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Misericordia e perdono tra le chiese

2016

Krastu Banev-Le relazioni che abbiamo ascoltato ci hanno arricchito e invitano a pensare 1. Ora è l'occasione di aprirci a un dialogo sul tema del nostro convegno. Per introdurre questo dibattito vi propongo un viaggio a ritroso nel tempo: immaginate di trovarvi a Calcedonia, l'8 ottobre del 451, alla presenza di numerosi vescovi di provenienza diversa, che parlano lingue diverse. Questi trecentosessantacinque vescovi gridano a una sola voce: "Possiamo tutti sbagliare. Dio ci perdoni. Tutti abbiamo sbagliato!". Queste parole vengono riferite all'imperatore che ha convocato il concilio. Ho scelto questo riferimento storico perché mi offre lo spunto per porvi una domanda. In questi giorni abbiamo parlato della conversione come cammino individuale che porta alla riconciliazione. Ma noi credenti siamo anche membra di un corpo, della chiesa; e allora chiediamoci: come è possibile convertirci come chiesa? Qualcuno in questi giorni ha ricordato le parole di Silvano del Monte Athos, il quale diceva che il futuro sta nel * Trascrizione e traduzione dalle lingue originali a cura di Luigi d'Ayala Valva, Lisa Cremaschi e Adalberto Mainardi. 1 Krastu Banev è professore associato presso il Dipartimento di teologia e religione all'Università di Durham. Tra i suoi libri più recenti: Theophilus of Alexandria and the First Origenist Controversy, Oxford 2015.

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BADANIN, K. BANEV, J. BEHR, N. BOLŠAKOVA, S. P. BROCK, S. CHIALÀ, G. E. DEMACOPOULOS, EPIPHANIUS DI SAN MACARIO, FILARET DI L’VIV E GALIZIA, G. HATZIOURANIOU, W. KASPER, A. MAKARYAN, A. MENNINI, D. MOSCHOS, B. A. NASSIF, E. J. PENTIUC, P. PERIĆ, B. PETRÀ, E. V. ROMANENKO, A. SOKOLOV, V. THERMOS, A. TORRANCE, M. VGHENOPOULOS, K. WARE, CH. YANNARAS MISERICORDIA E PERDONO Atti del XXIII Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa Bose, 9-12 settembre 2015 a cura di Luigi d’Ayala Valva, Lisa Cremaschi e Adalberto Mainardi monaci di Bose estratto EDIZIONI QIQAJON COMUNITÀ DI BOSE MISERICORDIA E PERDONO TRA LE CHIESE Krastu Banev, Filaret di L’viv e Galizia, Adam Makaryan, Antonio Mennini, Christos Yannaras* Krastu Banev – Le relazioni che abbiamo ascoltato ci hanno arricchito e invitano a pensare 1. Ora è l’occasione di aprirci a un dialogo sul tema del nostro convegno. Per introdurre questo dibattito vi propongo un viaggio a ritroso nel tempo: immaginate di trovarvi a Calcedonia, l’8 ottobre del 451, alla presenza di numerosi vescovi di provenienza diversa, che parlano lingue diverse. Questi trecentosessantacinque vescovi gridano a una sola voce: “Possiamo tutti sbagliare. Dio ci perdoni. Tutti abbiamo sbagliato!”. Queste parole vengono riferite all’imperatore che ha convocato il concilio. Ho scelto questo riferimento storico perché mi offre lo spunto per porvi una domanda. In questi giorni abbiamo parlato della conversione come cammino individuale che porta alla riconciliazione. Ma noi credenti siamo anche membra di un corpo, della chiesa; e allora chiediamoci: come è possibile convertirci come chiesa? Qualcuno in questi giorni ha ricordato le parole di Silvano del Monte Athos, il quale diceva che il futuro sta nel * Trascrizione e traduzione dalle lingue originali a cura di Luigi d’Ayala Valva, Lisa Cremaschi e Adalberto Mainardi. 1 Krastu Banev è professore associato presso il Dipartimento di teologia e religione all’Università di Durham. Tra i suoi libri più recenti: Theophilus of Alexandria and the First Origenist Controversy, Oxford 2015. 371 Tavola rotonda pentimento e nell’umiltà. Dobbiamo seguire la legge del Signore insieme, come membra del corpo della chiesa. Come possiamo pentirci come chiesa, come comunità? Come possiamo riconoscere i nostri errori? E come possiamo giungere al pentimento e alla riconciliazione? È questa la prima domanda che vorrei porre ai partecipanti a questa tavola rotonda. Antonio Mennini – La richiesta di perdono riguarda ciascuno di noi individualmente 2, ma ci riguarda anche in quanto membri della chiesa uniti nella stessa comunione di fede nella Trinità, in Dio Padre, Figlio e Spirito santo. Quindi credo davvero che ciascuna delle nostre chiese dovrebbe essere pronta, anche come corpo e realtà comunitaria, a chiedere perdono delle proprie mancanze, dei propri peccati passati e anche di quelli presenti. A questo riguardo, qualche relatore ha menzionato l’esortazione che fece Paolo VI al momento di inaugurare la seconda sessione del concilio Vaticano II, invitando tutte le chiese ad avanzare sulla via della purificazione della memoria: da parte sua, il papa chiese perdono per le colpe della chiesa cattolica nei confronti delle altre chiese cristiane e assicurò il perdono, a nome della chiesa cattolica, per il male eventualmente subito da parte di altre chiese. In occasione dell’anno santo (2000), papa Giovanni Paolo II chiese poi perdono per tutti i peccati commessi dalla chiesa e, come già ricordava il metropolita Maximos di Silyvria, nel corso della sua visita ad Atene (2001), chiese perdono per l’offesa arrecata alla chiesa ortodossa da parte dei cattolici al tempo della quarta crociata (1204). Tutto ciò è certamente un fatto molto importante. Ma come iniziare questo cammino sicuramente non facile? Da parte mia, posso riferire la mia esperienza. Quando sono stato nominato nunzio in Russia, i rapporti tra la chiesa cattolica e 2 Monsignor Antonio Mennini, dal 2000 arcivescovo titolare di Ferento, è stato nunzio apostolico nella Federazione russa dal 2002 al 2010. Il 18 dicembre 2010 papa Benedetto XVI lo ha nominato nunzio apostolico per la Gran Bretagna. 372 Misericordia e perdono tra le chiese ortodossa non erano tra i più brillanti, anche e soprattutto perché gli ortodossi erano rimasti molto offesi dalla creazione di diocesi cattoliche senza che la santa Sede li avesse informati previamente. Cominciando a dialogare con loro, anche in occasione di incontri conviviali, io ho sempre cercato di mettere in luce quelli che sono stati i meriti della chiesa ortodossa nella salvaguardia della fede lungo tanti anni di persecuzione e di oscurità; e spesso ricordavo loro l’innumerevole schiera di cristiani ortodossi morti come martiri. Ricordavo le parole di Tertulliano: “Quanti più ci mietete, tanti più diventiamo; il sangue dei martiri è un seme di cristiani” 3. Dicevo loro che, grazie ai suoi martiri, la chiesa russa è riuscita a salvare la fede, nonostante tutto, e questo è un grande dono, non solo per la chiesa ortodossa ma per tutti i cristiani, anche se forse questo dono non sempre è stato debitamente riconosciuto nel suo giusto valore dalle altre chiese occidentali. Per esempio, quando ero in Bulgaria e parlavo con qualche metropolita (come quello che in seguito sarebbe diventato l’attuale patriarca Neofit), accennando anche alle accuse rivolte alle chiese ortodosse di aver collaborato con i regimi comunisti, mi ricordo come essi mi rispondevano: “Certamente a volte noi abbiamo collaborato con il regime, ma all’interno della cortina di ferro non avevamo nessuno che ci difendeva, per esempio un papa. Cercavamo vie per non far soffrire i nostri fedeli”. Penso quindi che sia molto importante mettersi un po’ di più nei panni degli altri, capire le loro sensibilità, capire ciò che li offende, ciò che ancora li rende suscettibili di atteggiamenti non dico di rifiuto, ma di sospetto verso l’altra chiesa. È importante testimoniare loro il nostro rispetto, il nostro amore, la nostra venerazione per quello che veramente hanno fatto, probabilmente in un nascondimento generale e senza che questa loro azione di grande valore venisse riconosciuta; perché se la Santa Russia ha salvato la fede, 3 Tertulliano, Apologeticum 50,13, a cura di E. Dekkers, CCSL 1, Turnhout 1954, p. 171. 373 Tavola rotonda certamente questo è stato un dono per tutti i cristiani. Questo per me è il primo passo da compiere nella prospettiva della riconciliazione. Ciò non toglie che, una volta compiuto questo passo, sarà necessario anche studiare con precisione i fatti e gli episodi – anche presenti – che tuttora turbano i rapporti tra le varie chiese e umilmente chiedere perdono, cercando di far di tutto per non ferire o offendere l’altro. A questo proposito mi ricordo che una volta, parlando con il metropolita Kirill, l’attuale patriarca di Mosca, dicevo: “Nella misura in cui continueremo a conoscerci, a volerci bene e a stimarci vicendevolmente, anche quando dovremo affrontare intorno a un tavolo delle questioni spinose, siccome avremo instaurato un rapporto fraterno tra di noi, cercheremo non dico un compromesso, ma faremo di tutto per non offenderci, e anzi trovare soluzioni che non arrechino danno o fastidio all’altra chiesa”. Questo perché veramente siamo chiese sorelle e tutti membri del corpo di Cristo. Adam Makaryan – Sono dell’opinione che ci siano due punti principali che ostacolano la riconciliazione tra le chiese 4: prima di tutto la cristologia, e poi la comprensione dell’eucaristia. Nel medioevo, per esempio, l’entusiasmo per l’eucaristia finì per trasformarsi in fanatismo. Le accuse vicendevoli, che scaturivano dalla non conoscenza della tradizione spirituale delle altre chiese, ostacolavano la riflessione sul vero significato dell’eucaristia. Pochi mesi fa è accaduto un fatto nuovo: il papa ha proclamato dottore della chiesa Gregorio di Narek dopo un accurato esame teologico da parte della congregazione delle cause dei santi 5. È un evento straordinario: dei teologi di 4 Padre Adam Makaryan, membro del consiglio teologico della Sede madre della chiesa armena di Santa Etchmiadzin e del consiglio della Società biblica armena, è attualmente segretario di Sua Santità Karekin II, catholicos di tutti gli armeni. 5 Gregorio di Narek (951-1010 ca), “monaco, dottore degli armeni, insigne per la dottrina, gli scritti e la scienza mistica” (Martirologio romano del 27 febbraio), fu 374 Misericordia e perdono tra le chiese espressione calcedonese proclamano dottore della chiesa un padre della chiesa armena. Tra i venti autori proclamati dottori della chiesa nel xxi secolo vi è un teologo della chiesa apostolica armena. Questo significa che i cattolici conoscono bene l’eredità teologica di quest’altra chiesa. Ci possiamo chiedere: che cosa ostacola il dialogo teologico? Alcuni teologi nel passato hanno formulato asserzioni teologiche scorrette; occorre saper fare un passo indietro e recedere dalle nostre posizioni. Facciamo qualche esempio. La chiesa cattolica condannò Galileo per aver sostenuto la teoria eliocentrica, che contrastava con la tradizionale dottrina della creazione del mondo. A distanza di secoli, la chiesa cattolica ha fatto un passo indietro e ha capito di aver sbagliato. Un altro esempio: Tommaso d’Aquino giustificava la pena di morte; oggi l’Europa la rifiuta per motivi umanitari e la chiesa cattolica la respinge nonostante le affermazioni di Tommaso, senza per questo svalutare la sua importanza di teologo. Forse se nel dialogo tra le chiese, ciascuna potesse fare un passo indietro e riconoscere di aver sbagliato a sostenere certe affermazioni, questo passo indietro costituirebbe un passo in avanti nel dialogo tra le chiese. Christos Yannaras – Ho l’impressione, forse sbagliata, che in questi giorni stiamo comprendendo il significato del perdono e della misericordia solo a livello del comportamento 6. Ora, il monaco nel Monastero di Narek, a sud-est del lago di Van, nell’attuale Turchia. Tra le sue opere il Libro della lamentazione è un capolavoro della letteratura armena antica, e alcuni passi sono entrati nella liturgia armena. Il 12 aprile 2015 papa Francesco ha proclamato san Gregorio dottore della chiesa con apposita lettera apostolica (Litterae apostolicae quibus sanctus Gregorius Narecensis Doctor Ecclesiae universalis renuntiatur), annunciandolo solennemente nella basilica di San Pietro in occasione del centenario del genocidio degli armeni. Gregorio è il trentaseiesimo dottore della chiesa proclamato dalla chiesa cattolica [N.d.C.]. 6 Christos Yannaras, nato ad Atene nel 1935, è uno dei più influenti filosofi ortodossi contemporanei. Tra i suoi numerosi libri, tradotti in diverse lingue, ricordiamo: La libertà dell’ethos. Saggi per una visione ortodossa dell’etica (1970); La metafisica del corpo. Studio su Giovanni Climaco (1971); La persona e l’eros (1976); La libertà dell’ethos (1979); La 375 Tavola rotonda comportamento è qualcosa che riguarda sempre gli individui. Certamente possiamo spostare il discorso sui comportamenti collettivi, e chiederci quali siano stati gli errori collettivi nel passato, come possiamo domandare perdono, come correggere concezioni di comportamento sbagliate attraverso il perdono e la riconciliazione. A mio avviso, però, il problema posto in questi termini finisce in un vicolo cieco. La chiesa non si interessa del comportamento. Anzi, potremmo dire che, a livello del comportamento, la chiesa, considerata nel suo insieme, è un gran fallimento. Per fortuna! Paolo ci aveva avvertiti: “La mia potenza si manifesta pienamente nella debolezza … Quando sono debole, è allora che sono forte” (cf. 2Cor 12,9-10). Cosa sono queste parole? Semplici espressioni simboliche, che si collocano di nuovo a livello del comportamento? Credo di no. Il fatto è che la nostra natura è mortale, è creata e sottomessa alla morte; e la chiesa non è venuta a correggere dei comportamenti. Se la chiesa dovesse correggere dei comportamenti, permettetemi di dire che le attuali società hanno ottenuto risultati molto migliori, con i loro metodi, con un savoir vivre che si è imposto gradualmente lungo i secoli. E alla fin fine perché non andare allora a fare i boy scout? Se andiamo a fare i boy scout, miglioriamo il nostro comportamento! Ma se noi facciamo parte della chiesa credo che sia perché vogliamo sperimentare concretamente che è vero ciò che la chiesa annuncia come vangelo, cioè come gioiosa notizia: che la morte ha vinto la morte. O questo è vero, oppure tutto il resto è inutile e superfluo. Di conseguenza anche il problema del perdono e della misericordia, penso che sarebbe forse più efficace se lo ponessimo a questo livello, a livello cioè di un modo (trópos) di esistenza diverso da quello che conduce alla morte. Nel lindisumanità del diritto (1997); Il detto e l’indicibile. I limiti linguistici di realismo della metafisica (1999); Ontologia della relazione (2004); Contro la religione (2006); L’enigma del male (2008); Sei pitture filosofiche (2011). 376 Misericordia e perdono tra le chiese guaggio del pensiero umano in generale facciamo la distinzione tra il modo di esistenza del “creato” e quello dell’“increato”. Nell’ambito del “creato” vi sono alcune necessità stabilite, che noi conosciamo bene per esperienza, e sono la corruzione e la morte. Perché questo? Perché la causa dell’esistenza del creato è fuori dal creato stesso: è altrove. Quindi il creato è “causato”: ha un inizio e una fine. L’increato invece è causa di se stesso, esiste. E qui la chiesa ci ha davvero manifestato una visione radicalmente diversa del significato dell’esistenza, ci ha dato la testimonianza storica, per mezzo dell’incarnazione di Cristo, che il principio causale dell’esistente è un’esistenza personale e cosciente la quale esiste, perché vuole esistere liberamente, e vuole esistere perché ama. Solo in questo consiste l’integrità dell’esistenza, la salvezza dell’esistenza, nel senso del termine greco sóon (dal verbo sózo), che significa “integro”, giunto alla pienezza dell’esistenza. Dio non è rimasto chiuso in questa sua pienezza autarchica. Ha voluto donare questa pienezza, perché egli è amore. E l’amore è il vertice della libertà dell’esistenza. Se esisto perché sono costretto a esistere per natura, per necessità, questo è un supplizio, un inferno; se invece esisto per libera scelta, ovvero per amore, allora la mia vita diventa una grandissima festa! La chiesa annuncia precisamente questo. Ora, se nel corso dei secoli ci sono stati vescovi che hanno ambito ai primi posti, altri che hanno gravemente peccato, altri che sono stati avidi di denaro, o cose simili, tutte queste cose sono passate. Quello che ci interessa non è tanto chiedere perdono per correggere tali comportamenti, ma come possiamo ritrovare oggi il significato del vangelo, ossia della buona notizia che la morte è vinta dalla morte. Quindi credo che il problema del perdono e della misericordia possiamo esaminarlo in modo fecondo solo se usciamo dall’ambito dei comportamenti. Ma voglio aggiungere ancora una cosa. I comportamenti certo possono rivelare qualcosa che appare attraverso di essi, se cioè prendiamo gli insuccessi come peccati individuali o se invece 377 Tavola rotonda li istituzionalizziamo. Su questo le chiese, e in particolare le chiese locali, penso che potrebbero fare un esame di coscienza. Faccio un esempio molto semplice. Il vescovo nella chiesa ha la dignità, il compito di essere padre, non solo amministratore o maestro. “Non avete molti padri” (1Cor 4,15), ha detto Paolo. La paternità è un carisma, significa generare alla vita, alla vita senza limiti. Se è questo dunque il ruolo del vescovo, noi vediamo che la chiesa in occidente per cause storiche assai comprensibili ha ordinato anche vescovi “titolari”, dotati di un semplice titolo, qualcosa come dei funzionari di alto livello; ma questo ha abolito la paternità, non ha significato solo trasgredire una regola o una tradizione, ha abolito un servizio di vita, il servizio della paternità. Durante i secoli della turcocrazia anche gli ortodossi hanno preso la stessa abitudine. Simili errori istituzionalizzati sono questione di vita e di morte! Ora, in occidente a partire da Agostino si è imposta la visione secondo cui la salvezza è un’impresa individuale; dipende dagli atti, dalle virtù, dalle convinzioni, dalle opinioni individuali… E questa comprensione individualistica della salvezza ha prodotto non solo una chiesa ma un’intera cultura, che oggi è diventata planetaria. L’altra tradizione, la cosiddetta “ortodossa”, ha insistito maggiormente sul fatto che la salvezza è evento “ecclesiale”, comunitario. Quel che mi salva non è il fatto di essere buono, ma di partecipare a una comunione di santi, perché mi amano e a mia volta amo, esisto al modo in cui ama il Figlio perché lo ama il Padre. Ho accettato l’adozione a figlio, partecipo al corpo del Figlio, il quale è intronizzato sul trono della divinità. Questo dunque è da sempre il contenuto della predicazione della chiesa. Si può comprendere la cosa anche dal punto di vista logico: che salvezza è se sono salvato io e non è salvato mio figlio? Se non sono salvate le persone che amo? La salvezza ha un altro contenuto: è un evento ecclesiale, è partecipazione, è carisma, è dono che io accetto dicendo “amen!”, concretamente, con la mia libertà. 378 Misericordia e perdono tra le chiese Filaret di L’viv e Galizia – Quando proclamiamo il Credo durante la liturgia 7 e diciamo: “Credo nella chiesa una”, questo esprime la fede di tutta l’assemblea nella chiesa una, santa, cattolica e apostolica, raccolta attorno al vescovo nella celebrazione eucaristica. Ma quando negli incontri ecumenici ci troviamo divisi, è come se questa consapevolezza dell’unità della chiesa venisse meno. I nostri fedeli si chiedono perché non riusciamo a riconciliarci con gli altri cristiani, si chiedono come sia possibile perdonare i nemici se nemmeno tra cristiani si giunge al perdono e alla riconciliazione. Anba Epiphanius del Monastero di San Macario oggi diceva una cosa verissima: “Non so che cosa sia la divisione, so che cos’è l’unità e come aspirare ad essa”. Indubbiamente il cammino verso l’unità è la ricerca di ciò che più ci unisce e la comprensione gli uni degli altri. Questo cammino di comprensione reciproca, per quanto riguarda la chiesa cattolica e le chiese ortodosse, è già incominciato. Il concilio Vaticano II ha dato avvio a un dialogo che unisce teologi di confessioni diverse, a un cammino di conoscenza e rispetto reciproco. Ma spesso regna quell’individualismo di cui ha parlato Christos Yannaras; se sul piano teologico comprendiamo chiaramente quali siano i passi necessari e concordiamo su testi importanti, quando si tratta di cercare concretamente l’unità, non si è disposti alla metánoia, alla conversione. Non c’è nessuna formula per risolvere questo problema della comprensione gli uni degli altri, del reciproco sostegno, dell’accoglienza fraterna: c’è solo la formula dell’amore. E per questo bisogna pregare; pregare lo Spirito santo che con i suoi doni arricchisce la chiesa, affinché ci accordi misericordia, pazienza, mitezza e capacità di comprensione reciproca. 7 Il vescovo Filaret di L’viv e Galizia (Sergij Ivanovyč Kučerov), medico chirurgo per formazione, dopo gli studi teologici all’Accademia teologica di Kiev, ha diretto dal 2003 al 2011 il Dipartimento sinodale della chiesa ortodossa ucraina per la missione di assistenza sociale ai minori, e dal 2011 presiede il Dipartimento sinodale per la pastorale della sanità. Nel 2012 è stato insignito dell’onorificenza civile al merito di III grado. 379 Tavola rotonda Krastu Banev – Nel mio mestiere di storico mi sono accorto come noi spesso siamo a disagio con la storia. Non dobbiamo esserne prigionieri, ci ha ammonito Christos Yannaras, ma è anche vero che non si può sfuggire alla storia. Non la si può cancellare! Monsignor Mennini ha parlato della purificazione della memoria. Quale dovrà essere allora il nostro atteggiamento di fronte alle tragedie non sanate del passato, come per esempio il genocidio armeno, di cui quest’anno ricorre il centenario? Tra la rimozione del passato, che contraddice la giustizia, e la recriminazione senza vie d’uscita, c’è un altro modo per affrontare la questione? Come possiamo purificare la memoria storica delle nostre chiese? Adam Makaryan – Centinaia di migliaia di armeni sono morti in Turchia. È possibile dimenticare e andare avanti? Come è possibile rimuovere la storia? Forse bisogna superare gli eventi dolorosi del passato in altro modo; ma non è giusto rifiutarsi di guardare indietro e andare solo avanti. La chiesa cattolica ha chiesto perdono per le crociate e durante il concilio Vaticano II ha rivisto le sue posizioni. È stato un atto molto importante in vista della purificazione della memoria. Ma che cosa significa che un intero popolo perdoni un altro popolo? Il popolo armeno è cristiano e, come cristiani, tutti i fedeli armeni hanno davanti a sé il Cristo crocifisso. Eppure il popolo armeno fatica a dire: “Perdoniamo e andiamo avanti”. Il popolo non riesce a farlo, lo fanno alcuni santi come lo ha fatto il protomartire Stefano (cf. At 7,60). Il popolo pensa a Cristo piuttosto come a colui che ha cacciato dal tempio i mercanti che non osservavano la volontà di Dio. Non è possibile perdonare senza un’autopurificazione del popolo. Per una profonda riconciliazione tra popoli diversi, è necessario un processo di pentimento ed è necessaria anche la giustizia. Il popolo tedesco ha chiesto perdono agli ebrei, questo non è avvenuto nel caso dei turchi. Dal pentimento scaturisce il perdono. La giustizia è 380 Misericordia e perdono tra le chiese necessaria, la si può avere con il pentimento e dal pentimento scaturisce il perdono. Christos Yannaras – Ci è stato chiesto da parte del moderatore se c’è un altro modo (trópos). Anche se non so come sia stata tradotta nelle altre lingue, mi piace la parola “modo”, che è molto pregnante. Penso che oggi nell’ambito del cristianesimo cerchiamo di correggere gli errori del passato con dei “modi” (trópoi) che poco o nulla hanno a che fare con la chiesa. Uno di questi è il dialogo, che è stato escogitato da parte della modernità sulla base del principio dei diritti individuali e delle soluzioni razionalistiche e che viene per lo più applicato nell’ambito delle istituzioni politiche (Nazioni Unite, Unione Europea, eccetera). Eppure possiamo ben vedere come le guerre, le tragedie e gli eccidi continuino… Il dialogo – penso – è un modo di agire che si colloca agli antipodi della chiesa! Ciascuno porta avanti la sua opinione e non si arriva da nessuna parte. Per questo, poco fa dicevo a fratel Enzo che forse potremmo immaginare un “dialogo ecumenico” tra i cristiani che escluda i professori universitari e i vescovi e tutti quelli che fanno parte della chiesa istituzionale, e li sostituisca con monaci, asceti, eremiti, uomini spirituali, artisti, persone sensibili all’esperienza, ricercatori di senso… Eppure anche questa è un’idea cerebrale, escogitata in astratto. La chiesa in realtà ha un suo proprio modo di soluzione del problema. Il modo per uscire dai nostri fallimenti, dai nostri peccati, del passato e del presente, per la chiesa è uno solo: l’eucaristia. Ma l’eucaristia è la realizzazione di un modo di esistenza, non semplicemente una celebrazione religiosa. È un cambiamento radicale del modo di esistenza. Nell’eucaristia io esisto prendendo cibo, non per esser nutrito nel mio essere individuale e corruttibile; ma esisto comunicando al cibo, comunicando all’esistenza, con tutte le dilatazioni che ha l’eucaristia. Ora, seguendo invece la logica dell’assunzione dei metodi moderni, noi cerchiamo di essere uomini “ecclesiali” all’interno 381 Tavola rotonda di una società che ci costringe a vivere non solo in modo non ecclesiale, ma agli antipodi del modo di vivere ecclesiale. Noi oggi di fatto viviamo come individui, in modo individualistico: siamo costretti a farlo. Ciascuno di noi ha un numero per la carta di identità, un numero per l’assicurazione sanitaria, un codice fiscale… Siamo sottoposti all’organizzazione razionale dell’individualismo; e allo stesso tempo vogliamo essere membri della chiesa! E allora la nostra identità ecclesiale diventa sentimentalismo, romanticismo, retorica… Ora, la chiesa indivisa ha sempre insistito sul fatto che ogni eucaristia è la manifestazione della chiesa cattolica. La cattolicità non è l’universalità geografica. Sono le ideologie totalitarie che rivendicano l’universalità geografica. La cattolicità ecclesiale è piuttosto la realizzazione e la manifestazione dell’intero, del totale. E questo avviene in ogni eucaristia locale. Quindi ogni vescovo locale con il suo corpo ecclesiale è la realizzazione e la manifestazione del regno dei cieli. Non c’è bisogno di alcuna autorizzazione di una qualche sede infallibile, di qualche autorità suprema, perché in ogni chiesa locale c’è tutta la chiesa. Anche l’attuale papa Francesco continua a ripetere la necessità di un ritorno alla sinodalità. Questa è veramente una grande speranza, perché se il papa avrà il coraggio di reintrodurre la sinodalità nella chiesa occidentale, penso che non ci sia più alcun problema! Il primato in confronto è di importanza del tutto secondaria e lo si potrà sempre comprendere come responsabilità e non come privilegio, nell’ambito e allo scopo di un buon funzionamento della sinodalità, di quella sinodalità che è prosecuzione dell’eucaristia. Ma voglio aggiungere un’ultima cosa. Nel passato recente abbiamo ricevuto da Dio la grande benedizione di un’improvvisa e straordinaria fioritura nella storia della teologia ortodossa, eppure spesso, quando ascolto i nostri capi di chiese, vescovi, arcivescovi, patriarchi, mi chiedo se non sia stata del tutto inutile. Le loro parole spesso continuano a rimanere a un livello puramente “religioso” senza toccare minimamente l’esistenza concreta dell’uomo. Mi 382 Misericordia e perdono tra le chiese chiedo: a cosa ci è servita quella fioritura teologica? Abbiamo letto teologi come Alexander Schmemann, John Meyendorff, Georges Florovsky, Ioannis Zizioulas? Antonio Mennini – Vorrei ritornare alla domanda posta dal nostro moderatore, Krastu Banev. Ha senso dimenticare? Non ha alcun senso se significa voltare rapidamente pagina. Anzi io credo, come è stato scritto da qualcuno, che senza memoria non esiste futuro; anzi senza memoria si rischia di ricadere negli errori del passato. Per esempio, come per la Shoah del popolo ebraico, non si tratta solo di ripercorrere il tragico cammino di milioni di persone uccise nei campi di sterminio nazisti, ma anche di aprirsi al futuro, cioè educare le nuove generazioni perché la storia non si ripeta, e questi drammi siano evitati. Vorrei tuttavia proporre di attualizzare la domanda. Al di là dei molti problemi teologici, cristologici che ancora dividono i cristiani, come ci ricordava padre Makaryan, guardiamo al mondo di oggi in cui i popoli crescono nella consapevolezza di appartenere tutti a un’unica famiglia umana. Penso per esempio all’impegno a favore dell’ecologia su cui recentemente ha richiamato l’attenzione papa Francesco. Stamattina mi hanno fatto riflettere le parole con cui l’arcivescovo Irineos di Creta, commentando le affermazioni del metropolita Maximos di Silyvria, si chiedeva se durante tutti questi secoli di incomprensione tra occidente e oriente non ci siano mai state “teste di ponte”, cristiani cioè che abbiano cercato di cambiare le cose. Senza tornare indietro fino alla quarta crociata, fermiamoci alla storia recente e guardiamo a che cosa è successo nella guerra in Jugoslavia: noi abbiamo assistito inerti alla carneficina tra cattolici e ortodossi! Questo è un fatto e ci verrà rimproverato dalle generazioni future. Del resto anche oggi noi assistiamo senza far niente alla situazione della guerra in Ucraina. Indubbiamente essa dipende da motivazioni storiche e politiche che superano le nostre storie personali e comunitarie, ma perché là in Ucraina, i cristiani, cattolici, gre383 Tavola rotonda co-cattolici e ortodossi, non riescono a dimostrare che, al di là di tutte le divisioni, c’è un valore più grande da raggiungere, che è quello della pace? Anche nel nostro paese, molti si stracciano le vesti per l’arrivo di profughi e migranti, ma non mi sembra ci siano state marce di cristiani a difesa della vita dei cristiani in Medio oriente… O ci svegliamo, o la storia ci saluta! Filaret di L’viv e Galizia – Anche nel caso dell’Ucraina, per il risanamento della memoria e la riconciliazione è necessario il dialogo. Vorrei ricorrere a un esempio semplice, tratto dalla vita quotidiana, per esprimere in che modo si possano concretamente superare le ferite e le incomprensioni del passato. Pensiamo a una coppia che ha litigato; se si fermano a ciò che è successo, ricordando con risentimento le ferite subite, non riusciranno a continuare il loro rapporto. Se la discussione tra i coniugi degenera, sarebbe bene che si fermassero, si separassero, fino a che ciascuno non riesca di nuovo a guardare l’altro con gli occhi con cui l’ha guardato quando è nata la loro storia d’amore. Un altro esempio è quello dell’educazione. Il dialogo non basta; occorre superare il conflitto e mostrare anche ai figli che l’amore è più forte delle ferite che ci infliggiamo reciprocamente. Che accade oggi in Ucraina? Ortodossi dell’est e ortodossi dell’ovest hanno levato le armi gli uni contro gli altri. È al tempo stesso una tragedia per la chiesa, che non ha saputo educare i suoi fedeli all’amore e al perdono. Un ortodosso combatte contro un altro ortodosso! Pensate a ciò che accadde nel Majdan, la piazza principale di Kiev, nel momento più acuto degli scontri: i capi di tutte le chiese e anche i capi della comunità musulmana sono intervenuti e hanno invitato i propri fedeli a deporre le armi e fermare il conflitto, a riconciliarsi con l’altra parte; e i fedeli non li hanno ascoltati. Non è forse una tragedia per la chiesa? Questa domanda retorica suona paradossale nello spazio postsovietico. Da venticinque anni la chiesa è libera; abbiamo ricostruito tutto, abbiamo aperto magnifiche chiese e monasteri, dorato le cupole, 384 Misericordia e perdono tra le chiese celebrato splendide liturgie; ma siamo riusciti a educare il popolo nella fede? In questi venticinque anni la gente ha visto il rifiorire della chiesa ma, come ha rivelato questa tragica crisi, il popolo non ha assunto uno spirito cristiano, quello Spirito che rende capaci di deporre le armi, di riconciliarsi e guardarsi negli occhi. È qui necessario, mi sembra, un processo di educazione alla fede che vada in profondità. C’è ancora molto lavoro da fare per la chiesa in quest’epoca postotalitaria: abbiamo ricostruito le chiese ma non abbiamo ricostituito le anime! Adam Makaryan – Durante la liturgia a più riprese il presbitero si rivolge al popolo dicendo: “Pace a voi!”. Sempre noi preghiamo per la pace durante la liturgia eppure le guerre continuano. È colpa della chiesa che non sa pregare bene o che non sa donare la pace? Ricordiamo l’episodio del Vangelo di Giovanni: Maria, a Betania, cosparge i piedi di Gesù con un profumo prezioso e Giuda è scandalizzato da quello spreco (cf. Gv 12,1-8); Gesù gli risponde: “Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me” (Gv 12,7-8). Qualcosa di simile potremmo dire per le guerre: le avremo sempre con noi perché con Adamo tutto il mondo è decaduto; a causa del peccato di Adamo, la terra è maledetta (cf. Gen 3,17). Ogni peccato impedisce alla grazia di scendere dal cielo su questa nostra terra. Siamo tutti responsabili di questa situazione! Gesù non fu condannato a morte solo per ragioni politiche; è stato crocifisso per i peccati del mondo intero. Che cosa è diventato il mondo cristiano? Invece di essere un ambiente nel quale si sperimenta la presenza di Dio, è diventato un luogo dove regnano le leggi del mercato e le passioni umane. Ecco perché anche il mondo cristiano, in un certo senso, si è allontanato dalla grazia. Noi portiamo la responsabilità di ogni male che viene compiuto. Dobbiamo risollevarci, convertirci perché tutto il mondo sia libero dalla guerra e dalla sofferenza. 385 Tavola rotonda Christos Yannaras – Mi è piaciuta molto l’osservazione del vescovo Filaret: “Parliamo alla gente e non ci ascolta: è un disastro!”. Mi permetta: non è che forse può essere una benedizione? Alla gente le parole che noi pronunciamo non dicono nulla. Sono parole morte! Non è che forse dobbiamo cambiare campo? Che cosa intendo? Vi racconto un episodio accaduto in Grecia a titolo d’esempio. Una volta si doveva eleggere un vescovo: la chiesa decise allora di proporre, accanto al candidato più quotato, un secondo candidato, perché vi fosse una possibilità di scelta alternativa. Questo secondo candidato era un vero uomo di chiesa, e appena si diffuse la notizia i giornalisti si recarono da lui per intervistarlo e gli chiesero quale fosse il suo programma nel caso che fosse stato eletto. Ed egli rispose: “Il mio programma? Ufficio mattutino ogni mattina e ufficio di vespro ogni sera!”. Non prendetela come una fissazione nel ritualismo. Questo è proprio il cambiamento di campo che ci vuole! Voglio dire – per essere un po’ provocatorio – che l’educazione è un metodo che tutti applicano da secoli ma che fallisce sistematicamente. Qualunque sia l’educazione che mettiamo in atto, la morte rimane sempre morte, mentre la partecipazione all’eucaristia è un cammino e una lotta che, come crediamo, hanno come frutto la resurrezione. Se volete, ritenete la frase: dobbiamo cambiare campo! Krastu Banev – Prima di allargare il dibattito a quanti hanno ascoltato in sala, vorrei lasciare la parola al vescovo Filaret che deve partire. Filaret di L’viv e Galizia – Ieri, parlando con alcuni vescovi, teologi e professori qui presenti è nata l’idea di rivolgere un appello per la pace al popolo dell’Ucraina, ai capi politici e religiosi, al Consiglio di tutte le chiese in Ucraina. Riuniti qui per riflettere sul tema della misericordia e del perdono, vorremmo dire che siamo solidali con il popolo dell’Ucraina: senza condannare 386 Misericordia e perdono tra le chiese nessuno ma guardando al nostro cuore e chiedendoci se siamo disposti alla riconciliazione, invitiamo tutti alla riconciliazione e preghiamo insieme per la fine della guerra. Per questo vorrei ora leggere qui con voi la preghiera che viene letta ogni giorno in tutte le chiese della chiesa ortodossa ucraina per la pace e la riconciliazione nel paese. Signore Dio, Salvatore nostro! Ci volgiamo a te con cuore contrito e confessiamo i nostri peccati e la nostra iniquità, con cui abbiamo contraddetto le tue viscere di misericordia e ostacolato la tua magnanimità. Ci siamo infatti allontanati da te, Signore, e non abbiamo custodito i tuoi comandamenti, né compiuto ciò che ci hai comandato. Per questo ci hai colpito con disordine e ci hai dato in pasto ai nostri nemici, e noi abbiamo perduto la ragione più di tutte le genti. Dio grande e meraviglioso, che ti addolori per i mali umani, risolleva chi è prostrato e rendi saldo chi sta per cadere! Manda dai cieli la tua forza celeste, medica le ferite delle nostre anime e rialzaci dal letto di dolore, poiché i nostri fianchi sono stremati, e noi soffriamo per l’ingiustizia e generiamo iniquità. Placa le arroganze e le faide nella nostra terra, allontana da noi l’invidia e ogni agitazione, omicidi e ubriachezze, passioni e tentazioni, brucia nei nostri cuori ogni impurità, ogni inimicizia e malvagità, affinché di nuovo ci amiamo gli uni gli altri e dimoriamo uniti in te, Signore e Sovrano nostro, come ci hai chiesto e comandato. Abbi pietà di noi, Signore! Abbi pietà di noi! Noi che ci siamo colmati di ogni abiezione e non siamo degni di levare gli occhi al cielo. Ricordati della misericordia che hai mostrato ai nostri padri, soprattutto per le preghiere della santissima Madre di Dio e vergine Maria. Dona discernimento a tutti coloro che hanno autorità, ispira loro il bene per la tua chiesa e tutti i tuoi. Con la forza della tua croce rendi salde le nostre forze e liberale dalle reti del nemico. Stabilisci per noi uomini colmi di saldezza e intelligenza, e dona a tutti noi lo Spirito di sapienza e di timore di Dio, Spirito di fortezza e di benevolenza. Signore, in te 387 Tavola rotonda ci rifugiamo, insegnaci a fare la tua volontà, poiché tu sei il nostro Dio, e in te è la fonte della vita, nella tua luce vediamo la luce. Mostra la tua misericordia a quelli che ti conoscono, per i secoli dei secoli. Amen! 8. Krastu Banev – Le riflessioni e le parole dei nostri relatori hanno suscitato numerosissime domande tra il nostro pubblico, che ora, dopo essere state raccolte, riceveranno una risposta nei limiti del possibile. Christos Yannaras – Mi è stata posta la seguente domanda: “Lei ha detto che il dialogo non è il modo proprio della chiesa, ma che è un prodotto della modernità. Allora nei concili ecumenici e locali quale modo si utilizzava? Non forse il dialogo? L’incontro della samaritana con Cristo non era forse un dialogo?”. Nelle mie parole ho inteso utilizzare la parola “dialogo” con il significato che ha assunto oggi, quando è diventato un terminus technicus, nel senso di una discussione organizzata in anticipo, con un preciso e concreto scopo di efficienza. Oggi siamo infatti convinti che con il dialogo possiamo raggiungere un risultato, un’efficacia. Certamente il dialogo c’era già al tempo di Cristo e dei concili. È l’unico modo che come uomini abbiamo per “pensare insieme” (syn-ennoúmai), intendere insieme le stesse cose. Ma ripeto, nell’ambito della modernità, oggi il dialogo ha assunto un carattere ben preciso: è diventato un’arma, è un mezzo utilitaristico! Poi mi è stata posta un’altra domanda: “La chiesa non ha forse la possibilità di dare la pace, la pace donata da Cristo, il quale certamente può donarcela? Vogliamo accoglierla? Il problema è nostro!”. Sono dell’opinione che anche questa domanda nasconda una certa logica utilitaristica, secondo la quale 8 Molitva o spasenii deržavy Rossijskoj i utolenii v nej razdorov i nestroenij: questa preghiera è stata composta dal patriarca di Mosca Tichon (Bellavin, 1865-1925) per invocare la pace durante la guerra civile russa [N.d.C.]. 388 Misericordia e perdono tra le chiese la chiesa potrebbe “dare la pace”. Certo che può darla, ma non con delle ricette. Solo se riesce a realizzare l’evento ecclesiale, se davvero la sua vita di comunità diventa “eucaristica”, allora si può avere la pace. Ma non è qualcosa che si può affermare in generale come una possibilità della chiesa. Che una comunità riesca nell’impresa della comunione eucaristica è piuttosto una lotta, uno sforzo quotidiano. Nient’altro. Adam Makaryan – In questo senso mi sembra importante la domanda che qualcuno mi ha rivolto, se le chiese saranno capaci di celebrare la Pasqua nella stessa data. Questa data, com’è noto, dipende dal calendario che viene impiegato da ciascuna chiesa. Secondo il calendario ebraico, Gesù sarebbe stato a Gerusalemme con i suoi discepoli nel giorno della Pasqua ebraica, il 21 marzo. Noi armeni calcoliamo la data di Pasqua tenendo conto di questo dato. Attualmente, tuttavia, anche all’interno della chiesa armena, la Pasqua si festeggia in date diverse: la chiesa armena all’estero usa un altro calendario; a Gerusalemme la festeggiamo insieme ai greci, ma questo non avviene sempre in modo pacifico… Da parte mia sono favorevole alla proposta che tutti i cristiani celebrino questa festa nello stesso giorno. Antonio Mennini – Tra le molte domande che mi sono state indirizzate diverse riguardano la cura pastorale dei giovani. Io credo che per sensibilizzare i giovani sia importante proporre loro esperienze concrete, far toccare loro le conseguenze drammatiche delle guerre. Dobbiamo valorizzare ciò che già stanno facendo. Quando si organizzano pellegrinaggi a Lourdes o in altri luoghi, i giovani partecipano prendendosi cura dei malati, dei disabili. Spesso mostrano una grande generosità ed è da questo che dobbiamo partire. Nella Evangelii gaudium, papa Francesco ha ricordato il problema che spesso i nostri luoghi educativi non rispondono alle esigenze dei giovani. È una preoccupazione che oggi ho potuto condividere con il vescovo anglicano John 389 Tavola rotonda di Warwick: le nostre parrocchie dovrebbero aprirsi, diventare luoghi in cui i giovani si sentono a casa. I preti dovrebbero cambiare mentalità. E poi è importante educare i giovani alla pace, far sentire loro che possono fare molto dinanzi alle situazioni di conflitto, che hanno un grande compito: essere costruttori di storia e di solidarietà. Mi è stato anche chiesto come mai il cammino di riconciliazione tra cristiani procede così lentamente. Io credo che dobbiamo guardare alla meta con ottimismo. L’unità tra cristiani non viene da noi. Nel capitolo 17 del Vangelo di Giovanni il Figlio chiede ripetutamente al Padre che i credenti siano “una cosa sola” (cf. Gv 17,11.21-23); il Padre ascolterà la preghiera del Figlio. A noi spetta il compito di preparare il terreno perché questo avvenga. 390