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2019
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Linea rossa Allora avevamo una grande voglia di inventare il mondo di nuovo, di inventare non solo il mondo, ma la vita di nuovo; poi piano piano, come si sa, le condizioni prendono il sopravvento… Ettore Sottsass La Superarchitettura è l'architettura della superproduzione, del superconsumo, della superinduzione al superconsumo, del supermarket, del superman e della benzina super Archizoom e Superstudio, Superarchitettura 1966 Entrati dal giardino nella hall del museo un possente pilastro rosso guida l'occhio verso l'alto, sin quasi a sfiorare il soffitto; occorre fare qualche passo sulla scala di ferro che accede al piano primo per comprendere che la colonna è la propaggine ultima di un lungo muro che taglia longitudinalmente la galleria in due parti pressoché uguali tra loro. Nero, bianco, ed ora rosso: una palette di colori di stampo suprematista che concorre, assieme alla perentorietà elementare del gesto, a rendere il progetto di allestimento compartecipe della spazialità complessiva, o detto ancor meglio a strumento che ne misura la logica ed i salti. Il muro accompagna i visitatori e suggerisce loro una lettura cronologica degli exhibits che presenta-i passi come i giorni e l'arte del porgere come un cammino e d'altronde che questo congegno funzioni non solo come apparecchiatura spaziale ma investa, implicitamente, anche un costrutto temporale è provato da uno schizzo relativo ad una soluzione poi abbandonata dove il fusto terminale recava incise le cifre di un calendario. Il muro vale al pari di un libro o al nastro di una pellicola cinematografica: i capitoli si succedono distinguendo ed imponendo un ordine ai disegni, alle pitture, ai eventi
A partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, si osserva una rivoluzione in campo teatrale con la pubblicazione di come testi come Il manifesto per un nuovo teatro di Pasolini, Il ventre del teatro di Testori e L’orecchio mancante di Bene. I tre elementi comuni sono le nozioni di tempo, di corpo umano e di Storia su cui si fonda il teatro di narrazione che caratterizza l’odierna scena italiana. Il tempo si dilata, assolutizzandosi: non si cerca più una cronologia degli eventi, si preferisce disintegrarli. Il racconto scenico si struttura come un “flusso di coscienza” i cui epigoni più celebri sono oggi Ascanio Celestini e Ricci/Forte. Venendo meno la bussola temporale, anche le nozioni di uomo cambia: l'umano regredisce ad uno stato primitivo o inorganico; l’autore ricorre a una lingua che si disarticola, sublimandosi nella sua funzione espressiva come il grammelot di Fo, il pastiche di Testori, o le glossolalie di Bene. Nello slittamento scenico da un tempo-kronos ad un tempo-aion, la nozione di corpo viene parimenti dilatata e attraversata da disarticolazioni destinate a mutarne la scrittura scenica per approdare alla “macchina attoriale”, lungo assi che molto hanno in comune con la nascente body-art. La sessione accoglierà degli interventi atti a sondare gli archetipi e le odierne evoluzioni di uno sconfinamento scenico nel “presente-assente” in cui l’autore si appropria d’un bagaglio espressivo destinato ad investire radicalmente l’anatomia della lingua e la grammatica del corpo nel tentativo di attribuire una fisionomia più precisa e veritiera della recente storia italiana.
2017
(abstract in Italian and English) EXHIBIT! esplora lo sfaccettato panorama della mostra di moda da diversi punti di vista − socioculturale, storico, estetico − con particolare attenzione alle contaminazioni tra arte e mercato. La prima parte del libro è dedicata alla storia, alla teoria, ai diversi approcci al curating di moda e alle sue recenti trasformazioni nei principali paesi in cui questa pratica si è sviluppata: Europa, con un focus sul caso italiano, Stati Uniti e Asia. La seconda parte del libro propone alcune ipotesi di ricerca sulle relazioni tra lo spazio della mostra e lo spazio della marca, dal negozio, ai cosiddetti “fashion hotel”, fino alle fondazioni d’arte a nome dei grandi marchi del lusso. Nel tracciare un’inedita prospettiva sul consumo culturale, il volume offre al lettore una visione originale della cura della mostra con l’intento di problematizzare sia lo statuto della moda sia quello della marca nel contesto contemporaneo. LUCA MARCHETTI, semiotico di formazione e specializzato sulla moda, è professore a contratto per chiara fama all’Università di Bologna, visiting professor e ricercatore alla HEAD di Ginevra e senior lecturer all'IFM a Parigi, dove lavora anche come curatore e consulente per aziende internazionali. Oltre alle collaborazioni per riviste come Vogue e Domus, è autore di pubblicazioni come Fashion Curating / La Mode Exposée (HEAD – Ginevra, 201 6) e Simplifier (con E. Quinz, it:éditions, 2017). Tra i suoi progetti curatoriali: Object of Ordinary Madness (Kühlraum Gallery, Vienna, 201 4), Foulards (Biennale Internationale de St. Étienne, 201 3), Basic Instincts (con E. Quinz, Berlino, 2011 ; Shanghai, 2012) e Dysfashional (con E. Quinz, Lussemburgo, 2007; Losanna, 2008; Berlino, 2009; Parigi e Mosca 2010; Jakarta, 2011). SIMONA SEGRE-REINACH, antropologa culturale, è professore associato presso l'Università di Bologna. Il suo ambito di ricerca riguarda la globalizzazione e la rappresentazione della moda. Tra le sue pubblicazioni principali si segnalano: Orientalismi (Meltemi 2006), La moda. Un'introduzione (Laterza 201 0), Un mondo di mode (Laterza 201 1 ). Fa parte del comitato scientifico di riviste di moda internazionali, quali Fashion Theory, International Journal of Fashion Studies, Critical Studies on Fashion and Beauty. Ha curato progetti allestitivi e mostre, tra cui 80s 90s Facing Beauties. Italian Fashion and Japanese fashion at a Glance (Rimini Museo della città 2013, curatela) e Jungle. L’immaginario animale nella moda (Torino, Venaria Reale 2017, direzione scientifica e co-curatela). EXHIBIT! explores the multi-faceted field of fashion exhibitions curation from a socio-cultural, an historical and an aesthetic angle. The main features and approaches that characterize this practice internationally are considered within the frame of contemporary popular cultural, with a particular attention given to the contaminations between the art and the market. In the first part of the book the authors discuss the theory and practice of curating, analysing the critical-historical transformations within geographical and cultural variations. Specific relation with art and the museum entails different curation styles in Northern and Southern Europe, the United States and Asia. The second part of the book suggests some innovative research hypothesis on the evolving relation between the art space of the exhibition and branded spaces, such as "shops”, "fashion hotels" and "art foundations" in the name of major luxury brands. Sketching a new perspective on cultural consumption, the book drives the reader's attention on the curation of fashion in space as an emerging practice to explore both the status of fashion the nature of nowadays brands from an original point of view. LUCA MARCHETTI is professor and researcher at the HEAD – Genève (CH), Contract Professor of Highest Repute at the University of Bologna (I) and Senior Lecturer at the IFM Institut Français de la Mode (Paris, FR). Based in Paris, he also works internationally as brand consultant and exhibition curator. Beside his collaborations with magazines such as Vogue or Domus, he regularly contributes to editorial publications on fashion and design. Among his curatorial projects: Blasé (with Hadas Zucker, Shanghai-Bologna, 2016), Tillmann Lauterbach: Object of Ordinary Madness (Vienna, 2014), Foulards (Lyon, 2013). The exhibitions Basic Instincts (Berlin, 2011; Shanghai, 2012), Dysfashional (Luxembourg, 2007; Lausanne, 2008; Berlin, 2009; Paris and Moscow 2010; Jakarta, 2011) and EN:TRANCE (Bolzano 2004, Paris 2007) were co-curated with Emanuele Quinz SIMONA SEGRE-REINACH is a cultural anthropologist and Associate Professor of Fashion Studies at Bologna University. She has written extensively on fashion from a global perspective. in the books such as Berg Encyclopedia of World Dress and Fashion (2010), The Fashion History Reader (2010), Fashion Media. Past and Present (2013), as well as published articles in Fashion Theory, Fashion Practice, Business and Economic History, and Critical Studies in Fashion and Beauty. She is also involved in Fashion Curation Studies. She sits in the Editorial Board of Fashion Theory, Critical Studies in Fashion and Beauty and The International Journal of Fashion Studies. She has done field work in China on Sino-Italian joint ventures contributing to a collaborative study in Cultural Anthropology. In Italy she authored: Mode in Italy. Una lettura antropologica (Guerini 1999), La moda. Un’introduzione (Laterza 2005 and 2010), Orientalismi. La moda nel mercato globale (Meltemi 2006), Un mondo di mode (Laterza 2011). She curated the exhibitions “80s-90s Facing Beauties. Italian Fashion and Japanese fashion at a Glance” (Rimini Museo della città 2013) and “Jungle. The Imagery of Animals in Fashion” (Torino, Venaria Reale 2017).
2011
Il libro affronta in un’ottica interdisciplinare il tema della valorizzazione del Patrimonio culturale materiale e immateriale, portando ad esempio alcuni casi emblematici che hanno come contesto l’Italia e la Giordania. La valorizzazione comprende tutte le funzioni gestionali connesse al patrimonio, in quanto si fonda sulla conoscenza, si persegue attraverso interventi di conservazione e promozione, e si realizza in un innalzamento delle modalità di utilizzazione e fruizione “ in forme compatibili con la tutela”. Partendo da questo presupposto gli autori presentano alcuni casi di interventi di nuova sistemazione di collezioni di oggetti, di possibile recupero e valorizzazione di tradizioni culturali connesse a Patrimoni architettonici e archeologici, di sperimentali metodologie di fruizione del patrimonio culturale attraverso l’informatica e la cybernetica, di progetti di sviluppo turistico legato a culti religiosi altrove abbandonati all’oblio. In ogni caso il tema della valorizzazione pone in gioco importanti fattori sui quali si fonda l’identità stessa di una collettività, la sua capacità di elaborare la memoria sociale e di prefigurare il proprio futuro. Il volume si presenta con testo bilingue e 40 fotografie.
Fabrizio Ronconi, Gianfranco Toso, a cura di Presenze nel presente arti e architettura 1900-2013, pp. XVIII-XIX, 2014
Una collezione del "disincanto" La triade Mecenati, Artisti e Collezionisti, almeno a partire dall'Umanesimo e via via nelle sue diverse connotazioni, fino al Novecento, ha sempre trovato un tratto di continuità, da una parte nella universalità e nell'univocità del messaggio da trasmettere attraverso l'opera d'arte, dall'altra nell'integrità e nelle relazioni tra le opere che il destinatario ultimo, il Collezionista, riusciva a istituire pur nella varietà delle diverse acquisizioni, negli ampliamenti della collezione che comunque sarebbe sempre sopravvissuta e puntigliosamente ricostruibile, nelle successive dispersioni e disseminazioni. Le specifiche declinazioni operative del collezionismo si sono instaurate nella più generale tensione dialettica che, sul piano teorico, ha visto la misura opporsi alla dismisura, la compiutezza del disegno al suo sconfinamento, la finitezza dell'elenco alla vertigine della lista. Con le avanguardie storiche dei primi del Novecento, la caduta rispondenza tra principio di realtà e sua rappresentazione, la separazione tra opera e condivisione del senso della stessa, nonché l'irrompere prepotente di materiali extra artistici nel sistema dell'arte producono, tra l'altro, uno scollamento se non un collasso nella contiguità tra opere diverse sino a costringerle, ognuna in una propria diversa aura. Alla sequenza quindi di una serie di "disidentità" dichiarate, il Collezionista più avveduto della modernità risponde con la specializzazione esasperata delle proprie scelte, nell'accorato tentativo di ricostruire improbabili "affinità elettive" tra opere segnatamente divergenti e distanti tra loro. Il termine comune che riconduce l'oggetto d'arte a oltrepassare il suo isolamento, il suo esistere come frammento, per instaurare un rete di reciproci rimandi con le altre opere si pone quale elemento marcatamente autoriale, il cui ideatore non è più l'artista nella sua veste tradizionale, ma il collezionista. La collezione può altresì, per uno strano sovvertimento, giungere a costituire il sostrato teorico del fare artistico, secondo gli intendimenti di Marcel Broodthears, che in "Ma Collection" evidenzia l'imprescindibilità del dato soggettivo nel processo di ideazione della collezione, lo stretto legame che intrattiene col vissuto personale ed il suo recupero memoriale. Il fatto che l'artista sia, per vocazione poetica, un collezionista, in virtù della sua capacità di selezionare e accostare aspetti diversi del reale, talora dissonanti, ma ricongiunti nell'armonia di un medesimo accordo, implica che possa diventarlo sul piano operativo. Ne è testimonianza, in ambito letterario, la raccolta "Collezione di sabbia" di Italo Calvino, in cui le esperienze ed emozioni personali divengono molecolari oggetti di una collezione testuale, che è la vita stessa triturata in un pulviscolo di granelli sedimentati, ma recuperati singolarmente e selettivamente per ricostruire il percorso che li ha originati. Appare comun-
Conservo un ricordo ancora vivo delle discussioni intrattenute con Stefano Scarpelli, a partire dal febbraio del , quando cominciò a profilarsi l'opportunità di concedere in prestito il capolavoro, previo l'ineludibile intervento di restauro, alla grande mostra giottesca programmata per la primavera del sotto l'egida del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, affidata alla cura di Alessandro Tomei. Ricordo, in particolare, di aver profuso la mia abituale ironia soprattutto a proposito della sua insistenza affinché io lasciassi da parte ogni indugio sull'effettiva necessità di dar luogo ad un intervento così impegnativo. Un'insistenza, quella del restauratore, sostenuta dalla certezza incrollabile di poter migliorare sensibilmente la leggibilità dell'opera. Non mi lasciai scappare neppure l'occasione di pronunciare la frase di prammatica in simili frangenti: «Il chirurgo è quasi sempre disponibile ad eseguire l'operazione».
Oltre ad ambienti di rappresentanza, destinati ad accogliere e mostrare la preziosa e varia raccolta d'arte antica, dentro Villa Vittoria era una casa abitata e vissuta. « L'odore di cera, intenso, profumato, rassicurante, dappertutto nelle sessantacinque stanze, anche negli ascensori. Ascensori, vetro di Murano e bronzo, come sale liscio […]. Odore di Sidol, quasi un allucinogeno e gli ottoni sorridono ai bronzi. Telefoni neri di galatite, dodici telefoni, e le voluttuose dodici levette delle derivazioni interne. Galatite, inebriante profumo di galatite pura, ricca, galatite al cento per cento, galatite senza alfa privativa, galatite da ricchi […]. I bauli di Vuitton […] nella stanza delle valigie al sottosuolo […]. Nel sottosuolo c'è la lavanderia, con i mosaici bianchi e azzurri, con le lavatrici americane, un altro profumo, le scaglie del LUX, i cubi del sapone marsiglia, l'asciugatore elettrico, gli estintori. Profumo di sapone americano […]. Nel sottosuolo c'è la cucina, big, shining, brillant, acqua calda fredda tiepida rosé, otto rubinetti-fuoco, legna, gas, elettrico, venti fornelli e forni americani […]. Poi c'è la camera frigo, off limits, chi entra muore […]. Nel sottosuolo c'è la stanza delle caldaie. Ci sono le passarelle sospese come nelle macchine del Rex […]. E i calapranzi, quattro calapranzi. C'è una targhetta nera con scritto Boston […]. La contessa e Agata (la cuoca) non si vedono mai, ma si scrivono con calapranzi […]. Nel sottosuolo c'è il biliardo, il ping pong, i tavoli da gioco e il bar di rame che butta giù acqua, panna, vino, aranciata e qualche volta birra. Poi i grammofoni Victrola Grandi […]. E giù c'è il proiettore Kodak e i film di Charlot […]. Tutta la casa è riscaldata d'inverno che si può girare in camicetta come nei film americani. Anche i garages in fondo al giardino sono riscaldati […] Radio: in ogni stanza c'è la Radio. La Radio del colore della stanza. Piccole grandi giganti. Marmorizzate,
2021
La pandemia causata dal Covid-19 ha aggravato la crisi preesistente del modello espositivo blockbuster. Alla ricerca di alternative, molte delle maggiori gallerie d'arte del mondo hanno rivolto il loro sguardo verso una rivalutazione critica delle loro collezioni da una prospettiva di genere. La mostra Invitadas (Museo del Prado, Madrid, ottobre 2020-marzo 2021) è un buon caso di studio di questi tentativi. Tuttavia, la sua ricezione non è stata quella che il Prado si aspettava: la mostra ha provocato rabbia e delusione, e le storiche dell'arte femministe sono state estremamente critiche nei suoi confronti. Questo articolo analizza la ricezione di Invitadas, in modo da trarne indicazioni per altri musei che vogliano esplorare la prospettiva di genere come alternativa al modello di mostra blockbuster.
International Journal for Research in Applied Science & Engineering Technology (IJRASET), 2023
Ελληνική Επιθεώρηση Πολιτικής Επιστήμης, 2017
Tecnologia de Alimentos: Tópicos Físicos, Químicos e Biológicos - Volume 2
Türkiye’de Modern İç Mekanlar Sempozyumu - 2, 13-14 Haziran 2022 Yaşar Üniversitesi, 2022
International Conference on Computer Aided Design, 2010
African journal of pure and applied sciences, 2023
Images re-vues. Hors-série 12 : Médialogie, 2024
2016
International Journal of Science and Research, 2024
Epistemology of negative time
Mathematics, 2021
Lecture Notes in Computer Science, 2009
Open Journal of Animal Sciences, 2014
Inflammatory Bowel Diseases, 2007
Proceedings of The 34th International Cosmic Ray Conference — PoS(ICRC2015), 2016
Journal of the Pakistan Medical Association, 2021