liturgia a più riprese il presbitero si rivolge al popolo dicendo: “Pace a voi!”. Sempre noi
preghiamo per la pace durante la liturgia eppure le guerre continuano. È colpa della chiesa che non sa pregare bene o che non sa
donare la pace? Ricordiamo l’episodio del Vangelo di Giovanni:
Maria, a Betania, cosparge i piedi di Gesù con un profumo prezioso e Giuda è scandalizzato da quello spreco (cf. Gv 12,1-8);
Gesù gli risponde: “Lasciala fare, perché essa lo conservi per il
giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con
voi, ma non sempre avete me” (Gv 12,7-8). Qualcosa di simile
potremmo dire per le guerre: le avremo sempre con noi perché
con Adamo tutto il mondo è decaduto; a causa del peccato
di Adamo, la terra è maledetta (cf. Gen 3,17). Ogni peccato
impedisce alla grazia di scendere dal cielo su questa nostra terra. Siamo tutti responsabili di questa situazione! Gesù non fu
condannato a morte solo per ragioni politiche; è stato crocifisso
per i peccati del mondo intero. Che cosa è diventato il mondo
cristiano? Invece di essere un ambiente nel quale si sperimenta
la presenza di Dio, è diventato un luogo dove regnano le leggi
del mercato e le passioni umane. Ecco perché anche il mondo
cristiano, in un certo senso, si è allontanato dalla grazia. Noi
portiamo la responsabilità di ogni male che viene compiuto.
Dobbiamo risollevarci, convertirci perché tutto il mondo sia
libero dalla guerra e dalla sofferenza.
385
Tavola rotonda
Christos Yannaras – Mi è piaciuta molto l’osservazione
del vescovo Filaret: “Parliamo alla gente e non ci ascolta: è un
disastro!”. Mi permetta: non è che forse può essere una benedizione? Alla gente le parole che noi pronunciamo non dicono
nulla. Sono parole morte! Non è che forse dobbiamo cambiare
campo? Che cosa intendo? Vi racconto un episodio accaduto
in Grecia a titolo d’esempio. Una volta si doveva eleggere un
vescovo: la chiesa decise allora di proporre, accanto al candidato
più quotato, un secondo candidato, perché vi fosse una possibilità di scelta alternativa. Questo secondo candidato era un
vero uomo di chiesa, e appena si diffuse la notizia i giornalisti
si recarono da lui per intervistarlo e gli chiesero quale fosse il
suo programma nel caso che fosse stato eletto. Ed egli rispose:
“Il mio programma? Ufficio mattutino ogni mattina e ufficio
di vespro ogni sera!”. Non prendetela come una fissazione nel
ritualismo. Questo è proprio il cambiamento di campo che ci
vuole! Voglio dire – per essere un po’ provocatorio – che l’educazione è un metodo che tutti applicano da secoli ma che fallisce
sistematicamente. Qualunque sia l’educazione che mettiamo in
atto, la morte rimane sempre morte, mentre la partecipazione
all’eucaristia è un cammino e una lotta che, come crediamo,
hanno come frutto la resurrezione. Se volete, ritenete la frase:
dobbiamo cambiare campo!
Krastu Banev – Prima di allargare il dibattito a quanti hanno
ascoltato in sala, vorrei lasciare la parola al vescovo Filaret che
deve partire.
Filaret di L’viv e Galizia – Ieri, parlando con alcuni vescovi, teologi e professori qui presenti è nata l’idea di rivolgere
un appello per la pace al popolo dell’Ucraina, ai capi politici e
religiosi, al Consiglio di tutte le chiese in Ucraina. Riuniti qui per
riflettere sul tema della misericordia e del perdono, vorremmo dire che siamo solidali con il popolo dell’Ucraina: senza condannare
386
Misericordia e perdono tra le chiese
nessuno ma guardando al nostro cuore e chiedendoci se siamo
disposti alla riconciliazione, invitiamo tutti alla riconciliazione
e preghiamo insieme per la fine della guerra. Per questo vorrei
ora leggere qui con voi la preghiera che viene letta ogni giorno
in tutte le chiese della chiesa ortodossa ucraina per la pace e la
riconciliazione nel paese.
Signore Dio, Salvatore nostro! Ci volgiamo a te con cuore
contrito e confessiamo i nostri peccati e la nostra iniquità,
con cui abbiamo contraddetto le tue viscere di misericordia e
ostacolato la tua magnanimità. Ci siamo infatti allontanati da
te, Signore, e non abbiamo custodito i tuoi comandamenti, né
compiuto ciò che ci hai comandato. Per questo ci hai colpito
con disordine e ci hai dato in pasto ai nostri nemici, e noi
abbiamo perduto la ragione più di tutte le genti. Dio grande
e meraviglioso, che ti addolori per i mali umani, risolleva chi
è prostrato e rendi saldo chi sta per cadere! Manda dai cieli
la tua forza celeste, medica le ferite delle nostre anime e rialzaci dal letto di dolore, poiché i nostri fianchi sono stremati,
e noi soffriamo per l’ingiustizia e generiamo iniquità. Placa
le arroganze e le faide nella nostra terra, allontana da noi
l’invidia e ogni agitazione, omicidi e ubriachezze, passioni
e tentazioni, brucia nei nostri cuori ogni impurità, ogni inimicizia e malvagità, affinché di nuovo ci amiamo gli uni gli
altri e dimoriamo uniti in te, Signore e Sovrano nostro, come
ci hai chiesto e comandato. Abbi pietà di noi, Signore! Abbi
pietà di noi! Noi che ci siamo colmati di ogni abiezione e
non siamo degni di levare gli occhi al cielo. Ricordati della
misericordia che hai mostrato ai nostri padri, soprattutto per
le preghiere della santissima Madre di Dio e vergine Maria.
Dona discernimento a tutti coloro che hanno autorità, ispira
loro il bene per la tua chiesa e tutti i tuoi. Con la forza della
tua croce rendi salde le nostre forze e liberale dalle reti del
nemico. Stabilisci per noi uomini colmi di saldezza e intelligenza, e dona a tutti noi lo Spirito di sapienza e di timore
di Dio, Spirito di fortezza e di benevolenza. Signore, in te
387
Tavola rotonda
ci rifugiamo, insegnaci a fare la tua volontà, poiché tu sei il
nostro Dio, e in te è la fonte della vita, nella tua luce vediamo
la luce. Mostra la tua misericordia a quelli che ti conoscono,
per i secoli dei secoli. Amen! 8.
Krastu Banev – Le riflessioni e le parole dei nostri relatori
hanno suscitato numerosissime domande tra il nostro pubblico,
che ora, dopo essere state raccolte, riceveranno una risposta nei
limiti del possibile.
Christos Yannaras – Mi è stata posta la seguente domanda:
“Lei ha detto che il dialogo non è il modo proprio della chiesa,
ma che è un prodotto della modernità. Allora nei concili ecumenici e locali quale modo si utilizzava? Non forse il dialogo?
L’incontro della samaritana con Cristo non era forse un dialogo?”.
Nelle mie parole ho inteso utilizzare la parola “dialogo” con il
significato che ha assunto oggi, quando è diventato un terminus
technicus, nel senso di una discussione organizzata in anticipo,
con un preciso e concreto scopo di efficienza. Oggi siamo infatti
convinti che con il dialogo possiamo raggiungere un risultato,
un’efficacia. Certamente il dialogo c’era già al tempo di Cristo
e dei concili. È l’unico modo che come uomini abbiamo per
“pensare insieme” (syn-ennoúmai), intendere insieme le stesse
cose. Ma ripeto, nell’ambito della modernità, oggi il dialogo
ha assunto un carattere ben preciso: è diventato un’arma, è un
mezzo utilitaristico! Poi mi è stata posta un’altra domanda: “La
chiesa non ha forse la possibilità di dare la pace, la pace donata da
Cristo, il quale certamente può donarcela? Vogliamo accoglierla?
Il problema è nostro!”. Sono dell’opinione che anche questa domanda nasconda una certa logica utilitaristica, secondo la quale
8 Molitva o spasenii deržavy Rossijskoj i utolenii v nej razdorov i nestroenij: questa
preghiera è stata composta dal patriarca di Mosca Tichon (Bellavin, 1865-1925) per
invocare la pace durante la guerra civile russa [N.d.C.].
388
Misericordia e perdono tra le chiese
la chiesa potrebbe “dare la pace”. Certo che può darla, ma non
con delle ricette. Solo se riesce a realizzare l’evento ecclesiale,
se davvero la sua vita di comunità diventa “eucaristica”, allora
si può avere la pace. Ma non è qualcosa che si può affermare in
generale come una possibilità della chiesa. Che una comunità
riesca nell’impresa della comunione eucaristica è piuttosto una
lotta, uno sforzo quotidiano. Nient’altro.
Adam Makaryan – In questo senso mi sembra importante la
domanda che qualcuno mi ha rivolto, se le chiese saranno capaci di celebrare la Pasqua nella stessa data. Questa data, com’è
noto, dipende dal calendario che viene impiegato da ciascuna
chiesa. Secondo il calendario ebraico, Gesù sarebbe stato a Gerusalemme con i suoi discepoli nel giorno della Pasqua ebraica,
il 21 marzo. Noi armeni calcoliamo la data di Pasqua tenendo
conto di questo dato. Attualmente, tuttavia, anche all’interno
della chiesa armena, la Pasqua si festeggia in date diverse: la
chiesa armena all’estero usa un altro calendario; a Gerusalemme
la festeggiamo insieme ai greci, ma questo non avviene sempre
in modo pacifico… Da parte mia sono favorevole alla proposta
che tutti i cristiani celebrino questa festa nello stesso giorno.
Antonio Mennini – Tra le molte domande che mi sono state
indirizzate diverse riguardano la cura pastorale dei giovani. Io
credo che per sensibilizzare i giovani sia importante proporre
loro esperienze concrete, far toccare loro le conseguenze drammatiche delle guerre. Dobbiamo valorizzare ciò che già stanno
facendo. Quando si organizzano pellegrinaggi a Lourdes o in altri
luoghi, i giovani partecipano prendendosi cura dei malati, dei
disabili. Spesso mostrano una grande generosità ed è da questo
che dobbiamo partire. Nella Evangelii gaudium, papa Francesco
ha ricordato il problema che spesso i nostri luoghi educativi
non rispondono alle esigenze dei giovani. È una preoccupazione
che oggi ho potuto condividere con il vescovo anglicano John
389
Tavola rotonda
di Warwick: le nostre parrocchie dovrebbero aprirsi, diventare
luoghi in cui i giovani si sentono a casa. I preti dovrebbero cambiare mentalità. E poi è importante educare i giovani alla pace,
far sentire loro che possono fare molto dinanzi alle situazioni
di conflitto, che hanno un grande compito: essere costruttori
di storia e di solidarietà. Mi è stato anche chiesto come mai il
cammino di riconciliazione tra cristiani procede così lentamente.
Io credo che dobbiamo guardare alla meta con ottimismo. L’unità
tra cristiani non viene da noi. Nel capitolo 17 del Vangelo di
Giovanni il Figlio chiede ripetutamente al Padre che i credenti
siano “una cosa sola” (cf. Gv 17,11.21-23); il Padre ascolterà
la preghiera del Figlio. A noi spetta il compito di preparare il
terreno perché questo avvenga.
390