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Superstudio 50

2019

Linea rossa Allora avevamo una grande voglia di inventare il mondo di nuovo, di inventare non solo il mondo, ma la vita di nuovo; poi piano piano, come si sa, le condizioni prendono il sopravvento… Ettore Sottsass La Superarchitettura è l'architettura della superproduzione, del superconsumo, della superinduzione al superconsumo, del supermarket, del superman e della benzina super Archizoom e Superstudio, Superarchitettura 1966 Entrati dal giardino nella hall del museo un possente pilastro rosso guida l'occhio verso l'alto, sin quasi a sfiorare il soffitto; occorre fare qualche passo sulla scala di ferro che accede al piano primo per comprendere che la colonna è la propaggine ultima di un lungo muro che taglia longitudinalmente la galleria in due parti pressoché uguali tra loro. Nero, bianco, ed ora rosso: una palette di colori di stampo suprematista che concorre, assieme alla perentorietà elementare del gesto, a rendere il progetto di allestimento compartecipe della spazialità complessiva, o detto ancor meglio a strumento che ne misura la logica ed i salti. Il muro accompagna i visitatori e suggerisce loro una lettura cronologica degli exhibits che presenta-i passi come i giorni e l'arte del porgere come un cammino e d'altronde che questo congegno funzioni non solo come apparecchiatura spaziale ma investa, implicitamente, anche un costrutto temporale è provato da uno schizzo relativo ad una soluzione poi abbandonata dove il fusto terminale recava incise le cifre di un calendario. Il muro vale al pari di un libro o al nastro di una pellicola cinematografica: i capitoli si succedono distinguendo ed imponendo un ordine ai disegni, alle pitture, ai eventi

Firenze Architettura (2, 2016), pp. 152-155 ISSN 1826-0772 (print) | ISSN 2035-4444 (online) © The Author(s) 2016. This is an open access article distribuited under the terms of the Creative Commons License CC BY-SA 4.0 Firenze University Press DOI 10.13128/FiAr-20318 - www.fupress.com/fa/ eventi Roma, MAXXI Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo, 21 aprile - 4 settembre 2016 Superstudio 50 Linea rossa Red Line (Linea rossa) Allora avevamo una grande voglia di inventare il mondo di nuovo, di inventare non solo il mondo, ma la vita di nuovo; poi piano piano, come si sa, le condizioni prendono il sopravvento… Ettore Sottsass La Superarchitettura è l’architettura della superproduzione, del superconsumo, della superinduzione al superconsumo, del supermarket, del superman e della benzina super Archizoom e Superstudio, Superarchitettura 1966 At the time we had a great desire to invent the world anew, to invent not only the world, but life anew; then, little by little, as we know is usually the case, circumstances prevailed... Ettore Sottsass Super-architecture is the architecture of super-productions, superconsumption, of super-induction to super-consumption, of the supermarket, the Superman and Super-gasoline Archizoom e Superstudio, Superarchitettura 1966 Entrati dal giardino nella hall del museo un possente pilastro rosso guida l’occhio verso l’alto, sin quasi a sfiorare il soffitto; occorre fare qualche passo sulla scala di ferro che accede al piano primo per comprendere che la colonna è la propaggine ultima di un lungo muro che taglia longitudinalmente la galleria in due parti pressoché uguali tra loro. Nero, bianco, ed ora rosso: una palette di colori di stampo suprematista che concorre, assieme alla perentorietà elementare del gesto, a rendere il progetto di allestimento compartecipe della spazialità complessiva, o detto ancor meglio a strumento che ne misura la logica ed i salti. Il muro accompagna i visitatori e suggerisce loro una lettura cronologica degli exhibits che presenta - i passi come i giorni e l’arte del porgere come un cammino e d’altronde che questo congegno funzioni non solo come apparecchiatura spaziale ma investa, implicitamente, anche un costrutto temporale è provato da uno schizzo relativo ad una soluzione poi abbandonata dove il fusto terminale recava incise le cifre di un calendario. Il muro vale al pari di un libro o al nastro di una pellicola cinematografica: i capitoli si succedono distinguendo ed imponendo un ordine ai disegni, alle pitture, ai As you come in from the garden into the hall of the museum, a great red pillar guides the gaze upwards, almost to the ceiling; a few steps must be taken on the iron staircase that reaches the first floor in order to understand that the column is the last offshoot of a long wall that divides the gallery longitudinally into two almost equal parts. Black, white, and now red: a Suprematist palette of colours that contributes, together with the elementary authoritativeness of the gesture, to render the project on exhibit a co-participant of the comprehensive spatiality, or, in other words, to turn it into an instrument that measures its reasoning logic as well as its breaks with it. The wall accompanies the visitors and suggests to them a chronological interpretation of the exhibits it presents – the steps as days and art as a path, and, after all, the fact that this device works not only as a spatial arrangement but also, implicitly, as a temporal construction, is proven by the sketch of a solution which was later abandoned in which the final shaft had the numbers of a calendar inscribed on it. The wall is like a book or like a film: the chapters proceed determining and imposing an order to the drawings, the paintings, the collages, the lithographs – a narrative, 152 Superstudio 50 a cura di Gabriele Mastrigli progetto: Superstudio, Adolfo Natalini, Cristiano Toraldo di Francia, Gian Piero Frassinelli foto © Cristiano Toraldo di Francia 153 collages, alle litografie appese - una narrazione, «la griglia di uno sguardo», forse fin troppo consequenziale (il retablo perfetto di ogni istoria); ai suoi fianchi, come corredo e contrappunto, sono disposti i prototipi, gli oggetti, i modelli, le plastiche. Si fissa così una collezione che raduna oltre duecento opere, la maggioranza delle quali provenienti direttamente dagli archivi degli autori e tra di esse alcune mai rese pubbliche1. Una tela di Ellie B. Daniels, Superstudio (1972), ed il divano componibile Bazaar prodotto da Giovannetti (1969) aprono il tragitto e a seguire le pietre miliari che marcano i vent’anni anni di attività del gruppo2: Un viaggio nelle regioni della ragione (1969), Istogrammi di architettura (1968-69), Un catalogo di ville (1968-70), Il Monumento Continuo (1969), La serie Misura (1969), Architettura didattica (1970-72), Le dodici Città Ideali (1971), Salvataggi dei centri storici italiani (1972), Dall’architettura all’uomo (1978), La moglie di Lot (1978). Dove la grande sala piega e chiude ad anello il percorso espositivo, trovano sede il cubo nero contenente la replica del Microeventomicroambiente: Supersuperficie, l’environment che fu prodotto per il MoMA di New York in occasione della storica esposizione 1972 Italy the New Domestic Landscape3 e quattro proiettori per i contributi video - i corti battezzati Gli Atti Fondamentali, Vita, Educazione, Cerimonia, Amore, Morte (1972-73). Epilogo della retrospettiva Dentro il Superstudio, la sezione immaginata dai curatori come un dietro le quinte che raduna i manifesti, gli interventi su rivista, i libri, gli stampati autonomi, le testimonianze fotografiche e documentarie che sono l’inevitabile lascito del quotidiano lavoro di una bottega4. Un allestimento terso (nell’ideazione) e denso (nei contributi) dove l’unica eccezione è costituita dal posizionamento 154 «the grid of a gaze», perhaps even too consequential (the perfect altarpiece for every story); at its sides are placed, as decoration and counterpoint, the prototypes, objects, models and figures. Thus a collection of over two hundred pieces is gathered, most of them coming directly from the archives of the authors, some of which have never before been shown in public1. A canvas by Ellie B. Daniels, Superstudio (1972), and the Bazaar composable sofa by Giovannetti (1969) lead the way, after which come the cornerstones of the twenty years of activities of the group2: Un viaggio nelle regioni della ragione (1969), Istogrammi di architettura (1968-69), Un catalogo di ville (1968-70), Il Monumento Continuo (1969), La serie Misura (1969), Architettura didattica (1970-72), Le dodici Città Ideali (1971), Salvataggi dei centri storici italiani (1972), Dall’architettura all’uomo (1978), La moglie di Lot (1978). At the place where the great hall turns and closes the ring that forms the exhibition, is placed the black cube that contains the replica of the Microevento-microambiente: Supersuperficie, the environment that was produced for the MoMA in New York on the occasion of the historic exhibition of 1972 Italy the New Domestic Landscape3 and four projectors for the contributions in video format – the short films Gli Atti Fondamentali, Vita, Educazione, Cerimonia, Amore, Morte (1972-73). The epilogue to the retrospective is Dentro il Superstudio, the section envisaged by the curators as a “behind the scenes” which includes posters, interventions on journals, books, self-produced publications and prints, and the photographic and documentary testimonies which are the inevitable legacy of the everyday work of a studio4. A terse presentation (in its conception) and dense (in contributions) in which the only exception is the plac- del set che fu predisposto per la mostra del dicembre 1966 alla Galleria Jolly 2 di Pistoia Architettura Radicale, evento che, come è stato scritto, sta alle avventure delle neo-avanguardie fiorentine degli anni sessanta-settanta come il Salon des Refuses del 1874 sta al movimento impressionista5. Isolato a ridosso degli ingressi il mock up se per un verso acquista piena autonomia e rilievo (i suoi accesi colori si riconoscono anche dall’esterno del complesso) dall’altro smarrisce i legami con il resto - un resto offerto in maniera così coerente e coesa da apparire inevitabile. Fabrizio Arrigoni ing of a set that was used for the exhibition Architettura Radicale which opened in December 1966 at the Galleria Jolly 2 in Pistoia, an event which, as has been said before, is to the Florentine avantgarde adventures of the Sixties and Seventies what the Salon des Refusés of 1874 was to the Impressionist mouvement5. Isolated and next to the entrance, the mock-up on the one hand acquires autonomy and significance, yet on the other it loses its connection to the rest of the pieces – a rest which is presented in a way that is so coherent that it seems inevitable. Translation by Luis Gatt 1 Tra le istituzioni che custodiscono l’oeuvre di Superstudio ricordiamo il Museum of Modern Art di New York, l’Israel Museum Jerusalem, il Deutsches Architekturmuseum Frankfurt am Mein, il Centre Pompidou Paris, il FRAC Orleans, il Centro Pecci di Prato, e lo stesso MAXXI di Roma. Nel 2001 è stato fondato a Firenze L’Archivio Superstudio, per gestire eventi e pubblicazioni. Il motivo della linea era preente anche nell’allestimento presso la Vleeshal a Middelburg realizzato in occasione delle “Middelburg Lectures”, 2004. Nel caso olandese, tuttavia, uno scavo nello spessore murario apriva un ulteriore spazio per gli exhibits del tutto assente nel caso romano (Cfr. Superstudio. The Middelburg Lectures, edited by V. Byvanck, De Vleeshal Zeeuws Museum, Middelburg, 2005. 2 «C’è un primo periodo radicale dal 1966 al 1973, un secondo periodo di rifondazione antropologica dal 1973 al 1978 e un terzo di riavvicinamento all’architettura dal 1978 al 1986. In quest’ultimo periodo i componenti del gruppo definiscono le loro personali linee di ricerca…», Adolfo Natalini, Una storia di mostre in A. Angelidakis, V. Pizzigoni, V. Scelsi, (a cura di), Super Superstudio, PAC Padiglione d’Arte Contemporanea, Silvana Editoriale, Milano 2015; pp. 44-67. 3 Ricostruzione che fu realizzata per le esposizioni: Superstudio Supersuperficie, Museo Pecci Milano e Superstudio/Backstage, Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci (Prato) tenutesi ambedue nel 2011. 4 In questa stanza-corridoio sono stati raccolti alcuni contributi ed omaggi contemporanei quali la ricerca fotografica di Stefano Graziani svolta sull’archivio Superstudio, il documentario di Matteo Giacomelli, i video di Hironaka & Suib e Rene Daalder. 5 Stephen Wallis, A ‘60s Architecture collective That Made History (but No Buildings), New York Times, 13 aprile 2016. 1 The Museum of Modern Art in New York, the Israel Museum in Jerusalem, the Deutsches Architekturmuseum in Frankfurt am Mein, the Centre Pompidou in Paris, the FRAC in Orléans, the Centro Pecci in Prato, and the MAXXI in Rome are some of the institutions that safekeep the oeuvre of the Superstudio. The Archivio Superstudio was founded in Florence in 2001 with the purpose of managing events and publications. The aim of the series was present also at the Vleeshal in Middelburg, carried out on occasion of the “Middelburg Lectures”, 2004. In the Dutch case, however, a hole in the wall opened to an additional space for exhibitions which was absent in the Roman case (See, Superstudio. The Middelburg Lectures, edited by V. Byvanck, De Vleeshal Zeeuws Museum, Middelburg, 2005. 2 «There is a first radical period from 1966 to 1973, a second period of anthropological re-foundation, from 1973 to 1978, and a third of reconciliation with architecture from 1978 to 1986. It is in this last period that the members of the group defined their personal lines of research…», Adolfo Natalini, Una storia di mostre in A. Angelidakis, V. Pizzigoni, V. Scelsi, (eds.), Super Superstudio, PAC Padiglione d’Arte Contemporanea, Silvana Editoriale, Milano 2015; pp. 44-67. 3 Reconstruction made for the following exhibitions: Superstudio Supersuperficie, Museo Pecci Milano and Superstudio/Backstage, Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci (Prato), both held in 2011. 4 In this room-corridor some contributions and contemporary hommages were collected, such as the photographic research by Stefano Graziani, undertaken on the Superstudio archive, the documentary by Matteo Giacomelli, and the videos by Hironaka & Suib and Rene Daalder. 5 Stephen Wallis, A ‘60s Architecture Collective That Made History (but No Buildings), New York Times, 13 April, 2016. 155